OMELIA S. Messa in Coena Domini 5 aprile 2012

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1 OMELIA S. Messa in Coena Domini 5 aprile 2012 Fratelli e sorelle carissimi, amati confratelli nel sacerdozio, con questa liturgia solenne e suggestiva diamo inizio al triduo pasquale, i tre giorni più santi dell anno liturgico in cui facciamo viva memoria della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Questi sono i giorni atti a ridestare in noi un più vivo desiderio di aderire a Cristo e di seguirlo generosamente, consapevoli del fatto che egli ci ha amati sino a dare la vita per noi. In questa Santa Messa, denominata nella Cena del Signore, ricordiamo tre grandi doni di Gesù alla sua Chiesa: Sacerdozio, Eucaristia, Carità: per essi stasera vogliamo dire grazie al Signore! Legati inscindibilmente l uno all altro, sono un unico dono. Dono e Mistero!, mistero di misericordia, mistero d amore. Dio non ci lascia soli, Egli è sempre presente e cammina tra i suoi discepoli: per questo ha istituito l Eucaristia, per questo ha voluto il sacerdozio, perché il suo Amore fosse sempre vivo e operante tra gli uomini. 1. eleviamo qui, insieme, preghiere di lode al Padre, che ci farà suoi commensali al banchetto glorioso del cielo; al Figlio, che ci ha convocato alla sua santa cena vespertina; allo Spirito Santo, tessitore divino, che di noi, tutti forma un corpo solo. 2. Nuova Alleanza nel mio sangue. Siamo prima della festa di Pasqua, come precisa l evangelo di Giovanni, ma siamo, comunque, nel contesto pasquale ebraico, come ci ricorda questa divina Liturgia che ci propone il libro dell Esodo con le sue prescrizioni rituali circa l agnellino, da immolare e mangiare con azzimi ed erbe amare ed il cui sangue dovrà essere posto sugli stipiti e sull architrave di ogni casa 1

2 dove verrà consumata la Pasqua del Signore, nel giorno 14 di Nisan. A sua volta, san Paolo riporta la tradizione della cena come avvenuta nella medesima notte in cui Gesù fu tradito Lava i piedi dei discepoli e li deterge con l asciugamano di cui si era cinto. Alcuni gesti narrati da Giovanni sembrano riprendere, in parte, i quattordici riti del Seder ebraico: benedizioni della coppa, lavanda delle mani, uso del sedano, frazione del pane da parte del capo famiglia, racconto della liberazione dall Egitto, uso di azzimi e di erbe amare fino alla cena dell Agnello, al canto dell Hallel ed agli inni di ringraziamento. Sembra che l evangelista voglia sottolineare tutto questo nella continuità della prima Alleanza, ma al momento di consumare l agnello, ecco la discontinuità con la tradizione giudaica: Gesù, quasi nuovo agnello senza macchia, compie il gesto della lavanda dei piedi. Il testo paolino sembra fare eco al racconto evangelico, precisando i nuovi termini della liberazione pasquale introdotta dal Maestro, il quale, quasi avendo nella sua disponibilità la stessa Torah, arriva addirittura a riformulare con un esempio le antiche parole del Dio biblico, ritrascrivendo nel suo gesto tutte le antiche e tradizionali Dieci Parole, condensate nel Vangelo dell amore. 4. Capite quello che ho fatto per voi? Un gesto da compiere, da imitare, da ripetere, soprattutto da capire bene, insiste il Maestro-Servo nell evangelo. Di fatto, durante la cena - nel corso della quale si consuma, per induzione del diavolo, il tradimento di Giuda e l apostolo Pietro viene introdotto al genuino senso dell autorità nella Chiesa dove chi ha potere lo esercita per servire - Gesù sancisce la nuova ed eterna alleanza. Non si tratta più del patto tra l Assoluto e il popolo eletto, suggellato nel decalogo consegnato a Mosè, e neppure di una liberazione da un oppressione esercitata da un qualche potere politico terreno: 1 Anzi la presenza del vino sulla tavola della famiglia di Gesù ribadisce che si tratta, se non proprio della cena della Pasqua ebraica, almeno di una grande festa nel contesto del ricordo della liberazione dall Egitto. 2

3 «Infatti, dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la Legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, asperse il libro stesso e tutto il popolo» (Eb 9,19). 5. È la Nuova Alleanza nel mio sangue. Come ci ricorda la I lettera ai Corinzi, siamo di fronte all inaugurazione della nuova Alleanza, il cui proponente divinoumano è il Signore Crocifisso e Risorto, i cui primi destinatari sono i Dodici, nei quali è adombrata la Chiesa e, tra essi, Pietro, il quale viene consapevolizzato e fortificato direttamente dal Maestro, che insiste sul verace senso della vita cristiana e dell autorità da intendere come servizio. Come nei tempi antichi, il patto è adesso sigillato dal sangue, ma si tratta del sangue stesso di Gesù. Sangue da non sprecare per gli stipiti delle abitazioni, ma da custodire preziosamente, in quella comunità che è la famiglia ecclesiale, inaugurata dagli Apostoli e dai discepoli, aspersa con l issòpo del Battesimo, resa ardente dal colore scarlatto del sacramento del martirio e della Confermazione cristiana, radunata intorno al Libro della Parola, alla Mensa eucaristica nel servizio al prossimo. Pur compiendo i gesti rituali della cena festiva ebraica preghiera di rendimento di grazie, frazione del pane, distribuzione ai commensali, benedizione sul calice Gesù sta inaugurando non tanto un nuovo rituale, bensì un memoriale, quello che noi ripetiamo particolarmente oggi, in questa Missa in coena Domini: d ora in poi, ogni volta che saranno ripetuti quei venerandi gesti e quelle potenti parole (gesti e parole tra loro connessi, lavanda dei piedi e parole di consacrazione), custoditi nell antico testo paolino e nel racconto giovanneo, si farà memoriale del Signore, la cui nuova Pasqua sostituisce e integra l antico memoriale codificato nel libro biblico dell Esodo. 6. Annunciate la morte del Signore, finché egli venga. È stata così istituita la santa eucaristia, che stasera consacreremo ancora sulla soglia del Triduo pasquale. Dopo la celebrazione, nella processione eucaristica, trasleremo tra le luci e i colori dell altare 3

4 della reposizione, per adorarla e nutrircene anche nel giorno del Venerdì santo, allorché nessun presbitero celebrerà il santo sacramento dell altare. Il nostro andare processionale all altare della reposizione ricorderà l esodo del Signore dal Cenacolo alla solitudine del Monte degli ulivi, dove fu tradito da Giuda, e quindi ha in sé un aspetto oscuro e triste: è infatti la notte che conduce alla Passione del Venerdì Santo. Ma adesso è un dovere di memoria che noi stiamo compiendo: stiamo facendo, infatti, il memoriale del corpo e del sangue del Signore, perché si realizzi ancora tra noi il sacramento del servizio e dell amore, come oggi ho voluto ricordare nella Lettera consegnata ai presbiteri della diocesi: Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Cf Gv 13,34). 7. Il comandamento nuovo del Signore. Le dieci parole antiche sono ormai condensate in un unica espressione che stabilisce anche un parallelo: come Gesù, così anche gli Apostoli e noi. Come Gesù, non principalmente nel dire, bensì nell agire e nel fare: Perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. E il fare che ci viene comandato è null altro che un gesto di servizio, di dedizione senza riserve, di amore fino alla fine, rubescente per il sangue sacrificale, perché viene compiuto da Gesù nella consapevolezza della fine della Sua esistenza terrena: generato dal Padre prima di tutti i secoli e nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, Egli, che era venuto da Dio, ora a Dio ritorna. Medita così tutto ciò, Melitone di Sardi: «Egli scese dai cieli sulla terra per l umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida. Egli è l agnello che non apre bocca, egli è l agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnella senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato 4

5 osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione. Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l umanità dal profondo del sepolcro» (Melitone, Omelia sulla Pasqua, 66-67: SC 123,95-101). 8. Li amò fino alla fine. Nella cena dell Agnello della Pasqua eterna, senza difetti e senza macchia (1Pt 1,19), non vi sono gesti di giustizia e di sterminio, non vi sono violenze e sopraffazioni, né forze oscure del potere egizio da debellare con la mano forte del tre volte Santo. C è soltanto amore, un amore servizievole ed umile come quello di un addetto alle mense. Amore giudicato appassionato, fino alla follia della croce perfino da Giuda Iscariota, nel cui cuore il diavolo aveva già seminato la zizzania del tradimento perché ogni cosa fosse compiuta. Ecco, dunque, il mandato di amore che riceviamo oggi dal Signore, è questo il buon seme da far crescere fino ai frutti della creatività pastorale e della solidarietà cristiana. La sua parola creatrice, miracolosa, è trasmissione d un potere ch Egli solo possedeva; è l istituzione d un sacramento, il conferimento cioè del sacerdozio di Cristo ai suoi Apostoli; è la formazione dell organo costituente e santificante del Corpo mistico, la sacra gerarchia, resa capace di rinnovare il prodigio dell ultima Cena; è soprattutto l identità agapica della comunità che viene da Dio, qui caritas est. Mandato che dobbiamo, a nostra volta, trasmettere alle nuove generazioni, sia nei riti del sacramento del battesimo che inaugura l iniziazione cristiana, sia soprattutto nei fatti: cingersi con l asciugamano, lavare i piedi come un servo, purificare con la dedizione amorosa ogni residuo di peccato, in maniera che chi ha fatto il bagno non abbia bisogno di lavarsi se non i piedi. 9. È la Pasqua del Signore! Tutta la sacramentalità della vita presbiterale, già nel primo giorno del Triduo pasquale, è in questa Liturgia come condensata e concretizzata: solidarietà e dedizione ai fratelli in ogni tempo, celebrazione della penitenza e del perdono, anche mediante la direzione spirituale, iniziazione battesimale ed ecclesiale con i suoi tempi, ritmi e forme. 5

6 Come il Signore e il Maestro, dunque, ci laveremo reciprocamente i piedi, cioè ci prenderemo cura dei nostri fratelli per poter stare tutti bene nella casa del Signore; chiunque, bussando alle porte della comunità parrocchiale, trovi non tanto offerte cultuali o devozioni, bensì percorsi di annuncio, di celebrazione e di carità, che contrappuntino, come una sinfonia del grande Gioacchino Rossini, il cammino d iniziazione alla vita cristiana ed ecclesiale, a partire dal Battesimo, che l acqua del catino ci ricorda formalmente, fino alla mensa eucaristica e sacrificale, fonte e culmine della vita cristiana, e perciò tale che ognuno possa e debba vederla come il proprio Tabor. 10. Il Signore e Maestro lava i piedi a noi. Carissimi fratelli nel sacerdozio ordinato, dobbiamo lavare i piedi come Gesù ai fratelli ed alle sorelle a noi affidati: siamo disponibili a ri-educarci a tutte queste esigenze dell amore? Abbiamo definitivamente rinunciato allo spirito di egoismo e di tradimento, che potrebbe insinuarsi perfino nel cuore di un Apostolo? Se siamo chiamati a fungere da modello per tutti coloro che si offrono in Cristo, con Cristo, per Cristo in sacrificio a Dio gradito, non possiamo che esaminarci alla luce del gesto del Signore, convertirci di nuovo e sempre all amore che è Dio stesso: abbiamo davvero capito, con la forza dello Spirito, quello che Gesù ha fatto per noi? Egli versò dell acqua in un catino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli (cf Cf Gv 13,4.5.15). Ecco l esempio degli esempi, la summa degli exempla. Il racconto della lavanda dei piedi, che noi ripeteremo in questa celebrazione, diviene per noi un esemplare descrizione, semplice e comprensibile, del modo cristiano di rispondere alla domanda delle persone, dei soldati e dei curiosi che a Gesù domandavano con ansia: Che cosa dobbiamo fare? (cf Lc 3, ). E noi? Quali sono i gesti concreti di amore da compiere per gli altri e, soprattutto, per gli ultimi e poveri? Come rendere un vero inno esistenziale all amore il nostro 6

7 servizio della Parola, dei sacramenti e della comunione ecclesiale? Come valorizzare in termini di sacrificio, di dedizione e di amore, le messe di prima comunione che celebreremo nella luce della Pasqua? E, in particolare, che cosa diremo e faremo per condividere il pane quotidiano, oltre che il pane eucaristico? 11. Annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Dopo ogni consacrazione, proclamiamo questa nostra fede escatologica, questa nostra speranza del certo ritorno dell Agnello in mezzo a noi. Nel frattempo, prima che venga il giorno del Signore (cf Gl 3,4), ogni nostra celebrazione, con i segni eucaristici, ripeta questa fede vissuta e questa dottrina creduta: «Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (1Cor 11,26)». Rendiamo, perciò, grazie a Colui che siede sul trono (Ap 5,13), il Padre, che ci farà suoi commensali al banchetto glorioso del cielo; all Agnello che sta in piedi come immolato (Ap. 5,6), il quale ci ha convocato alla sua santa cena vespertina; allo Spirito Santo, grande tessitore divino, che forma di noi, qui riuniti, un solo corpo! Alla Vergine santissima, Madre della Chiesa, affido la nostra Chiesa particolare. Alla sua scuola potremo meglio capire il dono dell Eucaristia, sorgente dell amore. Ed invoco anche dai gloriosi santi Agazio e Vitaliano, nostri venerati patroni, di continuare a vegliare su questa diletta Arcidiocesi. Amen. Vincenzo Bertolone 7

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