REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Tribunale Ordinario di Venezia. Sezione III Civile. il Giudice Unico. dott. Roberto Simone SENTENZA

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Venezia Sezione III Civile il Giudice Unico dott. Roberto Simone ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile promossa con atto di citazione notificato in data tra M. P., rappresentata e difesa dagli avv.ti Virgilio Calabrese e Donato Bruno, presso il secondo elettivamente domiciliata, per mandato in calce all atto di citazione, - attrice - e U.L.S.S. 13, in persona del Direttore generale p.t. V. M., rappresentata e difesa dall avv. Fabio Fabbrani, presso lo stesso elettivamente domiciliata, per mandato in calce alla copia notificata dell atto di citazione, - convenuta in punto: risarcimento danni. Causa trattenuta in decisione all udienza del sulle seguenti conclusioni delle parti costituite Per l attrice: 1) accertata la responsabilità dell equipe medica che ha effettuato l intervento chirurgico di cui è causa, per violazione dell obbligo di consenso informato nei confronti della paziente M. P., condannarsi la convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti dalla attrice (a titolo esemplificativo: biologico, alla vita di relazione, morale, materiale), ammontanti complessivamente a o a quella minore o maggiore somma che risulterà di giustizia oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dal sinistro al saldo.

2 2) Vittoria di spese, diritti ed onorari di causa. Per la convenuta: nel merito: respingersi la domanda; spese rifuse. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con l atto di citazione in epigrafe indicato M. P. conveniva dinanzi al Tribunale di Venezia la l U.L.S.S. 13, al fine di sentir pronunciare sentenza di condanna al pagamento della somma di Lire a titolo di risarcimento danni. Esponeva l attrice che il era stata sottoposta presso la Divisione di cardiologia dell Ospedale di Mirano ad un intervento chirurgico di sostituzione valvolare mitro-aortica con ricovero dal 24 febbraio al 1 aprile 1998; l anno precedente era stata ricoverata presso l Ospedale di Chioggia per doppio vizio valvolare con embolia cerebrale; durante il decorso post-operatorio erano insorte gravi complicazioni a seguito di ictus embolico con conseguente emiparesi destra ed afasia motoria, sì da determinare l incapacità di provvedere a se stessa; per quanto le fosse stato fatto sottoscrivere prima dell intervento un modulo di consenso informato, peraltro neppure interamente compilato, non era stata informata in ordine ai rischi ed alle eventuali complicazioni correlabili all intervento, anche alla luce dell episodio di ischemia embolica dell anno precedente; prima di sottoporsi all intervento, accompagnata da Bozzato L., aveva avuto un colloquio con il primario della divisione di cardiochirurgia dell Ospedale di Mirano, dott. A. G., il quale l aveva rassicurata del fatto che il tipo di intervento era fatto quotidianamente e così aveva accettato di sottoporvisi; il (il primo giorno del ricovero), presente il figlio Achille M., lo stesso primario l aveva nuovamente rassicurata che si trattava di un intervento routinario e l aveva accompagnata nel reparto indicando altri pazienti, che avevano subito lo stesso intervento; la nuova rassicurazione l aveva indotta a sottoporsi all intervento poi eseguito dal dott. Guido Michielon; se adeguatamente informata in ordine ai rischi di complicazione, tuttavia, avrebbe ragionevolmente rifiutato di soggiacere all intervento; stanti le riferite complicazioni, lo stesso giorno delle dimissioni era stata ricoverata presso l Ospedale Villa Salus di Mestre e successivamente dal 19 giugno alla fine del luglio 1998 presso l Ospedale San Camillo di Venezia Lido, ove era stata sottoposta a terapie di rieducazione neuromotoria, senza purtroppo ottenere alcun miglioramento; in data si sottoponeva a visita medico-legale, dalla quale emergeva che era praticamente impossibilitata a muoversi, riuscendo a deambulare trascinando faticosamente l arto inferiore destro, mentre l arto superiore destro risultava perennemente flaccido; inoltre non era più in grado di pronunciare correttamente le parole e presentava una marcata confusione mentale e frequenti stati depressivi con cambio di umore; il riferito quadro clinico attuale doveva ritenersi alquanto grave e le possibilità di conseguire un miglioramento in futuro erano praticamente inesistenti. Si costituiva l U.L.S.S. 13 e resisteva alla domanda proposta. Deduceva la convenuta che alla fine del 1997 l attrice, già sottoposta presso l Ospedale di Padova ad un intervento al cuore, si era rivolta all Ospedale di Mirano, dove era stata sottoposta ad accurati esami, all esito dei quali si evidenziava la necessità di procedere all intervento di sostituzione valvolare mitroaortica; in data era stata sottoposta ad una

3 nuova visita, nel corso della quale, alla presenza dei familiari, i medici rappresentavano che non solo la valvola si era richiusa, ma a ciò si era aggiunta una stenoinsufficienza aortica con aggravamento della condizione emodinamica; in occasione di tale visita erano stati sottolineati i rischi dell operazione, quantificati intorno al 20/25% (misura includente il rischio intrinseco dell intervento e di quello collegato alla sua pregressa condizione); edotta in merito alla possibilità di sostituzione di entrambe le valvole malate ed ai benefici correlati, nonché prospettata la possibilità di impiantare una protesi biologica ovvero una meccanica, la M. aveva manifestato la preferenza per quest ultima, concordando, tuttavia, che la scelta definitiva sarebbe avvenuta al momento del ricovero; il , precedente quello dell intervento, la paziente era stata nuovamente informata dall anestesista in merito alle modalità ed ai benefici dell interevento, nonché in ordine ai rischi dello stesso, alle complicazioni, inclusa la possibilità di un esito letale; alla presenza di terzi la paziente aveva sottoscritto il consenso informato anche per l effettuazione del test volto ad accertare la presenza di anticorpi HIV e per un eventuale trasfusione di sangue. Concludeva la convenuta in ordine all assenza di qualsiasi profilo di responsabilità a carico dei sanitari, avendo questi ultimi informato correttamente ed esaurientemente la paziente in ordine alla natura, alle modalità ed ai rischi dell intervento di sostituzione della valvola mitroaortica. Radicato il contraddittorio, all esito dell udienza di prima comparizione erano concessi i termini per il deposito di memorie ai fini di cui all art. 180, comma 2, c.p.c. A seguito di istruttoria orale e documentale, disposta C.T.U., la causa era trattenuta in decisione sulle conclusioni epigrafate all udienza del , previa concessione dei termini per il deposito degli atti ex art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE Non è in discussione in questa sede la sussistenza, o no, della responsabilità della struttura sanitaria convenuta in ordine alla adeguatezza delle prestazioni rese in occasione dell intervento di sostituzione valvolare mitro-aortica, quanto l inadempienza da parte dei sanitari da quella dipendenti rispetto all obbligo di informazione in ordine ai rischi ed alle eventuali complicazioni correlabili all intervento. Complicazioni, queste ultime, in fatto verificatesi nell immediatezza del decorso post-operatorio e consistite in un fenomeno di emiparesi ed afasia. Per quanto, come emerso nel corso dell istruttoria, all attrice sia stato fatto sottoscrivere in data il modulo per il consenso informato anestesiologico e chirurgico (cfr. il doc. 4 del fascicolo dell attrice), la questione oggi in esame non può certo ridursi all espletamento di un passaggio di natura burocratica. Infatti, il consenso deve essere il frutto di una relazione interpersonale tra i sanitari ed il paziente sviluppata sulla base di un informativa coerente allo stato, anche emotivo, ed al livello di conoscenze di quest ultimo. In altri termini, la conformità della condotta dei sanitari rispetto all obbligo di fornire un adeguato bagaglio di informazioni deve essere valutata non tanto sul piano tecnico-operatorio, quanto sulla natura dell intervento, sull esistenza di alternatitive praticabili, anche di tipo non cruento, sui rischi correlati e sulle possibili complicazioni delle diverse tipologie di cura tali da compromettere il quadro complessivo del paziente,

4 segnando il passaggio, come icasticamente osservato da una prestigiosa dottrina, dalla fase dell assenso a quella del consenso, ossia del convergere delle volontà verso un comune piano di intenti. In tal senso l art. 31 dell allora vigente codice di deontologia medica (approvato il giugno 1995) disponeva che: Il medico non deve intraprendere attività diagnostica o terapeutica senza il consenso del paziente validamente informato. Il consenso, in forma scritta nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche o terapeutiche o per le possibili conseguenze sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà del paziente, è integrativo e non sostitutivo del consenso informato di cui all'art. 29. Il procedimento diagnostico e il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità del paziente, devono essere intrapresi, comunque, solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. Infatti, in base all art. 29 citato: Il medico ha il dovere di dare al paziente, tenendo conto del suo livello di cultura e di emotività e delle sue capacità di discernimento, la più serena e idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive terapeutiche e sulle verosimili conseguenze della terapia e della mancata terapia, nella consapevolezza dei limiti delle conoscenze mediche anche al fine di promuovere la migliore adesione alle proposte diagnostiche-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere comunque soddisfatta. Le informazioni relative al programma diagnostico e terapeutico, possono essere circoscritte a quegli elementi che cultura e condizione psicologica del paziente sono in grado di recepire ed accettare, evitando superflue precisazione di dati inerenti agli aspetti scientifici. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente, devono essere fornite con circospezione, usando terminologie non traumatizzanti senza escludere mai elementi di speranza. La volontà del paziente, liberamente e attualmente espressa, deve informare il comportamento del medico, entro i limiti della potestà, della dignità e della libertà professionale. Spetta ai responsabili delle strutture di ricovero o ambulatoriali, stabilire le modalità organizzative per assicurare la corretta informazione dei pazienti in accordo e collaborazione con il medico curante. Una volta chiarito che il problema della relazione informativa tra medico e paziente, nel costituire parte integrante del contratto di assistenza sanitaria intercorrente tra il paziente e la struttura sanitaria, non potendo lo stesso più essere chiuso in un obbligo di natura precontrattuale attinente al piano dell art c.c., né ridursi a quello meramente accessorio e strumentale rispetto alle prestazioni di diagnosi, di cura o di esecuzione dell eventuale intervento chirurgico, per essere assurto al livello di piena autonomia nell ambito del diritto all autodeterminazione in ordine all esistenza dell individuo, senza per questo costituire l elemento scriminante dell attività medica, non resta che verificare se ed in quali termini siffatta obbligazione sia stata adempiuta nell ambito degli incontri che hanno indotto la paziente a ricoverarsi ed a sottoporsi all intervento di sostituzione valvolare. Non v è bisogno di alcun riscontro per sostenere che versandosi in campo contrattuale l onere della prova in ordine all adempimento dell obbligo di informazione incomba sul soggetto convenuto (cfr. Cass , n. 7027). Il teste G., dirigente medico presso il reparto di cardiochirurgia dell Ospedale di Mirano, ha affermato: parlai con la sig.ra M. e le rappresentai i rischi connessi al tipo di intervento cui doveva

5 sottoporsi. Si trattava comunque di un intervento di routine. Considerato che la signora aveva già avuto un episodio di embolia cerebrale, probabilmente le dissi che vi era il rischio di lesioni permanenti, tant è che ho fatto eseguire una Tac cerebrale e un EEG. La visita preoperatoria con la sig.ra M. durò circa un ora, probabilmente le dissi che si trattava di un intervento di routine. Non ricordo se la signora manifestò paura per l intervento. Posso riferire che se la signora manifestò paura per l intervento la tranquillizzai. Senonché le indicazioni appena riferite sono contraddette da quanto dichiarato dalla teste M. L. (sorella dell attrice), la quale presente durante la prima visita fatta dal dott. G. ha riferito: ricordo che il dottore illustrò tutto l intervento, disse che il ricovero sarebbe durato 10 giorni e che mia sorella sarebbe stata in sala rianimazione per tre giorni. Nulla disse in merito al rischio di lesioni permanenti Ricordo che qualche giorno prima dell intervento il dott. G. chiamò mia sorella per dirle che poteva ricoverarsi. Poiché mia sorella aveva paura dell intervento il dott. G. la rassicurò. Ciò posso riferire per averlo appreso da mia sorella. Ero presente al momento della telefonata. Che l attrice fosse particolarmente impaurita per l operazione (reazione pienamente comprensibile) emerge anche dalla testimonianza del M. (figlio dell attrice), il quale ha ricordato che il giorno del ricovero per tranquillizzare sua madre, dopo una conversazione dal tono colloquiale, il dott. G. disse che si trattava di un intervento di routine e le mostrò altri pazienti già operati in precedenza. Il dato, apparentemente relegabile nel quadro delle reazioni soggettive, in realtà rileva proprio al fine di calibrare l ambito di estensione della prestazione informativa al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche, come espresso nell art. 29 del codice citato. Nessun apporto a sostegno della difesa di parte convenuta sovviene dalla testimonianza dell anestesista (dott.ssa D.A.), la quale, come appreso, provvide a raccogliere la sottoscrizione della paziente sul modulo indicato. La teste ha precisato che (la M.) era una paziente ansiosa per cui con qualche difficoltà ho potuto effettuare la visita anestesiologica la visita l ho effettuata due giorni prima dell intervento, e in tale occasione ho fatto sottoscrivere il modulo per il consenso informato. Riconosco nel doc. 4 attoreo il modulo per il consenso informato. Ho informato la M. in ordine ai rischi dell operazione ma dal punto di vista anestesiologico, indicandole l attività cui sarebbe stata sottoposta a partire dalla cannula al successivo risveglio Non mi sono occupata dei profili cardiologici, poiché esulanti le mie competenze. Da tali indicazioni non appare provato, dunque, l espletamento della prestazione informativa in ordine ai rischi ed alle possibili complicazioni dell intervento. Nozioni che, come già detto, debbono essere somministrate in funzione della capacità di comprensione della paziente. Ciò non è avvenuto in occasione della visita eseguita dal dott. G., tant è che lo stesso ha riferito di aver probabilmente informata la paziente in ordine al rischio di lesioni permanenti, pur dichiarando di aver rappresentato i rischi connessi al tipo di intervento, emergendo dalle dichiarazioni delle teste M. una indicazione di segno contrario. Ciò può significare o che l informazione non fu resa affatto ovvero non fu espressa con linguaggio pienamente comprensibile da chi tecnico non è. In ogni caso un informazione fornita in modo non pienamente

6 comprensibile dall intercolutore, nella sostanza non è in grado di assolvere la sua funzione ed equivale ad una non informazione, ossia l esatto contrario del dovuto. Ad ogni modo non può non rilevarsi come il minor livello di interesse della teste M., rispetto alla posizione del dott. G., ben giustifichi in questa sede la preminenza riservata al suo racconto. Si consideri ancora che il fatto stesso che il modulo per il consenso sia stato fatto sottoscrivere il giorno del ricovero, avvenuto il , è rappresentativo di una non adeguata valorizzazione del problema da parte della struttura sanitaria, tanto più che, come appreso, il consenso fu raccolto dall anestesista, dando per scontata la definizione della questione sul piano cardiologico. Ma così non è stato. Senza per questo voler contraddire quanto riferito più sopra, probabilmente al fine di rendere meno problematica la prova relativa, sarebbe stato quantomai opportuna, come peraltro segnalato dal C.T.U., una maggiore puntualizzazione in ordine ai rischi ed ai possibili sviluppi all interno dello stesso modulo. Questo lo si afferma non tanto per svilire al piano cartaceo il problema in esame, ma per meglio calibrare la stessa possibilità di prova diretta o contraria, dovendo comunque valutarsi le modalità ed il tipo di informazioni rese al paziente. Siffatta affermazione si basa su una regola di distribuzione dell onere della prova in base alla prossimità delle parti rispetto alla fonte di prova. È evidente che pretendere in capo al paziente la puntuale allegazione e la dimostrazione del tipo di informazione resa (sebbene nel caso di specie, la teste M. ha fornito un quadro sufficientemente chiaro) pare irrealizzabile non foss altro per l evidente asimmetria informativa esistente tra le parti. Per contro, esigere dalla struttura sanitaria di documentare e conservare traccia di quanto effettuato, anche in considerazione del trattamento e della conservazione dei dati personali ai sensi dell allora vigente l. 675/1996 (ed ora del D.leg. 196/2003), appare, oltre che più ragionevole, certamente in linea con la regola di cui all art c.c., da leggersi in unione con l art. 1176, comma 2, c.c. (cfr. Cass. 23 maggio 2001, n. 7027; sez. unite 30 ottobre 2001, n ; , n. 6735; , n ). In altri e più diretti termini, l affermazione di responsabilità della convenuta non si basa su una regola inferenziale, che trae dalla scarsità di dati disponibili il difetto di diligenza del personale, quanto piuttosto dal fatto che a causa di tale assenza di informazioni non è dato sapere cosa sia stato comunicato alla paziente e, quindi, far ritenere assolto l obbligo di informazione. Nell ambito di una vicenda di natura contrattuale, laddove, come nel caso di specie, emerga una situazione di carenza di prova in merito all ambito delle informazioni rese alla paziente, non v è spazio per una discussione in merito alla sussistenza del nesso di causa sul piano dell an (cfr. indicativamente Cass , n ), ponendosi a valle il problema correlabile alla c.d. causalità giuridica ex art c.c., che presuppone la già avvenuta identificazione dell evento oggetto di addebito. Evento, quest ultimo, da intendersi come inadempimento rispetto all obbligazione informativa, come tale incidente in via diretta sul diritto della paziente all autodeterminazione in ordine alle scelte involgenti la propria salute, poco rilevando sapere come l attrice si sarebbe comportata qualora avesse avuto piena contezza in ordine ai rischi di

7 complicazioni, stimati nell ordine del 20% da parte del consulente. Quello che rileva è che la M. non è stata in condizioni di esprimere un consenso realmente informato, non senza rilevare che l eventuale prova diretta a dimostrare che, quand anche informata, la paziente avrebbe optato per l intervento a fronte dell elevato rischio connesso alla sua condizione di soggetto affetto da stenosi mitro-aortica incombeva sulla convenuta (cfr. Cass., sez. III, , n. 6735). A questo punto, una volta accertata l inadempienza della convenuta rispetto all obbligazione contrattuale, sebbene da più parti si è rilevato che quello del consenso informato esula il piano strettamente contrattuale, ossia è un problema ben diverso da quello che attiene al procedimento di formazione dell accordo contrattuale, fondandosi sulla natura stessa dell attività medica, occorre passare all esame dell ambito delle conseguenze pregiudizievoli risarcibili. Al riguardo il giudizio di valutazione, esulante il piano della causalità materiale, perché involgente quello della causalità giuridica deve operarsi in base all art c.c. In altri termini, il criterio di selezione delle conseguenze risarcibili, che come autorevolmente sostenuto involge un problema di opportunità, non può essere governato in base agli stessi parametri che sovraintendono al piano della causalità naturale ed in primo luogo secondo il criterio della condicio sine qua non. È pur vero che in base al giudizio controfattuale basato sull eliminazione mentale dell antecendente l evento in concreto accaduto (emiparesi ed afasia) non si sarebbe verificato, ma in quest ordine di idee, allora, dovrebbe trovare piena applicazione una valutazione basata sulla comparazione dei rischi, ossia confrontare il rischio di complicazione collegato all intervento con la possibile evoluzione del quadro di salute della paziente nel caso contrario. In questa prospettiva la bilancia del giudizio dovrebbe pendere dal lato della convenuta, considerato che secondo il consulente tecnico d ufficio la patologia da cui era affetta la M. era soggetta ad inevitabile evoluzione sfavorevole a breve, sì da giustificare pienamente l intervento. Senonché una tale prospettiva risulta fuorviante, posto che finisce per non tenere conto del fatto che l inadempimento non investe le modalità di esecuzione dell operazione chirurgica, ma l obbligazione informativa, con il rischio di mettere in secondo piano l interesse oggetto di tutela: il diritto alla scelta della paziente. Non ignora il giudicante che ben più autorevoli consessi hanno ritenuto il nesso di causa tra la lesione della salute, legata alla complicazione di un trattamento clinico, e la violazione dell obbligo di una piena informazione da parte dei sanitari (cfr. Cass , n. 9705; , n. 9374; App. Genova ). Osserva al riguardo lo scrivente che una tale affermazione, probabilmente, è il frutto di una configurazione del consenso del paziente quale scriminante dell operato del medico. Impostazione, quest ultima, ormai da tempo recessiva, per essere stato da tempo portato in esponente che l attività medico-chirurgica si autogiustifica in funzione della sua utilità sociale, mentre il consenso attiene al piano dei diritti della personalità e, più nel dettaglio, quello all autodeterminazione in ordine alla propria salute. Diversamente argomentando si dovrebbe dare piena cittadinanza anche alle nostre latitudini ai casi di wrongful life (come accaduto oltralpe nel caso affrontato da Cour de Cassation, ass. plen , in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 209), ossia alla pretesa risarcitoria del soggetto che nasce affetto da gravi

8 patologie a seguito dell erronea diagnosi prenatale con la correlativa perdita per la partoriente della possibilità di decidere in ordine alla opportunità, o no, di interrompere la gravidanza. Seguendo la traiettoria prescelta dal giudicante, comunque allegata dall attrice, ma allargata al piano della salute, appare possibile circoscrivere l ambito del pregiudizio di natura non patrimoniale (l allegazione fatta in comparsa conclusionale alle spese per la futura assistenza è tardiva rispetto a quanto dedotto nel limite per la formazione del thema decidendum) a quello correlato al piano esistenziale, da intendersi come riparazione correlata alla privazione del diritto alla scelta consapevole da parte della M.. Data la particolarità delle prestazioni, in quanto incidenti sulla sfera personale dell individuo, non è possibile escludere la risarcibilità di una tale posta di danno in base all art c.c., posto che, pur non essendo possibile operare una stima economica esatta del pregiudizio connesso alla lesione di un interesse non patrimoniale, comunque la natura dell attività svolta deve dare per scontato che la prestazione involge la sfera dell individuo, sicché il pregiudizio di natura non patrimoniale può essere risarcito senza dover necessariamente far leva su un concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Infatti, la rilettura in chiave costituzionale dell art c.c. operata dalla Cassazione (sentenze , nn e 8828) fa sì che anche in ambito contrattuale possa darsi rilievo a pregiudizi di natura non patrimoniale, sempre che i correlativi interessi possano ritenersi inclusi nell ambito di tutela del contratto. Al riguardo, consapevole della mancanza di una scala parametrata su basi oggettive o che quantomeno siano in grado di tradurre in termini economici oggettivi il pregiudizio patito, non resta che una valutazione puramente equitativa, liquidando all attualità il danno patito dall attrice nella somma di Euro Su tale somma, inoltre, saranno dovuti gli interessi legali dall evento al saldo. Tale valore, per quanto stocastico, tiene conto della specificità del caso di specie, posto che l operato dei sanitari anche se non censurabile sul piano delle modalità di esecuzione dell intervento, comunque ha finito per espropriare l attrice del suo diritto a scegliere in ordine alla propria esistenza. Ora in una visione della libertà come assenza di coercizione da parte di terzi, non può non rilevarsi come quello all autodeterminazione in ordine alla propria salute costituisca un valore primario di rango costituzionale, da cui non si può prescindere, pena la rinuncia al valore di base della nostra società. La domanda proposta, pertanto deve essere accolta e, per l effetto, l U.L.S.S. 13, in persona del Direttore generale p.t., deve essere condannata al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di Euro , oltre gli interessi legali dall evento al saldo. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Spese di C.T.U. a definitivo carico della convenuta. Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

9 P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe riportata, respinta ogni altra domanda o eccezione, così provvede: 1) in accoglimento della domanda proposta, condanna l U.L.S.S. 13, in persona del Direttore generale p.t., al pagamento, a titolo di risarcimento danni per le causali indicate, in favore di M. P. della somma di Euro , oltre gli interessi legali dall evento al saldo; 2) condanna l U.L.S.S. 13, in persona del Direttore generale p.t., alla rifusione in favore dell attrice delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro ,49, di cui Euro 396,68 per spese, Euro 3.072,35 per diritti ed Euro 9.962,46 per onorari, oltre IVA e CPA se dovuti per legge; 3) spese di C.T.U. a definitivo carico della convenuta; 4) sentenza provvisoriamente esecutiva per legge. Venezia, li 24 giugno 2004 Il Giudice Unico PUBBLICATA IL 4 OTTOBRE 2004

10 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Venezia Sezione III Civile il Giudice Unico dott. Roberto Simone ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile promossa con atto di citazione notificato in data e vertente tra XXXXX, in proprio e quali eredi di S. Vittorino, rappresentati e difesi dagli avv.ti XXXXX e XXXXX, presso gli stessi elettivamente domiciliati, per mandato a margine della comparsa di costituzione del , - attori - e XXXXX, in persona del Direttore generale Carlo Crepas, XXXXX e XXXXX, rappresentati e difesi dall avv. XXXXX, presso lo stesso elettivamente domiciliati, per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, - convenuti in punto: risarcimento danni. Causa trattenuta in decisione all udienza del sulle seguenti conclusioni delle parti costituite Per gli attori: Nel merito: voglia il Tribunale adito condannare i convenuti in solido tra loro a corrispondere agli attori la somma di giustizia a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, per tutti i motivi così come esposti negli atti di causa e confermati dall istruttoria svolta in corso di causa, somma comprensiva in ogni caso di interessi e rivalutazione monetaria, e più precisamente:

11 A) Quanto all attore XXXXX, o meglio quanto agli attori XXXXX e XXXXX iure hereditatis di XXXXX, voglia il Tribunale condannare i convenuti in solido fra loro a corrispondere agli attori: - A titolo di risarcimento del danno biologico temporaneo al 100% maturato dal 18 Dicembre 1998 al 6 Luglio 2000, in danno di XXXXX. la somma di ,40. - A titolo di risarcimento del danno biologico permanente al 100%, per mancata aspettativa di sopravvivenza pari ad anni 13 di vita presunta, sempre sorto in danno di XXXXX la somma di A titolo di risarcimento del danno patrimoniale, sempre sorto in danno di XXXXX.: - per quanto riguarda il danno emergente si chiede il risarcimento delle spese mediche e di assistenza infermieristica così come documentate dal doc.9 del fascicolo documenti attoreo prodotto con atto di citazione, ed altresì con il doc.2 prodotto con la memoria istruttoria 25 Ottobre 2001; - per quanto riguarda il danno derivato da lucro cessante al sig. XXXXX per la mancata percezione del reddito, si chiede il risarcimento della somma di ,70 oltre ad interessi e rivalutazione monetaria pari al 50% della pensione per anni 13 di mancata sopravvivenza; - A titolo di danno morale subito dal sig. XXXXX, danno particolarmente rilevante per chemioterapie, emiplegia e certezza di morte imminente, pari al 60% del danno biologico temporaneo e permanente dallo stesso subito, si chiede il risarcimento della somma di ,84. B) Quanto all attore XXXXX iure proprio, voglia il Tribunale condannare i convenuti in solido tra loro a corrispondere allo stesso: - A titolo di risarcimento del danno morale per la perdita del padre convivente, tenuto conto di ogni parametro la somma di C) Quanto all attrice XXXXX iure proprio, voglia il Tribunale condannare i convenuti in solido tra loro a corrispondere alla stessa: - A titolo di risarcimento del danno morale per perdita del coniuge convivente, tenuto conto di ogni parametro la somma di ,50; - A titolo di risarcimento del danno esistenziale subito dalla stessa si chiede che venga provveduto secondo equità, come da criteri suggeriti dal C.T.U. dottor XXXXX. Il tutto oltre a vittoria di spese, diritti ed onorari di lite. In via istruttoria: si insiste per l ammissione dei mezzi di prova orale, come richiesti nella memoria istruttoria 25 Ottobre 2001, che in questa sede si intendono integralmente riportati.

12 Da ultimo, come dichiarato in comparsa di costituzione 7 Novembre 2002 dei sottoscritti difensori in successione dell Avvocato XXXXX, e come da essi ribadito a verbale sin dall udienza 8 Novembre 2002, si fa ulteriormente presente al Tribunale Illustrissimo che sin dall anno 2002 non risulta nel fascicolo di causa di questa difesa il documento n. 9) ed il documento n. 2), che si presume non restituiti dal C.T.U. dottor XXXXX in occasione del deposito del primo elaborato peritale. Tali documenti sono entrambi relativi alle spese sostenute da Vittorino S. e/o dai suoi congiunti per l assistenza infermieristica, per le spese mediche e quant altro. Si richiede quindi ulteriormente che l Illustrissimo Sig. Giudice voglia ordinare alla Cancelleria la ricerca dei suddetti documenti. Si richiede da ultimo che il Sig. Giudice voglia in proposito integrare al C.T.U. dottor XXXXX un quesito anche in ordine alla congruità delle suddette spese. Per i convenuti: rigettarsi le pretese dei tre attori perché infondate in fatto e diritto. Spese, diritti ed onorari, oltre il 10% spese generali, interamente rifusi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con l atto di citazione in epigrafe indicato XXXXX, a mezzo dei suoi procuratori generali XXXXX (rispettivamente moglie e figlio del primo), i quali agivano anche in proprio, convenivano dinanzi al Tribunale di Venezia l Azienda U.L.S.S. XXXXX, il dott. XXXXX ed il prof. XXXXX. Esponevano gli attori che il XXXXX era ricoverato presso la divisione di urologia dell Ospedale Civile di Venezia, diretta dal prof. XXXXX, per sospetta recrudescenza della malattia del bacillo di Koch, per essere stato in precedenza ammalato da TBC ordinaria. Durante il ricovero, tra gli altri, era effettuato un esame radiologico. In data il radiologo dott. Borghero aveva restituito la radiografia al servizio radiologico con la seguente diagnosi: su un fondo di enfisema è presente al 3 superiore di sinistra una opacità nodulare a margini sinuosi di circa 20 mm. di diametro massimo di sospetta natura eteroplastica quanto descritto necessita di integrazione con TAC toracica. Detto referto, tuttavia, non era preso in considerazione né dal prof. XXXXX primario della divisione di urologia, né dal dott. XXXXX, posto che in data lo XXXXX era dimesso con il seguente certificato redatto da quest ultimo: ricoverato presso la nostra divisione dal al viene dimesso con diagnosi di pregressa tbc urinaria. E stato sottoposto ad accertamenti radiologici ed endoscopici negativi. Si consiglia terapia a base di Noroxin cp die X 5 gg. Siamo in attesa del referto della ricerca BK su terreno di arricchimento. Tra 40 gg. controllo ambulatoriale previo appuntamento. I ridetti sanitari, pertanto, non solo non avevano proceduto al dovuto trattamento direttamente o mediante trasferimento nel reparto di oncologia, ma avevano omesso di informare della circostanza i familiari ed il medico curante di quanto riscontrato nella radiografia del Successivamente, la mattina del , avendo cominciato ad accusare alcuni giorni prima un formicolio ed una perdita di sensibilità all avambraccio sinistro ed alla gamba sinistra, la XXXXX si era

13 accorta che il marito non era più in grado di camminare. Di qui il trasporto presso l Ospedale civile di Venezia dove lo XXXXX era ricoverato nel reparto di neurologia. Effettuato un esame radiologico si accertava che, operato un raffronto con quello del , la formazione espansiva al 3 medio-superiore del polmone sinistro era triplicata, pur non essendovi tumefazioni linfonodali. In data lo S. era trasferito presso il reparto di oncologia, dove, stante la non operabilità, era sottoposto a terapie chimiche e radioterapiche, per poi essere dimesso il , ancora in corso al momento della proposizione del giudizio. Lamentavano, pertanto, gli attori che la trascuratezza dei ridetti sanitari della divisione di urologia, per il mancato approntamento degli accertamenti conseguenti all esame radiografico del e per la mancata informazione sul reale stato del paziente, avevano determinato, a fronte della diagnosi di microcitoma con metastasi anche cerebrale, come poi accertato a cavallo tra il 1998 ed il 1999, una patologia, con l aggravio di una emiplegia, rispetto alla quale erano sperimentabili solo interventi chemioterapici e radianti atti solo a rallentare il decorso senza poter incidere sulla prognosi di un esito infausto. Il tutto, come da perizia di parte del dott. XXXXX, aveva determinato in XXXXX un danno biologico del 100% e morale, oltre che un rilevante danno biologico di natura psichica a carico della XXXXX per una recidiva di una sindrome ansioso depressiva, ed un pregiudizio di carattere morale a danno non solo del paziente, ma anche dei suoi familiari per le continue necessità di cura ed assistenza. L addebito in questione, ad avviso degli attori, ricadeva sul dott. XXXXX che aveva avuto in cura lo XXXXX ed era il destinatario del referto radiografico del , mentre il primario, prof. XXXXX, il quale a sua volta aveva visitato quotidianamente il paziente, avrebbe dovuto rispondere per l inadeguatezza delle direttive impartite al personale del reparto e per non aver saputo a sua volta rendersi conto della situazione. Gli attori reclamavano nei confronti dei convenuti il risarcimento dei danni patrimoniali in relazione agli esborsi tutti conseguenti al ricovero del dicembre 1998, oltre quello biologico e morale da essi patito, segnalando inoltre i redditi da pensione di cui godevano. Si costituivano i convenuti e contestavano sia l an sia il quantum della pretesa attorea. In particolare si rilevava che al momento della dimissione dello XXXXX nell agosto del 1997 il referto dell esame radiografico del torace non era ancora pervenuto in cartella clinica, rimanendo, per circostanze non rimproverabili ai sanitari, del tutto sconosciuto, tanto più che lo S. non presentava alcuna sintomatologia in grado di far sospettare la patologia polmonare ed era stato ricoverato per l accertamento di una sospetta recrudescenza di una infezione alle vie urinarie. In data 1 agosto 1997, dopo la visita del primario, lo S. era stato dimesso non senza la prescrizione di un programma di controlli da parte del dr. XXXXX. In ordine all ambito del pregiudizio, i convenuti contestavano l ampiezza (nella specie, il 100%) dell invalidità lamentata, dovendosi poi accertare il nesso di causa tra lo stato rilevato ed il ritardo diagnostico. Aggiungevano i convenuti che la patologia tumorale (microcitoma) a carico dello XXXXX, pur diagnosticabile nel 1997, era difficilmente operabile, poco prestandosi ad una exeresi chirurgica, normalmente manifestandosi ed essendo diagnosticabile per lo più quando già in fase di metastasi, sì che le uniche cure

14 praticabili sarebbero state quelle chemioterapiche e radioterapiche con bassa aspettativa di buon esito. Contestavano ancora i convenuti la legittimazione della XXXXX e di XXXXX a pretendere il risarcimento del danno morale, mentre il pregiudizio psichico patito dalla prima presupponeva apposita consulenza specialistica. Radicato il contraddittorio, all esito dell udienza di prima comparizione erano concessi i termini per il deposito di memorie ai fini di cui all art. 180, comma 2, c.p.c. In data l avv. XXXXX depositava atto di rinuncia al mandato. Con comparsa del si costituiva per XXXXX e XXXXX, anche quali eredi di XXXXX deceduto il , l avv. XXXXX e chiedeva la condanna in via solidale dei convenuti a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per le causali già esposte. Espletata l udienza ex art. 183 c.p.c. e formulate le definitive istanze di prova, era disposta una prima consulenza tecnica d ufficio in relazione alla patologia accertata a carico di XXXXX. Con comparsa del si costituivano in sostituzione del revocato avv. XXXXX, gli avv.ti XXXXX e XXXXX, i quali facevano proprie tutte le domande del precedente difensore. Con ordinanza del era disposta C.T.U. sulle persone degli attori in relazione ai prospettati pregiudizi reclamati in funzione della patologia del loro congiunto poi deceduto. Con atto del XXXXX rinunciava alla domanda promossa nei limiti dell accertamento del pregiudizio psichico connesso al decesso del padre. La causa era poi trattenuta in decisione sulle conclusioni epigrafate all udienza del , previa concessione dei termini per il deposito degli atti ex art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) La domanda è fondata per le ragioni di seguito indicate. La svolta consulenza tecnica d ufficio, affidata al dott. XXXXX ha permesso di accertare, senza che al riguardo possa sorgere alcun dubbio, l inadempienza della struttura convenuta, per effetto della condotta omissiva dei propri sanitari, rispetto al rapporto contrattuale in essere. Al riguardo occorre precisare che l inadempienza imputabile ai convenuti non attiene al tipo di patologia per la quale lo XXXXX fu ricoverato nel luglio 1997 presso l Ospedale di Venezia, ovvero alle prestazioni di diagnosi e cura afferenti l ambito specialistico della divisione di urologia, quanto un obbligo di informazione ulteriore a seguito di un esame radiografico, quello del , di tutta evidenza disposto nel quadro degli accertamenti connessi alla prospettata recrudescenza del bacillo di Koch. Nel referto delle radiografie effettuate il si legge su un fondo di enfisema è presente al 3 superiore di sinistra una opacità nodulare a margini sinuosi di circa 20 mm. di diametro massimo di sospetta

15 natura eteroplastica quanto descritto necessita di integrazione con TAC toracica. (cfr. il doc. 5 del fascicolo di parte attorea). Sta di fatto che in data lo XXXXX era dimesso (non è contestato che la lettera di dimissioni sia stata sottoscritta dal dr. XXXXX) con le seguenti indicazioni ricoverato presso la nostra divisione dal al viene dimesso con diagnosi di pregressa tbc urinaria. E stato sottoposto ad accertamenti radiologici ed endoscopici negativi. Si consiglia terapia a base di Noroxin cp die X 5 gg. Siamo in attesa del referto della ricerca BK su terreno di arricchimento. Tra 40 gg. controllo ambulatoriale previo appuntamento. (cfr. il doc. 6 ibid.). Delle due l una, o i sanitari nel procedere alla dimissione del paziente (della posizione del primario si dirà più avanti) non hanno tenuto conto del referto radiografico del ovvero, anche se pervenuto successivamente alla dimissione, lo hanno ignorato. Se come sostenuto, il referto in questione al momento delle dimissioni non era disponibile, per un presunto disguido burocratico, ciononpertanto, alla luce della particolare gravità del suo contenuto ( opacità nodulare a margini sinuosi di circa 20 mm. di diametro massimo di sospetta natura eteroplastica quanto descritto necessita di integrazione con TAC toracica. ) il dr. XXXXX o qualunque sanitario, compreso il primario, avrebbero dovuto informare della circostanza lo S., al fine di consentirgli di sottoporsi a tutti gli approfondimenti del caso e di intraprendere i presidi diagnostici e terapeutici necessari in relazione allo stato della patologia tumorale. Così non è stato nel caso di specie, né risulta, come peraltro incombeva sulle parti convenute la dimostrazione dell ignoranza incolpevole di un siffatto referto. Né è sostenibile che esulando la patologia, da cui si è poi scoperto essere affetto lo XXXXX, dall ambito specialistico urologico i sanitari in questione fossero esonerati dall obbligo di fornire un informazione comunque attinente il piano della salute del paziente. Infatti, nell ambito del contratto di spedalità rientrano, oltre le prestazioni di diagnosi e cura, anche tutta una serie di prestazioni ulteriori, fra cui quella di raccogliere il consenso del paziente e, quindi, quella di fornire a quest ultimo un ampio bagaglio informativo, parametrato anche in relazione alle capacità dello stesso, al fine di potere decidere consapevolmente in ordine ai trattamenti. L ampiezza dell obbligo di informazione gravante sui sanitari, anche alla luce dell art. 29 dell allora vigente codice di deontologia, non può essere letto restrittivamente dal punto di vista della patologia alla base del ricovero. Si può osservare che, nell ambito della valutazione della diligenza secondo il parametro contenuto nell art. 1176, comma 2, c.c., l obbligo di informazione in questione può essere riguardato secondo uno standard non particolarmente elevato. In altri termini, non bisognava disporre del bagaglio informativo di un oncologo per rendersi conto che la riscontrata opacità nodulare meritasse un approfondimento, non foss altro perché così consigliava lo stesso radiologo.

16 Nell ambito della distribuzione dell onere della prova in campo di responsabilità contrattuale, l orientamento ormai dominante della Cassazione ha virato decisamente verso la piana applicazione del criterio di cui all art c.c., sì che, una volta allegato l inadempimento da parte del creditore, incombe sulla parte convenuta la dimostrazione della non imputabilità di esso (cfr. Cass. 21 giugno 2004, n ; 28 maggio 2004, n ; 4 marzo 2004, n. 4400; 10 maggio 2002, n. 6735, tutte nella scia di sez. un. 30 ottobre 2001, n ), giungendosi, quindi, a sostenere che non incombe sull attore neppure l onere di allegazione della colpa in cui il sanitario sarebbe incorso (cfr. sullo specifico aspetto Cass /2004). Tale affermazione, portata alle sue estreme conseguenze si tradurrebbe nel definitivo superamento della tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato (tale ad esempio è il dictum di Cass. 10 settembre 1999, n. 9617), sì che in base al solo esito peggiorativo dello stato di salute del paziente sarebbe possibile affermare l inadempimento anche a prescindere dall applicazione della regola pretoria nota come res ipsa loquitur. Osserva il giudicante che una tale conclusione può essere raggiunta senza dubbio quando è possibile distinguere un interesse positivo del creditore ad ottenere una ben determinata prestazione, perfettamente identificabile sul piano del risultato e totalmente distinta dal piano della salute, senza per questo potersi escludere che dal mancato soddisfacimento del primo possa scaturire una lesione della seconda. Tali sono sicuramente i casi comunemente contraddistinti come nascita indesiderata, tant è che Cass /2004, Cass. 6735/2002 e Cass. 9617/1999 si occupano di simili evenienze (le prime due in materia di errore del medico ecografista, la seconda a proposito del malriuscito intervento di sterilizzazione femminile). Quando, come nel caso di specie, si tratta di apprezzare l incidenza di una condotta omissiva (sul piano della non considerazione del referto radiografico e su quello dell informazione al paziente), mette conto riscontrare più da presso se ed in quale misura quest ultima possa ritenersi inadeguata allo standard di diligenza dovuto. Una volta fatta tale verifica, proprio perché si verte in campo contrattuale (nel cui alveo si colloca anche la responsabilità del medico dipendente di una struttura pubblica), può trovare applicazione la regola secondo cui in caso di inadeguatezza della prestazione rispetto all interesse del creditore non si può revocare in dubbio l an della responsabilità, residuando solo un problema di delimitazione delle conseguenze risarcibili, al cui governo presiede l art c.c. e, quindi, di verifica se la conseguenza si configuri come sviluppo del rischio che la corretta esecuzione della prestazione avrebbe permesso di arginare. Ciò spiega perché in campo civilistico non possa farsi applicazione nei termini prospettati dalla difesa di parte convenuta dell orientamento seguito dalla giurisprudenza penale in campo di causalità omissiva. D altro canto, come acutamente rilevato dalla dottrina, la responsabilità civile e quella penale rispondono a diverse ragioni di policy e correlativamente le stesse regole causali non sono pienamente sovrapponibili: in campo penale domina l idea del garantismo innervato dalla logica kantiana contrapposta ad una di stampo assolutista che vede il singolo al servizio del sistema o dello Stato; in quello civile prevale una logica compensativa-satisfattoria e prescrittiva.

17 A questo punto l indagine deve tornare sulla relazione del dott. XXXXX, il cui contenuto, espresso con motivazione adeguata, perché sorretta da argomentazioni piane e convincenti, oltre che prive di incoerenze narrative, deve intendersi pienamente richiamato in questa sede. Nella sua relazione il C.T.U. ha evidenziato che lo XXXXX è risultato affetto da un microcitoma del polmone, le cui cause non sono state sicuramente identificate, in grado di evolvere rapidamente verso un esito fatale se non opportunamente trattato. Per quanto trattabile in forma chirurgica se tempestivamente diagnosticato, nel caso di specie, a causa del ritardo (oltre 17 mesi dal referto del luglio del 1997, mentre l indagine fatta nel gennaio 1995 non aveva rilevato nulla di anomalo, cfr. pag. 3 della relazione) nella diagnosi, il paziente ha potuto fruire soltanto delle chemioterapie e delle radioterapie. Più nel dettaglio, ha osservato il C.T.U., la patologia costituita dal microcitoma al momento della sua prima identificazione avvenuta in data , si trovava in stadio I con linfonodi negativi e presumibilmente anche senza localizzazioni linfonodali extratoraciche e senza localizzazioni viscerali, cioè in forma localizzata e non metastatizzata, era certamente curabile, vuoi mediante intervento chirurgico di resezione del lobo polmonare interessato, vuoi mediante radio e chemioterapia, vuoi variamente combinate a seconda delle scelte operate in accordo con le teorie curative proposte dalle scuole accreditate La tempestiva diagnosi, la successiva adeguata terapia nei modi e nelle opzioni sopra indicate, ed indipendentemente dalla scelta di quale di queste, avrebbe certamente allungato la vita del paziente e forse, ma limitatamente alla percentuale del 35% ad un massimo del 60% dei casi, anche con definitiva guarigione (cfr. la relazione pag. 14 e s.). Il C.T.U. ha poi concluso con l affermare che certamente sarebbe stato possibile allungargli la vita di un periodo superiore a quello che è stato possibile fare sottoponendolo egualmente alle adeguate terapie, ma in stadio di malattia più avanzato rispetto a quello in cui si trovava al momento della esecuzione dell indagine radiologica avvenuta in data (cfr. la relazione pag. 15). Nella prospettiva della verifica dell inadempienza contrattuale siffatte indicazioni appaiono sufficienti per ritenere provata l inadeguatezza della condotta dei sanitari che ha portato alla dimissione dello XXXXX, mancando di renderlo edotto, sia pure in seguito, in ordine all evidenza contenuta nell esame radiografico del Nessun dubbio può sorgere in merito all illiceità della condotta dr. XXXXX e del pari deve essere affermata la responsabilità del primario alla luce di quanto disposto dall art. 7, comma 3, d.p.r. 128/1969. In base a tale disposizione Il primario vigila sull'attività e sulla disciplina del personale sanitario, tecnico, sanitario ausiliario ed esecutivo assegnato alla sua divisione o servizio, ha la responsabilità dei malati, definisce i criteri diagnostici o terapeutici che devono essere seguiti dagli aiuti e dagli assistenti, pratica direttamente sui malati gli interventi diagnostici e curativi che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori, formula la diagnosi definitiva, provvede a che le degenze non si prolunghino oltre il tempo strettamente necessario agli accertamenti diagnostici ed alle cure e dispone la dimissione degli infermi, è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all'archivio centrale; inoltra, tramite la direzione sanitaria, le denunce di legge; pratica le visite di consulenza richieste dai sanitari di altre divisioni o servizi; dirige il servizio di ambulatorio, adeguandosi alle disposizioni

18 ed ai turni stabiliti dal direttore sanitario; cura la preparazione ed il perfezionamento tecnico professionale del personale da lui dipendente e promuove iniziative di ricerca scientifica; esercita le funzioni didattiche a lui affidate. Da ciò deriva che, se non può essere chiamato a rispondere in relazione a tutto quanto accade all interno del reparto a lui affidato, la responsabilità del malato, attribuita dall art. 7 d.p.r. 27 marzo 1969 n. 128, gli impone la puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano i degenti, a prescindere dalle modalità dell acquisizione di tale conoscenza. Inoltre, la vigilanza sull attività del personale sanitario (prevista ancora dall art. 63, comma 5, del d.p.r. 769/79 e lo stesso art. 15, comma 2, d.lgs. 502/92 attribuisce al dirigente medico di II livello funzioni di direzione ed organizzazione della struttura) implica quantomeno che il primario si procuri informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato (cfr. Cass. 16 maggio 2000, n. 6318; 18 maggio 2001, n. 6822, cui adde Cass. 7 dicembre 1999, Gulisano; 11 gennaio 2001, Bassetti). Poiché dalla narrativa della comparsa di risposta del XXXXX si evince che la dimissione avvenne dopo la visita fatta dal primario, ancora una volta vien fatto di rilevare l omessa valorizzazione del referto radiologico del , ovvero la mancata assunzione di ogni doverosa iniziativa sul piano dell informazione del paziente in caso di arrivo successivo del referto in reparto (circostanza peraltro rimasta indimostrata). Elementi, questi ultimi, tutti in grado di fondare il giudizio di inadempienza nei confronti del XXXXX. Una volta accertata l esistenza di una inadempienza imputabile ai sanitari convenuti e, quindi, anche alla struttura, da cui i primi dipendono, come già detto, tutte le altre questioni dibattute dalle parti (ma non quella appena evidenziata) si collocano a valle e devono essere governate secondo il meccanismo delineato nell art c.c., trattandosi di conseguenze imputabili ai debitori (in solido) se ed in quanto concretizzazione del rischio correlabile all inadempimento della prestazione dovuta. 2) XXXXX è deceduto il Nella certificazione del , allegata alla relazione del dott. XXXXX, si legge al riguardo del decesso che causa iniziale è stato il microcitoma polmonare; causa intermedia le metastasi cerebrali; causa terminale l arresto cardiocircolatorio, rilevando altresì metastasi ossee. Sul punto ha osservato il consulente che, malgrado la mancata effettuazione dell autopsia, sulla base degli atti ed in assenza di altre possibili concause empiricamente comprovate, la malattia di base, che non fu tempestivamente riconosciuta né correttamente trattata, è stata la più probabile tra le cause e la più possibile tra esse a portare lo XXXXX al decesso. Questo giudicante non può che condividere tale conclusione, neppure contestata dalla difesa di parte convenuta, anche sulla base di un ragionamento basato sulla presenza di elementi di carattere presuntivo, pur sempre gravi, precisi e concordanti. A seguito del formicolio e della perdita di sensibilità all avambraccio ed alla gamba di sinistra accusati verso la metà del dicembre 1998, lo S. fu portato presso l Ospedale civile di Venezia e qui, dopo essere transitato per il pronto soccorso, fu ricoverato presso la divisione di neurologia. L esame radiologico disposto durante il

19 ricovero, come già detto, permise di accertare che, operato un raffronto con quello del , la formazione espansiva al 3 medio-superiore del polmone sinistro era triplicata, pur non essendovi tumefazioni linfonodali. In data la Tac cerebrale evidenziò nell emisfero destro, in sede profonda paraventricolare, una formazione espansiva grossolanamente rotondeggiante di circa 30 mm. di diametro massimo. Il , dall eseguita Tac con mezzo di contrasto si confermava la presenza di una voluminosa formazione espansiva grossolanamente rotondeggiante di circa 3 cm. di diametro massimo e disomogeneamente ipodensa. Dopo l effettuazione di una Tac toracica il ed una biopsia Tac guidata della massa polmonare descritta al 3 medio superiore, la richiesta consulenza oncologica riteneva indicato un trattamento chemioterapico da iniziare in regime di ricovero. Il lo S. fu trasferito dal reparto di neurologia a quello di oncologia, senza per questo poter essere operato per le ragioni già esplicitate, da dove fu dimesso il in fase metastatica. Da allora lo XXXXX ha alternato brevi ricoveri duranti i quali ha eseguito i cicli di chemioterapia ad altri di permanenza a casa. Come già detto oltre la chemioterapia, lo XXXXX è stato sottoposto a dieci sedute di radioterapia. Gli attori reclamano a titolo ereditario il risarcimento del danno biologico temporaneo totale maturato tra il ed il , oltre ad un danno biologico permanente pari al 100% per perdita dell aspettativa di sopravvivenza a pari a 13 anni di vita presunta, nonché, dato il chiaro e non rinunciato richiamo contenuto in citazione, il risarcimento del danno morale. La penosa successione di eventi che ha portato al decesso dello XXXXX, secondo la richiesta di parte attorea, avrebbe indotto l affiancamento ad un danno biologico temporaneo, ossia l alterazione della integrità psicofisica a seguito della riscontrata disfunzione in evoluzione, di un danno biologico permanente, la cui determinazione in termini percentuali secondo le tabelle medico-legali presuppone una stabilizzazione dei postumi traducibile in una irreversibile perdita delle funzioni psico-fisiche. In realtà la condizione dello XXXXX è prospettabile in termini affatto diversi. Invero, è possibile riscontrare un danno biologico temporaneo quale sottoprodotto della malattia di base: l emiplegia al lato sinistro e la correlativa necessità di aiuto nel vivere quotidiano, la necessità di sottoporsi a brevi ricoveri, la sottoposizione a cicli di chemio e radioterapie, il progressivo allentamento delle funzioni vitali e relazionali in parallelo all avanzata della malattia. Danno biologico che non potrebbe non essere valutato in strettissimo parallelismo con il reclamato danno morale, al cui risarcimento (del danno morale) certamente non osta la mancata prospettazione di un fatto di reato, giusta la corrente rilettura in chiave costituzionalmente compatibile dell'art c.c. operata dalla Cassazione (cfr. sentenze 31 maggio 2003, n e 8828, nonché da ultima Cass. 1 giugno 2004, n ), quanto piuttosto la mancata prospettazione della posizione soggettiva di rango costituzionale lesa. In questo contesto, l unica stabilizzazione ipotizzabile, con il dovuto rispetto, è quella legata all evento morte, tant è che a ben guardare la domanda attorea sul punto si lega alla perdita della sopravvivenza per un arco

20 di tempo stimato in 13 anni, sì che non tanto di danno biologico permanente si dovrebbe parlare quanto di danno da morte o da perdita della vita. A questo punto occorre fare un passo indietro e tornare alla relazione del dott. XXXXX, dove, come già detto, si legge: La tempestiva diagnosi, la successiva adeguata terapia nei modi e nelle opzioni sopra indicate, ed indipendentemente dalla scelta di quale di queste, avrebbe certamente allungato la vita del paziente e forse, ma limitatamente alla percentuale del 35% ad un massimo del 60% dei casi, anche con definitiva guarigione certamente sarebbe stato possibile allungargli la vita di un periodo superiore a quello che è stato possibile fare sottoponendolo egualmente alle adeguate terapie, ma in stadio di malattia più avanzato rispetto a quello in cui si trovava al momento della esecuzione dell indagine radiologica avvenuta in data (cfr. la relazione pag. 15). Se l allungamento della vita non è prevedibile e non è neppure possibile la prova del contrario, ovvero verificare quale sarebbe stata la sopravvivenza con l astensione da qualsiasi terapia o con l adozione di una alternativa rispetto a quella adottata, si legge ancora nella relazione del C.T.U., si può solo dire con una certezza prudenzialmente accettabile, che l allungamento della vita ci sarebbe stato e certamente sarebbe stato superiore a quello che si è osservato tale allungamento non sarebbe stato superiore solo di qualche giorno né che sarebbe stato superiore inferiore all anno, si può cioè ragionare in termini di molti mesi di allungamento della sopravvivenza fino a qualche anno, anche 2-3 e, ma limitatamente ad una percentuale oscillante da un minimo del 35% ad un massimo del 60%, anche di una guarigione (relazione del dott. XXXXX pag. 16). Si può allora concludere con l affermare che la condotta dei sanitari ha inciso sulla possibilità di sopravvivenza dello S.. In termini più comuni al dibattito si può parlare di chance di sopravvivenza, fermo restando che, una volta effettuata la verifica sull an della responsabilità, si sta discutendo della delimitazione delle conseguenze risarcibili. In questo contesto, richiamato in toto il ragionamento fatto in altra pronuncia dello scrivente (sentenza 15 marzo 2004, Donin e altri c. Assicurazioni generali s.p.a., in Foro it., 2004, I, 2256) è possibile utilizzare, in assenza di elaborazioni di tipo statistico in grado di pervenire, come teorizzato oltreatlantico, ad una valutazione della vita in sé (si pensi alla possibilità di individuare una misura precauzionale in grado di ridurre percentualmente il rischio morte, sì che il valore della prima moltiplicato per il coefficiente di riduzione del rischio morte è in grado di indicare il valore dato dall individuo alla vita), l unica soluzione non scriminante è quella, da intendersi come quella minima, che utilizzi il criterio tabellare in uso riferito ad un soggetto con una invalidità al 100%. Una diversa soluzione finirebbe per apprezzare in termini riduttivi la lesione della vita rispetto ad una lesione, sì grave, ma tale da offrire, sia pure in condizioni di menomazione, una spettanza di vita. Sulla base dei criteri di valutazione del danno alla persona in uso presso il Tribunale di Venezia (v. Tabelle del Tribunale di Venezia) per tale voce di danno è possibile liquidare la somma di Euro ,15 ai valori attuali. A tale importo si perviene operando sul valore di Euro (valore del punto Euro 3.278,29 età

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