CAPITOLO I MATERIALI POLICRISTALLINI

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1 CAPITOLO 2 I MATERIALI POLICRISTALLINI Introduzione G li studi di chimica ci hanno insegnato che i diversi elementi chimici sono dotati di strutture atomiche e configurazioni elettroniche differenti, le quali governano il comportamento chimico e fisico generale. La conoscenza delle strutture atomiche è di fondamentale importanza per la comprensione delle modalità di formazione dei legami tra gli atomi; tali aspetti sono trattati in dettaglio in testi specifici a cui si rimanda per eventuali richiami. Le strutture e configurazioni elettroniche determinano la formazione di legami di diverso tipo tra gli atomi che portano alla nascita, nelle diverse classi di materiali, di strutture cristalline e non cristalline dotate di proprietà ampiamente variabili. In questo capitolo vengono richiamati i concetti di base della struttura atomica e vengono descritti i tipi di legame che si possono instaurare nei diversi materiali. Sono inoltre esaminate le strutture di aggregazione che si vengono a formare nei materiali solidi in generale e nei metalli in particolare. Sono infine analizzate le relazioni tra i diversi legami, le diverse modalità di impaccamento degli atomi e le caratteristiche strutturali, morfologiche e comportamentali dei materiali. Struttura atomica L'atomo è costituito da un nucleo, in cui sono localizzati protoni e neutroni, e da elettroni orbitanti intorno al nucleo. La presenza di un pari numero di protoni, dotati di carica positiva, e di elettroni, carichi negativamente, assicura la neutralità dell'atomo (Fig.2.1). Fig 2.1 Struttura atomica del sodio (Na) Il numero di protoni e neutroni presenti nel nucleo determina l'identità chimica dell'elemento a cui l'atomo appartiene. Gli elettroni occupano orbitali dotati di livelli energetici discreti, disposti a distanza media intorno al nucleo via via crescente. Gli orbitali rappresentano cioè le regioni di spazio intorno al nucleo nelle quali è altamente probabile ritrovare un elettrone. Ciascun orbitale può essere occupato da un numero limitato e definito di elettroni. Così, ad esempio, gli orbitali di tipo s possono essere occupati da un massimo di 2 elettroni, mentre gli orbitali di tipo p da un massimo di 6 elettroni. Ogni atomo ha tendenza a completare l'occupazione dei livelli energetici più esterni. Questo può avvenire acquisendo elettroni da altri atomi fino a completare gli orbitali più 1

2 esterni, oppure cedendo gli elettroni "in eccesso" oppure, ancora, mettendo in comune elettroni con atomi circostanti. La tendenza di un atomo ad attrarre su di se elettroni è indicata dalla elettronegatività dell'atomo. Atomi di grosse dimensioni presentano in generale bassa elettronegatività, in quanto gli elettroni più esterni risultano più debolmente legati al nucleo a cui appartengono, e possono pertanto venire "strappati" da atomi con maggiore capacità di attrazione verso gli elettroni. Gli orbitali occupati dai diversi elettroni presentano, oltre che dimensioni, anche forme diverse, non sempre caratterizzate da simmetria sferica. Così, ad esempio, gli orbitali s hanno simmetria sferica; i tre orbitali di tipo p risultano orientati secondo tre direzioni ortogonali; i quattro orbitali sp 3, derivanti dalla fusione (ibridizzazione) di un orbitale s (sferico) e tre orbitali p sono orientati lungo i vertici di un tetraedro (Fig.2.2). legame appartengono ad orbitali aventi forma non sferica, nascono forze attrattive con caratteristiche di direzionalità. Nei legami secondari, più deboli di quelli primari, atomi o molecole risultano attratti a seguito della presenza di campi elettrici, spesso conseguenti allo spostamento di elettroni coinvolti in legami primari. La Fig.2.3 mostra i diversi tipi di legami primari (ionico, covalente, metallico) e secondari (dipolo-dipolo, dipolo indotto, idrogeno). Fig 2.3 Rappresentazione schematica dei diversi legami primari e secondari. Legame metallico Gli elementi metallici, dotati di bassa elettronegatività, perdono i loro elettroni di valenza per formare una "nube" elettronica marcatamente delocalizzata, che circonda gli atomi (Fig.2.4). Fig 2.2 Esempi di forme di orbitali Tipi di legame La struttura atomica e la configurazione elettronica dei diversi elementi sono caratterizzate da due aspetti fondamentali che determinano la tipologia dei legami che si instaurano tra gli atomi: la forza (o l'energia) del legame e la direzionalità del legame. Nei legami primari esistono forti attrazioni tra gli atomi dovute a modifiche nella posizione degli elettroni (di valenza) presenti negli orbitali più esterni. Questi cambiamenti vanno dalla messa in comune di una coppia di elettroni al trasferimento quasi completo di uno o più elettroni da un atomo all'altro. Quando gli elettroni coinvolti nel Fig "Nube" di elettroni nel legame metallico Così, ad esempio, l'alluminio (Al) cede tre elettroni appartenenti agli orbitali più esterni (di valenza), lasciando l'atomo, costituito da nucleo con i rimanenti elettroni più interni, globalmente dotato di carica positiva. Gli elettroni di valenza vanno a formare una "nube" elettronica diffusa in cui sono immersi gli atomi metallici, carichi positivamente. Gli elettroni, liberi di muoversi all'interno della nube, generano forze mutuamente attrattive con i diversi nuclei, che risultano 2

3 quindi fortemente legati da forze di tipo elettrostatico in quello che viene definito "legame metallico". Come conseguenza della relativa libertà di movimento degli elettroni di legame, i metalli posseggono in generale buona conducibilità elettrica; la presenza di una differenza di potenziale (campo elettrico) provoca il movimento di elettroni, e quindi la nascita di una corrente elettrica attraverso il materiale, se il circuito è chiuso (Fig.2.5). Fig Struttura tetraedrica per il silicio. I legami covalenti sono legami forti, dotati di energie di legame dell'ordine di KJ/mole. Nonostante l'elevata resistenza del legame covalente, poiché gli elettroni appartengono ad orbitali definiti, i materiali caratterizzati da questo legame presentano in generale scarsa duttilità e scarsa conducibilità elettrica e termica. In molti materiali ceramici, gli atomi risultano legati con legami covalenti. Fig Movimento di un elettrone all interno di un metallo. Il legame metallico è dotato di energie dell'ordine di KJ/mole ed è tipicamente non direzionale. Legame covalente Nel legame covalente due o più atomi mettono in comune i loro elettroni più esterni, che risultano quindi appartenere contemporaneamente agli orbitali di atomi diversi. Cosi, ad esempio, un atomo di silicio (Si), che possiede quattro elettroni di valenza (valenza 4) è in grado di completare la configurazione degli orbitali più esterni (sp 3 ) mettendo in comune elettroni con altri quattro atomi di silicio vicini, generando quattro legami covalenti (Fig.2.6). Legame ionico In materiali costituiti da due o più tipi di atomi diversi, un atomo può cedere i suoi elettroni di valenza ad altri atomi più elettronegativi, determinando il completamento delle configurazioni elettroniche. In questo modo, alcuni atomi (ioni positivi o cationi) hanno acquisito carica positiva, altri (ioni negativi o anioni) hanno acquisito carica negativa. Ioni di carica opposta si attraggono reciprocamente formando un legame ionico. Ad esempio, nel cloruro di sodio (NaCl) gli atomi di sodio cedono ciascuno un elettrone agli atomi di cloro circostanti, che acquisiscono carica negativa (Fig.2.8). Fig Legame ionico per NaCl Fig Legami covalenti per il silicio La geometria degli orbitali coinvolti determina la direzionalità dei legami che si vengono a formare secondo i vertici di un tetraedro. Nel silicio i legami presentano angoli di (Fig.2.7). L'energia del legame ionico è dell'ordine di KJ/mole ed è tipicamente non direzionale. Il trasferimento di carica elettrica è possibile solo per movimento di ioni, che sono di dimensioni estremamente superiori agli elettroni; poichè la mobilità degli ioni nei solidi ionici è molto limitata, la conducibilità elettrica è molto scarsa. Legami secondari Legami di Van der Waals si instaurano tra molecole o gruppi di atomi a seguito di deboli forze elettrostatiche. In molti materiali ceramici e polimerici, oltre che in altre sostanze, sono presenti polarizzazioni permanenti dovute allo sbilanciamento di carica: alcune parti della molecola risultano caricate positivamente, altre 3

4 negativamente (dipoli). La mutua attrazione delle porzioni positive di una molecola con quelle negative di molecole vicine determina la formazione di legami deboli. Legami secondari possono formarsi anche in molecole dotate di simmetria di carica a seguito di sbilanciamenti temporanei indotti (dipoli indotti). Lo spostamento di carica di una molecola determina una polarizzazione locale, temporanea, che a sua volta induce una analoga polarizzazione sulle molecole vicine: ne nascono forze attrattive deboli tra le diverse molecole. Quando la parte di molecola caricata positivamente è costituita da un atomo di idrogeno, si parla di legame idrogeno. In tal caso infatti, come ad esempio nella molecola di acqua (Fig.2.9), il legame secondario coinvolge direttamente il protone del nucleo, poco schermato a seguito dello spostamento dell'unico elettrone dell'idrogeno. Ne risulta un legame meno debole e più stabile. Fig Legame idrogeno per molecola di acqua Sebbene definiti secondari, tali legami rivestono importanza fondamentale nel comportamento di molti materiali. Ad esempio, nel caso dei polimeri, gli atomi di una stessa molecola sono legati da legami covalenti forti. Le diverse molecole, invece, sono legate da legami secondari deboli. Tali legami consentono lo scorrimento delle diverse molecole, rendendo conto della grande deformabilità e duttilità di molti materiali polimerici (Fig.2.10). Legami misti Nella maggior parte dei materiali, le forze che uniscono gli atomi presentano caratteristiche di diversi tipi di legami. Ad esempio, gli atomi di ferro risultano legati mediante legami parzialmente metallici e parzialmente covalenti. Ciò determina una parziale direzionalità dei legami: i diversi atomi devono rispettare le posizioni relative stabilite dagli angoli di legame. L'impaccamento degli atomi risulta meno efficiente rispetto a quanto atteso nel caso di legami non direzionali. Sostanze formate dalla combinazione di due o più elementi metallici (composti intermetallici), dotati di elettronegatività molto diversa, possono essere caratterizzati da legami parzialmente metallici e parzialmente ionici. In sostanze costituite dalla combinazione di elementi metallici e non metallici, come in molti materiali ceramici, la differenza di elettronegatività determina la formazioni di legami misti ionico-covalente. La frazione di carattere covalente (Fc) può essere calcolata in funzione della differenza di elettronegatività (ΔE), come: Fc = exp (-0.25 ΔE 2 ) Anche in questo caso, la presenza di carattere parzialmente covalente impone il rispetto di vincoli sugli angoli di legame. Energia di legame e distanza interatomica La presenza di forze di attrazione tra atomi posti a distanza relativamente elevata porta alla formazione di legami. Al ridursi della distanza tra gli atomi, corrisponde un incremento delle forze repulsive tra i rispettivi nuclei (carichi positivamente) e tra le rispettive "nubi" elettroniche (cariche negativamente). Ne consegue che gli atomi legati si posizioneranno ad una definita "distanza di legame" in cui le forze attrattive e repulsive sono equilibrate. A tale distanza l'energia è minima (energia di legame) ed ogni variazione di distanza interatomica comporta un aumento dell'energia del legame stesso (Fig.2.11). Fig Catena polimerica del polivinilcloruro. (a) Non soggetta a forze di scorrimento. (b) Soggetta a forze di scorrimento. Fig Curve dell energia di legame (sopra) e delle forze attrattive/repulsive (sotto) in funzione della distanza interatomica. 4

5 Legami forti, ad es. ionici, comportano minore distanza di legame, mentre legami più deboli, ad es. metallici, sono caratterizzati da una maggiore distanza di legame. Alcune proprietà fondamentali dei materiali sono strettamente correlate alla forza di legame e alla loro dipendenza dalla distanza interatomica. La rigidezza meccanica del materiale (modulo elastico), ad esempio, può essere direttamente correlata alla forza del legame ed alla sua dipendenza dalla distanza interatomica (Fig.2.12). Fig Curva energia-distanza di legame per due atomi. L'impaccamento atomico Fig Curva forza-distanza interatomica per due materiali. La pendenza è proporzionale al modulo elastico. Sollecitando il materiale, gli atomi sono costretti a spostarsi dalla loro posizione di equilibrio, aumentando la distanza interatomica. Per piccoli spostamenti, corrispondenti a deformazioni del materiale in campo elastico, l'annullamento della sollecitazione esterna comporta il ritorno degli atomi nelle posizioni di equilibrio e l'annullamento della deformazione. Il modulo elastico, ovvero il rapporto tra sforzo applicato e deformazione elastica conseguente, sarà quindi proporzionale alla forza di legame tra gli atomi del cristallo. L'espansione della maggior parte dei materiali a seguito di riscaldamento (espansione termica) è il risultato della particolare forma della curva energia-distanza di legame: l'aggiunta di energia termica determina l'oscillazione degli atomi intorno alle posizioni di equilibrio; all'aumentare della temperatura incrementa l'ampiezza delle oscillazioni e, come evidenziato dalla Fig.2.13, data la non simmetria della curva dell'energia di legame, aumenta la distanza interatomica media. Inoltre, si osserva che, in generale, legami interatomici forti comportano minori valori del coefficiente di espansione termica, ovvero del rapporto tra deformazione termica e incremento di temperatura. La microstruttura e il comportamento dei materiali sono fortemente influenzati dalle modalità con cui gli atomi si legano e si impaccano a formare delle strutture solide. L'impaccamento atomico può essere osservato su tre livelli (Fig.2.14): Fig Organizzazione degli atomi nei materiali. (a) Nessun ordine -gas inerti-; (b,c) Ordine a corto raggio - vetro e vapore-; (d) Ordine a lungo raggio -metalli e altri solidi cristallini. Nessun impaccamento - nessun ordine: nei gas monoatomici, ad esempio, le posizioni relative dei diversi atomi non sono essenzialmente casuali e gli atomi sono liberi di muoversi senza dovere rispettare vincoli di legame. Ordine a corto raggio: gli atomi sono legati con i primi vicini secondo geometrie definite. In una molecola di acqua, ad esempio, gli atomi di idrogeno formano con l'atomo di ossigeno al vertice un angolo di circa 105 ; tale struttura si conserva nei diversi stati di aggregazione (solido, liquido, vapore). Le diverse molecole di acqua allo stato liquido o di vapore sono tuttavia arrangiate in modo casuale le une rispetto alle altre, senza un ordine definito. Simile arrangiamento è presente in molti solidi ceramici (vetri) e polimerici. Nella silice (SiO 2 ) gli 5

6 atomi di silicio e ossigeno sono legati a formare strutture tetraedriche con angoli di legame definiti (ordine a corto raggio). Nei vetri silicei, il legame delle diverse strutture tetraedriche avviene in modo disordinato, in cui cioè non è possibile riconoscere un livello di ordine tra le diverse unità di silice. Nei materiali polimerici, gli atomi sono legati a formare lunghe molecole con struttura complessa. Gli atomi sono legati a corto raggio, rispettando gli angoli di legame imposti dalla direzionalità dei legami stessi. Nel polietilene, ad esempio, gli atomi di carbonio e gli atomi di idrogeno sono legati a formare delle strutture tetraedriche (Fig.2.15) dotate di ordine a corto raggio. Queste unità sono a loro volta legate tra di loro tramite legami C-C a formare lunghe catene. La possibilità di rotazione libera delle diverse unità intorno ai legami C- C comporta che la configurazione a lungo raggio sia essenzialmente casuale. Fig Le quattordici forme cristalline descritte dai reticoli di Bravais. Fig Struttura tetraedrica del polietilene Materiali ceramici e polimerici in cui sono presenti solamente strutture con ordine a corto raggio sono definiti amorfi (vetri ceramici - polimeri vetrosi). Ordine a lungo raggio: Nei metalli, in molti ceramici e in alcuni polimeri, gli atomi o le molecole sono impaccati in strutture cristalline che si estendono su tutto il materiale. Gli atomi si legano in strutture ordinate periodiche nelle tre dimensioni a formare i reticoli cristallini. In ogni cristallo è possibile riconoscere delle unità (le celle cristalline) che si ripetono nello spazio. La cella cristallina è, quindi, un sottoelemento che conserva le caratteristiche strutturali generali del cristallo a cui appartiene. La forma e la dimensione della cella cristallina nei diversi materiali dipende dalle dimensioni degli atomi, dalle distanze di legame, dai vincoli sugli angoli di legame imposti dai legami stessi. Mentre legami non direzionali (i.e. alcuni legami covalenti, legami metallici, legami ionici) portano alla formazione di strutture in cui gli atomi sono impaccati ad occupare il più possibile il volume disponibile e a formare il maggior numero di legami con gli atomi vicini (strutture di massimo impaccamento), la presenza di legami con carattere di direzionalità (molti legami covalenti o misti) impone vincoli sulle posizioni relative degli atomi nelle celle cristalline. La necessità di rispettare tali vincoli porta alla formazione di una grande varietà di possibili strutture cristalline con forme diverse. Le forme cristalline presenti in natura sono descritte dai 14 reticoli di Bravais, raggruppati in 7 sistemi cristallini (Fig.2.16). Le strutture di massimo impaccamento, quali quelle che si formano in conseguenza di legami non direzionali, sono la struttura cubico faccia centrata (CFC) e la esagonale compatta (EC). Quasi tutti i metalli, caratterizzati da legami metallici, non direzionali, presentano struttura cristallina CFC o EC (Fig.2.17). Fig Le celle unitarie e le celle primitive delle strutture cristalline CFC, CCC e EC A seguito della presenza di legami parzialmente direzionali, alcuni metalli (ad. es. Fe, Cr, W) possono presentare strutture meno densamente impaccate (es. cubico corpo centrata - CCC) (Tabella 2.1). Tab 2.1 Caratteristiche strutturali di diversi cristalli metallici 6

7 Per ogni cella è possibile definire alcuni elementi che ne caratterizzano forma, dimensioni, ecc.: - La lunghezza dei lati, gli angoli tra i lati della cella. Nel sistema cubico, per descrivere la cella, è sufficiente la lunghezza del lato; nella cella triclina è necessario individuare le lunghezze dei tre lati e i valori dei tre angoli. - Il numero di atomi per cella. Si considerano gli atomi o le frazioni di atomi all'interno della cella. Ad esempio, in un sistema cubico semplice, (Fig.2.16) 8 atomi sono disposti sui vertici di un cubo. Ciascun atomo appartiene a 8 celle adiacenti, quindi il numero di atomi per cella è 8*1/8=1: un atomo per cella. La cella cubico corpo centrato (CCC) avrà 2 atomi per cella, la cubico faccia centrata (CFC) avrà 4 atomi per cella. - Il fattore di impaccamento. Viene definito come rapporto tra volume occupato dagli atomi di una cella (considerati sferici) e il volume della cella: fattore di impaccamento = (n atomi per cella) * volume atomo/ volume cella. Le strutture di massimo impaccamento sono la cubico faccia centrata e la esagonale compatta (EC), per le quali il fattore di impaccamento vale Il numero di coordinazione. E' il numero di atomi direttamente in contatto con l'atomo considerato. Insieme al fattore di impaccamento, indica quanto gli atomi sono densamente legati e impaccati. Le strutture più densamente impaccate (CFC e EC) hanno n. di coordinazione 12. Strutture meno densamente impaccate hanno numero di coordinazione inferiore. Inoltre è possibile definire la frazione di impaccamento lungo una retta come il rapporto tra spazio occupato dagli atomi e lunghezza totale lungo la retta. Così, ad esempio, considerando una faccia di un reticolo CFC (Fig.2.18), la frazione di impaccamento lungo la diagonale della faccia è pari a 1. queste possiede almeno un sistema di piani densamente impaccati e più direzioni di massimo impaccamento. Nel caso di EC i piani densamente impaccati sono paralleli e si impilano secondo una sequenza A-B-A-B... (Fig.2.19). Fig Sequenza di impilamento ABABAB per gli EC. Gli atomi dei piani B si adattano nelle valli tra gli atomi dei piani A. Ciascun atomo del piano B (o A) si trova in corrispondenza degli altri piani B (o A). Il numero di coordinazione è 12. Materiali metallici di grande interesse in campo aerospaziale con struttura EC sono ad esempio il titanio e il magnesio e molte leghe aventi questi come elementi principali. Nel caso di struttura CFC, i piani di massimo impaccamento sono i piani individuati dalle diagonali della cella cubica; questi non sono quindi paralleli tra di loro, ma formano sistemi di piani che si intersecano. Se si confrontano le strutture EC e CFC (Fig.2.20) si nota che nella struttura CFC i piani paralleli densamente impaccati sono impilati secondo una sequenza ripetitiva di tipo A-B-C-A-B-C... Fig Relazione tra il raggio atomico e il parametro di reticolo in un sistema cubico Analogamente la frazione di impaccamento in un piano è definita come il rapporto tra spazio occupato dagli atomi nel piano e superficie del piano. In un reticolo CFC, i piani che tagliano le facce della cella cubica sono piani di massimo impaccamento (pari a π/4). (Si osserva che esistono rette e piani, paralleli a quelle considerate, per i quali la frazione di impaccamento risulta nulla). Reticoli densamente impaccati Analizzando le strutture cristalline di massimo impaccamento (CFC e EC), si osserva che ciascuna di Fig Formazione delle strutture cristalline EC e CFC attraverso l impilamento di piani di atomi. Gli atomi dei piani B si adattano nelle valli comprese tra i piano A e C. Anche in questo caso il numero di coordinazione è 12. L'alluminio e le sue leghe, il rame, il nickel ed alcuni acciai inossidabili presentano struttura cristallina CFC. Anche molti materiali ceramici, i cui atomi sono legati mediante legami ionici, non direzionali, presentano strutture riconducibili a CFC e EC. Alcuni materiali metallici, anche di notevole interesse nel campo della meccanica e dell'aerospazio, presentano struttura cristallina CCC a causa del carattere parzialmente direzionale dei legami. La struttura CCC non è altamente compatta, ma presenta 7

8 piani non paralleli ad impaccamento elevato. Il numero di coordinazione è 8. Diversi metalli, ad es. ferro, cromo, tungsteno, presentano struttura CCC. La presenza di piani densamente impaccati, non paralleli, ha grande influenza sulla tenacità e deformabilità dei materiali metallici. A causa della disposizione ordinata degli atomi, in genere le proprietà dei cristalli dipendono dalla direzione: i cristalli sono anisotropi. Ad esempio, il cristallo dell'alluminio, con struttura CFC, presenta modulo elastico pari a 76 GPa se misurato in direzione parallela alla diagonale del cubo, mentre presenta modulo pari a 63 GPa in direzione parallela al lato del cubo. Nota la geometria della cella cristallina e le dimensioni atomiche, è immediato calcolare le dimensioni della cella, le distanze tra gli atomi, la distanza tra i piani della cella (distanza interplanare). L'impaccamento degli atomi lascia degli spazi vuoti, i siti interstiziali. In tali siti, di forma e dimensioni diverse, possono trovare posto atomi più piccoli, che quindi saranno in contatto con due o più altri atomi principali della cella. Fig.2.21 mostra alcuni siti interstiziali presenti in diverse celle cristalline. Solidi ionici Molti materiali ceramici sono caratterizzati da ioni legati mediante legami ionici. Anioni e cationi sono presenti in proporzioni tali da rispettare la neutralità elettrica e sono impaccati nel modo più efficiente consentito dalle diverse dimensioni degli ioni presenti. Si osserva che gli ioni presentano dimensioni sensibilmente diverse da quelle degli atomi degli elementi da cui derivano. Ad esempio, se anioni e cationi hanno lo stesso numero di cariche (ad es. 1 come nel cloruro di sodio, NaCl), il cristallo sarà formato da ioni aventi tutti lo stesso numero di coordinazione, così che anioni e cationi siano a contatto con lo stesso numero di segno opposto (ad es. nel cloruro di sodio ogni Na +, di raggio 0.97 Angstrom, è circondato da sei Cl -, di raggio 1.81 Å, e viceversa). Nel cloruro di sodio gli ioni Cl - sono disposti secondo una struttura CFC e gli ioni Na + sono posizionati nei siti ottaedrali (Fig.2.22). Fig Posizione dei siti interstiziali in alcune celle cristalline. Atomi in siti ottaedrali saranno in contatto con sei altri atomi (numero di coordinazione 6); siti tetraedrali presentano numero di coordinazione 4. Perché gli atomi trovino posizione stabile nei siti interstiziali devono avere dimensioni simili (non troppo piccole, non troppo grosse) alle dimensioni del sito disponibile (Tab. 2.2); in caso contrario l'atomo interstiziale si posizionerà in un sito disponibile diverso. Fig Struttura del cloruro di sodio Nella cella della fluorite, fluoruro di calcio CaF 2, ci sono 4 cationi (Ca 2+ ) e 8 anioni (F - ) assemblati in una struttura CFC (Fig.2.23). Fig Unità fondamentale della fluorite. Ciascun ione calcio è circondato da 8 ioni fluoro (n. coordinazione 8); gli ioni fluoro sono posti nei siti tetraedrali con numero di coordinazione 4. La struttura garantisce il rispetto della neutralità della carica. Tab Numero di coordinazione e rapporto dei raggi. Se le dimensioni degli atomi aggiunti sono simili a quelle degli atomi principali della cella, i primi andranno a sostituire gli atomi principali nella cella. Solidi covalenti Materiali covalenti presentano spesso strutture cristalline complesse, poiché devono essere rispettati il numero di legami e le posizioni stabilite dal carattere direzionale dei legami stessi. Il numero di coordinazione è dettato dal numero di legami che ciascun atomo forma con i vicini. Ad esempio, nel diamante l'atomo di carbonio forma quattro legami, disposti secondo i vertici di un tetraedro; analoga struttura si trova nel silicio (Fig.2.24). 8

9 Fig Struttura tetraedrica per l atomo di silicio Tali strutture tetraedriche possono essere assemblate in una particolare cella CFC in cui sono presenti ulteriori quattro atomi all'interno della cella (Fig.2.25). influenza i processi tecnologici applicati successivamente. Generalmente, durante la solidificazione, la struttura si trasforma da uno stato liquido e amorfo in una struttura cristallina dotata di ordine a lungo raggio. Il processo di trasformazione avviene attraverso due passi fondamentali: la nucleazione e l'accrescimento. Durante la nucleazione alcuni atomi o molecole solidificano a formare un piccolo nucleo. Nell'accrescimento, altri atomi o molecole si aggiungono al nucleo preformato aumentandone le dimensioni. Un metallo liquido può solidificare quando la sua temperatura scende al di sotto della temperatura di fusione, perché l'energia libera di volume della S struttura cristallina G v è inferiore all'energia del liquido G L v. La variazione di energia libera della trasformazione è: ΔG v = G S v - G L v < 0 Tuttavia, in un processo reale, la formazione del solido all'interno del liquido genera una superficie di interfaccia dotata di energia propria. Occorre infatti considerare che gli atomi posti all'interfaccia solidoliquido risultano legati ad una struttura ordinata, il cristallo, da un lato, e ad una struttura amorfa, il liquido, dall'altro (Fig.2.26 ). Fig CFC ottenuta dall assemblaggio di strutture tetraedriche Allotropia o polimorfismo Molti materiali possono presentare struttura cristallina diversa in diverse condizioni di temperatura e pressione. La variazione delle condizioni esterne, ad esempio il cambiamento della temperatura, può determinare delle trasformazioni di struttura cristallina in fase solida; le diverse strutture cristalline sono indicate con lettere greche. Ad esempio il ferro, che presenta struttura CCC (ferro α) a basse temperature, si trasforma in ferro γ (struttura CFC) oltre 912 C, ritorna con struttura CCC (ferro δ) oltre 1394 C, fino a fusione a 1539 C. Il titanio ha struttura EC (α) fino a 882 C, quando avviene una trasformazione in fase solida in struttura CCC (β). Solidificazione La formazione del cristallo avviene generalmente per trasformazione dallo stato liquido a seguito di raffreddamento. Quasi tutti i metalli, le leghe, i ceramici, i polimeri, si trovano in una fase del loro processo nello stato di liquido, che viene solidificato portando la temperatura al di sotto della temperatura di solidificazione. Il materiale può trovare utile impiego già nello stato semplicemente solidificato, oppure può subire processi termici e/o meccanici che ne modificano il comportamento. La struttura che si viene a formare a seguito della solidificazione dal fuso determina il comportamento meccanico del materiale e Fig Un interfaccia si forma tra la fase solida e quella liquida Questo comporta che un energia libera di superficie σ s risulti associata a questa interfaccia. La variazione di energia libera totale dovuta alla trasformazione liquido-solido, quindi risulta: ΔG tot = 3 4 π r 3 ΔG v + 4π r 2 σ s (2.1) essendo 3 4 π r 3 il volume dell'embrione solido, sferico di raggio r e 4π r 2 la sua superficie di interfaccia con il liquido circostante. Si noti che mentre ΔG v è negativo, al di sotto della temperatura di fusione, σ s è positivo. La trasformazione da solido a liquido può avvenire quando ΔG tot <0. Quando si formano le prime, piccole particelle solide, l'accrescimento di queste determina un aumento di energia libera totale (Fig.2.27), poiché il contributo dell'energia di superficie risulta preponderante sulla 9

10 diminuzione di energia libera di volume (equazione (2.1)): la particella, l'embrione, tende a rifondere. In questa fase il liquido si trova a temperatura inferiore alla temperatura di fusione; il liquido è sottoraffreddato. Solo la formazione di una o più particelle solide stabili, i nuclei, con dimensioni superiori ad un valore critico (r critico) determina la possibilità di accrescimento. avrà una propria orientazione dei piani cristallini, che, in generale, sarà casuale; anche nel caso in cui i singoli grani abbiano caratteristiche meccaniche anisotrope, il materiale si presenterà globalmente isotropo. Così, ad esempio, mentre il singolo cristallo di alluminio ha rigidezza variabile tra 67 e 73 GPa in funzione della direzione cristallografica, l'alluminio policristallino si presenta isotropo con modulo elastico pari a circa 70 GPa. In realtà, nei processi di solidificazione che avvengono comunemente, la solidificazione omogenea è piuttosto rara. Le impurità presenti all'interno del liquido o sulle pareti del recipiente che lo contiene, ad es. stampo o crogiuolo, forniscono una superficie su cui il metallo in solidificazione può nucleare ed accrescere. La bagnatura delle particelle pre-esistenti da parte del liquido determina una diminuzione della variazione di energia libera necessaria a formare nuclei stabili; il raggio critico viene raggiunto con un sottoraffreddamento molto più limitato (Fig.2.28). Fig Energia totale libera per il sistema solidoliquido. Nella nucleazione omogenea la solidificazione ha inizio quando avviene la formazione di nuclei stabili all'interno del liquido sottoraffreddato: questi si accrescono fino a solidificazione completa. Il raggio critico dei nuclei che si possono formare risulta tanto più piccolo, quanto maggiore è il sottoraffreddamento, ovvero, quanto minore è la temperatura del liquido. In generale, quindi, un elevato sottoraffreddamento determina la formazione di molti nuclei di solidificazione, mentre un piccolo sottoraffreddamento porta alla crescita di pochi nuclei, al limite di un solo nucleo. I ΔT di sottoraffreddamento necessari per attivare la nucleazione omogenea nei diversi metalli, sono generalmente di parecchie decine o centinaia di gradi centigradi (Tab. 2.3). Tab Proprietà termiche di alcuni materiali. Successivamente, la continua crescita dei nuclei porta alla completa solidificazione del materiale con formazione di grani cristallini che hanno avuto origine dai nuclei di solidificazione. La nascita di pochi nuclei iniziali porta alla formazione di una struttura solida costituita da pochi, grossi grani; la nascita di molti nuclei in un liquido fortemente sottoraffreddato porta alla formazione di molti, piccoli grani. Ciascun grano Fig Nucleazione eterogenea dovuta alle impurità. In tal caso la nucleazione si definisce eterogenea. In alcuni processi di solidificazione dal fuso possono essere introdotti intenzionalmente nuclei di solidificazione costituiti da particelle di materiali estranei, al fine di ottenere una struttura finale costituita da molti piccoli grani. Tale procedura viene definita affinamento del grano per inoculazione. Ad esempio, la presenza di particelle di Al 3 Ti o TiB 2 consente la formazione di grani fini in alcune leghe di alluminio da fonderia. In queste condizioni il numero e le dimensioni dei grani sono funzione della quantità di particelle inoculate. Difetti nell'impaccamento atomico Il processo di formazione dei grani a seguito della solidificazione comporta la nascita di difetti nell'arrangiamento atomico che hanno grande influenza sul comportamento del materiale. Il controllo delle imperfezioni nella struttura cristallina tramite le operazioni tecnologiche consente di modificare profondamente le proprietà meccaniche e fisiche dei materiali. I difetti nella struttura cristallina possono essere ricondotti a tre tipologie principali: difetti di punto, difetti di linea, difetti di superficie. Data l'importanza dei difetti di linea sulle proprietà meccaniche dei materiali cristallini, inizieremo esaminando le dislocazioni e le loro interazioni nei cristalli. Le dislocazioni sono difetti di linea che vengono introdotti a seguito del processo di solidificazione o per 10

11 effetto di deformazione del materiale cristallino; comportano un imperfetto impaccamento della struttura cristallina che si estende lungo una linea. Dislocazioni sono presenti in tutti i materiali, metalli, ceramici, polimeri; tuttavia la loro presenza ha particolare influenza sulle proprietà dei metalli in quanto ne determinano i meccanismi di deformazione e influiscono marcatamente sul comportamento meccanico in generale. Esistono due tipi di dislocazioni: le dislocazioni a vite e le dislocazioni di linea. Dislocazioni a vite o elicoidale. Una dislocazione a vite si forma per effetto dello scorrimento di una parte del cristallo rispetto alla parte adiacente. Può essere visualizzata (Fig.2.29) immaginando di tagliare una parte del cristallo e fare scorrere il cristallo di una posizione atomica in direzione parallela alla linea di taglio (di dislocazione). possibile percorrere un circuito chiuso, ma di lunghezza maggiore, rispetto al caso di dislocazione assente, di una quantità pari al vettore di Burgers. In questo caso b risulta perpendicolare alla linea di dislocazione. Nell'intorno della dislocazione il cristallo risulta distorto, mentre lontano dalla dislocazione la distorsione si annulla. Si osserva che in prossimità della linea di dislocazione gli atomi risultano "compressi" su un lato e separati dall'altro. Questo determina la presenza di sforzi di trazione o compressione, localizzati in prossimità della linea di dislocazione di linea. Nel caso di dislocazioni a vite, in prossimità della linea di dislocazione, sono presenti sforzi di taglio (Fig.2.31). Fig Dislocazione a vite o elicoidale. Se, partendo da un atomo del cristallo, si effettua un percorso intorno alla linea di dislocazione passando da un atomo ad una altro adiacente, sullo stesso piano cristallino, il percorso non si ricongiunge al punto di partenza, ma si effettua un percorso a spirale. Per ricongiungersi al punto iniziale è necessario uno spostamento in direzione parallela alla linea di dislocazione: il vettore di Burgers b. Si osserva che in prossimità dell'asse di taglio, la linea di dislocazione, gli atomi risultano impaccati in modo irregolare, mentre lontano da questo il cristallo risulta essenzialmente non influenzato dalla presenza della dislocazione. Dislocazione di linea o a spigolo. Una dislocazione di linea viene visualizzata tagliando ed aprendo parzialmente una porzione del cristallo e inserendo nel taglio un semi-piano di atomi (Fig.2.30). Fig Campo di sforzo attorno ad (a) una dislocazione a spigolo e (b) una dislocazione a vite. La presenza di imperfetto impaccamento in corrispondenza delle dislocazioni ha come conseguenza che l'energia del cristallo risulta maggiore rispetto al cristallo senza dislocazione; ad ogni dislocazione è associata una energia di dislocazione proporzionale alla sua lunghezza; un aumento del numero o della lunghezza delle dislocazioni presenti richiede che venga fornita energia al materiale. Le dislocazioni possono percorrere linee curve all'interno del cristallo: questo porta in generale alla formazione di dislocazioni miste, che presentano quindi sia componenti di linea che a vite (Fig.2.32). Fig Dislocazione di linea o a spigolo. La linea di taglio, in corrispondenza del bordo del semi-piano inserito rappresenta la dislocazione di linea. Effettuando un percorso intorno alla linea di dislocazione, analogamente al caso precedente, è Fig Dislocazione mista. 11

12 In condizioni di equilibrio la dislocazione è simmetrica, lo stato di sforzo è bilanciato e la dislocazione è stabile. Quando una forza di taglio viene applicata in direzione parallela al vettore di Burgers ad un cristallo contenente una dislocazione, questa può muoversi, determinando la rottura e la riformazione di legami tra gli atomi in corrispondenza della linea di dislocazione (Fig.2.33). Fig Movimento di una dislocazione dovuta ad una sollecitazione di taglio. In questo modo la dislocazione si muove scorrendo parallelamente alla forza applicata, di passo in passo rompendo e rigenerando legami lungo il suo passaggio, fino a raggiungere il bordo del cristallo. A questo punto lo scorrimento della dislocazione determina la formazione di un gradino di larghezza pari ad una distanza atomica sul bordo del cristallo. Se nel cristallo sono introdotte un grande numero di dislocazioni, questo processo comporta la deformazione macroscopica e, al limite, il taglio del cristallo. La direzione e il piano lungo cui la dislocazione si muove vengono definiti come direzione e piano di scorrimento. A loro volta direzione e piano individuano un sistema di scorrimento. Analogo effetto è prodotto dal movimento di dislocazioni a vite: in questo caso la linea di dislocazione si muove in direzione perpendicolare al vettore di Burgers (Fig.2.34). Fig Creazione di un gradino di scorrimento a seguito dello scorrimento di una dislocazione lineare (a) ed elicoidale (b). Le dislocazioni sono dotate di segno: se si considerano dislocazioni di linea, ad esempio, è possibile avere la formazione di una dislocazione, sia inserendo un semipiano nel cristallo in una direzione, che nella direzione opposta (Fig.2.35). Le due dislocazioni avranno cioè segno opposto (positivo o negativo). Si osserva che due dislocazioni di segno opposto che si muovono sullo stesso piano di scorrimento per effetto dello stesso sforzo di taglio, si muovono in direzioni opposte (Fig.2.35 a). 12

13 possibilità di interferire tra di loro (es. strutture cristalline EC). In materiali dotati di numerosi sistemi di scorrimento non paralleli (es. cristalli CFC e CCC), a seguito di sollecitazione, è possibile l'attivazione di dislocazioni su più sistemi di scorrimento non paralleli, che quindi possono interferire tra loro. Nel loro movimento all'interno dei grani cristallini, le dislocazioni posso interferire tra di loro o con difetti e impurezze presenti nel materiale. A seguito di tali interazioni, lo sforzo da applicare al materiale per continuare il moto della dislocazione aumenta. Ne risulta perciò incrementata la resistenza allo scorrimento, e quindi, la resistenza del materiale. Nei materiali duttili, si può dire, in generale, che ogni modifica o processo tecnologico in grado di rendere più difficile il moto delle dislocazioni porta ad un incremento della resistenza. La maggior parte dei metodi di rafforzamento dei materiali metallici, ad esempio per aggiunta di elementi di lega, per controllo della solidificazione, per deformazione plastica, si basa su tale principio. Fig Scorrimento determinato da dislocazioni di segno opposto (a); annullamento di dislocazioni (b). Quando due dislocazioni di segno opposto si incontrano, l'incontro di due semipiani determina la formazione di un piano continuo: le dislocazioni si annullano (Fig.2.35 b). Lo sforzo τ necessario per muovere una dislocazione di una quantità pari al vettore di Burgers, lo sforzo critico risolto o sforzo di Peierls-Nabarro, è: τ = C exp (-Kd/b) (2.2) dove d è la distanza interplanare tra due piani di scorrimento adiacenti, C e K sono costanti del materiale. In un cristallo sottoposto a sforzo, la dislocazione si muoverà secondo il sistema di scorrimento che richiede minore energia. Dall'equazione (2.2) si possono ricavare alcune osservazioni: a) Lo sforzo necessario allo scorrimento è tanto minore quanto più piccolo è il vettore di Burgers e quanto maggiore è la distanza tra i piani di scorrimento; questi corrispondono generalmente ai piani di massimo impaccamento o comunque densamente impaccati. b) Il movimento delle dislocazioni risulta difficile in materiali caratterizzati da legami covalenti o ionici poiché le forze tra gli atomi (costante C in eq. 2.2) e/o il vettore di Burgers sono molto elevati. La rottura avviene in modo fragile senza scorrimento di dislocazioni. c) In materiali in cui sono presenti pochi sistemi di scorrimento e paralleli tra di essi, le dislocazioni tendono a muoversi su piani paralleli, con poche I difetti di punto costituiscono delle perturbazioni dell'ordine cristallino localizzati. Tali difetti possono risultare dalla presenza di atomi di elementi estranei che si sostituiscono o si insinuano tra gli atomi del cristallo. Tali elementi possono costituire delle impurezze, oppure possono essere introdotti volutamente come elementi di lega per modificare il comportamento del materiale. Difetti di punto possono risultare dall'assenza di uno o più atomi del reticolo: in tal caso si ha una vacanza. Vacanze si possono formare durante la solidificazione, per esposizione ad alte temperature o per effetto di radiazioni. Altri tipi di difetti di punto possono essere presenti nel cristallo (Fig.2.36). La presenza di difetti di punto può interferire con il movimento delle dislocazioni, determinando un aumento dello sforzo necessario al loro movimento. Fig Difetti di punto: (a) vacanza; (b) atomi interstiziali; (c) atomi sostituzionali (di dimensioni inferiori); (d) atomi sostituzionali (di dimensioni maggiori); (e) difetto di Frenkel; (f) difetto di Schottky I difetti di superficie costituiscono delle aree di separazione di regioni di materiale aventi la stessa struttura cristallina, ma diverso orientamento cristallografico. I principali difetti di superfici sono i 13

14 bordi di grano che separano i diversi grani che si sono generati, ad esempio, a partire dai nuclei di solidificazione e che quindi presentano orientamenti cristallografici diversi (Fig.2.37). Fig Difetti di superficie: bordi di grani. In corrispondenza delle superfici di confine, i bordi di grano, l'impaccamento atomico risulta necessariamente imperfetto e gli atomi presenti sui bordi di grano risultano sottoposti a sollecitazioni di trazione o compressione locali. Ai bordi di grano è associata un'energia di superficie e la creazione di bordi di grano richiede un incremento dell'energia del materiale. Quando una dislocazione raggiunge un bordo di grano per effetto di una sollecitazione, il suo trasferimento sul grano adiacente, avente in generale sistemi di scorrimento diversamente orientati, richiede un incremento dello sforzo applicato. La resistenza del materiale risulta influenzata dalla dimensione dei grani: la propagazione di una dislocazione risulta maggiormente ostacolata in una struttura a grani fini, dovendo superare un maggior numero di bordi di grano. La resistenza a snervamento σ y del metallo è correlata alla dimensione dei grani d g secondo la legge di Hall-Petch: σ y =σ 0 + k d g -1/2 (2.3) dove σ 0 e k sono costanti del materiale. La Fig.2.38 mostra la resistenza a snervamento di alcuni acciai in funzione delle dimensioni dei grani. La dimensione dei grani può essere misurata mediante un'analisi al microscopio ottico metallografico. Fig Resistenza a snervamento di alcuni acciai in funzione delle dimensioni dei grani Sebbene la dimensione dei grani possa comunemente variare tra alcuni micron e diverse centinaia di micron, particolari processi di solidificazione possono determinare la formazione di grani estremamente fini o, al contrario, molto grandi, al limite uno solo (tecniche di solidificazione in monocristallo). La dimensione dei grani, e di conseguenza la resistenza del materiale, può essere controllata e modificata in fase di solidificazione, ad esempio controllando la velocità di raffreddamento o inoculando la fusione, oppure mediante trattamenti termici o termomeccanici. All'interno della struttura cristallina esistono altri tipi di difetti di superficie. Ad esempio i bordi di grano di piccolo angolo sono il risultato dell'allineamento di dislocazioni che produce come conseguenza un limitato disallineamento delle orientazioni delle zone di cristallo divise da tali difetti (Fig.2.39). Fig Bordi di grano di piccolo angolo. I bordi di grano di piccolo angolo si possono formare a seguito di opportuni trattamenti termo-meccanici e risultano meno efficaci nel blocco delle dislocazioni rispetto ai normali bordi di grano. Movimento delle dislocazioni e meccanismi di rafforzamento dei metalli In un cristallo perfetto, esente da difetti, la deformazione conseguente ad una sollecitazione meccanica può avvenire a seguito dello spostamento contemporaneo di tutti gli atomi che stanno su un piano di scorrimento. La deformazione richiede, cioè, la rottura e riformazione dei legami degli atomi situati in corrispondenza dei piani di scorrimento. Questo richiede uno sforzo molto elevato, il cui valore teorico può essere stimato sulla base delle forze di legame tra gli atomi, ma che risulta di diversi ordini di grandezza superiore alla effettiva resistenza presentata dai comuni metalli. In realtà, in condizioni particolari, è possibile ottenere cristalli perfetti solo con dimensioni molto piccole: i wiskers sono fibrille monocristalline esenti da 14

15 difetti che presentano resistenze prossime ai valori teorici stimati e che sono ottenute a seguito di processi di cristallizzazione in condizioni molto particolari. Nei metalli comunemente impiegati sono invece presenti numerosi difetti (dislocazioni, difetti di punto, bordi di grano, ecc.) che forniscono un contributo positivo all'energia del sistema a causa delle tensioni locali presenti in prossimità dei difetti. Una dislocazione può muoversi nel cristallo a seguito di uno sforzo, lo sforzo critico risolto, molto inferiore al valore teorico, in quanto il suo movimento richiede la rottura e riformazione di un numero di legami molto più limitato rispetto a quanto richiesto dallo scorrimento di un cristallo perfetto. Tuttavia, se nel suo movimento la dislocazione incontra zone del cristallo con impaccamento imperfetto, lo sforzo necessario per superare tali zone aumenta e di conseguenza aumenta la resistenza a scorrimento del materiale. Il controllo delle imperfezioni nei sistemi cristallini è alla base di diversi metodi tecnologici di rafforzamento dei metalli. Si è già citato il controllo delle dimensioni dei grani: quando una dislocazione raggiunge un bordo di grano, il superamento della zona di difetto risulta impedito; all'aumentare dello sforzo applicato aumenta il numero di dislocazioni che, muovendosi nello stesso sistema di scorrimento, raggiungono e "premono" la dislocazione sul bordo di grano. Raggiunto un valore critico di sforzo, la dislocazione può saltare sul grano adiacente proseguendo il suo movimento. Ne risulta che in una struttura a grano fine, per procedere attraverso il materiale, la dislocazione richiede uno sforzo applicato superiore rispetto ad una struttura a grano grosso. L'aumento del numero di dislocazioni che possono interferire tra loro, l'introduzione di atomi di materiali diversi, la formazione di precipitati e fasi disperse, sono i meccanismi di indurimento e aumento della resistenza alla base dei processi di deformazione plastica e formazione di leghe metalliche. Le dislocazioni, ed in generale i difetti di impaccamento, si formano quindi nel momento della solidificazione del materiale. Tuttavia il numero delle dislocazioni può variare a seguito di trattamenti termici e meccanici applicati successivamente. Sono attivi infatti meccanismi di moltiplicazione o di scomparsa delle dislocazioni che possono essere sfruttati nei processi tecnologici. Quando una dislocazione si muove secondo un sistema di scorrimento, può incontrare ostacoli (impurezze, precipitati, altre dislocazioni non parallele, ecc) che ne bloccano il movimento in alcuni punti. Continuando ad incrementare lo sforzo la linea di dislocazione, nel tentativo di superare l'ostacolo, si incurva aumentando la sua lunghezza. In Fig.2.40 viene rappresentato schematicamente ciò che avviene al crescere della sollecitazione applicata quando una dislocazione di linea viene bloccata in due punti. Si osserva che le due anse della dislocazione che si vengono ad incontrare (Fig.2.40 c) sono costituite da tratti di dislocazione di segno opposto che si muovono sullo stesso piano di scorrimento: per effetto dello stesso sforzo si muovono in direzione opposta, incontrandosi, e il loro incontro determina la scomparsa della dislocazione in corrispondenza delle zone di contatto. Passando dalla situazione iniziale (Fig.2.40 a) alla situazione finale (Fig.2.40 d) quindi si è generato un anello di dislocazione che tenderà ad estendersi per effetto della sollecitazione applicata continuamente crescente. La linea di dislocazione tra i difetti potrà generare nuove dislocazioni moltiplicandole. Questo meccanismo di generazione di nuove dislocazioni viene definito sorgente di Frank- Read. Applicando una deformazione meccanica permanente, quindi, si ha un aumento del numero di dislocazioni che, se si muovono su piani di scorrimento diversi e non paralleli, potranno interferire tra di loro, aumentando ulteriormente la resistenza a scorrimento del materiale. Fig Sorgente di Frank-Read. La Fig.2.41 mostra come varia la resistenza a scorrimento in funzione della densità di dislocazioni nel materiale. Fig Resistenza a scorrimento in funzione della densità di dislocazioni. 15

ELETTRONEGATIVITA CAPACITA DI UN ATOMO DI ATTIRARE UNA COPPIA DI ELETTRONI DI LEGAME DETERMINANDO COSI IL TIPO DI LEGAME CHE SI VIENE A FORMARE. DERIVA DA ALTRE DUE GRANDEZZE I. Energia di ionizzazione:

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