LA SIGNORA E I SUOI 5 ELEFANTI

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1 WILLIAM LEE WILDER MAURIZIO SPADA GETTY IMAGES QUIQUE PEINADO RANXEROX ROCK A QUATTRO RUOTE THE WARLOCKS ALBERTO PASINI, L ORIENTALISTA LA SIGNORA E I SUOI 5 ELEFANTI TRAME DI VITA Una testimone del secolo passato, un film profondo e plurisensioriale di MARIA GROSSO Come dirvi di Svetlana Geier? Per certi versi la sua vita è irraccontabile. Troppo vasta, innervata, complessa, crocevia della storia ucraina, russa e tedesca del 900 e insieme dei segreti abissali della grande letteratura Come provare a restituire una tale stupefacente architettura di destino? Come coglierne le mille avventurose corrispondenze, i dissidi laceranti, le infinite tangenze e rifrazioni? Per fortuna c è chi ha sentito il bisogno di mettere la propria arte e la propria cura al servizio di questa storia, per custodirne il valore e per diffonderla. Quando Vadim Jendreyko, regista svizzero-tedesco, la incontra per la prima volta nel 2005, Svetlana Geier è una donna che ha già vissuto tanto e che porta con sé il frutto di 50 anni di lavoro come traduttrice letteraria dal russo al tedesco. Puškin, Gogol, Tolstoj, Solženicyn, Bulgakov, tra gli altri, sono stati ospiti della sua mente, del suo cuore e dei suoi sensi, fino a quando all inizio degli anni 90 le è stato proposto di affrontare gran parte dell opera di Dostoevskij. Basterebbe solo questo a renderla affascinantissima. Ma c è molto altro. Nata Ivanova a Kiev nel 1923, figlia unica di genitori legati alla cultura russa, appena adolescente conosce sulla propria pelle gli esiti delle purghe staliniane: nel 38 il padre è arrestato, incarcerato e torturato e, sebbene venga rilasciato - caso raro - dopo un anno e mezzo, riporta tali ferite fisiche e morali da non sopravvivere che sei mesi. Un arco di tempo in cui, mentre la madre lavora per mantenerli facendo le pulizie, è lei a curarlo e a condividere con lui il peso di una memoria insostenibile. Dopo la morte del padre, Svetlana, che non ha mai smesso di tenere accesa la sua passione per lo studio, è spinta dalla madre a coltivare l apprendimento delle lingue, francese e tedesco, intrapreso privatamente da bambina. Potrà essere questa la sua vera «dote» e forse un giorno la sua salvezza. Intanto la storia incalza. Il 22 giugno 41 è il giorno del suo diploma ma è anche quello in cui i nazisti invadono l Ucraina, mentre parte della popolazione, provata dalla carestia del (da 5 a 11 milioni di morti), e dalle azioni del regime sovietico che, volendo annientare le correnti nazionaliste, strangola gli snodi ferroviari, li accoglie come liberatori. Nel frattempo un altra perdita enorme sta per scavare l anima di Svetlana. Tra i ebrei deportati e trucidati dai SEGUE A PAGINA 2

2 (2) ALIAS UNA RAGAZZINA APPASSIONATA DI LINGUE UCRAINA Un lungo viaggio ai confini d Europa SEGUE DALLA COPERTINA nazisti nel campo di Babij Jar, c è la sua amica più cara, Neta Tkatsch. Qualche tempo dopo, sua madre, prostrata dalla fame e dalle privazioni, affitta una stanza a un ufficiale tedesco di nome Kerssenbrock, mentre il suo compito è quello di mediare linguisticamente tra gli occupanti e le persone del luogo, cosa che finisce per procurarle anche un lavoro come traduttrice presso l Istituto Geologico di Kiev e in seguito presso un ufficio a Dortmund. Dopo la sconfitta di Stalingrado, i nazisti si avviano a ritirarsi dalla città. Gran parte della popolazione è esiliata, chi rimane è soggetto alle purghe di Stalin. Svetlana e la madre sono internate in un campo di lavoro per deportati dell Est a Dortmund. Qui la ragazza è interrogata diverse volte dalla Gestapo. In seguito, grazie agli interventi di Kerssenbrock e di un funzionario conosciuto all Istituto Geologico è rilasciata e parte per Berlino dove, dopo aver affrontato un test, le viene conferita (cosa incredibile per una cittadina sovietica), una borsa di studio della Fondazione Humboldt, mentre un funzionario nazista, che pagherà il gesto con l epurazione, le procura due passaporti per stranieri per recarsi a Friburgo con la madre. Lì cominciano una nuova vita. Svetlana si sposa acquisendo il nome Geier, diviene madre di due figli, quindi divorzia, nel frattempo ha imboccato un lunghissimo percorso di insegnamento universitario, nonché di fine traghettatrice linguistica della letteratura russa e delle sue infinite sottigliezze etiche e verbali Ecco: da questa storia amplissima, dalla sensibilità registica di Vadim Jendreyko e da un apporto emozionante di materiali fotografici e filmici di repertorio, nel 2009 ha origine, dopo una intensa gestazione, il documentario Die Frau mit den 5 Elefanten (The woman with the 5 elephants), dove i pachidermi del titolo, nell affettuosa denominazione coniata per loro dalla signora Geier, a sorpresa sono i 5 grandi romanzi di Dostoevskij, la cui traduzione porta a termine nell arco di 20 anni. Si tratta di un film profondissimo, plurisensoriale, impalpabile e ruvido allo stesso tempo, attraversato, come le luci di un treno nella notte, da una struttura temporale raffinata e complessa, che pure scaturisce dal naturale evolversi degli eventi: a due mesi dall inizio delle riprese, un incidente grave subito dal figlio di Svetlana (che smette di tradurre per occuparsi di lui), dischiude uno LE BIOGRAFIE spiraglio nella memoria della donna, generando un flusso di emozioni legate al passato, al padre e all amica tanto amata, fino a un incredibile viaggio che la riporta, insieme alla nipote, complice un invito per tenere delle lezioni, ancora una volta - dopo 64 anni - in Ucraina. Un tragitto che la camera segue passo passo, con tutto il suo precipitato emotivo gigantesco, mentre il paesaggio dal treno si fa sempre più bianco e rarefatto. Con una capacità meravigliosa di essere sempre vicinissimo a lei, ma mai invasivo, Jendreyko, in causa anche come narratore storico fuori campo, coglie dunque Svetlana Geier ora nell intimità dei suoi riti domestici e conviviali (ha tante nipoti), ora intenta al tempio-scrivania dove fioriscono le sue traduzioni: tra i suoi collaboratori uno è un musicista-lettore, a testimonianza Nel 1957 Svetlana Geier comincia a insegnare presso l Universität Karlsruhe. Dal 63 all 89 lavora come lettrice presso la Facoltà Slava di Friburgo con specializzazione in linguistica pedagogica, traduzione e letteratura russa del XIX e del XX secolo. Nel 92 inizia, per l editore Egon Ammann, l impresa di tradurre i 5 elefanti di Dostoevskij: Delitto e castigo (1866), L idiota (1868), I demoni ( ), L adolescente (1875), I fratelli Karamazov ( ). Nel 2008 comincia la traduzione de Il giocatore, pubblicato da Ammann nel 2009, anno in cui traduce la sua ultima opera di Dostoevskij, Memorie da una casa morta. Ha ricevuto molti premi per la sua opera di mediazione della cultura, della storia e della letteratura russa. Vadim Jendreyko è nato nel 1965 in Germania ed è cresciuto in Svizzera, dove oggi vive, a Basilea. Frequenta l Accademia d Arte di Düsseldorf e realizza il suo primo film nell 86. Nel 2002 insieme a Hercli Bundi fonda la Mira Film GmbH ( per cui lavora come produttore e coproduttore. Nel 2002 firma il doc «Bashkim», nel 2003 «Transit Zurich airport», nel 2004 «Maximum performance». «The woman with the 5 elephants» è presentato al Festival di Locarno nel Il film ha ricevuto numerosissimi premi e ha girato i festival del mondo, Vadim Yendreyko lo condivide con i ragazzi nei licei svizzeri, e attualmente fa parte del programma di una manifestazione culturale in Giappone. La casa di distribuzione italiana è CineAgenzia presso Camposanpiero (Pd), Nel 2010 Jendreyko ha realizzato il documentario «Die Singende Stadt». (m.g.) della dimensione profondamente auditiva e insieme sensuale della letteratura. E se nell assoluta continuità tra creazione manuale (cucinare stirare ricamare) e intellettuale, per lei traduzione è desiderio, ricerca di qualcosa che emerge dal tutto e che alle successive riletture continua a stillare doni, che cosa è l esistenza? Col suo corpo agile e curvo, lo sguardo liquido incredibilmente intelligente e arguto, la pelle sottilissima e istoriata, guardando in macchina, Svetlana risponde : Caro amico, non senti che il rumore della vita altro non è se non un eco di armonie trascendenti? Che niente esiste se non un cuore che parla a un altro cuore senza parole?. Quello che segue è il mio incontro con Vadim Jendreyko al Festival del Film di Locarno 2009, in quell occasione è avvenuta la prima parte dell intervista, che ho scelto di lasciare al presente di allora. Nel colloquio datato 2014 lo ritroveremo oggi e sapremo quale treno ha preso nel frattempo la storia di Svetlana Geier. Come l hai conosciuta? 4 anni fa stavo lavorando a un progetto cinematografico ispirato all opera di Dostoevskij e un amico me l ha segnalata come la massima conoscitrice in materia. Così le ho chiesto di incontrarci. La nostra prima conversazione è stata infinitamente interessante e ci siamo rivisti ancora. A quel punto quello che stavo cercando è stato gradualmente messo da parte e ho sentito l impulso di fare un film con lei, un film che raccontasse la sua storia. I nostri incontri mi avevano creato una curiosità assoluta di sapere di più della sua vita, di indagare dove questa donna prendesse l energia per affrontare le fatiche di Ercole della traduzione. Così dopo quattro mesi le ho proposto il progetto. Come ha reagito? Ha detto subito sì, con facilità. Ma poi quando ho iniziato a spiegarle le varie fasi di realizzazione, si è messa a ridere: non riusciva a capire il perché del mio interesse. Comprendeva l attenzione per il suo lavoro come traduttrice ma non quella verso la sua persona. Che rapporto ha col cinema? Lo segue? Va a teatro, ma rarissimamente al In pagina Svetlana Geier nella sua casa, al tavolo con i volumi dei romanzi di Dostojevskji da lei tradotti, insieme alla nipote con cui intraprende il viaggio in Ucraina, la locandina del film che la ritrae diciottenne cinema. Ciò nonostante, quando le ho mostrato il film ha fatto osservazioni da critica raffinata. Fare un film ha molto in comune con il tradurre. Lei non comprende le questioni tecniche, ma percepisce l essenza. Quando un film è finito è come un testo, non lo leggi da sinistra a destra in modo consequenziale, lineare, ma secondo un movimento che parte dalla fine. La fine è come una finestra attraverso cui è possibile abbracciarlo tutto e ripercorrerlo a ritroso. Da tempo avevo maturato dentro di me questo pensiero ma non l avevo mai condiviso con nessuno. Come siete arrivati alla prima immagine? Nelle fasi iniziali del progetto avevo bisogno di una sua foto per completare il dossier da sottoporre ai produttori. Ma dopo ogni incontro tornavo a mani vuote. Non ero capace di chiederla veramente e lei, dal canto suo, mi liquidava con un la prossima volta. Intanto il tempo passava e i miei colleghi non riuscivano a capire il perché delle mie difficoltà: Quest uomo è pazzo, non riesce a fare una foto. Finché un giorno finalmente sono riuscito a proporle di farne una insieme, tenendo io stesso la macchina (per fortuna ancora non si diceva selfie, ndr). Da quel momento in poi il film è partito. E non le è importato più che la riprendessimo mentre lavorava ai testi o in cucina. Tutto ha cominciato a fluire. Dal film emerge una grandissima capacità di attesa e di ascolto, di ricezione dei silenzi, delle pause, dei bisbigli, delle minime variazioni del suo stato emotivo. Avevi avuto qualche esperienza di relazione ravvicinata con una persona così anziana, una parente o altro? Sì, ma non così vicina, e poi ogni rapporto è differente. Quando faccio un film, non è su qualcuno, ma con qualcuno. Allora devo rispettarne il ritmo. Capire quando è possibile bussare alla porta, senza però aprire e aspettando che mi si apra dall interno. Per fare un film su di te potrei ricoprirti di domande. Ma non è detto che tu mi dica nulla. Forse tra un mese forse tra un anno tu mi aprirai la tua porta. O forse mai. Certo io posso bussare un po più forte, ma se sfondo la porta come un ladro non troverò mai i tuoi veri gioielli. I veri gioielli mi arriveranno soltanto attraverso un dono volontario. Nel caso di Svetlana Geier ci sono voluti 8 mesi per approdare a quella prima foto. Solo allora i fiori si sono aperti.

3 ALIAS (3) Nel documentario del regista svizzero tedesco Vadim Jendreyko, che ora è un evento in Giappone e sarà distribuito anche in Italia, il destino complesso di una donna di cultura, traduttrice di Dostojevskij che dopo 64 anni decide di tornare nel suo paese lasciato a vent anni Adesso lei sembra non accettare nulla che non voglia interamente, ma c è stato un tempo in cui ha dovuto accettare cose orribili che non voleva. Sì, ha vissuto circostanze storiche in cui non c era scelta. O solo una scelta minima. Quando gli eventi più duri sono accaduti era davvero molto giovane. Così la sua conoscenza di quanto stesse realmente avvenendo si è sviluppata solo in un secondo tempo. Allora, come lei stessa si è definita, era soltanto una ragazzina appassionata di lingue, lontana dalle questioni politiche. Eppure è stato a quel tempo che è stata gettata nel mezzo di circostanze storiche enormi. Stalin, Hitler, la Storia più folle a cui lei ritiene d essere sopravvissuta proprio grazie alla sua natura naïf. Svetlana non ha avuto paura di nessuno. Nei soldati tedeschi o russi vedeva gli esseri umani, i vecchi e i ragazzi e non le uniformi, con tutto il loro carico simbolico atroce. E non ha mai avuto timore nemmeno delle situazioni più pericolose (come le volte in cui è stata convocata dalla Gestapo). Come accade coi cani, sentiva che se solo avesse mostrato di avere paura, sapeva sarebbe stata perduta. Infatti, malgrado tutte le cose insostenibili che ha dovuto attraversare è come se avesse una stella che la protegge. Credo sia così. Le persone che amava sono morte o hanno subito cose orribili. In questa scena mortifera lei pensa a sé come a una sonnambula: si aggira intorno ai corpi di chi non c è più, e nonostante il dolore immane sopravvive a tutto questo. Ciò che sente è di avere dei debiti, di dover ripagare il fatto di avere avuto una vita così lunga e densa. Per questo, come si dice all inizio del film, traduce, per restituire alla vita ciò che le ha regalato. La traduzione è stata davvero la sua chiave per sopravvivere all inimmaginabile. Il lavoro di traduzione in Italia è spesso in ombra e mal pagato. È incredibile, se pensiamo che la maggior parte dei libri che leggiamo è opera dei traduttori. In realtà è un lavoro faticosissimo, ma per lo più si crede che si tratti di copiare da una lingua all altra, cosa che è un totale misunderstanding, come lo è il credere che fare un documentario sia copiare la realtà. Invece ci sono molte similitudini tra il lavoro documentaristico e quello della traduzione. Novalis diceva che tutta la poesia è traduzione. E a quel tempo il termine poesia si usava per intendere l arte in senso lato. Alla fine credo che tutta l arte sia traduzione. Penso che questo sia il punto. Tornando al passato di Svetlana: lei aveva capito perché suo padre era stato arrestato? Il padre di Svetlana era un ingegnere agrario di un certo successo tanto che il ministero gli aveva regalato una macchina che lui aveva scambiato con una dacia, dal momento che allora a Kiev non esistevano strade dove poter guidare. Non si conoscono le cause del suo arresto: se l accusa fosse di partecipazione ad attività rivoluzionarie o possesso di armi, comunque nulla che avesse alcun aggancio con la realtà. Credo che Svetlana percepisse l estraneità di suo padre a quanto gli stava accadendo senza però comprendere il contesto politico che stava dietro il suo arresto. Parlando del padre, lei si sofferma sul pezzo di carta che ne attesta il rilascio. Fu un fatto abbastanza straordinario. Chi veniva arrestato non tornava più a casa. Milioni sono stati uccisi e solo un migliaio rilasciati. Infatti non esisteva nemmeno un vero e proprio modulo che certificasse il rilascio e il foglio che lei mostra sembra più un verbale per una multa. Quanto alle cause del rilascio nemmeno quelle sono note. Svetlana mi ha però parlato di un sogno fatto dal padre quando era in prigione, che poi le aveva raccontato nell ultimo periodo della sua vita. Si trovava in una stanzetta con un finestra. E nella stanza c era un uccellino. L uccellino voleva fuggire via dalla finestra ma non poteva perché in mezzo alla stanza c era uno steccato fitto e alto che gli impediva di raggiungerla. Così gli si lanciava contro, senza però riuscire a forarlo: insisteva fino a ferirsi, ma non per questo rinunciava. Alla fine, con un ultimo sforzo, si staccava da terra e tutto sanguinante riusciva finalmente ad attraversarlo e a volare via. Il padre era molto razionale, aveva studiato matematica ed era un grande giocatore di scacchi. Fece questo sogno in carcere una notte in cui, dopo essere stato torturato, aveva deciso di uccidersi. In una cella c erano fino a uomini e molti si uccidevano senza che gli altri facessero nulla per fermarli, anzi rispettandoli nella loro scelta. Così quella notte il padre di Svetlana voleva fare lo stesso, ma poi sfinito si era addormentato e aveva fatto questo sogno così visionario. Qualche giorno dopo era stato rilasciato. Anche la storia dell orologio è incredibile. Lo aveva dovuto consegnare al momento dell arresto, ma al rilascio gli era stato restituito perfettamente funzionante. E tutto questo è assurdo per un sistema così feroce. Quell orologio Svetlana lo porta ancora oggi ed è lo stesso che si vede nel film. Giungendo al nodo più acuminato di questa storia, sia per chi vede il film, sia, immagino, in primis per chi l ha fatto: il momento in cui il tracciato di Svetlana Geier incrocia non solo l occupazione nazista del suo paese, ma anche la conoscenza diretta di alcuni ufficiali nazisti. Allora è inevitabile chiedersi come ciascuno di noi avrebbe agito. Nell intreccio terribile e filosofico della sua vita, sarà il suo lavoro di traduttrice e di mediazione con alcuni ufficiali nazisti, che le salverà vita, dandole poi la possibilità di espatriare in Germania. C è un punto incandescente del film, in cui le poni difficilissime ma indispensabili domande circa la sua consapevolezza del tempo, anche innanzi all eccidio di Babij Iar, dove viene trucidata la sua amica più cara. Sono momenti di sospensione assoluta, in cui come esseri umani siamo attraversati da domande insostenibili, da correnti algide che ci prostrano lasciandoci con infiniti interrogativi. Dal mio contatto con Svetlana Geier ho potuto capire che la sua relazione con la Germania trascende l associazione tra la nazione e il nazismo. Lei concepisce la terra tedesca come una grande barca custode di incredibili tesori di cultura, come Schiller, come Goethe, come Thomas Mann. Nel corso della sua storia la barca fu occupata da Hitler e dai nazisti. I suoi tesori caddero nelle mani sbagliate, ma questo non ne muta il valore, né cambia la vera natura della barca che non coincide con l ideologia nazista. E nello specifico del rapporto tra Svetlana e Kerssenbrock? C è un grandissimo straniamento: con lui, come con altri tedeschi, ha intrattenuto buoni rapporti; alcuni, inspiegabilmente, anche a rischio di gravi conseguenze personali, l hanno aiutata. Quindi a quel tempo, come dice espressamente, non è avvenuta per lei l identificazione tra quelle persone e i nazisti, qualcosa che è sopraggiunto dopo. Quanto a Kerssenbrock, una delle prime decisioni prese da Hitler quando salì al potere fu di far sì che i più alti gradi dell esercito, anziché giurare sulla nazione tedesca, giurassero sulla sua persona. Questo poneva gli ufficiali nella condizione di non poter rompere il giuramento. Romperlo era la fine di tutto e non restava che uccidersi. Svetlana non giustifica Kerssenbrock, ma riflette sui meccanismi psicologici che lo tenevano vincolato, qualcosa di incomprensibile per noi oggi se pensiamo che i politici non fanno che smentire continuamente quanto hanno promesso. Per opporsi Kerssenbrock avrebbe dovuto distruggere tutto il sistema mentale in cui era immerso, cosa che non accadde. La struttura del film segue un arco di tempo molto ampio, ad abbracciare non solo il passato di Svetlana Geier ma anche la malattia e la morte del figlio. È avvenuta durante la lavorazione del film? Deve essere stato qualcosa di indicibile. Sì, è stato così. C è stato un enorme momento di crisi quando suo figlio ha avuto l incidente. Svetlana andava a trovarlo in ospedale e ha smesso di lavorare. Così non sapevamo più niente, cosa sarebbe accaduto al figlio e se lei sarebbe stata in grado di continuare ancora. Tutto era sospeso, senza più direzione. Allora mi sono detto, basta, questa è la realtà, non resistere, arrenditi a quanto sta accadendo. Suo figlio se ne sta andando, sii parte della cosa e attendi. A quel punto è stata lei a venirci incontro. L incidente avvenuto al figlio aveva aperto le porte del suo passato e reso possibile una nuova parte del viaggio. Il figlio somiglia moltissimo al padre di Svetlana. È qualcosa di sorprendente che abbiamo scoperto insieme. Ci stava SEGUE A PAGINA 4 GERENZA Il manifesto direttore responsabile: Norma Rangeri a cura di Silvana Silvestri (ultravista) Francesco Adinolfi (ultrasuoni) con Roberto Peciola redazione: via A. Bargoni, Roma Info: ULTRAVISTA e ULTRASUONI fax tel e redazione@ilmanifesto.it impaginazione: il manifesto ricerca iconografica: il manifesto concessionaria di pubblicitá: Poster Pubblicità s.r.l. sede legale: via A. 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4 (4) ALIAS proiezioni. Poi pian piano, nel 2010, è diventata sempre più debole e ha trascorso gli ultimi due mesi a letto. Se ne è andata la notte tra il 7 e l 8 di novembre. È stata una fine senza sofferenze acute. Come era suo desiderio, è morta nella sua casa, con sua figlia accanto, tra le sue cose, la sua tazza di tè, i suoi libri. Pacificamente. SEGUE DA PAGINA 3 raccontando dell orologio del padre ed è andata al piano di sopra per prendere una sua foto. Allora ci ha detto che se a quindici anni si era trovata nelle condizioni di dover aiutare suo padre senza sapere bene come farlo, adesso a 85 sapeva come aiutare suo figlio. A distanza di settanta anni, la vita l aveva messa di nuovo nella condizione di fare l infermiera nei confronti di chi più amava. In questa storia drammatica c è un filo di ironia, un brillio che di tanto in tanto fa capolino dagli occhi della signora Geier, specie nei momenti in cui traduce; il suo spirito è più che mai sofisticato e sempre spiazzante. Fa parte del suo modo di essere, della sua intelligenza, ma anche del suo modo di vivere il lavoro di traduttrice. Lavora per anni a un unico testo, fino a memorizzarlo interamente, fino a che diventa parte della sua stessa vita. Traducendo si scoprono le infinite possibilità delle lingue, come dell esistenza. Ed è molto affascinante scegliere, scoccare la freccia con la maggiore precisione possibile. C è spazio per tutto, per la serietà più assoluta e per l umorismo. È per questo che la cultura rende così ricca la vita. Alla fine di questo lunga storia di vita e cinema, cosa ti unisce a Dostoevskij. È stata l origine della mia ricerca e il motivo per cui ho voluto incontrare Svetlana Geier. In tutti i suoi romanzi Dostoevskij si pone questa domanda: chi sono? Come è fatta la mia anima? Perché, come dice Svetlana, quando Raskòl nikov sta per uccidere l anziana usuraia noi tremiamo con lui, con l assassino, sperando che riesca nel suo intento?ricorda anche che la domanda che è attraversa tutta l opera di Dostoevskij è: il fine può giustificare i mezzi e dunque rendere conto di una vita? Qualcosa che riguarda sia la politica mondiale, chi detiene il potere, sia le singole vite di ognuno. Credo che oggi questa sia una delle domande fondamentali e condivido la risposta di Dostoevskij, che mai, in nessun caso il fine può giustificare i mezzi. Cosa possono fare istituzioni come L Onu o la Croce Rossa se i primi a non mantenere le promesse, a non rispettare i principi condivisi sono i grandi stessi? E se loro non rispettano queste regole basilari come possono aspettarsi che lo facciano gli altri? È il cattivo esempio, come per i bambini, è la catastrofe di Guantanamo, la credibilità della politica occidentale distrutta. Praticare le pagine di Dostoevskij, le infinite sottigliezze della sua scrittura illuminata, come fa Svetlana Geier, può creare anticorpi, particelle impalpabili di resistenza a tutto questo. (L intervista riprende nel marzo 2014) Quali vie ha seguito il brillio di Svetlana Geier? Abbiamo continuato a sentirci anche dopo la fine del film. Ha partecipato a una prima al festival Visions du Réel di Nyon e ad altre Cosa credi che avrebbe pensato di quanto sta accadendo in Ucraina? Non è semplice da dire. Non ho mai parlato specificamente con lei della situazione politica nel suo paese d origine, anche se so che aveva simpatia per la rivoluzione avvenuta dieci anni fa. Bisogna tener presente che era nata e cresciuta in Ucraina ma che la sua cultura, i suoi genitori erano legati alla Russia, che a casa parlavano russo. D altra parte, aveva vissuto sulla propria pelle snodi cruciali della storia ucraina del 900, lo stalinismo prima e poi il nazismo e il filo della sua vita era stato profondamente legato ai destini di quel paese. Successivamente gli eventi l avevano condotta a lasciare l Ucraina per la Germania, senza tornare se non dopo moltissimi anni. Ecco, quel viaggio, che ho raccontato nel film, dà forse il senso di quanto forte e dolorosa insieme fosse per lei la memoria delle sue radici (sulla tomba del padre chiede alla nipote di portare con sé un rametto della sua terra, per la nonna, ossia per se stessa, quando a sua volta morirà, ndr). Se cerco allora di immaginare cosa avrebbe pensato, credo che probabilmente si sarebbe sentita molto amareggiata del fatto che l Ucraina sia diventata materia di giochi politici tra Putin e gli interessi Occidentali. Dunque credo che sarebbe molto sospettosa e critica su quanto accade. E tu cosa ne pensi? Al momento credo che sia molto difficile giudicare. Mi sembra una situazione eterogenea che vede coinvolti interessi differenti. A quanto so, anche da fonti dirette, in Ucraina al momento ci sono persone molto impegnate, che lottano davvero per la democrazia, ma è vero che ce ne sono anche altre estremamente nazionaliste. Quindi è difficile capire quale direzione possa prendere il paese adesso. Anche l Ue poi non riesce a interfacciasi con una sola voce, la sua debolezza è data dalle troppe motivazioni particolaristiche al suo interno e in questo stato di cose caotico, Putin ha buon gioco. La storia di Svetlana Geier lambisce la storia ucraina, quella russa e quella tedesca e la difficoltà a conciliare le diverse componenti La situazione degli ex paesi sovietici si può paragonare a quelli della ex Jugoslavia, al covare di conflitti e di contraddizioni storiche antiche che poi a un certo punto sono esplose. È per questo che quello dell Ucraina, che riflette la complessità dell Europa, è un lungo processo che non può trovare soluzioni immediate. Svetlana Geier cercava di creare connessioni, di costruire ponti tra culture diverse e questo era grandioso perché lei capiva che le differenze sono un vantaggio, la ricchezza che si genera dallo scambio. Capirsi è una questione di cultura, di pazienza, di attenzione alle sfumature. maria_grosso_dcl@yahoo.it *ringraziamo Ivana Tambasco per la traduzione dal tedesco Sopra: locandina del film, Lea Padovani e Lloyd Bridges. Sotto: Aldo Fabrizi ANNI 50 THREE STEPS NORTH A passeggio nel noir amalfitano di PIERFRANCESCO CANTARELLA Agli inizi degli anni Cinquanta la costiera amalfitana è un set a cielo aperto che accoglie, in ogni suo angolo, attori e registi, star e giornalisti nel concitato ed eccitante fermento del cinematografo nel pieno del suo splendore. Roberto Rossellini tra il 1948 e il 49 ha girato Il Miracolo (episodio de L Amore)e La Macchina ammazzacattivi. E.G.Ulmer sempre nel 49 si muove tra Praiano e Ravello per I pirati di Capri; l anno seguente Francesco De Robertis girerà Gli amanti di Ravello e poi nel 51 Pietro Francisci dirigerà Vittorio Gassmann in Il leone di Amalfi. Questa produzione prenderà il posto della troupe americana che ha appena finito Three steeps north (per la parte ambientata ad Amalfi) mentre a Maiori U.M. Del Colle sfrutta la torre normanna per alcune scene di Menzogna. Il 1953 poi, sarà un anno ricchissimo. Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (la scena finale della processione a Maiori con la Bergman e George Sanders tra la folla dei fedeli) Humphrey Bogart, Jennifer Jones, la Lollobrigida e John Huston a Ravello per Beat the devil. E mentre a Vietri sul mare Giuseppe De Santis ambienta alcune scene di Un marito per Anna Zaccheo, a Cetara Steno guida Totò ed Orson Wells nel controverso L'uomo, la bestia, la virtù. Ad Ettore Giannini spetterà chiudere la stagione con un episodio di Carosello napoletano, interpretato da un esuberante Paolo Stoppa. Se la maggior parte di queste produzioni si erano spinte sugli scogli della costa d Amalfi per catturarne le suggestive cartoline, i tramonti romantici sul mare e la freschezza degli abitanti, W. Lee Wilder (fratello maggiore di Billy Wilder che a sua volta farà una capatina in costiera amalfitana per qualche frammento di Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre del 1972 con Jack Lemmon e Joliet Mills) vi ambienta un noir. Per la verità, qualche anno prima, già Gianni Franciolini aveva diretto Fosco Giacchetti in un dramma assai cupo girato nel borgo dei pescatori di Furore (Notte di tempesta). Lee Wilder, quindi, prova a trasferire le atmosfere hard boiled dalla California alla costiera amalfitana. E lo fa privilegiando la notte. Three Steeps North è la storia di Frankie (Lloyd Bridges) soldato americano di stanza a Napoli che nell immediato dopoguerra si immedesima nelle dinamiche economiche del posto. Con la borsa nera riesce a raggranellare 4 milioni di lire che decide di nascondere in una cassetta sotterrata a tre chilometri a nord di Amalfi, in aperta campagna, a tre passi da un albero sul quale incide un segnale di riconoscimento. Ma i suoi loschi traffici non erano sfuggiti ai superiori che, al termine un indagine che lo rinvia a giudizio, lo processato in America dove viene condannato. Scontata la pena Frankie, decide di tornare clandestinamente ad Amalfi a recuperare il malloppo. Sulla nave c è il suo ex commilitone Vincent, che sapeva del denaro nascosto. Qui il lavoro di Wilder diventa raffinato. Amalfi è inizialmente presentata nel suo splendore da cartolina: l arrivo della corriera in piazza, i venditori di souvenir, gli scugnizzi che assalgono gli stranieri. Poi si entra nei vicoli, per le scalette, nei cortili. Le ombre si allungano. Le donne sono indaffarate. Scontrose, fanno i conti con la miseria. Nel bar dove Frankie va a cercare notizie di Elena (Lea Padovani) - una ragazza di Amalfi che ha conosciuto durante la guerra - c è Roberto Murolo che canta, accompagnandosi con la chitarra. La cura delle musiche del film è di Roman Vlad. Scalinatella (Cioffi-Bonacura) sottolinea molte parti della pellicola, poi, per la delizia dei vecchi pescatori seduti accanto a lui Murolo interpreta anche Torna Pullecenella (Conte-Murolo). Anche qui il regista ha colto nel segno, mostrando una grande padronanza dei dettagli. Soprattutto dell aria che si respirava a quel tempo. Elena non sembra felice di rivederlo. Anzi. Gli rinfaccia il silenzio lungo quattro anni. E se ne va. Lea Padovani si misura con una recitazione complicata. È una donna innamorata e delusa. Sarà protagonista di gesta coraggiose per discolpare Frankie dall accusa (infondata) di omicido confessando (falsamente) di aver trascorso la notte con lui. Condurrà anche un sottile doppio gioco per salvarlo dai malavitosi locali che volevano eliminarlo per impadronirsi della refurtiva. La padronanza dell inglese non è perfetta. Anzi. Ma questo rende molto più convincente la sua prova. Come pure quella di Fabrizi, relegato ad un ruolo minore, forse solo per avere il suo nome per fare cassetta (nei titoli di testa è indicato come costarring). È Pietro, il custode del cimitero militare sorto sul terreno dove Frankie aveva seppellito il danaro, forse perché la prova nei panni del prete in Roma città aperta aveva convinto anche oltreoceano. Fabrizi interpreta in maniera assai ambigua il ruolo del tipico italiano amichevole ed accogliente che si prodiga in inviti a bere vino e mangiare pasta, pacioso con tutti, ma che solo alla fine rivela di aver intuito fin da subito le intenzioni di Frankie. Una serie di scene notturne (l omicidio Nel 1951 William Lee Wilder, fratello maggiore di Billy, gira sulla costiera un film postbellico di atmosfere notturne con Lloyd Bridges, Fabrizi e Lea Padovani di Vincent, l amico americano, gettato in un canale), l inseguimento nei vicoli di un altro misterioso assassino dalle scarpe bianche spostano il baricentro verso il racconto hard boiled. Le ombre dei lampioni del lungomare di Amalfi non possono certo reggere al confronto con quelle delle strade di Los Angeles, ma la suspense c è. Funziona. Poi il film si avvia verso un lieto fine non senza aver omaggiato il paesello di qualche inquadratura dalla terrazza dell Hotel dei Cappuccini (soggetto molto caro ai ritrattisti dell Ottocento, ora completamente ristrutturato) e al suo imponente ascensore (uno dei rari esempi di archeologia industriale in costiera amalfitana anch esso demolito). Quando Frankie riesce finalmente a scavare nel posto stabilito, scopre che la cassetta è vuota. È Pietro a spiegare il mistero. Durante i lavori per la costruzione del cimitero li ha trovati e li ha utilizzati per edificare la cappella «per cattolici, protestanti ed ebrei. Qui sono tutti uguali» come precisa con un largo sorriso. E lui, con quella costruzione, è riuscito a trasformare il danaro da cattivo a buono. Ovviamente Frankie condivide e decide di restare ad Amalfi per ricominciare la sua vita al fianco di Elena. TRE PASSI A NORD (Three Steps North) di William Lee Wilder, con Adriano Ambrogi, Umberto Aquilino, Giulio Battiferri, Lloyd Bridges, Peggy Doro, Aldo Fabrizi, Dino Galvani, Adam Genette, John Fostini, Roberto Murolo, Dorothy Nathan, Lea Padovani, Gianni Rizzo, Enrico Leurini, William Tubbs; sceneggiatura: Lester Fuller; fotografia: Aldo Giordani; montaggio: Ruth Trotz; musiche Roman Vlad; produzione: Continentalcine (Roma), W. Lee Wilder (Usa); distribuzione: Union film. Usa Italia 1951, 90

5 LINA SASTRI È in scena fino al 30 marzo al teatro Quirino di Roma «Linapolina». A guardare bene in quel titolo si cela il nome «Napoli», ma anche «Lina», spettacolo in prosa, musica e danza scritto e diretto da Lina Sastri («il mio nome finisce con l inizio del nome della mia città, il nome della mia città finisce con l inizio del mio nome»), un viaggio libero tra musica e parole attraverso le stanze del suo cuore. Una commistione linguistica tra la lingua parlata poetica in italiano e quella cantata in napoletano, riuscendo a dar corpo e voce alla musica spagnola e a quella argentina del fado, della samba e del bolero. Lo spettacolo debuttera 'il 29 aprile a Milano al Teatro Manzoni, data unica. Nel libro-dialogo sull arte del costruire e sulla bellezza Maurizio Spada esamina il nuovo che avanza, arrogante, a Milano ALIAS (5) Se l architettura va contro la città di BEATRICE CASSINA Forse non è tanto quel pezzetto di carta per cui si studia per anni, che ci permette poi di capire cosa realmente significa essere architetti. Probabilmente servono invece occhi capaci di vedere, e soprattutto capire, la città all interno della quale la nostra opera si manifesterà. Occhi che possano umilmente vedere, amare e progettare la bellezza per tutti, per la comunità civile. L altro Architetto, dialogo sull arte del costruire, sulla bellezza e alcune altre «quisquilie», libro dell architetto Maurizio Spada (Casagrande, 9,00 euro), racconta di quell altro architetto, di quell altro sguardo, capace di soffermarsi sulla bellezza e il benessere di chi vive la città. I cinque capitoli del libro, sorta di dialogo socratico tra l architetto e un giovane architetto neolaureato di nome Marc, si aprono, inaspettatamente per chi ingenuamente crede che fare architettura sia solo avere buone e valide idee compositive, con un primo capitolo che suona quasi come un avviso/monito: Architettura e Potere. «Nella situazione in cui ci troviamo oggi», spiega l architetto Spada, «in cui l economia è diventata trionfo del denaro e tutto è subordinato a mostrare potenza attraverso l uso della tecnologia, nel caso dell architettura questo si esprime nell esibizione delle possibilità di arrivare, per esempio, a grandi altezze. Oppure, come nella zona Ex Fiera di Milano, nel costruire edifici scultura ed eventi provocatori, come il grattacielo Storto di Daniel Libeskind, che è architettura contro la città, e non per la città». Riconoscendo che forse le origini di un atteggiamento di questo genere possono risalire al Movimento Moderno che, ci spiega, «aveva rotto con la città a partire da Le Corbusier (che tuttavia aveva operato in un certo momento storico), oggi si è innescato un trionfo dell architettura contro la città». E allora possono venirci in mente quelle tante situazioni in cui l architettura non si confronta con il contesto urbano già esistente che la ospita, e dove il dialogo non esiste. Riferendosi agli ultimi quarant anni di architettura a Milano, Spada fa riferimento proprio al progetto urbanistico nato sotto la giunta Albertini di Porta Nuova. «In principio eravamo stati convocati, io come architetto, per discutere sulle possibili destinazioni d uso della zona. Si era pensato a una zona verde, a un parco, a dei giardini d inverno, ma è stato poi stravolto tutto e si è arrivati a questa soluzione, fatta in base alle necessità del committente. Così sono stati interpellati architetti di fama internazionale come Cesar Pelli Ma cosa c entra poi Pelli con Milano, questo proprio non lo so». La torre a guglia dell archistar Pelli (argentino-americano) in piazza Gae Aulenti, potrebbe essere in qualsiasi città del mondo, a Tokyo, a Buenos Aires, a New York, a Milano o Kuala Lumpur. Senza faccia, senza storia e senza nome. Si dice però piaccia alla gente, e questo forse, azzardiamo noi, grazie anche a un ottima operazione pubblicitaria pagata proprio da committenti molto potenti. Per Spada, e probabilmente per alcuni suoi colleghi certo non alla ricerca di architettura evento da prima pagina e auto celebrativa quello spazio cittadino è un non luogo. Uno di quei non luoghi senza identità, senza appartenenza e riconoscimento, di cui aveva parlato l antropologo francese March Augé. «L edificio e la piazza sono non luoghi perché, in certi giorni, qui c è il vuoto assoluto. La gente non vive questa realtà. E sappiamo che questi edifici sono per super ricchi e disabitati». Gli spazi, di una perfezione sintetica quasi irreale, non vengono in realtà percorsi, usati, sperimentati, abitati dall attività quotidiana della popolazione che vive e respira la città. Le argomentazioni di Spada potrebbero sembrare critiche e contro ogni innovazione ma le cose non stanno proprio così. «Il problema non è il nuovo in sé», dice, «il rinnovamento è sempre esistito, ma qui la dimensione non permette la metabolizzazione da parte della città. Forse sarà digerito tra cinquanta, cento anni o, se sarà respinto, diventerà un ecomostro e verrà poi distrutto, come a volte succede». In una sorta di gioco pericoloso tra appagamento tranquillante e autocelebrazione, al cittadino viene semplicemente consegnato un messaggio che gli dice semplicemente «come siamo potenti, siamo riusciti a fare anche questo!». Molti, di fronte al progetto di Porta Nuova, dicono davvero «che meraviglia!» ma, sottolinea l architetto, «l uso di certa tecnologia, come le pareti specchiate, provoca, anche a livello fisico, dei disagi. Funziona come gli specchi di Archimede, dove gli edifici di fronte ricevono sulle proprie superfici esterne raggi convogliati che producono calore e malessere. Qui di ecologico non c è proprio niente, e questi sono esempi di trascuratezza nei confronti del resto della città». Il nuovo non è contestato a priori ma, nel caso di certi edifici, spesso presuntuosi e arroganti, manca la volontà di rapportarsi alla città che già esiste e che dovrebbe ospitare la novità. Proprio nel libro è citata la Torre Velasca, realizzata nella Milano del dopoguerra dallo studio BBPR. Il progetto era stato studiato a lungo e messo in relazione all architettura già presente in loco da secoli, inclusa quella medioevale delle torri. Che Spada non apprezzi l agilità sconsiderata spesso tipica dell architettura americana - che arriva ai casi limite delle Venezie di Las Vegas - è chiaro. Del resto, anche in mezzo al deserto, forse, bisognerebbe riuscire ad avere In alto Porta Nuova,al centro un rendering del «Grattacielo storto» con Daniel Libeskind e in basso la sua realizzazione rispetto anche nei confronti di quell assenza presente. In Porta Nuova, i grattacieli sono sorti velocemente. Ma, spiega Spada, «la questione fondamentale è che l architettura ha bisogno di tempo, di tempi lunghi per essere capita e cominciare a essere apprezzata. Il problema che non viene capito è che il nuovo, fatto da tecnologie avanzatissime e capitali globali, può distruggere tutto il resto in un attimo». E, leggiamo proprio nelle 128 pagine del libro, dove vincono i Titani questi Titani impenetrabili di acciaio e vetro e dalle altezze che superano sempre se stesse scompaiono gli dei, quelli della Bellezza. Nella conversazion e con il giovane Marc, Spada trova supporto in tanti filosofi, pensatori, architetti. Le voci di Aristotele ed Elia Mircea, Michelangelo e Walter Gropius, Carl Gustav Jung e James Hillman ci parlano e possono, ognuno a modo suo, spiegare l ecologia della mente necessaria per affrontare un architettura più consapevole, rispettosa, sociale e sacrale. Già, quella cultura di tradizione sacra e territoriale che gli antichi chiamavano Genius Loci. C è quindi bisogno di un attenzione che possa ricondurci a una nuova invenzione di architettura e città, dell uomo e per l uomo. Spada suggerisce che oggi abbiamo bisogno di quelle qualità che, già nel Rinascimento, erano indicate come quelle atte a risvegliare la Bellezza: Ordine, Eleganza, Equilibrio, Coerenza. Ognuna sempre utilizzata ascoltando con attento rispetto l ambito in cui si manifesterà. Non servono quindi le «Architetture Spettacolo» fatta di grandi numeri, altezze, visibilità, ma un etica dell estetica, quella paziente dell artigiano, del fare con concentrazione, dedizione e, soprattutto, amore. Il neolaureato Marc, alla fine degli incontri, riuscirà a dire convinto: «Ho imparato che prima di essere architetti, si deve essere uomini», quindi capaci di scegliere con onestà il percorso lungo cui procedere, senza il bisogno di dare spazio a Ego smisurati. E senza neanche mai dimenticare che comunque, come ci ricorda Spada nell ultima pagina, «questa società ha i politici e gli architetti che si merita». Sta quindi a noi scegliere e decidere.

6 (6) ALIAS DRITTI D AUTORE Getty Images, le fotografie volano libere (Girlfriends), vignette umoristiche, carrozzerie di auto, ognuna un commento sul consumismo, la mercificazione, la saturazione e la «bulimia iconografica». Prince estende il suo commento alle immagini di autorialità «alta», comprese quelle di altri autori, come nel caso della fotografia soft-porn di una Brooke Shields nuda all età di dieci anni scattata da Gary Gross negli anni 70 e rifotografata da Prince col titolo di Spiritual America (l opera riproduceva anche lo scandalo: nel 2009 la ri-fotografia venne rimossa da una mostra alla Tate, in seguito a proteste). di LUCA CELADA LOS ANGELES La Getty Images è ciò che più si avvicina a un archivio centrale di immagini del nostro tempo. La società ha costruito il maggiore catalogo commerciale di fotografie al mondo con una serie di spregiudicate acquisizioni di collezioni preesistenti e scritturazioni di fotoreporter. Oggi gode di una posizione quasi monopolistica come agenzia di fotografi freelance, grazie all aggressiva politica di protezione del copyright per cui è rinomata. È celebre il caso in cui il colosso di Seattle chiese 6000 sterline di risarcimento ad una parrocchia inglese dello Staffordshire per avere utilizzato senza permesso alcune foto sul proprio sito web. Per questo, la decisione annunciata pochi giorni fa, di «liberalizzare» 35 milioni di immagini (sugli 80 milioni di cui dispone la società) per scopi non commerciali ha fatto molto parlare. Ma la verità è che più che di una iniziativa filantropica si è trattato di una constatazione: nella sfera digitale, come ha dichiarato Craig Peters, manager della Getty, «la quasi totalità delle immagini sono già a portata di copia/incolla gratuito per chiunque abbia un computer». Da qui, il cambio di strategia: dalle immagini «liberate» dalla Getty verrà ora rimosso il marchio di proprietà sovraimpresso e verrà messo a disposizione sul sito dell azienda il codice «embed» che permetterà di pubblicarle legalmente su blog e siti social non a scopo di lucro. Più che un atto di magnanimità è una decisione che riconosce l impossibilità di pattugliare e «monetizzare» la totalità di internet o almeno di farlo commercializzando direttamente i diritti ai milioni di utenti che fanno ogni giorno uso «non autorizzato» di immagini senza trarne un guadagno. Più che una resa è una «ritirata» strategica. Doppie identità La tecnica del «embed», infatti, implica la tracciabilità dell utilizzo delle immagini in questione; con questo tipo di distribuzione alla Getty Images sarà automaticamente notificato dove appaiono le proprie immagini, permettendo il «data mining» sui siti in questione e, quindi, eventualmente anche la vendita di pubblicità a fronte dell utilizzo stesso. È un modello simile a quello di Youtube, in cui le pubblicità vendute da Google accompagnano i video su tutti i siti che li riutilizzano. L embed, inoltre, permette all azienda «madre» di mantenere il controllo sulle immagini stesse ed eventualmente cancellarle in qualunque momento dai siti che le abbiano pubblicate. Il vostro blog o pagina Facebook potrebbero insomma venire «denudati» unilateralmente di tutte le loro immagini nel momento in cui la Un archivio sterminato in rete. Come insegna Google, nell era digitale è meglio puntare alla disseminazione di immagini che alla protezione. E il guadagno? Con la pubblicità Getty così decidesse. Malgrado l insistenza ufficiale della Getty sul dovere di proteggere i diritti degli autori, è evidente che si tratta di un tentativo di trovare un modello commerciale alternativo, dato che su internet il copyright tradizionale non funziona - come hanno scoperto da tempo le industrie discografiche, giornalistiche e audiovisive. Di fronte al proliferare di Tumblr, Flickr e tutte le varie piattaforme per immagini, quella dei fotografi è fra le categorie più esposte a ciò che Jaron Lanier, nel suo libro You Are Not a Gadget: A Manifesto, chiama la «distruzione delle classi creative» operata da internet. La diffusione «orizzontale» di immagini in rete chiama in causa la questione più profonda del controllo autoriale, come dimostra ad esempio la recente polemica sul David di Michelangelo arruolato, fucile in mano, per far pubblicità a un fabbricante di armi dell Illinois. Si possono, e si devono, fare le giuste distinzioni fra semplice uso pubblico o artistico ed utilizzo commercial, ma la distinzione non è sempre facile. L artista Shepard Fairey, ad esempio, ha basato alcune delle sue immagini più famose su fotografie preesistenti. La sua copertina per la persona dell anno di Time nel 2011 Alcune immagini tratte dalle serie di «Canal Zone», «Cowboys». «Spiritual America» di Richard Prince. Nella pagina accanto, Occupy Protester Comparison e il David «arruolato» per una pubblicità delle armi. Al centro i Graveola e o Lixo Polifonico (dedicata ai manifestanti di Occupy) è una elaborazione grafica di una foto scattata dal reporter del LA Weekly Ted Soqui. La sua immagine più celebre, l Obama dei manifesti elettorali Hope, è basata su uno scatto della Associated Press. In entrambi i casi, Fairey è stato denunciato e ha patteggiato risarcimenti con gli autori. Il dato fondamentale resta che la facilità di duplicazione, disseminazione e manipolazione delle immagini nell era digitale ha radicalmente modificato la problematica dei diritti di autore delle immagini, estendendo il dilemma «ontologico» alla questione dell appropriazione e riappropriazione dell immagine «artistica». E il problema è sempre più attuale nel mondo dell arte contemporanea. La polemica che più è emersa nella cronaca è stato il processo intentato a Richard Prince. Prince è una art-star internazionale del calibro di un Jeff Koons o Damien Hirst, la cui pratica artistica fa perno sul riutilizzo di immagini attinenti alla cultura popolare e all immaginario mediatico per creare opere che sono un commento sull identità americana. Leggiamo da un introduzione di una sua mostra a Palazzo Grassi: «A differenza di altri autori di analoghi processi artistici da Jenny Holzer a Barbara Kruger, da Jeff Koons a Sherry Levine l artista non si considera un filtro tra la realtà e l osservatore, ma un imbuto: attingendo dal vasto repertorio visivo della cultura pop, egli rielabora immagini esistenti e le ripropone trasformate». Prince riconduce la sua opera al suo lavoro di archivista per un editrice di riviste per cui era incaricato di ordinare ritagli di articoli. Negli anni 80, si impone per prima volta all attenzione con la serie Cowboys, composta di fotografie di pubblicità della Marlboro. Una di queste ri-fotografie viene venduta all asta da Sotheby s per 3,4 milioni di dollari un record storico per una fotografia, perdipiù un lavoro intenzionalmente non-originale. L appropriazione di immagini «correnti» è parte integrante del metalinguaggio postmoderno, da Warhol a Cattelan e l ossessione di Prince si estende a copertine di romanzi pulp (Nurses), foto amatoriali fatte da Hells Angels Un danno che non esiste L intervento di Prince può essere «effettivo» con l aggiunta di segni o modifiche o di semplice «ricontestualizzazione» il caso degli uomini Marlboro o di Brooke Shields cosicché la successiva vendita delle ri-foto per molti milioni di dollari costituisce quasi un appendice all opera stessa. Si tratta insomma di operazioni di «ricalibrazione» di quello che Baudrillard ha chiamato «l efficacia simulacrale dell immagine», un intervento artistico che mira a liberare i significati reconditi dell artefatto. È quello che Prince ha sostenuto anche quando un fotografo francese, Patrick Cariou, lo ha citato in tribunale per danni, chiedendo un risarcimento di molti milioni. Per la sua serie Canal Zone, infatti, Prince si è ri-appropriato di immagini tratte da un reportage di Cariou sui Rastafariani in Giamaica. Le foto, frutto di diversi anni di viaggi e lavoro, erano state pubblicate in un libro fotografico, Yes, Rasta nel Nel 2008 Prince le ha rifotografate e stampate, producendo una serie di 35 lavori subito venduti dal suo gallerista Larry Gagosian a prezzi adatti alla sua reputazione (oltre 10 milioni di dollari). È comprensibile la costernazione del fotografo «depredato» cui un tribunale federale di New York ha dato ragione, ordinando il risarcimento e la distruzione delle opere plagiate. Ma l anno scorso la sentenza è stata ribaltata in appello. A differenza del caso Fairey, il secondo verdetto ha dato ragione all artista sul fotografo, considerando i suoi lavori legittime opere d arte, protette dal primo emendamento e la libera espressione. Secondo il giudice, l intento non era stato il plagio, ma una trasformazione per nuovi fini estetici delle immagini, un operazione che non danneggia e semmai giova al valore dei lavori originali. La decisione ha deluso la American Society of Media Photographers, il cui portavoce, Dale Cendali, ha affermato: «Se il tuo lavoro consiste nello strappare pagine dal libro di qualcun altro, metterci su del colore e venderle per 10 milioni di dollari, ai più sembrerebbe logico che ci dovrebbero essere delle conseguenze penali». È indicativo che nella causa Google si sia invece costituita parte civile a favore di Prince. Come monopolista di internet, Google (azienda che ha già tentato di digitalizzare le grandi biblioteche del mondo) ha ogni interesse al massimo «liberismo» dei contenuti creativi. Come ora anche Getty Images, Google non ha più come business model la tradizionale protezione dei diritti d autore, ma la massima disseminazione e la diffusa monetizzazione delle opere.

7 ALIAS (7) Per la sua serie «Canal Zone», l artista Richard Prince finì in tribunale. Si era appropriato delle foto di un altro, il reporter Cariou. Poi, però, vinse la causa BRASILE «INDIE» Il social pay che fa ascoltare la musica in un circolo virtuoso di MARCO BOCCITTO «Eu baixei o novo disco de Isaar», ho scaricato il nuovo disco di Isaar... Se un tweet del genere si materializza sul vostro account, vuol dire che avete appena «acquistato» il nuovo lavoro della più intrigante artista pernambucana del momento. Al prezzo di un tweet, appunto, una forma di social pay che si fa beffe del denaro. In questo modo, mentre qualcuno dei vostri follower familiarizza con questo nome nuovo della scena musicale altermondialista, voi già entrate in confidenza le tracce di Todo Calor e il glocal pop acidulo che Isaar ha orhestrato per questo suo terzo album. Avendo la fortuna di conoscere già la freschezza dei primi due, c è anche chi dopo a lungo aver indugiato sull opportunità di avere un profilo twitter ne ha inaugurato uno apposta. La strategia di Isaar è semplice e nientaffatto sprovveduta. Dischi ormai se ne vendono pochi, sono tuttalpiù utili o indispensabili per bucare le playlist radiofoniche e avere più chance di rimediare degli ingaggi, per suonare dal vivo. Sono biglietti da visita, e come tali devono circolare senza barriere. Quella di liberare in rete la propria opera controllandone l intera filiera, dalla produzione alla distribuzione, è una tendenza che si è imposta già da qualche tempo sulla scena indipendente brasiliana. In un momento in cui le nuove tecnologie, oltre a una creatività sempre più obliqua e intraprendente da parte degli artisti, consente di abbattere drasticamente i costi di realizzazione. I dischi nascono in studi effimeri, che nascono e muoiono nello spazio di una manciata di canzoni. Studi domestici a costo zero, studi nomadi, studi non-studi. Se hai qualcosa di interessante da dire e da suonare non è più il caso di affittare gli Abbey Road Studios, roba che poteva andar bene ai tempi dei Beatles. In questo senso, un altro piccolo capolavoro che si può scaricare a costo zero e il nuovo dei Graveola, Vozes Invisiveis ou Dois e meio. Collettivo aperto e in costante movimento, da Belo Horizonte, Graveola e o Lixo Polifonico (spazzatura polifonica) suonano una sintesi incidentale e ariosa del post-tropicalismo con il passo dei grandi autori. Il paywall in cui ci si imbatte prima di arrivare a questo loro quarto disco è di quelli che si scavalcano con un leggero passo di samba. Puoi lasciare la tendina come la trovi, a zero dollari, oppure ripagare i momenti lieti che ti attendono con le nuove creazioni di questi poeti del nuovo suono brasiliano stabilendo tu il valore da dargli. Insieme alle canzoni ti ritrovi salvato nell hard disk anche il libretto con i testi delle canzoni, nel classico formato booklet dei cd. Perché parliamo di dischi veri, non solo virtuali, che vengono anche "tirati" in un numero limitato di esemplari e venduti direttamente ai concerti, magari autografati. Una certa grazia formale viene in realtà salvaguardata anche in digitale: Obrigado Marco, grazie per aver scaricato il nostro disco fatto in casa, speriamo ti piaccia, puoi farlo circolare nelle tue cerchie e ci auguriamo che la musica riverberi buone energie, un bacio grande e a molto presto... Invece i negozi digitali che espongono il tuo prodotto nelle loro vetrine, mediamente tristi come un catalogo di divani, sono avari di convenevoli. E soprattutto si ciucciano metà degli eventuali profitti. In molti altri casi l acquisizione è ancora più rapida e indolore, con il tasto «baixar», download, scaricare, sempre in bella evidenza sulla homepage. C è da dire che quando si scaricano in Italia o in Malesia questi dischi, agli artisti difficilmente gliene viene qualcosa in tasca, perché vallo poi a trovare il manager che si sobbarca i costi di una tournée a queste latitudini. Qui entra in gioco il motivo primario per cui un musicista crea e cerca di creare cose belle: il gusto di condividerle con il maggior numero di persone. E niente come il web consente di «sherare» i contenuti, se sono validi, con platee altrimenti impensabili. Tra non arricchirsi nell anonimato e non arricchirsi lo stesso, ma circondati da stima, ammirazione e persino riconoscenza, nessun musicista dovrebbe avere dubbi. La pratica di regalare il frutto di un lavoro che a volte può essere anche duro e faticoso è contagiosa e riguarda tutta una nuova generazione di artsiti: Gustavo Galo, Thiakov, Kiko Dinucci, Thiago França, Juçara Marçal, Cerebro Eletronico, Alafia, Juliana Perdigao, Luiza Brina, Guilhermo Kastrup, Lucas Santtana, Iconili, Siba... La crema di quanto valga la pena di seguire sulla scena indipendente brasiliana. Non per niente da João Gilberto in poi, la musica che viene da lì è troppo avanti. «BAIXA» E ASCOLTA Isaar, Todo Calor (isaar.com.br) Graveola, Vozes Invisiveis ou Dois e meio (graveola.com.br) Guilherme Kastrup, Kastrupismo (guilhermekastrup.com) Juçara Marçal, Encarnado (jucaramarcal.com) Thiago França, Malagueta Perus & Bacanaço (thiagofrancaoficial.blogspot.it) Gustavo Galo, ASA (gustavogalo.com) Lucas Santtana, O Deus que devasta mas também cura (lucassanttana.com.br) Metá Metá, Metal Metal (kikodinucci.com.br) Cérebro Eletrônico, Vamos pro quarto (cerebrais.com.br) Leo Cavalcanti, Despertador (leocavalcanti.com.br) Aláfia, Aláfia (alafia.art.br) Kristoff Silva, Deriva (amusicoteca.com.br) Iconili, Tupi Novo Mundo (iconili.tumblr.com) LE PAROLE PAROLE DI GIANCARLO NERI È certamente un caso raro e fortunato quello di poter vedere, a partire da oggi pomeriggio alle ore allo Studio Miscetti via delle Mantellate 14, Roma, il lavoro di Giancarlo Neri artista napolitan-cosmopolita che normalmente lavora in grandi spazi, spesso non italiani, con grandi installazioni. Oggi s inaugura la mostra «Parole Parole», per lo più quadri e una sedia-scultura chiamata Picassò (la Scienza va premiata) e dedicata al grande Totò, quello che in Totò a colori fa sedere l autore del falso Picassò e gli sputa in un occhio, che è certamente un mentore ispiratore di Neri soprattutto per questa mostra che col senso e doppiosenso delle parole gioca continuamente: il quadro IS LAM s intitola «Accà e Allah», e il quadro con paesaggio descritto parola per parola Cielo/Promontorio/Orizzonte/Mare si chiama «Alla portata di tutti», e quello con la scritta «Compro ora» ha come titolo «L eterna speranza del pittore». L ironia non manca a Giancarlo Neri, direi che ha una bella scorta di surreale humour nero, Duchamp è un altro dei suoi numi tutelari, immagino, visto che gli ha dedicato un lavandino da parrucchiere e l ha chiamato Duchampoo, ma la sua naturale attrazione per le installazioni nello spazio lo spinge altrove, oltre gli oggetti e le tele. Neri scrive: «Io, però, volevo fare il pittore. Ho studiato pittura a New York, Art Students League, di fronte alla Carnegie Hall. Il mio maestro Marshall Glasier, una specie di Garibaldi bohémien all americana, aveva circa ottant anni e aveva studiato proprio lì negli anni 30 con George Grosz, che era appena arrivato da Berlino.// Di pomeriggio facevo il ragazzo di bottega alla Kornblee Gallery, due isolati più a est, dove tra le altre cose venni iniziato da Jill Kornblee, temutissima signora newyorkese dall occhio di falco e dai modi sbrigativi, all insofferenza e allo snobismo verso gli «addetti ai lavori» del mondo dell arte //la terribile signora Kornblee mi prese da parte e mi disse che si diventa veri artisti verso i quarant anni, che io avrei dovuto solo crederci e lavorare e che avrebbe esposto un mio quadro nella mostra collettiva di quella estate. Investitura ufficiale, ero un pittore// Poi avvenne qualcosa che cambiò il corso della mia vita. Il mio minuscolo studio aveva una sola finestra rivolta a nord che affacciava, invece che sul solito muro di mattoni scuri come spesso avviene a New York, su un bellissimo scorcio di mid-town con al centro l Empire State Building. Mi venne una strana idea: intervenire fisicamente su quel paesaggio urbano creando un opera composita - vari pannelli dipinti (con illuminazione notturna) disposti su muri e terrazzi dei palazzi di fronte - che poi il pubblico avrebbe guardato proprio dalla finestra del mio studio. Volato fuori dalla finestra, andò letteralmente così. Tornai per qualche anno alla pittura ma ormai la malattia l avevo presa». Da quell inizio Neri ha fatto strada: ha riempito il circo Massimo di migliaia di globi luminosi con «Massimo Silenzio», ha fatto galleggiare un gigantesco «Cavallone» a dondolo in mezzo al mare di fronte a Castel dell Ovo a Napoli, e poi con una gigantesca sfera luminosa ha sfidato la luna piena con Luna & Laltra, nella baia di Positano ha piantato due sedie giganti, e a Roma ne ha messa una altissima di fronte ad un altrettanto gigante tavolo per «Lo scrittore», ha illuminato ritmicamente da dentro tutta la facciata dell Hotel Gloria di Rio de Janeiro, e sulle Dolomiti della Basilicata ha messo un enorme cappello su un grande masso-faccia e l ha chiamato «Tanto di cappello». Spiritoso, intelligente, sufficientemente burbero, amante del calcio e di Maradona Giancarlo Neri continua a giocare col senso della vita (alla Monty Pithon) e con quello delle parole.

8 (8) ALIAS RITRATTO D ARTISTA di LUCIANO DEL SETTE TORINO Nella prima metà dell 800, tra i paesaggi piatti e le foschie della Bassa Padana, il numero tredici dimostrò di non essere soltanto foriero di sciagure. Il 10 ottobre del 1813, a Roncole di Busseto, Parmense, nasceva Giuseppe Verdi. Tredici anni dopo, il 3 settembre 1826, a Busseto, apriva gli occhi Alberto Pasini. Il 9 marzo del 1842, Verdi mandava in scena il Nabucco, che lo condurrà a divenire compositore celebre in tutto il mondo. Il tredici aprile di tredici anni dopo, Alberto Pasini, a Suez, si imbarcava sul Mar Rosso, costeggiava la penisola arabica e raggiungeva Gedda. La mente e le mani di Verdi scorrevano sulla tastiera del pianoforte. La mente e le mani di Pasini scorrevano sulla carta e sulla tela. Ad unire i due artisti, seppure con occhi e intenti diversi, fu lo sguardo verso Oriente, terra che in quel secolo spronava la fantasia del mondo occidentale, rivolto al mito di Paesi ancora lontanissimi, selvaggi, misteriosi. L Oriente: viaggio immaginato e metafora per Verdi, con Nabucco e Aida; viaggio vissuto per Pasini, tra Egitto, Sinai, Persia, Turchia, Palestina, Libano, Siria. I due si conobbero, senza che da ciò scaturisse una vera e propria amicizia. La vita portò l uno a Milano e l altro a Parigi, poi, nel corso del tempo, su rotte geografiche distanti e differenti. Ma se il primo dei due maestri non ha certo bisogno di presentazioni, del secondo, celebre nel suo ambito, occorre raccontare. Lo fa, dedicandogli per la prima volta uno spazio tutto suo, la mostra L Oriente di Alberto Pasini, ospitata a Torino negli splendidi spazi del Museo della Fondazione Accorsi - Ometto. Lo facciamo noi, in queste pagine, per sottolineare, seguendo il filo di una corrente figurativa e letteraria che prese il nome di Orientalismo, il valore dei dipinti, degli schizzi, delle litografie alle pareti, delle fotografie d epoca e dei documenti custoditi nelle vetrine delle bacheche, che costruiscono la passeggiata all interno dello spazio espositivo. La Enciclopedia Treccani definisce così l Orientalismo: «Atteggiamento caratterizzato da uno spiccato interesse e da una forte ammirazione per ciò che è orientale, per la civiltà e la cultura dell Oriente. L interesse formale e contenutistico rivolto alla cultura e agli usi orientali, rientra in senso generico nell ambito dell esotismo. In senso stretto, una forte corrente Un pittore tra le strade d Oriente di gusto iniziò nei primi anni del Diciottesimo secolo in Francia con la pubblicazione delle Mille e una notte (1715). L Oriente, oltre che fonte di studi scientifici o meta di viaggi, fu evocato come luogo di suggestive rovine, meraviglie ed esotiche bizzarrie. Ma assunse importanza di vero movimento artistico e letterario solo in epoca romantica, specie dopo le campagne napoleoniche in Egitto e in Siria ( ). Massimo esponente (pittorico, ndr)ne fu Eugène Delacroix; la sua influenza toccò Théodore Chassériau e portò alla formazione di un primo gruppo di orientalisti, fra i quali Alexandre Gabriel Decamps». Cui vanno aggiunti Eugène Fromentin e Alberto Pasini, accomunati agli altri da un particolare non proprio secondario: tutti, nei luoghi poi documentati attraverso le loro opere, in Oriente ci erano stati davvero. A differenza di tanti «colleghi» pittori che mai lo avevano Una mostra a Torino ricorda la figura di Alberto Pasini, emiliano di nascita ma parigino d adozione, uno dei massimi esponenti della corrente «esotista» dell 800 visto e che, seguendo i canoni della moda del tempo, lo raffiguravano avvolto nella sensualità femminile, impenetrabile, colorato a tinte retoriche, ben più distante dei chilometri reali. Delacroix, maestro assoluto, parte per il Marocco e l Algeria nel 1832, al seguito di una missione diplomatica, realizzando poi un centinaio di dipinti. Riesce persino a ritrarre, seppur con molte difficoltà, le donne di Algeri, nel capolavoro Donne di Algeri nei loro appartamenti, del Di qualche anno dopo è Festa di nozze ebraica in Marocco. A Tangeri, precursore dei cahiers de voyages, riempie i suoi taccuini di schizzi che hanno come soggetto la gente e la città. Diversa la strada di Descamp, agli inizi pittore di genere senza alcuna conoscenza dei luoghi orientali, e poi, favorito da una serie di circostanze, cronista per immagini di un itinerario che lo porta a Costantinopoli, Smirne, in Asia Minore. Alexandre si dimostra fedele osservatore della vita e delle usanze quotidiane. Le abbozza, al pari di Delacroix, sul posto, per trasporle su tela al suo ritorno. Tra di essi la Casa turca, il Soldato della guardia di un visir, Uscita dalla scuola turca. Fromentin, giovanissimo, fa vela due volte verso l Algeria, l ultima nel 1859, unendosi a una missione archeologica. Anche lui produce bozzetti e schizzi sui taccuini. Sono segni precisi, accurati, dettagliati, che gli serviranno per dar vita a soggetti di un esattezza vicina al realismo e alla documentazione di carattere etnografico. Arriviamo così a Pasini, forse l unico italiano ad aver meritato un posto d onore tra gli Orientalisti. Certamente il più celebre. La vita esordisce duramente nei confronti del piccolo Alberto. A due anni perde il padre, Commissario di Distretto di Maria Luigia di Asburgo Lorena, appena trasferito con la moglie e cinque figli in quel di Monticelli d Ongina. La pensione tarda ad arrivare, le difficoltà economiche si fanno pesanti, e allora la vedova decide di andare a Parma, per trovare aiuto dalla propria famiglia e da quella del marito. A diciassette anni, Pasini si iscrive all Accademia di Belle Arti di Parma, dove si distingue per la diligenza nel frequentare il corso di paesaggio e per alcune opere, che vengono premiate. Il suo interesse si sposta verso il disegno, in particolare la litografia. Nel 1848 lascia l Accademia, e un anno dopo partecipa alla Prima Guerra di Indipendenza, soldato della Colonna dei volontari di Modena. Quando il secolo compie la sua prima metà, Alberto realizza alcune

9 litografie che riproducono le scenografie di Girolamo Magnano per il Trovatore e poi, sempre in litografia, le Trenta vedute di castelli del Piacentino, in Lunigiana e nel Parmigiano. Apprezzamenti e lodi non lo distolgono dal proposito che ha maturato: Parma gli va troppo stretta, andrà a Parigi. La partenza avviene nell estate del Pasini porta con sé una lusinghiera lettera di presentazione del celebre incisore Paolo Toschi. Durante il viaggio si ferma due mesi a Torino, e qui conosce il marchese Ferdinando Arborio di Breme, che gli compra un quadro e aggiunge una sua lettera di presentazione a quella di Toschi. Il marchese è figura nota negli ambienti artistici parigini, cui Alberto accede grazie agli attestati di stima. L editore Lemercier lo mette in contatto con l incisore Eugène Ciceri, ben lieto di poter contare su un valido aiuto. I due diverranno amici e si ritroveranno sovente nella casa di campagna di Ciceri, ai margini del bosco di Fontainebleau. Nel 1854, il giovane litografo lascia il laboratorio per l atelier di Théodore Chassériau. La pittura è ora al centro dei suoi interessi, e, fuori dal paesismo di maniera, Pasini ricerca un proprio linguaggio espressivo. Il grande cambiamento avviene a settembre dello stesso anno. Chasseriau declina l offerta del ministro plenipotenziario Prosper Bourrée, che lo vorrebbe al seguito di una missione diplomatica presso la corte di Teheran. Propone il suo pupillo, ragazzo veloce nel disegno, bravo con i colori, abile nel ritrarre scorci e paesaggio. Bourrée accetta. Il viaggio della delegazione parte a fine febbraio 1855, ma la Guerra di Crimea, che vede l alleanza tra Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna contro l Impero Russo, impedisce di navigare il Mar Nero fino a Costantinopoli, e da lì, via terra, arrivare in Persia. Soluzione più rapida, ma non attuabile. Unica e sfiancante alternativa è passare per l Egitto, circumnavigare la penisola arabica e infine superare l altopiano dell Iran. La nave approda a Bushir il 6 maggio, e in carovana raggiunge Teheran il 2 luglio, tappe intermedie Shiraz, Persepoli, Pasargade, Isfahan, Qom. La lunga odissea offre a Pasini la possibilità di realizzare decine di disegni e schizzi, che poi trasformerà in dipinti. L artista rimane ben dieci mesi alla corte dello Sha, seguendolo durante i suoi spostamenti nel Paese, partecipando alle cacce con il falcone, dipingendo su commissione per il sovrano, suo estimatore. Riceve anche un onorificenza, l Ordine del Leone e del Sole. L itinerario che lo porta nuovamente a Parigi si conclude nell agosto del Del suo primo viaggio, Alberto conserverà una nostalgia profonda e il desiderio, irrealizzabile, di un ritorno. A consolarlo è il successo delle opere realizzate tra il 1857 e il 1860: disegni e dipinti, cui si aggiungerà la serie di 12 litografie, l addio alla tecnica figurativa degli esordi, intitolata Viaggio nell Egitto, nella Persia e nell Armenia in 12 vedute disegnate dal vero e litografate da Alberto Pasini, che le dedica alla propria madre Adelaide Crotti, per le edizioni Lemercier. I lavori verranno esposti al Salon di Parigi e alla Promotrice di Torino, e avranno il loro formidabile venditore nel mercante d arte Adolphe Goupil, lesto a comprendere che quel pittore emiliano ma parigino di adozione è autore di pennellate orientaliste diverse. Nella biografia del catalogo della mostra, Giuseppe Luigi Marini scrive: «Gli stessi orientalisti genuini intendevano nettamente distinguersi dai molti colleghi, anche di fama, che, cavalcando la moda - i cosiddetti orientalistes en chambre (orientalisti da camera, ndr) - il Mediterraneo non lo avevano attraversato. Dipingevano harem e odalische, mercanti di tappeti, moschee e minareti nel proprio studio, sulla scorta di incisioni, fotografie e l armamentario folkloristico di turbanti e narghilé... Pasini ribadirà implicitamente attraverso le sue opere ed esplicitamente nei suoi interventi scritti... la distinzione tra il suo essere orientalista, che nasceva dall esperienza a pieno titolo, diretta, non solo di una conoscenza de visu e seguitata dei luoghi, ma del molto tempo trascorso in essi e in mezzo alla gente vera, interpretata e studiata nella vita di tutti i giorni, e la moda orientaleggiante, che surrogava la verità con invenzioni di maniera». Il Salon lo premia con una medaglia, appuntata al petto poco prima di partire in direzione dell Egitto, a metà dicembre del È un viaggio che dura fino all agosto del Alberto può lavorare con tranquillità, senza vincoli. Annota di nuovo Marini «... manifestando il proprio interesse non per le antichità di Giza, bensì per la vita quotidiana nella città: stradine, piazze e bazar animati dalla gente di tutti i giorni o da un corteo nuziale, scorci di minareti e, naturalmente, luminose e placide visioni del Nilo». Analoghi soggetti li A sinistra in alto: Venezia Fondaco dei turchi, 1881, in alto a destra La carrozza rossa, 1873 (entrambe le opere della Fondazione Ottavio Mazzonis Torino), in basso Porto sul Bosforo, 1863 ca, collezione privata. In pagina vari scizzi di Pasini, uno dei quali visibilmente sulla lista della spesa e una foto dell artista ritrae anche a Beirut, Gerusalemme e Atene. Il terzo addio provvisorio a Parigi avverrà soltanto sette anni dopo, la barra del timone puntata su Costantinopoli. Nel frattempo Pasini sposa Marianna Celj. L 8 e il 17 di rue Duperré sono gli indirizzi di casa e dello studio. Nel gennaio del 1862 nasce Claire. La fama dell Orientalista non convenzionale cresce: mostre, esposizioni, acquisti da parte di privati, premi. Costantinopoli, dove sbarca il 26 ottobre 1867, consacrerà la sua arte e porterà notevoli benefici economici, pur se, per certi versi, segnerà precisi confini creativi. Goupil rende, infatti, i soggetti turchi tra i pezzi più ambiti dal mercato, e su questi chiederà a Pasini di concentrare il proprio lavoro. Un lavoro che, adesso, si esprime nella sua pienezza. I colori, la luce, le situazioni e i momenti fermati sulla tela raccontano un Oriente meraviglioso e contraddittorio, povero e ricco, sporco e scintillante. E, proprio per tutto questo, vero. Alberto non lo ha mai tradito, mai ha accettato di scendere a compromessi, lo ama e lo sente dentro di sé. Tre ancora i viaggi a Costantinopoli, nel 1868, 1869 (a bordo del treno che sarebbe poi stato battezzato Orient Express) e Il quarto, deciso da un Pasini cinquantenne, si ferma a Vienna. La congiura che ha spodestato e ucciso il sultano Abdul Aziz gli sbarra il passo. Non sarà Parigi il domicilio definitivo, il luogo in cui Alberto lascerà il mondo a settantatré anni. I rapporti di lavoro e di amicizia lo avevano messo in stretta relazione con l ambito torinese. Al Circolo degli Artisti di Palazzo Graneri, in via Bogino, e alla Promotrice, si respirava un aria europea che il parmense-parigino amava molto. Grazie a Felice Biscarra aveva acquistato in Strada degli Alberoni, a Cavoretto, sulla collina, una villa di tre piani con giardino, frutteto, orto e una vista impagabile. Diverrà il suo buen retiro. Se ne sta ancora lì, purtroppo assediata da brutture edilizie concesse senza problemi negli anni 60 e seguenti del secolo passato. Cavoretto (1879) è il titolo di un piccolo quadro che armonizza alla perfezione con l esotismo realistico dei dipinti in mostra. L amore per l Oriente che Pasini trasfuse nelle sue opere, trovò identifica linfa nel ritrarre un abitazione di campagna con il balcone invaso dall edera. Il sole vivido, le ombre nette, la pietra del selciato grezza e consumata, le ritroverete qualche passo più in là, fermandovi, ammirati, davanti al Forno di Istanbul. Un viaggio non è mai questione di distanze. Ma di sensibilità. ALIAS LA MOSTRA E I LIBRI (9) «L Oriente di Alberto Pasini» Museo Accorsi - Ometto (via Po 55, Torino, fino al 29 giugno. Info: 011/837688, fondazioneaccorsi-ometto.it Catalogo della mostra 18 euro). Per approfondire il tema dell Orientalismo occorre spirito cacciatore. Non sono molti, infatti, i testi, cataloghi di mostre compresi, che si sono occupati di questa pur significativa corrente pittorica fuori da ambiti specialistici. Qui di seguito forniamo alcune indicazioni, Per acquistare i titoli, le vie migliori sono e-bay, Google e Amazon, oppure la richiesta diretta alla casa editrice. «Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell Ottocento italiano»: è il catalogo, Silvana Editore, della mostra romana, dal 20 ottobre 2011 al 22 gennaio 2012, nel Chiostro del Bramante; «Gli Orientalisti Italiani: Cento anni di esotismo, », Marsilio. Ancora un catalogo, questa volta della rassegna di Torino, presso la palazzina di caccia di Stupinigi da settembre 1998 a gennaio 1999; Emmanuelle Gaillard e Marc Walter, «L Orientalismo e le arti», Mondadori Electa; «Orientalisti italiani e aspetti dell Orientalismo in Italia», Edizioni Labrys; Thornton Lynn, «Les Orientalistes, peintres, voyageurs», ACR, Parigi. Citazione speciale meritano i taccuini di viaggio di Stefano Faravelli, il miglior erede, con le dovute differenze stilistiche e temporali, di Pasini. Fedele all etica della riproduzione del «vero», Faravelli ha messo su carta una serie di autentici capolavori. Cina, Mali, India ed Egitto restano le pietre miliari della sua opera, tutti pubblicati dalla EDT, la casa editrice torinese che ha tradotto in italiano le guide Lonely Planet (lds)

10 (10) ALIAS LIBRI di PASQUALE COCCIA La stretta di mano rifiutata al dittatore, la scelta di devolvere una parte dello stipendio alla formazione politica in cui si militava, la ricerca di compagni di squadra torturati dagli aguzzini fascisti, la presa di posizione contro Franco, Videla, Pinochet, Salazar, la dichiarazione pubblica a favore dei minatori in lotta, sono piccoli gesti dal grande significato politico, che alcuni calciatori hanno pagato. Altri beniamini del pubblico e perciò «intoccabili» hanno sfruttato la condizione di privilegio per parlare, denunciare, sfidare i dittatori fantocci, che utilizzavano il calcio per dimostrare che il loro era un paese normale e che i giocatori erano dalla parte del regime. Quique Peinado, scrittore e giornalista sportivo spagnolo, ha ricostruito su scala internazionale l'insieme di questi frammenti, raccolti in Calciatori di sinistra. Da Socrates a Lucarelli, quando la politica entra in campo (Isbn, euro 21). Racconta storie vere, attraverso le quali fornisce il termometro della ferocia delle dittature dell'america Latina nella seconda metà del Novecento, come quella del portiere argentino dell'almagra Claudio Tamburini, nel 1977 sequestrato e torturato per il suo impegno politico dagli aguzzini fascisti di Videla, riesce a fuggire e a raggiungere un paese del nord Europa, dove oggi insegna all'università. Leggerete di Paolo Sollier, militante di Avanguardia Operaia, gruppo della sinistra SPORT Una formazione tutta di sinistra extraparlamentare, e calciatore del Perugia che giocava in Serie A negli anni 70. Si racconta l esperienza di Socrates, fautore della Democrazia Corinthiana, la squadra brasiliana totalmente autogestita, senza presidenti e manager, dove il capitano e il custode avevano lo stesso diritto di voto e quell'anno il Corinthians vinse lo scudetto a dispetto dei colonnelli golpisti, che mal sopportavano il comunista Socrates. A Peinado abbiamo posto alcune domande. Come è nata l idea di scrivere «Calciatori di sinistra»? Qualche anno fa ho letto la storia di Cristiano Lucarelli, scritta da un giornalista spagnolo che stimo, Enric Gonzalez. Mi piacque e pensai che forse c erano altre storie come la sua. Infatti sono Quique Peinado mette in campo con «Futbolistas de izquierdas» ora tradotto anche in Italia da Isbn, i calciatori impegnati, da Socrates a Lucarelli quasi settanta i calciatori che compaiono nel libro. Quale messaggio vuoi trasmettere ai lettori? Volevo semplicemente raccontare storie che mi interessavano e che si riferivano alle mie due grandi passioni: la politica di sinistra e il calcio. Il libro non vuole trasmettere alcun messaggio, anche se spero che i lettori si divertano, scoprano qualcosa di nuovo, soprattutto un aspetto del calcio di cui non si vuole parlare. Possiamo considerare il tuo libro una sorta di Internazionale rossa del calcio? Poiché è l unico libro su un tema A sinistra in alto Dominique Rocheteau, al centro Cristiano Lucarelli, in basso (in una nostra chiave un po autocelebrativa) Paolo Sollier così specifico, è quasi un enciclopedia anche se non vuole esserlo, sì è la cosa più simile a una Internazionale rossa calcistica. Quanto tempo è occorso per la ricerca e quali sono state le tue fonti di informazione? Ci è voluto un anno di lavoro, anche se a fasi alterne. Siccome non ho potuto dedicarmi esclusivamente al libro, ma potevo farlo solo compatibilmente con il mio lavoro, il tempo si è dilatato troppo. Per quanto riguarda le fonti, a parte quelle tradizionali, ho sempre cercato di intervistare i protagonisti, meglio se di persona. Credo che nel giornalismo di oggi si stia perdendo il contatto diretto con le fonti, qualcosa che non dovrebbe succedere. Perché ti concentri sull America Latina delle dittature e sulla Spagna franchista? Spagna, Italia e America Latina sono stati i luoghi dove ho incontrato i maggiori esempi. Nel caso del franchismo e dell'america Latina degli anni '70 quando ci sono state dittature così tremende, c è stata anche gente che ha resistito e si è esposta, e questo è successo anche nel calcio. Quale è stato il gesto politico dei calciatori esaminati nel tuo libro che ti ha colpito di più? Credo che la Democracia Corintiana che guidò Socrates sia stato il maggior apporto che la sinistra abbia dato al calcio. Forse non si dà abbastanza valore a quello che successe ai Corinthians in quegli anni. È conciliabile per un calciatore vivere in un mondo multimilionario ed essere di sinistra o si tratta di una contraddizione insanabile? Non capisco dove sia la contraddizione. Non capisco perché guadagnare in modo onorevole sia incompatibile con desiderare un mondo giusto, che voglia uguaglianza e opportunità per tutti, o perché un ricco non possa desiderare che lo stato protegga i più deboli e gli emarginati. Questo è la sinistra e non è incompatibile con il fatto di guadagnare denaro in modo onesto. Se questo libro diventasse un best seller mondiale e io diventassi milionario smetterei forse di pensare come la penso? Potrei scrivere solo di calciatori fascisti? Nel futuro l impegno politico dei calciatori è destinato ad aumentare o a diminuire? Si manifestano sempre di meno. Gli affari hanno divorato il calcio e agli affari non interessano i calciatori impegnati. Non credo che i calciatori non pensino, ma che non permettano loro di esprimersi. Mi puoi indicare una ideale Nazionale di Sinistra tra i calciatori del tuo libro? Portiere: Volker Ippig Difesa: Wim Rijsbergen, Liliam Thuram, Oleguer Presas e Iker Sarriegi Centrocampisti: Vikash Dhorasoo, Socrates e Dominique Rocheteau Attaccanti: Pahino, Cristiano Lucarelli, Raymond Kopa Allenatore: Egil Olsen Potrebbe vincere il campionato del mondo in Brasile? Certamente no, però sarebbe una squadra solidale e impegnata. CARLOS H. CASZELY Il goleador cileno che si oppose a Pinochet Carlos Humberto Caszely è stato un calciatore del Colo-Colo e della nazionale cilena, nel 1973 fu capocannoniere della Coppa Libertadores. A marzo del 1973, pochi mesi prima del golpe, si schierò pubblicamente a favore del partito comunista cileno alle elezioni. Caszley si rifiutò sempre di dare la mano a Pinochet, un gesto che pagò caramente con l esclusione dalla nazionale e per quello che fecero a sua madre, che nel 1988 in Tv disse: «Sono stata sequestrata a casa mia, bendata e portata in un luogo sconosciuto, dove mi hanno torturata e violentata brutalmente». Quella che segue è una parte di un intervista realizzata da Dario Falcini, giornalista di RadioPopolare, per i 40 anni dal golpe in Cile. Il podcast integrale è su Dov eri quando ci fu il colpo di stato di Pinochet? In quei giorni ero in ritiro con la nazionale cilena per preparare la partita contro l Unione Sovietica, era lo spareggio per andare ai Mondiali di Germania del Il colpo di stato capitò mentre io mi trovavo in quelle condizioni e la prima cosa che ricordo fu una grande incertezza. Avevo capito che stava succedendo qualcosa, perchè sentivo dei rumori, poi scoprii che era il bombardamento della Moneda. Avvertivo la confusione da parte di tutti e allora chiedevamo chiarimenti, ma non avevo nessuna notizia certa. In ritiro eravamo completamente isolati senza radio o giornali. Ricordi le sensazioni che provasti? La tristezza per prima cosa, e poi lo spaesamento perché non sapevamo che fare, e ancora il timore, la paura, il terrore e la pena per il sacrificio della nostra gente. Tutte cose che si provano in quei momenti. Soprattutto la tristezza all idea che fuori c'erano dei fratelli che uccidevano altri fratelli. Tua madre subì un sequestro e la tortura. Ci fu un accanimento del regime nei tuoi confronti per le tue posizioni da dissidente e per la tua celebrità? Per vari motivi, negli anni di Augusto Pinochet, anche gli sportivi subirono la repressione del regime. Molti sono stati colpiti, più di uno torturato brutalmente. Nel 1973 sei andato a giocare in Spagna, nel Levante prima ed Espanyol poi. Fu un esilio? Non l ho mai vissuto come un esilio. Una squadra spagnola mi ha offerto un contratto e io ho accettato. Nessun esilio. Dalla Spagna riuscivi ad avere notizie di quanto avveniva in Cile? Sì, nel mondo si sapevano molte più cose di quante non ne sapesse la gente in Cile. lì i giornali, la radio, tutti i media erano controllati dalla dittatura. Potevi tornare in Cile in quegli anni? Io dovevo tornare in Cile in quel periodo. E dovetti farlo, alla fine dell anno 1978 perché mia madre, che aveva subito tutta la cattiveria della dittatura, stava male e io ho sentito la necessità di stare con lei e con i miei cari. Perché tu, ricco e famoso calciatore, hai sentito il bisogno di aver un ruolo politico? Sono prima di tutto un essere umano che vede le cose, prova sentimenti, soffre quando si trova di fianco a un altro essere umano che soffre.

11 ALIAS (11) A CURA DI SILVANA SILVESTRI CON ANTONELLO CATACCHIO, ARIANNA DI GENOVA, GIULIA D AGNOLO VALLAN, MARCO GIUSTI, GIONA A. NAZZARO, CRISTINA PICCINO I FILM SINTONIE IL FESTIVAL AMAZZONIA (3D) DI LUC MARESCOT, THIERRY RAGOBERT. DOCUMENTARIO. FRANCIA In seguito a un incidente aereo Saï, una scimmia cappuccina nata e cresciuta in cattività, si ritrova sola e smarrita nella giungla amazzonica e dovrà trovare la strada e proteggersi dalle trappole della natura, incontrando animali di tutti i tipi: giaguari, coccodrilli, boa, tapiri, lontre giganti... Voce narrante di Alessandro Preziosi. CAPTAIN AMERICA - THE WINTER SOLDIER (3D) DI ANTHONY RUSSO, JOE RUSSO, CON CHRIS EVANS, SCARLETT JOHANSSON, USA Steve Rogers, alias Capitan America, vive a Washington e cerca di adattarsi al mondo moderno. Unendo le forze con la Black Widow, dovrà sventare un complotto che minaccia di mettere a rischio il mondo. Il soldato d inverno del titolo è l inaspettato nemico da fronteggiare quando tutto sembrerebbe risolto. HUNGOVER GAMES - GIOCHI MORTALI DI JOSH STOLBERG, CON ROSS NATHAN, SAM PANCAKE. USA Commedia demenziale, parodia dei film Hunger Games e Una notte da leoni che inizia dopo un addio al celibato quando i protagonisti si trovano ad essere loro malgrado protagonisti dei famosi giochi di caccia e si dovranno scontrare con i gruppi appartenenti a diversi distretti ispirati alla cultura pop, tra i quali il distretto dei pupazzi, il distretto dei supereroi, il distretto della Terra di mezzo e il distretto di Johnny Depp. I FRATELLI KARAMAZOV DI PETR ZELENKA, CON MICHAELA BADINKOVÁ, JERZY MICHAL BOZYK. REPUBBLICA CECA Un gruppo di attori si ritrova in una fabbrica abbandonata per le prove dell'adattamento teatrale de I fratelli Karamazov di Dostoevskij. Al crescendo emotivo dei personaggi si affiancano questioni come la fede, l'immortalità e la salvezza dell'anima, ma anche il dipanarsi dei rapporti all'interno della troupe stessa che riflettono i grandi temi dell'opera. Film candidato all Oscar come miglior film straniero del FUORISTRADA DI ELISA AMORUSO, CON GIUSEPPE DELLA PELLE, MARIOARA DADILOVEANU. ITALIA Pino/Beatrice è un meccanico transessuale. Si innamora della badante della madre, la rumena Marianna e decide di sposarla, diventando sia moglie che marito e sia padre che madre per il figlio di Marianna. Una famiglia anomala ma unita. GHOST MOVIE 2 DI MICHAEL TIDDES, CON MARLON WAYANS, DAVID KOECHNER. USA Parodia della serie Paranormal Activity e di altri film di genere found footage. Dopo aver esorcizzato i demoni della sua ex, Malcolm sta cominciando una relazione con la sua nuova fidanzata nella casa dei loro sogni. Ma ancora una volta è afflitto da eventi paranormali. IN GRAZIA DI DIO DI EDOARDO WINSPEARE, CON CELESTE CASCIARO, LAURA LICCHETTA. ITALIA Finis Terrae. Leuca. Una famiglia che sta per perdere tutto, quattro donne diverse tra loro ma legate alla natura e ai luoghi che amano più di qualsiasi altra cosa riusciranno a fronteggiare la crisi. LA LUNA SU TORINO DI DAVIDE FERRARIO, CON WALTER LEONARDI, MANUELA PARODI. ITALIA Tre personaggi principali vivono nella stessa casa, sul quarantacinquesimo parallelo (che attraversa Torino e gran parte della pianura padana), «a metà strada tra il polo e l equatore», una metafora del vivere in equilibrio. LOVELACE DI JEFFREY FRIEDMAN, ROB EPSTEIN, AMANDA SEYFRIED, PETER SARSGAARD. USA La storia di Linda Lovelace, il suo esordio nel cinema pornografico, costretta da Chuck Traynor, il suo violento marito dell epoca e la sua riconquista di un esistenza normale. QUANDO C'ERA BERLINGUER DI WALTER VELTRONI. DOCUMENTARIO ITALIA È il racconto della solitudine di Berlinguer e dei suoi successi, in una chiave narrativa che ha cercato di saldare i ricordi personali dell autore con i ricordi dei protagonisti del tempo. con Giorgio Napolitano, Richard Gardner, Alberto Menichelli, Emanuele Macaluso, Alberto Franceschini, Eugenio Scalfari. STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI DI BRIAN PERCIVAL, CON GEOFFREY RUSH, EMILY WATSON. USA GERMANIA Liesel (Sophie Nélisse) viene affidata dalla madre incapace di mantenerla nella Germania nazista ai coniugi Hubermann che le insegnano anche a leggere, un apprendimento che le sarà utile quando scoprirà nascosto nel sottoscala Max (Ben Schnetzer), un ebreo che i suoi genitori nascondono. Insieme leggono i romanzi che lei salva dai roghi nazisti o ruba dalle biblioteche. YVES SAINT LAURENT DI JALIL LESPERT, con Pierre Niney - Guillaume Gallienne. FRANCIA A soli 21 anni, Yves Saint Laurent (Pierre Niney) è chiamato a dirigere la casa di moda di Christian Dior, da poco scomparso. Siamo a Parigi, Durante la presentazione della sua prima collezione Yves conosce Pierre Bergé (Guillaume Gallienne) che diventerà suo compagno di vita e di affari (e che ha approvato il film). AMICI COME NOI DI ENRICO LANDO, CON PIO D ANTINI, AMEDEO GRIECO. ITALIA Forti di un paio di stagioni alle Jene arrivano con il loro sgangherato ma divertente film d esordio i due foggiani Pio e Amedeo, con il regista dei Due soliti idioti. Cercano di fuggire da Foggia e dai foggiani, e in più uno dalla fidanzata, l altro dagli strozzini, avventure che proseguiranno a Milano e ad Amsterdam. Come film certo è zoppo, la sceneggiatura va da tutte le parti, ma l insieme è gradevole, i soldi della produzione si vedono. Certo il film è molto cafone, ma la commedia elegante girata a Lecce o a Roma è molto meno in sintonia con il pubblico. (m.gi.) CHOCÒ DI JHONNY HENDRIX HINESTROZA, CON KARENT HINESTROZA, ESTEBAN COPETE. COLOMBIA Poggia l intera struttura narrativa sulla protagonista, Chocò, una guerriera che attraversa ogni giorno un mondo di miseria e di violenza. Ha due figli e un marito ubriacone. Il suo nome deriva dalla regione in cui vive insieme agli altri afrocolombiani maltrattati, emarginati dal razzismo. Il regista che da lì proviene, li racconta nel suo film d esordio presentato alla Berlinale, persone che sembrano non avere accesso all immaginario e lo fa con una storia che dichiara una ricerca controllata tra documentario e finzione. (c.pi.) IDA DI PAWEL PAWLIKOWSKI, CON AGATA KULESZA, AGATA TRZEBUCHOWSKA. POLONIA DANIMARCA Siamo nel 1962, il regime stalinista si intreccia a un cattolicesimo assoluto, al silenzio del rimosso, ai processi politici. Ida, una novizia, scopre di essere ebrea e di avere una zia magistrato del socialismo reale (la chiamavano «Wanda la sanguinaria»). Nello specchio di due femminilità agli antipodi, una religiosa, l altra atea, una arroccata alla fede l altra l altra al cinismo sembra di ripercorrere piuttosto il cinema polacco degli anni Sessanta riportandone nelle sue inquadrature atmosfere, volti, tempi interiori. È un film postmoderno ma senza nostalgia che dell irriverenza e della scabrosità dei suoi riferimenti non prende nulla se non la forma. (c.pi.) JIMMY P. DI ARNAUD DESPLECHIN, CON BENICIO DEL TORO, MATHIEU AMALRIC. FRANCIA Quasi tutto concentrato sul rapporto tra analista e paziente, si svolge sullo sfondo dell America alle prese con il trauma della guerra. Il paziente Benicio Del Toro (aveva interpretato un indiano malato di mente nel film di Sean Penn La promessa) è Jimmy, l indiano reduce dalla seconda guerra mondiale conuna sindrome diagnosticata come schizofrenia,. Quai monosillabico, troneggia sull analista Amalric che è invece loquacissimo. Un indiano dei Piedi neri nevrotico e un ebreo rumeno specializzato in nativi americani. Il cinefilo Desplechin ha intrapreso quest avventura americana in omaggio al suo amore per il western. Senza cadere nella trappola dell esotismo. (g.d.v.) LEI DI SPIKE JONZE, CON JOAQUIN PHOENIX, SCARLETT JOHANSSON. USA Rgista dalla filmografia eccentrica che ha come fonti di ispirazione la solitudine, l impossibilità di comunicare con il resto del mondo, il potere dell immaginazione (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee, Nel paese delle creature selvagge). Theodore (Joaquin Phoenix) scrive bellissime lettere d amore per conto terzi e la recente separazione dalla moglie lo ha lasciato in uno stato di depressa catatonia. Tutto cambia con l arrivo sul mercato dell Os1 il primo sistema operativo dotato di intelligenza artificiale. Il suo personale si chiama Samantha, ha la voce di Scarlett Johansson (nel doppiaggio di Micaela Ramazzotti). (g.d.v.) IL SUPERSTITE DI PAUL WRIGHT, CON GEORGE MACKAY, KATE DICKIE. GB Esordio presentato alla Semaine de la critique a Cannes 2013, autentico tour de force formale, il film gioca con grande spregiudicatezza l indeterminazione dei piani del racconto secondo la lezione del documentario di creazione degli ultimi anni. Realizzato sulle coste dello Aberdeenshire è un racconto di mare che richiama Conrad e Melville. Dopo aver perso il fratello in mare, Aaron deve subire il disprezzo della comunità di pescatori. (g.a.n.) SEX SYMBOL RIDOTTO ALL OSSO HIDEAWAY Canada, 2014, 4 30, musica: Kiesza, regia: Kiesza, Ljuba Castot, Rami Samir Afuni, fonte: Mtv7Un taxi deposita la cantante (ex ballerina ed ex soldato della marina) canadese su un marciapiede di Brooklyn per poi venirsela a riprendere al termine del videoclip, girato totalmente in un piano-sequenza con steadycam che disegna perlopiù un travelling all indietro. Il brano Hideaway prodotto dalla etichetta indipendente Lokal Legend è così coreografato da Kiesza e da altri performer, che man mano entrano ed escono nell inquadratura, con invidiabile naturalezza. L atmosfera è da dance street anni 80, ma la resa non è affatto male. Fotografia di Blayre Ellestad. ROCK DJ Uk, 2000, 4 10, musica: Robbie Williams, regia: Vaughan Arnell, fonte: Youtube 1Perfino Robbie Williams, che pure ha basato il suo successo sulla prestanza fisica, in Rock Dj gioca con il genere orrido e post-human che andava tanto di moda negli anni 90, inscenando di fronte a una platea di modelle che gli sfilano intorno in pattini a rotelle, uno spogliarello totale. Oltre ai vestiti, Williams si strappa lembi di carne e di tessuti lanciandoli alle donne che li afferrano come trofei divorandoli o strofinandoseli sul volto. Alla fine il cantante diventa uno scheletro sanguinolento che continua imperterrito a danzare. Il video che sfrutta al meglio gli effetti di animazione 3-D di John Harvey ha la funzione di sfatare la sua immagine di sex-symbol, mettendo in evidenza l aspetto di mercificazione della popstar formato macho. Il tono ironico dell operazione, è ulteriormente sottolineato dalla didascalia finale: «Nessun Robbie è stato maltrattato durante la lavorazione di questo video». Del brano esiste anche un altra versione video con Williams che «cazzeggia» in sala d incisione: irrilevante. STAY THE NIGHT Usa, 1984, 4 30, musica: Chicago, regia: Gil Bettman, fonte: Mtv Classic 8Uno dei migliori incipit di videoclip mai realizzati e uno dei più spettacolari music video degli anni 80 questo Stay the Night, piccolo action movie di grande ironia in cui viene messo alla berlina in un colpo solo romanticismo e machismo: il «povero» front man del gruppo viene massacrato fisicamente da una crudele femme fatale, che non esita a scaraventarlo più volte dalla sua auto sportiva lanciata a tutta velocità direttamente sull asfalto. Bettman, che ha all attivo non più di una decina di promo, adopera con grande abilità dolly e camerata confezionando un lavoro di sicuro impatto visivo. 25 anni dopo i Maroon 5 con Misery proveranno a fare una sorta di remake, con meno stunt e più effetti digitali. MAGICO FLORENCE KOREA FILM FESTIVAL FIRENZE, CINEMA ODEON, MARZO La dodicesima edizione del Korea Film festival diretto da Riccardo Gelli presenta per la prima volta in Italia la retrospettiva della star Choi Min-sik, («il De Niro coreano»), che sarà presente a Firenze e riceverà il premio del Festival. L attore è diventato famoso internazionalmente per la sua interpretazione di Old Boy (2003) di Park Chan-wook e Lady Vendetta (2005), i due film che completano la Trilogia della Vendetta iniziata nel 2002 con Mr. Vendetta. Il programma della dodicesima edizione del festival presenta 34 lungometraggi e 20 cortometraggi di cui molti in anteprima nazionale e europea. Tra le novità di quest anno la sezione K-Fantastic, interamente dedicata al genere fantastico (fantascienza, il fantasy, l horror). La manifestazione mostrerà uno spaccato della cinematografia contemporanea mainstream nella sezione Orizzonti Coreani, con diversi titoli campioni di incassi in Corea; mentre la sezione Independent Korea accoglierà quei film che non trovano spazio nella grande distribuzione del loro paese. Entrambe le sezioni sono in competizione per i premi della giuria, della critica e del pubblico. Tra gli eventi speciali, la consueta Notte Horror: con la proiezione di un film con tre episodi in prima italiana. Nella sezione «Corto, Corti» i film brevi che saranno proiettati prima di ogni lungometraggi. La rassegna internazionale di cinematografia sud coreana è organizzata dall associazione Taegukgi Toscana Korea Association. I CORTI CORTINAMETRAGGIO CORTINA D AMPEZZO, CINEMA EDEN, HOTEL ANCORA, FINO AL 23 MARZO La quinta edizione di Cortinametraggio presieduto da Maddalena Maynieri è suddiviso nelle sezioni in concorso: CortiComedy, i corti di commedia, Booktrailer, i trailer dei libri e le new entry Webseries (la migliore avrà il premio dal Sindacato giornalisti cinematografici) e video Instagram, forme di racconto filmico del mondo web e social. I corti commedia saranno valutati dal cast di Tutta colpa di Freud: il regista Paolo Genovese e gli interpreti Marco Giallini, Anna Foglietta e Vinicio Marchioni. I Booktrailer avranno come giudici Bianca Giordano, Pierluigi Colantoni, Maria Pia Ammirati, Paola Malanga, Maria Rosaria Gianni e Marta Terrevoli, i Video Instagram della durata di 15 sono valutati dagli attori Nicola Nocella, Andrea Bosca, Lorenza Indovina e Rolando Ravello, le webseries dai protagonisti di Una mamma imperfetta: Lucia Mascino, Alessia Barela, Anna Ferzetti, Vanessa Compagnucci, Fausto Sciarappa e Ivan Cotroneo insieme a Matteo Oleotto e Leonardo Ferrara. Presiede la giuria del pubblico Giuliano Montaldo. La cerimonia di premiazione avrà luogo domenica 23 mattina sul White Carpet di piazza della Conchiglia. Ingresso libero. LA FOTOGRAFIA ESTESTRATI FOTO DI ENRICO FONTANA IN MOSTRA ESTE (PD), PESCHIERA VECCHIA, MARZO «EsteStrati- la città che non vediamo», mostra del fotografo Enrico Fontana spunto per un ricco programma di eventi tra cui il 30 marzo la passeggiata fotografica «avventure urbane» nella zona industriale della città guidata dal naturalista Toni Mazzetti ed un convegno, sabato 29 alle 17,30, che offrirà spunti di riflessione e occasioni di incontro con realtà e progetti urbani provenienti da altre città. Degrado e bellezza condividono lo spazio urbano condizionando l'esistenza delle generazioni che si susseguono nella storia di una comunità. Questa la riflessione al centro della mostra così come del convegno «La città possibile - dialoghi sulle buone pratiche». Tra gli ospiti Paolo Castelnovi, architetto del paesaggio e responsabile del sito «landescopefor», Luciano Pantaleoni, responsabile della cooperativa «Andria» di Reggio Emilia e Valentina Vaio, responsabile del progetto torinese «Memoro». Dal lunedì al venerdì dalle 17,30 alle 20,30, il sabato e la domenica anche dalle 10 alle 13. Infine domenica 30 proiezione alle 21 di VideoStrati di Riccardo Vaccaro e il concerto «Contemporary colors» con Cristiano Gallian & Nick Muneratti. (beatrice andreose) IL DOCUMENTARIO RAYMUNDO ROMA, PICCOLO APOLLO, CENTRO AGGREGATIVO APOLLO 11, 22 MARZO ORE 20 Un occasione speciale, un raro film nel giorno della memoria in Argentina che racconta la storia di Raymundo Gleiser, cineasta argentino desaparecido durante la dittatura militare del 1976, rappresentante del cinema militante, la cui vicenda occultata è emersa grazie a un trascinante lavoro di documentazione di Ernesto Ardito e Virna Molina. Affianca la storia di Raymundo quella del cinema rivoluzionario latinoamericano e delle lotte di liberazione degli anni '60 e '70. La proiezione sarà introdotta da Ugo Adilardi presidente Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, e seguita dall incontro con Florencia Santucho direttrice del Festival Internazionale di Cinema sui Diritti Umani di Buenos Aires, Luciana Castellina commendatore della repubblica Argentina, Susi Fantino presidente municipio VII, Carlo Felice Casula dell Aamod. Lunedì 24 sala Zavattini (via Ostiense 106) ore 10 proiezione dei documentari di Daniele Cini La sirena e Identità rubate e Infanzia clandestina di Benjamin Avila e, a seguire, un incontro con Florencia Santucho, Paola Scarnati, Annalisa Zanuttini, Daniele Cini. Alla Casa Argentina di via Veneto 7 (ore 17.30) evento «Argentina: la memoria dopo 30 anni di democrazia».

12 (12) ALIAS STORIE UN BINOMIO AL CENTRO DELLA CULTURA USA DEL DOPOGUERRA Andava a 100 all ora. Se il rock preferisce le quattro ruote di JESSICA DAINESE Nel 1993 Speed Kills, una fanzine di Chicago (attiva tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, e dedicata alle vecchie auto sportive, alle corse automobilistiche e alla musica indie rock, gli interessi principali del fondatore Scott Rutherford), pubblica la serie DC musicians with their cars di Cynthia Connolly, una giovane fotografa di Washington, DC. La serie di fotografie in bianco e nero (che sarà ripubblicata da numerose fanzine e riviste) ritrae musicisti e musiciste della scena punk hardcore locale accanto alle loro vetture, spesso vecchi e strambi catorci: Kathi Wilcox delle Bikini Kill con la sua Plymouth Valiant del 1965, Ian Svenonius (Nation of Ulysses, The Make-Up) con la sua Plymouth Sport Fury del 1969, Christina Billotte delle Slant 6 con la sua Datsun 210 del 1981, Ian MacKaye (Minor Threat, Fugazi ecc.) con la sua Toyota Corolla Station Wagon del 1978, Allison Wolfe delle Bratmobile con la sua Pontiac Catalina del 1979, e così via. Cynthia Connolly, pur non avendo mai suonato in una band, è considerata un pilastro della leggendaria scena punk hardcore di Washington, DC. Ex compagna di Ian MacKaye, autrice di numerosi scatti iconici per la Dischord Records e del libro Banned in DC (1988), la Connolly ha avuto una forte influenza sulla cosiddetta «punk photography». La relazione tra musica rock e automobili inizia nei lontani anni Cinquanta. Da allora sono state scritte migliaia di canzoni che parlano di macchine, del piacere di guidare, ma anche di incidenti automobilistici e simili tragedie. Da Drive My Car dei Beatles (1965) a Go Lil' Camaro Go dei Ramones (1987), da Fast Cars dei Buzzcocks (1978) a Cars di Gary Numan (1979), da Roadhouse Blues dei Doors (1970) a Autobahn dei Kraftwerk (1974, ispirata dai suoni dell'autostrada tedesca), non dimenticando classici quali Brand New Cadillac (di Vince Taylor, rifatta anche dai Clash nel 1979). Innumerevoli sono poi i brani che, seguendo la tradizione del classico R&B Mustang Sally, usano l'automobile e il guidare quali metafore per indicare la donna e/o l'attività sessuale. Little Red Corvette di Prince (1983) e Pink Cadillac di Bruce Springsteen (1984) rientrano tra questi. Il rock n roll e le hot rod (ossia le auto da corsa, le classiche vecchie auto americane col motore truccato), entrambi alla base della cultura pop americana, entrambi celebratori del progresso, della potenza, della velocità e dell'elettricità, sono esplosi più o meno nello stesso periodo, cioè Il punto di vista femminile su automobili e motori. Attraverso classiche «car crash song» e amori alla Grease nel dopoguerra. Prendiamo ad esempio il musical Grease del 1971 (e l'omonimo film del 1978 con John Travolta e Olivia Newton-John). Ambientato verso la fine degli anni Cinquanta, Grease racconta le vicende sentimentali di un gruppo di teenager della working-class statunitense (appartenenti appunto alla sottocultura dei greaser). La musica di Grease si rifà al sound del primo rock n roll, uno dei due interessi principali dei greaser americani; l'altro erano le hot rod (al contrario dei greaser britannici, che erano quasi sempre biker). C'è una canzone nel film (la celebre Greased Lightning) che fonde tre cardini della cultura pop americana degli anni Cinquanta: il sesso («The chicks'll cream for Greased Lightnin'», le pollastrelle si ecciteranno per Greased Lightning. Greased Lightning è il nome dell'automobile, ndr), il rock n roll e le automobili, con le quali l'america ha da sempre una vera e propria storia d'amore. Nel film assistiamo anche allo «sport» preferito dei teenager americani degli anni Cinquanta: il drag racing. Una gara, estremamente pericolosa e ovviamente illegale, tra due automobili. Un duello che spesso portava alla morte. La «canzone da incidente automobilistico» (car crash song) diventa un trend popolare nella musica pop e rock degli anni Cinquanta e Sessanta, periodo in cui in molti paesi il numero di persone uccise durante incidenti stradali cresce rapidamente. Le reginette delle tragedie adolescenziali Shangri-Las sono diventate celebri grazie alla loro Leader of the Pack (1964), storia di un ragazzo che muore in un incidente con la sua motocicletta, ma hanno cantato anche di disgrazie automobilistiche, ad esempio in Give us Your Blessings (1965). La canzone narra la storia di Mary e Jimmy, due adolescenti il cui amore viene ostacolato dalle famiglie. La coppietta scappa di casa in automobile e, per colpa delle lacrime che scendono dai loro occhi, non vedono un segnale stradale che indica una deviazione. Il giorno seguente le famiglie trovano i loro corpi senza vita. Qualche anno prima James Lafayette Tarver, ispirato dalla morte della figlia Carol Ann (deceduta in uno scontro tra un treno e un'automobile), scrive la funerea Last Kiss. La canzone narra di un giovane che chiede in prestito l'auto del padre per portare fuori la fidanzata in una serata piovosa (è quasi sempre una serata piovosa). Ma i due, per evitare un'altra macchina, finiscono fuori strada e si schiantano. Quando il ragazzo riprende conoscenza, si accorge che la fidanzatina è in fin di vita: tempo per un «ultimo bacio romantico», e l'anima della ragazza è già sulla strada per il paradiso. Il tristissimo brano fu interpretato prima, senza successo, da Wayne Cochrane (nel 1961), reso in seguito popolare da J. Frank Wilson and The Cavaliers (nel 1964), e più recentemente (1999) coverizzato dai Pearl Jam. Gli incidenti automobilistici sono tema di brani anche più recenti, come Wreck on the Highway di Bruce Springsteen (1980), In the Kingdom #19 dei Sonic Youth (1986), Glitter Years delle Bangles (1988), Car Crash delle Hole (2010). Essendo la lista delle canzoni dedicate all'argomento automobili infinita, abbiamo deciso di concentrarci su dieci brani pop e rock che parlano di motori da un punto di vista femminile. «SHIRLEY» (L7) Una dedica spericolata a Muldowney Partiamo in quarta con il grunge di Shirley, brano delle losangeline L7, dal loro quarto album Hungry for Stink. La canzone è dedicata a Shirley Muldowney (nata nel 1940 a Burlington, Vermont), conosciuta come «Cha Cha» e la «First Lady del Drag Racing». Pioniera delle corse automobilistiche professionali, la Muldowney fu la prima donna a ricevere una licenza dalla Nhra (National Hot Rod Association) per guidare un dragster (auto da gara) Top Fuel. Vinse il titolo di campionessa della Nhra Top Fuel nel 1977, nel 1980 e nel 1982, diventando così la prima persona a vincere tre volte. Durante tutto il brano la voce della cantante è intramezzata con quella di un cronista dell'epoca, che prima dà il benvenuto alla Muldowney («Welcome the «IN YOUR CAR» (KENICKIE) La seduzione del passaggio In Your Car è stato il singolo di maggior successo del quartetto indie inglese, composto da tre ragazze e un ragazzo (di cui non parlava mai nessuno). Le festaiole Kenickie amano la vita notturna e i tacchi alti, prendono il bus per andare in città, ma a volte anche loro si stancano di camminare, e quando passa un ragazzo in una bella automobile («Is this your car?/it's quite a machine»), gli chiedono un passaggio. Ma trattandosi delle Kenickie, si intuisce che è tutta una strategia seduttiva: arrivate a casa del ragazzo, la cantante chiede all'autista di farle vedere la sua camera... («Well I want to see your room»). Alla fine, ringrazia per il passaggio e bye bye («I just said thanks for the ride/it sure beats walking»). Una b-side di un loro singolo dall'album, Punka, includeva un altro brano dedicato alle automobili: Drag Race. first lady/to try and qualify in an A-Dragster/For Nhra competition/shirley Muldowney») e poi le chiede cosa fa una bella ragazza come lei in un posto come quello, al che Shirley risponde, ovviamente, «Winning» (vince).

13 ALIAS (13) «TAKE ME TO THE BACK SEAT» ((THE DONNAS) Ode al sedile posteriore Ancora, se possibile, più dirette sono quelle ragazzacce californiane delle Donnas, con questa ode al sesso sul «sedile posteriore» dal loro quinto album Spend the Night. «Don't want to go to the mall/don't want to go to the movies/i think we've done it all/just take me to the backseat» (non voglio andare al centro commerciale, non voglio andare al cinema, credo che queste cose le abbiamo già fatte, ora portami sul sedile posteriore) comanda la cantante Brett Anderson. E chi oserebbe contraddirla? Sullo stesso tema ci sono anche Bubble Pop Electric di Gwen Stefani («Tonight I'm gonna give you all my love in the back seat», stanotte ti darò il mio amore sul sedile posteriore) e Heaven's in the Backseat of my Cadillac (originariamente interpretata dagli Hot Chocolate, più recentemente coverizzata dagli Stereo Total). Nell immagine grande Shirley Muldowney, pioniera delle corse automobilistiche professionali. In basso a sinistra John Travolta e Olivia Newton-John in una scena del film «Grease» «500 (SHAKE BABY SHAKE)» (LUSH) Serenata alla Fiat 500 (Shake Baby Shake) è stato l'ultimo singolo dei Lush, che si sono sciolti un paio d'anni dopo la tragedia che ha colpito la band alla fine del 1996 (il suicidio del batterista Chris Acland). Dopo due album di musica shoegazing, nel loro ultimo album Lovelife i Lush virano decisamente verso sonorità più brit pop, come è chiaro in questa dolce serenata alla nostra 500: «They call you 'little mouse' by name in Rome and Turin/Looking now at your famous shape/they don't make them like you anymore» (ti chiamano «topolino» a Roma e Torino/Guardo la tua famosa forma/non ne fanno più come te). La Fiat 500 fu messa in vendita nel giugno del 1936, e il suo prezzo (8900 lire) corrispondeva a venti volte lo stipendio medio di un operaio specializzato. Presto acquisì il soprannome «Topolino», vista la somiglianza del frontale al profilo di un topo. «Shake, baby, shake/you know I worship from afar/brake, baby, brake/how I wish you were my car» cantava in adorazione Miki Berenyi, la rossa leader dei Lush. «CAR SONG» (ELASTICA) Il sesso fuor di metafora Justine Frischmann non è certo una che parla per cervellotiche metafore, come dimostra il languido brano Car Song dall'eponimo album di debutto della sua band Elastica: «You could call me a car lover/'cause I love it in a motor», puoi chiamarmi un'amante delle automobili, perché mi piace (farlo) in macchina. Tra le rime più pittoresche e degne di nota di questo inno al sesso in automobile: «Let's go siesta/in your Ford Fiesta» (andiamo a fare siesta nella tua Ford Fiesta), «Every shining bonnet/makes me think of my back on it» (ogni cofano luccicante mi fa pensare alla mia schiena appoggiata sopra) e «In every little Honda/ There may lurk a Peter Fonda» (in ogni piccola Honda potrebbe nascondersi un Peter Fonda). Come disse un critico all'epoca, finalmente un brano che fa sembrare sexy il sesso in automobile (di solito più scomodo che altro). «MERCEDES BENZ» (JANIS JOPLIN) Il consumismo rifiutato Mercedes Benz fu registrata (a cappella) dalla Joplin il primo ottobre del 1970, soltanto tre giorni prima della sua morte. Il brano, che non era nato con l'intenzione di essere pubblicato, fu scritto da Janis con i poeti Michael McClure (Oh Lord, Won't You Buy Me a Mercedes Benz era il titolo di una sua poesia) e Bob Neuwirth durante una «drinking session». Inclusa in Pearl, il suo album pubblicato postumo nel 1971, Mercedes Benz è considerata un rifiuto hippie del consumismo americano, dei desideri materialistici della società (una macchina di lusso, una tv a colori, una notte in città): «Oh lord, won't you buy me a Mercedes Benz?/My friends all drive Porsches, I must make amends/worked hard all my lifetime, no help from my friends/so lord, won't you buy me a Mercedes Benz?». In realtà, alla Joplin piaceva far festa, bere, guidare macchine di lusso (possedeva una Porsche 356C Cabriolet) e pure guardare la tv, quindi il testo potrebbe non essere sarcastico come molti credono! In ogni caso, la Mercedes-Benz ha usato il brano per diversi spot, nel 1995, 2007 e 2011 «SUSIE AND JEFFREY» (BLONDIE) Tragedia adolescenziale Una malinconica canzone sulla fine di una relazione d'amore dal duo punk cabaret bostoniano Dresden Dolls (formato da Amanda Palmer e Brian Viglione). La protagonista lascia (o viene lasciata) il suo amante, ma è perseguitata da visioni di Jeep Cherokee nere: quando guida in città vede dappertutto auto uguali a quella del suo ex. Pare che tutta Boston guidi lo stesso fottuto veicolo nero: «I've been driving around town/ with my head spinning around/everywhere I look I see/your '96 Jeep Cherokee». Pensa quasi di svignarsela dalla città per un po', finché queste macchine non passano di moda («and thinking about skipping town a while/ until these cars go out of style»). Chissà se lui prova lo stesso quando vede una Volvo azzurra come quella di lei? Esasperata, Amanda chiede al suo ex di non chiamarla se si trova un'altra donna, ma se cambia automobile sì. Anche la Belinda Carlisle di Emotional Highway, dal suo quarto album solista Live Your Life Be Free, sta guidando per raggiungere il suo uomo («Driving all night and day through the pouring rain», guidando tutta la notte e il giorno nel diluvio. La pioggia, sempre la pioggia), ma il suo stato d'animo è più, diciamo, bellicoso. La ragione? Ha sentito un pettegolezzo e vuole scoprire se è fondato oppure no: si dice che il suo tipo se la stia facendo con un'altra («I've heard a rumor now/i've got to find out for myself/if my baby's getting it on with someone else»). Tra una mente che «gioca brutti tiri», le pessime condizioni meteo, e una strada che non finisce mai, Belinda prega di non perdere il controllo, ma quando si trova a dover aspettare in colonna, si spazientisce: «I don't have time to wait in line/move over mister/i've gotta get through». Fatevi da parte e lasciatela passare! E se Amanda Palmer non vi ha fatto venire gli occhi lucidi, ecco una storia più triste ancora. Susie and Jeffrey dei Blondie è un perfetto racconto di tragedia adolescenziale in stile Shangri-Las: l'ennesima coppia di sfortunati teenager che vogliono scappare e sposarsi di nascosto. Evidentemente i due non erano fan delle Shangri-Las, altrimenti avrebbero saputo che questo desiderio porta quasi sempre ad un finale tragico (soprattutto se si scappa di notte, e con la pioggia). Susie ha una Chevy nuova di zecca, senza assicurazione, di cui non finirà mai, purtroppo, di pagare le rate. Mentre guidano, i due piccioncini hanno una piccola discussione. Susie toglie il piede dal freno, e Jeffrey guida la macchina contro un muro («They had a little argument/sue took her foot off of the brake/he drove the car into a wall»). «I DROVE ALL NIGHT» (CYNDI LAUPER) Sogno di una notte su un autostrada Scritta da Billy Steinberg e Tom Kelly, e in origine destinata a Roy Orbison, I Drove All Night fu portata al successo da Cyndi Lauper, che la scelse per il suo terzo album A Night to Remember perché le piaceva l'idea di una «donna alla guida, una donna che ha il controllo». La trama è semplice: la protagonista si mette alla guida di notte per raggiungere di sorpresa il suo amante («I drove all night to get to you») ed infilarsi nel suo letto. «THE JEEP SONG» (THE DRESDEN DOLLS) L incubo di Amanda sulle strade di Boston «EMOTIONAL HIGHWAY» (BELINDA CARLISLE) Amore è guidare sotto la pioggia «JOE LE TAXI» (VANESSA PARADIS) Parigi, immagina una corsa sulle strade del cuore. Tra rumba e mambo Vanessa aveva appena quattordici anni quando registrò il brano nel La canzone, che parla di un tassista di nome Joe che lavora a Parigi, è stata rifatta numerose volte, ad esempio dagli Stereo Total nel 1999 e dai Divine Comedy nel 2010

14 (14) ALIAS RITMI LENNON A CLAPTON di F. AD. Una lettera del 29 settembre 1971 continua a far parlare di sé. È la madre di tutti gli scambi epistolari tra artisti; otto pagine scritte a mano da John Lennon e firmate anche da Yoko Ono (foto). Il destinatario è Eric Clapton che John cerca di portarsi dentro la Plastic Ono Band. I due si erano già trovati insieme in occasione del concerto a Toronto documentato su Live Peace in Toronto Nella lettera Lennon si supera, con un atteggiamento del tutto autocentrato e egotistico: «Eric io posso tirar fuori da te qualcosa di grande, più grande di quanto tu abbia fatto finora». Peccato che al tempo Clapton fosse già passato attraverso Yardbirds, John Mayall, Cream, Blind Faith e avesse anche suonato su While My Guitar Gently Weeps, il pezzo del White Album. E ancora: «Dopo aver mancato il concerto per il Bangladesh, io e Yoko sentiamo di voler tornare in tour ma non come con i Beatles, quella tortura continua, notte dopo notte. Vogliamo prendercela con calma, divertirci e coinvolgere il pubblico, niente robe da superstar. Da tempo ti teniamo d occhio e sappiamo che puoi INTERVISTA BOBBY HECKSHER, LEADER E MENTE DELLA FORMAZIONE CALIFORNIANA, RACCONTA IL TERZO ALBUM «SKULL WORSHIP» The Warlocks, i fosfeni del rock di GIANLUCA DIANA Il muro del suono dei The Warlocks è nuovamente in viaggio, tra fosfeni e visioni oniriche marcatamente lisergiche, che non perdono di fulgore, nonostante gli anni di militanza musicale siano oramai parecchi. È in strada infatti la creatura sonica di Bobby Hecksher. L'occasione è rappresentata dalla presentazione dell'ultima fatica Skull Worship, il loro settimo album pubblicato per l'etichetta Zap Banana dietro cui si cela per l'appunto il band leader. Dopo essere passati attraverso iconografiche label quali Birdmand, Bomp e Mute, e aver terminato il periodo di incisione per la TeePee Records, nel momento in cui i suoni psych sono oramai quasi mainstream, il quintetto rimette in gioco se stesso. Il disco già ad un primo ascolto, mostra un carattere forte e deciso che rivela una stretta parentela con le incisioni precedenti, vale a dire Heavy Deavy Skull Lover del 2007 e l'osannato The Mirror Explodes del La percezione di trovarsi di fronte a un discorso di sua natura strutturato e organico è netta. La conferma giunge direttamente dallo stesso Hecksher che ha rilasciato questa intervista ai microfoni di Alias, nel corso del tour italiano in cinque diverse tappe lungo tutto lo stivale, da nord a sud: «Skull Worship è una continuazione dei due dischi precedenti. Siamo riusciti a tirare giù una manciata di belle canzoni in tutti e tre. Il risulto è soddisfacente». Otto i brani che compongono questo ultimo lavoro, in cui ci si strugge l'anima in ogni verso, sia in episodi oscuri e cupi come Chameleon che in ballate vibranti ed emotive come la languida e circolare Silver & Plastic, di cui il cantante ci racconta la genesi: «L'abbiamo registrata in modo molto veloce. Un paio di versioni ed era pronta così come la ascolti. I ragazzi sono stati bravi: hanno fatto un buon lavoro nel poco tempo a loro disposizione. È uscita meglio del previsto». In linea con la storia dei Warlocks, anche in questa fase della band è corposa Nell immagine grande la nuova formazione dei The Warlocks; nei riquadri i cinque membri della band californiana, dall alto in basso: il bassista John DiPino, il chitarrista John Christian «JC» Reese, il batterista George Serrano, il leader Bobby Hecksher e il chitarrista Earl Miller l'alternanza dei componenti del gruppo. Nuova linfa vitale che sembra comunque apportare freschezza da una parte e professionalmente adeguarsi allo stile del leader dall'altra. Sono ben tre i nuovi ingressi: «Rispetto al passato sono entrati con noi George Serrano alla batteria, Chris DiPino al basso ed Earl Miller alla chitarra, oltre a JC (John Christian Reese alle chitarre, ndr). Non è mai facile cambiare formazione. Si verificano sempre sconvolgimenti e bisogna trovare nuovi equilibri. Bisogna lottare per riuscire a mandare avanti le cose, ma devo dire che ce l'abbiamo fatta. Ora abbiamo un suono duro e potente, che rende al meglio le cose». Ben diciassette i musicisti che hanno prestato in passato la loro opera per Hecksher, che certo non gode la fama di essere una persona malleabile e accomodante. Oltre ciò appare quasi un'esigenza per la creatura Warlocks essere alla ricerca continua di un equilbrio, quasi che i reiterati travagli della band sembrano essere linfa vitale per la vita artistica della stessa: «Le persone che si sono alternate in questi anni, lo hanno fatto per i motivi più diversi: scuola, famiglia, droga, stanchezza della vita da tour e da studio. Sai, a volte può essere difficile fare questo lavoro, essere una specie di Peter Pan per tutta la vita, non fermarsi mai. Nel mezzo poi sono capitate molte cose, tanti problemi da risolvere che mi hanno preso molto tempo. Musicisti infelici, questioni di natura economica e altre di natura legale. Per tenere in piedi tutto e non mandare ogni cosa all'aria ho faticato molto. Ma quello che conta alla fine è essere fedeli a se stessi, non tradire i nostri fan e continuare a lavorare duramente. E ripartire nuovamente in tour». Immarcescibile la volontà del leader di tenere alto il livello della produttività artistica della formazione. Non calano infatti le capacità evocative in Skull Worship, come conferma la seconda metà della sessione di registrazione. In particolar modo He Looks Good in Space, It's a Hard Fall e Eyes Jam sono i temi migliori, che si palesano all'ascolto in modo omogeneo, completamente centrati e senza perdere il bandolo della matassa. Rischio questo sempre presente quando si cerca di dipingere orizzonti psichedelici nuovi. E se in passato alcuni episodi hanno peccato di concretezza e capacità di definizione, ora il Warlocks pensiero è all'ennesima potenza. Esprimendo la propria quintessenza in modo egregio. In poche parole, una spiccata maturità artistica, anche quando si è critici verso il proprio lavoro: «Ci è voluto davvero troppo tempo a terminare il tutto. La creazione di Skull Worship è stata irregolare, non si è lavorato con calma. Nonostante questo è un lavoro coeso, non una raccolta di canzoni. Questo perchè abbiamo trovato equilibrio tra la qualità del suono e quella della scrittura. Per apprezzare questo è importante ascoltare il disco nella sua complessità, dall'inizio alla fine». Il fatato mondo della psichedelia raccontato dai Warlocks è una delle storie discografiche più rilevanti dell'ultimo lustro. Questione di crescita e di percorsi, di aderenza ad un'idea e non ad uno stereotipo e sopratutto la voglia di La band di Ellei pubblica il nuovo disco e arriva in tour nel nostro paese. Dopo le date di Carpi e Roma saranno questa sera alle Officine Cantelmo di Lecce, domani al Garage Sound di Bari e lunedì al Sidro di Savignano sul Rubicone ON THE ROAD Toy Il gruppo inglese (nella foto) filrta con le sonorità dark wave anni Ottanta e la psichedelia anni Settanta. Bologna VENERDI' 28 MARZO (COVO) Segrate (Mi) SABATO 29 MARZO (MAGNOLIA) Public Service Broadcasting Un mix di suoni e immagini, di analogico e digitale per il duo inglese. Bologna SABATO 22 MARZO (COVO) Aristocrats Il rock strumentale del virtusistico trio. Castegnato (Bs) SABATO 22 MARZO (GASOLINE) San Giovanni alla Vena (Pi) DOMENICA 23 MARZO (BLITZ) Modena MARTEDI' 25 MARZO (MAC2) Negrar (Vr) MERCOLEDI' 26 MARZO (OFFICINA DEGLI ANGELI) Moncalieri (To) GIOVEDI' 27 MARZO (AUDIODROME) Is Tropical Il trio electro inglese di nuovo dalle nostre parti. Segrate (Mi) SABATO 22 MARZO (MAGNOLIA) Reptile Youth La band danese mescola psichedelia, post punk, elettronica e dance. Segrate (Mi) GIOVEDI' 27 MARZO continuare a rimettersi in gioco: «Sono dell'idea che la psichedelia sia avere uno spirito libero, un flusso di coscienza singolo o collettivo che permetta alle idee di fluire nella mente. A volte per arrivare a questo, alcuni usano malamente gli stereotipi che ruotano attorno alla psichedelia, incluso quello dell'uso delle droghe. Le cose importanti sono altre, comprese alcune idee rivoluzionarie che arrivano dagli anni Sessanta. Noi per conto nostro cerchiamo e sperimentiamo le nostre sensazioni al momento, percorrendo le nostre tangenti musicali». Tra droni e chitarre distorte, suoni saturi ed inquietudini profonde, il cantato di Bobby Hecksher si valorizza ancora di più. Ancor più intenso e caratterizzante che in passato. Un filo conduttore vero e proprio che attraversa la storia di una formazione che pur tra mille contraddizioni continua a scrivere pagine importanti di cultura psych, in simbiosi piena col suo leader. (MAGNOLIA) Vanilla Fudge Il ritorno della mitica formazione hard rock psichedelico newyorkese. Torino GIOVEDI' 27 MARZO (HIROSHIMA MON AMOUR) Pordenone VENERDI' 28 MARZO (NAONIAN CITY HALL) Michael Gira Torna nella Penisola il fondatore degli Swans, in un tour acustico. Bologna GIOVEDI' 27 MARZO (LOCOMOTIV) Mezzago (Mb) VENERDI' 28 MARZO (BLOOM) Mø La nuova stella dell'electro pop scandinavo. Milano VENERDI' 28 MARZO (PLASTIC) Thalia Zedek Da anni sulla scena underground americana. Roma MERCOLEDI' 26 MARZO (INIT) Madonna dell'albero (Ra) GIOVEDI' 27 MARZO (BRONSON) Offida (Ap) VENERDI' 28 MARZO (VINEA) Torino SABATO 29 MARZO (BLAH BLAH) Elyas Khan Il fondatore dei Gentlemen & Assassins e dei Nervous Cabaret in duo con Romain Vicente.

15 ALIAS (15) dare di più. Pensaci, non vogliamo il tuo nome ma la tua testa». La lettera - che denota grande confidenza tra i due - è importante perché per la prima volta si decideva di portare in tour le famiglie. Una comune itinerante che si sarebbe mossa in nave su cui si sarebbero fatte anche le prove. Sei mesi in giro per l Europa e nel Pacifico. La lettera è stata venduta all asta nel 2012 per 35mila dollari. ULTRASUONATI DA STEFANO CRIPPA GIANLUCA DIANA GUIDO FESTINESE GUIDO MICHELONE ROBERTO PECIOLA CANZONE D AUTORE Moostroo da paura Potrebbero essere la prossima rivelazione di un mondo tutt'altro che spossato, tutt'altro che privo di idee, come invece una vulgata di comodo ama ripetere: quello della canzone d'autore. Certo si tratta di intendersi: nel senso che spesso la canzone d'autore la ritrovi incarnata (come un'unghia) nella dura scorza punk e sarcastica di un gruppo come Moostroo (autoprod.), progetto nato in quel di Bergamo da gente che suonava prima tutt'altro. Grandi. È un mondo, invece, fatto di pieghe delicate e angoli nascosti quello di Gianluca Gabriele, un po' calabrese, un po' toscano. In Tra i mirtilli e le ortiche (Storie di note) dà voce alle composizioni di Roberto Durkovic, e il mondo balcanico (a volte con la presenza in studio dei «fantasisti del Metrò» di Milano) diventa lo specchio dove osservare l'oggi. Canta in sei lingue in diciotto brani - da Paolo Conte a Tom Waits, da Vejvoda a De André - Gerardo Balestrieri: Quizás (Interbeat/Egea) è anch'esso un viaggio. «Per anche ed orecchie, per ricci, per pance e per tacchi», sottotitola il geniale e frastornante Balestrieri. (Guido Festinese) Siena MARTEDI' 25 MARZO (CACIO E PERE) Ancona MERCOLEDI' 26 MARZO (RESONANZ) Faenza (Ra) GIOVEDI' 27 MARZO (CLANDESTINO) Poggio Berni (Rn) VENERDI' 28 MARZO (MALFATTORI) Sarche di Calavino (Tn) SABATO 29 MARZO (HOTEL IDEAL) Emily Jane White Sulle orme di Cat Power. Roma SABATO 22 MARZO (INIT) Poggio Berni (Rn) DOMENICA 23 MARZO (MALFATTORI) Torino LUNEDI' 24 MARZO (BLAH BLAH) The Pretty Reckless Il rock'n'roll della band capitanata dall'attrice Taylor Momsen. Milano VENERDI' 28 MARZO (LIMELIGHT) Rodriguez Il musicista statunitense di origine messicana si rifà alle sonorità degli anni Sessanta e Settanta. Milano SABATO 22 MARZO (AUDITORIUM DI MILANO) Bastille Una data per la indie rock band inglese. Assago (Mi) SABATO 22 MARZO (LIVE FORUM) Blood Red Shoes Il duo indie rock di Brighton. PAOLO ALDERIGHI TRIO AROUND BROADWAY (Abeat) Il giovane pianista milanese, ex bocconiano, tra i pochissimi a suonare (anche bene) tutto il jazz preboppistico, dal ragtime allo swing, con Roberto Piccolo (contrabbasso) e Nicola Stranieri (batteria) intraprende un viaggio nella memoria delle canzoni che caratterizzarono il teatro musicale newyorkese per circa mezzo secolo, da Alexander s Ragtime Band (1911) a Somewhere (1957): in mezzo altre dieci vivaci song di grandi autori (Irving Berlin, Cole Porter, George Gershwin, e ancora Waller, Kern, Loewe e così via) interpretate elegantemente in chiave di volta in volta stride, dixieland, mainstream, barrelhouse. (g.mic.) BOMBAY BICYCLE CLUB SO LONG, SEE YOU TOMORROW (Caroline/Universal) La giovane band londinese, lo ammettiamo, non ci ha mai entusiasmato. Tre album all'attivo senza mai un vero filo logico. Almeno fino a questo So Long, See You Tomorrow, che li vede, finalmente, a fuoco su una strada indie rock/electro di grande effetto. E si capisce che le cose sono cambiate già dall'apertura Overdone. Sentori di Oriente e non solo, ma soprattutto un album ispirato e canzoni che non ci si stanca di ascoltare. (r.pe.) CONNECT_ICUT SMALL TOWN BY THE SEA (Aagoo Records) Sam Macklin è il vero nome che si cela dietro il patronimico Connect_Icut. Diversi lavori alle spalle, altrettanti molteplici progetti in cui è impegnato. E poi questa fulgida creatura elettronica, in cui riversa la sua esperienza. Risultato egregio, dato non dalla ricerca spasmodica dell'ultimo glitch in circolazione, ma dalla capacità di amalgamare ritmiche spezzate e compulsive con attitudini narrative di alto profilo. L'esito è la produzione di mondi sonori rarefatti tra Idm ed effluvi psych. Catartico e nordico: affascinante. (g.di.) ELBOW THE TAKE OFF AND LANDING OF EVERYTHING (Fiction) Prima di deciderci a scrivere di questo nuovo lavoro dei mancuniani Elbow abbiamo aspettato. Lo abbiamo ascoltato una prima volta e l'impressione non è stata un granché positiva. Ma la band di Guy Garvey non può essere liquidata così Bologna SABATO 29MARZO (COVO) Benoit Pioulard Il cantautore statunitense in Italia. Sermide (Mn) SABATO 22 MARZO (CHINASKY) Mantova DOMENICA 23 MARZO (VIRGILIO) Mouse on Mars + A Hawk and a Hacksaw Il duo tedesco crea sonorità che vanno dall ambient alla techno, dal dub al rock, al jazz fino alla jungle. Con loro il miscuglio di musiche popolari dell'ex Broadcast, Jeremy Barnes. Madonna dell'albero (Ra) SABATO 22 MARZO (BRONSON) The Skatalites Ska, rocksteady, reggae. Cinquant anni sull onda musicale giamaicana. INDIE ROCK Se l influenza è psichedelica Grace Slick è stata e continua ad essere un punto di riferimento per moltissime vocalist, specie al di là dell'atlantico. Come per Bret Constantino, cantante dei californiani Sleepy Sun, che con Maui Tears (Dine Alone) giungono al quarto lavoro. Le influenze sono chiare, e la band si ritaglia uno spazio nel fantastico mondo della neopsichedelia e dell'hard rock, anche se rispetto ad altre formazioni pagano una minore originalità e una vena compositiva meno ispirata. Se lo spirito che li anima è il medesimo, con i Quilt ci si addentra però in un suono più morbido e virato verso il folk. Una rivisitazione della lezione di band come Jefferson Airplane o Mamas & Papas, ma cosa si può dire di male di un disco come Held in Splendor (Mexican Summer)? Nulla! C'è senz'altro meno psichedelia (ma c'è) e più folk nel nuovo degli inglesi Peggy Sue.Il trio di Brighton torna con un lavoro maturo, Choir of Echoes (Wichita-Pias/ Self), in cui sono le voci di Rosa Slade e Katy Young ad avere una parte fondamentale, da sole o in coppia. Strutture armoniche che denotano un lavoro certosino, ben sostenute dagli arrangiamenti. (Roberto Peciola) facilmente, a un primo sommario ascolto. Sappiamo bene, che un loro disco non è mai, o quasi, diretto; ha bisogno di essere metabolizzato, ci si deve entrare dentro, entrare nello spirito, nel loro spirito. Che non è uno spirito comune, ma quello di uno dei più grandi gruppi viventi (almeno per noi). E infatti... Forse l album, il sesto della loro carriera, è un pochino autoreferenziale, e a tratti eccessivamente ricercato, ma la loro classe è unica, e Garvey canta da dio! Quindi che dire... bello!!! (r.pe.) A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI SEGNALAZIONI: rpeciola@ilmanifesto.it EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ Roma VENERDI' 28 MARZO (CS ACROBAX) Marghera (Ve) SABATO 29 MARZO (CS RIVOLTA) The Men Il quartetto di rocker newyorkesi. Milano DOMENICA 23 MARZO (ROCKET) Soulfly La band di Max Cavalera, ex leader dei brasiliani Sepultura, con il loro grind permeato di suoni etnici. Pinarella di Cervia (Ra) SABATO 22 MARZO (ROCK PLANET) Skunk Anansie Skin, vocalist e leader della band inglese, riunita ai suoi vecchi sodali, per l'occasione in un tour acustico. Padova SABATO 22 MARZO (GRAN TEATRO GEOX) Frankie Chavez Il nuovo fenomeno della scena rock portoghese. Colle Val d'elsa (Si) VENERDI' 28 MARZO (SONAR) Mantova SABATO 29 MARZO (TOM) Afterhours La band di Manuel Agnelli torna con un tour in cui riproporranno il loro disco del 1997, Hai paura del buio? San Biagio di Callalta (Tv) SABATO 22 MARZO (SUPERSONIC ARENA) Milano LUNEDI' 24 E MARTEDI' 25 MARZO (ALCATRAZ) INDIE ROCK/2 Incontenibili alterazioni Alteriamoci. Magari con tre dischi di buona fattura riusciamo a non pensare alle nefandezze quotidiane che la Penisola ci riserva. Vincono già per il nome gli Inutili (Music to Watch the Clouds on a Sunny Day; Aagoo Records). Due tracce che più psichedeliche e acide non si può, inclusa la lunghezza chilometrica. Muro di suono, vicinanza a gente come Carlton Melton. Non particolarmente innovativi certo, ma davvero un bel lavoro: complimenti a questi ragazzi abruzzesi, teramani per la precisione. Terzo disco per i Guardian Alien, che con Spiritual Emergency (Thrill Jockey) sfornano un lavoro eccelso. Avanguardia che miscela suoni acustici ed elettronici, in modo pressoché perfetto. Droni, fuzz e poliritmia vi trasporteranno in un limbo magmatico di visioni lisergiche. Segnaliamo Mirror e Tranquilizer. Conclusione con il nuovo dei Pontiak, Innocence (Thrill Jockey). Buon lavoro, ma che non genera entusiasmo incontenibile. In linea con i precedenti, la qualità media è sì alta, ma niente di più. Per la cronaca, si evidenziano la ballata Wildfires e la tiratissima Beings of the Rarest.(Gianluca Diana) NADA OCCUPO POCO SPAZIO (Locusta) Con una piccola orchestra rock guidata da Enrico Gabrielli dei Calibro 35, Nada mette in cantiere una delle sue più ambiziose (e riuscite) operazioni discografiche. Dieci pezzi tutti suoi, parole e musica, storie struggenti di amori scombinati, passioni e emarginazioni, dove non manca mai - però - un anelito di speranza. E lei con la sua voce disperata e incantatrice, seduce senza se e senza ma. (s.cr.) Firenze MERCOLEDI' 26 MARZO (OBIHALL) Ciampino (Rm) VENERDI' 28 MARZO (ORION) Bari SABATO 29 MARZO (DEMODE') Teardo & Bargeld Il musicista friulano Teho Teardo e l'artista tedesco Blixa Bargeld insieme per presentare l'album di canzoni Still Smiling. Brescia SABATO 22 MARZO (LATTERIA MOLLOY) Ausgang La rassegna capitolina propone una serie di concerti dedicati alla scena inidipendente italiana e internazionale itineranti tra varie location romane. Questa settimana tocca a The Niro, Massimo Volume e Brunori Sas. Roma SABATO 22, GIOVEDI' 27 E SABATO 29 MARZO (BLACKOUT; ANGELO MAI ALTROVE; ATLANTICO LIVE) Crossroads La storica rassegna itinerante Jazz e altro in Emilia Romagna ha in cartellone: Ralph Alessi Baida Quartet (oggi, Jazz Club Torrione San Giovanni di Ferrara); Joey Calderazzo Trio (il 26, Casa della Musica di Parma); Fabrizio Bosso & Julian Oliver Mazzariello (il 27, Oratorio dell'annunziata di Solarolo, Ra); Cristina Zavalloni in Special Dish (il 28, Teatro Comunale di Cesenatico, Fc); Paolo Caruso & POP Lisa Stansfield, la classe è dance La diva inglese dell'acid house anni Ottanta e Novanta, Lisa Stansfield, ritorna a nove anni di distanza dal precedente (prodotto da Trevor Horn) e si «riaffida» alle mani dello storico collaboratore (nonché compagno di vita) Ian Devaney. Risultato? Seven (Monkeynatra) è pura classe, una scelta di pezzi impeccabile e un aria di revival che si respira negli arrangiamenti. Due classici per il dancefloor, Can't Dance e Carry On e una ballata che profuma di soul jazz, Stupid Heart. Fortificata dal lavoro - e dal tour - con David Byrne, St. Vincent si ripresenta con l'eponimo album (Lorna Vista/Republic) centrato sempre su uno stile pop sghembo e ricco di colori, sfaccettature e ispirazioni. E se I Prefer Your Love ha una matrice gospel, Regrets si avvale di un tocco (quasi) lisergico. A chiudere un'altra inglese che fa sul serio. Paloma Faith con A Perfect Contradiction (Sony) ha realizzato un'opera che «rischia» di diventare uno degli album dell'anno. Dance e pop, vintage e moderno perfettamente bilanciati e guidati da una voce garrula che non si dimentica facilmente. Quindici pezzi, e nessun riempitivo. (Stefano Crippa) JOE LOUIS WALKER HORNET'S NEST (Alligator/Ird) Guizza robusta, quasi prepotente la chitarra di Joe Louis Walker in questo Hornet's Nest.La band è stellare, un grumo di forza che fa incendiare il Chicago blues infettato di soul e rhythm and blues. C'è anche la leggendaria sezione fiati Muscle Shoals Horn Section a rincalzare il tutto. Risultato: questo cd, in una carriera che conta decine di incisioni, svetta come una punta di diamante. (g.fe.) Franco Costantini, Antonello Salis & Hamid Drake (il 29, Cassero Teatro Comunale di Castel San Pietro Terme, Bo). Comuni dell'emilia Romagna SABATO 22 E DA MERCOLEDI' 26 A SABATO 29 MARZO (VARIE SEDI) Bergamo Jazz La rassegna arriva alla conclusione e nei suoi ultimi due giorni di programmazione propone il Nate Wooley Quintet (oggi, Auditorium di Piazza della Libertà, ore 17), Gianluca Petrella ne Il bidone e Dave Douglas con guest Tom Harrell featuring Luis Perdomo, Linda Oh e Anwar Marshall (stasera, Teatro Donizetti) e Collettivo Res (sempre stasera al Cafè della Paix, ore 22.30); domani invece alle ore 11 Enrico Zanisi Trio e alle 17 Russ Johnson-Ken Vandermark Quartet (entrambi all'auditorium di Piazza della Libertà), alle 21 chiusura con Michel Portal-Vincent Peirani Duo e la Trilok Gurtu Band con ospite Mathias Eick (Teatro Donizetti). Bergamo SABATO 22 E DOMENICA 23 MARZO (VARIE SEDI) Dialoghi: Jazz per due La sedicesima edizione della rassegna ha in cartellone il duo Russ Johnson- Ken Vandermark. Pavia LUNEDI' 24 MARZO (SANTA MARIA GUALTIERI) IL FRANCOBOLLO DI JIMI Il valore è già aumentato, dai regolari 49 centesimi del tabaccaio di New York o dell'ufficio postale di Denver a $1.60, e si sale. Il francobollo dedicato a Jimi Hendrix appena emesso negli Usa va a ruba, quasi un oggetto da collezione; disegnato da Rudy Gutierrezz, assomiglia alla copertina di un 45 giri e raffigura Hendrix con la classica mise militare e la sua Fender Stratocaster bianca. L immagine è stata fornita dalla sorella Janie. Il francobollo fa parte della serie «Forever», sotto serie della Music Icons all'interno della quale sono già stati emessi i francobolli di Johnny Cash, Ray Charles e della cantante tejano Lydia Mendoza. «Forever» significa per sempre ed è l'avverbio temporale più importante del rock. Negli anni Cinquanta - decennio in cui nasce il concetto di adolescente - infittisce centinaia di pezzi, serve a rimarcare un tempo congelato (l adolescenza) che non cederà mai al tempo degli adulti; da allora è una delle parole che più ricorrono nei pezzi pop e rock. I francobolli «Forever» omaggiano quegli artisti che nei loro generi di riferimento hanno lasciato nella cultura popolare Usa un segno indelebile. Hendrix è tra questi, ad agosto seguirà Janis Joplin e poi James Brown. Oggi un francobollo può risultare un oggetto anacronistico, assassinato dagli invii telematici. In realtà buona parte delle transazioni on-line ha poi un corrispettivo fisico che necessita di spedizioni e francobolli. Fondamentale fu nel '93 l'emissione del francollo dedicato a Elvis: valore 29 centesimi, oggi vale più del triplo. È in assoluto il francobollo commemorativo più venduto di tutti i tempi; ne sono stati acquistati (e mai utilizzati) 124 milioni di esemplari. Presto ne uscirà un secondo. E intanto le poste statunitensi dibattono sull'opportunità di commemorare Lennon che seppur britannico, ha comunque avuto un grosso impatto sulla cultura Usa (i Beatles, peraltro, già furono omaggiati nel '76 con un francobollo che ritraeva uno Yellow Submarine). Ma non solo gli Stati Uniti flirtano con la filatelia rock. Nel a 50 anni dal primo incontro di McCartney e Lennon - la Royal Mail inglese rinunciò ai consueti Reali sul francobollo per omaggiare sei note copertine dei Beatles. Lennon dal canto suo è stato un gran collezionista di francobolli. Un suo album, regalatogli dal cugino Stanley Parkes a nove anni e contenente 565 francobolli, è stato aquistato all'asta dal National Postal Museum di Washington per 53mila dollari. Nel nostro paese sono finiti sui francobolli Luciano Pavarotti, Mino Reitano e Nino Rota. Avvenne il 24 ottobre del 2009 in occasione della Giornata della musica. Sempre nel 2009 furono omaggiati i 50 anni della composizione Tintarella di Luna, e un anno prima i 50 di Nel blu dipinto di blu. Su ebay si trova tutto, buona caccia.

16 ALIAS (16) FUMETTI In pagina varie tavole da Ranxerox COMICON Le feroci storie scritte da Stefano Tamburrini e disegnate da Tanino Liberatore tornano nella collezione di Comicon di GIANCARLO MANCINI In questi giorni in cui un po tutto ruota attorno alle progressive sfumature che può assumere su di sé il titolo del film di Paolo Sorrentino fresco vincitore di Oscar, fa un certo effetto rivedere la Roma futura, e però ugualmente tumefatta di Ranxerox. Le strisce scritte da Stefano Tamburrini e disegnate da Tanino Liberatore tornano infatti tutte insieme e in versione integrale grazie all editore Comicon (Ranxerox, pp. 207, euro 22) in un edizione molto bella anche negli apparati critici (di Luca Boschi e Michele Mordente) che arricchiscono ancora di più il discorso attorno a questo vero e proprio caposaldo del fumetto italiano contemporaneo. Creato nel 1978 da Stefano Tamburrini ed uscito per primo sulle pagine di Cannibale, Ranxerox ha per protagonista, per la serie «Nuovi soggetti sociali degli anni 80» un vero coatto metropolitano, anzi romano, uno di quelli per tornare solo per un momento all oggi, vanno in giro a decantare pose ne La grande bellezza, riferendosi ovviamente alla rutilante sciarada iniziale nella quale letteralmente esplode da EDIZIONI LA RACCOLTA COMPLETA In una Roma tumefatta Ranxerox il coatto e la ragazzina Liubna una torta gigantesca Serena Grandi. Tornando a Ranxerox e al contesto da cui molto succhia, gli anni settanta, anche alcuni di questi coatti che poi sarebbero passati per simbolo di disimpegno e alienazione sociale (e avrebbero sognato un posto in un reality o un trono su cui sedersi nella fascia pomeridiana delle nostre reti generaliste) erano anche loro parte di quel mare magnum che era chiamato movimento. Pezzi, schegge, frammenti di un mare che intanto che si era mosso sembrava non doversi fermare più e invece si è fermato eccome, così come, guarda caso, anche l avanguardia artistica che nel teatro, oltre che nel fumetto, in Italia ha trovato il suo luogo di espressione più libero e audace. Ranx rimanda ovviamente alla nota marca di macchine fotocopiatrici di cui infatti qui viene anche pubblicata una lettera dell ufficio legale in cui si diffida Tanino e Liberatore dal continuare ad utilizzare quel nome per avventure completamente fuori dalla morale pubblica. Il protagonista è dunque un coatto sintetico attrezzato come una macchina da guerra, dotato di una forza giustamente sovrumana, in grado di far saltare porte, mascelle e armature con una sola spallata, ha un poderoso membro sessuale che usa senza trovare troppo piacere ma soprattutto per soddisfare il desiderio della sua giovanissima fidanzata, la dodicenne Liubna. Lei non sembra molto affezionata a lui, lo tiene al guinzaglio per procurarsi l eroina, mentre Ranx ama farsi di vinavil perché la sostanza oppiacea è troppo debole per i suoi circuiti. Ad un certo punto Folaga, un «maniaco trisessuale» la rapisce e allora si vede scatenarsi la furia gorillesca del super coatto pronto a scatenare tutta la sua forza per riprendersi la piccoletta. A partire dal capitolo II le tavole di Ranxerox escono su Frigidaire la rivista che Tamburrini ha contribuito a fondare assieme a Scozzari e Sparagna (mentre prima i vari episodi erano usciti su Il Male oltre a Cannibale). Le strisce diventano a colori, e allora l immaginario genuinamente cyberpunk di Liberatore può sprigionarsi totalmente nel disegnare nani in costume da bagno, puledre in calzoncini corti, bande di ragazzini con pistole all acido solforico, in una Roma che sembra aver superato anche l ultima apocalisse e ora sembra definitivamente addormentata sulla propria decadenza. Si incontrano personaggi incredibili nelle peregrinazioni metropolitane di Ranx, come l appassionato di incidenti automobilistici traslati in formidabili strumenti di eccitazione sessuale, omaggio evidente al Ballard di Crash. E questo personaggio finirà all apice del godimento arrostito dentro il taxi di Ranx in estasi, sperando di esser morto con in macchina uno dei feticci sessuali dello star system di quegli anni, Brooke Shields. Un nuovo rapimento di Liubna porta Ranx a Lampedusa nella villa ultramiliardaria di un certo Mister Volare, «due terzi di Lampedusa gli appartengono! Un tempo era un famoso cantante di musica leggera, ora è semplicemente proprietario della più importante multinazionale dello spettacolo del mondo!». Arrivato al cospetto di questo mogul plastificatosi per resistere alle contaminazioni del tempo, Ranx ha l occasione di ascoltare da questo demone mediatico un vero e proprio sermone su quello che ci si sarebbe potuto aspettare nei prossimi anni. «Il consumo delle immagini al minuto secondo ha raggiunto negli ultimi anni un livello di guardia! Tra i dieci milioni di stazioni video e radio nella sola Bassitalia, l Olocinema, i due miliardi di periodici a fumetti e a foto, i laser dischi, la masti cassette auto registranti, i compuconcerti, etc. tra cinque anni ci attende la noia mortale! Capisci? Negli ultimi due anni abbiamo voltato e rivoltato i revival degli anni 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70 e 80 almeno trenta volte e abbiamo lanciato almeno venti stili per gli anni 90! Ricordo tutte le definizioni che abbiamo dovuto inventare, dal ridicolo post-moderno all attuale nichilismo post-era manageriale!». Sono molte le sottotrame che si aprono e si chiudono in questo vagare metropolitano che, a un certo punto, si sposta nella metropoli novecentesca e contemporanea per eccellenza, New York. Le differenze con Roma non sembrano poi molte, anzi forse solo la violenza suburbana esplode con più facilità. La sporcizia, l indifferenza, lo sberleffo di tutto ciò che è intimamente umano (la coscienza, la pietà, l affetto, l amore) sono messi in secondo piano. Le avventure di Ranxerox si convogliano attorno all irrequieto e ambiguo personaggio di Lubna, la ragazzina selvaggia, precoce in tutto, nel sesso, nell uso della droga, in quell apatia indifferente ai sentimenti che sembra essere un sottofondo costante delle strisce. E questo cyborg malmenato, tradito, allontanato arriverà perfino a farci provare un qualcosa di simile alla compassione. Un qualcosa di strano se rivolto verso un coatto sintetico dei bassifondi, eppure in fondo plausibile per quegli anni ottanta nei quali la scoperta dell effimero metropolitano era qualcosa di nuova, forse un ultima epifania del moderno. Oggi si farebbe fatica a distinguerlo da quel grande nulla che Jep Gambardella pensava di dover inseguire pensando di essere sulle orme di Flaubert. Milo Manara, Crumb e Shelton Comicon edizioni è la casa editrice del Salone Internazionale del fumetto di Napoli, l'evento che ospita ogni anno incontri, presentazioni sul mondo del fumetto e dell'intrattenimento. Tra le ultime pubblicazioni a parte l'edizione integrale di «Ranxerox», c'è il terzo volume di «Inside Moebius», il volume che ospita le opere del grande autore francese, «Le donne di Milo» di Milo Manara, «Femmine» di Tanino Liberatore e nella collana «I Fondamentali» sono in arrivo i volumi di Robert Crumb e Gilbert Shelton.

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