DOTTRINA SOCIALE E UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE

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1 BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II DOTTRINA SOCIALE E UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE A VENT ANNI DALLA CENTESIMUS ANNUS Sala Pietro da Cortona, Musei Capitolini 3 Maggio 2011 Desidero ringraziare vivamente l Onorevole Lavinia Mennuni, Delegato del Sindaco per le pari opportunità e per i rapporti con il mondo cattolico e il Duca Leopoldo Torlonia, Presidente del Circolo San Pietro, per il gentile invito a raccontarvi del Beato Giovanni Paolo II, e del suo modo di interpretare e vivere la Dottrina Sociale, nell ambito dei suoi documenti magisteriali. Si sono appena concluse le celebrazioni dell Ottava di Pasqua, durante le quali abbiamo quotidianamente ricevuto il saluto del Signore Risorto: Pace a Voi (Gv 20, 19), e siamo nella scia della beatificazione del grande Pontefice Giovanni Paolo II, del Quale sono stato uno dei collaboratori. Nei rapporti con le Organizzazioni della Comunità Internazionale, quello della pace è stato senz altro un tema particolarmente ricorrente nell insegnamento di Giovanni Paolo II. Incluso nei documenti e nei discorsi, nelle ammonizioni e negli appelli, negli annunci e nelle denunce, nella preghiera e nella collaborazione ecumenica, nei viaggi pastorali e nella diplomazia, tramite gli incontri con i grandi della terra, così come con i giovani e gli ammalati. 1

2 Possiamo comprendere questo riferimento alla pace nel magistero di Giovanni Paolo II, se distinguiamo la pace come assenza di guerra e la pace come vita pienamente umana in Cristo. Il Papa si è occupato più volte della pace nel primo significato. Così facendo si può dire - Egli si è occupato della pace come tema particolare. Ma si è occupato ancora di più, infinitamente di più e costantemente, della pace nel secondo significato. Questa è infatti la pace piena, che comprende la verità, la libertà, la giustizia, e che sola permette di arrivare saldamente anche alla pace come assenza di guerra. Giovanni Paolo II ha parlato di pace sempre, anche quando non ha adoperato questa parola, anche quando ha parlato di giustizia o di solidarietà, dell unità della famiglia umana agli occhi di Dio, del progetto di Dio sull umanità, dei diritti di ogni uomo e dei suoi relativi doveri e di come la dignità della persona umana, dei popoli e delle culture, nasca dalla risposta alla chiamata di Dio. Non c è dubbio che il fenomeno storico più dirompente negli anni del suo pontificato sia stato il crollo del Muro di Berlino e la fine dei blocchi ideologici e militari contrapposti. Giovanni Paolo II ha interpretato teologicamente quel fatto come l ineluttabile conseguenza della determinazione dell ideologia marxista e del regime comunista di estirpare Dio dal cuore dell uomo. Questo è stato il motivo del crollo dell intero sistema. Da qui, anche e di conseguenza, la necessità di ripartire da Dio per ricostruire una pacifica convivenza umana non solo nei paesi usciti dal comunismo reale, ma anche in quelli dell occidente opulento e, soprattutto, in quelli più poveri. Con Giovanni Paolo II la pace acquista un forte significato culturale. La pace nelle società e tra i popoli è connessa con la risposta che gli uomini danno 2

3 all appello di Dio. Il senso della cultura e delle culture, il significato dell appartenenza alla storia di un popolo e di una nazione, la libertà di aderire ad una religione, sono tutte dimensioni fondamentali del problema dell identità dell uomo, che risponde alla chiamata di Dio. Secondo Giovanni Paolo II, si gioca qui il senso ultimo della costruzione della convivenza umana e, quindi, della pace. La pace è certamente pace sociale, convivenza solidale. E anche ordine economico e finanziario internazionale. E ordine mondiale fondato sui diritti dell uomo. Ma è soprattutto la risposta che gli uomini, come individui e come comunità, danno all appello di Dio. Da lì nasce la dignità della persona e dei popoli, l adesione ad una grammatica naturale - richiamata nel famoso discorso all Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nell ottobre del 1995, che resta uno degli insegnamenti più alti che il novello Beato ci ha lasciato una grammatica naturale di rapporti sociali fondata sul Creatore, sul rispetto di valori inviolabili e indisponibili all uomo, sull assunzione di doveri che superano il nostro individualismo e fondano i legami comunitari. Con Giovanni Paolo II, la prospettiva della pace si è progressivamente allargata e la pace è diventata sempre di più una esigenza della comunità mondiale. Ho iniziato il mio ministero episcopale con Lui. E vi racconto come avvenne questo inizio: era il giugno del 1980, durante la visita pastorale che il novello Beato realizzò in quel meraviglioso paese che è il Brasile. Ero allora Consigliere di Nunziatura, e mi ero occupato dell organizzazione dell evento. Al termine della celebrazione della Santa Messa, durante il pranzo alla Nunziatura, Giovanni Paolo II chiese di me al Nunzio. Monsignor Carmine Rocco gli disse Sta seduto davanti a Vostra Santità e il Papa mi disse Dopo devo parlarti Mi 3

4 avvicinai, incuriosito sul perché il Santo Padre volesse parlarmi personalmente. Con mia sorpresa, prendendomi per il braccio, mi disse: Mons. Martino, ti ho nominato Arcivescovo e Pro Nunzio in Tailandia e Delegato Apostolico in Laos, Malaysia, Singapore e Brunei. E aggiunse: la sola raccomandazione che ti faccio è questa: Abbi cura dei rifugiati. In quel momento, vi era oltre un milione di rifugiati nei campi di rifugiati della Tailandia, provenienti dalla Cambogia, dal Laos e dal Vietnam. Da allora, è iniziata una collaborazione sempre più stretta, che si è rafforzata negli anni. Nel 1982, in occasione di una delle numerosissime udienze che Egli mi concesse durante il suo Pontificato, mi salutò, apostrofandomi: Ecco il Nunzio che aiuta i comunisti!. Gli chiesi spiegazioni di quella affermazione, ed Egli mi disse che gli avevano riferito che aiutavo il regime dittatoriale comunista del Laos. In realtà, grazie all aiuto preziosissimo del Sovrano Militare Ordine di Malta, che mi procurava medicine, specialmente i farmaci necessari per la cura della lebbra, e grazie all aiuto di altre organizzazioni che mi permetteva di acquistare generi alimentari, specialmente riso, ero in grado di mettere a disposizione del Ministro della salute questi generi, assolutamente carenti in Laos, perché li destinasse ai centri di assistenza sanitaria. Risposi perciò Padre Santo non aiuto i comunisti, ma gli ammalati e gli affamati, che altrimenti morirebbero Questa spiegazione soddisfece il Santo Padre, che gradì molto questa attenzione per i malati e gli affamati, tanto che, l anno successivo, in un altra udienza, mi chiese Perché non fai pure in Vietnam quanto fai per il Laos? Nel 1984, il Santo Padre visitò la Tailandia e, tra le tappe della sua visita, inclusi una visita ad uno dei campi di rifugiati più importanti, dove potette vedere 4

5 di persona l efficace impegno di tante organizzazioni cattoliche in tutti i settori dell assistenza. Nel Novembre del 1986, ricevetti il Santo Padre in visita pastorale a Singapore, dove, nel 1981, avevo curato le trattative per l allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Nel corso di questa visita, il Beato Giovanni Paolo II mi disse: Ti mando alle Nazioni Unite, dove, come hai ben fatto in questa regione in questi anni, potrai occuparti ed aiutare tutti i rifugiati a livello internazionale. Nelle udienze che egli mi concedeva, mi raccomandava sempre di prendere cura dei rifugiati, raccomandazione che ho sempre fatto mia e attuato nel corso del mio servizio diplomatico. Nel 1992, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, il Cardinale Sodano, allora Segretario di Stato, che partecipava alla Conferenza, mi disse Avevo proposto al Papa di nominarti Nunzio in Brasile, ma non ha accettato, rispondendomi Martino deve restare all ONU Il Papa era ben al corrente del mio lavoro in quella sede. Infatti, tutte le volte che venivo a Roma, mi invitava a pranzo con Lui, ed, in quelle occasioni, Gli esponevo quanto succedeva all ONU. Una volta mi disse: Ti invito a tavola con me, così c è più tempo per informarmi e discutere sulla situazione internazionale. Una semplice udienza, che in genere dura quindici o venti minuti, non basterebbe. Il Papa, al dire di no alla mia nomina in Brasile, sapeva bene quanto stavo facendo in preparazione della presenza della Santa Sede alle Conferenze internazionali che si sarebbero celebrate nel decennio successivo. 5

6 Nell aprile del 2002, subito dopo la morte del Servo di Dio Cardinale François Xavier Nguyen van Thuan, Giovanni Paolo II mi chiamò e mi disse Hai lavorato abbastanza all ONU. Ora tutta la tua esperienza internazionale la metterai a servizio del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, del quale ti nomino Presidente. Anche nel mio nuovo ruolo, ho continuato a visitare moltissimi campi di rifugiati e profughi in tutto il mondo e credo che Papa Benedetto XVI, anche per questa ragione, mi nominò pure Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che ho diretto per tre anni, dal 1996 al Nel dicembre del 1986, iniziai la mia missione alle Nazioni Unite, dove, nel 1990, iniziò la grande stagione delle Conferenze Internazionali indette dall ONU. Ho partecipato, come Capo Delegazione della Santa Sede a ben undici Conferenze Internazionali. Non posso non ricordare i grandi successi ottenuti dalla presenza della Santa Sede a queste assise. Ve ne racconto solamente uno: alla Conferenza del Cairo su Popolazione e Sviluppo, nel 1994, riuscimmo ad eliminare ogni riferimento all aborto, crimine abominevole, che per noi cattolici grida vendetta al cospetto di Dio! Vi riuscimmo, grazie anche alle tante preghiere di molte comunità di suore che mi scrivevano e mi incoraggiavano. Ottenemmo che l articolo 8.25 del documento finale del Cairo dichiarasse che In nessun caso l aborto potrà essere invocato come metodo di pianificazione familiare. La famiglia è stato uno dei temi più sentiti da Giovanni Paolo II. Alle Nazioni Unite, dove sono rimasto Osservatore Permanente per ben 16 anni, ho vissuto la stagione del crollo del Muro di Berlino. Come osservatore 6

7 privilegiato, sedendo sugli scranni dell ONU, posso ben dire che, senza il supporto morale, spirituale e politico del Beato Wojtyla, senza l attuazione della sua idea di famiglia umana, difficilmente avremmo avuto lo sgretolarsi del Muro senza violenza. Ricordo che quando i tedeschi, dell Est e dell Ovest, attaccarono il muro, abbattendolo a colpi di piccone, non c è stato un solo attimo di tensione tra le forze dell ordine ed i manifestanti. Un vero miracolo di pace! Come posso non ricordare i contatti frequentissimi avuti con lo scoppio della prima Guerra del Golfo (1991), quando Giovanni Paolo II mi chiese di essere la sua cassa di risonanza nell alveo delle Nazioni Unite, ripetendo ad ogni appello del Santo Padre la parola che Cristo ci ha lasciato in eredità dopo la sua resurrezione: pace!. Ricordo l amarezza con cui l allora Segretario Generale della Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar mi comunicò che, purtroppo, tutti i nostri sforzi di mediazione erano stati vani e che l indomani sarebbero iniziati i bombardamenti. Ricordo il dolore del Santo Padre quando fui costretto a comunicargli questa terribile notizia. Dallo scenario internazionale in cui, per volontà espressa di Giovanni Paolo II, sono rimasto, come ho detto, per ben 16 anni, ho potuto osservare i cambiamenti dei tempi, lo spostamento delle divisioni mondiali che maturavano dalla fine del secondo conflitto mondiale. Ricordo che in occasione dell anno 2000, nella celebrazione del Giubileo dei Nunzi Apostolici, fummo tutti ricevuti dal Santo Padre, che, nel salutarmi, mi disse: Mons. Martino, tu parli con il mondo! 7

8 Fu proprio durante un pranzo che, parlando della preparazione della Conferenza Internazionale sulla donna di Pechino, suggerii a Giovanni Paolo II che, se avesse avuto in animo di nominare me come capo delegazione della Santa Sede alla Conferenza, avrebbe dovuto astenersene, e di pensare ad una donna. Fu una richiesta che colse di sorpresa non solo il Papa, ma anche gli altri commensali. Il Santo Padre domandò, infatti, conferma che mai nella storia una donna aveva guidato una delegazione pontificia. Ebbi l ardire di dirgli che Egli aveva fatto tantissime cose per la prima volta, e quindi avrebbe potuto benissimo disporre anche questo. Se ne convinse, e mi chiese sia di proporgli una terna di donne capaci per quest impegno, sia di essere capo alterno della delegazione vaticana. Così si compì un ulteriore passo in avanti verso la valorizzazione della donna, che, nel pontificato del Beato Karol Wojtyla, ha avuto ampi spazi di sviluppo. Ricordo la meravigliosa Lettera alle donne, scritta proprio in occasione della Conferenza di Pechino del Il Capo Delegazione della Santa Sede fu la Professoressa Mary Ann Glendon, che, anni dopo e nel pontificato di Benedetto XVI, è diventata Ambasciatore degli USA presso la Santa Sede e, poi, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Io, come avevo proposto, fui nominato Capo Delegazione Alterno. La tradizione dei pranzi con Giovanni Paolo II non si concluse con il mio ritorno a Roma come Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel 2002, succedendo al Servo di Dio Cardinale Francois-Xavier Nguyên Van Thuân, di cui io stesso ho avviato la causa di beatificazione nel Come dicevo, Giovanni Paolo II ha continuato ad invitarmi alla sua mensa anche nella mia veste di Capo Dicastero della Curia Romana. Fu in occasione di uno di questi 8

9 pranzi, che gli presentai il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, la cui realizzazione ha chiesto sei anni di lavoro. Sono responsabile degli ultimi due anni. Il Compendio è stato finora tradotto in quarantatre lingue, le ultime due sono il greco ed il cinese e presto sarà pronta la traduzione in arabo. Quando lo presentai a pranzo, il 25 ottobre 2004, la prima parola che mi disse il Santo Padre fu finalmente!. Questo perché aveva commissionato al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace la stesura del Compendio sei anni prima, nel 1998, quando i Vescovi Latino-americani Gli chiesero di poter disporre di una rassegna della Dottrina sociale della Chiesa. Durante il pranzo, l Aiutante di Camera spesso spostava il Compendio per mettergli davanti il piatto. Ma il Papa, dopo aver mangiato qualcosa, spostava il piatto e riprendeva a sfogliare il Compendio, andando dall indice tematico, al paragrafo di riferimento. Alla fine del pranzo, mi disse: Ma è davvero un bel libro!. L anno dopo, il giorno della memoria liturgica di San Francesco di Paola, Santo al Quale sono da sempre devoto e di cui porto il Titolo Cardinalizio, essendo il titolare della Chiesa di San Francesco di Paola ai Monti, e nei primi vespri della festa della Divina Misericordia, il Santo Padre è tornato alla casa del Padre. Ero nel mio appartamento in Vaticano quando ricevetti l annuncio. Ho tanti, tantissimi altri ricordi di incontri vissuti con Giovanni Paolo II, li custodisco tutti nel mio cuore. Grazie! Card. Renato Raffaele Martino Presidente emerito dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace e della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti 9

10 Desidero ringraziare vivamente l Onorevole Lavinia Mennuni, Delegato del Sindaco per le pari opportunità e per i rapporti con il mondo cattolico e il Duca Leopoldo Torlonia, Presidente del Circolo S. Pietro, per il gentile invito a raccontarvi del Beato Giovanni Paolo II, e del suo modo di interpretare e vivere la Dottrina Sociale, nell arco dei suoi documenti magisteriali. Abbiamo appena concluso le celebrazioni dell Ottava di Pasqua, dove abbiamo quotidianamente ricevuto il saluto del Signore Risorto: Pace a Voi (Gv 20, 19), e siamo nei postumi della beatificazione del grande Pontefice Giovanni Paolo II, di cui sono stato uno dei collaboratori. Nei suoi rapporti con gli Organismi della Comunità Internazionale, quello della pace è stato senz altro un tema particolarmente ricorrente nell insegnamento di Giovanni Paolo II. Annunciato con i documenti e i discorsi, con le ammonizioni e gli appelli, con gli annunci e le denunce, con la preghiera e la collaborazione ecumenica, con i viaggi pastorali e con la diplomazia, tramite gli incontri con i grandi della terra così come con i giovani e gli ammalati. Possiamo comprendere questo aspetto del magistero di Giovanni Paolo II sulla pace se distinguiamo la pace come assenza di guerra e la pace come vita 10

11 pienamente umana in Cristo. Il Papa si è occupato più volte della pace nel primo significato. Così facendo si può dire - egli si è occupato della pace come tema particolare. Ma si è occupato ancora di più, infinitamente di più e costantemente, della pace nel secondo significato. Questa è infatti la pace piena, che comprende la verità, la libertà, la giustizia, e che sola permette di arrivare saldamente anche alla pace come assenza di guerra. Giovanni Paolo II ha parlato di pace sempre, anche quando non ha adoperato questa parola, anche quando ha parlato di giustizia o di solidarietà, dell unità della famiglia umana agli occhi di Dio, del progetto di Dio sull umanità, dei diritti di ogni uomo e dei suoi relativi doveri e di come la dignità della persona umana, dei popoli e delle culture, nasca dalla risposta alla chiamata di Dio. Non c è dubbio che il fenomeno storico maggiormente dirompente negli anni del suo pontificato sia stato il crollo del Muro di Berlino e la fine dei blocchi ideologici e militari contrapposti. Giovanni Paolo II ha interpretato teologicamente quel fatto come l ineluttabile conseguenza della determinazione con cui l ideologia marxista e il regime comunista volevano estirpare Dio dal cuore dell uomo. Questo il motivo del crollo dell intero sistema. Da qui, anche e di conseguenza, la necessità di ripartire da Dio per ricostruire una pacifica convivenza umana non solo nei paesi usciti dal comunismo reale, ma anche in quelli dell occidente opulento e, soprattutto, in quelli più poveri. Con Giovanni Paolo II la pace acquista un forte significato culturale. La pace nelle società e tra i popoli è intesa come connessa con la risposta che gli uomini danno all appello di Dio. Il senso della cultura e delle culture, il significato dell appartenenza alla storia di un popolo e di una nazione, la libertà di 11

12 aderire ad una religione, sono tutte dimensioni fondamentali del problema dell identità dell uomo che risponde alla chiamata di Dio. Secondo Giovanni Paolo II si gioca qui il senso ultimo della costruzione della convivenza umana e, quindi, della pace. La pace è certamente pace sociale, convivenza solidale. E anche ordine economico e finanziario internazionale. E ordine mondiale fondato sui diritti dell uomo. Ma è soprattutto risposta che gli uomini individualmente e comunitariamente danno all appello di Dio. Da lì nasce la dignità della persona e dei popoli, l adesione ad una grammatica naturale - richiamata nel famoso discorso all assemblea delle Nazioni Unite nel 1995, che resta uno dei più alti insegnamenti che il novello Beato ci ha lasciato - di rapporti sociali fondata sul Creatore, il rispetto di valori inviolabili e indisponibili all uomo, l assunzione di doveri che superano il nostro individualismo e fondano i legami comunitari. Con Giovanni Paolo II la prospettiva della pace si è progressivamente allargata e la pace è diventata sempre di più una esigenza della comunità mondiale. Ho iniziato il mio ministero episcopale con lui. E vi racconto come andò: eravamo in Brasile, era il 1980, nella visita pastorale che il novello Beato realizzò in quel meraviglioso paese. All epoca ero Consigliere di Nunziatura, e mi ero occupato dell organizzazione dell evento. Al termine della celebrazione della Santa Messa, Giovanni Paolo II chiese al Nunzio di me. Mi avvicinai, incuriosito del perché il Santo Padre volesse parlarmi. Con mia sorpresa, afferrandomi per il braccio, mi disse: << Mons. Martino, ti ho nominato Arcivescovo e Pro Nunzio in Thailandia e Delegato Apostolico in >>. Da allora è iniziata una collaborazione sempre più stretta, che si è rafforzata negli anni. In occasione di 12

13 una delle numerosissime udienze che egli mi ha concesso, mi salutò apostrofandomi: <<Mons. Martino, il Nunzio che aiuta i comunisti!>>. Chiesi spiegazioni al Santo Padre di quell affermazione, e lui mi disse che gli avevano riferito che aiutavo il regime dittatoriale comunista, fornendo loro delle medicine. In realtà, grazie all aiuto preziosissimo del Sovrano Militare Ordine di Malta, che mi riforniva di medicine per gli ospedali, li consegnavo al ministro della salute perché rifornisse i nosocomi. Diedi quindi la spiegazione esatta al Santo Padre, che dovette in realtà gradire molto il mio occuparmi dei malati, perché l anno successivo, in un altra udienza, mi chiese di fare lo stesso per il Laos, la Birmania etc Successivamente, ricevetti il Santo Padre in visita pastorale in Singapore, dove avevo allacciato le relazioni diplomatiche, e nel 1986 in Thailandia. Al termine della visita al Re di Thailandia, il Beato Giovanni Paolo II mi disse: <<ti mando alle Nazioni Unite. E lì, come hai ben fatto qui in questi anni, ti raccomando i rifugiati>>. Nelle udienze che egli mi concedeva, mi raccomandava sempre di prendermi cura dei rifugiati, raccomandazione che ho sempre fatto mia e attuato nei Paesi dove ho avuto l onore ed il privilegio di rappresentare il Santo Padre. Successivamente, al mio rientro in Curia Romana, quale Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ho continuato a visitare moltissimi campi di Rifugiati e Profughi. Credo che Papa Benedetto XVI anche per questa ragione mi nominò anche Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Nel dicembre del 1986 sono alle Nazioni Unite, e lì inizia la grande stagione delle Conferenze Internazionali indette dall ONU. Ho partecipato, come 13

14 Capo Delegazione Vaticana a ben. Conferenze Internazionali. Non posso non ricordare i grandi successi ottenuti dalla presenza della Santa Sede a questi incontri. Ve ne racconto uno: alla Conferenza del Cairo nel 1994 riuscimmo ad eliminare l articolo che consentiva di usare l aborto come metodo di pianificazione familiare. Un crimine abominevole, che per noi cattolici grida vendetta al cospetto di Dio! Riuscimmo, grazie anche alle tante preghiere di molte comunità di suore che mi scrivevano, ad ottenere che mai l aborto sarà ammesso come metodo di pianificazione familiare. La famiglia era uno dei temi più sentiti da Giovanni Paolo II. Alle Nazioni Unite, dove sono rimasto Osservatore Permanente per ben 16 anni, ho vissuto la stagione del crollo del Muro di Berlino. Come osservatore privilegiato, sedendo nell assise dell ONU, posso ben dire che senza il supporto morale, spirituale e politico del Beato Wojtyla, senza l attuazione della sua idea di famiglia umana, difficilmente avremmo avuto lo sgretolarsi del Muro senza violenza. Ricordo che quando i tedeschi, dell Est e dell Ovest, attaccarono il muro, abbattendolo a colpi di piccone, non c è stato un solo attimo di tensione tra le forze dell ordine e i manifestanti. Un vero miracolo di pace! Come non posso non ricordare i contatti frequentissimi avuti con lo scoppio della prima Guerra del Golfo (1991), quando Giovanni Paolo II mi chiese di essere la sua cassa di risonanza nell alveo delle Nazioni Unite, ripetendo ad ogni appello del Santo Padre la parola che Cristo ci ha lasciato in eredità dopo la sua resurrezione: pace!. Ricordo l amarezza con cui l allora Segretario Generale della Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar Guerra mi comunicò che purtroppo tutti i nostri sforzi di mediazione erano stati vani e che l indomani sarebbero 14

15 iniziati i bombardamenti. Ricordo il dolore del Santo Padre quando fui costretto a comunicargli questa terribile notizia. Dallo scenario internazionale in cui, per volontà espressa di Giovanni Paolo II, sono rimasto per ben 16 anni, ho potuto osservare i cambiamenti dei tempi, lo spostamento delle divisioni mondiali che maturavano dalla fine del secondo conflitto mondiale. Ricordo che in occasione dell anno 2000, nella celebrazione del Giubileo dei Nunzia Apostolici, fummo tutti ricevuti dal Santo Padre e lui nel salutarmi mi disse: <<Mons. Martino, tu parli con il mondo!>>. Ogni volta che ritornavo a Roma, per le varie riunioni in Segreteria di Stato e per i tradizionali incontri che dovevo avere con il Papa, Giovanni Paolo II mi invitava sempre a pranzo. Questo perché, mi diceva, a pranzo avremmo avuto un paio d ore per parlare, mentre concedendomi l udienza, mi avrebbe potuto dedicare solo una ventina di minuti. Fu proprio durante un pranzo che, parlando della preparazione della Conferenza Internazionale sulla donna di Pechino, suggerii a Giovanni Paolo II che se avesse avuto in animo di nominare me come capo delegazione della Santa Sede, di soprassedere per questa conferenza, ma di pensare ad una donna. Fu una notizia che colse non solo il Papa di sorpresa, ma anche gli altri commensali. Il Santo Padre domandò, infatti, conferma che mai nella storia una donna aveva guidato una delegazione pontificia. Ebbi l ardire di dirgli che lui aveva fatto tantissime cose per la prima volta, e quindi poteva benissimo disporre questo. Se ne convinse, e mi chiese sia di proporgli una terna di donne valide per quest impegno, sia di essere capo alterno della delegazione vaticana. Così si compì un ulteriore passo in avanti verso la valorizzazione della donna, che nel pontificato del Beato Karol Wojtyla ha avuto ampi spazi di sviluppo. Ricordo la meravigliosa Lettera alle donne, scritta in occasione 15

16 proprio della Conferenza di Pechino nel I Capi Delegazioni del Vaticano furono la Prof. Mary Ann Glendon, che anni dopo e nel pontificato di Benedetto XVI è diventata Ambasciatore degli USA presso la Santa Sede e il sottoscritto. Sono stato Capo Delegazione per.. volte. La tradizione dei pranzi con Giovanni Paolo II non si concluse con il mio ritorno a Roma come Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel 2002, succedendo al Servo di Dio Cardinale Francois-Xavier Nguyên Van Thuân, di cui io stesso ho avviato la causa di beatificazione nel Come dicevo, Giovanni Paolo II ha continuato ad invitarmi alla sua mensa anche nella mia veste di capo dicastero della Curia Romana. Fu in occasione di uno di questi pranzi, che gli presentai il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, la cui realizzazione ha chiesto sei anni di lavoro. Sono responsabile degli ultimi due anni di lavoro. Quando lo presentai a pranzo, il 25 ottobre 2004, le prime parole che mi disse il Santo Padre furono: <<finalmente!>>. Questo perché aveva commissionato la stesura del Compendio sei anni prima, come ho precedentemente accennato. Durante il pranzo l Aiutante di Camera spesso gli spostava il Compendio mettendogli davanti il piatto. Ma il Papa, dopo aver mangiato qual cosina, spostava il piatto e continuava a leggere, andando dall indice tematico, alla pagina di riferimento. Alla conclusione mi disse: <<E proprio un bel libro!>>. L anno dopo, il giorno della memoria liturgica di San Francesco di Paola, santo a cui sono da sempre devoto e di cui porto il Titolo Cardinalizio, essendo il titolare della Chiesa di San Francesco di Paola ai Monti, e nei primi vespri della 16

17 festa della Divina Misericordia, il Santo Padre è tornato alla casa del Padre. Ero nel mio appartamento in Vaticano quando ricevetti l annuncio. Ho tanti, tantissimi altri ricordi vissuti con Giovanni Paolo II, li custodisco nel mio cuore. Grazie! Card. Renato Raffaele Martino Presidente em. dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace e della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti 17

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