Penale Sent. Sez. 1 Num Anno 2016 Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA Relatore: ROCCHI GIACOMO Data Udienza: 06/04/2016 SENTENZA

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1 Penale Sent. Sez. 1 Num Anno 2016 Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA Relatore: ROCCHI GIACOMO Data Udienza: 06/04/2016 sul ricorso proposto da: SENTENZA CRISTODERO ANTONIO N. IL 08/11/1964 avverso la sentenza n. 2030/2010 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del 25/03/2014 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/04/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI i, Udito il Procuratore Generm_ in persona del Dott. C 13,,y,t_ \-- che ha concluso per (f) A-C KO-Ii4k),R.Vb u 9hz)cig.2, Udito, per la parte ile, l'avv Udit i dife Avv.

2 RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma di quella del Tribunale di Locri, confermava la condanna di Cristodero Antonino per il delitto di cui all'art. 10 legge 497 del 1974, contestato per la detenzione illegale di due cartucce cal. 9 parabellum e, ritenuta l'ipotesi attenuata di cui all'art. 5 stessa legge, rideterminava la pena in mesi sei di reclusione ed euro 450,00 di multa; dichiarava estinte per intervenuta prescrizione le contravvenzioni contestate. La Corte ricordava che le due cartucce, come risultava dalla consulenza tecnica disposta dal P.M., erano in mediocre stato di conservazione, ma integre e con la capsula d'innesco inesplosa e, quindi, potenzialmente funzionanti e classificabili come munizioni da guerra. La Corte riteneva che la perizia richiesta dall'appellante fosse superflua, alla luce della precisa consulenza balistica che aveva superato l'esame grossolano e superficiale svolto dagli operanti in occasione del sequestro: i RIS che avevano svolto la consulenza erano composti da personale esperto e munito della strumentazione più efficace ed evoluta. 2. Ricorre per cassazione il difensore di Antonio Cristodero, deducendo manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Esisteva una divergenza tra la descrizione operata nel verbale di sequestro redatto dai Carabinieri di Riace e quella presente nella relazione del consulente tecnico del P.M.: ciò imponeva l'espletamento di una perizia; l'ordinanza che aveva respinto la relativa richiesta non era logica e coerente con le risultanze processuali. Il ricorrente conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO La sentenza impugnata deve essere annullata. Questa Corte ha recentemente, ma ripetutamente affermato che la pistola semiautomatica 9 x 19 "parabellum" ha natura di arma comune da sparo, con la conseguenza che le cartucce cal. 9 x 19 GFL, che ne costituiscono la naturale dotazione, devono essere considerate munizioni di arma comune da sparo, la cui detenzione integra la contravvenzione prevista dall'art. 697 cod. pen. (Sez. 1, n del 05/12/ dep. 17/02/2015, Colitti, Rv ): l'orientamento tradizionale di questa Corte, da ultimo ribadito da Sez. 1 n del 2

3 14/03/2013, Rv , e da Sez. 1 n del 20/03/2012, Rv , secondo cui, anche dopo la modifica apportata alla L. n. 110 del 1975, art. 2 dal D.Lgs. n. 204 del 2010, art. 5, comma 1, lett. a), la pistola semiautomatica calibro 9 x 19, camerata per le munizioni cal. 9 parabellum, e le relative cartucce, sono da considerarsi arma e munizioni da guerra, sul duplice presupposto della spiccata potenzialità offensiva e della destinazione esclusiva alla dotazione delle forze armate e dei corpi armati dello Stato, è stato, infatti, rimeditato. Il criterio della spiccata potenzialità offensiva, che caratterizza la definizione normativa delle armi da guerra (e delle munizioni destinate al loro caricamento) contenuta nella L. n. 110 del 1975, art. 1, commi 1 e 3, come requisito tipico e individualizzante dell'appartenenza del modello di pistola in oggetto alla categoria delle armi da guerra (o tipo guerra), è contraddetto e messo in crisi dalla pacifica qualificazione normativa come arma comune da sparo della pistola semiautomatica calibro 9 x 21, liberamente commerciabile come tale (nell'ovvia osservanza della normativa di pubblica sicurezza) sul mercato interno, pistola che costituisce un modello di arma corta da fuoco munita di caratteristiche tecniche e di capacità balistiche pressoché identiche (se non addirittura superiori) a quelle del modello 9 x 19, rispetto al quale l'unica differenza è rappresentata dal fatto di essere camerata per le cartucce cal. 9x21 IMI, dotate di un bossolo più lungo di 2 mm e di una potenza di sparo certamente non inferiore a quella della cartuccia 9 x 19 parabellum (che costituisce, in generale, una delle cartucce per pistola più diffuse e utilizzate al mondo, anche al di fuori dell'impiego militare e da parte delle forze di polizia, perché unisce una traiettoria piatta a un moderato contraccolpo e a un discreto potere d'arresto, oltre ad avere un costo economico contenuto). L'esclusione dell'intrinseca potenzialità offensiva, tipica del munizionamento per armi da guerra (o tipo guerra, secondo la definizione contenuta nella L. n. 110 del 1975, art. 1, comma 2), della cartuccia cal. 9 x 19 parabellum è confermata dall'esistenza e dalla commerciabilità sul mercato italiano di munizioni per arma comune da sparo dotate di una superiore capacità di offesa alla persona (come il calibro 357 magnum 9 x 33 mm R), liberamente detenibili da soggetti privati nel rispetto della normativa di pubblica sicurezza, nonché - soprattutto - dalla circostanza che armi lunghe da fuoco camerate per cartucce del medesimo calibro 9 x 19 parabellum, come la carabina Thureon Defense di fabbricazione USA, hanno recentemente ottenuto dal Banco nazionale di prova di Gardone Valtrompia la certificazione di armi comuni da sparo importabili e commerciabili in Italia. La conclusione che ne consegue, per cui la qualificazione in termini di arma 3

4 da guerra della pistola semiautomatica camerata per l'utilizzo di munizionamento cal. 9 x 19 parabellum non può discendere da un - inesistente - carattere intrinseco della stessa come arma destinata, in forza di una naturale potenzialità offensiva, all'impiego bellico, trova riscontro, sul piano normativo - sistematico, nel fatto che la relativa disciplina è contenuta non già nella L. n. 110 del 1975, art. 1 (che definisce, come si è visto, le armi da guerra, le armi tipo guerra e le munizioni da guerra), ma nel successivo art. 2, che definisce le armi e le munizioni comuni da sparo, prevedendo - al comma 2 - il divieto di fabbricazione, di introduzione nel territorio dello Stato e di vendita del relativo modello di armi corte da fuoco "salvo che siano destinate alle forze armate o ai corpi armati dello Stato, ovvero all'esportazione", così presupponendo che, in mancanza di tale divieto, le armi stesse sarebbero altrimenti commerciabili nello Stato secondo la disciplina delle armi comuni da sparo (posto che, se si trattasse di armi da guerra rientranti nella definizione dell'art. 1, l'importazione in Italia e la vendita ai soggetti privati sarebbe di per sé inibita dalla relativa qualità, senza la necessità di stabilire un apposito divieto al riguardo). Il divieto assoluto, stabilito dalla normativa nazionale per i soggetti privati, di acquistare, detenere e portare (con le debite autorizzazioni) il modello di pistola calibro 9 parabellum è dunque funzionale ad assicurarne la destinazione esclusiva alla dotazione delle forze armate e dei corpi di polizia, e prescinde da una presunta qualità e natura intrinseca di arma da guerra dovuta ad una (inesistente) maggiore potenzialità offensiva delle cartucce 9 x 19 parabellum, il cui impiego sarebbe altrimenti - indifferentemente - proibito anche per le armi lunghe da fuoco: la relativa disciplina assolve così la funzione, non già di tutelare la sicurezza pubblica inibendo la disponibilità ai soggetti privati di un'arma (e di un munizionamento) dotati della spiccata pericolosità e azione lesiva tipiche delle armi da guerra (che la pistola calibro 9 parabellum si è visto non possedere), ma di consentire - o per converso di escludere - l'immediata riferibilità, in termini di tendenziale certezza, all'azione delle forze armate o di polizia, in caso di sparo o conflitto a fuoco, dei bossoli dei colpi esplosi da armi corte il cui calibro corrisponda (o viceversa non corrisponda) allo specifico modello della pistola di servizio in dotazione esclusiva ai corpi armati dello Stato (posto che la similare cartuccia cal. 9 x 21 IMI, proprio a causa della maggiore lunghezza del bossolo, è impossibile da camerare sulle pistole munite di una camera di scoppio lunga solo 19 mm). La destinazione, per quanto esclusiva, all'armamento delle forze armate e dei corpi armati dello Stato (italiano) non può pertanto assumere, nel caso della pistola semiautomatica calibro 9 parabellum, alcun ruolo decisivo ai fini della sua classificazione e qualificazione giuridica come arma da guerra, che - a seguito 4

5 dell'abrogazione della L. n. 110 del 1975, art. 7 per effetto della novella di cui alla L. n. 183 del 2011, art. 14, con conseguente soppressione con decorrenza dal 10 gennaio 2012 del catalogo ivi previsto - non è più possibile ricavare, per esclusione, neppure dalla mancata iscrizione nel catalogo nazionale delle armi comuni da sparo. Un'importanza fondamentale rivestono, invece, agli effetti della risoluzione della questione di diritto inerente alla corretta qualificazione che deve attualmente riconoscersi alla pistola in oggetto, la sopravvenienza della norma di cui alla L. 7 agosto 2012, n. 135, art. 23, comma 12-sexiesdecies, (di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95), che, a seguito della abolizione del catalogo previsto dalla L. n. 110 del 1975, art. 7 ha attribuito al Banco nazionale di prova di cui all'art. 11, comma 2 della medesima legge la competenza a verificare, per ogni arma da sparo prodotta, importata o commercializzata in Italia, la qualità di arma comune da sparo, nonché le conseguenti determinazioni che sono state adottate dal suddetto Banco nazionale di prova in attuazione dei nuovi compiti assegnati dalla legge nella procedura per la classificazione e il riconoscimento delle armi comuni da sparo. In particolare, per quanto qui interessa, deve essere richiamata la Deliberazione, pubblicata sul sito internet ufficiale del Banco nazionale di prova di Gardone Valtrompia, adottata all'esito della riunione dei consiglio di amministrazione del 1 marzo 2013 e approvata dai Ministero dello sviluppo economico in data 19 aprile 2013, che, con specifico riguardo alle armi da fuoco corte semiautomatiche calibro 9 x 19 parabellum, dopo aver dato atto che la normativa nazionale di cui al D.Lgs. n. 204 del 2010, art. 5 ne consente "la fabbricazione e l'esportazione secondo la normativa delle armi comuni", ma "tuttavia ne vieta la commercializzazione in Italia ai soggetti privati", ha precisato che "per evitare equivoci" (come testualmente recita la risoluzione) le armi stesse non saranno inserite nell'elenco delle armi classificate, ma che sul certificato di prova rilasciato al produttore/importatore il Banco dichiarerà che si tratta di "arma comune non commercializzabile in Italia". Alla stregua di tale ultima determinazione proveniente dall'ente istituzionalmente deputato a verificare la qualità di arma comune da sparo delle armi da fuoco prodotte o importate in Italia, non è dunque più possibile dubitare della qualità di arma comune da sparo che deve riconoscersi, sul piano normativo, alla pistola semiautomatica calibro 9 x 19, camerata per le munizioni cal. 9 parabellum, il cui inserimento nell'elenco delle armi commercializzabili in Italia ai soggetti privati e inibito soltanto dal divieto normativo - contenuto nella L. n. 110 del 1975, art. 2, comma 2 - che ne riserva la destinazione d'uso alle forze armate e ai corpi armati dello Stato, e non dalla natura e qualità intrinseca 5

6 del modello di pistola in oggetto, che è e resta quella di un'arma comune da sparo; e tale conclusione, coerente e consequenziale a tutte le considerazioni che precedono, è condivisa e recepita da questa Corte. Deve dunque di conseguenza essere affermata la natura di munizioni per arma comune da sparo delle due cartucce cal. 9 x 19 GFL-Giulio Fiocchi Lecco detenute dall'imputato, in quanto prive delle caratteristiche di micidialità e di forza dirompente che costituiscono il discrinnine per poterle qualificare come munizionamento da guerra (vedi Sez. 1 n del 3/02/2011, Rv ), anche perché, come opportunamente evidenziato in dottrina, in sede di commento alla sentenza n del 2014, "la camiciatura non fa diventare da guerra un proiettile", come si evince dalla circostanza che in alcuni Stati (la Svizzera) essa è resa obbligatoria proprio per le munizioni comuni. La nuova qualificazione del fatto come contravvenzione ai sensi dell'art. 697 cod. pen. comporta la presa d'atto dell'intervenuta prescrizione del reato, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Le statuizioni in punto di confisca delle munizioni e della baionetta sequestrate dettate dal giudice di primo grado e confermate da quello d'appello restano ferme in forza del disposto dell'art. 6 legge 152 del P.Q.M. Qualificato il fatto ai sensi dell'art. 697 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni in punto di confisca. Così deciso il 6 aprile 2016 I Consigliere estensore Il Presidente

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