COMPITI E RESPONSABILITA DI DATORI DI LAVORO, DIRIGENTI E PREPOSTI IN MATERIA DI SICUREZZA DEL LAVORO. a cura di Rolando Dubini, avvocato in Milano

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1 COMPITI E RESPONSABILITA DI DATORI DI LAVORO, DIRIGENTI E PREPOSTI IN MATERIA DI SICUREZZA DEL LAVORO a cura di Rolando Dubini, avvocato in Milano 1. COMPITI E RESPONSABILITÀ DEI DATORI DI LAVORO 1.1 Definizione Il datore di lavoro è colui che esercita le attività cui sono addetti lavoratori dipendenti o equiparati (art. 1 comma 4 bis D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626/94) e che è tenuto, come obbligato in via principale e autonoma, all osservanza di tutte le disposizioni antinfortunistiche previste dalla legislazione vigente per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. In particolare, è ritenuto datore di lavoro il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva (intesa quale stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa; nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale (D. Lgs.n. 626/94, art. 2 comma 1 lett. b) L obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile La Costituzione contiene principi fondamentali e inderogabili quali la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35), il riconoscimento della tutela della salute come diritto dell'individuo (autonomo diritto, primario e assoluto, risarcibile) e fondamentale interesse della società (art. 32) e un vincolo insuperabile per l'iniziativa economica privata, che è libera ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41 c. 2). Questi articoli trovano una loro specifica applicazione nell'art del codice civile che stabilisce l' obbligo della massima sicurezza sicurezza tecnologicamente fattibile a carico del datore di lavoro. Difatti: L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, Ì esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Tale obbligo preventivo di carattere generale esige dal datore di lavoro il positivo apprestamento dei mezzi idonei ai fini della sicurezza. In tal senso, i valori espressi dall'art. 41 della Costituzione giustificano una valutazione negativa, da parte del legislatore, dei comportamenti dell'imprenditore che, per imprudenza, negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente sanzionati, per ridurre l'esposizione al rischio dei propri dipendenti (Corte costituzionale, 18 luglio 1996 n. 312). Il datore di lavoro deve adoperarsi, nello svolgimento di quella che è una specifica attività professionale, con una diligenza particolare, in base alla quale deve adottare tutte le misure dettate: 1) dalla particolarità del lavoro, in base alla quale devono essere individuati i rischi e nocività specifiche; 2) dall'esperienza, in base alla quale devono essere previste le conseguenze dannose, sulla scorta di eventi già verificatisi e di pericoli già valutati in precedenza; 1

2 3) dalla tecnica, in base alle nuove conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal progresso tecnico-scientifico. È questo il fondamentale principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile. La Cassazione è costante nel ritenere che la sicurezza non può essere subordinata a criteri di fattibilità economica o produttiva; la tutela dell'integrità fisica del lavoratore (art. 32 Cost. e art c.c.) non tollera alcun condizionamento economico. Correlato a questi obblighi è l'onere del datore di lavoro di attuare la migliore scienza, esperienza e tecnologia sugli aspetti rischiosi del lavoro, facendo eventualmente ricorso ad esperti qualora sia privo della necessaria competenza. Come afferma la Suprema Corte: In materia di sicurezza del lavoro il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l'accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente (Cass. sez. IV pen. 16 giugno 1995 n. 6944, Vescovi ed altri, in Diritto e Pratica del lav., n. 32, 1995, p. 2120) Nel caso in cui particolari cautele antinfortunistiche siano prescritte da una circolare ministriale, l'omessa attuazione di tali misure integra gli estremi dell'imprudenza per la inosservanza di indicazioni legittimamente suggerite, riferite a norme di esperienza e di conoscenza tecnica, che assume rilevanza di colpa penale (Cass. sez. IV pen,, 24 gennaio 1990, n. 906, LIbero, in motivazione). L'obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile è tale per cui il lavoratore deve essere posto in condizioni operative di assoluta sicurezza: il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Pertanto non è sufficiente che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura. L'art c.c., infatti, nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche (Cassazione Penale, Sez. IV - 27 settembre 1994 n , Kuster, cfr. anche Cass. Pen., Sez.IV, , Corbetta). Il principio chiave della massima sicurezza possibile discende, in modo gerarchico, passando dalle norme di grado superiore a quelle di grado inferiore, e dalle norme che stabiliscono principi generali a quelle che regolano aspetti particolari, innanzitutto dalla Costituzione della Repubblica italiana, che agli articoli 32 comma 1 e 41 commi 1 e 2 è chiarissima nello stabilire l'intangibilità, l'indisponibilità e la priorità assolute dei diritti alla sicurezza e alla salute di chi lavora, e, come detto, l'articolo 2087 del Codice Civile ne è una più dettagliata specificazione. Questo articolo è cristallino e reciso nell'intimare all'imprenditore un impegno spinto fino agli ultimi confini tracciati da particolarità del lavoro, esperienza e tecnica : con il risultato che, a segnare lo spartiacque tra "possibile" e "impossibile", interviene lo stato di avanzamento della tecnologia prevenzionale (riferita, naturalmente, alla particolare lavorazione e filtrata dalle esperienze condotte in passato) (Guariniello). L'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 626/1994 non contraddice i precetti costituzionali e del codice civile, ma, in perfetta continuità, stabilisce (seconda solo alla valutazione dei rischi) in modo gerarchico, le misure generali di tutela, tra le quali l'eliminazione dei rischi in base alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, e, quando 2

3 nonostante l'adozione delle misure tecnologicamente più avanzate non sia possibile ridurre i rischi, occorre comunque procedere alla loro riduzione al minimo. Ma l'impossibilità di eliminare i rischi è ipotesi residuale che emerge solo dopo che l'imprenditore si è spinto agli ultimi confini tecnologici in materia di sicurezza e salute del lavoro, conformemente a quanto stabilito dall'art C.C.. e quindi il datore di lavoro è tenuto a conoscere le "leges artis" per prevenire gli infortuni sul lavoro, cioè a seguire il progresso tecnologico e, quindi, a dotare le sue macchine - eventualmente datate - dei nuovi e più sicuri presidi antinfortunistici (dalla motivazione, Cass. 27 settembre P.C. in c. Callieri, in Sicurezza del Lavoro, Repertorio della Cassazione Penale, Milano 1994 di R. Guariniello, p. 41). Ciò costituisce il principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile. Secondo una costante giurisprudenza di legittimità non è consentito subordinare la sicurezza a criteri di fattibilità economica o produttiva, poichè la tutela dell'integrità fisica del lavoratore non tollera alcun condizionamento economico. Infatti: qualora utilizzi una macchina non dotata dal costruttore del prescritto dispositivo di sicurezza, il datore di lavoro non può invocare a sua discolpa l'impossibilità pratica di realizzare tale dispositivo, nè l'onerosità delle modifiche necessarie per la sua applicazione (Cass. sez. IV pen., 2 gennaio 1990, n. 4, Tontini).. A carico del datore di lavoro vi è dunque un fondamentale obbligo di attuare la migliore scienza, esperienza e tecnologia sugli aspetti rischiosi del lavoro, facendo eventualmente ricorso ad esperti qualora sia privo della necessaria competenza: in materia di sicurezza del lavoro il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l'accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente (Cass. sez. IV pen. 16 giugno 1995 n. 6944, Vescovi ed altri) Va aggiunto che nel caso in cui particolari cautele antinfortunistiche siano prescritte da una circolare ministriale, l'omessa attuazione di tali misure integra gli estremi dell'imprudenza per la inosservanza di indicazioni legittimamente suggerite, riferite a norme di esperienza e di conoscenza tecnica, che assume rilevanza di colpa penale (Cass. sez. IV pen,, 24 gennaio 1990, n. 906, Libero, in motivazione). In base all'art C.C. il datore di lavoro è tenuto a conoscere le "leges artis" per prevenire gli infortuni sul lavoro, cioè a seguire il progresso tecnologico e, quindi, a dotare le sue macchine - eventualmente datate - dei nuovi e più sicuri presidi antinfortunistici (dalla motivazione, Cass. 27 settembre P.C. in c. Callieri). L'obbligo della massima sicurezza possibile, in forza dell'art. 3 lett. d) ed f) D. Lgs. n. 626/94 estende la propria valenza in maniera significativa integrando i doveri correlati alla tecnologia prevenzionistica più avanzata con le condizioni tecniche produttive ed organizzative e rispettando i principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e di produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. L'obbligo a carico del datore di lavoro è correlato al diritto soggettivo del lavoratore a condizioni di lavoro sicure, igieniche e non nocive. Qualora il datore di lavoro non predisponga un ambiente di lavoro igienico e sicuro o affidi mansioni particolarmente rischiose senza le debite precauzioni, la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto del lavoratore il diritto di rifiutare la prestazione lavorativa. Un più ristretto diritto del lavoratore in caso di pericolo grave ed immediato è riconosciuto dall'articolo 14 del Decreto Legislativo n. 626/

4 1.2.1 Irrilevanza della fattibilità economica La Cassazione è costantemente orientata nel senso di ritenere che la sicurezza non può essere subordinata a criteri di fattibilità economica o produttiva; la tutela dell'integrità fisica del lavoratore (art. 32 Cost. e art c.c.) non tollera alcun condizionamento economico. Infatti: qualora utilizzi una macchina non dotata dal costruttore del prescritto dispositivo di sicurezza, il datore di lavoro non può invocare a sua discolpa l'impossibilità pratica di realizzare tale dispositivo, nè l'onerosità delle modifiche necessarie per la sua applicazione (Cass. sez. IV pen., 2 gennaio 1990, n. 4, Tontini) Obbligo di ricorrere ad esperti competenti Correlato a questi obblighi è l'onere del datore di lavoro di attuare la migliore scienza, esperienza e tecnologia sugli aspetti rischiosi del lavoro, facendo eventualmente ricorso ad esperti qualora sia privo della necessaria competenza. Come afferma la Suprema Corte: In materia di sicurezza del lavoro il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l'accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente (Cass. sez. IV pen. 16 giugno 1995 n. 6944, Vescovi ed altri, in Diritto e Pratica del lav., n. 32, 1995, p. 2120) Obbligo di attuare le misure tecniche prescritte dalle circolari ministeriali Nel caso in cui particolari cautele antinfortunistiche siano prescritte da una circolare ministeriale, l'omessa attuazione di tali misure integra gli estremi dell'imprudenza per la inosservanza di indicazioni legittimamente suggerite, riferite a norme di esperienza e di conoscenza tecnica, che assume rilevanza di colpa penale (Cass. sez. IV pen,, 24 gennaio 1990, n. 906, LIbero, in motivazione) Obbligo di munire le macchine dei più progrediti dispositivi di sicurezza L'obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile è tale per cui il lavoratore deve essere posto in condizioni operative di assoluta sicurezza: il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Pertanto non è sufficiente che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura. L'art c.c., infatti, nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche (Cassazione Penale, Sez. IV - 27 settembre 1994 n , Kuster, cfr. anche Cass. Pen., Sez.IV, , Corbetta). L impossibilità di eliminare i rischi è ipotesi residuale che emerge solo dopo che l'imprenditore si è spinto agli ultimi confini tecnologici in materia di sicurezza e salute del lavoro, conformemente a quanto stabilito dall'art C.C.. e quindi il datore di lavoro è tenuto a conoscere le "leges artis" per prevenire gli infortuni sul lavoro, cioè a seguire il progresso tecnologico e, quindi, a dotare le sue macchine - eventualmente datate - dei nuovi e più sicuri presidi antinfortunistici (dalla motivazione, Cass. 27 settembre P.C. in c. Callieri, in Sicurezza del Lavoro, Repertorio della Cassazione Penale, Milano 1994 di R. Guariniello, p. 41). 4

5 1.3. Art c.c., art. 3 D. Lgs. n. 626/94: i principi gerarchicamente ordinati della prevenzione L'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 626/1994 non contraddice i precetti dell art del codice civile, ma, in perfetta continuità, stabilisce (seconda solo alla valutazione dei rischi) in modo gerarchico, le misure generali di tutela, tra le quali l'eliminazione dei rischi in base alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, e, quando nonostante l'adozione delle misure tecnologicamente più avanzate non sia possibile ridurre i rischi, occorre comunque procedere alla loro riduzione al minimo. Prevede inoltre che il datore di lavoro deve attenersi al rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo (art. 1 lett. f D. Lgs. n. 626/94). L articolo 3 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 prescrive le misure generali di tutela da adottarsi per la tutela dell igiene e della sicurezza del lavoro. Tali misure rappresentano specificazioni analitiche del principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, già introdotto nell ordinamento prevenzionistico dall articolo 2087 del codice civile, con due novità importanti rappresentate dall obbligo chiaramente esplicitato di dover rispettare i principi ergonomici e dover adottare tutte le misure tecniche produttive e organizzative necessarie alla sicurezza del lavoro. Le misure generali di tutela dell articolo 3 del D. Lgs. n. 626/94 sono ordinate gerarchicamente secondo il grado di priorità dell intervento che deve essere effettuato nel luogo di lavoro. La tesi, propugnata in primo luogo da Guariniello, è confortata da evidenti ragioni logico-interpretative, in forza delle quali appare evidente come l art. 3 del D. Lgs. n. 626/94 anteponga, ad esempio, la valutazione dei rischi ad altre misure che vengono sanzionate all interno del D. Lgs. n. 626/94 in modo più lieve e che, a differenza della valutazione che è di competenza del solo datore di lavoro, possono essere adempiute da altri soggetti aziendali. Va aggiunto che le Linee guida per l'applicazione del d. lgs. 626/94, a cura del coordinamento tecnico per la prevenzione degli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome con la collaborazione dell'ispesl e dell'istituto superiore di sanità (1996), contengono un Documento 1 recante le Linee Guida sul Titolo I relativamente alla valutazione per il controllo dei rischi, all interno del quale vi è il punto (Programmazione o messa in atto delle misure di prevenzione) che recita testualmente: l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione rispetterà quanto indicato all'art. 3 del D. Lgs 626/94 (Misure generali di tutela) ed in particolare farà riferimento ai principi gerarchici della prevenzione dei rischi in esso indicati. Ai sensi dell art. 3 del D. Lgs. n. 626/94 le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono: a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza; b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo; c) riduzione dei rischi alla fonte; d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro; e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo; g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; 5

6 h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro; l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici; m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona; n) misure igieniche; o) misure di protezione collettiva ed individuale; p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato; q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti; s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro; t) istruzioni adeguate ai lavoratori. Il comma 2 dell art. 3 citato aggiunge che le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. L'obbligo della massima sicurezza possibile, in forza dell'art. 3 lett. d) ed f) D. Lgs. n. 626/94 estende la propria valenza in maniera significativa integrando i doveri correlati alla tecnologia prevenzionistica più avanzata con le condizioni tecniche produttive ed organizzative e rispettando i principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e di produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. L'obbligo a carico del datore di lavoro è correlato al diritto soggettivo del lavoratore a condizioni di lavoro sicure, igieniche e non nocive. Qualora il datore di lavoro non predisponga un ambiente di lavoro igienico e sicuro o affidi mansioni particolarmente rischiose senza le debite precauzioni, la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto del lavoratore il diritto di rifiutare la prestazione lavorativa. Un più ristretto diritto del lavoratore in caso di pericolo grave ed immediato è riconosciuto dall'articolo 14 del Decreto Legislativo n. 626/ Obblighi generali di cui alla legislazione degli anni 50 Gli obblighi generali dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti sono dettati, oltre che dall art. 4 anche dall art. 5 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (in quanto non superati dal D. Lgs. n. 626/94), dall'art. 4 del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, dall'art cod. civ. e dal D.Lgs. 19 settembre Il datore di lavoro deve innanzitutto aver cura del lavoratore, come fattore più nobile della produzione, fino al limite di prevedere e prevenire anche le probabili imprudenze dello stesso: ove si voglia considerare il lavoro - e, pertanto, il lavoratore - come uno dei fattori della produzione, questo fattore è indubbiamente il più nobile, nel senso che la integrità psicofisica del lavoratore, se è un valore che ha incontestabile importanza per il datore di lavoro, è, anzitutto, come vuole l'articolo 32 della Carta costituzionale, "un fondamentale diritto dell'individuo e uno degli interessi della collettività, il che importa che il datore di lavoro, nell'organizzare quei fattori, debba avere cura, sopra ogni cosa, di quella integrità, anche valutando, al di là delle eventuali certificazioni della rispondenza delle macchine alle previsioni antinfortunistiche, le possibili se non, addirittura, le probabili imprudenze del lavoratore nell'eseguire i compiti affidatigli. (Cass. sez. IV pen. 24/9/1996 n. 8676, Ieritano). 6

7 Inoltre, la Corte di Cassazione interpretando il testo fondamentale in tema di norme antinfortunistiche - il D.P.R. n. 547/ ha costantemente affermato che il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta "la sicurezza del lavoro" - che sono coloro che debbono, "ex lege", garantire la incolumità psico-fisica del lavoratore - è un compito molteplice, articolato, che va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e sulla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e, quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo, continuo, pressante per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. In altri termini, il datore di lavoro o il "direttore della sicurezza del lavoro" debbono avere la cultura, la "forma mentis" del garante di un bene prezioso qual è certamente l'integrità del lavoratore; ed è da questa doverosa cultura che deve scaturire il dovere di educare il lavoratore a far uso degli strumenti di protezione e il distinto dovere di controllare assiduamente, a costo di essere pedanti che il lavoratore abbia appreso la lezione e abbia imparato a seguirla. Questa cultura, a ben vedere, è imposta, richiesta, dalla Carta costituzionale, la quale, se nell'articolo 32 vede nella salute, nella integrità dell'individuo, un bene costituzionalmente rilevante in quanto interesse, sì, del singolo, ma anche interesse della collettività, negli articoli 2 e 3 pone le premesse teoriche, culturali appunto, di questa rilevanza assegnata al diritto alla salute, alla integrità, dicendo, nell'articolo 2, che "la Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo... e richiede l'adempimento dei doveri di solidarietà sociale, oltre che politica ed economica, e nell'articolo 3 aggiunge che "è compito della Repubblica... assicurare lo sviluppo della persona umana". Nella concreta fattispecie, è incorso in colpa penale il datore di lavoro che non ha fatto nulla di tutto ciò, non ha mostrato di avere quella cultura o "forma mentis", che tutto il suo adoperarsi non è andato aldilà del mettere tra le mani degli operai un "manuale con le istruzioni", che gli operai, per nulla educati e stimolati, hanno distrattamente sfogliato. Se avesse avuto quella cultura o "forma mentis", se avesse, quindi, accuratamente illustrato agli operai i pericoli cui sarebbero andati incontro, se avesse preteso che la superficialità venisse bandita, se avesse educato e costretto gli operai a tenere a portata di mano cinture di sicurezza e maschere, se avesse insegnato e ribadito la natura del pericolo cui erano esposti e le necessarie precauzioni gli operai avrebbero avuto la sensibilità necessaria per rendersi conto di non potersi calare "sic et simpliciter" nel luogo di lavoro pericoloso, ma vi si sarebbero calati dopo essersi posti nelle condizioni - munendosi di cinture e di maschere - di non nuocere a se stessi (Corte di Cassazione - Sez. pen. 3 Giugno 1995, n.6486, Grassi). Tra gli obblighi del datore di lavoro desumibili dall'art. 4 del D.P.R. n. 547/1955 vi è anche quello di affidare i compiti ai lavoratori tenendo conto della loro professionalità (cfr. art. 4 comma 5 lett. c del D. Lgs. n. 626/1994). In tal senso la Cassazione ha puntualizzato che in caso d'infortunio mortale accorso nell'esecuzione di una determinata attività lavorativa, risponde del delitto di omicidio colposo il datore di lavoro, qualora l'infortunio sia determinato dall'affidamento di tale attività a persona non idonea per mancanza di specifica professionalità (Cass. sez. III pen., 5/7/1993, n. 6576; Romano). Confermando così una tesi sostenuta già nella giurisprudenza di legittimità: nei lavori di riparazione di impianto elettrico, data l'elevata pericolosità e l'insidiosità dei rischi, il dovere di sicurezza di cui all'art c.c. impone che la squadra incaricata sia formata da operai 7

8 specificamente preparati, informati delle caratteristiche peculiari dell'impianto elettrico, ed in numero adeguato (Pretura di Brescia, 20/04/1983, Busseni). 1.5 Obblighi generali di cui al d. Lgs. N. 626/94 L art. 4 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 prevede tutta una serie articolata di obblighi a carico del datore di lavoro. Il datore di lavoro deve: 1a) elaborare un documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e rielaborarlo in occasione di modifiche del processo produttivo significative in rapporto alla sicurezza e all igiene del lavoro; 1b) specificare nel documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori i criteri di valutazione adottati; 1c) designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione; 1d) specificare nel documento di valutazione il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento dei livelli di sicurezza; 1e) elaborare il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente; 1f) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, prima di elaborare il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori; 1g) quando non si sia tenuti ad elaborare il documento di valutazione dei rischi (il datore di lavoro delle aziende familiari nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti, escluse quelle con particolari fattori di rischio e le aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private), autocertificare per iscritto l effettuazione della valutazione dei rischi e l adempimento degli obblighi ad essa collegati;. Va rilevato che la giurisprudenza ha elaborato un criterio fondamentale che permettere di valutare la congruità della valutazione dei rischi (e quindi del documento conseguentemente elaborato) nel caso dell'amianto, così come regolato dal D. Lgs. n. 277/91. Il principio è utilizzabile anche per la valutazione dei rischi di cui all'art. 4 del D. Lgs. n. 626/94, poiché la metodologia per il miglioramento della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro ha la stessa matrice comunitaria ed è incentrata sui medesimi concetti prevenzionistici. La Suprema Corte afferma che "viola l'art. 24, comma 1, D. Lgs. 15 agosto 1991 n. 277 il datore del lavoro che effettua una valutazione parziale e inadeguata del rischio da amianto" Cass. sez. III pen. 12 gennaio 1996 n. 319, Cimmino (Dir. prat. lav. 1996, 9, 573). Questo criterio, cioè la necessità che la valutazione sia completa e adeguata in relazione ai rischi che deve individuare ed eliminare e conformemente ai criteri indicati dall art. 4 del D. Lgs. n. 626/94, va osservato con particolare attenzione. I datori di lavoro e i dirigenti devono: 1a) provvedere ad aggiornare le misure di prevenzione adottate in relazione ai mutamenti organizzativi o il grado di evoluzione della tecnica; 1b) provvedere a fornire ai lavoratori i mezzi di protezione necessari e idonei in relazione al lavoro svolto; 1c) provvedere ad adottare appropriate misure atte ad evitare che il lavoratore, non adeguatamente istruito, acceda a zone lavorative ove vi sia esposizione a rischi gravi; 8

9 1d) provvedere ad adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio e dei casi di emergenza; 1e) provvedere a dare le necessarie istruzioni ai lavoratori per l'abbandono immediato del posto di lavoro in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile; 1f) astenersi dal richiedere arbitrariamente al lavoratore di riprendere il lavoro malgrado la presenza di pericoli gravi e immediati; 1g) adottare opportuni accorgimenti atti ad evitare che le misure tecniche adottate provochino rischi per la salute della popolazione; 1h) adottare opportuni accorgimenti atti ad evitare che le misure tecniche adottate provochino un deterioramento dell'ambiente esterno; 1i) adottare misure idonee per la prevenzione degli incendi; 1l) adottare misure idonee per l'evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato dovuto allo scoppio di incendi; 2a) designare gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno all'azienda; 2b) designare un numero sufficiente di addetti al servizio di prevenzione e protezione interno all'azienda; 2c) consultare il rappresentante per la sicurezza prima della designazione degli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno all'azienda; 2d) designare come addetti al servizio di prevenzione e protezione interno all'azienda persone dotate delle necessarie capacità per l'espletamento dell'incarico; 2e) concedere agli addetti al servizio di prevenzione e protezione mezzi e tempi adeguati allo svolgimento dei compiti loro assegnati; 2f) astenersi dall'arrecare pregiudizio agli addetti o al responsabile del servizio di prevenzione e protezione a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico; 2g) nominare nei casi previsti dalla legge [articolo 33 del D.P.R. n. 303/1956, Circolare Ministero del lavoro n. 46/1992 (ammine aromatiche); D. Lgs. n. 77/1992 (alcuni agenti cancerogeni); D. Lgs. n. 230/95 (radiazioni ionizzanti); D. Lgs. n. 277/91 (rumore, piombo, amianto); D.Lgs. n. 626/94 (movimentazione manuale dei carichi, VDT, cancerogeni R45 ed R49, agenti biologici, ecc.); D.P.R. n. 962/82 (CVM); D.P.R. n. 1124/1965 (esposizione a silice)] il medico competente; 2h) affidare i compiti lavorativi ai lavoratori tenendo conto delle loro capacità e delle loro condizioni in rapporto alla salute e la sicurezza; 2i) richiedere al lavoratore l'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso di mezzi di protezione collettivi e individuali; 2l) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti dal D.P.R. 626/94; 2m) informare il medico competente dei processi lavorativi e dei rischi connessi all'attività produttiva; 2n) fornire tempestivamente ai lavoratori le informazioni necessarie relativamente alla natura del rischio e le disposizioni da adottare in materia di protezione; 2o) permettere al rappresentante dei lavoratori di verificare l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute; 2p) consultare preventivamente il rappresentante per la sicurezza sulla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione in azienda; 2q) consultare preventivamente il rappresentante per la sicurezza sulla attività di prevenzione incendi, pronto soccorso, ed evacuazione dei lavoratori; 2r) consultare preventivamente il rappresentante per la sicurezza sull'organizzazione della formazione dei lavoratori; 3a) tenere il registro cronologico degli infortuni; 3b) custodire presso l'azienda o l'unità produttiva la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, salvaguardando il segreto professionale; 9

10 3c) consegnare copia della cartella sanitaria al lavoratore al momento della risoluzione del rapporto di lavoro o quando lo stesso ne faccia richiesta. 1.6 Obblighi dei datori di lavoro di obblighi in materia d appalto I datori di lavoro dell impresa committente devono: a) cooperare con l'impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi connessi ai lavori affidati; b) coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi attuati dall'impresa appaltatrice o dal lavoratore autonomo; c) verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa appaltatrice o del lavoratore autonomo in relazione al lavoro affidato; d) fornire all'impresa appaltatrice o al lavoratore autonomo a cui viene affidata l'esecuzione dei lavori dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente nel quale si deve operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione ai lavori affidati; e) promuovere il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dei rischi attuati dalle diverse imprese appaltatrici, al fine di eliminare i pericoli dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese (art. 7 D. Lgs. n. 626/94). 2. IL DIRIGENTE 2.1 Aspetti generali La nozione di datore di lavoro, ai fini della corretta applicazione della legislazione prevenzionistica, è giunta ad una definizione finale con il Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626, così come modicato e integrato dal Decreto Legislativo 19 marzo 1996 n Su di essa si sono sviluppate interpretazioni giurisprudenziali di non poco rilievo, soprattutto in relazione alla figua del datore di lavoro nell ente pubblico. La nozione di dirigente, già presente nell articolo 4 del D.P.R. 27 aprile 1955 n, 547, viene chiamata in causa in tutto il D. Lgs. n 626, così come modificato ed integrato dal D. Lgs. n 242. L art. 1 comma 4 bis, in cui l'obbligazione di sicurezza viene, ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti, preposti, afferma che " il datore di lavoro che esercita le attività di cui 1 ai commi 1, 2, 3 e 4 [attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati o equiparati] e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizione del presente decreto". In tema di sicurezza antinfortunistica, il compito <<del dirigente cui spetta la "sicurezza del lavoro", è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi ad assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di 10

11 altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note>> [Cassazione penale sez. IV, 3 marzo 1995, n. 6486, in Grassi, Cass. pen. 1996,1957 (s.m.)]. Nelle imprese od enti ad organizzazione complessa e differenziata, <<l'individuazione dei destinatari delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro deve essere effettuata non già tenendo presenti le diverse astratte qualifiche spettanti a coloro che fanno parte dell'ente o dell'impresa (legale rappresentante, dirigente, preposto, ecc.), bensì invece facendo riferimento alla ripartizione interna delle specifiche competenze, così come regolate dalle norme, dai regolamenti o dagli statuti che governano i singoli enti o le singole imprese>> [Cassazione penale, sez. III, 14 novembre 1984, Felicioli e altro, Riv. it. dir. lav. 1986, II,349 (nota)]. La individuazione dei destinatari delle norme antinfortunistiche <<va compiuta non tanto in relazione alla qualifica rivestita nell'ambito dell'organizzazione aziendale ed imprenditoriale quanto, soprattutto, con riferimento alle reali mansioni esercitate che importino le assunzioni di fatto delle responsabilità a quelle inerenti, la qualifica e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia, sia pure embrionale, tale da porlo in condizioni di dirigere l'attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini; in sostanza preposto può essere chiunque, in una formazione per quanto piccola di lavoratori, esplichi le mansioni di caposquadra al di fuori della immediata direzione di altra persona a lui soprastante>> (Corte di Cassazione Penale, 6 luglio 1988 n 7999, Chierici ed altro, in motivazione). Secondo la Cassazione in relazione alla diversita` tra i compiti propri della qualifica di dirigente e quelli dell`impiegato con funzioni direttive, sussiste incompatibilita` tra la predetta qualifica e l`esercizio di mansioni con vincolo di dipendenza gerarchica, anche nei casi di aziende ad organizzazione complessa con pluralita` di dirigenti (a diversi livelli e con graduazione di compiti) i quali sono tra loro coordinati da vincoli di gerarchia, restando pero` salva, anche nel dirigente di grado inferiore, una vasta autonomia decisionale circoscritta dal potere direttivo generale di massima del dirigente di livello superiore [Corte di Cassazione sez. lavoro, 4 febbraio 1998 Numero 1151]. Anche prescindendo da una formale investitura da parte del datore di lavoro nella posizione dirigenziale con attribuzione dei compiti connessi e delle conseguenti responsabilità, il dirigente sarà comunque obbligato a rispettare la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato tra i soggetti contitolari dell'obbligazione di sicurezza dall art. 4 del D. P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e 19 settembre 1994 n Alcune figure tipiche: il direttore tecnico ed il direttore amministrativo Per certi tipi di lavoro a carattere prevalentemente ciclico e specialistico l'imprenditore fa spesso ricorso alle prestazioni di un collaboratore esterno, dotato di particolari capacità tecniche e cioè di un professionista al quale affida la direzione dei lavori, con il compito di organizzarli e curarne l'esecuzione a perfetta regola d'arte. Fra i suoi compiti è normalmente ricompreso anche quello di predisporre le misure di sicurezza fornite dal capo dell'impresa e stabilite dalla legge; il direttore tecnico deve altresì controllare le modalità del processo di lavorazione e conseguentemente attuare nuove misure anche non previste dalla normativa, ma rese necessarie per tutelare la sicurezza in relazione a particolari lavori, che si svolgano in condizioni non previste e non prevedibili dal legislatore. Deve vigilare che il lavoro si svolga in condizione di sicurezza, dare istruzioni affinché venga compiuto nel migliore dei modi: se non può assistere personalmente all'intero ciclo di produzione deve demandare ad altri soggetti questo compito. 11

12 Dalla figura del direttore tecnico si deve tenere distinto il direttore amministrativo, a cui è assegnata, in particolare nelle imprese di grandi dimensioni, l'attività di organizzazione dell'impresa soprattutto sotto il profilo amministrativo e dei rapporti economici con i dipendenti. In linea generale egli rimane estraneo allo sviluppo del ciclo di produzione: quindi non può essere considerato responsabile per l'eventuale nocività dell'ambiente di lavoro; quando però le modalità del processo produttivo soffrono carenze in ragione di un organico tecnico non sufficiente o di scelte economiche che non prevedono un'adeguata destinazione di fondi per la tutela della sicurezza del lavoro potrà essere ritenuto penalmente responsabile. 2.3 Il direttore dei lavori. il direttore di cantiere ed il direttore di stabilimento Non sempre la figura del direttore tecnico é facilmente distinguibile da quella del direttore dei lavori, anzi spesso queste due figure tendono a sovrapporsi. Quest'ultima figura si riscontra nelle imprese edilizie ed è un incaricato dell'imprenditore, un dipendente della stesso o, come più spesso accade, un collaboratore esterno, a cui sono affidati compiti importanti. Le mansioni della figura in esame comprendono la direzione dei lavori, l'alta sorveglianza degli stessi, l'emanazione di ordini e disposizioni, nonché l'assistenza periodica all'esecuzione dell'attività lavorativa. Le funzioni ora descritte non obbligano il direttore dei lavori ad una presenza costante sul luogo di lavoro: l'art. 17 della l. n 143/1949 esclude l'obbligo di essere presente ogni giorno nel cantiere; la giurisprudenza precisa che questa dispensa trova un limite nella natura dei lavori e nell'obbligo, in ogni caso, di impartire disposizioni univoche e di esercitare il controllo dei lavori pericolosi. Nel settore dell'edilizia, in particolar modo, si ha bisogno che un soggetto dotato di adeguata competenza tecnica eserciti un controllo continuo sullo svolgimento dei lavori: per assolvere a questo delicato compito viene spesso nominato un direttore di cantiere. Le sue mansioni sono relative ad un singolo cantiere; egli deve sorvegliare l'intero ciclo lavorativo che vi si svolge: ha di conseguenza l'obbligo di essere sempre presente sul luogo di lavoro. L'equivalente, per il settore industriale, della figura da ultimo esaminata è il direttore di stabilimento: anch'egli potrà avvalersi di altri collaboratori, nell'impresa di grandi dimensioni, e la sua responsabilità deve essere valutata in base alla ripartizione delle competenze e dei suoi obblighi residuali, incluso quello di eliminare le deficienze nei sistemi di protezione, quando ne venga a conoscenza. 3. COMPITI E RESPONSABILITÀ DELL'ORGANIGRAMMA AZIENDALE Per una corretta gestione del sistema aziendale della sicurezza imposto dal Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 è innanzitutto fondamentale una chiara ripartizione dei compiti e delle responsabilità all'interno dell'azienda, indipendentemente da deleghe formali e lettere d'incarico scritte. L'art. 1 comma 4 bis del D. Lgs. n. 626/94 afferma chiaramente che l'obbligazione di sicurezza è ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti e preposti: il datore di lavoro che "esercita" le attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati o equiparati "e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni" in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. In questo modo la ripartizione degli oneri prevenzionistici (penalmente sanzionati) si modella sui ruoli ricoperti all'interno della gerarchia aziendale: l'imputazione di quote decrescenti dell'obbligazione di sicurezza avviene secondo una precisa scala gerarchica (che è quella aziendale). Detta ripartizione dei compiti antinfortunistici è così articolata:parte dall'obbligo di 12

13 predisporre mezzi e strutture a carico del datore di lavoro (o di soggetto idoneo e validamente delegato);prosegue lungo la linea aziendale ponendo a carico del dirigente l'onere di organizzare in modo adeguatamente sicuro le strutture e i mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro;giunge infine ai lavoratori attraverso le fondamentali figure dei preposti (capireparto, capiturno, assistenti di linea, capi ufficio) ai quali la legge attribuisce l'obbligo di vigilare sulla corretta osservanza da parte dei lavoratori delle misure e procedure di sicurezza predisposte dai vertici aziendali (e riferire ad essi sulle carenze delle misure di prevenzione riscontrate nei luoghi di lavoro);infine gli stessi lavoratori sono direttamente responsabili della sicurezza propria e delle altre persone presenti sul luogo di lavoro conformemente alla formazione, alle istruzioni e ai mezzi loro forniti dal datore di lavoro. 13

14 4. RESPONSABILITÀ CIVILI E PENALI DEI DIRIGENTI E PREPOSTI 4.1. Aspetti generali L articolo 2087 del Codice Civile è cristallino e reciso nell intimare all imprenditore un impegno [per la sicurezza del lavoratore - n.d.r.] spinto fino agli ultimi confini tracciati da particolarità del lavoro, esperienza e tecnica (Raffaele Guariniello, Se il lavoro uccide, Einaudi, Torino 1983, pag. 103]. Tale indicazione è di pregnante spessore ermeneutico, adatta a fungere da irrinunciabile chiave di lettura delle singole norme in materia di igiene e sicurezza del lavoro (op. cit.) Questo perché nel crogiolo dell'art c.c. a segnare lo spartiacque tra possibile e impossibile interviene lo stato di avanzamento della tecnologia prevenzionale (riferita, naturalmente, alla particolare lavorazione e filtrata dalle esperienze condotte in passato) : si delinea, così, un principio cardinale dell intero sistema preventivo italiano, la massima sicurezza tecnologicamente fattibile (Guariniello, op. cit. pagg ). Guariniello conclude la sua analisi giudicando pregevoli le parole della Cassazione in una sentenza del 15 marzo 1982 in causa Galli: alla norma che impone un certo dispositivo di sicurezza si affianca il principio generale del neminem laedere, il quale richiede che il dispositivo risponda nel miglior modo a tutelare la sicurezza dei lavoratori, realizzando i più avanzati ritrovati tecnici in relazione alle continue scoperte della scienza moderna. L articolo 2087 del codice civile cronologicamente è antecedente la Carta Costituzionale, e tuttavia ne è specifica attuazione nell ambito della tutela della integrità fisica e psichica del lavoratore. Perciò per una corretta analisi degli obblighi desumibili dall'art c.c.. occorre partire da alcuni fondamentali precetti costituzionali. La Costituzione contiene principi fondamentali e inderogabili quali la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35), il riconoscimento della tutela della salute come diritto dell'individuo (autonomo diritto, primario e assoluto, risarcibile) e fondamentale interesse della società (art. 32) e un vincolo insuperabile per l'iniziativa economica privata, che è libera ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41 c. 2). Questi articoli trovano, come anticipato in premessa, una loro specifica applicazione nell'art del codice civile che stabilisce l' obbligo della massima sicurezza sicurezza tecnologicamente fattibile a carico del datore di lavoro. Difatti tale articolo dispone che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, Ìesperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Tale obbligo preventivo di carattere generale esige dal datore di lavoro il positivo apprestamento dei mezzi idonei ai fini della sicurezza. In tal senso, i valori espressi dall'art. 41 della Costituzione giustificano una valutazione negativa, da parte del legislatore, dei comportamenti dell'imprenditore che, per imprudenza, negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente sanzionati, per ridurre l'esposizione al rischio dei propri dipendenti (Corte costituzionale, 18 luglio 1996 n. 312). La giurisprudenza ha valorizzato al massimo le potenzialità operative della norma laddove ha rilevato che la previsione dell'art c.c. comporta che al lavoratore sia sufficiente provare il danno ed il nesso causale, spettando alla controparte la dimostrazione di avere fatto tutto il possibile per evitare lo stesso: peraltro, il datore di lavoro è tenuto ad un'attività di controllo e di vigilanza costante volta (Cfr. Cass. 8 febbraio 1993, n.1523, in Not. giur. lav., 1993, 352; Cass. 3 giugno 1995, n. 6486, in Dir. prat. lav., 1995, 32, 2117) ad impedire comportamenti del lavoratore tali da rendere inutili od insufficienti le cautele tecniche apprestate e deve adottare, se necessario, sanzioni di 14

15 carattere disciplinare anche di carattere espulsivo, come il licenziamento (Cfr. Cass. 8 febbraio 1993, n.1523, in Not. giur. lav., 1993, 352; Cass. 6 aprile 1993, n. 3160, in Mass. giur. lav., 1993, 398.). Possiamo qui accennare alla fondamentale acquisizione giusprudenziale in forza della quale tale obbligo di vigilanza fa sì la colpa del lavoratore non fa venir meno la responsabilità del datore di lavoro: ciò è possibile solo nell'ipotesi in cui il lavoratore adotti una condotta assolutamente imprevedibile, cioè esegua il proprio lavoro con modalità del tutto anomale, atipiche e del tutto imprevedibili. Questo perché solo la prevedibilità in concreto dell'evento dannoso e non la mera possibilità astratta dello stesso, può costituire un criterio per l'individuazione della colpa degli addetti alla sorveglianza dei lavoratori (Bonfini). Dal punto di vista della struttura dell ordinamento giuridico prevenzionistico, può dirsi che il principio chiave della massima sicurezza possibile è al vertice delle norme vigenti e trova espressione, all interno di una struttura ordinata gerarchicamente, dapprima nelle norme di grado superiore e via via in quelle di grado inferiore. E dunque dalle norme che stabiliscono principi generali a quelle che regolano aspetti particolari, e quindi dapprima innanzitutto dalla Costituzione della Repubblica italiana, che agli articoli 32 comma 1 e 41 commi 1 e 2 prevede in modo chiaro ed evidente l'intangibilità, l'indisponibilità e la priorità assolute dei diritti alla sicurezza e alla salute dei lavoratori, e, da un punto di vista sistematico (non storico) l'articolo 2087 del Codice Civile (e ora l art. 3 del D. Lgs. n. 626/94) che ne rappresenta una più dettagliata specificazione C. Cost , n. 399, in Not. giur. lav. 1996, 852; idem in Riv. it. dir. lav. 1997, II, 260, con nota di Marino; idem in Foro it. 1997, I, 3124; C. Cost , n. 202, in Giur. it. 1992, I, 1, 70]. L'art del codice civile, nello stabilire l'obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile a carico del datore di lavoro, prevede (così come l art. 3 del D. Lgs. n. 626/94) che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Si tratta di un obbligo preventivo generale, che impone al datore di lavoro il positivo apprestamento di tutti i necessari mezzi idonei ai fini della sicurezza, che non sono solo quelli strettamente indicati, a pena di sanzione penale, dalla vigente legislazione prevenzionistica. In tal senso i valori espressi dall'art. 41 della Costituzione giustificano una valutazione negativa, da parte del legislatore, dei comportamenti dell'imprenditore che, per imprudenza, negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente sanzionati, per ridurre l'esposizione al rischio dei propri dipendenti (Corte costituzionale, 18 luglio 1996 n. 312). 5. COMPITI E RESPONSABILITÀ DEI PREPOSTI 5.1. Profili generali In materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, il preposto condivide con il datore di lavoro, ma con sfumature diverse secondo le sue reali mansioni, oneri e responsabilità soltanto gli obblighi di sorveglianza, per cui egli non è tenuto a predisporre i mezzi antinfortunistici, essendo questo un obbligo esclusivo del datore di lavoro, ma deve invece vigilare affinchè gli ordini vengano regolarmente eseguiti. L'omissione di tale vigilanza costituisce colpa se sia derivato un sinistro dal mancato uso di tali cautele [Cassazione penale, sez. IV, 21 giugno 1988, Cass. pen. 1989, 1091 (s.m.). Riv. pen. 1989, 377. Giust. pen. 1989, II,362 (s.m.)]. I preposti sovraintendono all osservanza di tutte le disposizioni di legge in materia di tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, e questo vale 15

16 per tutti i settori di attività privati o pubblici (art. 1 comma 4 bis D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626). Questa definizione sintetizza l elaborazione della giurisprudenza: il preposto è, nella impresa, colui che, come prevede l'articolo 4 del D.P.R. n. 547 del 1955 [ed anche l'art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, n.d.r.], sovrintende alle attività cui siano addetti i lavoratori subordinati anche con il compito - non esclusivo, ma sussidiario, spettando quel compito, anzitutto, al datore di lavoro e ai dirigenti, tra i quali il direttore dei lavori se nominato - di pretendere dai lavoratori che si avvalgano delle misure di sicurezza fornite dall'imprenditore in conformità con le norme vigenti o, comunque, indispensabili a causa del tipo di lavorazione specifica e in relazione agli sviluppi delle nozioni tecniche, Secondo la Suprema Corte (Corte di Cassazione sezione III penale, 27 gennaio 1999 n. 1142, P.M. in c. Celino il preposto, privo del potere o dovere di predisporre mezzi e strutture, svolge compiti di controllo e sorveglianza, con corrispettivi poteri organizzativi e disciplinari : - è responsabile, tra l'altro, dell'attuazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro ed organizzate dai dirigenti per il concreto svolgimento dell'attività lavorativa; - rende edotti i lavoratori dei rischi cui sono soggetti ; - vigila sull'uso dei dispositivi di sicurezza individuali ; - verifica se, nelle fasi di produzione, si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele ; deve attuare il piano di manutenzione delle macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse per garantirne la perfetta efficienza. In effetti, da tale coacervo di funzioni si evince che grava sul preposto, nell'alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull'attuazione delle misure di sicurezza, l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta), siano pericolosi per l'incolumità del lavoratore che li manovra). Perciò il preposto deve innanzitutto (cfr. art. 5 D. Lgs. n. 626/94): a) impartire disposizioni e istruzioni ai lavoratori, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) controllare i lavoratori affinchè utilizzino correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; c) controllare i lavoratori affinchè utilizzino in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalare immediatamente all appaltatore le deficienze dei mezzi di lavoro e dei dispositivi di sicurezza e protezione individuale, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli; e) controllare i lavoratori affinché non rimuovano o modifichino senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; 16

17 f) vigilare affinché i lavoratori non compiano di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; g) verificare affinché I lavoratori si sottopongano ai controlli sanitari previsti nei loro confronti; h) contribuire, insieme ai lavoratori, al committente e ai datori di lavoro delle imprese subappaltatrici, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. Il preposto deve inoltre (cfr. art. 4 D. Lgs. n. 626/94): - sorvegliare che gli aggiornamenti delle misure di prevenzione disposte da datore di lavoro e dirigenti siano concretamente attuati; - provvedere a fornire ai lavoratori i mezzi di protezione esistenti; - sorvegliare che siano attuate le misure disposte disposte da datore di lavoro e dirigenti per evitare che il lavoratore, non adeguatamente istruito, acceda a zone ove vi sia esposizione a rischio grave e specifico; - sorvegliare che siano attuate le misure per il controllo delle situazioni di rischio adottate da datore di lavoro e dirigenti; - provvedere a dare le necessarie istruzioni ai lavoratori per l'abbandono immediato del posto di lavoro in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile; - astenersi dal richiedere arbitrariamente al lavoratore di riprendere il lavoro malgrado l'esistenza di pericoli gravi e immediati; - controllare che gli accorgimenti disposti per evitare che le misure tecniche provochino rischi per la salute della popolazione siano attuati correttamente; - controllare che gli accorgimenti disposti per evitare che le misure tecniche provochino un deterioramento dell'ambiente esterno siano attuati correttamente; - controllare che siano attuate le misure per la prevenzione degli incendi adottate da datore di lavoro e dirigenti; - controllare che siano adottate misure per l'evacuazione dei lavoratori dagli ambienti di lavoro in caso di pericolo grave e immediato dovuto allo scoppio di incendi, disposte da datore di lavoro e dirigenti; - affidare i compiti lavorativi ai lavoratori tenendo conto delle loro capacità e delle loro condizioni in rapporto alla salute e la sicurezza; - richiedere al lavoratore l'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso di mezzi di protezione collettivo individuali; - richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi imposti dal D.P.R. 626/1994; - informare il medico competente dei processi lavorativi e dei rischi connessi all'attività produttiva; - fornire tempestivamente ai lavoratori le informazioni necessarie in ordine alla natura del rischio e le disposizioni da adottare in materia di protezione; - permettere al rappresentante dei lavoratori di verificare l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute. Il preposto ha anche un compito specifico inerente allo svolgimento di mansioni di vigilanza antifortunistica, perché, ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e dell art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 il preposto ha il compito di sovrintendere alle attività, e quindi il preposto ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli 17

18 altri (e, in più, è tenuto a collaborare con l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le carenze in tema di prevenzione, riscontrate nel luogo di lavoro ) (Cass. 26 giugno 1996, Fera, in Dir. prat. lav., 1996, 33, 2387). Le norme di tutela della sicurezza del lavoratore, in base alle quali si richiede che determinati lavori siano guidati da un capo squadra o da un preposto, sono soddisfatte solo quando un lavoratore dotato della necessaria qualificazione tecnica per lo svolgimento di tale incarico sia stato espressamente investito di un siffatto ruolo, non essendo sufficiente che uno dei lavoratori abbia una qualifica che in astratto lo abiliterebbe a svolgere mansioni diverse da quelle alle quali è di solito addetto (Cassazione penale, sez. VI, 24 maggio 1977, Chezzi). Chiarificatrice la sottolineatura della Cassazione penale (sez. IV, 26 giugno 1996, n. 6468, Fera) laddove sottolinea esigenza di non porre a carico del preposto compiti spettanti esclusivamente al datore di lavoro o al dirigente che lo rappresenta: il capo-squadra [quale preposto, n.d.r.], ha mansioni normalmente limitate alla sorveglianza sull'andamento dell'attività lavorativa, ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sè e per gli altri, con la conseguenza che una responsabilità del preposto è inconcepibile allorché l'infortunio sia dipeso, non da omessa e insufficiente vigilanza nel senso suddetto, ma dalla mancanza degli strumenti, misure, cautele e accorgimenti antinfortunistici la cui predisposizione e attuazione spetta al datore di lavoro o al soggetto specificamente competente cui quest'ultimo abbia conferito apposita ed espressa delega. Va notato che l'attività economica è di colui che ne è il titolare, solo al quale spetta il compito di organizzare i fattori della produzione, tra i quali il lavoro, e di preoccuparsi, come vuole la legge, che quest'ultimo si svolga nell'osservanza delle norme antinfortunistiche e, pertanto, di preoccuparsi di fornire i presidi previsti dalla legge o dalla comune prudenza: egli soltanto, infatti, ha, in linea di principio, il potere di destinare adeguate risorse per quei presidi. Ma se il preposto non è tenuto a munire gli operai dei presidi antinfortunistici, è tenuto a collaborare con l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le carenze, in tema di prevenzione, riscontrate nel luogo di lavoro (Cassazione penale sez. IV - Sentenza 26 giugno 1996, n Pres. Scorzelli - Est. Battisti - P.M. P. conf. Albano - Ric. Fera in Dir. e prat. lavoro, 1996, 33, p. 3487). Quanto al tema della colpa nella scelta di un preposto che sia tecnicamente idoneo e culturalmente preparato allo svolgimento del compito di vigilare sullo svolgimento sicuro del lavoro da parte dei dipendenti, è primcipio consolidato che il titolare dell'impresa risponde, per "culpa in eligendo", del comportamento del preposto, inesperto alla direzione dei lavori, che lo stesso titolare abbia mantenuto in servizio, malgrado la sua manifesta incompetenza e l'altrettanto palese inadeguatezza del suo metodo di lavoro [Cassazione penale sez. IV, 23 giugno 1995, n. 7569, Leoni, in Riv. trim. dir. pen. economia 1996, 679 (s.m.)]. I preposti dell'impresa committente all appalto (assistenti all appalto) devono: - cooperare con l'impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi connessi ai lavori affidati; - coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi attuati dall'impresa appaltatrice o dal lavoratore autonomo; 18

19 - fornire ai lavoratori dell'impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente e sulle misure di prevenzione e di emergenza predisposte. I preposti dell'impresa appaltatrice devono: cooperare con l'impresa committente all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi connessi ai lavori urgenti (artt. 7, 90 D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626). Invece nei confronti del servizio di prevenzione e protezione devono: - fornire, conformemente alle specifiche disposizioni ricevute, al servizio di prevenzione e protezione adeguate ed esaurienti informazioni sulla natura dei rischi professionali; - fornire, conformemente alle specifiche disposizioni ricevute, al servizio di prevenzione e protezione adeguate ed esaurienti informazioni sull'organizzazione del lavoro e la programmazione delle misure preventive e protettive; - fornire, conformemente alle specifiche disposizioni ricevute, al servizio di prevenzione e protezione la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; - fornire, conformemente alle specifiche disposizioni ricevute, al servizio di prevenzione e protezione i dati del registro infortuni e delle malattie professionali. - fornire, conformemente alle specifiche disposizioni ricevute, al servizio di prevenzione e protezione le prescrizioni dell'organo di vigilanza (artt. 9, 90 D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626). 19

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