pretesti Dicembre 2012

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1 pretesti Occasioni di letteratura digitale 1 Dicembre 2012 Numero 12 Il pavimento di pietra di Tim Parks Il viaggio come scrittura, la scrittura come viaggio di Giuseppe De Marco Madame Dora di Bruno Arpaia Lampare spente di Andrea Molesini

2 Il meglio della narrativa e della saggistica italiana e straniera in oltre titoli

3 Editoriale Cari lettori, abbiamo preparato per voi un numero degno delle migliori letture sul divano, dei palati più raffinati e delle menti più desiderose di trascorrere le festività in compagnia di buone storie. Tim Parks, Andrea Molesini e Bruno Arpaia sono i tre scrittori che hanno partecipato alla sfida di questo numero: non lasciarvi soli. E nessuno rimarrà solo in questi giorni di Natale pensando anche ai grandi delle letteratura che Giuseppe De Marco ci aiuta a riscoprire. Certo non possiamo dire di avere molto da festeggiare quest anno. Sono sempre più numerose le persone senza lavoro e le famiglie in difficoltà economiche. Proprio per questo non vogliamo che nessuno resti prigioniero della propria solitudine, anche se la letteratura è innanzitutto un avventura del singolo. Le buone storie, tuttavia, sono capaci di un miracolo, quel miracolo che invochiamo come dono natalizio per ciascuno di voi: rendere popolata la solitudine dei singoli dinnanzi alla vita e alle sue fatiche. Anche grazie a questa moltitudine di personaggi, e alla capacità di ciascuno di diventare moltitudine, possiamo sperare di uscire dalla crisi. La crisi economica che è prima di tutto crisi delle coscienze: abbiamo avuto l illusione di non essere soli inseguendo social network, amicizie virtuali, amicizie a distanza. Ci siamo dimenticati di noi stessi. Della singolarità che ciascun individuo rappresenta. Non ci resta che ripartire da qui, non ci resta che abitare questa solitudine e farla popolare dalle storie della letteratura, che poi in fondo non sono altro che le storie del nostro vicino di casa, di quartiere, del nostro collega di lavoro. Buon Natale allora, con la speranza di avervi aiutato un po a popolare la vostra solitudine. Buoni PreTesti a tutti. Roberto Murgia 3

4 Indice Testi Racconto Il pavimento di pietra di Tim Parks Saggio Il viaggio come scrittura, la scrittura come viaggio di Giuseppe De Marco Racconto Madame Dora di Bruno Arpaia Racconto Lampare spente di Andrea Molesini Il mondo dell ebook Ebook da mettere sotto l albero di Daniela De Pasquale Tablet ed ereader i regali perfetti, parola di Babbo Natale di Roberto Dessì Rubriche Buona la prima Tito Lucrezio Caro De rerum natura di Fabio Fumagalli Sulla punta della lingua L Università nella tempesta delle lingue di Francesco Sabatini Anima del mondo Il nostro agente a Panama di Francesco Baucia Alta cucina Il jazz a tavola di Luca Bisin 59 Recensioni 60 Appuntamenti 61 Tweets / Bookbugs 4

5 Racconto IL PAVIMENTO DI PIETRA di Tim Parks 5

6 Arrivavano tutti e tre in modi diversi e la cosa migliore era vedersi al bar del museo. Il tempo sarebbe passato prima in caso di ritardi. Come quello assai probabile di Teresa, che veniva da più lontano. Mark si era portato dietro il laptop. Dopo quindici anni non era sicuro di riconoscere Joe. Davvero era passato così tanto? O di più? Joe era stato un amico di Teresa. Mark diede un rapido sguardo ai tavolini all esterno, poi entrò. Il bar era pieno e scalcinato. Mark ebbe l impressione che gli avventori occupassero i tavolini molto più del tempo necessario a consumare bevande e spuntini. Molti leggevano il giornale. Nonostante il caldo, avevano tenuto quasi tutti il cappotto. Le vetrine erano appannate. Si accorse subito che la moglie non c era di solito avvertiva la sua presenza prima ancora di vederla e soltanto un uomo richiese una seconda occhiata, un prete vestito di nero. Ma difficilmente Joe si sarebbe presentato con la tonaca. Non l aveva mai fatto. Il prete seduto nell angolo, di fronte alla vetrina, aveva gli stessi capelli, neri e lucidi, ma uno sguardo più ravvicinato rivelò che era troppo giovane. Joe non avrebbe più avuto i capelli così. Sarebbero stati sale e pepe ormai, o magari era calvo. Il tempo volava. Mark si prese un caffè, trovò un tavolino e sfilò il laptop dalla borsa, poi si alzò di nuovo. Dentro non si stava male, ma lui era a disagio. Il donnone di fronte alle prese con il Sudoku, i due della giovane coppia sulla sinistra concentrati ognuno sul suo ebook, gli davano sui nervi. Il Financial Times del prete Erano loro stessi un istituzione, due coetanei in coppia da decenni: una squadra. Ma era sempre con un sospiro di sollievo che Mark la riaccompagnava alla stazione. sembrava impolverato sotto la luce al neon. Mark portò il caffè sulla soglia. Fuori tirava vento. I pochi fumatori erano tutti ammassati. Dopo un attimo di esitazione, uscì; mise il caffè su un tavolino e tornò dentro a prendere il computer. Uscendo gli volò il tovagliolino. Mark si chiuse l ultimo bottone del cappotto e lo sentì tirare. Gli si stava ingrossando il collo. Poi aprì lo schermo per mettersi al lavoro. Ora toccava a Joe riconoscere lui, sempre che Teresa non lo precedesse. Esaminando quello che aveva scritto, rendendosi conto che non andava bene e che le scadenze incombevano, Mark si chiese perché avesse acconsentito a prendere quel permesso. Di norma la moglie doveva escogitare un occasione speciale per creare uno di quei momenti di coppia come li chiamava lui, una ricorrenza o una riunione di famiglia in Cornovaglia; altrimenti era lui a invitarla a Londra per qualche cena istituzionale che richiedeva una compagna all altezza. In quei casi se la cavavano discretamente. Erano loro stessi un istituzione, due coetanei in coppia da decenni: una squadra. Ma era sempre con un sospiro di sollievo che Mark la riaccompagnava alla stazione. Mi presto a fare cose che non voglio, decise, perché detesto deludere le persone. Di sicuro non aveva nessuna voglia di rivedere Joe né di visitare la mostra; Joe avrebbe risvegliato ricordi molesti e le rassegne d arte erano sempre sopravvalutate. Mark si stava ancora sforzando di concentrarsi sulla sua relazione quando una voce lo salutò. Ma non la voce di Joe. Era Richard Shields, 6

7 con il quale anni prima Mark giocava a squash. Abbiamo il nuovo ufficio qui a Hendry Place, disse l uomo alto di statura. Giocavano duro, malmenando la palla come se ne andasse della loro vita; poi al pub parlavano delle loro amanti fino all orario di chiusura. Come per un riflesso nostalgico, Richard chiese subito a Mark se avesse tempo per un bicchiere e Mark, che sarebbe stato contentissimo di trascorrere la pausa pranzo a bere con Richard, spiegò che stava aspettando la moglie e un loro vecchio amico che viveva all estero. Volevano vedere la mostra: Augustus e Gwen John. Ancora insieme? Richard inarcò un sopracciglio. I John sono morti da decenni. Tu e Teresa, scemo. Mark sorrise. Scontiamo i nostri peccati. Lei adora la casa sulla costa. Io sono qui a Londra. Sempre il solito donnaiolo, disse Richard scuotendo la testa. Mark sospirò. E l altro? Joe? Ti sembrerà incredibile, ma è lui che ci ha fatti conoscere. Mark si lanciò in un aneddoto che aveva già raccontato mille volte. Trent anni prima, passando di corsa al bar dell università, si era fermato a scambiare due parole con Joe, uno studente irlandese che viveva nel suo stesso dormitorio. Questo a Bristol. La ragazza accanto a Joe gli aveva fatto gli occhi dolci e dopo Mark aveva chiesto a Joe il suo numero di telefono. Non ha voluto darmelo. Ha detto che era la sua ragazza. Sono tornato in camera e, guarda un po, dieci minuti dopo mi telefona Teresa. Dove hai preso il numero? le ho chiesto. A quanto pare gliel aveva dato Joe. Mark rise. A lei non poteva mica dire che ero il suo ragazzo. Risero tutti e due. Poi Richard chiese: E c era qualcosa fra loro? Mark esitò. Lo sai che non ci ho mai pensato? Io e Teresa siamo finiti a letto quella sera stessa; la settimana dopo già vivevamo insieme. Sono sempre stato uno che vive nel presente. Quello che conta è l immediato. Cioè se te la danno o no, Richard fece un gran sorriso. Esatto! Era simpatico, pensò Mark, anche se un po inquietante, ricordare che lui e Teresa se l erano spassata all i- Gwen John, A Corner of the Artist s nizio. Ma per quanto ancora poteva misurare la vita Room in Paris (1907) in base al fatto che gliela dessero o meno? Il tempo stringeva. Stava per chiedere a Richard cosa combinava lui in quel periodo quando si accorsero in contemporanea della presenza di un terzo. Mark Wilson? Mark ebbe un attimo di esitazione. L uomo che si era avvicinato al tavolino aveva i baffi in meno e un paio di occhiali in più. La mezza età anziché riempirlo sembrava averlo smagrito e i capelli, scompigliati dal vento londinese, erano folti e neri da fare invidia. Aveva una tracolla di cuoio e l aria virile. 7

8 Joey! Mark si alzò e si diedero la mano dai capi opposti del tavolino. Mark si stupì per l intensità della propria emozione; lo travolse come un onda. Dopo tanti anni! Joey! Potendo l avrebbe anche abbracciato. Ma c era il tavolino di mezzo. Il laptop era ancora aperto. Devo proprio andare, disse Richard, ma Mark insistette per fare le presentazioni. Si sentiva animato e affabile, le remore iniziali ormai superate. Richard era un guru del marketing, disse, originario di Sydney. Oltre che un giocatore di squash provetto. Joe, ex residente a Dublino ora di stanza a New York, era un prete gesuita. Però, esclamò Richard tendendogli la mano. Un vero gesuita irlandese. Ma Joe aveva cominciato a sorridere. Il viso aveva una sicurezza seducente. Il sorriso si allargò. Mi spiace deludervi, disse, ma sono un paio d anni che sono uscito dal sacerdozio. Oddio! Non credevo che vi lasciassero uscire, disse Richard ridendo. Vi dirò di più: mi sono sposato. Cristo santo, Joey! Il sorriso di Joe divenne una risata. Ci stava prendendo gusto a comunicare le sue notizie clamorose. Aspettate, però, manca la ciliegina sulla torta, disse. Pronti? L accento dublinese era rimasto inalterato. Con un uomo. Vedendo che gli altri non collegavano subito, lo disse chiaro e tondo. Mi sono sposato con un uomo. Mi spiace deludervi, disse, ma sono un paio d anni che sono uscito dal sacerdozio. Tutto sommato, allora, l incontro si prospettava più interessante del previsto. E più impegnativo. Arrivò Teresa, insolitamente in forma ed elegante. La moglie di Mark era una bella donna. Ma, neanche a dirlo, detestava Richard. Per un istante rimase spiazzata. Joey! urlò. Erano ancora in piedi intorno al tavolino esterno, al vento gelido. Abbracciò il vecchio amico, tirandoselo al seno e trattenendolo a lungo. Joey! ripeté, lanciando però sguardi interrogativi a Mark da sopra la sua spalla. Si era messa rossetto e eyeliner, che le davano come un aria di fragilità. La verità era che Mark non aveva mai capito niente della moglie. Non sapeva decifrarla. Rivolgendosi a Richard, Teresa chiese di punto in bianco: Come sta Sarah? Richard si dimostrò un signore. Le ragazze mi dicono che sta bene, fece con un sorriso. In effetti è un po che non ci vediamo. Tornò a spiegare che il suo ufficio era lì a due passi; aveva incontrato Mark per caso. Teresa entrò a prendere caffè e brioche per lei e Joey. Vedendo l ostilità fra la moglie e il vecchio amico, Mark provò quel miscuglio ben noto di inquietudine ed esaltazione, come se l avessero colto in flagrante, ma con il coltello dalla parte del manico. Teresa era sempre stata convinta che il marito si fosse lasciato traviare dall influenza negativa di Richard. Che fosse un pappagallo. Eppure bastava la sola presenza di Richard, pensò Mark, a renderla vulnerabile, quasi le ricordasse con quanta facilità finiscono le cose. Richard strinse la mano a Joe ridendo: Tu sì che sai entrare in quarta in un discorso! Ora, però, doveva proprio andare, disse. Mark scorgeva ancora le spalle del vecchio amico muovere risolute verso l angolo con Hendry Street quando Teresa tornò con brio- 8

9 che e cappuccini. Stasera lo chiamo, pensò. Almeno il piacere di farsi una lunga chiacchierata, visto che non potevano più giocare a squash. Teresa fu entusiasta delle novità di Joe. Fin troppo. Batté le mani, lo abbracciò di nuovo e disse di aver sempre trovato strano che fosse scappato in seminario subito dopo aver fatto conoscere lei e Mark. Neanche fosse tutta colpa mia! Joey raccontò di aver capito subito, prima ancora di prendere i voti, che era gay. Anzi, aveva scoperto il sesso proprio in seminario. Non crediate che sia poi così raro! Ma poi aveva vissuto negando la verità, per un tempo infinito; gli sembrava impossibile ammetterla. La madre sarebbe morta per la vergogna. Non potete sapere quante volte ho pensato a voi due, disse con un gran sorriso. E agli Batté le mani, lo abbracciò di nuovo e disse di aver sempre trovato strano che fosse scappato in seminario subito dopo aver fatto conoscere lei e Mark altri. Vi ricordate Tom e Marcia? Avere un partner, crescere figli. E noi abbiamo pensato a te, gli assicurò Teresa. Non ti ci vedevo come prete, proprio non ci riuscivo. Al vento gelido, i piedi e le dita ormai freddi, Mark guardò la moglie diventare sempre più animata e istrionica. Non ci posso credere, continuava a ripetere battendo le mani, hai avuto un bel coraggio a fare coming out con le autorità ecclesiastiche. Dio santo! Dev essere come evadere di prigione. Ti sentirai liberato. Disse che voleva sapere tutto del nuovo maritino. Ce l hai una foto? Mark chiuse il computer e propose di entrare a vedere la mostra. Era un sollievo, pensò, che i riflettori di quell incontro fossero puntati su Joe anziché su loro. Ma le effusioni 9

10 della moglie lo infastidivano; parlava come se volesse accogliere il vecchio amico nel novero di quelli che possono permettersi di essere onesti riguardo alla propria vita. Davvero considerava il loro matrimonio moribondo in quei termini? Mark ripensò alle serate con Richard e alla folle euforia di quando si raccontavano le loro tresche. Ufficialmente avevano smesso di giocare a squash dopo che Mark si era leso un legamento. Avrebbe zoppicato per mesi. Ma il motivo vero, lo sapevano tutti e due, era stata la decisione di Richard di separarsi. La vita entrava in una nuova fase e le conversazioni del passato non avevano più nessun senso. Sembri preoccupato, disse Joe mentre si alzavano. Sono indietro con una relazione per il consiglio di amministrazione di venerdì. Qual è l argomento? Perché non abbiamo previsto la crisi, disse Mark con un sorriso amaro. O meglio: perché abbiamo perso qualche miliardo dei nostri clienti. Mark è fissato col lavoro, è difficile prendere un appuntamento con lui, disse Teresa in tono spensierato. Anche per la sua mogliettina. Vero, amore? Joe aveva studiato storia dell arte all università. Presi gli ordini era diventato professore di arte religiosa e ora insegnava alla Columbia. Era naturale che trovandosi a Londra per pochi giorni volesse vedere quante più mostre possibile. Poi Gwen John si era convertita, dopo che l amante Rodin l aveva mollata, disse; era diventata cattolica e si era fatta strada dipingendo suore. L ex prete fece una risatina. Aveva ritratto più volte la madre superiora in cambio di vitto e alloggio in un convento di Parigi. Secondo certi era lesbica. Né Mark né Teresa sapevano niente di Gwen John, a parte il fatto che era la sorella di Augustus John, ma a Mark la risatina dell ex prete non era certo piaciuta. Joe sembrava anche troppo soddisfatto di sé e dei cambiamenti avvenuti nella sua vita. Mentre salivano le scale che dall ingresso portavano alle sale della mostra, Teresa prese il marito da parte e gli confidò sottovoce di essere preoccupata per Marina, la loro seconda figlia, che l aveva chiamata giusto quella mattina con una voce tristissima e che senz altro veniva maltrattata dal fidanzato; Mark, disse, doveva assolutamente assicurarle che a Islington c era sempre un divano pronto ad accoglierla. Non deve pensare che non ha un posto dove andare, insistette Teresa. Temo che quel tipo possa farle davvero del male. Dille che può stare da te. Abbassando ulteriormente la voce, aggiunse: E poi non credo neanche per un attimo che Joe è un vero gay. Che ne dici? Arrivati ai pannelli informativi dei primi dipinti, Teresa prese Joe sottobraccio e lui le raccontò quello che sapeva sulla vocazione religiosa di Gwen John e su come ne avesse influenzato l opera. Guardandoli l uno accanto all altra vicino alla prima tela, Mark pensò che formavano una bella coppia. A lei i pantaloni neri con la piega davano un bel piglio. Aveva fatto bene a tagliare i capelli corti ora che cominciavano a ingrigire. Joe era robusto senza essere corpulento. Gli occhi scuri comunicavano un piacere quasi infantile per la vita. Dimostravano tutti e due molto meno di cinquant anni. La mostra combinava i ritratti sgargianti che Augustus John aveva fatto ad amici famosi, amanti, bambini e accampamenti di zingari, con le tele scolorite di Gwen John dove le donne pallide e solitarie sbiadivano negli sfondi pastello. Passando da un artista all altra, l evolversi della loro pittura dava 10

11 l idea che le uniche alternative nella vita fossero un allegria superficiale e carnosa o uno struggimento spettrale. Joe ridacchiava e chiacchierava con Teresa i dipinti di Gwen, spiegava, contenevano astuti rimandi a Piero della Francesca mentre Mark si teneva un po indietro. Aveva fatto quattro figli con quella donna, pensò, e tutto sommato li avevano tirati su piuttosto bene, eppure c era molta più alchimia tra lei e l ex prete gay che fra loro due. Ridendo e abbandonandosi ai ricordi, Joe e Teresa sembravano vivaci, effervescenti un passante li avrebbe scambiati per una simpatica coppia che festeggiava l anniversario di matrimonio. Eppure c era sempre un che di fragile nell espansività di Teresa, pensò Mark. Perché aveva insistito sul fatto che Joe non era un vero gay? Perché non dirglielo direttamente, se ne era così convinta? Il mondo non doveva mai cambiare, ecco perché. Era per questo forse che loro non erano riusciti a prevedere la crisi? Il mondo non deve mai cambiare. Pieno di presentimenti, Mark si fermò davanti a una suora pallida che teneva le mani poggiate su un grosso libro chiuso sopra un tavolo. L unica cosa del quadro che non sembrasse in pericolo di dissolversi in mestizia era quel libro. Aveva uno strano color ocra. Una Bibbia? Dopo che Rodin l aveva lasciata, diceva intanto Joe, Gwen aveva dipinto unicamente suore, gatti e sedie vuote, mentre l indomito fratello Augustus proseguiva il suo ménage a trois con la moglie e l amante facendo figli a non finire con tutt e due. Porco egoista! disse Teresa ridendo. Un attimo dopo si avvicinò a Mark e bisbigliò: Essere gay è un altra scappatoia, come il celibato. Per evitare ogni responsabilità. Questo, Mark ne era sicuro, per farlo ripensare a Marina. Uno dei detti preferiti di Teresa era che non si finisce mai di essere genitori. Era anche vero che se Marina fosse andata a stare da Mark a Islington, lui non avrebbe saputo dove portare Connie. E Connie era la sua ultima occasione. Ne era convinto. Ma intanto Teresa aveva ripreso Joe sottobraccio. Erano davanti a un quadro di sobria eleganza che raffigurava una semplice sedia di vimini vicino a una finestra aperta. Mark li raggiunse e per qualche istante i tre rimasero in silenzio a guardare la sedia vuota e un abito femminile azzurro abbandonato su un bracciolo. Un quarto d ora dopo, quando la moglie andò in bagno, Mark chiese a Joe come fosse giunto alla decisione cruciale. Dopo tanti anni in seno alla Chiesa, a dire messa, predicare, confessarsi, studiare arte religiosa, che cosa gli aveva dato finalmente la scossa, e come si era difeso dagli attacchi dopo? Ci sarà stata una reazione anche violenta, immagino. È stato conoscere il futuro marito che ti ha spronato? Ma figurati, rispose Joe. Nigel non lo conosceva ancora. Aveva avuto una relazione tormentata con un prete più giovane che si era conclusa un paio d anni prima. Si imbronciò. In realtà era stata la salute a decidere per lui. Stanchezza cronica, dolori intestinali cronici, insonnia cronica. Mesi e mesi senza chiudere occhio. O così gli era sembrato. Una notte si era messo in ginocchio, sul pavimento di pietra, e aveva pregato fino all alba. O meglio, finché non aveva sentito irrompere nei pensieri una voce perentoria che diceva: Vattene, Joseph! Prima che ti uccida. Vestiti e vattene! Una voce? Erano davanti a uno dei quadri con i gatti. Macchie nere a malapena definibili come felini addormentati su un morbido divano grigio. Sì, una voce vera, molto forte. Così, alme- 11

12 no, mi è parso. Mi ci sono volute un altro paio di settimane insonni ma alla fine ho fatto come diceva e me ne sono andato. Quanto al putiferio che si è scatenato dopo, l ho ignorato. Non ho parlato con nessuno. Me ne sono andato e basta. Se mi mandavano lettere sgradevoli, non le leggevo. Mark trovava la cosa affascinante. Ma dovevi pur avere qualche buon amico. Certo. E non ne hai sentito la mancanza? Una notte si era messo in ginocchio, sul pavimento di pietra, e aveva pregato fino all alba. O meglio, finché non aveva sentito irrompere nei pensieri una voce perentoria. Joe sorrise. Per niente. Era un tale sollievo non stare più lì dentro, non vestirmi più da prete. Vivevo una grande bugia. Già. A Mark quell espressione aveva sempre dato fastidio. Qualcuno di loro si sarà sentito tradito, però, e anche di brutto. Di sicuro, Joe sorrise di nuovo. Di sicuro. Ma sono affari loro. Sentivo il tempo fuggire. Dovevo agire subito. E secondo te la voce era quella di Dio? Joe si strinse nelle spalle. Stavo pregando Dio. Chi lo sa. Sei ancora credente, allora? Non proprio, o comunque non come lo intende la Chiesa. Ma è successo davvero. Altrimenti non me ne sarei mai andato. Che cosa? Era tornata Teresa. Stavolta poggiò il braccio sulla spalla del marito. Era il primo contatto fisico da diverso tempo. Joe le spiegò di che cosa stavano parlando. Con qualche belluria. Era chiaro che quell esperienza paranormale era importante per lui, si capiva che sarebbe andato avanti a raccontarla per anni. Rifece l elenco dei sintomi fisici avuti prima di armarsi di coraggio e sciogliere i voti, abbandonando la vocazione di una vita: la stitichezza, il sogno ricorrente in cui cercava di attraversare un campo di fango, il forte senso di soffocamento, i mal di testa, i mesi d insopportabile insonnia, poi, alla fine, la lunga notte di fervore religioso sul pavimento di pietra e, verso l alba, quella voce imperiosa: Vattene, Joe, vestiti ed esci da qui. Vai! Incredibile, concordò Teresa. Mentre l ex prete parlava, aggiungendo particolari su particolari, poi meravigliandosi di aver conosciuto Nigel soltanto pochi giorni, ebbene sì, pochissimi giorni dopo essere fuggito dalla sorella la madre era morta l anno prima Mark, che intanto si era allontanato di nuovo dagli altri, si accorse che i quadri con i gatti addormentati e quelli delle suore sbiadite erano in un certo senso uguali. Erano immagini di invulnerabilità, le suore perché avevano deciso di ritirarsi dal mondo, non potevi più toccarle, i gatti perché i gatti vivono solo per se stessi. Erano immagini del desiderio di sottrarsi alle grosse decisioni, di sottrarsi al dolore, ma anche alla crudeltà. Avere il coltello dalla parte del manico non basta, aveva osservato una volta Richard poco dopo aver lasciato Sarah, devi anche usarlo. 12

13 A chiudere la mostra c era un Augustus John che raffigurava due donne e sei bambini sulla spiaggia. La didascalia spiegava chi fossero. Teresa scosse la testa. Come avrà convinto quella poveretta di sua moglie ad accettare? Rise come se fosse una grande sciocchezza. Io mi chiedevo cosa ci guadagnasse l amante, disse Mark. Tutt a un tratto gli venne la nausea. Voglio invitarvi a pranzo, diceva intanto Joe, mentre si dirigevano verso l uscita. Dovremmo festeggiare la mia rinascita. E i vecchi tempi. Andiamo in un posto carino. È stupendo essere di nuovo a Londra. Mark disse che gli sarebbe piaciuto molto ma aveva davvero troppo da fare. Il consiglio di amministrazione si aspettava una serie di proposte da mettere subito in atto. Perché voi due non mangiate da soli? Gli serviva subito il bagno. Eh dai, Mark, per favore, si lamentò Teresa. Non fare il guastafeste. Joey non è mica qui tutti i giorni. Dobbiamo ancora raccontagli dei figli, e lui non ci ha ancora fatto vedere le foto del suo amico. Un calore triste le saturava la voce. Rimani, insistette Joe. In effetti ho un paio di domande da farti sugli investimenti. Io e Nigel dobbiamo pur piazzare il denaro da qualche parte. Mark corse in bagno ma non vomitò. Né sentì una voce. Seduto sulla tazza telefonò a Connie e le disse che avrebbe fatto tardi. Le disse che l amava. Più tardi, mentre facevano le ordinazioni e Teresa raccontava di fidanzati, fidanzate e lavoro dei loro figli, il potente banchiere decise di prendere comunque la storia di Joe come un buon auspicio. Forse si trattava solo di trovare un pavimento di pietra dove inginocchiarsi. Traduzione di Giovanna Granato Tim Parks Nato a Manchester nel 1954, Tim Parks abita in Italia da più di trent anni. Romanziere e professore di lingue all Università IULM di Milano, scrive regolarmente per la New York Review of Books e Il Sole 24 Ore. Ha tradotto opere di Moravia, Tabucchi, Calvino, Calasso e Machiavelli ed è autore di vari saggi che esplorano le curiosità della vita italiana: Italiani (Bompiani 1995), Un educazione italiana (Bompiani 1996) e Questa pazza fede (Einaudi 2002). Le sue più recenti pubblicazioni in Italia sono il romanzo Sogni di fiumi e di mari (Mondadori 2011, disponibile in ebook da Cubolibri), e il saggio Insegnaci la quiete (Mondadori 2010), che esamina il rapporto mente-corpo. Nel 2013 Bompiani pubblicherà il suo nuovo romanzo: Il sesso è vietato. Disponibile su www. cubolibri.it 13

14 Saggio IL VIAGGIO COME SCRITTURA, LA SCRITTURA COME VIAGGIO DAL PALINURO DI UNGARETTI ALLA VENEZIA DI ZANZOTTO di Giuseppe De Marco

15 Il tema del viaggio, correlato a quelli dell esilio, della conoscenza, della scoperta, ecc., è sicuramente tra i più intriganti dell universo letterario di ogni latitudine, protagonista di mille pagine famose, dall esodo del popolo eletto nella Bibbia al peregrinare dell Enea virgiliano, dal folle volo dell Ulisse dantesco fino a più recenti declinazioni, italiane e straniere. Antichissimo è il binomio parola - viaggio ; il rapporto simbiotico e la fitta trama di corrispondenze metaforiche ed interrelazioni tra i due sostantivi, che è una costante di gran parte della letteratura universale, sono stati accuratamente analizzati. 1 Il viaggio quale topos letterario riveste anche un grande significato antropologico; dal nostos omerico fino all esotismo del traveller che si muove nella globalizzazione contemporanea, la categoria di viaggio, dalla valenza di approccio con il diverso, perviene anche al riconoscimento dello status di artista, identificandosi totalmente con esso. Nella correlazione fra il viaggio come esperienza concreta del movimento nello spazio e la narrazione di questa esperienza, il baricentro non gravita sul viaggio, bensì sul suo racconto; nel caso dei testi letterarî sulla sua scrittura. A rigore, componente indissolubile dell esperienza del viaggio è proprio la modalità del raccontarlo, in quanto si tratta di un processo specificamente mentale e intellettuale che attua ulteriori spostamenti e metamorfosi, consentendo di tradurre l altrove fisico in una narrazione. 2 Indicazioni illuminanti in proposito provengono dalla lezione autorevole di Fernando Savater, soprattutto per quel che concerne la mirabile sapienza dell arte di raccontare viaggi e storie: Il narratore di storie è sempre appena tornato da un lungo viaggio, durante il quale ha conosciuto le meraviglie e il terrore [ ]. Ma il viaggio non ha consentito sempre al viaggiatore di essere protagonista dell avventura; spesso si è dovuto accontentare di ascoltarne le peripezie per bocca altrui, seduto davanti ad una pinta di birra in una taverna gremita di gente e di fumo o attento al mormorio convulso delle labbra del moribondo, i cui occhi iniziano a familiarizzare con i fantasmi. 3 1 Tra gli studî più significativi si segnalano: AA. VV., Il viaggio e la scrittura, a cura di P. Nerozzi e V. Matera, Napoli, L Ancora del Mediterraneo, 2001; S. SGAVICCHIA, Scrivere il viaggio: cronache, memorie, invenzioni, in AA. VV., Storia generale della Letteratura Italiana, a cura di N. Borsellino e W. Pedullà, Milano, Motta-L Espresso, 2004, vol. XVI, pp ; AA. VV., Il viaggio nella letteratura occidentale tra mito e simbolo, Atti del Convegno Internazionale, Napoli maggio 2004, a cura di A. Gargano e M. Squillante, Napoli, Liguori, 2005; P. FASANO, Letteratura e viaggio [1999], Roma-Bari, Laterza, ; G. DE MARCO, Le icone della lontananza. Carte di esilio e viaggi di carta, cit.; L. MARFÈ, Oltre la fine dei viaggi. I resoconti dell altrove nella letteratura contemporanea, Premessa di M. Bossi, Prefazione di F. Marenco, Firenze, Olschki, 2009; E. GUAGNINI, Il viaggio, lo sguardo, la scrittura, Trieste, EUT, 2010; AA. VV., Viaggiare con la scrittura. Tracciati odeporici, letterari e autobiografici, a cura di A. Cavalli, Bologna, ArchetipoLibri, 2011; G. DE MARCO, «Qui la meta è partire». Scritture di viaggio e sguardi di lontano nel Novecento italiano, Venezia, Marsilio, G. R. CARDONA, I viaggi e le scoperte, in AA. VV., Letteratura italiana. Le questioni, dir. da A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1986, vol. V, pp , a p F. SAVATER, L evasione del narratore, in ID., Pirati e altri avventurieri. L arte di raccontare storie [2008], trad. di P. Collo, Firenze, Passigli, 2010, pp , a p

16 Difatti è la scrittura che conferisce al viaggio uno spessore e una tenacia che travalicano i limiti della soggettività dell esperienza e della sua fugace estensione nel tempo. Ma è specialmente la scrittura che dà al viaggio una linea e una valenza, in quanto vaglia esclusivamente taluni segmenti entro la sua composita traiettoria e le ristruttura a posteriori in un complesso comunicabile e dotato di senso coeso. Dunque la parola letteraria, grazie alla sua capacità di spaesamento che le consente di percepire l inconsueto che si dissimula nel quotidiano, assume un ruolo regale, trovando proprio nel viaggio l humus ideale per sviluppare compiutamente il suo potere straniante. Se l esperienza del viaggio permette di giungere in contatto con l ignoto, la scrittura tenta, mediante procedimenti retorici e narrativi, di rappresentare l inenarrabile. In tale ottica, non è rilevante se sia reale o immaginaria l esperienza del viaggio: conta invece come si racconta e si dispiega in parole, insomma come il viaggio si trasfigura in scrittura. Lo attesta, come si accennava all inizio, il serrato scambio metaforico tra i relativi campi semantici del viaggio e della scrittura: la scrittura stessa rùbrica questo viaggio nel tempo interiore del soggetto, si dà come costante e fluente transizione, il viaggio si completa all interno della scrittura, cosicché è la narrazione stessa a proporsi come itinerario esplorativo. Quindi lo stesso atto dello scrivere, a prescindere dal messaggio che sottende, si costituisce come percorso. La scrittura eleva la propria mobilità, che coinvolge, trasporta il lettore. Calzante, al riguardo, si rivela una citazione tratta dalla Prefazione a L infinito viaggiare, dove Claudio Magris illustra l intimo rapporto che si stabilisce tra viaggio e scrittura: La prefazione è una specie di valigia, un nécessaire, e quest ultimo fa parte del viaggio; alla partenza, quando ci si mette dentro le poche cose prevedibilmente indispensabili, dimenticando sempre qualcosa d essenziale; durante il cammino, quando si raccoglie ciò che si vuole portare a casa; al ritorno, quando si apre il bagaglio e non si trovano le cose che erano sembrate più importanti, mentre saltano fuori oggetti che non ci si ricorda di aver messo dentro. Così accade con la scrittura; qualcosa che, mentre si viaggiava e si viveva, pareva fondamentale è svanito, sulla carta non c è più, mentre prende imperiosamente forma e si impone come essenziale qualcosa che nella vita nel viaggio della vita avevamo appena notato. 4 4 C. MAGRIS, Prefazione a L infinito viaggiare, Milano, Mondadori, 2005, pp. VII-XXVIII, a p. VII. Inoltre, lo scrittore, sempre nella stessa pagina, scrive tra l altro che, se «il prologo si addice a una raccolta di pagine di viaggio», è «perché il viaggio nel mondo e sulla carta è di per sé un continuo preambolo, un preludio a qualcosa che deve sempre ancora venire e sta sempre ancora dietro l angolo; partire, fermarsi, tornare indietro, fare e disfare le valigie, annotare sul taccuino il paesaggio che, mentre lo si attraversa, fugge, si sfalda e si ricompone come una sequenza cinematografica, con le sue dissolvenze e riassestamenti, o come un volto che muta nel tempo» (ibid.). 16

17 Giuseppe Ungaretti Il rilievo di Magris è, altresì, utile a ridefinire le idee di frontiera e di identità : Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall altra parte [ ]. Ogni viaggio implica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembrava vicino e ben conosciuto si rivela straniero e indecifrabile, oppure un individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni si mostrano affini e parenti. 5 Ma chi è l altro, dunque, e per chi? Sembra chiedersi l autore. In un libro precedente, Magris aveva rilevato che ciascuno può essere l Altro, aggiungendo che la letteratura, fra le altre cose, è pure un viaggio alla ricerca di sfatare questo mito dell altra parte, per comprendere che ognuno si trova ora di qua ora di là. 6 Inoltre, è soltanto l esperienza della scrittura che consente di rendere conto della totalità dei sensi come a ragione sostiene Michel Onfray, in quanto gli altri supporti soffrono di indigenza nei confronti dei rivali: l acquarello, il disegno, la foto afferrano il reale in una delle sue modalità (il colore, la linea, il tratto, il disegno, l immagine) ma mai nell interezza. 7 Difatti, puntualizza poco oltre il filosofo, solo il verbo circoscrive i cinque sensi, e oltre. Il tragitto conduce le cose alle parole, la vita al testo, il viaggio al verbo, il sé al sé. Nell operazione che porta dall universo infinito alla sua formula puntualmente e momentaneamente compiuta, si sintetizzano dei frammenti di memoria trasfigurati in ricordi scintillanti. 8 Il viaggio si declina, così, in ritualità dalle numerose e differenti dinamiche, mai identico a se stesso e l occhio metaforico del viaggiatore-scrittore assume i più varî connotati per la letteratura. Alla luce di queste considerazioni, si procederà qui per esemplarî campionature novecentesche, poiché l analisi richiederebbe spazî ed esemplificazioni che esulano dall economia di queste pagine; ci si limiterà, pertanto, ad un agile tracciato: dal Palinuro di Ungaretti alla Venezia di Zanzotto. L esperienza straordinaria condotta da Giuseppe Ungaretti viaggiatore nel Cilento nel 1932 si colloca al punto d incrocio delle 5 Ibid., p. XIII. 6 ID., Utopia e disincanto, Milano, Mondadori, 1999, p M. ONFRAY, Cristallizzare una versione, in ID., Filosofia del viaggio. Poetica della geografia [2007], trad. it. di L. TONI, Milano, Ponte alle Grazie, 2010, pp , a p Ibid. 17

18 due coordinate del sentimento del classico e del girovago, dove fonti letterarie ed esperienze dirette del viaggio cilentano si fondono inestricabilmente. Attraverso la rievocazione del viaggio temporale esistenziale e culturale del poeta e la sua esplorazione dei luoghi e della realtà di alcune aree geografiche (Elea, Palinuro, Paestum) viene ad intersecarsi, germogliando, la flessuosa divagazione intellettuale e fantastica dell io narrante. Ed è proprio in virtù del viaggio reale a sud della Campania, nei luoghi del mito virgiliano, che Ungaretti immaginerà ed architetterà quella Terra promessa, a lungo vagheggiata e mai attinta, cogliendovi gli spunti per il proseguimento della sua attività creativa, in particolare per il Recitativo di Palinuro, 9 modulato sullo spartito virgiliano. La sestina ungarettiana riprende, così, il regale tema del viaggio, rigenerando l antico topos omerico. Il motivo del viaggio come esilio e ricognizione della patria attraversa, come è noto, tutta l opera di Ungaretti e affiora sin dall Allegria. Nella Terra Promessa il tema viene mutato miticamente attraverso le figure di Ulisse e di Enea. Con l eroe del nostos l archetipo del viaggio rifiorisce come simbolo della condizione esistenziale del poeta e dell uomo moderno. Il conclusivo approdo equivale, altresì, all origine del viaggio, secondo un disegno precisamente circolare. Viene, quindi, posto in evidenza come il viaggio in Ungaretti, sconfinando il dato reale, costituisca di per sé un aspetto peculiare del suo nomadismo, che è categoria astratta, dimensione della mente, condizione della poesia. Forme e motivi che riconducono alla categoria spirituale e al rilievo mentalistico dell esilio, strettamente legati alla dimensione del viaggio, si individuano, attraverso la lettura di alcune scaglie tematicometoforiche, 10 nella scrittura caproniana; in particolare nel Congedo del viaggiatore cerimonioso. Oltre alla poesia, Caproni ha scritto pagine di frammenti di diario 11 risalenti agli anni , con particolare riguardo ad un viaggio in Polonia, in occasione del Congresso mondiale degli intellettuali per la pace, che si svolse a Wroclaw (Breslavia) dove si riunirono i più prestigiosi nomi dello schieramento intellettuale di sinistra. Inoltre, in questi Frammenti di diario viene rilevato come il tratto distintivo della Genova caproniana sia la verticalità e come la centralità di Livorno, riannodata agli anni d infanzia del poeta, costituisca il passaggio obbligato di una tappa memorabile, riaffiorante, significativamente, nel corso della sua scrittura. Anche Mario Luzi ci ha lasciato prose di viaggio, raccolte in Trame 12 un volume del 1963, ripubblicato nel 1982 dove si giun- 9 Sia consentito di rinviare a G. DE MARCO, Il sorriso di Palinuro. Il visibile parlare nell invisibile viaggiare, Roma, Studium, 2010; ID., In viaggio con Ungaretti alla ricerca del «piloto vinto». Il «Recitativo di Palinuro», in «Strumenti Critici», n.s., XXVII, 128, 1, 2012, pp G. DE MARCO, Scaglie tematico-metaforiche in Caproni: l esilio, il viaggio, in «Studi Novecenteschi», XXXV, 76, 2, 2008, pp G. CAPRONI, Frammenti di un diario ( ), a cura di F. Nicolao, con una Nota di R. Debenedetti, Introduzione di L. Surdich, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1995; cfr. G. De Marco, Il viaggio attraverso i «Frammenti di un diario» di Giorgio Caproni, in «Critica Letteraria», XXXIX, 153, 4, 2011, pp M. LUZI, Trame [1963], Milano, Rizzoli,

19 ge all elaborazione di una poetica del paesaggio e del viaggio, culminante nel poema sinfonico Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini del Procedendo per luoghi distinti Firenze, Venezia, Viterbo e le relative suggestioni cromatiche e figurative da esse suscitate in Trame si coglie la centralità dell immagine di Siena nel repertorio simbolico del Luzi tardo, attraverso il mutare delle attitudini del poeta alla disposizione del paesaggio e alla sua resa verbale. Recentemente sono state riproposte le prose che Alfonso Gatto scrisse in occasione di un viaggio svolto nel 1949 in varie regioni del nord Italia per conto del quotidiano l Unità. 13 Ispirati alle cronache del Giro d Italia, i testi si presentano come un percorso attraverso paesi e province, in anni poveri, tormentati, per un Italia che provava a inventarsi un nuovo destino. L itinerario compiuto da Gatto risponde anche alla categoria del viaggio di ricerca, con ricezione profonda e culturale dell esperienza; un viaggio oggi controcorrente, perché lento, ma sospeso sulla soglia della luce e della rinascita. Un opera pasoliniana poco nota e indagata è La lunga strada di sabbia. I testi che la compongono risalgono all estate 1959, allorché Pasolini intraprese un viaggio lungo le coste della nostra Penisola per raccontare le vacanze degli Italiani. L avventura del viaggio (da giugno ad agosto), a bordo della Fiat Millecento dello scrittore, viene condotta in compagnia del fotografo Paolo di Paolo. L iter corrisponde, a grandi linee, a tre aree geografiche: la prima dal confine tra Francia e Italia a Fregene; la seconda da Ostia a un paesetto miserando denominato Porto Palo, sotto Pachino (Siracusa); la terza ed ultima da Reggio Calabria a Taranto, quindi Santa Maria di Leuca per risalire a Trieste. I resoconti di questa esperienza videro la luce in tre puntate sul mensile Successo diretto da Arturo Tofanelli (4 luglio, 14 agosto e 5 settembre 1959). 14 Dal percorso emergono realtà e miraggi di luoghi celebri e ignoti, ricchi e miseri, mitici e selvaggi e, con essi, incontri, laconiche conversazioni, opinioni di un Pasolini che, smarrito tra le persone, ascolta i discorsi più o meno frivoli della gente e scruta consuetudini, atteggiamenti, gesti, appunta particolari segni linguistici, paesaggi e popolazioni, tratteggia geografie, individua antagonismi tra Nord e Sud, registra impressioni. Sono, insomma, scene radiose ancora vivaci di una mente che, mediante il ruolo protagonistico dello sguardo, mirava a leggere realtà e trasformazione, l evoluzione di un presente il cui ottenebramento sembrava vanificare eventi gravidi di passato e di conflitti an- 13 A. GATTO, Viaggio per l Italia all insegna dell «Unità», a cura di R. Vetrugno, Presentazione di M. A. Grignani, Novara, Interlinea, I testi sono stati parzialmente riproposti in P.P. PASOLINI, La lunga strada di sabbia [1959], ID., Tutte le opere, Romanzi e racconti , edizione diretta da W. Siti, a cura dello stesso e S. De Laude, con due saggi di W. Siti, Cronologia a cura di N. Naldini, Milano, A. Mondadori «I Meridiani», vol. 1, to. 1, 1998, pp ; completa invece è l edizione P.P. PASOLINI, La lunga strada di sabbia, Fotografie di Ph. Séclier, Testo e dattiloscritto, a cura di G. Chiarcossi, Trascrizione dei brani inediti, a cura di G. Tuccini,Roma, Contrasto, 2005.vv 19

20 I testi che compongono La lunga strada di sabbia risalgono all estate 1959, allorché Pasolini intraprese un viaggio lungo le coste della nostra Penisola per raccontare le vacanze degli Italiani tropologici. L occhio di Pasolini non mutò lungo il corso degli anni, né si estenuò la sua perspicacia nello scoprire quali fossero i molti cadaveri nella cassapanca che l Italia del benessere e del miracolo economico si apprestava ad occultare. In queste pagine di viaggio palpita una trepidazione giuliva, una partecipazione che non cede a remore di compararsi fuori schema con quanto le sta dinanzi, di mitigare voluttà e brame e di elevare uno scalpello stilistico che incalza con esaltazione qualsivoglia particolare. È già in nuce l occhio del regista di cinema che organizza il tessuto del racconto, impiegando la lingua della realtà, per inquadrature ampie e primi piani, senza fallire mai un colpo nel focalizzare l essenziale e nello scansare decisamente l accessorio. La lunga strada di sabbia è un fotolibro di viaggio che solca quasi tutte le coste della nostra penisola, con il precipuo intento di ritrarre un Italia spalmata sul mare in balia di un turismo disparato da regione a regione e con tradizioni e folklori ritmati da un tempo che sembra diverso da Nord a Sud. Dal confronto lampante tra la forma di turismo mondano della riviera ligure e quella culturale dei litorali del Sud discende un racconto di una profonda rottura mai cicatrizzata. I villeggianti del Nord, con capelli vistosi, un po decadenti, sembrano visitare altri luoghi, scattare altre foto, comunicare in un altra lingua. Quelli del Sud, sconcertati degli scugnizzi napoletani che versano nelle strade chiedendo elemosine, appaiono come non volersi esporre al sole accecante davanti allo stesso mare. In Venezia, forse, 15 Andrea Zanzotto, dopo aver individuato eventuali approcci alla città, rileva come sia impresa davvero disagevole pervenire ad una comprensione del carattere inafferrabile che da sempre ha 15 ZANZOTTO, Venezia, forse [1976], Sull Altopiano-Altri luoghi, in ID., Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G. M. Villalta, con due saggi di S. Agosti e F. Bandini, Bibliografia, a cura di V. Abati, Milano, A. Mondadori «I Meridiani», 1999, pp

21 caratterizzato la città lagunare, in particolare quando si tenta di racchiuderla e immobilizzarla entro l officina letteraria e, quindi, sul proprio tavolo di lavoro. Proprio per questo suo essere fluente, per il suo moto anguillare, per i suoi elementi di indecidibilità, Venezia si offre allo sguardo del viaggiatore come una città indicibile. Dalla lettura del testo zanzottiano emerge una teatrale e vertiginosa girandola di immagini, ricordi, concetti interpretativi e intarsi verbali, in cui si ravvisa la ricerca di un punto di vista (e di parola ). Così, attraverso le loro opere, gli autori sopra indicati oggetto di studio di un mio prossimo libro comunicano un esperienza dei luoghi legata non alla convenzionalità delle impressioni di viaggio, ma alla trasfigurazione della realtà attuata dalla scrittura. Giuseppe De Marco Giuseppe De Marco (Omignano Scalo SA), ha orientato i suoi interessi di studi prevalentemente su Dante, sulla Letteratura italiana del Cinquecento (I. Morra, M. Campiglia), del Novecento (Ungaretti, Montale, A. Pozzi, P. Levi, Vittorini, Bassani, Gadda, Piovene, Pasolini, Sereni, Caproni, Luzi, Gatto, Zanzotto, Merini) e sulla Letteratura comparata, con specifico riguardo all indagine tematico-imagologica (l esilio, il viaggio, la lontananza, lo sguardo ), privilegiando l analisi testuale. Ha collaborato e collabora con autorevoli riviste di italianistica nazionali ed internazionali. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano: Caproni poeta dell antagonismo e altre occasioni esegetiche novecentesche (Il Melangolo 2004); Le icone della lontananza. Carte di esilio e viaggi di carta (Salerno Editrice 2009); Il sorriso di Palinuro. Il visibile parlare nell invisibile viaggiare di Ungaretti (Studium 2010); Qui la meta è partire. Scritture di viaggio e sguardi di lontano nel Novecento italiano (Marsilio 2012). 21

22 Racconto Pabo Picasso, Dora Maar au chat (1941) MADAME DORA di Bruno Arpaia Era buonissima, Madame Dora. In tutti i sensi. Buona perché, appena seppe che mio padre era un antifascista italiano costretto a rifugiarsi lì a Parigi e che in famiglia faticavamo a mettere insieme il pranzo con la cena, cominciò a invitarmi tutti i giorni a far merenda nel loro studio di rue des Grands-Augustins. E buona perché, anche se qualche anno dopo il signor Pablo l avrebbe dipinta tutta stortignaccola, col naso che sporgeva a sinistra della faccia e gli occhi appiccicati dove capitava, Madame Dora aveva un culo che faceva capoluogo e delle tette che sembravano lavorate al tornio, fatte a mano. Oggi lo posso tranquillamente confessare: ci davo dentro, a volte, pensando a quel suo culo, alla sua mano che mi accarezzava quando mi offriva il latte o il pane col salame. A volte, invece, niente, niente da fare: mi gelava il ricordo del suo sguardo, talmente intenso che ti inceneriva. Avevo tredici anni, allora, e stavo lì a Parigi da quando portavo ancora i pannolini. Venivamo da un piccolo paese della Lunigiana, terra di rossi e anarchici. La mia famiglia, i 22

23 Rosi, era da sempre stata socialista, perciò mio padre se l immaginava che prima o poi l avrebbero arrestato. E infatti, nel Ventotto, gli fecero la posta all uscita di una tipografia che stampava manifesti clandestini, ma lui li vide venire su per la salita e se la diede a gambe sgusciando da una finestrella in fondo al magazzino. Non passò più da casa. Tre settimane dopo, un suo compagno consegnò a mia madre duecento lire e due biglietti per il treno delle nove. Cambiate a Genova, e poi ancora a Torino. Attenti alla frontiera. Parigi. Dice: la ville lumière. Col cazzo. Noi facevamo solo vita grama. Ci si arrangiava in tre in una stanza senza cucina e bagno. Lavoro non ce n era. Mio padre, qualche giornata qua e là da muratore, oppure all alba ai mercati generali a scaricare; mia madre, solo dei lavoretti di cucito. Dopo la scuola, mi davo anch io da fare: giravo per il centro chiedendo a ogni concierge se c era una soffitta da sgombrare, una rampa di scale da pulire, gli ottoni di un palazzo da passare a lucido. Fu una di quelle volte, mentre scappavo dopo aver rotto un vaso pesantissimo, che m imbattei nella signora Dora. Il signor Pablo, in maglietta e calzoncini, appollaiato su un resto di sgabello, guardava e riguardava un disegno enorme, lungo sei o sette metri, che si prendeva tutta la parete Anzi, mi ci scontrai. Girato un angolo, le andai a finire addosso. Scusi, mi scusi le urlai mentre già provavo a ripartire, ma lei mi inchiodò là con uno sguardo. Che ti è successo? Non so cosa mi prese. So solo che, invece di scappare, rimasi lì a spiegarglielo. Mi misi pure a piangere, perché il signor Dubois, se mi prendeva, mi avrebbe fatto ripagare il vaso. Lei mi abbracciò, mi strinse forte al petto. La faccia in quelle tette, io mi dimenticai del vaso e del portiere. Come ti chiami? chiese. Angelo le risposi. Seguimi. E la seguii. Mentre camminavamo, lei mi faceva un mucchio di domande, e io le raccontavo tutta la mia vita, gli sforzi di mia madre e di mio padre, la scuola che non andava tanto bene. Tutto in pochi minuti, perché arrivammo subito. Lo studio, l atelier, era una stanza enorme, zeppa di cavalletti, tele, forni per la ceramica, attrezzature per la fotografia, giornali e libri abbandonati a terra. Era quasi crudele, la luce di quel maggio che entrava a fiotti dalle grandi vetrate. Il signor Pablo, in maglietta e calzoncini, appollaiato su un resto di sgabello, guardava e riguardava un dise- 23

24 gno enorme, lungo sei o sette metri, che si prendeva tutta la parete: un toro, gambe e braccia sparse, linee confuse da cui spuntavano tre o quattro facce molto spaventate. Come ti chiami? mi chiese il signor Pablo. Angelo. Angelo Rosi gli dissi mentre addentavo il pane che mi aveva dato la signora Dora. Ti piace? mi domandò facendo segno col mento verso il quadro. Io diedi un sorso al latte, guardai per un secondo Madame Dora, poi portai a spasso gli occhi per quel disegno immenso. La verità, non ci capivo niente, e quelle facce, se non m impegnavo, ero capace di farle pure io. Soltanto il toro Ecco, trovato. Mi piace molto il toro mormorai. Già disse lui. E intanto aveva preso un carboncino, aveva disegnato sopra un grande foglio qualcosa che rassomigliava a un uomo a terra con una spada rotta in mano, poi si era alzato come se un cane gli avesse morso il culo, e con gli spilli aveva appiccicato il foglio sul disegno. Io lo osservavo, davo un morso al pane, un sorso al latte, e lo osservavo, finché trovai il coraggio e glielo chiesi. Ma cosa rappresenta? Questa è la guerra sussurò il signor Pablo. E basta. Fu la signora Dora a dirmi sottovoce che pochi giorni prima l aviazione nazista aveva bombardato la cittadina basca di Guernica. C erano stati quasi duemila morti e un migliaio di feriti. Donne, vecchi, bambini erano stati presi a mitragliate mentre fuggivano verso la campagna. Era un orrore, e adesso il signor Pablo lo stava dipingendo. Vieni un po qua, aiutami Adesso gli facciamo una fotografia Mantieni questo, sposta il tavolino Io lo sapevo che non servivo a niente, che la signora Dora poteva fare a meno del mio aiuto, ma mi piaceva quella sensazione di fare parte della loro vita. Finimmo che era quasi buio. Dalle finestre aperte entrava un aria tiepida sospesa sulla luce rossastra del tramonto. Torna domani, eh? Mi raccomando mi disse Madame Dora sulla porta. E io tornai. Il giorno dopo e quello dopo ancora. Per la merenda, è chiaro. Ma anche perché mi piaceva la signora Dora, perché mi dava i brividi guardare il signor Pablo che lavorava come un invasato, che disegnava bozzetti su bozzetti e poi li appiccicava sopra al quadro, che cancellava, faceva e disfaceva, che dipingeva tutto in grigio, bianco e nero, come se fosse una fotografia, perché nella sua testa quel massacro non meritava neanche un ombratura di colore. E più guardavo il quadro, più distinguevo tutte le sue figure: la donna con il bambino morto in braccio, il toro, il soldato steso a terra, il cavallo, la donna con il lume, che assomigliava alla signora Dora, e le due donne in fuga. Di tanto in tanto, via via che il signor Pablo procedeva, io e la signora scattavamo delle fotografie, poi lei e il signor Pablo discutevano. A me, invece, neanche mi filava, lui. Solo una volta, un pomeriggio di pioggia lenta e fine, all improvviso si girò e mi chiese: Allora, che ne pensi?. Tossii, perché il biscotto che stavo masticando si mise di traverso in gola. Il toro balbettai. Mi sembrerebbe me- 24

25 Il toro balbettai. Mi sembrerebbe meglio se avesse il culo da quell altra parte Verso sinistra, dico glio se avesse il culo da quell altra parte Verso sinistra, dico Lui non rispose. Fece solo un mugugno e andò nello stanzino. Il pomeriggio dopo, sulla sinistra della grande tela c era la coda del toro che sventolava come il pennacchio di fumo di un vulcano. Mi aveva dato retta. Non stavo nella pelle, però rimasi zitto a masticare il pane col salame, e intanto la signora Dora sorrideva. Era già luglio, quando finì il quadro. Brindammo, quella volta. Mi offrirono del vino. Ma qualche giorno dopo, il signor Pablo e la signora Dora mi aprirono la porta e mi fecero entrare come se fossi l ispettore delle tasse o il fattorino delle pompe funebri. Erano incazzati neri. Ai dirigenti repubblicani spagnoli, che l avevano commissionato, il quadro non era piaciuto neanche un po : antisociale e inadeguato alla mentalità del proletariato, avevano stabilito. Invece poi lo esposero a Parigi, e fu un successo. Di lì andò a Londra, in Norvegia e poi a New York. Fu allora che li persi di vista, il signor Pablo e la signora Dora. Scoppiò la guerra e con i miei partimmo per il Messico. Seppi che quando cadde Franco, il quadro tornò in Spagna. Ma solo qualche mese fa, a Parigi, ho visto un altra volta le foto che scattammo la signora Dora e io. Era la prima volta che tornavo in Francia. L ultima, mi ero detto, prima di morire. Al museo Picasso ho visto quelle foto, e poi tutti i ritratti che le aveva fatto il signor Pablo. Quando si erano lasciati, nel 45, lei era stata male, molto male. L avevano rin- 25

26 chiusa in una clinica psichiatrica, e allora Éluard, il poeta, aveva convinto Jacques Lacan a curarla. Così, Dora Marr aveva ripreso a dipingere e a fotografare, fin quando la vecchiaia l aveva chiusa in casa. Fino a quel giorno del 97 in cui era uscita, sola. A novant anni, aveva attraversato la Senna con lo stesso coraggio con cui aveva attraversato la vita ed era morta, sola, davanti a Nôtre-Dame. Io l ho saputo solo a quella mostra. Quando ho voluto comprare una copia del catalogo, la giovane cassiera ha sollevato gli occhi. Che c è, qualche problema? Si sente bene? ha chiesto. Sì, tutto bene ho detto. Soltanto fuori, nella luce di maggio che allagava le strade di Parigi, mi sono messo a piangere in silenzio mentre guardavo e riguardavo quelle fotografie. Bruno Arpaia Bruno Arpaia è nato a Ottaviano (Napoli) nel 1957 e vive a Milano. Collabora con diverse testate nazionali, è consulente editoriale, esperto e traduttore di letteratura spagnola e latinoamericana. Ha scritto finora sei romanzi, tradotti in diverse lingue: I forestieri (Leonardo Editore 1990, premio Bagutta Opera Prima); Il futuro in punta di piedi (Donzelli 1994); Tempo perso (Marco Tropea Editore 1997, premio Hammett Italia, finalista al Premio Elsa Morante-Isola di Arturo); L angelo della storia (Guanda 2001, Premio Alassio-Un autore per l Europa e Premio Selezione Campiello 2001); Il passato davanti a noi (Guanda 2006, Premio Minerva, Premio Napoli e Premio Comisso); L energia del vuoto (Guanda 2011, premio Merck Serono e premio Stresa, finalista al premio Strega). È autore anche di un libro-conversazione con Luis Sepúlveda dal titolo Raccontare, resistere (TEA 2002). Nel 2007 ha pubblicato un saggio dal titolo Per una sinistra reazionaria (Guanda), che ha suscitato un vasto dibattito. Insegna Tecniche della narrazione presso il Macsis (Master in comunicazione della scienza e dell innovazione) dell Università Bicocca di Milano. I suoi libri L angelo della storia e L energia del vuoto sono disponibili in ebook da Cubolibri. Disponibile su 26

27 Racconto LAMPARE SPENTE di Andrea Molesini Nebbia. La stella in fondo al cofano. Strada grigia, cofano grigio e quella stella d argento nella luce scura della strada. Anche il cappello dell autista era grigio e gli stava un po largo. I capelli gli coprivano appena la punta delle orecchie piccolissime, percorse da una vibrazione nervosa su cui fissavo lo sguardo. Teneva all uniforme come a una fidanzata. La voleva impeccabile, i bottoni lucidi, il fazzoletto a ciuffo nel taschino. E ritmicamente, con un guizzo, si passava le dita sulle spalle per spazzare il nevischio dei capelli. La Mercedes aveva odore di cuoio. Mi sfilai le scarpe blu, la punta rotonda, il tacco basso, e dalla cartella tirai fuori quelle di vernice rossa. L autista si girò e inghiottì un sorriso. Dondolai i piedi. Mi sentivo felice. Me le aveva regalate Miss Carol, mi dava lezioni d inglese, erano il nostro segreto, se la mamma l avesse saputo... La Miss me le aveva fatte trovare in un pacco prima dell ultima lezione. Le scarpe di vernice portano bene, disse. Sentivo che con quel rosso ai piedi, anche se avevo nove anni, potevo fare tutto quello che volevo. Abbassai il finestrino per guardare un uomo con la barba sporca e la giacca rotta. A che mi serviva adesso andare a 27

28 danza se avevo le scarpe rosse? Potevo anche camminare sulle grondaie, sui soffitti, a testa in giù come una mosca, o farmi la pipì nelle mutande e riderci sopra, tanto con quelle ai piedi ero invisibile, se volevo e, se volevo danzare, danzavo senza bisogno di quegli stupidi esercizi. Caviglia rigida, petto in fuori, nuca indietro. Quella mattina, dondolando le scarpe di vernice, mi resi conto che l autista in casa tutti lo chiamavano così, l Autista era la persona con cui stavo di più. Nemmeno la tata mi vedeva molto, perché ero sempre sballottata da un circolo sportivo all altro, da una Fraülein a una Miss, tutte più o meno perdute nel grigio degli anni, di quella nebbia che, con asburgica puntualità, veniva su dal mare con la prima luce. Ma adesso avevo le scarpe di vernice rossa e con quelle ai piedi non me la metti la nebbia nel cervello. L avevo capito subito che il grigio comincia a entrarti dentro quando sei piccola e lì cresce e cresce perché tra tutti i colori, non so come, è quello che vince. Sempre. Metti un po di grigio in cielo e dopo un poco piove, mettine uno spicchio in una bambina e a vent anni sarà una segretaria, e a quaranta, in un mattino qualunque, si scoprirà non molto diversa da Quella mattina, dondolando le scarpe di vernice, mi resi conto che l autista in casa tutti lo chiamavano così, l Autista era la persona con cui stavo di più quel grosso scarafaggio del marito che le scorreggia vicino la notte. L auto deviò all improvviso verso la banchina delle barche con le lampare, si passava sempre di là per andare a lezione d inglese. Mi piaceva guardare i pescatori, le loro facce sembravano quelle delle figure della mia Iliade. Hanno una faccia che il vento scolpisce notte dopo notte. Non lo trovi del grigio nella faccia di un pescatore. E poi che belli quei maglioni rotti. La sola cosa che mi spaventava era quel loro sorriso, un pettine di denti marroni fino alle gengive, mentre il mio autista aveva una batteria di frigoriferi al posto dei denti. E quando l autista rideva non rideva quasi mai era come se volesse mordere l aria per farla a brani. Aveva la pelle color terra, il muso di un cavallo, anche se era saldo sulle gambe e alto più di mio padre, che era un uomo ben piantato. La Mercedes si fermò sotto il lampione delle donne con le cosce in mostra. Le donne che avevano tutte le gambe di fuori e piccolissime borsette di vernice che mi piacevano tanto. Aspettavano i marinai, e ce n erano che andavano e venivano. L autista si fermava di rado al lampione. Quel giorno rallentò, abbassò il vetro e sporse il collo cortissimo nell aria bagnata. 28

29 Sussurrò qualcosa a una che aveva i capelli color lavanda, gli occhi dipinti di blu e le labbra rosse come un gambero rosso. Non voleva che sentissi, ma vidi che mi indicava col pollice e che la donna con la bocca di gambero si abbassava un po per vedere chi ero. Aveva gli occhi da strega matta, rotondi e grandi, tutti aperti. Che bella bambina, disse a voce alta perché sentissi. Mi guardai le scarpe rosse. Erano le scarpe che mi facevano bella. La Mercedes ripartì con una sgommata. Non voglio che lei faccia tardi, signorina, disse l autista. Aveva la nuca rossa, come scottata. Però non c era il sole, non era estate. Forse erano i miei pensieri a tingerla di rosso. Girammo intorno ai magazzini, attraversammo il piazzale dei container mi piacevano i container perché hanno i colori forti dei mari caldi e poi giù per il viale dei tigli, fino alla piazza con il monumento al generale delle giubbe rosse. La lezione d inglese quel giorno fu noiosa, perché Miss Carol non trovava il bocchino e si aggirava tra le pile dei 45 giri e i libri accatastati con le dita nervosamente appiccicate agli orecchini di plastica (due stelle marine) che le sfioravano il collo lentigginoso. Senza il suo bocchino non poteva sventolare la sigaretta accesa e, siccome la magia delle storie che raccontava veniva tutta dalla strisciolina di fumo della bacchetta, quella mattina il racconto naufragò nel ritmo di Yellow Submarine. I Beatles erano il sottofondo musicale delle mie lezioni, perché il metodo Carol era un bombardamento di canzoni, poesie, storie, risate inglesi. In un modo o nell altro il metodo dava i suoi frutti, anche se io non stavo ad ascoltarla più di tanto, ipnotizzata com ero da quella sigaretta che roteava in cima all interminabile bocchino. Quella sera, dopo il saluto della tata e la svelta visita della mamma, chiamata Bacio della buonanotte, aspettai un po a spegnere la luce con la scusa che dovevo finire di ripetere la lezione. Invece non lessi nemmeno una riga e rimasi a guardare le scarpe di vernice che nascondevo sotto il letto. La mattina la tata mi svegliò più tardi del solito. Mi vestii in fretta, infilai le scarpe rosse nella cartella e saltai la colazione, non feci nemmeno in tempo a dare un bacio alla tata che ero già in macchina. 29

30 La Mercedes uscì dal giardino a passo d uomo e dopo un po l autista si voltò a guardarmi con un mezzo sorriso. Allora, signorina, oggi non si mette le scarpine rosse? Quell accenno alle scarpe m irritò, come se la voce dell uomo avesse il potere di sporcarle. Svoltammo verso il porto e mi protesi in avanti, tra i poggiatesta dei sedili anteriori, perché vedere il mare e le barche ormeggiate mi dava sempre allegria. L acqua era ferma e la nebbia del mattino non si era ancora alzata, le sagome delle navi alla fonda nella rada si vedevano appena. Svoltammo ancora e ancora, l autista faceva una strada diversa dal solito, aveva evitato di passare davanti alla taverna e sotto il lampione delle donne con le cosce di fuori. Il grigio della nebbia cominciò a salire. Allora mi guardai le scarpe, ma per la prima volta il rosso, anziché tirarmi su, mi fece paura. L autista accostò. Alzai la testa e vidi che eravamo in mezzo al piazzale dei container. I loro colori, che la nebbia smorzava, non mi fecero nessuna allegria. Voglio mostrarle una cosa, signorina, disse l autista scendendo e venendo ad aprire la portella posteriore. Io guardai le mie scarpe rosse dondolando i piedi e le mie scarpe dissero che non dovevo vedere un bel niente. Non ci vengo, e poi non voglio fare tardi da Miss Carol. Avanti, è una bella cosa, signorina, venga. Mi guardai ancora le scarpe e le scarpe dissero Non andare. Sentii le mani dell autista intorno alla vita. Scalciai, ma le mie scarpe non riuscivano In macchina mi venne il singhiozzo. Un singhiozzo che mi faceva andare su e giù, ma non piangevo, perché non c era spazio nemmeno per un lamento in tutta me a toccarlo. Non andare, ripetevano le scarpe rosse, ma io non stavo andando, era lui che mi portava. Entrammo in un container mezzo vuoto, mi spinse giù, su un materasso che puzzava di piscio di gatto, e io chiusi gli occhi e inghiottii la saliva. Sentii quelle mani ruvide sulle ginocchia. Mi tirò su la gonna che era tutta pieghe, tutta flanella, tutta grigia. La gonna sulla faccia, negli occhi, sul mento e sulla fronte, morsi la flanella e ancora inghiottii saliva. Stringevo le palpebre e sentivo caldo. Aveva le mani come cartavetro. Sentii che mi spingeva giù la faccia, mi mancava l aria, avevo la flanella in bocca, la nuca che entrava nel materasso. Mi teneva ferma col suo peso. Muta, dentro gridavo. Caldo, soffoco, un coltello che mi spacca, in bocca il sapore ruggine della flanella, e un rumore di ferro nelle orecchie. Quel muggire affannoso. Un leone che muore. E poi quelle mani grandi, quelle dita unte, mi stringono e mi tirano su. Sto in piedi sul materasso. La voce dell autista, diversa, come se avesse in bocca una noce, dice Se lo racconti te lo faccio di nuovo, hai capito? Avevo capito, e feci di sì con la testa. Non racconto, dissi piano, perché la mia voce aveva dentro spine di ghiaccio e mi bruciava in gola. Ero un urlo grigio e muto. Non piangevo, un singhiozzo forse, ma senza lacrime, e con la testa feci cenno di sì e ancora di sì. Ero un urlo, ero il grigio, ero muta. E poi non so cosa successe. Mi rassettò la gonna, le mille pieghe di flanella, mi passò, con improvvisa delicatezza, le brusche dita 30

31 nei capelli, mi rimise le scarpette rosse che se n erano andate per conto loro. In macchina mi venne il singhiozzo. Un singhiozzo che mi faceva andare su e giù, ma non piangevo, perché non c era spazio nemmeno per un lamento in tutta me, nemmeno giù in fondo, là dove nessuno vede. L auto svoltò per una strada che non avevamo mai fatto. L autista si fermò vicino a una fontana, scese senza voltarsi, si chinò sul rubinetto, sfilò di tasca un bicchierino giallo, a telescopio, e me lo portò con passo di passero. Beva signorina, le farà bene. Il singhiozzo finì. Poi l autista guidò più veloce, in silenzio, col cappello grigio sopra la nuca arrossata. Miss Carol, per un po, mi guardò con una faccia strana, ma non disse niente. Non si accorse dell urlo grigio che avevo dentro, le scarpe rosse funzionavano di nuovo. Mentre la Miss raccontava col fumo intorno alla faccia e i Beatles cantavano, mi accorsi, e fu terribile, che su un calzino i miei lunghi calzini bianchi c era una piccola macchia rossa, sull orlo dell elastico. Feci finta di niente, ma non riuscivo a non guardare quella macchia. Ascoltavo e facevo di sì con la testa ma quella macchia, piccola, rossa come le scarpe, scivolava sempre di più dentro di me e sentivo di dover fare qualcosa, dovevo afferrarla prima che fosse troppo tardi. Così, quando Miss Carol si mise a girovagare nella stanza vicina, in cerca di un disco di Irish songs che doveva farmi sentire, sfilai le scarpe, tolsi i calzini, li raggomitolai, alzai il cuscino del divano e li cacciai nella piega che unisce il sedile allo schienale, e subito mi sentii meglio, come se avessi seppellito tutto il bruciore caldo e grigio che mi era sceso dentro, giù nella pancia. Quando l autista venne a prendermi, mi portò a lezione di danza, e poi di francese, senza dire una parola. Aveva sempre la nuca rossa, ma ora su un orecchio c era un cerotto. A sera la mamma, vedendomi senza calze, si arrabbiò con la tata. Non voglio che la bambina vada in giro in questo stato! Ci siamo capite? La tata disse che quando ero uscita le calze ce le avevo. Così finii a letto senza cena e l indomani tutto ricominciò come prima, perché non era successo niente. Al mattino, in macchina, sfilai le scarpe rosse dalla cartella, come ogni altro giorno, e con quelle ai piedi ripresi il giro delle lezioni, l auto passò davanti alla taverna del porto e quando vidi i pescatori pensai che erano belli. L autista non mi parlò e io non parlai con lui e, da quel giorno, grazie alla forza che mi veniva dalle scarpe, smisi di parlare con tutti, anche con la tata. La bocca l aprivo, a dire il vero, e ne uscivano parole e frasi come prima. Ma non erano le mie parole, io parlavo solo con le scarpe. Dopo il bacio della buona notte me le infilavo, sotto le lenzuola. Erano molto arrabbiati con me, mia madre, mio padre e anche la tata, perché ingrassavo a vista d occhio. Questa bambina non fa che mangiare, non faccio a tempo a riempire il frigorifero che lo svuota. Ma io non mangiavo né più ne meno di prima, ingrassavo perché il grigio che mi era entrato dentro doveva pur finire da qualche parte. E siccome nella testa non ci stava tutto, allora dovevo fargli posto nella pancia. Però è vero che il frigorifero si svuotava. Si riempiva e si svuotava come una pompa che succhia e che sputa, succhia e sputa. 31

32 Io però non c entravo, doveva essere qualcun altro a spargere le briciole e a impiastricciarmi il cuscino del letto, le tasche, il comodino. Qualcuno che ce l aveva con me e voleva mettermi contro la mamma, e anche la tata. L urlo grigio aveva fame. Non ero io, no, non ero io, io ingrassavo e basta. E venne il giorno in cui la Miss, dopo avermi offerto il tè con le meringhe e una sbobba di canzoni irlandesi che parlavano di foglie che cadono e bambini che muoiono, si accorse di aver perso il bocchino, e per lei non era proprio possibile fumare senza il suo bocchino. Cominciò a cercare e a cercare. Mi unii alla battuta di caccia. Mettemmo sottosopra foreste di scatole, colline di libri, oceani di 45 e 33 giri, dal banco della cucina al comodino accanto al letto. Ma anche se non era la donna più ordinata del mondo, Miss Carol, nell emergenza, era sistematica e meticolosa. L operazione di rastrellamento durò una buona mezz ora, e alla fine quel prezioso arnese spuntò da sotto il grammofono, e fui proprio io a trovarlo. Chissà com è finito là sotto? Mi sarà scivolato quando ho messo il disco della Baez, disse la Miss riassettando il divano. E fu allora che successe il patatrac. E questi qui cosa sono? Socks, white socks, are these yours, love? Feci di no con la testa. I calzini erano bianchi, raggomitolati, e su uno spiccava, e a me sembrava scintillasse, una piccola macchia rossa, sull elastico. Pensai a Barbablù ma feci ancora di no con la testa e non dissi Quando ebbi finito Miss Carol mi abbracciò. Mi abbracciò forte e, senza versare il tè, disse Ti porto a casa niente e sentii che il sangue mi gonfiava la faccia di caldo. Vieni... let s have a chat, my dear... racconta alla tua amica Carol com è che sono finiti là sotto, non ci sono andati da soli, sai... erano schiacciati là, tra lo schienale e il sedile, allora... ma let s have a cup of tea, su, parliamo... e questa macchia... rossa? Il tè si era fatto tiepido, così Miss Carol riempì il bollitore e quando il bloblò dell acqua si fece sentire io cominciai a raccontare la storia dei calzini e di quella macchiolina di sangue che m infiammava la faccia e le budella. Mi guardai le scarpe di vernice rossa che dondolavano e dondolavano e dissi quello che era successo nel container, giù al porto. La terza sigaretta della Miss smise di fumare in cima al bocchino. Fissavo i suoi denti gialli, le sue gengive rosse come le mie scarpe, e quando ebbi finito Miss Carol mi abbracciò. Mi abbracciò forte e, senza versare il tè, disse Ti porto a casa. Ma fra poco passa a prendermi l autista. Ti porto a casa io, disse Miss Carol. A casa la Miss, dopo avermi consegnato alla tata, trascinò mia madre in salotto, mentre io guardavo dalla finestra della cucina la Mercedes parcheggiata davanti al cancello, con i lunghi denti di lupo che scintillavano sopra il paraurti, e la vernice grigia che luccicava appena. Avevo paura di quello che poteva succedere. Ma quando la Miss uscì non successe niente. Niente. Allora ti aspetto domani, disse Miss Carol. E la mamma disse che era ora di man- 32

33 giare anche se non erano ancora le otto. A tavola rimase zitta e non disse niente nemmeno quando venne per il bacio della buona notte e mio padre non disse niente quando tornò dal solito viaggio e la tata non disse mai niente. Nemmeno Miss Carol disse più niente. Io continuavo a ingrassare e nessuno diceva niente. Ma una cosa era cambiata, una sola: adesso la Mercedes la guidava mia madre perché, così mi dissero, l autista ci aveva piantato in asso e un altro non lo volevano. Non ho mai parlato con mia madre, né con la tata, o un amica, del container giù al porto. Nessuno sa dell urlo grigio. E non ho mai smesso d ingrassare, nemmeno quando la mamma mi fece rinchiudere in una clinica dove la vita si riduceva a una tazza di brodo di prezzemolo. Oggi compio 44 anni e peso 114 chili. Questa sera do una festa per pochi amici lo so che mi chiamano La povera Giovanna ma domani, con la prima luce, vado al molo a vedere i pescatori che tornano dal mare con le lampare spente. Andrea Molesini Andrea Molesini è nato e vive a Venezia. Ha studiato Comparative Literature negli Stati Uniti. Con il romanzo Non tutti i bastardi sono di Vienna (Sellerio 2010, disponibile in ebook da Cubolibri), tradotto nei paesi di lingua inglese, francese, tedesca, spagnola, olandese, slovena e norvegese, nel 2011 ha vinto il Premio Supercampiello, il Premio Comisso, il Premio Città di Cuneo Primo Romanzo, il Premio Latisana. Negli anni Novanta ha scritto libri per ragazzi pubblicati, in Italia, da Arnoldo Mondadori. Nel 1999 ha vinto il Premio Andersen alla carriera. Per Adelphi ha curato e tradotto alcuni volumi di poesia angloamericana. Nel 2008 ha vinto il Premio Monselice per la Traduzione letteraria. Insegna Letterature comparate all Università di Padova. Disponibile su 33

34 Il mondo dell ebook ebook da METTERE sotto l ALBERO Il percorso a ritroso tra le classifiche settimanali di tutto il 2012 permette di individuare la top ten degli ebook più venduti dell anno. Utile a chi sta scegliendo gli ebook da regalare, da valutare insieme alle nuove proposte di questo Natale. di Daniela De Pasquale

35 ANatale con un libro non si sbaglia mai regalo. Ce n è uno per ogni tipologia di persona, dai bambini agli anziani, per ogni genere e gusto, per tutti i budget. Per il puro piacere di essere al passo con i tempi, nel rispetto delle nuove esigenze legate allo spazio, alla mobilità, alla praticità e (perché no?) alla moda, quest anno si possono regalare libri digitali. Costano meno, dunque se ne può scegliere anche più di uno, si abbinano al regalo di un tablet o un ereader fatto alla stessa persona da un altro amico o parente, sono un idea nuova e originale. È questo il primo vero Natale degli ebook in Italia, dal momento che ci avviciniamo alla notte del 24 dicembre con una consistente diffusione nazionale di eraeder e tablet, a cui Babbo Natale darà il suo bel contributo, dato che i prezzi dei dispositivi si sono notevolmente abbassati e i player sul mercato sono più che triplicati. A farla da padrone sono in realtà i tablet, dunque dispositivi multifunzione. Se andassimo ad analizzare più a fondo quanti utilizzano questi gadget per leggere, scopriremmo che sono solo il 3% della popolazione italiana (AIE, ottobre 2012). Ma per una volta diamo appuntamento ai numeri al prossimo anno e concentriamoci sulle lettere. Quali ebook regalare e come? Potremmo rifarci alle top ten o alle classifiche che iniziano ad affacciarsi sui siti e sulle riviste letterarie, che ci dicono quali sono i titoli più venduti dell anno. Sulla carta. Nel caso degli ebook, sono già passati due anni ma gli inviti alla creazione di una classifica nazionale e ufficiale non sono stati ancora accolti. Ecco allora che ci viene incontro Pianetaebook, il primo magazine in ordine cronologico ad aver reso disponibile una classifica aggiornata settimanalmente su 12 store, osservando la quale è possibile individuare le tendenze dell anno. Sembra che le letture digitali del 2012 somiglino a un quadretto familiare. La cornice è formata da quattro titoli di due autori che hanno dominato la scena di gennaio e tornano sotto i riflettori a dicembre. Il primo è Andrea Camilleri che, dopo i suoi giochi letterari ne Il diavolo, certamente, torna a proporci un indagine del commissario Montalbano in Una voce di notte. L altro è Marco Malvaldi: ci aveva sedotti e abbandonati con un nuovo caso per i quattro vecchietti-detective, La carta più alta, che però aveva annunciato come conclusione del ciclo del BarLume, ma si fa perdonare proprio a Natale con Milioni di milioni, un investigazione all inglese ma con ambientazione toscana, come nei suoi gialli precedenti. Un titolo che abbiamo sentito spesso in primavera, e che ha sempre fatto capolino nelle classifiche è Il silenzio dell onda, di Gianrico Carofiglio, una storia sul rapporto tra padri e figli sull onda dei ricordi e dei fili da riallacciare, candidato al Premio Strega. Un legame simbolico con il libro che ha davvero portato a casa il Premio Strega 2012: Inseparabili di Alessandro Piperno. Dopo Persecuzione, l autore torna a parlarci dei Pontecorvo, famiglia romana di ebrei benestanti. Stavolta i protagonisti sono i due fratelli Filippo e Samuel: il primo con la sola passione per cibo, donne e fumetti, il secondo con grandi ambizioni di carriera nella finanza. I ruoli dei due, però, si invertono all improvviso, e le loro vite così diverse si incroceranno intorno a un segreto che riguarda tutta la famiglia. 35

36 Storie dai forti legami di sangue in cui si inserisce, con la leggerezza primaverile e il profumo speziato dei romanzi a cui ci ha abituato Newton Compton, Amore, zucchero e cannella di Amy Bratley. Un manuale della perfetta casalinga, pieno di appunti e contenente una lettera che aggiunge un po di giallo al rosa della trama, è il filo che lega la protagonista a sua nonna e le permetterà di percorrere il suo cammino sulla strada dell autoconsapevolezza e della riscoperta delle tradizioni e del piacere delle piccole cose. Padri e figli, fratelli, nonni e nipoti, quindi, ma non manca un posto speciale riservato alla mamma, grazie al long seller di Massimo Gramellini Fai bei sogni. Secondo i dati diffusi da Longanesi a novembre, il libro, vincitore del premio Elsa Morante, sulla carta ha venduto un milione di copie, unico titolo nel 2012, primo assoluto in Italia per 10 settimane consecutive, quinto nella classifica dei libri più venduti in Spagna, e i cui diritti di pubblicazione sono stati acquistati in 14 paesi. La parola mamma assume tutta un altra sfumatura se inserita nel contesto del cosiddetto mommy porn: così è stato etichettato il genere rivelazione dell anno, che piace alle donne over 30 e che mescola sentimenti da romanzo rosa a brividi da thriller con una consistente e generosa spolverata di passaggi erotici. Perfetto per essere letto soprattutto nel formato digitale, discreto e anonimo, senza copertina che attiri l attenzione di un annoiato e assonnato vicino di metropolitana. Bestseller tra i bestseller di tutti i tempi, il più venduto di sempre su Kindle, Cinquanta sfumature di Grigio di E.L. James ha sdoganato una tendenza editoriale che aveva avuto in precedenza solo qualche caso isolato e comunque molto chiacchierato, come i 100 colpi di spazzola di Melissa P. In un anno il genere è passato dallo 0,15% delle vendite al 4,27%, e ha dato un grosso input anche alle vendite del nascente mercato degli ebook. Nonostante le numerose collane, i nuovi titoli e i nuovi autori che si inseriscono nell onda di questo successo, pare proprio che la trilogia erotica per eccellenza costringerà la trilogia ben più sobria del Papa, che si è appena conclusa con l ultimo volume arrivato sugli scaffali in tempo utile e strategico per il Natale, L infanzia di Gesù, a convivere cover a cover con tutte le sfumature, tutte le parodie e tutti gli spin off, le fan fiction, gli eredi del filone. Ripercorrendo l anno, si è venuta magicamente a creare la top ten del 2012: 10 titoli con cui si è sicuri di non sbagliare. Le 10 stelle del firmamento digitale sono circondate da tante meteore che hanno brillato solo per poche settimane. Si tratta dei titoli daily deal, o promo flash, o offerte lampo che dir si voglia, l esempio più evidente a cui abbiamo assistito dell influenza che il fattore sconto ha avuto sulla scelta di acquisto di titoli rispetto ad altri con maggiore visibilità mediatica. È stato uno degli elementi di maggiore divergenza tra la classifica digitale e quella cartacea, assieme al fenomeno dei libri di cucina, il cui successo è stato creato dai vip ai fornelli, soprattutto quelli televisivi. Ma solo sulla carta, forse perché le immagini a colori di un librone sporco di burro e farina appoggiato tra uova rotte e frullatori non ha ancora perso il suo fascino, e allo stesso tempo cliccare sul display di un tablet con l indice unto non sembra affatto una buona idea. 36

37 A differenza del genere fantasy, che invece è solido e intramontabile, e vede proprio in fase di shopping natalizio un capitano d eccezione, Lo Hobbit di Tolkien, in una nuova edizione illustrata lanciata a ridosso dell uscita del film nelle sale cinematografiche, e una madrina d eccezione, J.K. Rowling, che con un Harry Potter mandato in pensione per aver raggiunto ormai l età per guidare, bere alcolici e votare, si è dedicata al primo romanzo per adulti, una commedia nera dai temi forti: Il seggio vacante. Per un target trasversale è la Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico di Luis Maya, almeno per l economia, il lavoro e i conti da fare alla fine del mese; per consolarci c è Madama Sbatterflay, con cui Luciana Littizzetto riesce a farci abbozzare un sorriso anche quando sembra che non ci sia proprio nulla da ridere. E poi ci sono I custodi della biblioteca di Glenn Cooper per gli appassionati di thriller, Il corpo umano per chi ha amato La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, Battuta di caccia di Jussi Adler-Olsen per chi colleziona tutti i brividi scandinavi. Se la vostra scelta ricadrà sul filone erotico, noi buttiamo nel calderone Massimo Lugli con Sepúlveda: un racconto di amicizia adatto sia ai ragazzi che agli adulti. Un classico annunciato, e si sa che con un classico non si sbaglia mai. Irresistibile anche la tentazione di acquistare per sé, più che regalare, un Erri De Luca, quasi un marchio di fabbrica per storie brevi e intense come quella sullo sfondo delle feste appena pubblicata dal titolo La doppia vita dei numeri. Quest anno non è stato la fine del mondo, se non per i Gioco Perverso che, se fosse una sfumatura, sarebbe di noir. La sua esperienza quarantennale come cronista di nera e le sue collaudate qualità letterarie nell averci già regalato altri casi per il suo collega alter ego Marco Corvino, ci daranno la garanzia di addentrarci nel mondo del bondage e del sesso estremo concedendoci la lettura di un buon thriller. Grazie al digitale, ognuno può crearsi la sua 37

38 Per Natale, Cubolibri presenta La fabbrica dei regali per scegliere e confezionare con dedica gli ebook che un moderno Babbo Natale in versione 2.0 consegnerà a genitori, amici, compagni, fratelli e anche ai più piccoli personale top ten natalizia sdraiato comodamente in casa e in pochi clic. Dopo la classifica del 2012, noi chiudiamo questa carrellata che compone la nostra proposta dei magnifici 10 di Natale con L inverno del mondo, di Ken Follett, secondo libro della trilogia The Century e, naturalmente, una storia di famiglia. Se dunque agli italiani piace leggere in famiglia, Cubolibri ha individuato questa tendenza valorizzandola nella sua iniziativa natalizia: la fabbrica dei regali di Natale. Un intera settimana per regalare ebook, che piacciano ai genitori oppure che parlino di genitori. E lo stesso vale per fratelli e nonni, figli e nipoti, amici e partner. Anche all ultimo momento, invece di perdervi nel caos folle dei regali last minute, basta un clic per una consegna puntuale e perfetta degna di un Babbo Natale 2.0. Regalate un ebook: è un dono innovativo, amico dell ambiente, anti-crisi. Risparmiando tempo, denaro e fatica, l augurio è di un Natale al cubo! I 10 ebook più venduti nel 2012 A. Camilleri, Il diavolo, certamente (Mondadori) A. Camilleri, Una voce di notte (Sellerio) M. Malvaldi La carta più alta (Sellerio) M. Malvaldi, Milioni di milioni (Sellerio) G. Carofiglio, Il silenzio dell onda (Rizzoli) A. Piperno, Inseparabili (Mondadori) A. Bratley, Amore, zucchero e cannella (Newton Compton) M. Gramellini, Fai bei sogni (Longanesi) E.L. James, Cinquanta sfumature di Grigio (Mondadori) J. Ratzinger, L infanzia di Gesù (Rizzoli) 10 novità del Natale 2012 J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit (Bompiani) J.K. Rowling, Il seggio vacante (Salani) L. Sepúlveda, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico (Guanda) E. De Luca, La doppia vita dei numeri (Feltrinelli) L. Littizzetto, Madama Sbatterflay (Mondadori) G. Cooper, I custodi della biblioteca (Nord) P. Giordano, Il corpo umano (Mondadori) J. Adler-Olsen, Battuta di caccia (Marsilio) M. Lugli, Gioco perverso (Newton Compton) K. Follett, L inverno del mondo (Mondadori) 38

39 Il mondo dell ebook TABLET ed ereader i regali perfetti, parola di Babbo Natale In un esclusiva intervista, Santa Claus ci regala alcuni utili spunti per i regali natalizi. Parola d ordine: letture digitali. di Roberto Dessì Natale è alle porte, ammesso che la profezia Maya non si compia. Avete già provveduto ai doni? Se siete tra i tanti che attendono con ansia l ispirazione, la tredicesima mensilità o entrambe le cose, PreTesti quest anno ha in serbo per voi un incredibile scoop giornalistico. No, non si tratta delle ecografie che svelano il sesso del reale pargolo di Kate e William; non è neppure l ingrediente segreto della Coca-Cola, o il metodo per dimagrire con una dieta a base di pandoro e cotechino. Il vostro reporter d assalto ha affrontato indenne un lungo viaggio per terre desolate. Incurante del freddo, e dei famelici sguardi di tenerissimi orsi polari, si è recato là dove nessuno aveva finora osato recarsi: casa Santa Claus, per una intervista esclusiva dedicata al Natale Rovaniemi? Il villaggio finlandese è soltanto un abile copertura. Il barbuto vecchietto dispensatore di balocchi risiede in un altro segretissimo luogo, sperduto tra i ghiacci della Lapponia; lo manterremo segreto, per rispetto della sua privacy nonché per un ingiunzione dei legali di Babbo Natale. Ma questa è un altra storia. 39

40 Negli USA, Nielsen incorona ancora una volta l ipad come regalo più desiderato A casa Santa, il calore e lo spirito natalizio pervadono il corpo e lo rinfrancano, dopo tanto camminare sotto la neve. Il padrone di casa lavora alacremente, seduto dinanzi al camino scoppiettante, con una tazza di cioccolata bollente sul tavolino e, dall altro lato, tonnellate di letterine cartacee e un ipad, per consultare quelle dei bimbi che hanno scelto di inviarle via . Anche questo, in fondo, è un emblema dei vantaggi del digitale sul cartaceo. Da vicino Babbo Natale dimostra molti meno secoli di quanti in realtà ne abbia. Cordiale e affabile, mi invita a sedere sulle sue ginocchia, e a prendere un biscotto allo zenzero (davvero delizioso!), prima di poterne interrompere il lavoro con qualche domanda. Innanzitutto come posso chiamarla? Babbo Natale? Santa Claus? San Nicola? Oh oh oh (la grassa risata con la quale apre ogni frase, N.d.A.), carissimo, può chiamarmi come desidera. Babbo Natale ha tanti nomi, ma rimane sempre la stessa persona! Bene, credo opterò per la versione italiana, esordendo con un classico: Caro Babbo Natale lei che è un esperto del settore, quali saranno doni più desiderati del 2012? Ho studiato con attenzione le tendenze del mercato, ma non avevo molti dubbi: i regali dell anno sono i gadget tecnologici portatili. Gli smartphone continueranno a dominare il mercato, ma anche i tablet e gli ebook reader hanno avuto una notevole crescita nelle richieste dei bambini e degli adulti del mondo. Le indagini e gli studi che consulto quotidianamente confermano questo trend: Nielsen, ad esempio, negli USA incorona ancora una volta l ipad come regalo più desiderato ; e se non bastasse, al terzo, quarto e quinto posto Apple piazza rispettivamente ipod touch, ipad mini e iphone. Gli ereader vanno molto bene tra gli adulti (il 13% di loro ne ha chiesto uno) e ancora meglio tra i bambini (21%). L Italia seguirà questo trend? Anche da noi, nonostante la crisi morda più forte di un orso polare affamato, si regaleranno ipad ed ereader? 40

41 Il 27% degli italiani (il 29% tra chi percepisce la tredicesima) regalerà ad altri o acquisterà per sé un prodotto Hi-Tech Può scommetterci: osservi i dati dell indagine Confesercenti-SWG e se ne renderà conto. Il 27% degli italiani (il 29% tra chi percepisce la tredicesima) regalerà ad altri o acquisterà per sé un prodotto Hi-Tech: di questi, il 9% regalerà un tablet o uno smartphone, andranno fortissimo gli ipad mini, e anche gli ebook reader avranno un notevole seguito. In fondo, lo ha dichiarato di recente anche l Associazione Editori Italiani: il 3% dei suoi connazionali legge in formato digitale, e il fatturato per le case editrici continua ad aumentare raggiungendo in alcuni casi la doppia cifra percentuale nell intero bilancio aziendale. Ipad, iphone, e ipod quindi. Quest anno le novità sono state tante in casa Apple. Sì, nonostante la prematura scomparsa di Steve Jobs, dalle parti di Cupertino si sono dati parecchio da fare nel Hanno proposto un nuovo ipad, cambiando in realtà pochissimo ma rendendolo ancora più potente e versatile, hanno aggiornato gli ipod touch, hanno allungato l iphone e accorciato l ipad. Il mini ha certamente un prezzo superiore alla media dei tablet Android, ma è pur sempre un ipad, con tutti gli aspetti positivi e modaioli che ne conseguono. A proposito di tablet Android, il lavoro si è molto complicato per lei quest anno, l offerta italiana si è ampliata e ci sono tanti device tra cui scegliere. È vero, la scelta è davvero vasta: prenda quel tale pelato con gli occhi furbi che vuole rivoluzionare l editoria, Jeff Bezos, mi pare si chiami. Non gli è bastato proporre il nuovo Kindle Paperwhite, l ebook reader con schermo eink ad alta risoluzione, con luce integrata per poter leggere anche la notte al buio e notevolmente schiarito per somigliare ancor di più alla carta stampata. Ha deciso anche di puntare forte sui tablet per far concorrenza ad Apple e agli ipad. Sono ottimi dispositivi, con schermi HD e antenna wi-fi doppia, con i quali si possono acquistare tanti contenuti, non soltanto ebook. Vero, ma anche Kobo non è stata a guardare No, anzi. Ha triplicato il proprio sforzo con ereader touchscreen ad alta definizione dei font e luce integrata, versioni mini da portare sempre con sé, e perfino un tablet da 7 pollici, anche lui con schermo HD e tanti contenuti acquistabili sullo store o con Google Play. L alleanza con Mondadori ha facilitato la penetrazione di questo brand anche in Italia, dove è possibile acquistarli oltre che online anche nelle normali librerie, di fianco ai libri cartacei. 41

42 Ho sentito dire che anche Cubolibri ha qualche novità in serbo per i suoi clienti, ne era a conoscenza? Certamente. Oltre al biblet reader, uno dei pochissimi dispositivi a coniugare l interfaccia touchscreen (schermo eink Pearl da 6 pollici) con quella a tasti fisici, a meno di 100 euro, la novità arriva dall ebook store Cubolibri. Già, perché quest anno chi desidera regalare un ebook a un amico, un parente o al partner potrà farlo direttamente dallo store, scegliendo tra una selezione di titoli che include L inverno del mondo di Ken Follett, Fai bei sogni di Massimo Gramellini e Inseparabili di Alessandro Piperno. Può dare qualche consiglio su come scegliere il dispositivo perfetto per la propria necessità? L esigenza è alla base della scelta: desiderate un prodotto destinato esclusivamente alla lettura, con una batteria di lunga durata e dal peso contenuto? L ereader è perfetto per voi. Se invece la lettura è uno dei tanti utilizzi che fareste del device, valutate un tablet. Scegliete un ereader con uno schermo eink di qualità, che sia compatibile con il DRM Adobe e che possibilmente abbia uno slot per l espansione della memoria. E naturalmente, fate i bravi, o Babbo Natale non esaudirà i vostri desideri! Ci congediamo dal magico villaggio di Santa Claus scortati da un festoso drappello di elfi, prima di essere riaccompagnati da magiche renne volanti fino al più vicino aeroporto. Giusto in tempo per augurarvi un felice Natale, e uno splendido 2013 ricco di felicità, serenità e ebook! 42

43 Buona la prima Storie di libri ed edizioni TITO LUCREZIO CARO DE RERUM NATURA di Fabio Fumagalli Vi sono accadimenti storici che, al fine di sfidare la fame del tempo, il passare dei millenni, sono costretti a trasformarsi in racconti di fantasia, a salvarsi con i voli pindarici dell arte. Ciò rende necessario accostarsi a essi con prudenza. Da un lato, infatti, abbiamo il travisamento dell intuizione artistica che, come il velo di maya di schopenhaueriana memoria, nasconde e occulta la verità del fatto concreto con orpelli e abbellimenti. Dall altro, però, la cruda realtà reclama la sua parte. Non si può dare nascondimento senza svelamento. È vano, infatti, tentare di discriminare l immaginato dal vero su questa superficie splendente che chiamiamo storia. Tutto può partire da una biografia romanzata, come quella scritta da San Girolamo (ca d.c.) nel Chronicon: Nasce il poeta Tito Lucrezio, il quale, spinto poi alla follia da un filtro d amore, dopo aver scritto alcuni libri, poi riveduti da Cicerone, negli intervalli di lucidità, si uccise di propria mano a quarantaquattro anni. Queste poche righe sembrano già stabilire una certa familiarità con l autore e la sua opera. Eppure, chi è Lucrezio? Nulla si sa della sua esistenza terrena, se non pretesti 43 Dicembre 2012

44 il fatto che si sia svolta lungo il corso del I secolo a.c. Le molteplici ipotesi a riguardo hanno avuto solo il merito di sfumare ancor di più i contorni della sua figura. Così ci resta tra le mani, come sabbia finissima, solo un nome, un puro flatus vocis... e un opera. Si tratta di un poema didascalico in esametri intitolato De rerum natura. Raro esempio di perfezione stilistica armonicamente congiunta all esposizione filosofica, la storia di questo testo, pur essendo coronata da un lieto fine, è tanto esaltante quanto misteriosa. Pressoché ignorato, per quanto riguarda il contenuto, dai contemporanei (Cicerone e Virgilio in primis), esso fa sentire la sua influenza, in maniera sottile, delicata e sotterranea, nello stile di tutti i grandi scrittori latini dell epoca, quando, citando Gustave Flaubert, gli dei non c erano più e Cristo non ancora, ma solo l uomo con il suo ingegno regnava. Però lo stile, come ormai sappiamo, occulta e, nel contempo, svela qualcosa di più profondo. Con l avvento del cristianesimo, gli attacchi al De rerum natura, benché mai espliciti, si fanno più serrati e stringenti. A essere posta dinnanzi al tribunale della ragione questa volta è la dottrina, non il metodo. Come tollerare un testo ove si afferma la mortalità dell anima, l assenza di qualsiasi provvidenza divina, la religione come superstizione nociva? Il tutto, inoltre, abbellito da immagini metaforiche potenti, adatte perciò ad attrarre gli animi più facilmente suggestionabili. Eccone un esempio, Epicuro nella Scuola di Atene di Raffaello vero e proprio trionfo della vita in cui si riversa la fredda dimostrazione epicurea che nulla si distrugge completamente : E dunque nessuna sostanza ritorna nel nulla, ma tutte / dissolte ritornano alle particelle elementari della materia. / Si perdono infine le piogge quando l etere padre / le effonde a rovesci nel grembo della madre terra; / ma sorgono le splendide messi e verdeggiano i rami degli alberi, / questi si accrescono e piegano al peso dei frutti; / di qui si alimenta la specie degli uomini e delle fiere, / di qui vediamo rigogliose città fiorire di fanciulli, / e selve frondose echeggiare delle recenti nidiate; / di qui stanche le pingui pecore distendono i corpi, / per i floridi pascoli, e il candido umore del latte / stilla dagli uberi colmi; di qui nuova prole di agnelli, / sulle tremule membra ruzzanti per le tenere erbe, / si trastulla, le giovani menti inebriate da purissimo latte. Sono, così, innumerevoli gli apologisti cristiani che strumentalizzano lo scritto lucreziano, o utilizzando le sue innovazioni stilistiche, o criticando aspramente, come Lattanzio nel suo De ira Dei, la filosofia in esso contenuta. C è però una crudeltà ben peggiore a cui può essere sottoposto un testo: l oblio. Per motivi che comprendono sia la storia che l ideologia, il De rerum natura infatti scompare dalla circolazione nel medioevo. L ipotesi più probabile è che le rare copie sopravvissute alle traversie della storia e al furore cristiano siano finite, insieme a molti altri libri di scrit- 44 Dicembre pretesti

45 tori pagani, in qualche sperduto monastero, dove, con coscienziosità e scrupolo, secondo la formula benedettina dell ora et labora, sono state ricopiate tramite la minuziosa arte degli amanuensi. La paradossalità della situazione è evidente: un testo condannato da una religione viene salvato proprio grazie all esistenza di quei luoghi in cui quella religione si trasforma in regola di vita. Ma la storia è ricca di contraddizioni simili e quella del testo lucreziano è giunta solo a metà del suo percorso. Nel 1417, infatti, essa si imbatte nell umanista Poggio Bracciolini che, cavalcando il suo destriero, si dirige verso la città tedesca di Fulda. Egli è alla ricerca di quei libri antichi per cui il suo cuore di uomo dotto e collezionista batte. Siamo, infatti, in un epoca in cui gli intellettuali riprendono interesse per l antichità classica, paradigma insuperabile di perfezione artistica, e, incoraggiati dalle riflessioni della loro stella polare, Francesco Petrarca, tentano in ogni modo, anche a costo della vita, di recuperare le poche opere sopravvissute ai secoli bui del passato. Poggio Bracciolini, per quell astuzia della ragione che sempre soccorre gli eventi, nel suo girovagare incontra l opera di Lucrezio. Basta questo, i tempi sono ormai maturi. La rivoluzione può avere inizio. Il De rerum natura, nel giro di un secolo, esce dai ristretti ambienti degli umanisti ed entra nelle riflessioni delle più eminenti personalità intellettuali dell epoca: Giordano Bruno, Tommaso Moro, Disponibile su www. cubolibri.it Galileo Galilei, Michel de Montaigne, Isaac Newton solo per citare i più noti. Declinata in una miriade caleidoscopica di interpretazioni differenti, come gli infiniti atomi dell universo lucreziano, l opera giungerà fino ai giorni nostri. La ritroveremo sottesa alle affermazioni del giovane Karl Marx, oppure come base metafisica delle moderne teorie scientifiche riguardanti l atomo. Ma, grazie a quell inscindibile connubio tra fantasia e realtà che forma la storia umana e da cui siamo partiti, sarà l arte a subirne la fascinazione maggiore. Essa, opponendosi alle idee generali, desiderando l individuale, l unico, tenterà di cogliere a ogni costo il mistero dell opera. E allora ci faremo sedurre dal Lucrezio immaginario di Marcel Schwob: Sapeva che le lacrime vengono da un certo movimento delle piccole ghiandole che stanno sotto le palpebre e che sono agitate da una processione di atomi uscita dal cuore, quando il cuore stesso è stato colpito dalla successione di immagini colorate che si distaccano dalla superficie del corpo di una donna amata. Sapeva che l amore non è causato che dal gonfiarsi degli atomi che desiderano congiungersi con altri atomi. [ ] Ma, conoscendo esattamente la tristezza e l amore e la morte, e che esse sono vane immagini quando le si contempla dallo spazio calmo dove bisogna rinchiudersi, continuò a piangere, e a desiderare l amore, e a temere la morte. 45 pretesti Dicembre 2012

46 Sulla punta della lingua Come parliamo, come scriviamo Rubrica a cura dell Accademia della Crusca L UNIVERSITÀ NELLA TEMPESTA DELLE LINGUE di Francesco Sabatini * Com è noto, il ministro Francesco Profumo ex-rettore del Politecnico di Torino, dal dicembre 2011 titolare del ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca ha stabilito che l inglese deve essere lingua esclusiva per l insegnamento universitario al livello delle lauree magistrali e dei dottorati. L innovazione diventerebbe pressoché un obbligo attraverso i meccanismi premiali e gli incentivi che le Università ottemperanti riceverebbero. Di esempio sarebbe una prassi già attuata in vari insegnamenti nella sede universitaria dal suo sostenitore e nel Politecnico di Milano, oltre che sparsamente in altri Atenei. Nel progetto Profumo, i corsi in inglese devono essere esclusivi, cioè non affiancati da corsi paralleli delle stesse discipline in italiano Il dato da focalizzare subito è che, nel progetto Profumo, i corsi in inglese devono essere esclusivi, cioè non affiancati da corsi paralleli delle stesse discipline in italiano. Non si tratta, dunque, di una innovazione marginale, opzionale o sperimentale, ma di un auspicato cambio totale di regime linguistico ai livelli alti della formazione delle nostre classi professionali e della ricerca. Stabiliti questi termini, possiamo discuterne. Ne hanno discusso subito docenti e ricercatori di un buon numero di discipline matematica, diritto, scienze, linguistica convenuti il 27 aprile a Firenze nell Accademia della Crusca; tra i partecipanti al dibattito c era il rettore del Politecnico di Milano, Giovan- * Emerito di Linguistica italiana, Università Roma Tre; Presidente onorario dell Accademia della Crusca. 46

47 ni Azzone, che ha sostenuto le ragioni del suo collega ministro. Sono stati poi invitati ad esprimersi altri esperti in materia o coinvolti a vario titolo e ne è derivata un ampia messe di pareri (101, per la precisione) raccolti in un volume ora pubblicato dall Accademia in collaborazione con l editore Laterza (Fuori l italiano dall università? Inglese, internazionalizzazione, politica linguistica, a cura di Nicoletta Maraschio e Domenico De Martino, pp. 321). Non posso certo sintetizzare tante voci, che tra l altro sviluppano riflessioni anche al di là del vero tema in questione. Cerco di mettere in luce l essenziale delle due posizioni. Il rettore Azzone, unico sostenitore deciso dell innovazione, ne ha puntualizzato in questi termini il significato e gli obiettivi (seguo nell ordine i suoi argomenti): 1) c è la forte pressione delle grandi imprese multinazionali, che richiedono «persone aperte al mondo»; 2) molti nostri studenti di Ingegneria, Architettura, Design preferiscono sempre più perfezionarsi all estero, per assicurarsi migliori sbocchi professionali; 3) anche in Atenei di altri paesi si sta «rafforzando la presenza della lingua inglese». Di qui la necessità di assicurare una effettiva «internazionalizzazione» dei corsi a partire dalla laurea magistrale, formando direttamente in lingua inglese gli studenti italiani e nel contempo rimuovendo «la barriera psicologica della conoscenza preventiva della lingua italiana» per gli studenti che provengano dall estero. I risultati di otto anni di questa prassi a Milano sarebbero questi: affluenza di studenti stranieri che va dal 30% al 50% nei diversi corsi [ma secondo Raffaele Simone sono in totale il 17% in quel Politecnico]; decisa soddisfazione dei laureati di questi corsi (italiani e stranieri) che trovano più facilmente occupazione. Segue un altro dato: là dove sono presenti parallelamente corsi in inglese e corsi in italiano, i primi accolgono il 90% di studenti stranieri e solo il 10% di italiani («gli studenti italiani bravi»). Davanti a questo dato, che apre una falla in quel muro di certezza, il rettore Azzone risponde che il suo Politecnico si attrezza per dare supporto al miglioramento della conoscenza dell inglese per gli studenti che ne rivelino il bisogno durante il triennio iniziale. E aggiunge che, se proprio non si accetta l esclusivo insegnamento in inglese «entro un ora di treno dal Politecnico di Milano vi sono Atenei che consentono di frequentare in italiano tutti i corsi di studio che il Politecnico erogherà in inglese». Un ultimo tassello riguarda i docenti: «tutti i docenti che lo vorranno potranno insegnare in italiano al primo livello»; affermazione che sembra avere due significati: a) chi non vuole insegnare in inglese, passerà a insegnare in italiano al primo livello; b) anche al primo livello si potrà insegnare in inglese. Sulla linea così decisa del rettore milanese non si pone nessuno degli altri intervenuti, a voce o per iscritto, al dibattito. Tutti si tengono chiaramente lontani da posizioni di sciovinismo linguistico e riconoscono, con maggiore o minore risalto, la necessità inderogabile che una lingua di comunicazione mondiale, come l inglese, debba far parte della dotazione, a livelli variabili di competenza, di ogni individuo che voglia operare, dovechessia, nel mondo attuale. Ma le obiezioni mosse al teorema milanese sono veramente tante e non vengono solo da quello schieramento interno al Politecnico che da tempo contrasta un applicazione 47

48 così totalizzante dell alta formazione in un bagno d inglese. Cerco di sintetizzarle nei punti seguenti. a) L insegnamento, nella parte centrale affidata alla lezione del docente, richiede a questi, proprio in corsi di forte impegno formativo, una prestazione linguistica di alta definizione, al tempo stesso spontanea e ricca di creatività, nient affatto standardizzata e ripetitiva: una qualità che ben pochi docenti possono fornire in una lingua non nativa o non praticata in lunghe permanenze ed esperienze didattiche nell ambiente di quella lingua. Evidentemente non si è fatta distinzione tra questo tipo di prestazione e la comune capacità, che molti docenti hanno, di uso comunicativo e colloquiale o di stesura di un testo scritto in una lingua estera: il basic English, che è certo un utilissima zattera in ambienti di larghi incontri culturali (come argomenta il linguista Francesco Bianco), ma non basta per fare lezioni efficaci. b) Lo stesso limite di capacità linguistica si riscontra dalla parte degli apprendenti, almeno nella grande maggioranza dei casi (vedi già la constatazione di quel rapporto 90% stranieri / 10% italiani rivelato dal rettore milanese). c) L internazionalizzazione dell Università perseguita prevalentemente attraverso l accesso linguistico facilitato per gli stranieri pare attirare più che altro studenti esteri (perlopiù dai Balcani e dall Est europeo) che semplicemente non hanno superato le prove di accesso, molto selettive, in altri Paesi: i migliori studenti puntano direttamente alle Università dei Paesi anglofoni (anche ben quotate in campo scientifico, come sappiamo). d) L internazionalizzazione delle nostre Università deve fare i conti con la situazione interna dell intero Paese, dove permangono forti squilibri educativi in aree sociali e geografiche, che potrebbero portare a perdite di notevoli comparti umani nei ranghi dei ricercatori di alto livello. La vita intera dell Italia unita ha sofferto gravemente di una astratta uniformità di governo dei processi sociali e culturali (a cui ha fatto sempre riscontro poi, nella realtà, un andamento a forbice degli stessi processi) e sembra che di questo ci si dimentichi ancora una volta. e) Se le nostre Università per migliorare la qualità linguistica dell insegnamento in inglese dovessero (come anche si prevede) chiamare a insegnare sempre più docenti anglofoni nativi (requisito di grande vantaggio nelle assunzioni), questo si potrebbe tradurre in una presenza di docenti esteri di seconda scelta (saremmo in grado di attirare le eccellenze?) e certo in una depressione della classe docente italiana. f) Uno studioso molto bene informato sui sistemi universitari europei, Michele Gazzola, contesta decisamente i dati circolanti sulla pretesa ampia anglificazione dei corsi di alta formazione negli Atenei di altri Paesi non anglofoni. g) Privare la lingua nazionale, di un Paese che ha tanta storia culturale alle sue spalle, di una funzione così importante come quella di esercitare il pensiero scientifico e fornire la formazione più avanzata alle nuove generazioni (pur destinate in gran parte a operare in patria) non è un intervento di lieve entità, che si attua senza profondi contraccolpi sull intero quadro dei valori in atto nella vita di quel Paese. È documentata la resistenza che oppongono a questo feno- 48

49 Senza cadere nel culto delle identità nazionali, bisogna credere che sempre l apertura ad altre culture e lingue deve avere il valore di scambio meno soprattutto la Germania e la Francia. Queste considerazioni non poggiano solo su induzioni e convinzioni di carattere generale, ma anche su dati quantitativi accertati e su competenze specifiche di chi opera proprio nel campo della formazione linguistica. Si vedano i contributi di Piero Bianucci, Carla Marello, Annamaria Testa, con l appendice di testimonianze dal vero. Una conclusione va aggiunta. Le questioni legate alle funzioni delle lingue sono molto complesse, perché cariche di implicazioni soggettive e nei sistemi sociali e culturali. Senza cadere nel culto delle identità nazionali, bisogna credere che sempre l apertura ad altre culture e lingue deve avere il valore di scambio (come nell import-export commerciale), altrimenti si traduce in impoverimento e sottomissione di una delle parti. La politica dei Politecnici milanese e torinese non sembra farci caso. A molti sembra perciò, almeno in quella forma totalizzante, una fuga in avanti. 49

50 Anima del mondo Paesaggi della letteratura IL NOSTRO AGENTE A PANAMA Graham Greene, l uomo dai molti luoghi di Francesco Baucia Se vuoi andare dalla Germania in Spagna come fai? : questa la domanda con cui il Capitano dà inizio alle lezioni private di geografia che decide di impartire al figlio adottivo Jim. Problema piuttosto insolito per cominciare un corso, seppure casalingo, di introduzione ai paesi europei. Ma se si aggiungono particolari alla scena, ci si accorgerà che questo non è il più anomalo dei dettagli. Innanzitutto, l uomo che si fa chiamare il Capitano non ha un nome proprio: o meglio, ne ha molti, troppi forse, perlomeno tanti quanti sono i suoi travestimenti. In ogni caso, per gli intimi è il Capitano. In secondo luogo, il giovane Jim non è proprio il suo figlio adottivo. Il Capitano l ha vinto a backgammon in una partita con il vero padre del ragazzo, un inquietante individuo noto come il Diavolo e, dopo averlo rapito dal collegio in cui si trovava rinchiuso, ne ha fatto dono alla sua compagna Liza, che di figli suoi non ne può avere. Ah, un ultimo dettaglio: Jim non è il vero nome del ragazzo, ma è Victor. Dargli un nuovo nome è soltanto l ennesima stravaganza del Capitano. Questo intricato quadretto familiare è tratto da L uomo dai molti nomi (The Captain and the Enemy) ultimo libro di fiction di Graham Greene, che lo pubblicò nel 1988 e facilmente schiude ai lettori la vista su un panorama romanzesco popolato di identità sfuggenti, come d abitudine in molti libri del grande autore inglese. E questo, forse non solo per il fatto di essere l ultimo, ha il pregio di racchiudere in poco più di duecento pagine i temi ricorrenti di tutta la carriera di Greene, costituendone una sorta di testamento spirituale. Vi si può ritrovare la rievocazione autobiografica delle violenze subite nelle tetre istituzioni scolastiche inglesi, il senso del male incombente e il dovere di difendere il 50

51 nucleo degli affetti affetti spesso disperati, anomali, ingenui dalle forze negative, la tragicomica doppiezza della personalità di ogni essere umano, il fascino per il viaggio e l esotismo. Innegabilmente quest ultimo aspetto riflette ancora una volta un côté della reale personalità di Greene, che nella sua vita viaggiò molto, traendo dalle proprie peregrinazioni gli spunti per gli scenari di innumerevoli romanzi. Tra l altro, i suoi continui vagabondaggi furono uno dei motivi per cui venne assunto dai servizi segreti britannici, in una sezione diretta da Kim Philby (il celebre agente doppiogiochista che nel 1963 finì per riparare in URSS). L America Latina in particolare fu al centro degli interessi di Greene, e in primis il Messico, che visitò nel 1938 per documentare le feroci persecuzioni antireligiose, e in cui ambientò uno dei suoi capolavori, Il potere e la gloria (1940). Ma è difficile non ricordare altri due paesi dell America Latina che sono al centro di libri altrettanto indimenticabili: Cuba nel Nostro agente all Avana (1959) e l Argentina nel Console onorario (1973). E sempre oltreoceano torna, proprio nell Uomo dai molti nomi, per offrire ai lettori lo scorcio di una Panama spettrale e della sua capitale divisa tra l algido lindore degli istituti bancari e la desolazione dei quartieri poveri: Nel quartiere che era chiamato ironicamente Hollywood era un contrasto terribile vedere le malferme baracche su cui alloggiavano gli avvoltoi e nelle quali famiglie intere erano ammucchiate nell intimità della povertà totale a poche centinaia di metri dalle banche, dove le alte finestre luccicavano al sole del mattino Non ricordo quali parole usai per esprimere il mio sgomento, ma ricordo la risposta di Pablo. Questo non è solo il Panama. Questa è l America Centrale. Paese spettrale non soltanto per la geografia urbana, e per i loschi intrighi politico-finanziari che vi si svolgono, ma anche per l ineffabilità della natura: Sopra le foreste del Darien volammo in silenzio, col tappeto verde scuro ininterrotto sotto di Graham Greene I suoi continui noi senza nemmeno un minuscolo strappo nella superficie. Ed è proprio in questo scenario contraddittorio che è destinata a consumarsi l ultima avventura del Capitano, giocato dalla malinconia per il proprio amore perduto e da un complotto politico più grande della sua scaltrezza, abituata a espe- vagabondaggi furono uno dei motivi per cui venne assunto dai servizi segreti britannici, in una sezione diretta da Kim Philby 51

52 dienti di più piccolo cabotaggio. Il piccolo aereo che egli pilota prestandosi a misteriosi traffici di armi si inabissa così nel mare nero della foresta, e quasi sembra di sentire in quel volo l eco della stupenda canzone Panama di Ivano Fossati: Di andare ai cocktails con la pistola / non ne posso più, / piña colada o coca-cola / non ne posso più. / Di trafficanti e rifugiati / ne ho già piena la vita. Ma la divorante curiosità per il mondo e l umanità che ha mosso negli anni la penna e i passi di Greene, non si è limitata all America Latina. Fondamentali per la sua biografia intellettuale sono i soggiorni in Africa, continente al quale guardò con fervido occhio anticolonialista. Da questi viaggi, e in particolare dalle spedizioni in Liberia e in Sierra Leone (dove si recò inizialmente per ordine dei servizi segreti), nacquero altri due capisaldi della sua produzione letteraria: la raccolta di pagine autobiografiche Viaggio senza mappa (1936) e uno dei più importanti romanzi di tematica religiosa, Il nocciolo della questione (1948), le cui vicende si svolgono per l appunto in una colonia dell Africa occidentale. Cambiando latitudine, è pure impossibile dimenticare la vivida rappresentazione del Vietnam e del primo conflitto indocinese cui Greene assistette come inviato di guerra offerta nel romanzo del 1955 Un americano tranquillo, in cui l autore tratteggia magistralmente uno dei suoi doppi letterari più riusciti, il giornalista Thomas Fowler. Giunti al temine di questo excursus, sarebbe tuttavia riduttivo relegare Greene nella casella dei narratori dell esotico. Non solo per il fatto che anche gli scenari europei ebbero grande spazio nelle sue opere (basti pensare, tra gli altri, alla Londra della seconda guerra mondiale di Fine di una storia e alla Vienna Sopra le foreste del Darien volammo in silenzio, col tappeto verde scuro ininterrotto sotto di noi senza nemmeno un minuscolo strappo nella superficie postbellica della novella Il terzo uomo, da cui sarà poi tratto il celebre film di Carol Reed con Orson Welles). Ma soprattutto perché il viaggio non è un semplice complemento nell arredo delle sue creazioni letterarie: è piuttosto per l autore la suprema metafora dell esistenza umana, la situazione in cui la solitudine del vagare costringe a vedere con più chiarezza non solo fuori di sé, ma anche nella propria interiorità, giungendo ad ammettere che l unico bagaglio davvero inseparabile sono i segreti che ciascuno serba nel cuore. E forse, per il cattolico Greene, il viaggio è anche il simbolo della precarietà dell esistenza umana, del suo fragile cammino dalla culla alla tomba, vissuto nella convinzione per dirla con le parole di Chesterton che l uomo non è fatto per questo mondo. 52

53 Alta cucina Leggere di gusto IL JAZZ A TAVOLA Le contaminazioni culinarie di Haruki Murakami di Luca Bisin

54 Quando, nel 1223, il maestro Eihei Dogen giunse in Cina dal Giappone per approfondirvi i principi e la pratica dello zen, egli ricevette sulla propria barca la visita di un monaco che vi si recava per acquistare presso i mercanti giapponesi alcuni funghi shitake. Impressionato dalla competenza e dalla profondità con cui il monaco rispondeva alle sue domande, Dogen lo invitò a trattenersi per prolungare la loro conversazione ricevendone però una risposta sorprendente: il monaco, che era il tenzo della propria comunità, ossia l addetto alla preparazione dei pasti, declinò l invito per la fretta di tornare alla cucina del monastero e attendere al proprio compito. Sconcertato, Dogen gli fece notare che chiunque avrebbe potrebbe sostituirlo in un attività tanto modesta come il cucinare, mentre sarebbe stato per lui tanto più utile e dignitoso impiegare ogni minuto del suo tempo nello studio dello zen, ma ne ottenne una risposta ancor più stupefacente: cucinare era, per il tenzo, la sua pratica dello zen, il suo modo di percorrere la Via in cui nessun altro avrebbe potuto sostituirlo. Di questo insegnamento, che non esitò a indicare come un illuminazione, Dogen fece tesoro una volta rientrato in Giappone e nel redarre le sue Istruzioni a un cuoco zen volle segnalare l importanza di trattare con la massima cura anche un umile foglia di verdura: cucinare dei cibi ricchi ed elaborati non è necessariamente un attività superiore, cucinare delle semplici verdure non necessariamente un attività inferiore. Quando sei intento a preparare delle semplici verdure devi trattarle allo stesso modo di un cibo ricco ed elaborato, con la mente aperta, sincera e pura. Della dedizione rituale e della valenza spirituale che la tradizione giapponese ha saputo infondere nella propria cucina, sottraendola, almeno nelle sue espressioni più autentiche, all inevitabile corruzione di una modernità che ha ormai reso il sushi un cibo globale quasi quanto l hamburger, non si troveranno molte tracce nell opera di Haruki Murakami, così ecletticamente aperta alle più disparate suggestioni occidentali e a innume- 54

55 revoli prestiti dalla cultura pop americana, così impegnata alla rappresentazione di un Giappone odierno, contraddittorio, contaminato, così risolutamente libera dal peso delle tradizioni ( non leggevo molti scrittori giapponesi durante la mia infanzia o adolescenza, dichiara Murakami in un intervista volevo fuggire da questa cultura, la trovavo noiosa. Troppo opprimente ). E tuttavia il cibo e la cucina hanno conservato per lo scrittore lo statuto di occasioni esemplari, cariche di significato, che non di rado, anche quando si presentano nella forma apparentemente distratta di un pasto frettoloso, conducono i suoi personaggi al confronto inaggirabile con gli aspetti più intimi della propria condizione esistenziale: non più, forse, nella diligente consapevolezza di un esercizio di meditazione, bensì nell irruzione involontaria di un destino bizzaro o nell improvvisa epifania di un tratto insospettato della natura umana. In un breve racconto del 1983, ad esempio, dall emblematico titolo L anno degli spaghetti, il protagonista trova la propria ragione d essere nel gesto ordinario e futile di una semplice preparazione culinaria: cucinavo spaghetti per vivere, e vivevo per cucinare spaghetti. E l apparente banalità del contesto diviene subito lo scorcio dietro il quale può affacciarsi il profilo di una vicenda dai contorni ancora incerti: cucinare spaghetti potrebbe rivelarsi allora un pretesto di solitudine ( Di solito cucinavo gli Nella vita, ci sono momenti in cui si ha davvero bisogno di mangiare qualcosa di buono. E in quei momenti, a seconda che uno entri in un buon ristorante o meno, l esistenza può prendere un corso del tutto differente. spaghetti da solo e li mangiavo da solo. Non avevo bisogno di compagnia. Mi piaceva mangiare per conto mio. Sentivo che gli spaghetti dovevano essere mangiati in solitudine. Non so come spiegarmi ), il pungolo di un inquietudine che rimane senza nome ( A volte prendo a caso degli avanzi dal frigo per cucinare degli spaghetti che tragicamente non avranno mai un nome ), lo spunto di una scusa per sottrarsi al fastidio di una telefonata importuna e cedere al gioco malinconico dell immaginazione ( È triste pensare a tutti quegli immaginari mazzi di spaghetti che non verranno mai cucinati ). Anni dopo, nel romanzo L uccello che girava le viti del mondo, Murakami vorrà riprendere e sviluppare quella cellula di ispirazione legata agli spaghetti: il romanzo si apre appunto sul protagonista intento alla preparazione di un piatto di spaghetti, mentre la radio diffonde una musica di Rossini, quando la misteriosa telefonata di una donna sconosciuta lo interrompe dando inizio alla vicenda contorta e surreale che occupa le pagine del romanzo. Ma è in tutta l opera di Murakami che il cibo sembra scandire certi eventi interiori dei personaggi, perché (come si legge in un racconto del 1984 intitolato Granchi) nella vita, ci sono momenti in cui si ha davvero bisogno di mangiare qualcosa di buono. E in quei momenti, a seconda che uno entri in un buon ristorante o meno, l esistenza può prendere un corso del tutto differen- 55

56 te. È come cadere da questa o da quella parte di un muro. In questo, il cibo è forse pari alla musica, soprattutto il jazz, di cui Murakami è sempre stato grande appassionato e in cui, non a caso, egli ha indicato una suggestione importante tanto della sua cucina quanto della sua scrittura: rispondendo alla domanda di un lettore, Murakami disse una volta che il suo piatto preferito è quello in cui non hai idea di cosa cucinare, apri il frigo e ci trovi sedano, uova, tofu e pomodoro. Uso ogni cosa e preparo il mio piatto. Quello è il mio cibo preferito. Nessuna pianificazione ; e volendo fornire un modello per il suo lavoro di scrittura egli ha fatto spesso riferimento all improvvisazione nel jazz: Apprezzo il senso del ritmo e l improvvisazione. Un buon musicista non sa cosa sta per succedere. È una decisione impulsiva. Quando scrivo un romanzo o un racconto, non so cosa sta per succedere. Nel romanzo che gli ha dato la notorietà internazionale, Norvegian Wood - Tokyo Blues, il protagonista Toru Watanabe è diviso tra l amore un po idealizzato per la bella Naoko che un tempo era stata la ragazza del suo migliore amico e che dopo il suicidio di quest ultimo decide di abbandonare Tokyo per ritirarsi in una clinica nei pressi di Kyoto, divenendo per Watanabe una presenza tanto importante quanto evanescente e angosciosa e il crescente affetto per Midori, una ragazza dal carattere estroverso e disinvolto. E l inquieto percorso interiore di Watanabe, che lo porterà a congedarsi serenamente da Naoko, dopo la morte di quest ultima, per affrontare il crescente amore verso Uso ogni cosa e preparo il mio piatto. Quello è il mio cibo preferito. Nessuna pianificazione. Midori, è significativamente segnato da due pasti importanti. Nel primo, Watanabe è invitato a pranzo da Midori, una domenica mattina, e avverte i primi segni del proprio affetto per lei osservandola mentre, con la rapidità e la destrezza di un cuoco esperto ( La sua figura, vista di spalle, faceva pensare a un percussionista indiano. Mentre lo vedevi che suonava quei cimbali laggiù, era già a colpire un piatto da quest altra parte, o a battere un osso. Ogni singolo gesto era rapido e senza sprechi, e l equilibrio dei suoi gesti perfettamente calibrato ), appronta un pasto sorprendentemente buono ed elaborato: Pesce all agro accompagnato da frittatine, sgombro marinato, melanzane bollite, brodo con erbette, riso ai funghi, e un piatto di rafani sottosale tagliati sottilissimi e ricoperti di semi di sesamo. Il gusto di tutto era quello delicato e inconfondibile della cucina del Kansai. Nel secondo, ormai certo del proprio sentimento per Midori e dopo la morte di Naoko, il giovane prende finalmente congedo dal doloroso ricordo del suo primo amore suggellando la visita di Reiko (amica di Naoko presso la clinica e confidente di Watanabe) con la preparazione, improvvisata ma solenne, di un sukiyaki: Sai quanti anni sono che non lo mangio? Me lo sogno perfino la notte. Con carne, porri, vermicelli di konnyaku, tofu e foglie di crisantemo che bollono gorgogliando Come altri piatti della cucina giapponese, il sukiyaki viene preparato direttamente a tavola dai commensali: questo stile di cottura, chiamato nabemono, è tipico dei mesi invernali e delle occasioni festose, e prevede nu- 56

57 merose varianti possibili, una delle quali è, appunto, il sukiyaki. Gli ingredienti vengono cotti in una casseruola bassa d argilla o di metallo (quest ultima è preferibile nel caso del sukiyaki) posta su un fornelletto elettrico al centro del tavolo, da cui i cibi appena pronti vengono prelevati direttamente con le bacchette. La preparazione classica del sukiyaki prevede l utilizzo di una carne di manzo appositamente tagliata in fette molto sottili, che dovrebbe presentare una certa quantità di grasso distribuita in striature uniformi. Alla carne si accompagnano diverse verdure (cavolo cinese, porro, funghi giapponesi), il tofu e un particolare tipo di vermicelli detti shirataki (si tratta di una varietà di pasta ricavata dal kunnyaku, una pianta molto diffusa in Asia da cui si ottengono una farina e una gelatina che vengono usate in numerose preparazioni). A caratterizzare il sukiyaki rispetto ad altre preparazioni nabemono, è poi l impiego di una particolare salsa, detta warishita, che si ottiene miscelando insieme il brodo, la salsa di soia e il sake dolce (la variante Kansai del piatto, la più popolare, prevede che anche questa venga preparata direttamente a tavola); inoltre l uso dell uovo crudo, che andrà disposto in una ciotolina (una per ciascun commensale) e nel quale si dovranno intingere gli alimenti prelevati dalla pentola di cottura subito prima di mangiarli. Sebbene il sukiyaki sia un piatto piuttosto popolare, non andrà ovviamente trascurato l aspetto estetico della preparazione: le verdure pulite e tagliate andranno quindi disposte ordinatamente, insieme alla carne e agli spaghetti precedentemente ammollati in acqua tiepida, su un grande piatto da portata, quasi a costituire un centrotavola, dal quale verranno prelevate per la cottura. Una volta che la tavola è stata accuratamente allestita, si può procedere alla preparazione del sukiyaki. Far sciogliere nella pentola una modica quantità di grasso (strutto o olio), quindi aggiungere lo zucchero e la salsa warishita precedentemente miscelata. La pentola deve essere già ben calda, in modo che la salsa vada immediatamente in ebollizione facendo evaporare la parte alcoolica del sake. A questo punto, aggiungere una parte della carne e farla cuocere leggermente finché rilasci un po del suo grasso: questo, insieme alla salsa warishita, costituisce la base per la cottura di tutti gli altri ingredienti. Quando la carne ha cominciato a prendere colore si possono aggiungere le verdure, poi il tofu e da ultimo gli spaghetti shirataki già ammollati. Appena i vari ingredienti saranno pronti, ogni commensale potrà prelevarli con le bacchette direttamente dalla pentola, passarli rapidamente nella ciotolina con l uovo crudo (che, ovviamente, dovrà essere freschissimo) e mangiarli. Nel frattempo si possono mettere in cottura altri ingredienti prelevandoli dal piatto da portata. Se durante la cottura il liquido nella pentola diminuisce troppo, si potrà aggiungere un po di acqua e di salsa warishita. 57

58 SUKIYAKI Ingredienti (per 10 persone): 450 g di lombata di manzo 1 pezzo di tofu grigliato (yakidofu) tagliato a cubetti 1 cavolo cinese (o cavolo di Pechino) tagliato a cubetti 1 mazzo di pak choi (una varietà di cavolo con foglie dalla costolatura spessa; si può comunque utilizzare qualsiasi verdura a foglie verdi) 4 funghi shiitake di grandi dimensioni 1 porro affettato (si userà solo la parte bianca) 1 pacco di shirataki (si tratta di una varietà di pasta ricavata dal kunnyaku, una pianta molto diffusa in Asia da cui si ottiene una farina e una gelatina che vengono usate in numerose preparazioni) 4 uova Per la salsa warishita: 1 tazza di brodo o acqua 1 tazza di salsa di soia 1/3 di tazza di mirin (una varietà di sake dolce) 2 chucchiai di zucchero 58

59 La scrittura che genera bellezza NEL NOME DEL FIGLIO di Vittorio Sgarbi Recensioni Avete notato che nel periodo prenatalizio escono sempre i libri più interessanti e soprattutto meglio realizzati dal punto di vista del confezionamento cartaceo? Sono comunemente dette strenne natalizie, riprendendo l antica tradizione romana di scambiarsi doni bene auguranti in occasione della festa del dio Saturno che ricorreva tra il 17 e il 23 dicembre. Ecco, il significato di dono bene augurante è quanto mai appropriato per un libro: buon augurio di prosperità, di sviluppo e di piacere. Tra questi doni certamente è ben augurante l ultimo libro di Vittorio Sgarbi Nel nome del figlio, uscito da poche settimane per Bompiani, splendidamente rifinito nella sua versione cartacea, come sapientemente curato nella sua edizione elettronica. Sgarbi, si sa, è mediaticamente noto per le sue sfuriate, le sue invettive, diciamolo pure, per il suo capra, capra, capra ripetuto fino all ossessione. Eppure nulla di tutto questo trovano i lettori nell aprire i suoi recenti libri d arte. Da L Italia delle meraviglie a Viaggio sentimentale nell Italia dei desideri, da Piene di grazia a Nel nome del figlio i lettori hanno riscoperto un fascino per la scrittura d arte che non risuonava dai tempi di Cesare Brandi. Cesare Brandi, quanti lo ricordano? Un campione della scrittura d arte come scrittura d artista, con i suoi memorabili scritti di viaggio (ricordo per esempio Pellegrino di Puglia e Viaggio nella Grecia antica). Vittorio Sgarbi ne è il più degno erede e prosecutore sia per quanto riguarda il suo impegno civile a tutela del patrimonio artistico, sia per quanto riguarda la passione verso il lettore e il cittadino invitato con i suoi scritti a mettersi in cammino e a riscoprire la bellezza, che pure si nasconde spesso a pochi passi dalle nostre case. Così Nel nome del figlio è un libro da leggere, da regalare, ma soprattutto è un libro da custodire come fonte di sviluppo della nostra umanità. Le parole di Vittorio Sgarbi, infatti, se prendiamo le pagine dedicate al Maestro della Tavola di Sant Agata o a Giovanni Agostino da Lodi, riescono a dare un tale senso di bellezza al lettore che se ne immagina le opere da favorire una catarsi dello spettatore immaginario più vicina al senso di pace che non al senso di angoscia. L arte è pace, la bellezza genera pace, quella pace patrimonio dell umanità che è custodita nelle chiese più che in Disponibile su www. cubolibri.it ogni altro luogo. Per questo nel nome del figlio si cambia il mondo, come dice l autore nella sua introduzione, perché dalla guerra e dall angoscia si deve tendere alla bellezza e alla pace. Quanto mai allora l arte diventa ricerca inquieta per lo Sgarbi televisivo che in fondo non fa che continuamente viaggiare per scovare un po di bellezza e quando ne trova tracce le sa condividere con tutti. Con chi almeno vuol fare la sua stessa fatica di imparare qualcosa. Nel nome del figlio che ognuno di noi è mettiamoci in cammino. Ne va della nostra umanità. Parola di Sgarbi. (Sergio Bassani) 59

60 UNA MONtagNA DI LIBRI e gli altri eventi del mese Appuntamenti UNA MONTAGNA DI LIBRI È partita il 7 dicembre e proseguirà fino a marzo del 2013 a Cortina d Ampezzo la settima edizione di Una montagna di libri. Giunta ormai al suo terzo anno di vita, la rassegna si svolge in due edizioni annuali in estate e in inverno, e presenta nello splendido scenario della cittadina dolomitica una fitta serie di incontri con personalità provenienti dal mondo della narrativa, del giornalismo, della cultura. Gli appuntamenti delle prossime settimane prevedono tra l altro la partecipazione di Mogol, Marcello Veneziani, Arrigo Petacco, Valerio Massimo Manfredi, Gian Antonio Stella. Il 29 dicembre Paolo Mieli cercherà di tratteggiare gli scenari a venire della politica e dell attualità italiane, mentre il 4 gennaio interverrà l antropologo Marc Augé con una lezione sull idea di futuro. Fino al 30 marzo LE IMMAGINI DELLA FANTASIA A Sarmede (TV) proseguirà fino al 20 gennaio 2013 la trentesima edizione della Mostra internazionale d illustrazione per l infanzia Le immagini della fantasia, che ha visto come ospite d onore l illustratore italiano Roberto Innocenti. Oltre agli spazi espositivi, dove sono presenti più di 350 opere di illustratori provenienti da tutto il mondo, sono previsti laboratori creativi per bambini e adulti, letture animate, incontri di approfondimento e formazione sul mondo del libro illustrato e della letteratura per l infanzia. Fino al 20 gennaio GIULIO EINAUDI. L ARTE DI PUBBLICARE Fino al 13 gennaio 2013 è in mostra nelle sale di Palazzo Reale a Milano Giulio Einaudi. L arte di pubblicare. A cent anni dalla nascita, l allestimento ripercorre la straordinaria parabola del grande editore che a partire dal 1933, anno di fondazione della casa editrice, ha saputo convogliare attorno all impresa editoriale alcune delle maggiori personalità del panorama culturale italiano: da Leone Ginzburg a Fernanda Pivano, da Norberto Bobbio a Cesare Pavese. Attraverso un accurata scelta di volumi, la mostra documenta anche l innovativa attenzione di Einaudi per gli aspetti grafici e tipografici del prodotto editoriale, che lo porterà a collaborare con maestri del design e dell illustrazione come Bruno Munari, Albe Steiner, Max Huber, e a definire un identità grafica attestata dalle inconfondibili copertine delle più importanti collane della casa editrice. Fino al 13 gennaio 60

61 Chi crede ancora agli 729 gli editori italiani che pubblicano #ebook +40% rispetto a sei mesi fa, wow! 37% delle novità subito L editoria indipendente in mezzo alla tempesta. Tra crisi economica e rivoluzione digitale, quale alle prese con i files #epub #InDesign e tutto quello che riguarda la progettazione. #EditoriaDigitale Pionieri addio, è tempo di industria. Il 2013 sarà l anno degli #ebook, anche in Il mondo è fatto per finire in un bel libro varrà anche per gli #ebook? :D Bookbugs 61

62 I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE E UN INTERA LIBRERIA A DISPOSIZIONE APERTA 24 ORE SU 24!

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