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1 UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI TECNICA E GESTIONE DEI SISTEMI INDUSTRIALI CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA E MECCATRONICA Curriculum Meccatronica TESI DI LAUREA TRIENNALE FUEL CELLS E PROPULSIONE AD IDROGENO RELATORE: CH.MO PROF. MIRTO MOZZON LAUREANDO: ANDREA BORATTO ANNO ACCADEMICO

2 Ai miei genitori, perché possano sempre essere orgogliosi di me e a Giulia, che mi ha sempre sostenuto.

3 Indice Introduzione... 3 Capitolo 1.L idrogeno Utilizzo dell idrogeno... 6 Capitolo 2.La produzione dell idrogeno Produzione da fonti non rinnovabili Steam reforming del metano Gassificazione del carbone Ossidazione parziale di idrocarburi : (POX) e (ATR) Processo Kvaerner Termocracking Produzione da fonti rinnovabili Produzione dalle biomasse Processi biotecnologici Decomposizione termochimica dell acqua Conversione foto elettrochimica Elettrolisi dell acqua Metodi alternativi di produzione Sintesi e cracking dell ammoniaca PowerBall Sistema Hydrogen on Demand Capitolo 3.Lo stoccaggio e il trasporto dell idrogeno Lo stoccaggio Lo stoccaggio fisico Compressione dell idrogeno Liquefazione dell idrogeno Microsfere di vetro Lo stoccaggio chimico Idruri metallici Idruri chimici Nanostrutture di carbonio 3.2.Il trasporto Trasporto su strada Pipeline Soluzioni on-board

4 Capitolo 4.Funzionamento delle celle a combustibile e tipologie disponibili Evoluzione delle fuel cells Architettura e principio di funzionamento Architettura della fuel cell Dall energia chimica all energia elettrica Tipologie di fuel cells Fuel cells ad elettrolita alcalino (A-FC) Fuel cells a membrana polimerica a scambio protonico (PEM-FC) Fuel cells ad alimentazione diretta di metanolo (DM-FC) Fuel cells ad acido fosforico (PA-FC) Fuel cells a carbonati fusi (MC-FC) Fuel cells a ossidi solidi (SO-FC) Confronto tra sistema tradizionale e sistema con fuel cells Vantaggi e limiti nelle applicazioni a fuel cells Capitolo 5.PEM-FC e settore auto motive PEM-FC dal punto di vista elettrico Lo stack Perdite di impianto Sistema a fuel cells completo per impieghi veicolari PEM-FC dal punto di vista termodinamico Energia erogata dalla PEM-FC Rendimento energetico di una fuel cell Rendimento di uno stack di fuel cells PEM Vantaggi e svantaggi degli stack PEM-FC Condiderazioni finali Capitolo 6.Applicazioni a livello automobilistico Caso studio: Hyundai ix35 FCEV Conclusioni Bibliografia Sitografia

5 Introduzione Il surriscaldamento globale, gli effetti nocivi sulla salute dell uomo e l inesorabile e repentino esaurimento delle risorse planetarie di combustibile fossile sono le principali motivazioni alla base della ricerca di nuove fonti di energia rinnovabile. Le statistiche parlano chiaro tra il 1750 e il 2000 la temperatura dell emisfero boreale si è innalzata di 1.1 C, in particolare, di 0.1 C tra il 1750 e il 1990 e con un incremento circa 6-7 volte più veloce negli ultimi 20 anni. Le previsioni del Comitato Governativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) delle Nazioni Unite sono allarmanti: la temperatura globale aumenterà di 1 C entro il 2040 se non verranno messe in atto delle opportune misure per la riduzione delle emissioni di monossido e biossido di carbonio (CO e CO 2) e degli altri gas serra con conseguenze sempre più devastanti a livello climatico e ambientale quali uragani, scioglimento dei ghiacciai, quindi innalzamento del livello dei mari e sommersione delle zone costiere. Una delle fonti principali di CO e CO 2 è la combustione alla base del funzionamento degli autoveicoli, pericolosa non solo per i danni ambientali appena illustrati, ma anche per la salute umana in quanto sorgente di sostanze inquinanti quali i composti azotati (NO x) e gli ossidi di zolfo (SO x), ritenuti cancerogeni, le micro particelle atmosferiche PM10 e PM2.5 (polveri patogene di diametro piccolissimo che entrano nel nostro organismo mediante le vie respiratorie e vanno ad intaccare tutti gli organi interni) e il particolato liquido. Infine, a sollecitare il ricorso a fonti di energia rinnovabile è la sempre minore disponibilità di combustibili fossili che in pochi decenni sono destinati ad esaurirsi ; le stime parlano di 40 anni per il petrolio, 60 anni per il gas naturale e 230 anni per il carbone. Per far fronte alla necessità a livello mondiale di poter usufruire di quantità di energia sempre più consistenti, e tenendo conto del rapido ed inarrestabile esaurimento delle risorse disponibili, che in genere sono detenute da pochi Paesi politicamente instabili che impongono i loro prezzi sul mercato, spesso ai danni dell Occidente, negli ultimi decenni ricerca ha concentrato i suoi sforzi nel tentativo di fornire delle fonti energetiche nuove, rinnovabili e pulite, alternative ai combustibili fossili. La principale alternativa sulla quale le maggiori case automobilistiche a livello mondiale hanno investito, per favorire uno sviluppo sempre più efficiente dei trasporti ecosostenibili, è l idrogeno. Quest ultimo risulta essere una fonte energetica particolarmente promettente in quanto ha una densità energetica superiore a quella di qualsiasi altro combustibile noto; mediante le celle a combustibile (fuel cells) può essere convertito in energia elettrica ed,essendo comprimibile, può essere facilmente raccolto in apposite bombole ed installato nelle automobili. Nonostante l enorme disponibilità di tale gas in natura, il funzionamento delle fuel cells richiede idrogeno puro che non è direttamente reperibile in quanto generalmente si presenta legato ad altri elementi; per supplire a tale necessità l evoluzione tecnologica ha portato all elaborazione di diversi metodi di produzione, stoccaggio e movimentazione dell idrogeno. Tuttora, i processi industriali per la produzione dell idrogeno sono ancora legati all utilizzo di combustibili fossili in quanto le tecniche più innovative, basate sul ricorso esclusivo a fonti di energia rinnovabile, quali biomasse, biogas, alghe o batteri, non sono ancora competitive ed economicamente convenienti. L unica alternativa alla derivazione dell idrogeno da fonti fossili sostenibile e attualmente valida, anche se comporta un costo elevato, è l elettrolisi, processo che consente di scindere la molecola dell acqua in idrogeno e ossigeno mediante una cella elettrolitica alimentata da corrente continua. Tale opzione risulta sensata ed efficace solo se l energia elettrica necessaria al 3

6 processo deriva da fonti rinnovabili, quali energia eolica, fotovoltaica o idroelettrica. Uno dei principali obiettivi futuri è quindi quello di sviluppare nuovi metodi di produzione che possano fornire idrogeno pulito e non inquinante, competitivi anche dal punto di vista economico. Le soluzioni proposte più significative per l impiego dell idrogeno come propellente nel settore automobilistico sono: i motori a combustione interna e le celle a combustibile. I primi rappresentano la soluzione più semplice da realizzare in quanto si basano su tecnologie già consolidate e disponibili, tuttavia non si è ancora riusciti a sfruttare pienamente l efficienza di tale risorsa: essendo infatti la combustione un processo termodinamicamente reversibile, si ha un basso rendimento di conversione energetica e del motore nel suo complesso. Le fuel cells sono invece dispositivi elettrochimici capaci di convertire l energia chimica di un combustibile in energia elettrica, acqua e calore, senza l ausilio di alcun ciclo intermedio e dei relativi sistemi meccanici di funzionamento, con dei conseguenti rendimenti di conversione elevati. Proprio per la maggiore efficienza energetica e la garanzia di ecosostenibilità fornita le fuel cells rappresentano il prossimo futuro, ovvero una tecnologia nascente che deve essere perfezionata ma le cui potenzialità sono chiare e promettenti. La tesi si concentra su diversi aspetti riguardanti la tecnologia a fuel cells e le sue applicazioni in campo veicolare. 4

7 Capitolo 1 L idrogeno La scoperta e lo studio delle proprietà dell idrogeno sono da attribuire a Henry Cavendish, il quale nel 1766 riconobbe l idrogeno gassoso come sostanza discreta e scoprì che dalla sua combustione veniva generata acqua. L idrogeno è il primo elemento della tavola periodica, ha come simbolo H e numero atomico z=1. Il suo isotopo più comune (protio) è costituito da un nucleo contenente solo un protone, e da un elettrone (configurazione elettronica 1s 1 ); ha massa atomica 1,00794 uma. Esistono inoltre altri due isotopi dell idrogeno: il deuterio ed il trizio. Figura 1.Isotopi dell'idrogeno (protio, deuterio e trizio) Allo stato elementare esiste sotto forma di molecola biatomica H 2, che a pressione atmosferica e a temperatura ambiente è un gas incolore, inodore, insapore, praticamente insolubile in acqua, altamente infiammabile, con un punto di fusione di 14,03 K un punto di ebollizione di 20,3 K. Tale punto di ebollizione molto basso riflette il suo carattere non polare e la sua bassa massa molecolare. L idrogeno è l elemento più leggero e abbondante di tutto l universo. Ad esempio le stelle sono composte per la maggior parte di idrogeno allo stato di plasma. Questo elemento gioca un ruolo fondamentale nel fornire energia all universo attraverso i processi di fusione termonucleare che avvengono all interno del nucleo delle stelle, dai quali vengono rilasciate enormi quantità di energia tramite la combinazione di quattro atomi di idrogeno in uno di elio. Nell atmosfera terrestre l idrogeno molecolare, a causa della sua estrema volatilità, è assai raro e praticamente inesistente allo stato puro sulla superficie e nel sottosuolo terrestre; esso invece è presente in grande quantità nei composti. L idrogeno infatti si combina chimicamente con tutti gli elementi, eccetto i gas nobili. L acqua è il composto dell idrogeno più importante; altri composti rilevanti sono gli idrocarburi, i carboidrati e moltissimi altri composti organici, l ammoniaca e i suoi derivati, gli acidi e le basi. L idrogeno brucia all aria formando acqua e in certe condizioni reagisce con l ossigeno e con gli alogeni in maniera esplosiva. Con metalli elettropositivi e con molti non-metalli forma idruri. È un buon conduttore del calore e dell elettricità e possiede, rispetto agli altri combustibili noti, il più alto contenuto energetico rispetto alla massa ed il più basso rispetto al volume. Nella tabella 1 sono riportati i valori energetici dei principali combustibili utilizzati nei trasporti. 5

8 Combustibile Energia/massa [MJ/kg] Energia/volume [MJ/l] Idrogeno 119,9 8,47(liq.) Metano 49,89 20,88(liq.) Benzina 44,48 31,15 Gasolio 42,6 35,7 GPL 46,44 25,5 Metanolo 19,85 15,88 Tabella 1.Contenuto energetico per unità di massa e volume dei combustibili per i trasporti L idrogeno molecolare si può ottenere in laboratorio per reazione di un metallo (es. Zn o Fe) con un acido diluito (es. HCl o H 2SO 4) o con una base (es. Al + KOH), o per reazione di un idruro metallico in acqua. Il metodo più pulito, ma anche costoso, per produrre H 2 è l elettrolisi dell acqua che fornisce come sottoprodotto prezioso O 2 di elevata purezza. Industrialmente l idrogeno viene prodotto principalmente da idrocarburi mediante un processo catalitico con vapor d acqua (steam reforming) o mediante piroscissione (termal cracking) o per riduzione dell acqua con carbone (gassificazione del carbone). 1.1.Utilizzo dell idrogeno Nel 1920 si iniziò a produrre idrogeno in quantità significative mediante il processo di elettrolisi. La prima ditta a produrre idrogeno in larga scala fu la Electrolyser Corporation Limited. Essa progettò i primi elettrolizzatori e cominciò a venderli a diverse società americane. L idrogeno fu impiegato per la prima volta su un veicolo dai tedeschi, intorno al 1925, sui dirigibili Zeppelin utilizzati per il trasporto passeggeri. Il dirigibile era sostenuto da un grande quantitativo di idrogeno (più leggero dell aria) contenuto nel pallone, mentre i motori di spinta erano alimentati da un combustibile liquido costituito da una miscela di benzolo. La Zeppelin studiò alcune modifiche ai motori del dirigibile in modo che anche l idrogeno che doveva essere espulso dal pallone per perdere quota, potesse essere utilizzato come combustibile. In questo caso i motori erano a combustione interna e l idrogeno forniva loro una potenza aggiuntiva circa del 15-20%. Negli anni successivi un po ovunque furono studiati motori sperimentali ad idrogeno per automobili, camion e veicoli speciali come i sommergibili e i siluri da combattimento, ma nessuno di questi che veniva prodotto era a celle a combustibile: tutti montavano classici motori a combustibile modificati per bruciare l idrogeno. I primi impieghi significativi delle celle a combustibile a idrogeno comparvero nei programmi spaziali della NASA e da allora furono chiamate con la denominazione inglese fuel cells. L idrogeno è stato impiegato costantemente per alimentare le celle a combustibile a bordo delle prime navicelle fino allo Space Shuttle. È utilizzato anche nelle industrie chimiche come materia prima per un gran numero di reazioni come nei processi di produzione dell ammoniaca e del metanolo. L attenzione verso l idrogeno come possibile fonte d energia per i veicoli terrestri e per i sistemi di produzione di elettricità, risale all inizio degli anni settanta, nel periodo successivo alla prima crisi petrolifera. Furono avviati molti programmi di ricerca per valutare i vantaggi potenziali dell utilizzo del gas in questi campi e furono evidenziati i principali problemi connessi con il suo impiego: la produzione, lo stoccaggio ed il trasporto. Nei successivi capitoli saranno trattati uno ad uno. 6

9 Capitolo 2 La produzione dell idrogeno I metodi di produzione dell idrogeno sono numerosi e vengono classificati in base alla propria eco compatibilità, ovvero vengono contraddistinti dal fatto di utilizzare o meno combustibili fossili per il processo di produzione di H₂. Al giorno d oggi la maggior parte dell idrogeno viene prodotto con l ausilio dei combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone) per un 97% del totale, lasciando solo un piccolo margine (il 3%) alla produzione tramite elettrolisi dell acqua che rappresenta un metodo completamente ecologico per la produzione in esame. Essendo i combustibili fossili destinati ad esaurirsi, in futuro la produzione industriale dell idrogeno sarà per via totalmente rinnovabile, ovvero tramite l elettrolisi dell acqua ottenuta grazie a fonti energetiche come il fotovoltaico, l idroelettrico, l eolico ed il geotermico. Al giorno d oggi quindi l idrogeno può essere prodotto da varie fonti: Fonti primarie non rinnovabili: combustibili fossili (idrocarburi, carbone) Composti chimici intermedi: prodotti di raffineria, metanolo, ammoniaca Fonti alternative: biomasse, biogas, alghe e batteri Acqua 2.1.Produzione da fonti non rinnovabili Steam reforming del metano Lo steam reforming del metano (CH₄) è attualmente il metodo più diffuso ed economico per la produzione dell idrogeno. Circa il 50% dell idrogeno prodotto nel mondo si ottiene con questo processo. Può essere usato solo con gli idrocarburi leggeri, i quali vengono vaporizzati senza lasciare depositi carboniosi. Lo steam reforming si basa sulla reazione quindi di idrocarburi come metano e nafta con il vapore acqueo. La reazione avviene a circa 800 C ed alla pressione di 2,5 MPa. Inoltre è generalmente necessaria una fase iniziale di desolforazione, la quale permette la conversione dello lo zolfo presente nel combustibile di partenza in acido solfidrico (H2S). Il processo si divide in tre fasi principali: generazione del gas di sintesi (Syngas), reazione di shift e purificazione del gas. Dopo la fase iniziale di desolforazione, il gas passa nel reformer che consiste in un bruciatore costituito da un sistema di tubi in acciaio contenenti un catalizzatore a base di nickel, nei quali viene immesso il vapore acqueo a temperature dell ordine di 850 C e a pressione di bar. È utile regolare il tempo in modo da assicurare un rapporto vapore/carbone compreso tra 3 e 5 così da evitare una concentrazione troppo elevata di metano nei prodotti di reazione e garantire un basso deposito di carbone nel catalizzatore. All uscita del reformer si ottiene una miscela di gas composta da idrogeno e residui di monossido di carbonio. 7

10 La reazione che avviene in questa prima fase è: C nh m + nh 20 nco + (n + m )H2 (endotermica, H= kj/mol) (1) 2 Il calore necessario per attivare la reazione è generalmente fornito bruciando parte del metano. Il successivo step consente la diminuzione della quantità di monossido di carbonio (CO). Esso avviene in due fasi, una ad alta temperatura (>500 C) ed una a bassa temperatura (circa 200 C). Al termine della reazione si ottiene una miscela di idrogeno e anidride carbonica (CO 2). La reazione che avviene è definita shift reforming: CO + H 2O CO 2 + H 2 (esotermica, H= kj/mol) (2) L anidride carbonica prodotta nella reazione precedente deve essere necessariamente eliminata. Un metodo utilizzato a tale scopo è la metanizzazione, che consiste nella conversione di CO residuo e CO 2 in metano, in modo da ottenere idrogeno puro al 98%. La reazione chimica che avviene è: CO + H 2O CH 4 + H 2O (3) Un altro metodo disponibile è la pressure swing adsorption (PSA), che sostituisce la reazione di shift a bassa temperatura, facendo passare il gas attraverso una serie di setacci molecolari o carboni attivi (che devono essere periodicamente rigenerati), i quali trattengono tutti i gas ad eccezione dell idrogeno. In questo caso si ottiene idrogeno con purezza del 99%. Oltre all idrogeno, il reforming produce vapore a 4.8 MPa, utile per processi di tipo industriale; il rendimento di processo deve considerare tale vapore, quindi risulta essere: η = Figura 2.Schema di staem reforming energia contenuta nell idrogeno prodotto+vapore a 4.8 MPa energia del gas naturale+elettricità consumata+vapore a 2.6 MPa (4) Questo rendimento assume di norma valori prossimi a 89%, ma può diminuire per impianti di piccola dimensione. Per un impianto avente capacità tra 1 e 5 milioni di Nm 3 al giorno di idrogeno prodotto, il costo dell idrogeno si aggira sui 9 $/ GJ. 8

11 2.1.2.Gassificazione del carbone Il carbone è composto da carbonio, idrocarburi pesanti, cenere ed altri elementi. Il processo di gassificazione consiste nella reazione endotermica a elevata temperatura (da 400 C a oltre 1200 C) del carbone polverizzato con ossigeno puro e vapor d acqua, in modo da produrre un gas in uscita formato da idrogeno e monossido di carbonio: C + H 2O CO + H 2 (5) Oltre alla temperatura, un fattore fondamentale per la riuscita della reazione è il tempo di permanenza all interno del reattore: infatti, se ai vapori delle varie sostanze contenenti carbone non viene lasciato sufficiente tempo per reagire con l acqua, aumenta la probabilità che si formino condense aggressive, catrame e residui. Esistono tre diverse tecnologie di gassificazione che utilizzano tre diversi tipi di reattori: reattori a letto fisso: lavorano a bassa temperatura ( C) e producono una miscela di gas i cui componenti principali sono: H 2, CO, CO 2 e vapor d acqua, ma anche quantità non trascurabili di idrocarburi gassosi (metano,etano) e liquidi (nafta, catrame, oli). reattori a letto fluido: vengono alimentati con polverino di carbone dall alto e giunge una corrente d aria e vapore dal basso. Lavorano a temperature più elevate ( C) riducendo così la quantità di idrocarburi pesanti e leggeri presenti nel gas in uscita. reattori a letto trascinato: lavorano a temperature molto elevate (>1260 C) ottenendo quindi un gas privo di idrocarburi. Il carbone è alimentato direttamente nella fiamma con l agente ossidante. Il gas in uscita è costituito quasi interamente da idrogeno, monossido di carbonio ed anidride carbonica. Il gas in uscita dal gassificatore subisce quindi un processo di eliminazione delle polveri (mediante centrifughe o filtri elettrostatici), quindi una desolforazione ad alta temperatura, come mostrato in figura 3. Ciò è necessario prima del processo di shift, onde evitare l avvelenamento dei catalizzatori da parte del H 2S. Figura 3.Impianto di gassificazione e ciclo combinato 9

12 A causa soprattutto della maggior complessità delle tecnologie, dei costi di pulizia del reattore e dei costi di purificazione, i costi complessivi per la produzione dell idrogeno mediante questo processo sono decisamente superiori rispetto quelli raggiungibili con lo steam reforming. I costi dell idrogeno prodotto sono circa $/GJ, decisamente superiori a quelli raggiunti con lo steam reforming Ossidazione parziale di idrocarburi : partial oxidation (POX) e reforming autotermico (ATR) L idrogeno può essere ricavato dall ossidazione parziale non catalitica di idrocarburi pesanti, come la benzina, il metano e la nafta ad una temperatura che varia tra 1300 C-1500 C. Questa tecnologia può utilizzare qualsiasi idrocarburo che possa essere compresso e l ossigeno necessario alla reazione è quello contenuto nell atmosfera, il quale è mescolato con una grande quantità di azoto. Quindi con l ossidazione parziale si ottiene un flusso di idrogeno impuro fortemente contaminato dall azoto. Utilizzando della benzina come combustibile, avremo la seguente reazione: C 8H H 2O + 4O 2 8CO H 2 (6) La struttura del reattore per l'ossidazione parziale è molto simile a un reformer ed utilizza in genere solo combustibili liquidi. Attualmente solo due compagnie, la Texaco e la Shell, dispongono,a livello commerciale, di queste tecnologie di conversione. La tecnologia POX (Partial oxidation ) è impiegata nei piccoli reformer da installare a bordo degli autoveicoli per ottenere idrogeno dai combustibili come etanolo, metanolo, benzene, biomasse ed altri liquidi di origine vegetale. Se si combinano le tecnologie usate nello steam reforming con quelle del processo di ossidazione parziale, si ottiene un processo che produce idrogeno senza dover aggiungere combustibile dall esterno. Infatti il calore di reazione è prodotto direttamente dalla combustione di una parte di combustibile in ingresso con una controllata quantità d aria. Il processo inoltre non necessita di catalizzatori per la reazione, quindi risulta adatto per impianti di piccola dimensioni, ma richiede ossigeno puro e ha rendimenti di conversione non elevati. Si tratta del processo di reforming autotermico (Auto Thermal Reforming o ATR). Figura 4.Processo ATR 10

13 2.1.4.Processo Kvaerner Il Kvaerner è un processo innovativo nel quale, mediante un arco al plasma a temperature dell ordine dei 1600 C, gli idrocarburi vengono separati negli atomi di carbonio e idrogeno attraverso la reazione: CH 4 C + 2H 2 (7) Il processo è molto interessante in quanto necessita solo di energia elettrica e acqua di raffreddamento; esso produce idrogeno e carbonio puro oltre una notevole quantità di calore, senza emissioni di anidride carbonica. Indicativamente i costi di idrogeno prodotto si attestano sugli 8$/GJ e sono principalmente determinati dal costo dell energia elettrica necessaria per il funzionamento Termocracking La reazione è analoga al processo appena descritto, con la differenza che la decomposizione dell idrocarburo avviene in atmosfera priva d aria e con vapore acqueo ad alta temperatura. Il calore necessario viene fornito dalla combustione del metano, ma è possibile utilizzare l idrogeno prodotto come combustibile, eliminando così le emissioni di CO 2. Le principali difficoltà riguardano la scelta dei catalizzatori adatti, che non siano avvelenati dai depositi carboniosi. L efficienza del processo è solo del 70% di quella dello steam reforming del metano, ma i costi dell idrogeno prodotto superano di poco quelli del suddetto processo; se inoltre si considera la possibilità di rivendere il carbonio, tale processo risulta la soluzione più conveniente. In tabella 2 sono riassunti i risultati riguardanti i processi descritti in termini di quantità di idrogeno prodotto per m 3 di metano e di emissioni inquinanti di CO 2. Quantità prodotte in m 3 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 Produzione di CO 2 e H 2 in funzione del processo Processi Processi: 1. Steam reforming 2. Steam reforming con sequestro di CO 2 3. POX 4. POX con sequestro di CO 2 5. Processo Kvaerner 6. Termocracking con CH 4 7. Termocracking con H 2 H2/CH4 CO2/CH4 Tabella 2.Efficienza di conversione del metano ed emissione di CO 2 per diversi processi produttivi dell'idrogeno 11

14 2.2.Produzione da fonti rinnovabili Produzione dalle biomasse Le biomasse contribuiscono alla diminuzione dell emissione di gas serra nell aria in quanto la quantità di CO 2 che assorbono durante il loro ciclo di vita è circa pari a quella emessa durante la loro ossidazione, quindi il loro contributo netto è nullo. Dalle biomasse si possono produrre sia idrogeno che metanolo. I processi termochimici attualmente applicati nell ambito della produzione dell idrogeno sono due: la gassificazione diretta e la pirolisi delle biomasse. Nella gassificazione diretta con aggiunta di vapore e reforming catalitico del gas prodotto si converte la biomassa in un gas di sintesi all interno di un gassificatore attraverso la reazione parziale con ossigeno e mediante l apporto di calore. Il gas di sintesi è principalmente composto da idrogeno, metano, monossido di carbonio, biossido di carbonio e vapor d acqua. Il gas viene quindi raffreddato e purificato dei composti dello zolfo. Questa miscela, che contiene idrogeno con percentuali del 60 62%, viene sottoposta alla reazione di reforming e in seguito a quella di shift. Durante il processo di pirolisi delle biomasse, non viene prodotto direttamente idrogeno ma un bio olio dal quale in seguito verrà estratto l idrogeno, come schematizzato in figura 5. Figura 5.Ciclo di pirolisi delle biomasse Le biomasse vengono degradate in un ambiente caldo; si ha così la formazione di una frazione gassosa (CO, CO 2, H 2 e vapor d acqua), di una frazione liquida (composti organici a basso peso molecolare) e una frazione solida (residui a più alto peso molecolare). Con la pirolisi veloce si massimizza la produzione di frazione liquida portando la biomassa a temperature di C a pressione atmosferica e riducendo a frazioni di secondo il tempo di percorrenza dei vapori 12

15 all interno del reattore. Il fatto di ottenere un bio olio è molto importante in quanto permette di risolvere il problema del trasporto delle biomasse, reso complicato dalla loro dispersione sul territorio e dal volume assai elevato. L effettiva conversione in idrogeno può avvenire tramite reforming normale Processi biotecnologici Sono processi innovativi e in fase di sperimentazione che presumibilmente non incideranno sulla produzione mondiale dell idrogeno nel breve periodo a causa dei costi di produzione elevati e delle problematiche tecniche ma, in uno scenario futuro caratterizzato dalla produzione di idrogeno da fonti rinnovabili, le biomasse potrebbero giocare un ruolo fondamentale grazie alla loro elevata diffusione e disponibilità sul territorio. Uno dei vantaggi della produzione biologica di idrogeno è quello di utilizzare un processo esistente in natura per convertire una fonte energetica primaria nel vettore idrogeno, abbassando così il tasso inquinante degli scarti. In particolare, le eventuali emissioni di anidride carbonica nei vari processi biologici che utilizzano i mezzi organici, non vanno ad aumentare l impatto dell effetto serra, in quanto non provengono da risorse fossili. Fermentazione da colture dedicate: consiste nella produzione da parte delle biomasse di composti pregiati come l alcool etilico, oppure direttamente idrogeno, attraverso un processo di fermentazione in presenza di batteri. Successivamente l alcool può essere sottoposto a reforming con vapor d acqua per la produzione di idrogeno, con meno problemi di tossicità rispetto ai processi più comuni. Solitamente la fermentazione avviene a 30 C per una durata che varia dalle 24 alle 72 ore. Fotoriproduzione: questo processo prevede che le alghe verdi vengano esposte alternativamente alla luce solare e al buio, sviluppando l enzima idrogenasi che catalizza la riduzione dei protoni, generando idrogeno. Un altro processo riguarda i batteri foto sintetici i quali sono in grado di produrre idrogeno impiegando l energia solare. Una specie particolare effettua la reazione di shift reforming, per cui sono stati realizzati al NREL (National Renewable Energy Laboratory, USA) reattori biologici contenenti tali batteri e in grado di abbattere il contenuto di CO nel gas che li attraversa Decomposizione termochimica dell acqua Sono stati realizzati alcuni impianti sperimentali che si basano su cicli termochimici. In questi cicli vengono prodotti ossigeno e idrogeno dalla decomposizione dell acqua attraverso una serie di reazioni chimiche nelle quali si formano specie chimiche intermedie, tipicamente acido solforico. Le reazioni richiedono alta temperatura ( C), fornita da concentratori solari divisi in più aree in grado di fornire calore ai diversi livelli di temperatura necessari alle diverse reazioni: 2H 2O+SO 2+xI 2 H 2SO 4+2HI X reazione in acqua a 27 C (8) H 2SO 4 H 2O+SO O 2 a circa 800 C (9) 2HI X xi 2+H 2 a circa C (10) 13

16 Con l aggiunta di iodio, nella prima reazione si ottengono come prodotti di reazione i due acidi in fase liquida, facilmente separabili in quanto immiscibili. Tali acidi vengono quindi decomposti termicamente nella seconda e terza reazione per ottenere idrogeno, ossigeno e nuovamente I 2 e SO 2 da riutilizzare nella prima reazione. Sia l efficienza di conversione (40 64%) che il rendimento dell intero ciclo (30 35%) sono elevati. I limiti di tale processo sono legati alla messa a punto del ciclo chiuso e allo sviluppo di materiali in grado di sopportare elevate sollecitazioni termiche e chimiche senza degradarsi Conversione fotoelettrochimica Importanti sviluppi in tale ambito provengono dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, dove dei ricercatori hanno sviluppato la cosiddetta foglia artificiale. Questa tecnologia si presenta apparentemente come un pannello solare in miniatura ed è realizzata con materiali piuttosto diffusi nell industria come silicio, cobalto e nichel. Le due facce del piccolo pannello sono rivestite di catalizzatori separati per idrogeno e ossigeno, in modo tale che basterà immergere la foglia artificiale in acqua ed esporla alla luce solare per assistere alla reazione chimica che scinde le molecole di H 2O facendo risalire l idrogeno sotto forma gassosa. L invenzione del MIT ha potenzialità molto interessanti per quanto riguarda la fornitura energetica del futuro, in quanto essa è rende semplice ed economico l ottenimento di idrogeno dall acqua, processo che finora ha portato ad un grande dispendio di energia che ha di fatto reso poco efficace l impiego diffuso di questo gas in ambiti come l autotrazione o la produzione di energia elettrica Elettrolisi dell acqua L elettrolisi dell acqua è un processo poco conveniente dal punto di vista economico, ma molto importante in quanto non produce alcun tipo di emissioni inquinanti. È ecocompatibile al 100% e risulta fondamentale se combinato con fonti di energia elettrica rinnovabili come l eolico, il fotovoltaico e l idroelettrico perché in questo modo si riuscirebbe a produrre idrogeno in maniera del tutto non inquinante. La corrente prodotta viene portata con dei fili in una cella elettrolitica nella quale avviene la separazione della molecola di idrogeno. La cella elettrolitica è composta da due elettrodi di un metallo inerte (ad esempio platino), immersi in una soluzione elettrolitica (soluzione alcalina con idrossido di potassio) e connessi ad una sorgente di corrente (ad esempio una batteria). Una membrana microporosa, permeabile solo agli ioni, separa anodo e catodo. La corrente elettrica dissocia la molecola d'acqua negli ioni OHˉ e H 3O +. Al catodo, gli ioni di idrogeno (H 3O + ) acquistano elettroni in una reazione di riduzione che porta alla formazione di idrogeno gassoso: 4H 2O + 4e - 2H 2 + 4OH - (11) All'anodo, gli ioni idrossido (OH - ) subiscono ossidazione, cedendo elettroni: 2H 2O O 2 + 4H + + 4e - (12) Sommando le due semireazioni (12) e (13) si ottiene quindi la reazione completa: 2H 2O 2H 2 + O 2 (13) 14

17 Il processo richiede di reintegrare continuamente acqua ed elettricità, fornendo in uscita ossigeno ed idrogeno puro al 99,95%. L idrogeno ottenuto non necessita di ulteriori e costosi processi di purificazione e può essere impiegato subito come combustibile nelle fuel cells. L impianto è costituito da: un deionizzatore per l acqua distillata, un convertitore AC-DC, moduli elettrolizzatori e due separatori per separare l idrogeno e l ossigeno dall acqua. Attualmente solo il 5% della produzione mondiale adotta questa tecnologia a causa del massiccio consumo di energia elettrica, che incide sui costi di produzione per l 80%. Nel caso invece di elettricità prodotta da fonte rinnovabile, il costo da ammortizzare è solamente quello dell impianto. Il rendimento del ciclo non e alto, ma la convenienza del metodo sta nel fatto che il processo consente di produrre l idrogeno direttamente nello stesso luogo di utilizzo, evitando così l incidenza delle spese di trasporto. 2.3.Metodi alternativi di produzione Sintesi e cracking dell ammoniaca L ammoniaca (NH 3) presenta parecchi vantaggi rispetto all idrogeno nel campo delle applicazioni veicolari, soprattutto in relazione alla sua maggiore densità, facilità di stoccaggio e di trasporto in quanto può essere trasportata come liquido a temperatura ambiente alla pressione di 9.68 atm oppure raffreddata a temperatura di 240 K in contenitori non in pressione. L ammoniaca viene prodotta facendo reagire il metano con aria e vapor d acqua. Il gas ottenuto è una miscela di idrogeno e azoto puri che, liberati dall acqua e dagli ossidi di carbonio, sono pronti per il processo di sintesi dell ammoniaca; il gas viene quindi raffreddato per permettere la separazione dell ammoniaca liquida. Quest ultima viene quindi usata come vettore energetico d idrogeno in quanto può subire facilmente il processo di cracking: 2NH 3 N 2 + 3H 2 ΔH= kj/mol (14) PowerBall È un interessante e innovativo sistema di produzione dell idrogeno specialmente se si pensa all applicazione nel campo della trazione terrestre: si tratta di palline di polietilene con un diametro di 3.8 cm riempite di idruro di sodio (NaH) polverizzato che vengono caricate all interno di una macchina contenente acqua. Attraverso un sistema di controllo collegato al serbatoio di accumulo dell idrogeno compresso, quando si avverte un calo di pressione, dovuto alla richiesta di idrogeno dall utenza, la macchina provvede a rompere le palline e a lasciar cadere il contenuto in acqua. L idruro di sodio reagisce con l acqua e produce idrogeno, tramite la reazione: NaH + H 2O NaOH + H 2 (15) L idrogeno prodotto viene poi mandato allo stoccaggio mentre l idrossido di sodio NaOH viene recuperato e riconvertito in NaH negli impianti predisposti sul territorio. 15

18 2.3.3.Sistema Hydrogen on Demand Questo sistema è stato studiato dalla società americana Millenium Cell. La reazione che si considera nel processo, utilizza il composto boroidruro di sodio (NaBH 4) che viene fatto reagire con l acqua utilizzando un opportuno catalizzatore metallico secondo la reazione: NaBH 4 + 2H 2O 4H 2 + NaBO 2 (16) La reazione produce idrogeno gassoso in quantità notevoli, già umidificato, di purezza industriale e pronto all uso nelle fuel cells. Come prodotto di scarto si produce il borato di sodio, un composto comune e non tossico riconvertibile in NaBH 4. La soluzione non è infiammabile, può essere stoccata in un qualsiasi serbatoio e, attraverso una pompa, è fatta passare su un catalizzatore che avvia e mantiene la reazione; la variazione di velocità della pompa può essere usata per regolare la quantità di idrogeno prodotto. Il sistema è ideale per le applicazioni veicolari, in quanto no presenta la necessità di serbatoi di accumulo d idrogeno compresso, liquido o di altri idruri metallici. Sono già stati realizzati diversi prototipi di vetture funzionanti secondo uno schema del tipo illustrato in figura 6, sia con motore endotermico a idrogeno, sia con motore elettrico e fuel cells. Figura 6.Impianto "Hydrogen on Demand" 16

19 Capitolo 3 Lo stoccaggio e il trasporto dell idrogeno Un aspetto importante in riferimento alle future applicazioni nel campo veicolare e che ne determinerà lo sviluppo delle tecnologie, è quello legato allo stoccaggio e al trasporto dell idrogeno con sistemi che rispettino i vincoli di sicurezza all interno del veicolo e nelle stazioni di servizio. Il fatto che l idrogeno, rispetto agli altri fluidi, presenti il più elevato rapporto energia/peso e contenga minor energia per unità di volume, comporta indubbie difficoltà di stoccaggio con notevoli svantaggi nelle applicazioni veicolari, che invece richiedono volumi e pesi ridotti, con un accettabile autonomia di guida. L obbiettivo della ricerca in questo campo è volto ad ottenere sistemi di immagazzinamento con densità volumetrica di 62 kg H2/m 3 e un peso specifico del 6.5 %. 3.1.Lo stoccaggio Esistono numerose tipologie di immagazzinamento dell idrogeno. In seguito saranno trattate quelle attualmente più usate e sviluppate Lo stoccaggio fisico Compressione dell idrogeno È decisamente il metodo più diffuso e consiste nel comprimere e immagazzinare il gas in bombole molto resistenti di geometria cilindrica. Il lavoro teorico di compressione per un processo isotermico è: L t = R H₂ T Z ln ( p 2 p 1 ) (17) dove R H2 è la costante del gas, T la temperatura assoluta, Z il fattore di comprimibilità, p 1 e p 2 le pressioni iniziale e finale rispettivamente. La relazione è di tipo logaritmico e mostra come sia necessario lo stesso lavoro per portare il gas da 0.1 a 1 MPa e da 1 a 10 MPa; quindi il livello iniziale di pressione influisce sull energia necessaria e quindi sui costi. Per la compressione si utilizzano compressori alternativi a pistoni, rotativi e turbomacchine (centrifughe e assiali), la cui tecnologia è simile a quella impiegata per la compressione del metano, anche se con le peculiarità dell idrogeno ovvero la necessità di pressioni maggiori di compressione a causa della minore densità energetica volumetrica dell idrogeno. Poiché il processo richiede solitamente più stadi di compressione, usando sistemi di produzione come l elettrolisi ad alta pressione si risparmiano notevoli risorse ed è possibile ridurre la spesa energetica. Tuttavia la pressione di stoccaggio dell idrogeno nelle bombole (dell ordine di 20 MPa) non è sufficiente per applicazioni automobilistiche, poiché a 17

20 tale pressione l idrogeno ha una densità ancora troppo bassa (22,6 MJ/l contro i 31,6 MJ/l della benzina). Si utilizzano quindi serbatoi in alluminio con fibra di vetro o in polimeri con fibra di carbonio e kevlar con capacità di sopportare pressioni anche di 700 bar.. Tale sistema è stato ad esempio adottato dalla Man Technology per lo stoccaggio di idrogeno nel pianale di un autobus. In figura 7 è rappresentato un esempio di bombola per lo stoccaggio dell idrogeno ad elevate pressioni. Figura 7.Bombola Quantum per lo stoccaggio dell'idrogeno Liquefazione dell idrogeno Accumulare idrogeno allo stato liquido riduce il problema della bassa densità energetica dell idrogeno compresso (circa 50 kg/m 3 con un peso specifico del 20%) epermette, a parità di ingombro geometrico del serbatoio, di trasportare una quantità maggiore di energia rispetto allo stato gassoso. I problemi in questo caso sono però rappresentati dalla bassissima temperatura di liquefazione (20.3K) e dallo stoccaggio del liquido, soprattutto se si considera il problema delle perdite. Infatti in queste condizioni un minimo scambio di energia con l esterno a temperatura ambiente produrrebbe evaporazione e quindi emissione di idrogeno gassoso. A tale scopo il gas deve essere conservato in particolari serbatoi criogenici in materiale metallico composito, che presentano un intercapedine all interno della quale viene creato il vuoto, in modo da rendere minimi gli scambi di calore per conduzione e convezione. Il problema è però rappresentato dall elevato consumo energetico richiesto per mantenere bassa la temperatura. Infatti il 30% della quantità energetica del combustibile contenuta nel serbatoio viene consumata a tale scopo, contro l 8% consumato nei contenitori di idrogeno compresso. Inoltre bisogna valutare attentamente le fragilità a cui possono essere soggetti i materiali a queste temperature. Ulteriori difficoltà sono legate alle perdite per evaporazione, causate da un qualsiasi innalzamento, anche minimo della temperatura. Tali fuoriuscite oltre ad essere un pericolo per la sicurezza del veicolo, rappresentano anche un problema per l autonomia e l accumulo. La casa automobilistica tedesca BMW ad esempio ha adottato per il modello Hydrogen 7 un sistema di refrigerazione continua tramite gas freddo. Esso è costituito da uno speciale serbatoio in materiali compositi che dispone di un sistema di recupero dei gas dovuti al riscaldamento dell idrogeno liquido. Altre soluzioni constano di serbatoi isolati ad alta pressione (24 MPa) in fibra di alluminio e materiali compositi. 18

21 In figura 8 è rappresentato un esempio di bombola utilizzata per lo stoccaggio dell idrogeno liquido. Figura 8.Serbatoio criogenico per lo stoccaggio dell'idrogeno liquido (serbatoio Linde) Microsfere di vetro È una tecnologia che sfrutta la permeabilità del vetro alle molecole di idrogeno ad alta temperatura. L idrogeno viene introdotto nelle sfere, con diametro di μm e, attraverso il sottile involucro esterno di cristallo (spessore 1 μm) reso permeabile dalle alte temperature alle quali avviene il processo ( C). L idrogeno è introdotto ad elevatissima pressione, pari a circa 340 MPa, ma comunque inferiore al limite dei pressione di rottura delle microsfere Tale processo si conclude quando la pressione dell idrogeno all interno delle sfere raggiunge la pressione dell ambiente esterno. Raffreddando il sistema, l energia cinetica delle molecole di idrogeno diviene minore della soglia di penetrazione e quindi, abbassando la pressione, l idrogeno rimane intrappolato nelle microsfere di vetro. Queste possono essere trasportate al luogo di utilizzo dove è sufficiente innalzare la temperatura per recuperare l idrogeno intrappolato all interno. Il rilascio dell idrogeno può essere provocato anche con la rottura delle sfere, ma in questo caso il sistema di accumulo può essere usato una sola volta. Tale sistema viene considerato come possibile tecnologia da usare per la costruzione di un serbatoio di idrogeno per autoveicoli, soprattutto in relazione al peso e alla intrinseca sicurezza contro eventuali perdite di combustibile. La fattibilità tecnologica di questo processo è però ancora in fase studio Lo stoccaggio chimico Idruri metallici Un sistema di stoccaggio, molto interessante per gli impieghi veicolari, è quello basato sull attitudine dell idrogeno a legarsi chimicamente con diversi metalli e leghe metalliche formando idruri. Gli idruri sono dei composti solidi che si formano quando l idrogeno si diffonde nello spazio interatomico di un metallo. Per ottenere questi composti occorre inviare l idrogeno in pressione all interno del reticolo cristallino in modo che esso vada ad occupare gli 19

22 spazi interstiziali. L idrogenazione, ovvero la fase nella quella nella quale si forma l idruro per reazione chimica dopo l adsorbimento dell idrogeno nel metallo, è un processo esotermico che avviene a pressioni dell ordine dei 3 6 MPa. Durante questa fase è moto importante l asportazione del calore prodotto dalla reazione al fine di evitare aumenti eccessivi di temperatura che potrebbero causare la combustione dell idrogeno. Questa fase è seguita da una deidrogenazione, ovvero una reazione nella quale l idrogeno è rilasciato, la quale è necessaria per permettere al gas di essere utilizzato. Questa seconda fase richiede calore, il quale è necessario per rompere i legami tra l idrogeno ed il metallo con il quale si era legato in precedenza. I valori di temperatura e pressione che si hanno nei serbatoi dipendono dall idruro. La durata della fasi di adsorbimento e idrogenazione all interno di serbatoi è di qualche minuto a pressioni tra i 25 ed i 100 bar. Grazie a tale brevità di rifornimento, questo tipo di immagazzinamento dell idrogeno è molto interessante per l industria automobilistica,ma per la quale la costruzione di serbatoi richiede alcuni accorgimenti. Infatti l idruro deve avere una superficie abbastanza grande in modo da favorire gli scambi termici e per far sì che le fasi di idrogenazione e deidrogenazione avvengano in tempi brevi. Il calore deve essere controllato ed assicurato nelle varie fasi. Dal punto di vista termico i serbatoi ad idruri metallici sono a bassa pressione e quindi possono essere ben integrati con le celle PEM che operano in leggera sovra pressione a temperatura di 80 C. I valori di densità energetica sono nettamente migliori rispetto all accumulo gassoso a 700 bar di pressione. A parità di energia disponibile il volume di stoccaggio si riduce fino ad un terzo con i serbatoi ad idruri metallici rispetto a quelli in compressione. Questa tecnologia è inoltre interessante sul fronte della sicurezza, in quanto il rischio di perdite indesiderate anche in caso di impatto dovuto a incidente è minimo, poiché il rilascio dell idrogeno non è un processo spontaneo Idruri chimici È un metodo di stoccaggio valido per tempi lunghi di conservazione (superiori ai 100 giorni). Si basa sulla reazione reversibile di idrogenazione di composti liquidi a temperatura e pressione ambiente e quindi facilmente trasportabili e immagazzinabili. Tipicamente si usano metanolo, ammoniaca e metilcicloesano. I rischi connessi all uso di questi vettori sono gli stessi da dei normali carburanti come la benzina o il metano Nanostrutture di carbonio A partire dagli anni 90 un crescente interesse è stato rivolto allo studio e all applicazione in vari settori di nanostrutture di carbonio, particolari forme allotropiche di tale elemento, somiglianti a fogli di grafite ripiegati su se stessi e dotati di notevoli caratteristiche meccaniche, chimiche e fisiche. In particolare, secondo vari gruppi di ricerca alcune nanostrutture di carbonio quali nanofibre, nanotubi e strutture poliedriche caratterizzate da un area superficiale molto ampia, mostrano una elevata capacità di adsorbire idrogeno. Il processo di immagazzinamento in questi 20

23 materiali è simile a quello degli idruri metallici. Le molecole gassose di H 2 vengono assorbite nei pori microscopici presenti sulla superficie dei grani di carbonio. L idrogeno rimane intrappolato nelle cavità del materiale e viene rilasciato solo quando viene incrementata la temperatura. Inizialmente la ricerca si è rivolta ai fullereni, mentre oggi la maggiore attenzione è rivolta allo sviluppo dei nanotubi. I fullereni: sono molecole ad altissimo peso molecolare dotate di enorme simmetria e stabilità e capaci di generare cristalli molecolari nei quali, al posto di ogni atomo, c è un intera molecola, come si vede in figura 9. Queste strutture presentano una grande capacità di catturare idrogeno a temperature elevate (200 C e 3.5 MPa) con risultati notevoli in termini di peso specifico (fino al 7.7%). La ricerca sta spingendo verso lo sviluppo di catalizzatori in grado di abbassare la temperatura di deidrogenazione a C. Figura 9.Fullerene I nanotubi: sono minuscoli tubi di carbonio (circonferenza dell ordine di pochi atomi, lunghezza di decine di migliaia di atomi), che si possono pensare come fogli di grafite arrotolati su se stessi e terminanti con due semisfere simili ai fullereni. I nanotubi possiedono eccezionali caratteristiche di resistenza meccanica in rapporto al peso ed eccellenti capacità di assorbimento dell idrogeno a temperature ambiente con pressioni moderate. I risultati raggiunti sono notevoli (30 54 kg/m 3, 2 5% peso specifico. Figura 10.Nanotubo Le nanofibre: sono strutture estremamente ordinate e dotate di nanopori in grado di immagazzinare notevoli quantità di idrogeno, raggiungendo pesi specifici dell ordine del 70%. Il processo complessivo di idrogenazione è però dispendioso, poiché vengono mantenute per 5 ore alla temperatura di 150 C, successivamente il sistema viene raffreddato per diverse ore a temperatura ambiente e quindi avviene il contatto con l idrogeno ad alta pressione e temperatura ambiente. Nonostante il notevole interesse rivolto allo studio e allo sviluppo di tali strutture di carbonio, per la loro applicazione come sistema di immagazzinamento di H 2 è necessario risolvere numerosi problemi riguardanti l abbassamento delle temperature 21

24 e delle pressioni, la velocizzazione dei processi di idrogenazione e soprattutto il comportamento delle nanostrutture se sottoposte a molti cicli di accumulo. 3.2.Il trasporto Un punto di fondamentale importanza nello sviluppo e nell utilizzo delle tecnologie legate all idrogeno è la mancanza di infrastrutture addette al trasporto e alla distribuzione sul territorio di tale gas. Per quanto riguarda l autotrazione, i veicoli necessitano di rifornimenti veloci e convenienti e al giorno d oggi sono sviluppate diverse tecniche di trasporto che cercano di essere economicamente concorrenziali, sicure e di rapido sviluppo. L idrogeno può essere spostato via terra, via nave o via gasdotti. La scelta dello stato fisico dell idrogeno (liquido o gassoso) dipende da sue fattori: la distanza da percorrere e la quantità da movimentare. Solitamente per brevi spostamenti e quantità limitate si preferisce trasportarlo allo stato gassoso. In caso contrario è preferibile lo stato liquido Trasporto su strada Il trasporto dell idrogeno su strada richiede gli stessi accorgimenti adottati per gli altri gas in commercio. Viene effettuato con autocisterne contenenti bombole di idrogeno compresso a 20 MPa oppure idrogeno liquido. Per flussi di fornitura compresi tra i m³/h si usa la distribuzione mediante carri bombolai nei quali l idrogeno è sotto forma di gas compresso. Se si necessita un trasporto di maggiori quantità si possono adottare delle cisterne criogeniche nelle quali il gas è allo stato liquido. Un carro bombolaio può trasportare Nm³ di idrogeno gassoso allo stato compresso. I singoli serbatoi possono variare da 1000 a 2000 litri geometrici di volume ed il numero di serbatoi in un carro varia dai 15 ai 20. Il trasporto dell idrogeno allo stato liquido è più vantaggiosa dal punto di vista della capacità energetica del trasporto, ma comporta spese maggiori dovute ai costi di isolamento e al sistema di refrigerazione della cisterna, oltre a notevoli problemi di sicurezza. Nel caso infatti di incidente stradale, la rottura delle bombole criogeniche causa gravissimi problemi legati alla formazione di bleve (boiling liquid expanding vapor explosion) e di firewall. Per ridurre i rischi di tale trasporto (usato preferibilmente su rotaia), è in fase di studio la possibilità di trasportare idruri metallici all interno di autocisterne, in modo da avere dei vantaggi dal punto di vista degli ingombri e migliorare la sicurezza. Figura 11.Trasporto idrogeno gassoso e liquido 22

25 3.2.2.Pipeline Esistono delle reti di distribuzione dell idrogeno in tubazione sia in Europa (600 km) che negli USA (1000 km) e collegano per lo più direttamente il produttore col consumatore oppure sono interne allo stesso distretto industriale. Se si considera l idrogeno gassoso, la tecnologia deve tener conto di alcune diversità rispetto a quella usata per il trasporto del gas metano: l idrogeno possiede un energia 2.4 volte superiore a quella del metano a parità di massa e nell unità di tempo i due gas trasportano quasi la stessa quantità di energia. Lo scorrimento dell idrogeno nuoce alla salute della tubazione in acciaio e delle guarnizioni e si ha un aumento delle perdite lungo il condotto attraverso le tenute, le giunzioni e per assorbimento all interno dei materiali. La tendenza della tubazione a diventare fragile viene ridotta rendendo minime le tensioni residue nei materiali e utilizzando acciai austenitici inossidabili. L utilizzo di pipeline di idrogeno liquido aumenta notevolmente la capacità di trasporto della linea a fronte di maggiori costi di investimento, legati alla necessità di realizzare impianti di pompaggio, raffreddamento e tubazioni termicamente isolate. Un grosso problema legato a questa modalità di trasporto è la sicurezza, in quanto, in caso di perdite, vi sarebbe un elevato raffreddamento di tutti i materiali a contatto con l idrogeno, con possibilità di ustioni per il personale. Inoltre, se l isolamento termico in un punto non è perfetto, avviene la condensazione dell aria circostante con un contenuto di ossigeno del 50% ed è quindi estremamente infiammabile Soluzioni on-board Una possibile soluzione al problema del rifornimento di idrogeno nel settore dei trasporti è quella rappresentata dai fuel processors montati a bordo degli autoveicoli. Questi impianti utilizzano i combustibili come il metano, il gasolio, la benzina o il metanolo, per produrre idrogeno. L installazione di un reformer on-board ha un costo variabile dai 1500 ai 3000 a seconda del tipo (classificati in base al combustibile usato). L idrogeno prodotto da questi trasformatori viene poi usato dalle fuel cells per produrre la potenza elettrica di cui necessita il veicolo per muoversi. Sebbene con questa soluzione il combustibile venga impiegato meglio rispetto ad un tradizionale motore termico (possibili consumi di 40 Km/l), non è del tutto conveniente, poiché vengono comunque utilizzati combustibili derivanti da idrocarburi fossili che presentano le comuni emissioni nocive. In ogni caso, questi sistemi possono contribuire ad aprire la strada alle tecnologie per un sistema di trasporti a impatto zero basato sulle fuel cells. Figura 12.Fuel processor InnovaTek 23

26 Capitolo 4 Funzionamento delle celle a combustibile e tipologie disponibili Una cella a combustibile (fuel cell) è un dispositivo elettrochimico, alimentato da combustibile ed ossidante, che converte energia chimica in energia elettrica e calore in maniera continua. Hanno una struttura ed un funzionamento molto semplici, che verranno trattati dettagliatamente nel corso di a questo capitolo, assieme alle varie tipologie disponibili. 4.1.Evoluzione delle fuel cells La prima cella a combustibile gassoso venne messa a punto nel Tre anni dopo, nel 1842, si realizzò un sistema di celle a combustibile costituito da cinquanta celle, che veniva alimentato in continuo dall esterno convertendo energia chimica in energia elettrica. Purtroppo, a causa della scarsa superficie di contatto fra gas-elettrolita-elettrodo, la potenza ottenuta era scarsa ed il progetto fu abbandonato. Solo nel 1932, grazie a Francis T.Bacon, si hanno i primi reali successi. Egli infatti elaborò una cella costituita da elettrodi porosi di nichel, utilizzò un elettrolita meno corrosivo dei precedenti e sostituì al carbone l idrogeno. Riuscì così a portare la temperatura della cella a circa 200 C, catalizzando così la reazione. Quindi dimostrò che scegliendo adeguatamente i materiali e le condizioni di funzionamento si potevano ottenere risultati eccellenti a costi accettabili.. Nel 1959 venne presentata la prima saldatrice a fuel cells della potenza di 5kW alimentata ad idrogeno-aria e nello stesso anno venne presentato un trattore a fuel cells della potenza di 20 kw. La NASA si dimostrò interessata a questa tecnologia per produrre energia elettrica a bordo delle navicelle spaziali in quanto aveva vantaggi nell ingombro, nel peso e nella possibilità di funzionare in assenza di forza gravitazionale. Nel 1974 le stazioni del progetto Skylab erano dotate di fuel cells. Gli sviluppi e le ricerche erano avvenute con la collaborazione di diverse università e industrie private. I primi prototipi automobilistici a idrogeno a fuel cells risalgono agli anni 90 e la loro produzione è aumentata nel corso degli anni con modelli sempre più efficienti, meno ingombranti e complessi. Le dichiarazioni pubbliche delle principali case automobilistiche stimano che nel 2020 saranno circa un milione i veicoli alimentati ad idrogeno. Al giorno d oggi le fuel cells offrono un ampia gamma di potenza ed hanno un efficienza di conversione dell energia maggiore rispetto a quella dei sistemi tradizionali. 24

27 4.2.Architettura e principio di funzionamento Architettura della fuel cell Figura 13.Schema di funzionamento di una fuel cell Le celle a combustibile sono composte da due piatti o elettrodi separati da una membrana elettrolitica che deve avere la proprietà di lasciarsi facilmente attraversare da alcuni tipi di cationi. Gli elettrodi sono fabbricati con materiali conduttori a struttura porosa e, nella maggioranza delle tipologie di fuel cells, in uno dei due conduttori (anodo) avviene la produzione di elettroni dall idrogeno per la presenza di un catalizzatore. Questi elettroni vanno poi nell altro elettrodo (catodo) per reagire con l ossigeno fornito dall esterno e con i cationi di idrogeno, i quali arrivano attraverso l elettrolita e non attraverso il circuito elettrico come elettroni. Le fuel cells sono in grado di produrre corrente elettrica senza alcuna emissione di rumore e inquinanti. Il funzionamento, le prestazioni e i rendimenti dipendono dalla scelta dei materiali usati Dall energia chimica all energia elettrica Il funzionamento della fuel cell avviene in modo molto semplice. Il combustibile idrogeno viene fornito alla dall esterno e investe l elettrodo (anodo) raggiungendo la sua superficie più interna. In questa zona avviene una reazione chimica, facilitata dalla presenza di un materiale catalizzatore, solitamente platino, palladio o rutenio. Il risultato è la divisione della molecola di idrogeno H 2 in ioni positivi e di conseguenza di altrettanti elettroni che vengono liberati. La reazione che avviene può essere così espressa: 2H 2 4H + + 4e - (18) Abbiamo quindi la conversione di energia potenziale chimica in energia elettrica. L innesco e il mantenimento di tale reazione è garantito dalla presenza del catalizzatore, indispensabile nelle celle che lavorano a bassa temperatura ( C) per far avviare la reazione spontanea dell idrogeno ed per evitare la formazione di residui. La presenza del catalizzatore può essere evitata per le celle che lavorano ad elevate temperature ( C) in quanto livello energetico è sufficiente a far avvenire la reazione elettrochimica. 25

28 La seconda ed ultima reazione che necessaria per il funzionamento delle celle a combustibile avviene all altro elettrodo (catodo). Gli elettroni, dopo aver percorso il circuito elettrico ed aver erogato potenza all utilizzatore, incontrano nuovamente gli ioni positivi H + che hanno attraversato l elettrolita. Questa zona presenta inoltre una certa quantità di ossigeno che deve essere assicurato al fine di produrre acqua. La reazione che avviene in questa parte della cella a combustibile è la seguente: O 2 + 4e - + 4H + 2H 2O (19) La differenza di potenziale è data dal potenziale anodico e dal potenziale catodico. Il valore della tensione dipende dai reagenti, dalla loro natura chimica e dai fattori legati alla struttura fisica degli elettrodi e alle attitudini chimiche dei materiali impiegati nelle fuel cells. Le piccole dispersioni elettriche si dissipano sottoforma di calore, che può essere eliminato o riutilizzato. Inoltre è importante per il buon funzionamento della fuel cell che l elettrolita non faccia incontrare troppa resistenza agli ioni. È necessario che gli ioni positivi H + attraversino nel modo più diretto e chimicamente pulito il materiale interposto tra i due elettrodi, per far sì che la cella sia duratura il più possibile e che abbia un alto rendimento. Infatti il catalizzatore risulta essere estremamente sensibile alle tracce di impurità come CO e composti dello zolfo, che possono ricoprire la loro superficie e danneggiarli irreversibilmente. La ricerca è quindi rivolta a trovare materiali meno costosi e più duraturi possibile, in modo da far decollare questa tecnologia. Importanti risultati a riguardo dei materiali catalizzatori giungono dall'università di Princeton e dalla Washington State University dove un team di ricercatori ha sviluppato un nuovo materiale per la costruzione dei catalizzatori da impiegare nelle batterie a celle di combustibile, in grado di offrire una migliore efficienza ed una maggiore durata nel tempo. L intuizione di tali ricercatori è stata quella di combinare il grafene, una particolare struttura in carbonio caratterizzata da un reticolo cristallino a nido d'ape, con nanoparticelle di ossidi metallici (in particolare con ossido di indio-stagno) e con il platino, allo scopo di stabilizzare un catalizzatore per renderlo più adatto ad operare all'interno delle fuel cells. Oltre a maggiore stabilità, la struttura di grafene-ossido-platino ha mostrato anche una capacità di rottura dei legami delle molecole del 40% superiore rispetto all'abbinamento platino-grafene o con altri supporti basati sul carbonio. Gli scienziati stanno ora integrando il grafene-ossido-platino all'interno di celle a combustibile sperimentali, per determinarne le prestazioni in un ambito di operatività reale. 4.3.Tipologie di fuel cells La classificazione viene di solito fatta in base all elettrolita usato nelle fuel cells o in base alla temperatura alla quale esse operano. La scelta di impiegare un certo tipo di combustibile o un altro dipende dalle condizioni operative e dalle applicazioni. Esistono sei famiglie di fuel cells, ma solo le prime tre elencate hanno riscontri applicativi in ambito automobilistico per i motivi che in seguito vedremo. Le sei famiglie sono le seguenti: 1) Ad elettrolita alcalino (A-FC) 2) A membrana polimerica a scambio protonico (PEM-FC) 3) Ad alimentazione diretta di metanolo (DM-FC) 4) Ad acido fosforico (PA-FC) 26

29 5) A carbonati fusi (MC-FC) 6) A ossidi solidi (SO-FC) Fuel cells ad elettrolita alcalino (A-FC) Questo tipo di celle operano ad una temperatura compresa tra i 60 C ed i 120 C. Hanno come elettrolita idrossido di potassio in soluzione acquosa, la cui concentrazione varia dal 33% per celle operanti alla temperatura di C, all 85% per celle operanti alla temperatura di 250 C (poche). Lo ione OH - attraversa l elettrolita e reagisce all anodo con l idrogeno di alimentazione, rilasciando elettroni e producendo acqua. A catalizzare la reazione vi possono essere individualmente platino, oro, argento e palladio. All anodo avviene la seguente reazione: Al catodo avviene la seguente reazione: 2H 2 + 4OH - 4H 2O + 4e - (20) O 2 + 4e - + 2H 2O 4OH - (21) Il movimento di carica dall anodo al catodo ed il passaggio di ioni OH - attraverso l elettrolita sono presenti fintanto che l alimentazione viene assicurata. In queste celle è fondamentale usare idrogeno puro e ossigeno puro, altrimenti la cella deperisce rapidamente, a causa della formazione di carbonati dovuti alla presenza di CO 2 nell aria Fuel cells a membrana polimerica a scambio protonico (PEM-FC) Le fuel cells a elettrolita polimerico (Proton Exchange Membrane Fuel Cells) sono il tipo di cella a combustibile più usato e sul quale si sta investendo il maggior sforzo in termini di ricerca. Ciò è dovuto al fatto che tale tecnologia offre una densità di potenza di un ordine di grandezza superiore rispetto a qualsiasi altro tipo di celle a combustibile. Inoltre si stanno diffondendo molto velocemente soprattutto in campo veicolare per la loro semplicità, versatilità e perché lavorano a basse temperatura (70-85 C). Possono avviarsi e raggiungere metà della potenza nominale quasi immediatamente, mentre la piena potenza di erogazione viene raggiunta in circa 3 minuti (in ogni caso molto lentamente in confronto alla erogazione istantanea delle batterie tradizionali, o dei motori a combustione). Il rendimento raggiunto è compreso tra tra il 60% e l 80% sfruttando il meccanismo di cogenerazione per il riutilizzo del calore generato. Le PEM utilizzano un elettrolita polimerico allo stato solido costituito nella maggior parte dei casi da Nafion, un particolare polimero, simile al Teflon, brevettato dalla Dupont de Nemours. Il Nafion è un materiale semipermeabile che consente il passaggio degli ioni positivi H + e blocca gli elettroni, garantendo l isolamento elettrico. Per garantire una buona conducibilità agli ioni, tale membrana deve essere costantemente idratata stando però attenti in quanto un eccesso d acqua potrebbe risultare dannoso. Come catalizzatore si utilizza il platino, il quale viene depositato tra gli elettrodi porosi o sulla superficie esterna della membrana. Dal momento che l acqua è l unico liquido presente all interno della cella, sono quasi del tutto assenti fenomeni di corrosione degli elettrodi. All anodo della PEM avviene la seguente reazione: 2H 2 4H + + 4e - (22) 27

30 Gli H + attraversano la membrana e raggiungono il catodo investito di ossigeno. Gli elettroni che provengono dall utilizzatore fanno sì che al catodo avvenga la seguente reazione: O 2 + 4e - + 4H + 2H 2O (23) Dalla quale viene prodotta acqua calda e nient altro. Questo tipo di celle presenta il vantaggio di non richiedere idrogeno purissimo, anche se in ogni caso il gas d ingresso deve essere purificato da monossido di carbonio (CO) al fine evitare l avvelenamento del catalizzatore. Proprio grazie a questo vantaggio, ad oggi le PEM-FC equipaggiano tutti i prototipi di veicoli ad idrogeno prodotti dalle case automobilistiche. Lo stesso discorso è legato al gas ossidante in ingresso al catodo. Infatti non è necessario che sia ossigeno puro, ma e sufficiente utilizzare l aria (che contiene ossigeno in grande percentuale). Questo permette alle PEM-FC di essere alimentate sia dall idrogeno ottenuto a bordo dal reforming del metanolo, sia con quello disponibile sul territorio. Si tratta quindi, di sistemi leggeri e compatti con potenza specifica più elevata rispetto alle altre famiglie di fuel cells. La più potente PEM-FC immessa finora sul mercato per applicazioni veicolari, raggiunge una potenza di circa 250 kw ed è prodotta dalla multinazionale americana IdaTech. Chiaramente è impensabile raggiungere delle simili potenze con l energia fornita da una singola cella. Infatti queste potenze si raggiungono con lo stack, ovvero una singola fuel cell ottenuta collegando in serie l anodo di una cella precedente con il catodo della cella successiva. Figura 14.Struttura di uno stack di PEM-FC Il sistema più usato per assemblare uno stack è il sistema di interconnessione attraverso piatti bipolari, i quali possono essere realizzati con grafite, resine a base di carbone oppure con materiali compositi di grafite e metallo. I costi di realizzazione dei piatti si dividono equamente tra costo delle materie prime e costi di lavorazione ed incide per il 70% del costo totale del sistema Fuel cells ad alimentazione diretta di metanolo (DM-FC) Queste celle a combustibile hanno una membrana polimerica come le due tecnologie precedentemente descritte, ma a differenza di queste funzionano a metanolo e non con gas poco disponibili sul pianeta come l idrogeno. Per innescare il processo è necessaria una 28

31 maggiore quantità di energia rispetto alle PEM-FC e di conseguenza un maggiore strato di materiale catalizzatore. Non essendo appunto alimentate con l idrogeno, possono essere reputate una buona alternativa, soprattutto in stati come gli U.S.A. dove vi è una capillare distribuzione di metanolo. Di solito il catalizzatore usato per attivare le reazioni è una lega di Pd-Ru (palladio-rutenio). All anodo si instaura la reazione seguente: Al catodo si instaura la reazione seguente: CH 3OH + H 2O CO 2 + 6H + + 6e - (24) 3 2 O2 + 6H+ + 6e - 3H 2O (25) Queste celle, ancora in fase di studio, operano a temperature tra i 60 C e gli 80 C e per questo sono particolarmente interessanti per un utilizzo veicolare. Tuttavia è da eliminare il problema relativo alla formazione di CO che avvelena il catalizzatore. Essendoci inoltre la formazione di CO 2 tra i prodotti, questa va controllata con un post trattamento mediante catalizzatore che la riduce del 20%. Se si riuscisse ad eliminare completamente la CO 2, si otterrebbe un processo interessante anche dal punto di vista ambientale. Per ora queste fuel cells forniscono una tensione di 1.21 V e il loro impiego sarà nei dispositivi che richiedono bassa potenza come ad esempio i cellulari, i pc portatili, gli scooter ed altri dispositivi del genere Fuel cells ad acido fosforico (PA-FC) Questa tipologia di celle a combustibile è definita a a media temperatura poiché esse operano attorno ai C. La loro architettura prevede due elettrodi di grafite, tra i quali è interposta una matrice di carburo di silicio che trattiene l elettrolita, costituito da una soluzione liquida di acido fosforico (H 3PO 4) concentrata al 95%. Le reazioni che avvengono all interno della cella sono le seguenti: All anodo: Al catodo: 2H 2 4H + + 4e - (26) O 2 + 4H + + 4e - 2H 2O (27) Anche in questo caso si utilizza l idrogeno come combustibile, il quale viene fornito in pressione con valori che vanno da 1 a 10 bar. L elevata temperatura di funzionamento richiede un sistema di raffreddamento che mantenga la temperatura della cella sotto controllo, in modo da evitare che l elettrolita evapori. Gli elettrodi sono costituiti da sottili pellicole di grafite con platino disposto sulle superfici dell elettrolita e le fuel cells perdono la loro efficienza se il platino viene avvelenato dalla CO oppure da composti chimici a base di zolfo; a monte del reformer il combustibile deve quindi essere desolforato. Viste le elevate temperature, è possibile recuperare del calore in modo rigenerativo e questo porta il rendimento globale di questo tipo di celle a combustibile all 80-85%. Tuttavia nonostante la temperatura di funzionamento relativamente bassa e l affidabilità raggiunta (40000 ore di funzionamento), esse non incontrano un adeguata commercializzazione a causa del costo elevato. 29

32 4.3.5.Fuel cells a carbonati fusi (MC-FC) Queste celle a combustibile operano ad elevate temperature ( C). L elettrolita è formato da una miscela si carbonati alcalini fusi (litio, potassio, sodio) che viene trattenuta da una matrice porosa di litio-alluminio. La struttura di tale matrice è determinante per le prestazioni della cella, in quanto la grandezza dei pori che trattengono i carbonati fusi tramite forze capillari e le proprietà chimiche e fisiche determinate dalle caratteristiche dei materiali ceramici (LiAlO 2) che la costituiscono, determinano la capacità della matrice di garantire le performance in termini di conducibilità elettrica, resistenza all elevata temperatura e alla corrosività dell ambiente. I due elettrodi sono porosi, l anodo è di nichel e al 10% di cromo, mentre il catodo è di ossido di nichel con il 2% di litio. Visto che l elevata temperatura di esercizio sostiene le reazioni, non sono necessari catalizzatori nobili. All anodo avviene la seguente reazione: Al catodo avviene la seguente reazione: H 2 + CO 3 2- H 2O + CO 2 + 2e - (28) 0.5O 2 + CO 2 + 2e - CO 3 2- (29) Al catodo si formano ioni carbonato che migrano attraverso l elettrolita fino all anodo, ma solo se si forma CO 2. Ecco che la miscela comburente deve contenere CO 2 e se ciò non fosse sufficiente, si dovrebbe integrarla. Figura 15.Schema di una fuel cell MC-FC Una singola cella di 1 m 2 genera una tensione di 0.75 V e una potenza di 1 kw e quindi queste fuel cells risultano essere un buon sistema per produrre energia elettrica a livello stazionario, data la loro flessibilità nell utilizzo dei combustibili. Grazie alla loro elevata temperatura di funzionamento, è stato possibile attuare all interno della cella un processo di reforming per ottenere idrogeno e fare recupero energetico, raggiungendo così un rendimento globale del 90%, che è il più elevato tra tutti i sistemi che producono energia elettrica. La tendenza mondiale per i sistemi a carbonati fusi è quella di produrre energia elettrica e calore per la cogenerazione, con potenze installate comprese tra 500kW e 30MW. 30

33 4.3.6.Fuel cells a ossidi solidi (SO-FC) Questo tipo di celle a combustibile funzionano con un elettrolita molto resistente alle alte temperature, costituito da ossido di zirconio stabilizzato con ossido di ittrio e questo tipo di drogaggio effettuato con cationi, stabilizza il materiale e ne aumenta la conducibilità degli ioni. Lavorano alla temperatura di 1000 C e ciò è possibile grazie all elevata resistenza termica del materiale usato come elettrolita. Con queste elevate temperature, viene generata un enorme quantità di energia elettrica senza particolari difficoltà. Inoltre non necessitano di catalizzatore e non vi è presenza di fase liquida, ma solo di fase solida e gassosa, quindi non è presente il problema della corrosione. L anodo è costituito da un composto ceramico-metallico di ossido di zirconio e nichel poroso, mentre il catodo è costituito da manganito di lantanio drogato con stronzio. Le reazioni che avvengono nella cella sono le seguenti: All anodo: Al catodo: H 2 + O 2- H 2O + 2e - (30) 1 2 O2 + 2e- O 2- (31) Queste celle utilizzano come combustibile l idrogeno e come comburente l ossigeno e come prodotto di reazione all anodo abbiamo vapor d acqua, mentre al catodo vengono prodotti ioni negativi di ossigeno. La Siemens Westinghouse, azienda leader nella tecnologia delle celle a ossidi solidi, ha come obbiettivo la commercializzazione di una tipologia di impianti della potenza di 1-3 MW, ma per ora gli impieghi di questa tecnologia riguardano ambiti stazionari e non veicolari a causa dei problemi generati dalle elevate temperature in gioco. 4.4.Confronto tra sistema tradizionale e sistema con fuel cells Il sistema tradizionale a combustione interna si basa sul processo indiretto di trasformazione dell energia (energia chimica-calore-lavoro) con perdita nel rendimento globale. Nel sistema con fuel cells invece, si ha la trasformazione diretta dell energia (energia chimica-lavoro) senza movimento di parti meccaniche, come si può vedere in figura 16. Un aspetto svantaggioso per il sistema tradizionale è il fatto che i motori devono essere dimensionati in base alla massima potenza e quindi per un utilizzo urbano con una velocità media di 40 km/h risultano sovradimensionati. Inoltre una macchina alimentata ad idrogeno ferma al semaforo non consuma nulla e adotta un architettura costruttiva molto più semplice e anche la trasmissione risulterà di dimensioni ridotte. Per quanto riguarda il rendimento del motore a combustione interna, esso è legato alla relazione : η = T c T mc T c dove T c è la temperatura di combustione e T mc è la temperatura minima di ciclo. L aspetto vincolante nel rendimento è la temperatura di combustione, poiché è limitata dai materiali e dal tipo di combustibile. Il rendimento massimo lo si raggiunge solo ad un certo numero di giri, 31

34 quindi nel normale uso non sfruttiamo a pieno tutta l efficienza. Utilizzando le fuel cells invece, abbiamo un rendimento più elevato in quanto con un solo passaggio si trasforma l energia chimica in energia elettrica, senza generare irreversibilità dovute al movimento di parti meccaniche, poiché è tutto fermo. Il rendimento si avvicina molto all unità, ma sono presenti perdite elettriche dovute ai materiali e alle condizioni operative. Figura 16.Conversione di energia: sistemi tradizionali vs fuel cells Riassumendo, i motivi che stanno spingendo ad un maggiore interesse nei confronti dei motori ad idrogeno, sono le emissioni quasi nulle e l efficienza che risulta essere quasi doppia rispetto al tradizionale sistema a combustione interna. Per avere un idea, basti pensare che se in un motore a benzina l efficienza è del 20 %, in un diesel è al massimo del 30%, mentre nelle fuel cells sfioriamo il 70% con possibilità di rigenerazione e arrivare quasi al 90%. 4.5.Vantaggi e limiti nelle applicazioni a fuel cells Le fuel cells presentano numerosi vantaggi per le applicazioni a cui sono destinate. Ora andremo ad elencare uno ad uno questi vantaggi: Poter contare in una vasta gamma di potenze disponibili, opportunamente tarate per l applicazione che devono svolgere. Ad esempio per le applicazioni veicolari sono disponibili delle PEM-FC che vanno dai 5 ai 250 kw, mentre per la generazione di corrente elettrica esistono MC-FC o PA-FC che generano da 1 a 10 MW di potenza. Rendimento elettrico molto elevato rispetto agli impianti convenzionali di energia; infatti un impianto a fuel cells, a parità di potenza elettrica erogata, consuma molto meno combustibile. Inoltre il loro rendimento non risente di variazioni di potenza elettrica a valle. 32

35 Poter utilizzare il calore in eccesso per poter produrre vapore o acqua ad elevata temperatura, per esempio in impianti di riscaldamento. Ridotto impatto ambientale poiché le fuel cells non producono alcun tipo di emissioni nocive (o una minima quantità). Ad esempio, un impianto stazionario di fuel cells per la produzione di 200 kw di energia elettrica (con efficienza elettrica del 40% ed efficienza globale del 70%) produce una quantità di CO 2 inferiore di 1000 tonnellate rispetto a quella di un tradizionale impianto. Questi impianti potrebbero quindi essere messi in zone residenziali e condomini, con una conseguente nuova filosofia di produzione di energia. Emissioni acustiche nulle. La manutenzione non è necessaria. Tutti questi lati positivi sono però messi in ombra da due grossi svantaggi che le fuel cells presentano per le loro applicazioni: l affidabilità ed il costo elevato dovuto alla bassa diffusione di queste tecnologie e al controllo quasi monopolistico di questo mercato. Attualmente il costo di queste apparecchiature è di euro/kw, ma si prevede una forte diminuzione negli anni a venire. 33

36 Capitolo 5 PEM-FC e settore automotive Dai capitoli precedenti si è capito il motivo per il quale le fuel cells PEM siano così interessanti e oggetto di studio per le case automobilistiche. Le principali caratteristiche apprezzate di questa tipologia di celle a combustibile sono: le basse temperature di funzionamento, la membrana elettrolitica allo stato solido, la possibilità di unire le celle in stack per avere una vasta gamma di potenza, il fatto che sono leggere, compatte e con potenza specifica più elevata delle altre. Finora risultano essere le migliori disponibili per le applicazioni veicolari. 5.1.PEM-FC dal punto di vista elettrico Lo stack Una singola PEM alimentata ad idrogeno e ossigeno operante alla temperatura di 80 C, fornisce in condizioni reali di funzionamento una tensione di 0.9 V ed a regime normale di funzionamento una tensione ridotta. La tensione segue la cosiddetta curva di polarizzazione, tipica di ogni cella e ricavata sperimentalmente. Essa mette in relazione la tensione della cella con la densità di corrente in condizioni reali di utilizzo e permette di trovare il punto di miglior compromesso tra tensione e corrente erogata. Le PEM attualmente in commercio hanno una tensione tra i V, una densità di corrente di A/cm 2 ed erogano una potenza per unità di superficie di 0.7 W/cm 2, potenza non sufficiente per muovere un veicolo. Tuttavia, come già anticipato nel paragrafo (4.3.2.), esiste la possibilità di unire le celle in pacchi detto stack per ottenere potenze maggiori. La potenza dello stack è data da: P = V l, dove V è la tensione totale resa disponibile dallo stack e l è l intensità di corrente erogata dalle celle. La tensione dello stack è invece data dal prodotto del numero di celle per la tensione della singola cella, mentre l intensità di corrente è data dal prodotto della densità di corrente per la superficie utile della membrana. La tendenza, per ottenere le diverse potenze desiderate, è quella di creare uno stack unitario, usando materiali sofisticati nella membrana e negli elettrodi. Dopo aver scelto il grado di ibridizzazione del veicolo, nel suo normale utilizzo esistono dei transitori (accelerazioni, frenate, ) che portano al danneggiamento della membrana se non opportunamente prevenuti. Per prevenire il danno, si adotta un sistema di controllo che regola l erogazione della potenza in ogni condizione, oppure si integrano nel sistema di trazione alcuni modulibatteria o supercondensatori che entrano in azione quando la richiesta di energia elettrica a valle del sistema a fuel cells, tende a spostare il funzionamento dello stack dal suo punto di equilibrio. 34

37 5.1.2.Perdite di impianto Le perdite d impianto di un sistema di fuel cells sono quelle relative alla gestione del flusso dei gas e dell acqua, al controllo della corrente elettrica prodotta e alle sole perdite elettrochimiche dello stack. L efficienza di uno stack completo dei componenti ausiliari è circa intorno al 45-50%, mentre quella di una singola PEM-FC e circa del 55-60%. Quindi ne devo tener conto in fase di progettazione Sistema a fuel cells completo per impieghi veicolari La configurazione di un impianto completo a fuel cells per il settore automotive va effettuata in base alla potenza desiderata, all autonomia del veicolo e alle scelte costruttive (costi, dimensioni ed ingombri). Vediamo ora un tipico layout di un sistema fuel cells di un automobile in tutte le proprie componenti. Di norma i veicoli a fuel cells presentano un architettura ibrida, ove è spesso presente anche un certo numero di batterie. La potenza viene gestita da un controllo elettronico (Power Control Unit) interfacciato ad un motore elettrico che trasforma l energia elettrica in energia meccanica. L impostazione dell architettura del powertrain ad idrogeno dipende dal tipo di utilizzo che si vuol fare del mezzo e dal numero di batterie che si intende imbarcare a bordo. Possiamo distinguere tre diverse architetture: Load leveler: in questa configurazione la potenza elettrica fornita dalle fuel cells è di poco superiore a quella fornita dal pacco di batterie. In particolare, l energia elettrica delle batterie è utilizzata quando sono necessarie buone coppie di spunto come nei transitori di avviamento del veicolo, in fase di accelerazione o in salita. Per ottimizzare lo spazio all interno del veicolo, le batterie utilizzate devono essere ad alta energia specifica (litio-ioni, nichel-idruri metallici, batterie polimeriche ). Si cerca di evitare il collegamento diretto tra fuel cells e motore elettrico in quanto le celle a combustibile rendono molto di più se utilizzate in condizioni stazionarie, cioè senza brusche variazioni di regime. Quindi si può affermare che lo stack di fuel cells serve a garantire un adeguata autonomia al veicolo, mentre il pacco di batterie svolge il ruolo di collegamento con i transitori. Range-extener: in questa configurazione la maggior parte della corrente che alimenta il motore viene fornita dalle batterie, mentre le fuel cells ne forniscono una parte minore. Il powertrain prende il nome di range extender nel caso in cui il contributo energetico dello stack di fuel cells sia inferiore del 25%. In questa configurazione il ruolo delle fuel cells è quello di caricare la batteria, per garantire un autonomia maggiore al veicolo. Quest architettura viene principalmente usata per mezzi di grandi dimensioni come camion i quali, visto il loro comune utilizzo, devono percorrere molti chilometri Full power: in questa configurazione, quasi tutta l energia viene fornita dalle fuel cells. Questo powertrain viene impiegato se si devono raggiungere velocità medie abbastanza elevate, dai 50 km/h ai 70km/h. Questo è il caso delle tratte extraurbane, dove il funzionamento a batterie tenderebbe a scaricarle troppo in fretta ed è quindi 35

38 più conveniente che sia lo stack di fuel cells a fornire l energia al motore. In questa architettura le celle a combustibile sono quindi volutamente di minori dimensioni al fine di avere un minor peso e ingombro nel veicolo. Le batterie svolgono quindi un ruolo di servizio, ovvero servono a funzioni secondarie rispetto all alimentazione del motore come per esempio il recupero dell energia in frenata e l accensione. Nello schema 1 è riportata una tipica configurazione di un sistema di generazione di potenza elettrica a fuel cells PEM a idrogeno per impieghi veicolari: Schema 1.Configurazione sistema di generazione di potenza elettrica a PEM-FC Da sinistra, lo schema prevede un trattamento del combustibile, ovvero il ricavo di un gas ad alta concentrazione di idrogeno da un altro combustibile (benzina, bioetanolo, biogas, metano ) mediante processo di reforming o altro. L idrogeno quindi alimenta all anodo lo stack e al catodo si ha l ingresso di aria o di ossigeno, quindi è necessario un sistema che garantisca l una o l altro. Inoltre, siccome le fuel cells producono corrente continua in bassa tensione, bisogna portare a valori più alti la tensione in uscita dallo stack e trasformare con un inverter la corrente da continua ad alternata. Una serie di sensori controllano il funzionamento dello stack in modo da garantire la sicurezza e la durata nel tempo. L acqua calda prodotta, può essere eliminata oppure usata per preriscaldare il reformer o per il riscaldamento dell abitacolo e tutti questi aspetti sono gestiti in maniera integrata da un software. All interno quindi di un veicolo elettrico a fuel cells, troviamo i seguenti componenti: Il sistema a fuel cells, costituito dallo stack con i relativi controlli elettronici, ovvero il sistema di compressione aria, i collegamenti fuel cells serbatoio e i circuiti elettrici che portano la corrente alle batterie e al sistema di controllo. Un motore elettrico Il controllo del motore elettrico Un determinato numero di batterie Uno o più serbatoi di idrogeno (serbatoio con fuel processor nel caso si utilizzi un combustibile diverso dall idrogeno). 36

39 Figura 17.Struttura completa di un'automobile a fuel cells La parte portante di un veicolo ad idrogeno a fuel cells è quindi costituita da un impianto elettrochimico accoppiato attraverso collegamenti elettrici ad un impianto elettromeccanico che comprende un motore elettrico. Esiste quindi una evidente differenza con il motore a combustione interna, strutturato invece come una macchina termo meccanica che trasmette il moto alle ruote tramite un complesso impianto di organi cinematici (frizione, cambio, semiassi, differenziale). Questa architettura complessa e la grande quantità di organi in movimento fanno causano una dissipazione di energia per attrito maggiore nei motori a combustione rispetto a quelli elettrici. Quest ultimi presentano inoltre rendimenti molto più elevati e potenze erogate in maniera molto più fluida ed a regimi costanti. 5.2.PEM-FC dal punto di vista termodinamico Le considerazioni sull energia prodotta dalla singola cella e sul rendimento globale di uno stack, ci permetteranno di comprendere i vantaggi delle celle a combustibile ad idrogeno. Il riferimento nelle considerazioni che faremo, sarà alla PEM-FC che opera in un intervallo di temperatura tra i 60 C e i 90 C. Bisogna comunque tener presente che il concetto non cambia per le altre tipologie di fuel cells, varieranno solo i valori delle grandezze che si andrà ad analizzare Energia erogata dalla PEM-FC L energia estraibile dalla singola fuel cell PEM è legata alla reazione che avviene nella cella e alla sua temperatura di funzionamento. Il massimo lavoro estraibile per mole (Δg f) si ottiene dalla seguente relazione: Δg f = Δh f TΔs (32) 37

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