IL PADRE NOSTRO, COMPENDIO DI TUTTO IL VANGELO
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- Raffaello Neri
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1 IL PADRE NOSTRO, COMPENDIO DI TUTTO IL VANGELO Il Padre nostro è una preghiera universale, rivela ciò di cui l uomo ha bisogno, ciò che è veramente importante per la sua vita, e dunque ciò che può chiedere a Dio nella sua preghiera. Gesù ha detto ai suoi discepoli non solo come dovevano pregare ma anche cosa dovevano pregare. Questa è l unica preghiera insegnata da Gesù ai discepoli. Gesù è innanzitutto preoccupato di un certo modo di pregare, tipico degli uomini religiosi, quelli che ostentano il loro pregare; essi dicono di pregare davanti a Dio, ma sono soprattutto preoccupati di essere visti dagli uomini (Mt 6,5). Questi non si accorgono che in realtà agiscono solo per costruire la propria immagine di uomini virtuosi e pii davanti agli occhi degli altri. In tal modo però essi hanno già ricevuto il loro salario (Mt 6,5) qui sulla terra e non possono ottenerlo da Dio; tu invece, dice Gesù, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6,6). Gesù inoltre mette in guardia dalle preghiere fatte di abbondanza di parole e di formule che dovrebbero in qualche modo esercitare una sorta di pressione su Dio, la preghiera di chi pensa di non dover ascoltare nulla da Dio. Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate (Mt 6, 7-8). Il discepolo deve dunque pregare per diventare consapevole del proprio desiderio, per purificarlo, per esercitare la fede in Dio e attendere da lui quella parola che permette all uomo di vivere (cf. Mt 4,4; Dt 8,3). Qui si situa il Padre Nostro (un invocazione con 7 richieste), un esempio di preghiera non ostentata, semplice, essenziale che Gesù consegna ai suoi discepoli. Padre nostro che sei nei cieli Il Padre Nostro comincia con il vocativo Padre ( Abba ) in un modo semplice, diretto, carico di affetto e tenerezza come ognuno di noi vorrebbe rivolgersi al proprio padre terreno: ecco quindi il volto del Dio al quale ci si rivolge. Anche Gesù nell ora della passione si è rivolto così a Dio e quindi vuole che noi abbiamo con Dio un rapporto diretto, franco, confidente: non dobbiamo moltiplicare le parole e accumulare gli aggettivi, basta invocarlo quale Padre caro, con la fiducia di chi si sa amato di lui. Quando diciamo padre però diciamo anche da dove siamo venuti: invocando Dio quale Padre, noi confessiamo di essere stati voluti, pensati, amati e chiamati alla vita da Lui, quale che sia la nostra vicenda terrena. Questa paternità è unica ma contemporaneamente anche plurale (Padre nostro); questa è la preghiera dei figli-fratelli. Ognuno chiama il Padre con la sua voce ma nel contempo deve riconoscere che accanto a lui ci sono i fratelli, ugualmente amati, voluti, ciascuno con sue forze e debolezze. Dio rifiuta che i figli lo invochino l uno senza l altro, e tanto meno l uno contro l altro. 1
2 Nella seconda parte di questa preghiera infatti tutte le richieste per gli uomini sono fatte al plurale in modo tale che la fraternità, la solidarietà e la comunione ci siano già prima che Dio esaudisca le nostre richieste. Che sei nei cieli non è un appesantimento ma precisa che Dio è un padre celeste e non terreno. Dio è nei cieli nel senso che è Altro ma resta vicino agli uomini stringendo con loro l alleanza e fino a essere sposo di un umanità sua sposa. sia santificato il tuo Nome Questa è un espressione per noi oggi di difficile comprensione, da intendersi come: Fatti riconoscere come Dio ; Fa conoscere a tutti chi tu sei. Gesù però nel Padre Nostro parla del Nome, ovvero dell identità (ossia ciò che di qualcuno è conoscibile, la verità profonda di una persona). Il Nome di Dio è come il suo lato esterno (ciò che Dio ha rivelato di se stesso) che per noi risulta necessario per chiamarlo e per conoscerlo. Per Dio santificare il Nome significa dunque farsi riconoscere per quello che è veramente, mostrare se stesso attraverso la sua azione nella storia. In un senso particolare però è anche vero che Dio può essere santificato dai credenti: quando essi mostrano che Dio è capace di ispirarli e di essere presente attraverso di loro tra gli uomini. Dato che il verbo è al passivo e manca il complemento d agente, la santificazione è azione di Dio e, insieme, dei credenti. La santificazione va dunque intesa anche come glorificazione, non nel senso di onorare o lodare, ma in quello di riconoscere la gloria e il peso di Dio nella storia. Gesù ha santificato Dio con l intera sua vita spesa nell amore dei fratelli fino all estremo (Gv 13,1) e ora chiede a Dio di santificare i credenti, cioè di distinguerli dal mondo, per mostrare che in essi solo Dio regna, avendoli resi santi come lui è santo (cf. Lv 19,2; 1Pt 1,16). venga il tuo Regno Nella predicazione di Gesù l annuncio fondamentale è quello del Regno, come attestano i vangeli: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,14-15). Invocare la venuta del Regno significa chiedere che Dio regni realmente innanzitutto su chi prega, poi su tutti i cristiani, poi su ogni essere umano e sull umanità intera. Il Regno di Dio si è manifestato in Gesù perché egli è l unico uomo su cui Dio ha regnato totalmente, radicalmente: quello vissuto da Gesù è il Regno che deve estendersi Il regnare di Dio non è come quello degli uomini, non è un dominio o l instaurazione di una schiavitù, ma è un azione di liberazione dalla schiavitù degli idoli falsi, azione di salvezza dai nemici e dal male, azione di unità, di raduno dei figli dispersi (cf. Gv 11,52). Gesù annunciava e spiegava il Regno, narrando parabole in cui mostrava cosa accade quando l azione di Dio trova spazio nella storia, quando il cuore degli uomini è disponibile ad accogliere il suo dono e a rispondervi con tutta la vita. Il Regno è una realtà che si attende e si invoca, per la quale occorre predisporre tutto mediante la conversione, il ritorno al Signore; è una realtà che si accoglie come i bambini (cf. Mc 10,15; Lc 18,17); è una realtà che appare in un solo modo: dal modo in cui una persona, una comunità, la chiesa, lasciano regnare Dio su di sé! Il Regno ha certamente già iniziato ad essere presente in mezzo a noi in Gesù (cf. Lc 17,21), ed è oggi tra di noi in aenigmate (1Cor 13,12); è inaugurato ma non compiuto, cresce ogni giorno senza che noi sappiamo come o possiamo verificarne l estensione. Ma allora una domanda importante è: la venuta del Regno è finale o avviene già ora? 2
3 Nei vangeli a volte il Regno è indicato come realtà futura, altre volte come presente; è un Regno inaugurato da Gesù nella storia ed è un regno che cresce progressivamente nella comunità del Signore; è un Regno che tende al compimento finale, quando avverrà la sua manifestazione finale ovvero il banchetto in cui tutti gli uomini sederanno alla tavola del Regno (cf. Mt 8,11; Lc 13,29) e il Signore stesso passerà a servirli (cf Lc 12,37) per dare inizio a una festa senza fine sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in terra L ultima richiesta a favore di Dio e della sua azione è: sia fatta la tua volontà. Questa invocazione è stata fatta dallo stesso Gesù a suo Padre: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42). Gesù ha chiesto dunque la forza di realizzare fino alla fine la volontà del Padre, di essere obbediente anche a costo della morte e della morte in croce. Si tratta senza dubbio di un orazione per noi difficile e che richiede di pagare un certo prezzo. Anche in questo caso il verbo al passivo indica due cose: da un lato che Dio compia e realizzi il suo piano di salvezza, dall altro una preghiera perché gli uomini accettino tale volontà e la realizzino e predispongano tutto perché essa si possa realizzare. Siate persone che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi (Gc 1,22). E Gesù addirittura: Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21). Il Regno di Dio viene e si instaura quando la volontà di Dio è fatta sulla terra, diventa storia e vita dei credenti. Buone intenzioni, formale obbedienza e disponibilità promessa non bastano per realizzare la volontà di Dio. Si ascolta Dio quando si mettono in pratica le sue parole e solo chi ascolta le sue parole e le realizza costruisce la sua casa sulla roccia (cf. Mt 7,24). Nel giorno del giudizio apparirà con chiarezza chi ha realizzato la volontà di Dio e chi invece, pur fingendo di compierla, ha in realtà vissuto con il cuore doppio, diviso, in quell ipocrisia propria di chi ostenta e invece non fa, di chi scambia atteggiamenti religiosi non essenziali con ciò che è necessario. Per noi cristiani è necessario pregare questa domanda soprattutto come strumento di lotta contro le resistenze che abbiamo nel compiere la volontà di Dio. E va detto che questa invocazione possiamo assumerla in profondità solo dopo una lunga battaglia, in cui la nostra volontà si ribella, non accetta ciò che ci accade nella vita e ciò che Dio ci comanda dacci oggi il nostro Pane quotidiano Dopo le grandi richieste a favore di Dio, eccone una semplice e quotidiana, che riguarda gli uomini nella condizione di creature che hanno bisogno di mangiare per vivere. La domanda del pane è fortemente contemplativa: è il modo con cui il credente afferma la signoria di Dio sul creato; è l atteggiamento di chi sa che non dispone della propria vita ma che riconosce di riceverla sempre e solo all interno di una relazione. Sull aggettivo quotidiano esistono due interpretazioni possibili: il pane essenziale e necessario per la sussistenza quotidiana, oppure il pane celeste, sovra-essenziale, il pane del Regno. Il pane inoltre - Gesù non dice cibo! - è ciò che abbiamo seminato, fatto crescere, raccolto, trasformato in farina, impastato e cotto; è frutto della terra lavorata dall uomo, della cultura dunque, e, nel contempo è un dono del Padre: lui ci ha dato la vita, lui ce la dona ogni giorno mediante il pane! Inoltre con questa richiesta si inizia a pregare alla prima persona plurale: si dice nostro pane e lo si invoca per tutti, per sé insieme agli altri. Il Pane però può essere anche inteso come Pane del Regno (cf. Lc 14,15). Chiedendo il pane necessario per vivere si chiede infatti anche quel pane di cui l uomo vive oltre il pane: non di solo pane vivrà l uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt 4,4; cf. Dt 8,3). Si tratta del pane della Parola di Dio e dell eucarestia, quel pane vivo disceso dal cielo (Gv 6,51) che è Gesù Cristo stesso. 3
4 rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori Chi crede sa bene di essere un debitore, sa che la sua vita registra debiti sempre accesi con Dio e con i fratelli. Ascoltando la parola di Dio e confrontandosi con essa, egli giunge a comprendere che queste incoerenze, questi errori, sono ingiustizia e dunque peccato. Il cristiano ogni giorno deve rinnovare la sua conversione, riprendere il cammino che conduce al Regno e cessare di errare qua e là cadendo nel peccato. In questa fatica quotidiana egli si scopre debitore, responsabile di pensieri, parole, azioni e omissioni con cui ha sottratto ai fratelli ciò che invece doveva loro. Più in profondità, siamo tutti debitori per il fatto di aver ricevuto tutto dagli altri e da Dio (cf. 1Cor 4,7) e, di conseguenza, di non poter trattenerlo per noi soli, in un possesso esclusivo, senza gli altri o contro gli altri Nella versione del Padre Nostro di Luca, l accento cade più sul peccato, inteso come atteggiamento di offesa verso i fratelli, e ciò che offende il fratello è peccato davanti a Dio. Il perdono chiesto a Dio però è condizionato dal perdono che noi accordiamo agli altri, ai fratelli. Questa è la conditio sine qua non che deve interrogarci e inquietarci: noi perdoniamo gli altri? È proprio il perdono dato all altro che ci apre al perdono di Dio. Gesù lo ha detto con chiarezza: Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe (Mt 6,14-15). E a conclusione della cosiddetta parabola del servo spietato (Mt 18,35) ha affermato: Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello". Quello che compete al discepolo è perdonare agli altri prima di mettersi a pregare (cf. Mc 11,25), prima di portare l offerta all altare (cf. Mt 5,23); perdonare settanta volte sette (Mt 18,22), cioè sempre; perdonare fino ad amare, a fare del bene e a pregare chi lo osteggia, chi gli fa del male, chi gli è nemico (cf. Mt 5,38-48; Lc 6,27-36). Solo così noi cristiani saremo beati, ottenendo misericordia in quanto misericordiosi (cf. Mt 5,7): allora sperimenteremo veramente la remissione dei peccati da parte di Dio, l unica esperienza di salvezza a noi concessa qui sulla terra (cf. Lc 1,77). non ci lasciar cadere in tentazione La traduzione abituale: Non ci indurre in tentazione non rende adeguatamente il vero significato dell invocazione, perché in essa si cela il rischio di comprendere che sia Dio l autore della tentazione. Ma Dio non tenta nessuno e neanche può essere tentato dal male. Occorre dunque intendere le parole di Gesù come non lasciar cadere in tentazione, non ci abbandonare nella tentazione, non farci soccombere nella prova Il discepolo, avverte Gesù, deve vigilare e pregare per non entrare in tentazione e pregare significa chiedere l aiuto del Signore, la sua protezione, la sua vicinanza, il suo amore nell ora della prova. La vita dell uomo sulla terra è una prova perché l uomo è continuamente tentato di contraddire l amore di Dio. Quando allora nella prova siamo sedotti dagli idoli, quando ci diamo tante ragioni per non ascoltare la Parola di Dio, quando abbiamo paura delle sofferenze a causa delle persecuzioni che appaiono all orizzonte della vita Cristiana, allora dobbiamo più che mai sentire il Signore Gesù vicino a noi. Accanto alle tentazioni quotidiane però vi è anche la grande prova, quella dell incredulità, della non-fede,che normalmente appare in due stagioni particolari della vita: all inizio e alla fine, certamente prima della morte. La domanda che ci si pone in questi frangenti è: vale la pena? Valeva la pena? Il Signore è con noi sì o no? (Es 17,7). In noi convivono fede e incredulità; l importante è non ritenersi esenti dalle tentazioni perché in questo caso saremmo vinti in 4
5 anticipo, senza neppure accorgercene. Occorre sempre essere pronti alla lotta, confidando in Dio e invocandolo perché ci soccorra nell ora della tentazione, evitando che in essa noi soccombiamo. Liberaci dal male L ultima invocazione chiede la liberazione dal male o dal Maligno. La liberazione delle liberazioni è quella dal male, dalle opere del Maligno, che sono sempre violenza, sofferenza, morte. Nella nostra vita quindi dobbiamo riconoscere la presenza del Maligno. Se infatti all esistenza di Dio occorre credere, non c è invece bisogno di credere al diavolo, perché si tratta semplicemente di riconoscerlo operante nella nostra vita: Dio lo crediamo, il Maligno lo sperimentiamo! Secondo il Nuovo Testamento, il diavolo è una presenza potente, efficace, che tenta, seduce e opprime quanti, accogliendo le sue suggestioni, possono addirittura diventare figli del Maligno (Mt 13,38). Quando nella comunità cristiana appaiono falsi profeti, quando appare la zizzania accanto al buon grano, ecc. allora dobbiamo riconoscere che il Maligno è all opera. Ecco allora farsi strada l invocazione: liberaci dal Maligno e dalla sua azione!. Anche in questo caso la nostra preghiera si innesta in quella di Gesù, il quale ci precede: Padre non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal Maligno (Gv 17,15). Gesù aveva anche pregato per Pietro in questo modo: Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede (Lc 22,31-32). Gesù combatte dunque nella nostra lotta contro il demonio: è lui a lottare in noi, è lui che possiamo invocare con le parole del Salmo: nella mia lotta sii tu a lottare! (Sal 43,1; 119,154). La nostra speranza è quella di ascoltare anche noi un giorno le parole che Giovanni rivolge alla sua comunità: Scrivo a voi, perché avete vinto il maligno (1Gv 2,13) FONTI UTILIZZATE: ENZO BIANCHI, Il Padre Nostro, compendio di tutto il Vangelo (2008) Edizioni San Paolo 5
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