MARIA GARBARI, La revisione delle opzioni. Studi Trentini di Scienze Storiche, LXXVIII (1999), pp

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1 MARIA GARBARI, La revisione delle opzioni. Studi Trentini di Scienze Storiche, LXXVIII (1999), pp La questione degli optanti per la Germania s impose nei primi mesi del dopoguerra per tutta una serie di implicazioni, passibili di riflessi sul piano della politica interna ed internazionale, alla vigilia della elaborazione del trattato di pace con l Italia demandata al Consiglio dei ministri degli esteri delle grandi potenze vincitrici 1. Il problema, nell immediato, soprattutto agli occhi delle autorità militari alleate occupanti l Alto Adige, poteva essere di natura demografica per stabilire chi avesse lo status di cittadino italiano in una provincia affollata da genti di varia provenienza e nazionalità: profughi, sbandati, disertori, prigionieri, funzionari della ex amministrazione nazista oltre ad un numero non precisabile, ma sicuramente di diverse migliaia, di optanti già trasferitisi nel Reich e ritornati nel paese d origine in forma clandestina durante i mesi dell Alpenvorland, o alla fine del conflitto approfittando del marasma dovuto alla ritirata delle truppe tedesche e della compiacenza delle forze francesi che occupavano il Tirolo. In realtà la questione degli optanti si legava intimamente a quella della futura sorte dell Alto Adige per la quale giungevano nella capitale romana notizie incerte e contraddittorie. Stati Uniti e Gran Bretagna non erano insensibili all opportunità di riparare i torti inflitti ai sudtirolesi con il trattato di pace del 1919, e la Francia non sembrava dimettere il progetto della costituzione di uno stato austro-bavarese a tinta cattolica e conservatrice, inclusivo del Tirolo compreso l Alto Adige 2. La richiesta, da parte degli optanti, di essere reintegrati subito della cittadinanza italiana considerando nulli gli accordi Hitler-Mussolini del 1939 poteva, almeno all apparenza e in un giudizio affrettato, favorire la tesi della conservazione del confine al Brennero. Già nel 1942, dopo che il risultato delle opzioni aveva avuto gli effetti di un plebiscito per il Reich e di una sconfitta per la politica fascista, il nuovo prefetto di Bolzano, Agostino Podestà, aveva cercato di frenare l emigrazione dei naturalizzati e di convincerli a rioptare, come se la scelta effettuata non fosse vincolante e definitiva, perché in possesso della cittadinanza italiana fino alla loro partenza, ed aveva usato una politica di riguardo nei confronti dei Dableiber, considerandoli cittadini italiani di primo rango a tutti gli effetti 3. 1 Nella conferenza di Potsdam, svoltasi dal 17 luglio al 2 agosto 1945, alla quale parteciparono Stalin, Truman e Attlee, fu deciso di demandare al Consiglio dei ministri degli esteri ( o ai loro sostituti) di Gran Bretagna, Cina, Francia, Stati Uniti ed Unione Sovietica il compito di stendere lo schema dei trattati di pace con i satelliti della Germania: Italia, Romania, Bulgaria, Ungheria e Finlandia. Il Consiglio ebbe però una composizione variabile perché i suoi membri presenziavano solo se rappresentanti di una potenza firmataria dell armistizio con i singoli paesi vinti. Per il trattato con l Italia non fu presente la Cina, ma venne ammessa la Francia. Nel corso della conferenza venne resa vana la speranza italiana, appoggiata dagli Stati Uniti, della rapida conclusione del trattato di pace con revisione dei termini armistiziali e della partecipazione al negoziato in virtù della cobelligeranza e della dichiarazione di guerra alla Germania il 13 ottobre La prima sessione del Consiglio dei ministri degli esteri si tenne a Londra dall 11 settembre al 2 ottobre Per la posizione della Francia nei confronti del problema dell Alto Adige vedi P. GUILLEN, La Francia e la questione dell Alto Adige (Sudtirolo) , in ITC Dossier, Trento 1987, pp e in Studi Trentini di Scienze Storiche, LXVII (1988), pp ; G. CAPROTTI, Alto Adige o Südtirol?, Milano 1988, pp ; D. DE NAPOLI, Altoatesini e Sudtirolesi. Una convivenza difficile ( ), Roma 1996, pp , soprattutto per i documenti citati nelle note. 3 Cfr. Option Heimat Opzioni a cura del TIROLER GESCHICHTSVEREIN, Bolzano 1989, ed. it., pp In una relazione inviata nel 1945 al ministero degli esteri da Maurizio de Strobel, segretario dell ufficio V della direzione generale affari politici del ministero degli esteri, in missione in Alto Adige, si osservava: Per tutta la durata del 1942 continuò il contrasto in materia tra italiani e tedeschi, culminato nella tesi sostenuta dall Alto Commissario Podestà che i naturalizzati non partiti conservavano la cittadinanza italiana fino al momento dell effettiva partenza. Tale tesi, in 1

2 Il prefetto non si rendeva però conto che la decisione, operata da una parte dei sudtirolesi, di mantenere la cittadinanza italiana era motivata solo dall attaccamento alla terra dei padri e, in una minoranza consapevole, da avversione al nazismo, non certo da simpatie o lealtà verso lo stato fascista che aveva negato i caratteri distintivi della comunità altoatesina per condannarla all estinzione. Ed anche il rallentamento dei trasferimenti fino al 1943, quando ne fu dichiarata la sospensione, ufficialmente giustificato dalle operazioni belliche, era dovuto in buona parte alle poco confortevoli notizie inviate da coloro che erano emigrati. In tale condizione rioptare per l Italia, come spingeva a fare il prefetto Podestà, significava solo accettare il male minore e sottrarsi al servizio militare nell esercito tedesco 4. Nei primi giorni del dopoguerra la delegazione per l Alto Adige del Commissariato per le migrazioni proponeva una soluzione drastica del problema degli optanti residenti in provincia chiedendo l esecuzione integrale degli accordi del 1939 con trasferimento degli allogeni oltre il confine o, almeno e nelle more dell esecuzione, la dichiarazione della nazionalità tedesca degli stessi con esclusione dagli incarichi pubblici e dai diritti elettorali. Più duttile si presentava invece la posizione del prefetto Bruno De Angelis, nominato dal CLN il 5 maggio 1945, inteso a non creare insormontabili fratture con la da poco costituita Volkspartei. Egli era propenso a operare distinzioni fra le diverse categorie degli optanti, permettendo la scelta di nazionalità a coloro che, nel passato, non avevano perfezionato l acquisizione della cittadinanza germanica. Il terreno sul quale si stava muovendo il prefetto non era comunque privo di insidie perché la stessa SVP, espressione dei Dableiber, difficilmente poteva dimenticare l atteggiamento aggressivo assunto dagli optanti nei confronti di coloro che avevano preferito rimanere, anche se la solidarietà etnica avrebbe potuto contribuire a sanare ferite ancora sanguinanti 5. D altro canto risultava poco ammissibile che con ordinanze prefettizie si potesse risolvere un problema come quello della cittadinanza, rivendicato alla competenza esclusiva del governo. Il fatto che l autorità militare di occupazione, ai fini delle norme regolanti l epurazione, avesse considerati nulli gli accordi del 1939 per gli optanti residenti in provincia, suscitava apprensione ed interrogativi in loco e nella capitale. Il problema era aggravato dalle pressanti richieste degli optanti trasferiti che chiedevano in massa di ritornare nei paesi di provenienza e, a tale scopo, avevano costituito un comitato ad Innsbruck. La linea adottata dal governo militare francese era stata quella di non riconoscere validità giuridica all accordo sulle opzioni e quindi di non opporsi al rientro dei sudtirolesi in Italia. contrasto con l accordo fondamentale del 1939, aveva lo scopo di assicurare il mantenimento della sovranità statale italiana su questa ingente massa di optanti naturalizzati non partiti; essa veniva energicamente contrastata da parte tedesca, richiamandosi agli accordi originari; sostenevano essi che, se per difficoltà contingenti del tempo di guerra i naturalizzati non potevano emigrare rapidamente, ciò non modificava il loro stato giuridico di cittadini tedeschi. Nell ultima fase della divergenza l Alto Commissario Podestà giungeva a parlare di doppia cittadinanza per tale categoria di naturalizzati. E evidente che il contrasto, non fu mai risolto. Riportato in D. DE NAPOLI, op. cit., pp Sui motivi di riluttanza all emigrazione e la possibilità di riopzione vedi R. DE FELICE, Il problema dell Alto Adige nei rapporti italo tedeschi dall Anschluss alla fine della seconda guerra mondiale, Bologna 1973, pp Friedl Volgger in Sudtirolo al bivio. Ricordi di vita vissuta, Bolzano 1985, così si esprime a pp : non si poteva rimanere prigionieri di un triste passato. Dovevamo mirare alla sopravvivenza della nostra gente, guardare al futuro. Se in quel momento non ci fossimo presentati uniti, se non avessimo serrato le file, saremmo rimasti tanti gruppi e gruppuscoli in lotta tra di loro. Certamente i Dableiber, per questo nobile atteggiamento, avrebbero potuto aspettarsi un qualche riconoscimento dall altra parte, ma non lo ebbero mai. Anzi, gli optanti e specialmente quelli nazisti consideravano la magnanimità dei non optanti qualcosa di ovvio. ( ). Pian piano riuscimmo a far ravvicinare la gente. Resterà per sempre un grande merito dei Dableiber il non aver pensato a se stessi ma al Sudtirolo, nelle ore decisive. 2

3 Il 3 agosto 1945, a pochi giorni dalla chiusura della conferenza di Potsdam che aveva lasciato margini ristretti alle speranze italiane, Alcide Degasperi, allora ministro degli esteri nel governo Parri, si rivolgeva all ammiraglio Ellery Stone, vice presidente della Commissione alleata 6, richiamando la sua attenzione sulla notizia, di fonte attendibile, dell invio in provincia di Bolzano ad opera delle autorità alleate di circa 8000 optanti trasferitisi in Germania: il governo italiano considerava pienamente in vigore gli accordi del 1939 e, quindi, coloro che avevano acquistato la cittadinanza germanica in seguito all opzione ed erano emigrati nel Reich avevano perso lo status di cittadini italiani. Considerare nulli gli accordi del 1939 significava ammettere ulteriori trasferimenti dopo quello degli 8000 e contraddire alle assicurazioni fornite al governo italiano che l occupazione militare di certi territori non avrebbe pregiudicato la loro sistemazione finale. La risposta di Stone, giunta il 13 settembre 7, non entrava nei dettagli della lettera di Degasperi ma era precisa sulla questione della cittadinanza: il governo militare alleato era in pieno accordo con quello italiano sul fatto che gli optanti trasferiti in Germania avevano automaticamente perso la cittadinanza italiana. L argomento delle opzioni era destinato a ripresentarsi più volte nell imminenza della conferenza per la pace, come prova dei legittimi diritti dell Italia su un territorio i cui abitanti avevano scelto la Germania nazista. Uno dei nostri principali argomenti, aveva dichiarato Degasperi nella riunione ministeriale del 2 agosto 1945, è che gli allogeni hanno nel 1939, quando l Italia era ancora neutrale, preferito diventare tedeschi. Ben 80 mila di essi hanno già perfezionato l acquisto della cittadinanza germanica 8. La possibilità che la sistemazione futura dell Alto Adige potesse essere affidata ad un plebiscito rendeva ancora più scottante la definizione dello status degli optanti. Dopo gli accordi del 1939 la proporzione etnica aveva subíto una modificazione in favore dell elemento italiano, rimasto comunque in minoranza; ma, qualora gli optanti fossero stati riammessi in blocco al diritto di voto cancellando la scelta per la Germania a suo tempo dichiarata irreversibile, la retrocessione all Austria della provincia di Bolzano poteva considerarsi scontata in partenza. Di qui la posizione assunta dal governo italiano di rimandare la questione della cittadinanza degli optanti a dopo la definizione del confine settentrionale e, nel frattempo, di intervenire con provvedimenti legislativi a favore del gruppo etnico tedesco, ispirati a libertà e rispetto, per assicurare la convivenza pacifica. Provvedimenti che potevano assumere un carattere strumentale ai fini di captare la benevolenza delle potenze vincitrici alla causa italiana, ma che erano anche ispirati, come nell intenzione di Degasperi, alla sincera volontà di reintegrare gli alloglotti dei diritti negati in età fascista 9. 6 I Documenti Diplomatici Italiani, decima serie (d ora in poi DDI), vol. II, doc Degasperi a Stone, Roma 9 agosto 1945, testo in lingua inglese. Copia della lettera fu inviata a Parri, Alexander Kirk, ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Noel Charles, rappresentante politico di Gran Bretagna a Roma, Alberto Tarchiani, ambasciatore italiano a Washington, Nicolò Carandini, rappresentante italiano a Londra, e a Giuseppe Saragat, rappresentante italiano a Parigi. 7 Allegata in nota al doc. 400, cit. 8 DDI, vol. II, doc. 378, Riunione ministeriale per la conferenza della pace. Verbale. 9 Il 26 agosto Degasperi trasmetteva a Henry Hopkinson, incaricato d affari di Gran Bretagna a Roma, una nota con i provvedimenti relativi all autonomia amministrativa per la Valle d Aosta preannunciando disposizioni in favore delle altre zone alloglotte: Con ciò il governo italiano conferma che dimostra praticamente con quanta serietà ed energia intende giungere ad una pronta ed equa soluzione dei problemi relativi alle zone allogene delle proprie frontiere arrecando nel tempo stesso un efficace contributo alla pacificazione generale. Non dubito che talune diffidenze, rilevate in ambienti dell Alto Adige verso il governo di Roma, della cui buona volontà nei riguardi degli alto atesini si mostrava di dubitare, verranno pienamente dissipate dall annuncio dei provvedimenti che stanno per essere adottati. Ibidem, doc. 465, Allegato. Va ricordato che un primo ordinamento autonomo per la Valle d Aosta veniva concesso già con i decreti legislativi luogotenenziali del 7 settembre 1945, n. 545, Ordinamento amministrativo della Valle d Aosta e n. 546, Agevolazioni di ordine economico e tributario a favore della Valle d Aosta. 3

4 Il punto di vista italiano sulla questione altoatesina veniva illustrato nell imminenza della conferenza di Londra agli ambasciatori a Mosca e Washington ed ai rappresentanti a Londra e a Parigi dal ministro degli esteri con telegramma del 9 settembre 10, in gran parte incentrato sul fatto delle opzioni: Dei allogeni della provincia di Bolzano, circa 167 mila secondo cifre ufficiali a suo tempo pubblicate, dichiararono di impegnarsi in forma assolutamente definitiva di voler acquistare la cittadinanza germanica e di trasferirsi nel Reich. Di questi circa 120 mila (di cui 70 mila effettivamente partiti) hanno già perfezionato acquisto cittadinanza tedesca. In base accordi 1939, continuava Degasperi, che essa considera perfettamente validi, Italia potrebbe inoltre pretendere che non appena circostanze generali lo consentissero, anche i rimanenti optanti perfezionino impegno solenne a suo tempo assunto. Comunque è certo che nessuno degli optanti, naturalizzati o non, potrebbe avanzare diritto di essere ammesso ad un eventuale plebiscito riguardante avvenire di una terra che, come già sottolineato, essi si sono impegnati in forma assolutamente definitiva di abbandonare. Tuttavia, affermava il ministro degli esteri, il governo democratico italiano, ispirandosi concetti superiori di umanità ha già manifestato intenzione di ammettere una revisione delle opzioni effettuate. Egli ricordava poi che l imposizione di un plebiscito avrebbe fatto ritorcere ingiustamente contro l Italia la generosità di non avere richiesto l allontanamento coatto dal suo territorio dei cittadini tedeschi, pur avendone il fondamento giuridico, come, dopo i deliberati di Potsdam 11, avveniva in altri paesi. L ombra di Potsdam tornò più volte ad aleggiare sulle dichiarazioni e sulla corrispondenza diplomatica italiana, ma generalmente come metro delle buone disposizioni del governo che, a differenza di altri, non intendeva rendere esecutivo un provvedimento inteso a mettere in atto una nuova trasmigrazione di vaste proporzioni dopo quelle operate dalla guerra. Per il momento bisognava evitare il pericolo incombente del plebiscito che sarebbe stato ingiusto concedere a chi, con una opzione effettuata mentre l Italia era ancora neutrale, aveva dimostrato di aderire alla Germania nazista e violenta e poi, successivamente all 8 settembre 1943, aveva dato un apporto di ben 5 mila reclute alle formazioni SS 12. Anche dopo la deliberazione della conferenza di Londra del 14 settembre, ma resa pubblica solo il 22 13, che sanciva la frontiera del Brennero, salve minori rettifiche che l Austria avrebbe potuto chiedere in suo favore, non tramontava lo spettro del plebiscito. Degasperi, in un telegramma inviato il 16 settembre all ambasciatore a Washington Alberto Tarchiani 14, si dichiarava allarmato dalle voci che la questione dell Alto Adige sarebbe stata pericolosamente agitata alla conferenza per la pace e soprattutto dalla tendenza americana a concedere il plebiscito, ritenuto ingiusto: mentre da per tutto si accetta senza contrasto il doloroso trasferimento di milioni di abitanti da intere regioni, sarebbe discriminatorio ed illogico il ricorso al plebiscito nel solo paese, l Italia, che ha in corso larghi, liberali provvedimenti per il rispetto delle minoranze. 10 Ibidem, doc Nell accordo steso durante i lavori della conferenza di Potsdam, all art. 13 era stata contemplata la questione dei tedeschi residenti nei territori passati in sovranità ad altri stati ed era stata sancita l espulsione delle popolazioni germaniche dalla Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria. 12 DDI, vol. II, doc Tuttavia già il 16 settembre Carandini poteva comunicare a Renato Prunas, segretario generale del ministero degli esteri, il testo della proposta-base angloamericana che aveva avuto modo di controllare; per l Alto Adige, egli affermava, si propugna statu quo. Ibidem, doc. 540, Londra, 16 settembre Ibidem, doc

5 Le sollecitazioni del Dipartimento di stato americano, compiute attraverso l ambasciatore a Roma Alexander Kirk, perché venisse dato corso in Italia alle elezioni comunali 15 come prova dei caratteri democratici assunti dal paese, ponevano con urgenza in Alto Adige la definizione dello stato giuridico degli optanti in vista della formazione delle liste elettorali. Nell agosto vi era stato un tentativo di regolamentare la materia attraverso un bando della Commissione alleata che prevedeva la cittadinanza italiana per tutti coloro che ne erano in possesso prima del 1939, compresi gli optanti naturalizzati non trasferiti in Germania. Questa ipotesi, sulla quale erano state sollevate le riserve del prefetto di Bolzano De Angelis, aveva richiamato il governo alla necessità di fare chiarezza su una questione che presentava contorni confusi, suscettibili di iniziative discordanti fra Bolzano, Roma e le autorità della Commissione alleata. L orientamento rimaneva sempre quello di spostare la soluzione definitiva a dopo la fissazione del confine settentrionale ma, nel frattempo, risultava utile approntare lo schema di un decreto legislativo sullo stato degli optanti che, accanto agli altri in corso di preparazione 16, avrebbe potuto ben disporre i rappresentanti delle grandi potenze nei confronti delle rivendicazioni italiane. Tarchiani e Carandini premevano su Degasperi perché i provvedimenti in favore della minoranza altoatesina non solo fossero presi, ma anche sapientemente reclamizzati. Ed il ministro degli esteri, più volte sollecitato in questo senso, non mancava di segnalarli agli ambasciatori italiani a Londra, Washington, Parigi, ed ai rappresentanti a Roma di Stati Uniti e Gran Bretagna con la precisazione che tali decreti esprimevano i nostri reali intendimenti e propositi di liberale pacificazione alla nostra frontiera 17 e la precisa determinazione italiana di procedere, nei confronti delle sue minoranze, nello spirito della maggiore e migliore liberalità 18. Agli inizi di novembre Alcide Degasperi, preoccupato per la situazione altoatesina come veniva delineata dalle relazioni del console Maurizio de Strobel, allarmanti perché esatte, si rivolgeva al direttore generale degli affari politici Vittorio Zoppi 19 affinché venissero presi dagli organi competenti gli opportuni provvedimenti, soprattutto quello relativo all autonomia della regione. Bisognava, inoltre, rivedere la posizione del prefetto De Angelis 20, premere sull ammiraglio Stone per l allontanamento dalla provincia dei 15 Ibidem, doc. 535, Washington, 16 settembre Questi i provvedimenti legislativi ed amministrativi varati nel : DL 27 ottobre 1945, n. 775 riguardante il ripristino del tedesco come lingua d insegnamento nelle scuole elementari della provincia di Bolzano; DL 22 dicembre 1945, n. 825 che reintroduceva l uso della lingua tedesca nei rapporti con le autorità politiche, amministrative e giudiziarie; nota della presidenza del consiglio dei ministri del 20 aprile 1946 per la revoca dei provvedimenti con i quali erano stati italianizzati i cognomi tedeschi; DL 8 novembre 1946, n. 528 che sanciva l istituzione di scuole ed istituti di istruzione secondaria con insegnamento in lingua tedesca. 17 DDI, vol. II, doc. 627, Roma, 19 ottobre Ibidem, doc. 631, Roma, 20 ottobre Ibidem, doc. 666, Roma, 7 novembre L attivismo del prefetto De Angelis, considerato dalla parte italiana della provincia troppo indulgente con la SVP per ottenerne la fiducia, aveva provocato spaccature all interno del CLN. In particolare la Democrazia Cristiana chiedeva la destituzione del prefetto socialista appoggiata da liberali ed azionisti. La questione sollevava perplessità anche nella capitale, sospettosa delle iniziative personali di De Angelis. Alberico Casardi, segretario della commissione confini del ministero degli esteri, in un appunto per Degasperi (ibidem, doc. 715) riferiva di un colloquio con Hopkinson al quale il prefetto di Bolzano aveva inviato direttamente un rapporto contenente proposte sulle quali Casardi aveva sollevato molte riserve. Per quanto attinente all autonomia regionale, che il rappresentante britannico intendeva circoscritta alla sola provincia di Bolzano, Casardi affermava: ritengo che in questo Hopkinson subisca le argomentazioni di De Angelis, contro il quale l ho messo in guardia facendogli presente come probabilmente non esulassero dai suoi ragionamenti le considerazioni di partito; essendo infatti noto che il principio dell autonomia unica trentina fosse in particolar modo osteggiato dai socialisti e comunisti i quali vi ravvisano la certezza di una stragrande maggioranza 5

6 cittadini germanici (la richiesta non era riferita agli optanti naturalizzati), sugli alleati perché, con dichiarazioni in merito alla frontiera del Brennero, smorzassero le agitazioni dei tirolesi, sul governo di Parigi per contenere e smentire l atteggiamento dei militari francesi ad Innsbruck, pronti a sostenere la causa austriaca. Al presidente del consiglio, Parri, Degasperi raccomandava vivamente di concretare in tempi brevi i provvedimenti diretti ad assicurare l autonomia all Alto Adige, sollecitati da parte americana ed inglese: io credo che una decisione in merito non possa più oltre essere differita, sia per dare agli Alleati una prova palese della serietà delle nostre intenzioni, sia per assicurarci un solidissimo argomento atto a combattere le manovre separatiste in quella regione 21. In questo contesto il consiglio dei ministri approvava in data 21 novembre 1945 un decreto legislativo destinato però a non essere promulgato anche per l opposizione della SVP nel quale si prevedeva che gli optanti per la cittadinanza germanica in base agli accordi del 1939, naturalizzati ma non trasferiti nel Reich, potevano chiedere il ripristino della cittadinanza italiana. Le domande sarebbero state sottoposte al giudizio di una commissione mista che avrebbe tenuto conto delle intere condizioni familiari ed umane del richiedente, ma anche dell atteggiamento assunto dopo l 8 settembre 1943; esclusi dalla concessione sarebbero stati comunque i criminali di guerra, gli esponenti nazisti ed altre categorie assimilabili. Nessun accenno veniva fatto agli optanti rientrati clandestinamente né a quelli trasferiti oltre Brennero che premevano per un ritorno in massa nei luoghi d origine. La notizia che da parte italiana stava per essere varato un decreto legislativo in materia di opzioni, portò il ministro degli esteri austriaco, Karl Gruber, ad appellarsi al Consiglio degli alleati con una lettera spedita da Vienna il 24 gennaio In essa egli contestava, in linea pregiudiziale, la validità giuridica degli accordi del 1939, firmati tra l Italia e la Germania hitleriana che aveva occupato l Austria con la violenza e poi, con promesse e minacce, aveva costretto i sudtirolesi ad una scelta pressoché obbligata. La questione assumeva ora due aspetti: il trattamento riservato agli optanti non trasferiti e la situazione di quelli residenti in Austria. Per i primi vi era il timore che i funzionari italiani decidessero ad arbitrio e che gran parte degli abitanti allogeni venissero cacciati come non graditi dal Sudtirolo; per i secondi, oltre alla legittima aspirazione di rientrare nei paesi abbandonati, andava tenuta presente la difficile situazione dell Austria, carente di generi alimentari e di alloggi e gravata in misura straordinariamente pesante dal mantenimento degli optanti, la maggior parte dei quali privi di mezzi. In conclusione Gruber chiedeva ai governi alleati, a nome del governo federale austriaco, di dichiarare nullo l accordo Mussolini Hitler del 23 giugno 1939 in quanto atto di preparazione alla guerra, di ristabilire l originaria cittadinanza degli optanti e di adottare i provvedimenti necessari perché il governo italiano permettesse il loro ritorno in qualità di cittadini italiani. Il passaggio dell Alto Adige all amministrazione italiana con l inizio del 1946, poco dopo la costituzione del primo governo Degasperi, il 10 dicembre 1945, aveva contribuito ad accentuare anziché a smorzare le pressioni per la retrocessione del Sudtirolo all Austria, compiute attraverso appelli e memoranda agli alleati, suffragati da motivi politici ed economici oltreché etnici; ad essi si accompagnava la mobilitazione democristiana. Il passaggio dell Alto Adige all amministrazione italiana con l inizio del 1946, fu giudicato il momento opportuno per la sostituzione, il 9 gennaio 1946 ad opera della presidenza del consiglio, di De Angelis con il consigliere di stato Silvio Innocenti. 21 Ibidem, doc. 676, Roma, 11 novembre La lettera di Karl Gruber al Consiglio degli alleati è pubblicati in L Accordo Degasperi Gruber nei documenti diplomatici italiani ed austriaci a cura di E. SERRA, Trento s.d. (1988), pp

7 dell opinione pubblica a mezzo della stampa. In primo piano rimaneva sempre la richiesta dell autodeterminazione, punto focale del programma della SVP e degli indirizzi del governo di Vienna, incubo ricorrente per il governo di Roma. Il tema del plebiscito appariva comunque in tutti i pronunciamenti e nell attività ufficiosa o ufficiale delle potenze interessate ai trattati di pace e trovava riscontro nelle dichiarazioni e nella corrispondenza diplomatica con significati e motivazioni talora opposti. L Italia, mentre lo negava per gli altoatesini, lo avrebbe preteso per le popolazioni del confine orientale; la Francia ne faceva richiesta per legittimare la rivendicazione di territori italiani sulla fascia alpina; Stati Uniti e Gran Bretagna erano restii a smentirlo, in linea teorica e di diritto, per non assumere una posizione drastica nei confronti della fragile repubblica austriaca; la stessa Austria, che dell autodeterminazione per i sudtirolesi aveva fatto una questione di principio, non aveva invocato il plebiscito per i suoi ex cittadini residenti nell Ungheria e nella Boemia, trasferiti coattivamente in Germania. Nella realtà, dopo i deliberati di Potsdam, nessuna delle grandi potenze avrebbe avuto la possibilità e la forza di fare accettare una sistemazione dei popoli sulla base dell autodeterminazione ed i richiami al plebiscito assumevano solo un carattere strumentale e di pura accademia consolatoria perché, se il principio che toccava esclusivamente ai vincitori disporre dei vinti fosse stato violato in un solo punto, sarebbe franato l intero gioco degli equilibri instabili che ancora teneva unite le potenze vincitrici. Va precisato che né l Italia, né l Austria riuscirono allora a rendersi conto che l autodeterminazione per i sudtirolesi, dall una temuta, dall altra invocata come diritto, non solo esulava dall ambito delle loro possibilità di iniziativa politica, ma non rientrava nemmeno nella logica di chi riteneva legittima l espulsione dai paesi di residenza ed il trasferimento coatto di milioni di tedeschi. Il 4 febbraio 1946 veniva presentato agli ambasciatori a Roma di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica un nuovo memorandum sull Alto Adige che illustra e completa il nostro punto di vista sulla necessità di mantenere la frontiera del Brennero 23, mentre, a Londra, erano in pieno svolgimento i lavori del Consiglio dei ministri degli esteri, iniziatisi il 18 gennaio dopo l incontro di Mosca del dicembre Nel memorandum un largo spazio era riservato al fatto delle opzioni per dimostrare, in primo luogo, le ricadute che gli accordi del 1939 avevano avuto sulla situazione etnica della provincia, tanto da creare ex novo, nel caso di modificazione del confine, il problema di una consistente minoranza italiana sotto la sovranità austriaca. Entrando nel merito della questione, veniva ricordato come coloro che avevano esercitato il diritto di opzione si erano impegnati in modo assolutamente definitivo ad acquistare la cittadinanza germanica e a trasferirsi nel Reich; di costoro circa erano effettivamente partiti entro il settembre 1943, mentre fra gli optanti non trasferiti più di avevano ottenuto la cittadinanza germanica diventando, sotto ogni aspetto, stranieri. Nonostante questo, il governo democratico italiano aveva dichiarato e confermato con misure legislative la sua intenzione di ammettere una profonda e generosa revisione delle opzioni, ma non poteva permettere a coloro che avevano scelto liberamente la cittadinanza germanica di reclamare il diritto a decidere sul destino di un paese che si erano impegnati ad abbandonare. Mentre numerosi governi 23 DDI, vol. III, doc. 157, Prunas a Degasperi, Roma, 4 febbraio Il memorandum, Aide memoire on the question of the italian northern frontier, in ibidem, Documenti allegati, pp

8 ritenevano opportuno espellere milioni di tedeschi dai loro territori, non si poteva ritorcere contro l Italia la sua generosità, considerando anche che l opzione pur ammettendo le situazioni di coercizione era stata una scelta per la Germania nazista, e che nei mesi dell Alpenvorland erano stati evidenti l appoggio e la collaborazione al regime hitleriano, l aggressività contro l elemento italiano e l impegno nella lotta antipartigiana. I medesimi concetti erano ribaditi nella documentazione allegata al memorandum, dove la situazione etnica della provincia veniva ricostruita in modo analitico dal 1939 al 1943 sulla base di indicazioni numeriche ritenute sì attendibili, ma approssimative per la difficoltà di operare ricerche esaurienti presso i competenti uffici di parte italiana e tedesca 24. Veniva inoltre osservato come le stime del numero totale degli optanti di riferissero non solo alla provincia di Bolzano, ma anche a quelle di Belluno, Trento ed Udine considerate zone mistilingue 25. Relativamente al solo Alto Adige, in base ai dati del 1943 si poteva notare un consistente incremento del gruppo italiano (41,6%), mentre la somma della popolazione italiana con quella di lingua tedesca non optante per il Reich raggiungeva complessivamente il 64,2% 26. Nel dopoguerra i rapporti fra i due gruppi etnici potevano considerarsi pressoché invariati perché, pur essendo aumentato l afflusso degli italiani, era cresciuto anche il numero dei tedeschi per la presenza di prigionieri, rifugiati, vecchi funzionari dell amministrazione nazista ed il ritorno di diverse migliaia di optanti precedentemente emigrati. A parte l incertezza delle cifre addotte, era chiara la forzatura di mettere insieme il gruppo italiano con i tedeschi optanti per l Italia o non optanti 27 che, a suo tempo, non avevano esercitato la loro scelta per motivi nazionali ed ora erano in prima linea nel chiedere la retrocessione dell Alto Adige all Austria. Nell allegato al memorandum trovava spazio anche la tesi della perdurante validità degli accordi del 1939, mai denunciati dalla Germania neppure dopo l armistizio del Le conseguenze giuridiche della loro 24 Da notare, nella tabella pubblicata in ibidem, p. 870, i doppi dati forniti per il Nei primi i ladini venivano inclusi nel gruppo etnico tedesco (acquiescendo ad un assurdo reclamo germanico, si annotava, cosa che non era accaduta con la normativa austriaca). Nei secondi inseriti nel gruppo italiano portando la consistenza di quest ultimo da a , il 29,2% del totale della popolazione. 25 I dati complessivi forniti nel memorandum e negli allegati sono quelli ufficiali di parte italiana alla scadenza del 31 dicembre 1939: nella provincia di Bolzano, ammessi all opzione , optanti per la Germania , in favore dell Italia (in realtà fra questi optarono per l Italia e non esercitarono il diritto di opzione; costoro, secondo le Norme per il rimpatrio del 21 ottobre 1939, vennero considerati optanti per l Italia); nella zona mistilingue (province di Trento, Belluno, Udine), ammessi all opzione , optanti per la Germania , per l Italia I dati analitici di parte italiana per la zona mistilingue erano i seguenti: in provincia di Trento, ammessi , optanti per la Germania , per l Italia 3.802, nessuna dichiarazione 7.630; in provincia di Belluno, ammessi 7.429, optanti per la Germania 1.006, rimasti cittadini italiani 6.432; in provincia di Udine, ammessi 5.603, optanti per la Germania 4.567, per l Italia 337, non optanti 690. I dati forniti da parte tedesca erano assai diversi: optanti inclusivi dei ladini o addirittura nella sola provincia di Bolzano. A operazioni concluse e tenendo conto del primo semestre del 1940 anche i dati italiani subirono una variazione attestandosi su optanti. Sui risultati numerici delle opzioni, difficilmente quantificabili in forma esatta, vedi R. DE FELICE, op. cit., pp ; U. CORSINI e R. LILL, Alto Adige , Bolzano 1988, pp Va ricordato che solo con le Norme per il rimpatrio del 21 ottobre vennero precisati i territori dell accordo, compresa la zona mistilingue di Tarvisio (provincia di Udine), prima mai citata in forma esplicita. In questa zona le operazione vennero complicate dalle opzioni degli sloveni, contestate dalle autorità italiane e poste in dubbio da quelle tedesche che le accolsero solo nel maggio Cfr. Archivio di Stato, Udine, Documenti della Prefettura di Udine, Fondo Prefettura, busta 28, fascicoli 89, 91, Vedi la tabella sulla situazione del settembre 1943 in DDI, vol. III, p Vale notare, si sottolineava nell allegato al memorandum (ibidem, p. 868), che in Alto Adige la popolazione di lingua italiana presa assieme a quella tedesca non optante per la Germania assommava in totale ad almeno contro all incirca optanti (traduzione dal testo inglese). 8

9 esecuzione non potevano essere cancellate, ma solo riviste all interno della politica ispirata ai principi di libertà, democrazia e rispetto dei valori umani che l Italia intendeva perseguire 28. La questione degli optanti veniva esaminata con maggiore disponibilità a rivederne lo stato di cittadinanza nel memorandum addizionale B, presentato al Consiglio dei ministri degli esteri, riunito a Parigi, il 1 giugno Il 30 maggio il ministro Gruber era stato sentito dal Consiglio dei sostituti sulle minori rettifiche richieste con nota austriaca del 10 maggio. Nel medesimo giorno era stato sentito anche Carandini al quale Degasperi aveva delegato il compito di esporre il punto di vista italiano in risposta a quello austriaco 30. A suffragio delle tesi illustrate da Carandini erano stati presentati due promemoria addizionali, il primo a contestazione delle richieste austriache sulle minori rettifiche, il secondo sul Quadro delle misure adottate dal governo italiano a favore della minoranza di lingua tedesca in Alto Adige. In quest ultimo memoriale si metteva in evidenza come il governo italiano, nella legittima supposizione del mantenimento dello statu quo territoriale, aveva già avviato un progetto di soluzione della questione degli optanti favorevole alla parte interessata. Una commissione di 12 membri, 8 dei quali di lingua tedesca 31, avrebbe steso un disegno di legge che prevedeva la conservazione della cittadinanza italiana agli optanti non naturalizzati, il largo riacquisto per i naturalizzati e la possibilità della riammissione in Italia per i trasferiti. Attraverso le disposizioni della prefettura di Bolzano anche coloro che, dopo essere emigrati in Germania, avevano fatto ritorno in Alto Adige, erano già stati parificati nella prassi ai cittadini italiani e godevano dei medesimi diritti, compresi quelli inerenti all attività lavorativa. I capitali degli optanti, inoltre, non erano stati congelati come proprietà di stranieri nemici e si era provveduto al pagamento delle pensioni, indipendentemente dalla cittadinanza Tali principi venivano espressi nei seguenti intendimenti (riportati in traduzione italiana): L accettazione del principio di una revisione delle opzioni effettuate nel Il governo italiano, in breve, intende permettere a tutti coloro che, agendo in quel tempo sotto l influenza della oppressione fascista e della propaganda nazista, si impegnarono ad abbandonare il loro luogo di nascita e di acquistare la cittadinanza germanica, ma nei fatti non hanno mai dato seguito alla loro decisione, sia offerta l opportunità di riconsiderare il loro caso. Fatta giusta eccezione per coloro che si sono dimostrati indegni di ciò, il Governo italiano sarà, in linea di principio, felice nel vedere questi abitanti rimanere in quelle terre che il loro lavoro e perseveranza hanno arricchite. Questi, da parte loro, potranno indubbiamente trovare, sotto le istituzioni democratiche ed entro la cornice di un Italia rinnovata, piena opportunità di un pacifico ed armonioso sviluppo, e potranno portare certamente un valido contributo al lavoro di ricostruzione, sia in senso materiale che spirituale. Ibidem, p Seguivano, in sunto, i decreti legislativi sull uso della lingua tedesca nelle scuole elementari e negli uffici della provincia di Bolzano e quello del 21 novembre 1945 sulla revisione delle opzioni che però non era stato promulgato. 29 Pubblicato nel testo originale inglese e nella traduzione italiana in U. CORSINI, La politica interna italiana per l Alto Adige negli anni , in Studi Trentini di Scienze Storiche, LXVII (1988), pp ; il memorandum, pp DDI, vol. III, doc. 500, Carandini a Degasperi, Parigi, 30 maggio Il rappresentante italiano a Londra comunicava a Degasperi: presidente ha dichiarato che Consiglio sarà lieto esaminare ulteriore documentazione di cui era stata annunciata consegna. In allegato veniva spedito il discorso tenuto da Carandini ai sostituti dei ministri degli esteri. 31 La commissione incaricata di esaminare la revisione delle opzioni era stata costituita a Bolzano nell aprile La presidenza era stata assunta dal prefetto Innocenti, che aveva già disposto la ricognizione ed il riordino delle schede di naturalizzazione giacenti presso gli uffici competenti al fine di fare luce in un settore dove regnavano molte incertezze, lacune ed assenza di dati precisi. 32 Questo il testo, nella traduzione italiana, del punto 3 del memorandum, Revisione del regime di cittadinanza: A seguito dell accordo italo-tedesco del 1939 relativo al trasferimento in Germania degli abitanti dell Alto Adige di lingua tedesca, circa l 85% della popolazione optò per il trasferimento in Germania. Di questi in data 8 settembre 1943 (data dell armistizio italiano) circa avevano già raggiunto la Germania. Un numero ancor maggiore aveva acquistato la cittadinanza germanica pur senza abbandonare il territorio italiano a causa delle difficoltà create dalla guerra. Il crollo della Germania rese quindi necessario un riesame della cittadinanza di tutti gli abitanti dell Alto Adige. Legittimamente 9

10 Nel corso del 1946 la non risolta questione degli optanti, oltre a riflettersi sulla impossibilità di compilazione delle liste elettorali per il referendum istituzionale e l elezione dell assemblea costituente, che l ammiraglio Stone sollecitava di tenere anche in Alto Adige, aveva delle pesanti ripercussioni sui prigionieri di guerra altoatesini il cui rilascio veniva ritardato a causa dell incerto stato di cittadinanza. La non definita appartenenza statale dei prigionieri, che creava disagi e risentimenti umani nei nuclei familiari e nella comunità sudtirolese, provocava la paralisi delle procedure di rilascio da parte delle autorità competenti. Se per i militari optanti espatriati ed arruolati in Germania poteva sembrare logico il loro invio oltre Brennero all atto dell uscita dai campi di concentramento, per coloro ed erano la maggioranza che non avevano abbandonato l Alto Adige sorgevano dei problemi insuperabili in tempi brevi per la difficoltà di documentare chi avesse ottenuto la naturalizzazione e chi avesse conservato la cittadinanza italiana. Il prefetto Innocenti si dimostrava preoccupato della discriminazione messa in atto dalla casualità temporale di avere fatto parte del gruppo dei naturalizzati o di quello in attesa della cittadinanza germanica, ed auspicava la liberazione di tutti i prigionieri con residenza in Alto Adige seguita dal rientro nei paesi d origine 33. A tale linea di condotta egli era spinto da fondate ragioni di opportunità e di prudenza politica, dato che il problema, con tutti i suoi risvolti umani e le reazioni critiche di fronte all inerzia delle autorità, stava passando anche nelle mani del vescovo di Bressanone, mons. Geisler, e di quello di Trento, mons. de Ferrari. L arcivescovo trentino si preccupava dell assistenza agli internati attraverso la sezione interdiocesana di Trento Bressanone, premeva sulla Commissione Pontificia di Assistenza che s interessava del rimpatrio dei prigionieri altoatesini, era in contatto con il prefetto Innocenti, si rivolgeva, nel 1947, al ministero dell interno retto da Mario Scelba perché la questione venisse risolta in forme positive per coloro che ancora erano in stato di internamento 34. supponendo che lo statu quo territoriale non avrebbe subito variazioni, il governo italiano espresse la propria propensione a garantire il principio di una revisione dello status di coloro che avevano optato per la Germania. Benché la decisione finale sia naturalmente legata agli avvenimenti internazionali, la questione si avvia ad una soluzione estremamente favorevole per le parti interessate. E stata nominata una Commissione speciale composta da 12 membri 8 dei quali di lingua tedesca destinata ad insediarsi nella Prefettura di Bolzano, e incaricata della stesura di un disegno di legge al fine di comporre la dibattuta questione. In linea di massima tale disegno di legge, in un tentativo di rispondere alle urgenti necessità della popolazione di lingua tedesca, dovrebbe consentire che tutti coloro che nel 1939 optarono per l emigrazione in Germania, senza tuttavia acquisire la cittadinanza germanica, possano conservare quella italiana. I casi invece di coloro che sono già naturalizzati germanici saranno esaminati, con spirito di clemenza e di larghezza, da una Commissione apposita. Solo a coloro che nel periodo dell occupazione nazista collaborarono attivamente con l invasore tedesco sarà negata la riacquisizione della cittadinanza italiana. Il disegno di legge prevede inoltre la possibilità di una riammissione in Italia di coloro che, trasferitisi in Germania, desiderino ora fare ritorno. Tale politica è stata accettata al fine di rispondere alla crescente domanda da parte della popolazione. Nel frattempo la Prefettura di Bolzano ha dato disposizioni (4 aprile 1946) alle autorità locali affinché gli abitanti che abbiano perso la cittadinanza italiana con l emigrazione in Germania e che siano ora ritornati, siano considerati cittadini italiani a tutti gli effetti. Essi sono esenti dalle restrizioni speciali relative agli stranieri, sono loro garantite le normali tessere annonarie, e così via. Un ulteriore decreto del Prefetto, datato 30 aprile 1946, ha stabilito che questa speciale categoria di persone debba godere, per quanto riguarda l occupazione, degli stessi diritti di cui godono i cittadini italiani. Va inoltre sottolineato che i capitali di coloro che optarono per acquistare la cittadinanza germanica non sono stati sottoposti a congelamento come previsto dalle misure speciali sulle proprietà degli stranieri nemici. Il Tesoro italiano ha inoltre provveduto a garantire che lo Stato italiano continui a pagare le pensioni, indipendentemente dalla cittadinanza. 33 Cfr. D. DE NAPOLI, op. cit., pp Nell Archivio Diocesano Tridentino, Atti vescovili Carlo de Ferrari, è documentata l assistenza ai prigionieri di guerra altoatesini attraverso la richiesta, non datata ma ascrivibile agli inizi del 1946, alla Presidenza centrale della Commissione Pontificia di Assistenza del rimborso di L , spese per la confezione di 330 pacchi natalizi. La Sezione interdiocesana di Trento Bressanone, si scriveva, in occasione del S. Natale ha visitato i vari campi di concentramento d Italia dove sono internati i prigionieri di guerra altoatesini, cittadini italiani. I pacchi erano stati distribuiti ai prigionieri poveri internati nei campi di Scandicci, Livorno, Pisa, Laterina, Afragola, Aversa, Cancello e 10

11 La deliberazione, assunta il 24 giugno 1946 dalla Conferenza dei ministri degli esteri, che chiudeva la vertenza dei confini settentrionali assegnando l Alto Adige all Italia, faceva cadere la tesi dell autodeterminazione. Si rafforzava invece il programma delle misure intese alla reintegrazione dei diritti e alla tutela del gruppo sudtirolese, attuate nel contesto di accordi diretti fra Italia ed Austria per i quali si erano alzate le sollecitazioni delle potenze alleate. Ora più che mai la comunità tirolese della provincia di Bolzano riteneva necessario rimanere compatta ed irrobustire la sua consistenza numerica per avere forza contrattuale nei confronti dell Italia 35. Se il futuro del territorio dipendeva ormai dalla concessione di uno statuto d autonomia, quest ultima avrebbe potuto assumere un reale significato di tutela e garanzia per il gruppo tedesco solo nel caso che esso consolidasse il suo stato di maggioranza assoluta nell Alto Adige. Per tali motivi si accentuava l urgenza di ripristinare la cittadinanza italiana agli optanti naturalizzati non trasferiti e di rendere possibile il rientro dei residenti in Austria. Da questo momento il tema delle opzioni veniva inserito negli argomenti fatti oggetto delle laboriose consultazioni, iniziatesi il 22 agosto a Parigi fra Carandini, al quale era stata affidata la questione dell Alto Adige, ed il ministro degli esteri austriaco, destinate a sfociare nell accordo Degasperi Gruber del 5 settembre Ma già il 23 luglio, nell imminenza del dibattito sul problema dell Alto Adige presso la Camera dei comuni di Londra, Degasperi comunicava a Carandini che, fra i provvedimenti in corso a favore dei negli ospedali di Pisa, Firenze ed Aversa. Nella richiesta veniva sottolineato come l assistenza ai prigionieri, internati da otto mesi, era urgente anche perché le loro famiglie, a decorrere dalla data dell internamento, erano prive di sussidi e quindi non in grado di provvedere all assistenza. In data 24 ottobre 1946, il prefetto Innocenti trasmetteva al vescovo de Ferrari notizie sul rimpatrio dei prigionieri di guerra altoatesini confinati nei campi di concentramento in Germania: A richiesta della Commissione Pontificia di Assistenza, la quale si interessa del rimpatrio dei prigionieri di guerra alto atesini tuttora ristretti nei Campi di concentramento in Germania, si comunica, per opportuna notizia, che fino alla data odierna questa Prefettura ha inviato il proprio nulla-osta alla Missione Militare Italiana a Francoforte sul Meno per il rilascio e il rimpatrio, dei seguenti alto atesini richiamati alle armi nella Wehrmacht senza che fossero espatriati per opzioni e pertanto tuttora pertinenti alla Provincia. Seguivano i nominativi di 358 persone, sicuramente optanti naturalizzati se arruolati nell esercito tedesco. In conclusione il prefetto scriveva: E superfluo aggiungere che i medesimi potranno ritornare in Alto Adige, ove siano muniti di regolare documenti di rilascio da parte delle Autorità Alleate. Cortese, ma prudente nella promessa di un facile rientro in Italia dei prigionieri di guerra naturalizzati, era la lettera del ministro dell interno Mario Scelba a mons. Carlo de Ferrari in data 7 luglio 1947: Reverendissima Eccellenza, la questione del rientro in Alto Adige dei prigionieri di guerra altoatesini provenienti da Stati ex nemici ha formato oggetto della più sollecita attenzione. Non ho bisogno di illustrare a V.E. come la questione stessa non si presentasse, come certa stampa ha voluto sostenere, in termini tali da imporre come automatica e necessaria la soluzione invocata dai detti reduci e dalle loro famiglie: poiché l opzione, con la susseguita naturalizzazione, non può essere ignorata in punto di fatto, né a priori disconosciuta nelle sue conseguenze giuridiche, così come è ineccepibile in linea di principio che in confronto di coloro che vollero perdere la cittadinanza italiana per acquistarne una straniera lo Stato italiano, prima di concedere l autorizzazione a risiedere nel suo territorio, si voglia premunire, come fanno tutti gli Stati, facendo accertamenti sulle persone che chiedono di essere ammesse a risiedervi; ciò nonostante, già verso gli altoatesini usciti da campi di prigionia in Italia o in vari Paesi esteri, le Autorità italiane han seguito in passato il criterio di massima di consentire o meno il rientro in Alto Adige a seconda che il prigioniero all atto della sua coscrizione nelle forze armate germaniche fosse ancora pertinente ad un Comune dello Stato o avesse invece, in seguito a volontario espatrio, troncati i propri legami con l Italia. Mi è ora gradito partecipare a V.E. che è stato deciso di consentire anche per i prigionieri ancora in arrivo la continuazione della longanime prassi sopra accennata; e in tal senso sono state date le occorrenti disposizioni. Con distinti ossequi. Dev.mo Scelba. 35 Quando, il 30 giugno 1946 a Parigi, il Consiglio dei sostituti rifiutò le minori rettifiche proposte da Gruber, consistenti nel passaggio all Austria del 43% della provincia con abitanti, la situazione imbarazzante venne superata dalla rinuncia degli altoatesini ad una modificazione dei confini che avrebbe determinato la dilacerazione del gruppo. La SVP, comunicava Prunas all incaricato d affari a Parigi Giorgio Benzoni, si sarebbe dichiarata contraria a rettifiche perché le popolazioni del Sud Tirolo preferiscono rimanere unite quando anche l Alto Adige fosse definitivamente attribuito all Italia. DDI, vol. III, doc. 606, Roma, 25 giugno Vedi M. GARBARI, Un passo verso l Europa: l Accordo Degasperi Gruber a cinquant anni dalla firma, in Studi Trentini di Scienze Storiche, LXXV (1996), pp

12 sudtirolesi da pubblicizzare di fronte all opinione politica britannica, vi era anche la consegna delle proposte relative alla revisione delle opzioni redatte, su invito del governo, da una commissione composta in prevalenza da elementi del gruppo allogeno 37. In vista dell accordo italo austriaco, le prime proposte di emendamento agli articoli 10 e 14 del trattato di pace con l Italia, consegnate da Heinrich Schmid, rappresentante d Austria a Londra, su incarico di Gruber a Carandini il 24 agosto, si aprivano con l affermazione che l intesa fra Italia ed Austria sarebbe stata conclusa senza tenere conto dell accordo Hitler Mussolini del 1939 ( Sans tenir compte de l accord Hitler Mussolini de 1939 ) 38. Il rappresentante italiano, dopo essersi consultato telefonicamente con Alcide Degasperi, il 26 e 27 agosto s incontrava con Gruber per esaminare quanto poteva essere accolto o respinto dal governo di Roma. Entrando nel merito della revisione delle opzioni, Carandini escludeva la possibilità di non tenere conto degli accordi del 1939: Noi siamo disposti a riconcedere la cittadinanza italiana agli optanti per la Germania che sono rimasti nel Sud Tirolo, egli affermava, ma la questione è diversa per quanti hanno trasferito la loro sede. Gruber, da parte sua, ripiegava allora su posizioni più morbide: la sanatoria per gli optanti rimasti in Italia e l istituzione di una commissione mista per esaminare la posizione degli emigrati che desideravano tornare nel Sudtirolo, con l esclusione dal rientro dei nazisti; si sarebbe inoltre tenuto conto della effettiva possibilità di risistemazione degli optanti prima di permetterne il ritorno 39. La proposta italiana di emendamento dell art. 10, stesa dopo un lungo lavorio che aveva impegnato a Roma Degasperi, Carandini ed il prefetto Innocenti 40, al terzo punto affrontava il tema delle opzioni con la dichiarazione che il governo italiano era disposto a procedere con criteri di larghezza alla revisione degli 37 Si tratta della commissione costituita nell aprile della quale si parla nel memorandum addizionale B. La comunicazione di Degasperi a Carandini in DDI, vol. IV, doc. 52, Roma, 23 luglio Carandini, con telegramma del 24 luglio (in nota al doc. 52) aveva risposto: Mi sono valso di quanto segnalato telegramma ministeriale 555 per i passi svolti presso Noel Baker e vari deputati in previsione dibattito domani su Alto Adige. Ufficio ricerche Foreign Office, che ho informato provvedimenti in questione, gradirà ricevere i testi non appena formalmente approvati. La questione altoatesina era stata fatta oggetto dell attenzione politica e pubblica inglese dopo l annessione dell Austria al Reich. L ipotesi di risolverla con un trasferimento di persone appariva in una comunicazione diplomatica inviata da Vienna a Londra il 17 aprile 1939 (in Public Record Office, Londra, FO 371, 23808, R3344, 57, 22). L accentuazione dell interesse per l accordo italo germanico del 23 giugno 1939 conobbe un impennata a seguito del provvedimento emesso il 9 luglio 1939 di espulsione dall Alto Adige di tutti gli stranieri, non solo di quelli di cittadinanza germanica. Gli inglesi interessati all espulsione non erano molti, una quarantina di famiglie (FO 371, 23809, R5969, 57, 22), ma questo non impedì che si creasse un contenzioso fra le autorità italiane e quelle della Gran Bretagna. La questione delle opzioni, che apparve con evidenza sulla cronaca dei principali giornali nel mese di luglio ( Daily Express, Daily Herald, The Daily Telegraph, The News Chronicle, The Observer, The Times ) e che portò lo stesso Winston Churchill a scrivere un articolo per il Daily Mirror, tuttavia non pubblicato per prudenza (FO 371, 23809, R6031, 57, 22), venne valutata negli ambienti politici in forme diverse, ma sostanzialmente negative: un torto arrecato ai sudtirolesi costretti all allontanamento dai luoghi d origine ed un sintomo dell aggressività hitleriana. Delle opzioni si parlò anche nelle trasmissioni propagandistiche diffuse dalla BBC in Germania e in Italia durante l estate 1939 per smascherare i venti di guerra ormai palesi nel Reich. Notizie del duro trattamento inferto da Hitler e Mussolini alla minoranza tedesca in territorio italiano vennero diffuse dalla BBC nei territori dell accordo, tanto da determinare lettere di ringraziamento all emittente inglese per quanto via radio si stava facendo per gli altoatesini (FO 395, 631, P 3530, 6, 150). Drastiche misure contro l ascolto delle notizie provenienti da Londra risultano prese nella provincia di Udine dove la questura aveva imposto una continua sorveglianza e sanzioni penali per i trasgressori (Archivio di Stato, Udine, Fondo cit., busta 28, fascicolo 98, segnalazioni confidenziali). 38 DDI, vol. IV, doc. 209, Colloquio di Carandini con Schmid, Parigi, 24 agosto Le Proposte austriache di emendamento agli articoli 10 e 14 in allegato. 39 Ibidem, doc. 218, Colloquio di Carandini con Gruber, Parigi 27 agosto I medesimi concetti erano confermati da Carandini a Degasperi nel promemoria del 27 agosto, ibidem, doc Ibidem, doc. 231, Carandini a Degasperi, Roma, agosto In allegato la Proposta italiana di emendamento all art

13 accordi del 1939 ed a tal fine si sarebbe consultato con il governo austriaco. Ma nella formulazione generica nessuna distinzione veniva operata fra gli optanti rimasti in Italia e i trasferiti in Germania. Il ministro Gruber, esaminata la controproposta di Degasperi, chiedeva in via preliminare il termine di un anno per la messa in pratica dell accordo e Carandini non opponeva difficoltà a questa richiesta, dato che l Italia era interessata ad una celere soluzione dei problemi e specialmente di quello delle opzioni dal quale dipende la possibilità di dar corso alle elezioni amministrative 41. Nelle osservazioni austriache al testo di Degasperi era prevista un aggiunta al terzo punto, al fine di reintegrare il più possibile gli optanti dei diritti perduti a seguito degli accordi del Il rappresentante italiano ribatteva però che questa formula non era accettabile: nel nostro testo abbiamo espressamente limitato il riacquisto dei diritti al fatto della cittadinanza, nel preciso proposito di respingere qualsiasi rivendicazione di altro genere e sovrattutto economico ; nessun equivoco doveva pertanto sorgere rispetto alle reali intenzioni italiane. Tutte le modifiche richieste da Gruber, non solo quelle relative agli optanti, erano respinte durante i lavori svolti a Parigi il 3 e 4 settembre. Alla fine veniva abbozzata una seconda proposta italiana sulla quale Carandini e Gruber concordarono il testo definitivo superando i punti controversi con grande disponibilità da parte del ministro degli esteri austriaco e, in conclusione, alle 17 del giorno 5, avveniva la firma dell accordo Degasperi - Gruber 43, destinato a suscitare molte riserve nella capitale romana, soprattutto in merito al suo inserimento nel trattato di pace. La riunione della delegazione italiana a Parigi, svoltasi la sera del 5, aveva registrato più giudizi negativi che consensi e Degasperi, in difesa del punto relativo alle opzioni, ricordando i trasferiti che premevano per ritornare nell Alto Adige, non esitava a dichiarare: occorre obiettivamente ammettere che i nazisti d accordo con i fascisti esercitarono delle pressioni molto forti per obbligare ad optare in favore della Germania 44. Alberico Casardi, segretario della commissione confini, scrivendo l 8 settembre a Vittorio Zoppi, direttore generale degli affari politici, dichiarava che la questione più grave fra quelle oggetto dell accordo era l impegno alla revisione delle opzioni, con la probabile riammissione in Italia della parte maggiore dei altoatesini emigrati 45. Se l accordo di Parigi suscitava perplessità nei confronti dell operato del presidente del consiglio e ministro degli esteri Degasperi, dubbi interpretativi e di carattere giuridico con tendenza a disconoscerne l ancoraggio internazionale per limitarlo all ambito dei rapporti italo austriaci 46, accoglienze ben peggiori erano riservate a Gruber ed all accordo in Austria, dove la commissione parlamentare affari esteri, pur 41 Ibidem, doc. 242, Colloquio di Carandini con Gruber, Parigi, 2 settembre In allegato le Osservazioni austriache sulla Proposta italiana di emendamento all art Questo il testo del terzo punto con le aggiunte di Gruber in corsivo: 3) The Italian Government is prepared to revise the Hitler-Mussolini 1939 Agreements with a view to the restitution of Italian citizenship to those who opted for Germany. To this end, in order to restore to the optants as much as possible the rights which they lost through the above-mentioned agreements, the Italian Government will consult with the Austrian Government, and declares that it is ready to reconsider the problem in a spirit of broadmindedness. 43 L accordo Degasperi Gruber, relativamente alla questione delle opzioni, presentava il testo seguente: 3. Il Governo italiano, allo scopo di stabilire relazioni di buon vicinato tra l Austria e l Italia, s impegna, dopo essersi consultato con il Governo austriaco, ed entro un anno dalla firma del presente trattato: a) a rivedere, in uno spirito di equità e di comprensione, il regime delle opzioni, quale risulta dagli accordi Hitler Mussolini del DDI, vol. IV, doc. 261, Riunione della delegazione italiana a Parigi, Parigi, 5 settembre Ibidem, doc. 278, Parigi, 8 settembre Cf. M. GARBARI, op. cit., pp

14 approvandolo, censurava l operato del ministro e riaffermava il principio di autodeterminazione come l unica forma di soluzione durevole del problema del Sudtirolo 47. Eppure, nonostante gli attacchi degli ambienti politici, della stampa, ed i forti malumori negli ambienti della Volkspartei, il ministro Gruber agli inizi di ottobre riteneva possibile entrare nella fase esecutiva dell accordo e, mentre era in attesa della relazione stesa da Amonn e Raffeiner, chiedeva di incontrare, possibilmente ad Innsbruck, il prefetto Innocenti per uno scambio di idee sul progetto di revisione delle opzioni 48. Il suo zelo venne però spento sul nascere dallo stesso prefetto che, scrivendo a Degasperi il 5 ottobre, segnalava il venir meno di ogni atteggiamento conciliativo della SVP e l aggressività della stampa, dovuti in buona parte, egli riteneva, alle dichiarazioni fatte da Gruber il 2 ottobre a Vienna. Rispetto alla revisione delle opzioni la SVP, nonostante il progetto a suo tempo concordato, chiedeva un nuovo esame bilaterale con esponenti del governo austriaco e puntava addirittura verso quella inammissibile richiesta del colpo di spugna che è sempre stata nei voti degli ambienti più irriducibili della Volkspartei. Bisognava quindi assumere una presa di posizione da parte italiana per far cessare gli atteggiamenti estremisti ed i comportamenti ambigui 49. Alcide Degasperi, immediatamente, affidava il compito a Roberto Gaja, incaricato d affari a Vienna, di comunicare a Gruber che consultazione su opzioni dovrà avvenire a suo tempo fra organi dei due Governi e preferisco ignorare che codeste autorità attingano informazioni da cittadini italiani. Abboccamento a breve scadenza con nostro prefetto potrebbe venir interpretato come se un funzionario fosse richiamato a riferire da autorità estera. Ella cercherà dunque, in termini amichevoli, di lasciar cadere l iniziativa che potrà essere utilmente ripresa in forma e modi diversi 50. Il messaggio di Degasperi, assai cortese, contenente anche ringraziamenti per le spiegazioni e le assicurazioni fornite in merito alle prese di posizione austriache, venne apprezzato da Gruber; egli comunicava a Gaja che la sua partenza per gli Stati Uniti a fine mese avrebbe creato una pausa non inopportuna dopo la quale le consultazioni avrebbero potuto riprendere nella forma desiderata 51. Il ministro degli esteri austriaco, prima della partenza per New York, aveva ricevuto la relazione della SVP a firma Amonn, datata Bolzano, 21 ottobre In essa veniva fatto presente che il decreto italiano sulla revisione delle opzioni era stato bloccato dalla Volkspartei che chiedeva, in base all accordo di Parigi, la preventiva consultazione con il governo austriaco. Era vero che a Vienna l interesse maggiore veniva riservato agli emigrati, ma anche i naturalizzati residenti in provincia di Bolzano non intendevano rinunciare 47 DDI, vol. IV, doc. 356, Gaja a Degasperi, Vienna, 28 settembre 1946; doc. 366, Gaja a Degasperi, Vienna, 2 ottobre Roberto Gaja era primo segretario d ambasciata a Vienna. 48 Ibidem, doc. 366 cit. Mario Toscano in Storia diplomatica della questione dell Alto Adige, Bari 1968, p. 437, afferma che l argomento delle opzioni, in applicazione dell accordo Degasperi Gruber, venne sollevato dal ministro degli esteri austriaco il 18 gennaio In realtà la questione venne affrontata molto prima, già nell ottobre DDI, vol. IV, doc. 378, Innocenti a Degasperi, Bolzano, 5 ottobre Come risulta dal medesimo documento, le dichiarazioni di Gruber nella conferenza stampa presso la Cancelleria di Vienna erano già state trasmesse telefonicamente a Prunas che aveva però annotato di non essere sicuro del testo per i disturbi telefonici. 50 Ibidem, doc. 379, Roma, 6 ottobre Ibidem, doc. 392, Gaja a Degasperi, Vienna, 9 ottobre Gruber fu presente alla terza sessione del Consiglio dei ministri degli esteri che si tenne a New York nei giorni 4 novembre 12 dicembre per esaminare le raccomandazioni formulate dalla Conferenza dei ventuno ai fini della stesura definitiva dei trattati di pace. 52 La relazione è pubblicata in L Accordo Degasperi Gruber a cura di E. SERRA, cit., pp

15 al diritto che sulla loro sorte futura venisse sentita l Austria, magari delegando il consigliere di Legazione a Roma, Rotter, ad effettuare la negoziazione. I fondamentali desideri dei sudtirolesi erano i seguenti: abrogazione degli accordi del 1939; se ciò non fosse stato possibile, riduzione dei casi da sottoporre all apposita commissione di revisione a non più di 200 o 300; iscrizione nei registri di cittadinanza italiana contestualmente all atto della dichiarazione di revoca dell opzione, non solo dopo il tempo previsto per l eventuale ricorso. Rispetto agli optanti espatriati, i due governi avrebbero potuto accordarsi magari attraverso una commissione mista allargata ai rappresentanti degli emigrati. Dato che una parte dei desideri di costoro non poteva nell immediato essere accolta, per il momento le trattative avrebbero dovuto concentrarsi sui criteri del ripristino della cittadinanza italiana e del rientro in patria, rimandando a un secondo momento i problemi di natura economica e finanziaria. Su quest ultimo tema veniva inviato un elaborato steso da Karl Gollob, direttore di una banca viennese, ma con l avvertenza di non averlo esaminato per ragioni di tempo e quindi di non poterne dare un parere. L impressione generale ricavata dal documento era quella che l interesse prevalente della SVP andasse ai naturalizzati rimasti in provincia, mentre più blando risultava l impegno per i trasferiti, forse per i problemi d ordine economico derivanti dall entrata in Alto Adige di una notevole massa di persone, forse per un mai sopito senso di sospettosità e rivalsa nutrito dalla Volkspartei, nata ad opera dei Dableiber, nei confronti degli optanti, specie se emigrati. Nei primi giorni del gennaio 1947 Karl Gruber, rientrato da una visita ad Innsbruck, comunicava a Coppini, rappresentante politico a Vienna, l intento di dare inizio in tempi brevi alle conversazioni italoaustriache previste dall accordo di Parigi 53. Per favorire la distensione degli animi il ministro degli esteri austriaco suggeriva, a titolo personale, la reintegrazione nella carica di vice prefetto di Walter Amonn ed il ripristino della cittadinanza italiana a Karl Tinzl, optante e commissario prefetto dell Alto Adige durante i mesi dell Alpenvorland 54. La proposta suscitava però l indignazione di Coppini che, scrivendone a Zoppi, 53 DDI, vol. IV, doc. 651, Coppini a Nenni, Vienna, 10 gennaio Pietro Nenni fu ministro degli esteri nel secondo ministero Degasperi (13 luglio febbraio 1947) subentrando, dopo la conclusione della conferenza di Parigi, il 19 ottobre 1946, allo stesso presidente del consiglio che aveva precedentemente assunto la carica ad interim. Maurilio Coppini ebbe l incarico di rappresentante politico a Vienna il 7 luglio Walter Amonn, fratello di Erich Amonn presidente della SVP, era stato destituito dalla carica di vice prefetto dal prefetto De Angelis alla fine dell ottobre 1945, suscitando molte contrarietà negli ambienti altoatesini di lingua tedesca. Karl Tinzl venne escluso dal riacquisto della cittadinanza italiana in base al DL 2 febbraio 1948, n. 23, per la carica rivestita durante il periodo dell Alpenvorland. In favore della sua reintegrazione alla cittadinanza italiana intervenne anche l arcivescovo di Trento, mons. de Ferrari, che ne scrisse al Pontefice il 18 giugno 1948 sottolineando come il Tinzl, già deputato al parlamento di Roma nel 1921, era uomo di molto valore che godeva di meritato prestigio presso la popolazione tedesca dell Alto Adige. La sua esclusione dal riacquisto della cittadinanza italiana, egli osservava, sarà considerata ingiusta e porterà alla esacerbazione dei dissidi nazionalistici, nonché alla privazione di un elemento prezioso per l influsso moderatore negli inevitabili attriti in una regione mistilingue. Il 7 luglio, dalla Sacra Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari, si comunicava all arcivescovo che il caso era stato segnalato al Nunzio apostolico il quale chiedeva ulteriori notizie sulla posizione di Karl Tinzl. In calce alla lettera, di mano di mons. de Ferrari, è annotata la risposta: Tinzl aveva già optato: nessuna risposta negativa da parte del Governo, ma parere sfavorevole della Commissione per le opzioni; il ministro dell Interno può però in base alla legge prendere con motivato parere decisione difforme dal parere della Commissione. In data 21 luglio, dalla Nunziatura Apostolica, per incarico della Segreteria di Stato di Sua Santità, si consigliava l arcivescovo di inviare un esposto al presidente del consiglio dei ministri. Il 26 luglio mons. de Ferrari scriveva a Degasperi che, il 4 agosto, rispondeva spiacente di non avere la possibilità d intervenire perché il provvedimento di esclusione dalla cittadinanza italiana dell avv. Tinzl era già stato suffragato dal voto contrario della Commissione locale e, soprattutto, da quello del Consiglio di Stato. La documentazione in Atti vescovili Carlo de Ferrari, cit. Il Tinzl ottenne la cittadinanza italiana ex novo in base alla legge generale del 1912, dopo che ciò fu possibile a seguito delle conversazioni intercorse fra la delegazione italiana e quella 15

16 dichiarava di non appoggiare la richiesta di Gruber 55. Il 18 gennaio il rappresentante italiano a Vienna riferiva al ministro degli esteri Pietro Nenni le sollecitazioni di Gruber a dare inizio alle trattative italo austriache, nonostante la sua prossima partenza per Londra, dove era convocato il Consiglio dei sostituti, che lo avrebbe tenuto lontano qualche settimana; durante l assenza egli sarebbe però stato lieto che la rappresentanza italiana prendesse contatto con competenti uffici Ballhaus per scambi di vedute particolarmente circa problema optanti 56. Intorno ai progettati colloqui le acque cominciarono ben presto ad intorbidirsi. La proposta presentata da parte statunitense, con adesione australiana e sudafricana, al Consiglio di Londra di inserire nel trattato di pace per l Austria l accordo Degasperi Gruber, scatenava le reazioni di alcuni ambienti italiani, presi dal timore che ciò potesse aprire la strada ad interventi di terze potenze su una intesa considerata solo come intercorrente fra Roma e Vienna. Il sospetto era quello che si volesse ottenere una garanzia internazionale per i diritti della minoranza altoatesina tale da poter risollevare in futuro, ed a favore dell Austria, l intera questione dell Alto Adige 57. Da Vienna Coppini si rivolgeva a Nenni in forme allarmanti e quasi catastrofiche per una serie di motivi. L accordo di Parigi prevedeva sì la collaborazione fra Tirolo ed Alto Adige, ma i progetti che si stavano elaborando con la compiacenza delle autorità politiche e l'intesa con gli enti economici di Bolzano erano rivolti a creare una specie di zona franca, staccata dal Trentino e dal resto d Italia, ossia una regione completamente a se stante, avulsa da tutto il restante complesso economico. Aleggiava, in questa descrizione, l immagine del Tirolo storico provincia di Trento esclusa ricostituito nell ambito delle funzioni economiche ed in grado di unire ciò che i confini politici avevano diviso. Forti preoccupazioni destava inoltre l ufficio degli optanti istituito ad Innsbruck (Aussenstelle), le cui competenze andavano ben oltre quelle della registrazione degli emigrati e della raccolta degli elementi utili per le prossime discussioni italo austriache in materia di opzioni. L Aussenstelle ed il progetto economico erano gli elementi portanti di un unico piano molto preciso che dovrà portare non solo alla costituzione di tenaci e durevoli legami tra il Tirolo e l Alto Adige, ma alla costituzione di un complesso politico economico sul quale l influenza austriaca avrà l escusiva prevalenza. Parallela a questa, si svolgeva l azione per ottenere la garanzia internazionale dell accordo Degasperi Gruber, base per l attività austriaca in Alto Adige sotto l ombra dell ONU e, avverandosi le condizioni favorevoli, per il distacco della provincia dall Italia 58. Coppini, nel medesimo giorno del telespresso a Nenni, confidava in una lettera personale i suoi incubi a Zoppi. Egli, che giudicava veramente peccaminoso il modo con il quale era stato redatto l accordo di Parigi, chiedeva a Roma di affrontare con urgenza, determinazione e rigore il problema altoatesino, temendo tuttavia di rimanere inascoltato e che l Alto Adige fosse lasciato andare alla deriva, alla mercé dei tirolesi, complice il prefetto di Bolzano e le autorità del Brennero 59. austriaca il 28 marzo 1950, per le quali cfr. nota 137. Karl Tinzl venne eletto deputato (1953) e senatore (1958) della SVP entrando in questo modo a fare parte del parlamento italiano. 55 La lettera di Coppini a Zoppi di data 13 gennaio è pubblicata in nota al doc. 651, cit. 56 DDI, vol. IV, doc Il Consiglio dei sostituti dei ministri degli esteri il 14 gennaio aveva iniziato i lavori preparatori per i trattati di pace per la Germania e per l Austria. 57 Ibidem, doc. 705, Coppini a Nenni, Vienna, 26 gennaio Ibidem, doc. 712, Vienna, 27 gennaio Ibidem, doc. 713, Vienna, 27 gennaio

17 Le ambasce di Coppini furono aggravate dalla notizia, pervenuta via radio, che al Consiglio di Londra era stata fatta la proposta di considerare nulli gli accordi Hitler Mussolini del Egli si chiedeva se ciò dovesse interpretarsi come un tentativo da parte austriaca di risolvere la questione delle opzioni al di fuori delle discussioni previste, facendo includere, nel trattato di pace per l Austria, una clausola che riconoscesse agli altoatesini emigrati lo stato di profughi (displaced persons), non di cittadini germanici. In un incontro con Josef Schöner, incaricato dal ministero degli esteri della questione dell Alto Adige 61, Coppini, sia pure a titolo personale, sottolineava come le conseguenze giuridiche ed economiche degli accordi del 1939 rimanevano in vigore. Per il governo austriaco, che riconosceva la competenza italiana nella revisione delle opzioni dei rimasti nella provincia di Bolzano, era di sommo interesse il rinvio in Italia dei residenti in Austria, una massa calcolata in circa individui. Essi, provvisoriamente parificati ai cittadini austriaci 62, giuridicamente dovevano essere considerati come profughi e rinviati con urgenza ai paesi d origine. Rispetto alla procedura di revisione delle opzioni, Schöner proponeva di estenderla ad intere categorie, salvo casi specifici, ma Coppini ribatteva che tale procedura era contraria alla normativa italiana che richiedeva attestazioni individuali; né era sufficiente la documentazione raccolta dalla Aussenstelle e, comunque, non si poteva prescindere dalle domande che i singoli avrebbero indirizzato ai competenti uffici italiani all estero. Vi era anche il problema non secondario dei rapporti finanziari connessi alle opzioni per il quale Coppini chiedeva a Roma l invio dei dati documentativi in previsione delle richieste austriache. Per il rappresentante italiano a Vienna il nodo dell intera questione consisteva però nel tentativo di ridurre gli optanti a profughi mutandone lo stato giuridico, il che avrebbe permesso al governo austriaco di decidere in prima persona sul loro rinvio in Alto Adige, magari con l avvallo del trattato di pace. Per il momento, fintanto che gli scambi di vedute conservavano un carattere informale, Coppini sollecitava di avere a disposizione il maggiore materiale possibile a sostegno della causa italiana; successivamente, per la procedura dei lavori, bisognava prendere come base il progetto di revisione delle opzioni steso da Innocenti. I colloqui ufficiali furono ritardati per l assenza di Gruber, impegnato nel seguire la faticosa stesura del trattato di pace per l Austria. Ma anche l Italia attraversava un periodo complesso e difficile: il terzo ministero Degasperi 63 nel quale assumeva la carica di ministro degli esteri Carlo Sforza 64, dopo la firma del trattato di pace avvenuta il 10 febbraio 1947 in forme traumatiche per il paese, doveva curarne la ratifica da parte della Costituente e tentare di recuperare una posizione di rilievo, per quanto marginale, sul piano dei rapporti internazionali. Tuttavia le questioni relative all Alto Adige, ed in particolare il nodo della revisione delle opzioni, non venivano lasciate in ombra. La recente pubblicazione dei volumi V e VI, serie decima, de I Documenti Diplomatici Italiani, con l ampia riproduzione del materiale relativo alla revisione delle opzioni, permette di seguire la vicenda al dettaglio, almeno per quanto attiene al punto di vista italiano, anche se nella documentazione trovano spazio 60 Ibidem, doc. 722,, Coppini a Nenni, Vienna, 30 gennaio Ibidem, doc. 723,, Coppini a Nenni, Vienna, 30 gennaio L equiparazione era stata prevista dalla decisione del consiglio dei ministri austriaco in data 29 agosto Durato dal 2 febbraio al 30 maggio 1947, fu ancora l espressione della coalizione antifascista, ma senza la presenza dei rappresentanti del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI), nato dalla scissione socialista avvenuta alla fine di gennaio. 64 La nomina di Carlo Sforza a ministro degli esteri fu possibile per il venir meno dei divieti britannici, già espressi nel 1944 in occasione del primo governo Bonomi, che avevano suscitato una contesa con il governo statunitense da sempre sostenitore di Sforza. Egli assumeva l incarico come indipendente in rappresentanza del Partito repubblicano. 17

18 i memoranda austriaci. In linea generale, nonostante i prevedibili irrigidimenti, la mai dimessa sospettosità della capitale romana ed i fraintendimenti dovuti ad atteggiamenti esuberanti o a dichiarazione maldestre di entrambe le parti, i lavori procedettero in forma abbastanza spedita realizzando, alla fine, quello spirito di collaborazione che era stato alla base dell accordo di Parigi del 5 settembre 1946 e che, nella sostanza, né Degasperi né Gruber avevano mai dimesso. Il 10 febbraio Coppini riferiva al ministro degli esteri Sforza 65 il suo colloquio con Heinrich Wildner, segretario generale al ministero degli esteri, con il quale aveva lamentato le intenzioni di Gruber, peraltro smentite dai rappresentanti americani e francesi a Vienna, di voler risolvere in forme unilaterali lo stato degli optanti attraverso l inserzione nel trattato di pace per l Austria della clausola che le displaced persons dovevano essere restituite al paese d origine. La posizione del rappresentante italiano risultava però ammorbidita; in una comunicazione inviata a Sforza nel medesimo giorno 66, egli sosteneva che non doveva essere allentata la guardia nei confronti delle tesi più radicali, ma bisognava anche tenere conto della particolare situazione della provincia all interno della quale l esonero del vice prefetto Amonn era risultato un atto impolitico e poco chiaro di fronte all opinione pubblica. Mentre l assenza di Gruber permetteva di discolpare le autorità italiane dai lamentati ritardi nell esecuzione dell accordo di Parigi 67, l attenzione era polarizzata sull inclusione o meno di tale accordo nel trattato di pace austriaco, come se da questa decisione dipendessero in modo sostanziale il carattere ed i contenuti da darsi alle future conversazioni ed agli interi rapporti fra Italia ed Austria. Il ministro degli esteri Sforza, inviava una Nota al Consiglio dei supplenti riunito a Londra, datata 20 febbraio ma spedita il 17 68, nella quale, mentre non veniva richiesta la partecipazione italiana ai lavori preparatori del trattato di pace per l Austria, ma ribadita la volontà di presenziare a quelli per la Germania, si onorava di fare conoscere che il governo italiano era di avviso contrario all inclusione nel trattato di pace con l Austria del secondo paragrafo dell art. 10 del trattato di pace con l Italia. Infatti, egli proseguiva, le disposizioni convenute fra i Governi italiano ed austriaco il 5 settembre 1946 di cui è stata presa nota in detto paragrafo riguardano essenzialmente misure da prendersi da parte dell Italia all interno del suo territorio. Il rappresentante italiano a Londra, Carandini, rispondeva a Sforza 69 di avere presentato secondo le istruzioni ricevute, risposta negativa al quesito postoci dai delegati supplenti circa la inclusione o meno del riferimento all accordo Degasperi Gruber nel trattato austriaco, ma esprimeva anche il suo parere che differiva da quello del governo. Con l accordo di Parigi e la sua inclusione nel trattato di pace italiano, Gruber ed il governo austriaco implicitamente avevano riconosciuto i confini esistenti fra i due stati al 1 gennaio L inclusione dell art. 10 nel trattato austriaco, egli continuava, nulla aggiunge ai nostri impegni, ma, se mai, coinvolge più direttamente l Austria nel suo impegno implicito ad accettare questo regolamento come 65 DDI, vol. V, doc. 52, Vienna, 10 febbraio Ibidem, doc. 53, Vienna, 10 febbraio Ibidem, doc. 69, Coppini a Sforza, Vienna 13 febbraio Sarebbe opportuno, scriveva Coppini, chiarire a Governo austriaco e Alleati, onde rettificare dichiarazione Partito popolare altoatesino, che discussioni su revisione opzioni sono state sempre rinviate per assenza continuata ministro Gruber. 68 Ibidem, doc. 83, Fransoni a Carandini, Roma, 17 febbraio 1947, la Nota del ministro degli esteri in allegato al documento. Essa venne contemporaneamente trasmessa all ambasciata italiana a Washington e alla rappresentanza a Vienna. Francesco Fransoni era il segretario generale del ministero degli esteri. 69 Ibidem, doc. 101, Londra, 22 febbraio1947. In allegato al documento il Memorandum di Carandini sull accordo Degasperi Gruber. Il Memorandum di Carandini è pubblicato, con una nota introduttiva, su questo numero della rivista Studi Trentini. 18

19 definitivo. La logica del suo ragionamento evidentemente dipendeva dalla nostra intenzione di far fronte lealmente ed interamente agli impegni assunti e di risolvere secondo stretta giustizia le questioni lasciate in sospeso. Del resto l accoglienza fatta a Parigi all accordo italo austriaco dimostrava che si era trattato di un atto internazionale che è andato ben al di là degli immediati interessi italo austriaci, che ha soddisfatto una esigenza europea. Andavano inoltre rimossi gl ingiustificati sospetti perché le potenze alleate non intendevano valersi del problema dell Alto Adige per mettere mano alle cose nostre, né Gruber aveva fatto pressione sul Foreign Office. Gli stati vincitori, così come erano stati entusiasti a Parigi dell accordo Degasperi Gruber considerato un esempio di nuovo spirito e di un nuovo metodo nei regolamenti di pace, ora si dimostravano favorevoli alla sua menzione nel trattato austriaco. Nella sostanza Carandini invitava a dimettere l angustia dei pregiudizi perché, vi fosse o no nel trattato di pace per l Austria, l accordo di Parigi aveva comunque un carattere internazionale con tutti i connessi risvolti positivi. Per fare chiarezza al ministero degli esteri sugli elementi utili ad orientarlo negli sviluppi della questione altoatesina, egli inviava in allegato un lungo, preciso, ragionato memorandum sull'accordo Degasperi Gruber, dai precedenti fino alla conclusione: una grande pagina di storia stesa con rigore e serenità di giudizio. Mentre l interrogazione di alcuni deputati socialisti al ministero degli esteri di Vienna sui ritardi nell attuazione dell accordo di Parigi destava qualche preoccupazione, la notizia che Gruber, nell imminente visita ufficiale a Roma, avrebbe iniziato le conversazioni sul problema degli optanti, portava Coppini a sollecitare istruzioni, l invio di materiali ed a raccomandare il preventivo esame delle questioni pendenti 70. Il colloquio, in realtà, non si svolse con Gruber, ma fra Degasperi e Johannes Schwarzenberg, rappresentante d Austria a Roma, come appariva da un appunto del presidente del consiglio: Parole di buon vicinato. Questione degli optanti. Desiderio che venga risolta rapidamente, perché mila in Austria sono troppi. Accenno da parte mia a conversazioni preliminari che farà Coppini Molte assicurazioni d intervenire per rendere ragionevoli i sud tirolesi 71. Karl Gruber si incontrava invece a Vienna con Coppini, ma tanto oberato dai lavori inerenti al trattato di pace per l Austria che si sarebbero svolti a Mosca, da delegare ancora una volta Schöner a proseguire le conversazioni. Nel colloquio vennero però fissati alcuni presupposti e le procedure da adottarsi per la sollecita definizione dei problemi. Riaffermato dal rappresentante italiano il principio che, dopo quello di Parigi, non si prevedeva un nuovo accordo in materia di revisione delle opzioni, ma solo consultazioni fra il governo di Roma e quello di Vienna, lasciando la definitiva regolamentazione alle competenze della politica interna italiana, si fissava come base delle conversazioni il progetto Innocenti sul quale, da parte austriaca, sarebbero state stese osservazioni ed elaborate eventuali controproposte. Coppini, che conveniva sull urgenza di sciogliere la questione delle opzioni alla quale era condizionata la possibilità delle consultazioni elettorali, riteneva opportuno fare conoscere al governo austriaco le controsservazioni italiane alle osservazioni di Vienna per cercare poi di avvicinare e conciliare i punti divergenti. Alla fine doveva 70 Ibidem, doc. 131, Coppini a Sforza, Vienna, 1 marzo Ibidem, doc. 178, Roma, 8 marzo 1947, Appunto di Degasperi. I punti di sospensione sono nel testo. 19

20 cessare la fase del semplice scambio di idee per dare luogo ad un incontro diretto ed ufficiale rivolto alla definitiva chiusura del problema 72. L incontro di Coppini con Schöner al quale si era aggiunto Josef Kripp, anch egli funzionario del ministero degli esteri incaricato della questione altoatesina, portò nel vivo di alcuni punti cruciali, non più di procedura ma di sostanza. La richiesta austriaca era quella di ammettere che la revisione si estenda automaticamente ad interi gruppi o categorie di optanti, proposta destinata a scontrarsi con la totale chiusura del rappresentante italiano. Si era allora osservato da parte dei funzionari austriaci che l esame delle domande di rimpatrio ad opera di una commissione di dieci componenti, prevista dal progetto Innocenti, complicava e rallentava le procedure; che per sveltire i lavori si poteva tenere conto del materiale raccolto dalle autorità austriache; che, per evitare il rallentamento dei rimpatri, doveva essere fissato un termine all attività delle commissioni. Sulle medesime posizioni si era collocato anche lo Schwarzenberg, momentaneamente a Vienna. Egli si rendeva conto delle ragioni italiane che rendevano inevitabile l esame individuale per il riacquisto della cittadinanza, ma prospettava in alternativa la possibilità di un esame preventivo per liste, indicate dal governo austriaco, in modo che il rimpatrio degli optanti potesse avvenire in blocco. Coppini, trasmettendo l esito dei colloqui a Sforza 73, segnalava con preoccupazione questo continuo ritorno dei funzionari austriaci al concetto di un rimpatrio in blocco o per categorie degli optanti che rispondeva alle richieste e ai motivi connessi con l intera politica altoatesina. Vi era poi a Vienna il mai dimesso timore che la revisione venisse limitata ad un numero relativamente basso di individui, nonostante le assicurazioni della massima larghezza fornite dal governo italiano, ed anche quello condiviso dall Italia delle condizioni economiche e di lavoro dei rimpatriati. Il problema andava però risolto con urgenza in quanto, con l avvicinarsi della buona stagione, il rimpatrio clandestino diventava più facile e vi era da aspettarsi che la maggior parte degli altoatesini tornassero ai loro paesi senza nessun controllo ed al di fuori dei provvedimenti di legge. Il 31 marzo veniva consegnato a Coppini il memorandum austriaco, contenente le osservazioni al progetto Innocenti, che il rappresentante italiano inviava immediatamente al ministro degli esteri 74 accompagnandolo con diverse osservazioni. Al memorandum era allegata una nota, comunicata da Gruber, dove era espresso il desiderio austriaco di ottenere, prima ancora dell emanazione delle norme giuridiche, il rimpatrio di un primo gruppo di optanti da scegliere, da parte italiana, all interno di liste compilate dall Aussenstelle e dalla Cancelleria federale. Gruber, ritenevano i funzionari austriaci, avrebbe potuto recedere dalla proposta qualora fossero state date dalle autorità italiane assicurazioni a favore degli optanti rientranti clandestinamente in Alto Adige; ma Coppini aveva ribattuto l impossibilità di un trattamento privilegiato per chi era entrato nel territorio attraverso forme illegali, ed inattuabile rimaneva la possibilità del rimpatrio in blocco, incompatibile con la legislazione italiana in materia di riacquisto della cittadinanza. 72 Ibidem, doc. 188, Coppini a Sforza, Vienna, 11 marzo Per la risposta vedi doc. 257, Fransoni a Coppini, Roma, 25 marzo Veniva approvata la procedura suggerita da Coppini con la riserva di stabilire, in accordo con la presidenza del consiglio, la sede ed i modi delle conversazioni dirette. 73 Ibidem, doc. 258, Vienna, 25 marzo Ibidem, doc. 289, Vienna, 31 marzo In allegato il memorandum del ministro degli esteri austriaco alla rappresentanza italiana a Vienna, in lingua tedesca, e la nota comunicata da Gruber, in tedesco. Ulteriori osservazioni sul memorandum austriaco in doc. 331, Coppini a Sforza, Vienna, 11 aprile

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