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1 dall incertezza alle sicurezze 3 gli strumenti confartigianato per un Welfare solido

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3 CONFARTIGIANATO PERSONE Dall incertezza alle sicurezze: gli strumenti Confartigianato per un Welfare solido

4 DALL INCERTEZZA ALLE SICUREZZE: GLI STRUMENTI CONFARTIGIANATO PER UN WELFARE SOLIDO CONVENTION DEI SERVIZI 2011 PER CRESCERE INSIEME: Da intermediari degli adempimenti a protagonisti della sussidiarietà AQUAE STATIELLAE MEETING HALL - ACQUI TERME (AL), APRILE 2011 Confartigianato Persone Il presente lavoro è stato realizzato con il coordinamento di Carmelo Rigobello di Confartigianato Persone. Testi ed elaborazione di: Giorgio Cataldi, Vera Bianchi, Angelo Risetti (Caaf), Paolo Landi, Mario Venturato, Rina Mele (Inapa), Fabio Menicacci, Fabio Volponi (Anap), Aldo Zappaterra (Ancos), Carmelo Rigobello (Confartigianato Persone), Gianfranco Cerea (Università di Trento), Johnny Dotti (WelfareItalia). Il lavoro è stato chiuso per la stampa il 30 marzo 2011 Roma, aprile 2011 Copyright Confartigianato I testi realizzati per questa pubblicazione sono di proprietà di Confartigianato Imprese. Tutti i materiali, i dati, le immagini, le mappe e le informazioni di questa pubblicazione possono essere riprodotti, distribuiti, trasmessi, ripubblicati o in altro modo utilizzati, in tutto o in parte, senza il consenso di Confartigianato solo dalle Organizzazioni aderenti a Confartigianato e dalle società da queste controllate, a condizione che ne risulti citata la fonte. In alcun modo i testi possono essere ceduti a terzi. I nomi di prodotti, i nomi corporativi e di società eventualmente citati nella documentazione possono essere marchi di proprietà dei rispettivi titolari o marchi registrati di altre società e sono stati utilizzati a puro scopo esplicativo ed a beneficio del possessore, senza alcun fine di violazione dei diritti di Copyright vigenti.

5 INDICE Introduzione pag. 5 Le tappe di un progetto per appunti pag. 7 Mutua integrativa e previdenza complementare: il contesto giuridico pag. 9 Relazione Prof. Gianfranco Cerea- Università Trento pag. 15 Capitolati fondo previdenza/welfare e fondo sanitario pag. 32 Schede progetto presentate alla Giunta Nazionale pag. 39 Stralcio 5 Osservatorio Confartigianato Imprenditori: Il sistema previdenziale (marzo 2011) pag. 53 Un piano formativo dedicato alle Associazioni territoriali pag. 61 Dati statistici di Confartigianato Persone pag. 65 3

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7 INTRODUZIONE La storia di Confartigianato trae forza da quel DNA che ha alimentato azioni sindacali basate davvero su principi di mutualismo e di sussidiarietà: basti pensare alle conquiste nel credito piuttosto che alla mutua artigiana o alle grandi innovazioni del contrattuale. Negli ultimi anni, con l avvio di Confartigianato Persone, dedicata al sociale delle persone che vivono nel mondo dell artigianato e dintorni (famiglia, pensionati, salute, non autosufficienza ), si è voluto dare ai processi di sussidiarietà una connotazione forte e continuativa. In sostanza, la scelta di pensiero e le conseguenti azioni sono dirette, nel quadro dei principi costituzionali e dei valori perseguiti da Confartigianato, per gli artigiani, attivi e pensionati, per le loro famiglie un adeguato sistema di sicurezza sociale e di sviluppo socio-economico racchiuso nella espressione salute= benessere come posta dall OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) Confartigianato intende ora dedicare un complessivo impegno per promuovere fondi innovativi, per contenuti e metodologia di diffusione/gestione, in materia di previdenza, welfare, sanità con logiche di sussidiarietà, flessibilità e di una convenienza che dà concretamente valore alla cultura del risparmio: come direttrice, una visione il più possibile mirata alla persona, alla famiglia, all azienda che, come noto nell artigianato, è basata sulle persone. Va in proposito rilevato anche il fatto che è in atto una evoluzione del sistema pensionistico e ciò ha implicazioni importanti anche per la previdenza complementare: al riguardo già si vuole affermare che l adesione a un fondo pensione, come qui inteso, non deve necessariamente essere finalizzata all incremento della pensione pubblica. Il percorso che si vuole sostenere, fa leva su una logica di sussidiarietà allargata, e tende a far sì che la previdenza complementare possa diventare lo strumento privilegiato per il risparmio destinato a sostenere voci socialmente rilevanti dei bisogni familiari e individuali, e non solo il reddito dopo il pensionamento. Il fondo previdenziale, in particolare, va inteso prima di tutto sul piano culturale come strumento di vita per affrontare i grandi eventi welfare della vita, da quelli negativi sul tema della salute individuale a quelli positivi della formazione, dei legami generazionali, degli investimenti aziendali/familiari. 5

8 Riprendendo alcune idee ed iniziative presenti in altri Paesi, il nostro progetto prevede l istituzione di fondi previdenziali e per il risparmio, concepiti come strumento per i nuovi nati. Inoltre i diversi fondi (che chiamiamo welfare: previdenza e sanità integrative, non autosufficienza) sono interconnessi, formando un unico sistema, in una concreta logica di mutualità e di sussidiarietà. Ci auguriamo di passare rapidamente e con successo dalla progettualità alla traduzione operativa nella realtà del nostro sistema Confartigianato, con la collaborazione di tutti, ben sapendo che i vantaggi per i nostro associati e per la nostra stessa Organizzazione sono di straordinario valore, soprattutto con l occhio verso il futuro. Giorgio Cataldi Paolo Landi Fabio Menicacci Carmelo Rigobello Aldo Zappaterra 6

9 LE TAPPE DI UN PROGETTO PER APPUNTI Da tempo Confartigianato riflette per sviluppare,sulla base del principio della sussidiarietà, una visione di un welfare partecipato all interno del quale pubblico non è sinonimo di Stato, di Pubblica Amministrazione, ma di partecipazione collettiva e responsabile ai processi di sviluppo della società, della comunità; Confartigianato non vuole rimanere nei recinti delle buone intenzioni, delle riflessioni approfondite e cariche di suggestioni, ma vuole operare anche scelte concrete e coerenti che rispondano a principi etici, regole, responsabilità e a quel sale di fantasia che gli artigiani nel quotidiano e nella storia sanno esprimere con qualità; Abbiamo partecipato ad una ricerca, coordinata dal Consorzio AASTER insieme a CGM, CISL, Coldiretti, Federazione BCC, AUSER Lombardia, Editoriale Vita, conclusasi nel giugno 2006 con il titolo : Voglia di mutualismo, ricerca che rappresenta la piattaforma del nostro pensiero e che richiamiamo come parte integrante di questa guida per due ragioni: la prima è che ci consente di passare dalla voglia alle azioni conseguenti, con la matrice ideologica già elaborata; l altra è per ricordare Marino Bergamaschi, straordinaria persona di Confartigianato che voleva far approdare questa voglia di mutualismo in concreti luoghi dove vivono le persone, le famiglie, laddove ora stiamo tentando noi: ma anche a nome suo; Il passaggio fa leva su un appuntamento inventato da Confartigianato, il Festival della Persona, festival che vuole affermare la centralità su tutto della persona, non come individuo ma come protagonista della società, parte della comunità civile soprattutto sul fronte del welfare. Si è costituito e ha lavorato in questi mesi un gruppo di lavoro (i cui componenti sono riportati in calce) con l unico compito di passare dalla voglia di mutualismo a scelte operative, avendo come riferimento particolare il mondo degli artigiani, attivi o in pensione; Le scelte elaborate sono il contenuto di questa guida, scelte che tuttavia pensiamo utile ribadire che sono il frutto, oltre che di elaborazioni tecniche, di un profondo pensiero emerso in particolare da ultimo in occasione del Festival della Persona di Arezzo nelle edizioni 2010, 2011 (Presidente Confartigianato Giorgio Guerrini, Segretario Generale Cesare Fumagalli, Ministro Maurizio Sacconi, Presidente Welfare Italia Johnny Dotti, Prof. Gianfranco Cerea..), a conferma della linea ideologica-organizzativa decisamente orientata a scelte concrete ed innovative di sussidiarietà. 7

10 Le scelte che Confartigianato intende operare in materia prevedono una fase sperimentale già dal 2011, per poter calibrare una messa a regime dei relativi contenuti, strumenti e organizzazione di servizio: non vogliamo costruire una macchina che produce e dà prodotti, ma una realtà di servizio che attraverso affidabili risposte crei legami e generi nuovi contenuti di efficace e riconosciuto valore sociale. (Gruppo tecnico di lavoro) Gianfranco Cerea Ordinario di Economia Pubblica Università di Trento Coordinatore Johnny Dotti Welfare Italia Paolo Landi Inapa Giacomo Libardi Consorzio Nazionale cgm Fabio Menicacci Anap Massimo Pella Confartigianato Varese Ferruccio Righetto Federazione regionale artigiani veneti Carmelo Rigobello Confartigianato Persone Stefano Volpe Confartigianato Varese Mario Venturato - Inapa 8

11 MUTUA INTEGRATIVA E PREVIDENZA COMPLEMENTARE: IL CONTESTO GIURIDICO LE MUTUE VOLONTARIE Le prime esperienze di Società di Mutuo Soccorso in Itala risalgano alla metà del 1800 e la prima legge organica che ancora disciplina la materia e l attività delle Società di Mutuo Soccorso è la legge 3818 del 15 aprile Ne richiamiamo l Art. 1: Possono conseguire personalità giuridica ( ) le società di mutuo soccorso che si propongono tutti o alcuni dei seguenti fini: Assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia. Venire in aiuto alle famiglie dei Soci defunti. Si richiamano altri due disposizioni utili a fare da cornice normativa al tema: Gli enti mutualistici diverse dalle società sono disciplinati da leggi speciali.( Art Codice Civile). La mutualità volontaria è libera ( art 46 L. 833/78) Nonostante le numerose innovazioni nell'ordinamento giuridico italiano, non si è ancora riusciti a rinnovare la legge sulla Mutualità. Forse perché in un certo periodo si è creduto che le Società di Mutuo Soccorso fossero destinate a scomparire e ad essere sostituite da altre forme organizzative. Invece il D. Lgs. 517/93 ha riconosciuto le Società di Mutuo Soccorso, tra i soggetti legittimati alla gestione dei Fondi Integrativi Sanitari. Così pure l'attuale D. Lgs 229/99 di modifica della precedente riforma sanitaria: all'art 9 dedicato ai Fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale, prevede tra le fonti istitutive le Società di Mutuo Soccorso. Nel D. Lgs 460/97 le Società di Mutuo Soccorso sono state confermate nella definizione di enti non lucrativi all'art. 13 bis del TUIR alla lettera i) bis, dove, accanto alla previsione della detraibilità delle erogazioni effettuate a favore delle ONLUS, è stata inserita quella a favore dei contributi associativi versati fino ad un massimo di ,14, alle Società di Mutuo Soccorso operanti nei settori previsti dall'art. 1 della legge 3818 del 1886 (erogare ai propri soci un sussidio in caso di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie). Le definizioni Società di Mutuo Soccorso e Mutue Sanitarie Integrative vengono spesso usati come sinonimi. Attualmente molte Società di Mutuo Soccorso non si occupano di fornire direttamente servizi di assistenza legati alla malattia, alla vecchiaia, all inabilità al lavoro, come prevede la legge istitutiva, ma si dedicano principalmente ad attività di recupero del loro patrimonio storicoarchivistico o di tipo ricreativo. Quelle che operano in conformità all art. 1 della Legge istitutiva si sono invece dedicate alla Assistenza Sanitaria Integrativa. Va ricordato che i fondi sanitari integrativi devono iscriversi all anagrafe istituita dal Ministero del Lavoro sulla base delle regole e delle condizioni stabilite dal Dm 31 marzo

12 In particolare i fondi devono fornire, per consentire la deduzione, prestazioni aggiuntive rispetto a quelle erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (prestazioni odontoiatriche, prestazioni di assistenza socio-sanitaria a soggetti non autosufficienti, prestazioni per recupero della salute per soggetti temporaneamente inabilitati). Le prestazioni non devono essere inferiori al 20% dell ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni erogate dal fondo ai propri assistiti. Le mutue sanitarie nel sistema Confartigianato Il sistema delle mutue artigiane attivato dalle Associazioni di rappresentanza aderenti a Confartigianato affonda le sue radici nel dopoguerra e si è sviluppato sulla tutela sanitaria degli associati nel periodo che ha preceduto l istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978) per mezzo della mutua artigiana obbligatoria. A partire da quel periodo le mutue artigiane hanno assunto un ruolo integrativo su base volontaria rispetto al Servizio Sanitario nazionale, agevolando l accesso in forma diretta degli artigiani, dei famigliari e, in alcuni casi, dei dipendenti a una vasta gamma di servizi sanitari specialistici, nonché il risarcimento in caso di infortunio o malattia (forma indiretta). Attualmente sono circa una decina le Associazioni territoriali aderenti a Confartigianato che hanno istituito un servizio di sanità integrativa. Il Centro Nord del Paese e, in particolare Lombardia ed Emilia Romagna, risulta essere l area più sensibile al tema della sanità integrativa. L organizzazione del servizio è stata in genere affidata dalle associazioni di categoria a mutue volontarie (Como, Lecco, Pavia ) o a società di mutuo soccorso (Cesena, Lomellina, Varese, Ravenna ), ma vi sono dei casi in cui l associazione ha voluto mantenere l incarico al proprio interno (Treviso, Piemonte ) e altri ancora in cui ha scelto di aderire con una convenzione o in compartecipazione a realtà mutualistiche locali (Novara ). Per tutte le organizzazioni di carattere mutualistico la possibilità di ampliare la quantità e la qualità dei servizi utilizzabili dagli associati cresce proporzionalmente all allargamento della base associativa. Particolare attenzione è stata così posta all andamento degli iscritti che negli ultimi anni non sempre è stato positivo. In media sono circa gli imprenditori che aderiscono ad ogni mutua che, comunque, accoglie al proprio interno anche familiari e pensionati. Per rivitalizzare la base societaria si sono così delineate due soluzioni al problema degli iscritti. La maggior parte delle mutue ha scelto di conservare la matrice artigiana, cercando di rivolgersi, come bacino di utenza, all intera comunità grazie alla trasformazione in società di mutuo soccorso. Altre mutue hanno dato vita a casi interessanti di aggregazione, come a Cesena e Ravenna, dove si incontrano organizzazioni mutualistiche sanitarie in cui convergono gli iscritti di Confartigianato, Confcommercio e Confcooperative. Se si analizzano i prodotti offerti si incontrano varie tipologie di interventi: dalle convenzioni con strutture sanitarie all assistenza sanitaria attuata con rimborsi sulla diagnostica e le visite mediche e sui ricoveri ospedalieri. Ad eccezione di Varese, Como, Pavia e Treviso, i prodotti sanitari messi a disposizione dei soci dalle altre mutue sono riassicurati presso Compagnie di Assicurazione, una modalità che cautela le mutue dal rischio di erogazioni eccessive, ma di fatto rischia di burocratizzare le procedure di liquidazione e di porre in secondo piano lo spirito mutualistico. Oltre alle tipologie di prodotti sopra evidenziate, c è un altra modalità di intervento mutualistico attivata sul fronte della salute. E il caso di Treviso che da circa 30 anni interviene integrando il 10

13 salario dei dipendenti delle imprese artigiane incorsi in infortuni, malattia o maternità, attraverso meccanismi di accantonamento in una cassa comune. Come anticipato, è evidente la fatica delle mutue artigiane ad imporsi come strumenti di mutualità tra gli associati. Questo problema può essere ricondotto ad almeno tre ragioni : la concorrenza del sistema assicurativo e di quello bancario che propongono pacchetti e prodotti per la tutela sanitaria completi e concorrenziali, la difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni quei valori di solidarietà mutualistica che hanno caratterizzato la fase nascente delle mutue artigiane; i costi associativi che, pur non essendo proibitivi, si aggiungono a una lista di spese che già gravano in maniera evidente sui giovani che hanno appena avviato un attività artigiana e che spingono a rinviare gli investimenti sulla tutela della propria salute. A rafforzare gli effetti negativi sul trend di adesioni alle mutue artigiane non vi è solo il ricambio generazionale della base associativa, ma anche l afflusso di iscritti stranieri ai quali appare estranea la cultura e la pratica mutualistica orientata alla tutela sanitaria. A fronte dei diversi fenomeni che contribuiscono ad erodere la base di iscritti alle mutue artigiane, alcune associazioni hanno posto in essere diversi strumenti di comunicazione interni ed esterni, campagne, incontri personali e convegni, veri e propri uffici commerciali che a differenza di quelli delle compagnie assicurative, si sono posti l obiettivo di mantenere unito l aspetto commerciale e quello mutualistico dei prodotti offerti. Vi sono poi ambiti come quello dell assistenza domiciliare e ospedaliera alle invalidità temporanee che stanno offrendo ad alcune mutue l opportunità di sviluppare esperienze in cui l azione pubblica e del mondo assicurativo non sono in grado di garantire standard qualitativi e di prezzo adeguati. Alla perdita dello spirito mutualistico da parte delle nuove generazioni di imprenditori si sta affermando una visione utilitaristica dell adesione al sistema associativo. Se appare difficile recuperare l originario spirito mutualistico, è pur sempre vero che i cambiamenti della società, l aumento della spesa sanitaria a carico delle famiglie e la complessità dei bisogni in campo socio - sanitario non possono trovare risposta in una concezione statalista del welfare. In questo processo di trasformazione del mercato del welfare il ruolo dei privati e delle organizzazioni no profit, basato sul principio di sussidiarietà, può quindi rispondere al bisogno di servizi di pubblica utilità. Incentivare il mutualismo e la sanità integrativa è il messaggio forte alla base del Progetto di CONFARTIGIANATO PERSONE che, fermo restando il rispetto delle peculiarità territoriali delle realtà mutualistiche, si propone di personalizzare l assistenza sanitaria rivolta agli imprenditori e ai loro familiari nel rispetto di standard qualitativi e di spesa e in funzione dei diversi modelli di vita. 11

14 PREVIDENZA COMPLEMENTARE Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate alla costituzione di una prestazione pensionistica integrativa, autorizzate e sottoposte alla vigilanza di una Autorità pubblica, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP). Sono forme pensionistiche complementari: i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti, i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali e i fondi pensione preesistenti (istituiti anteriormente al novembre 1992). La scelta di aderire o meno ad una forma pensionistica complementare è sempre volontaria e personale. E innegabile che il sistema giuridico della previdenza sociale condizioni, non solo le generazioni attuali, ma anche quelle future; questa considerazione è ancor più rilevante in dipendenza, da un lato, del piatto andamento del tasso di natalità e della veloce crescita della speranza di vita, e, dall altra, della tendenza ad una crescita della spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL. S inseriscono in queste proiezioni i provvedimenti legislativi che dall ottobre 1992 ad oggi hanno modificato l assetto strutturale pensionistico pubblico, disciplinando per la prima volta la previdenza complementare. Si comincia con la L. 23 ottobre 1992 n. 421, che contiene la delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale. Nell art.3, relativo alla previdenza, il Governo viene delegato ad emanare uno o più decreti legislativi finalizzati alla riforma del sistema pensionistico pubblico ed alla regolamentazione delle forme di previdenza complementare. Il primo decreto legislativo, emanato dal Governo in attuazione della suddetta legge delega, è il D. Lgs. 30 dicembre 1992 n. 503, che consente di attuare una graduale riduzione delle prestazioni pensionistiche e l omogeneizzazione delle forme previdenziali pubbliche. Poi, con il secondo decreto legislativo, vale a dire con il D. Lgs. 21 aprile 1993 n. 124, il Governo ha disciplinato, per la prima volta in Italia, le forme pensionistiche complementari. Infine, a distanza di circa due anni dall entrata in vigore del D. Lgs. 124/1993, è stata approvata la tanto attesa legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare: L. 8 agosto 1995 n.335. Quindi, dopo anni di progetti, di discussioni e di varie parziali riforme, l Italia si avvia verso un sistema previdenziale che trasformerà gradualmente la previdenza pubblica da sistema a prestazione definitiva in struttura a contribuzione definitiva e che verrà integrato da forme pensionistiche complementari. Le prime basi normative della previdenza complementare erano contenute nella L. 23 ottobre 1992 n.421 che delegava il Governo a razionalizzare e revisionare le norme sulla sanità pubblica, impiego, previdenza e finanza territoriale. Gli obiettivi di fondo di tale legge erano: riequilibrare finanziariamente la previdenza pubblica, stabilizzando il rapporto fra spesa pubblica e prodotto interno lordo; omogeneizzare le norme dei trattamenti pensionistici pubblici; favorire lo sviluppo di forme previdenziali complementari. In attuazione della citata legge delega, hanno fatto seguito il D. Lgs. 30 dicembre 1992 n. 503 ed il D. Lgs. 21 aprile 1993 n Il D. Lgs. 503/1992, per ciò che concerne la previdenza, ha revisionato e modificato gli istituti del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici. In particolare, ha elevato progressivamente l età pensionabile a 65 anni per i maschi e 60 anni per le 12

15 femmine; aumentato gradualmente da 15 a 20 anni il requisito minimo di durata dell assicurazione e della contribuzione per ottenere il diritto alla pensione di vecchiaia ed, infine, ristretto i vincoli riguardanti i requisiti reddituali per l integrazione al trattamento minimo delle pensioni. Inoltre, ha previsto restrizioni sulla disciplina del cumulo tra pensioni e redditi da lavoro dipendente ed autonomo e modifiche al sistema di perequazione automatica delle pensioni. Da ciò discende che i suddetti provvedimenti legislativi hanno riformato solo marginalmente il regime pensionistico di coloro che sono già in pensione e di quelli che sono prossimi ad andare in pensione ; mentre per i lavoratori più giovani il cambiamento è radicale sia sotto il profilo giuridico che economico. Con l emanazione del D. Lgs. 21 aprile 1993 n. 124, pur restando invariati molti elementi del sistema previdenziale obbligatorio, la novità è data dalla disciplina delle forme pensionistiche complementari. Infatti, l art.1 del decreto legislativo citato, riprendendo un espressione già utilizzata dalla legge delega, considera i trattamenti pensionistici erogati dai fondi come trattamenti complementari del sistema obbligatorio pubblico. I beneficiari dei trattamenti in parola possono essere sia i lavoratori dipendenti, privati e pubblici, sia i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, organizzati per aree professionali e per territorio. La normativa prevede la possibilità di istituire fondi pensione aperti, stabilendo comunque che gli organi di amministrazione e di controllo devono essere composti in modo paritetico da rappresentanti dei lavoratori e del datore di lavoro. Dal punto di vista della costituzione dei fondi pensione, essi possono essere costituiti: 1) come soggetti giuridici di natura associativa non riconosciuta; 2) come soggetti dotati di personalità giuridica; 3) come fondi interni mediante l accantonamento di un patrimonio di destinazione nell ambito del patrimonio della singola società o dell ente pubblico anche economico Quanto al finanziamento, i fondi pensione sono finanziati dal c.d. contributo complessivo (quello del lavoratore e del datore di lavoro), in percentuale della retribuzione assunta a base della determinazione del TFR. Per i lavoratori di prima occupazione (successiva al 28 aprile 1993) è prevista l integrale destinazione ai fondi pensione dell accantonamento annuale del TFR. E prevista, inoltre, la vigilanza sui fondi pensione, che dovrà essere esercitata da una apposita commissione istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Sul versante fiscale, ai fondi pensione si applica la disciplina fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliare. Si sottolinea anche il fatto che i fondi, non potendo assumere impegni di tipo assicurativo, gestiscono le loro risorse mediante convenzioni con soggetti autorizzati all esercizio dell attività di intermediazione mobiliare, con imprese assicurative che effettuano operazioni sulla durata della vita umana e di capitalizzazione, con enti gestori di forme di previdenza obbligatoria oppure mediante la sottoscrizione o l acquisizione di azioni o quote di società immobiliari. Con la L. 8 agosto 1995 n. 335, oltre ad aver riformato il sistema pensionistico obbligatorio trasformandolo da sistema di tipo retributivo in quello contributivo, ha modificato molte regole che disciplinavano la previdenza complementare sotto il regime del D. Lgs. 124/1993., dimostrando, in 13

16 questo modo, che è possibile la coesistenza non più di fatto, ma di diritto, fra i due livelli pensionistici. L emanazione di norme sulle forme pensionistiche complementari nel contesto della riforma della previdenza pubblica non può far immaginare che si era voluto creare un sistema di vasi comunicanti fra la previdenza pubblica e quella complementare, in quanto, nonostante i due tipi di previdenza erano rivolti sempre alla protezione della persona umana, la previdenza complementare doveva essere utilizzata per risolvere i problemi irreversibili del sistema previdenziale italiano. Infatti, la legge sulla previdenza complementare era necessaria, dal momento che non sarebbe stato possibile ridurre le prestazioni del sistema pensionistico pubblico senza dare la possibilità ai lavoratori di compensarle con una pensione aggiuntiva. Di fatto, la previdenza complementare andrà ad integrare la pensione pubblica, che risulterà essere inferiore a quella erogata attualmente, quando la riforma andrà a regime. Però, mentre i fondi pensione verranno gestiti in base al sistema finanziario della capitalizzazione individuale, secondo il quale la pensione riconosciuta a ciascun assicurato al momento del collocamento in quiescenza dipende dal capitale accumulato con i contributi versati ed il rendimento realizzato; invece, per i fondi gestiti dall INPS i capitali individuali si accumuleranno soltanto contabilmente, poiché, di fatto, i contributi versati dai lavoratori all INPS non verranno accantonati, serviranno realisticamente a pagare le rate di pensione ai pensionati. LA SANITA INTEGRATIVA NELLA CONTRATTAZIONE PER IL COMPARTO ARTIGIANO Nel contesto di questa guida va solo posto un accenno sulla importante apertura postasi nella contrattazione per il comparto artigiano in materia di sanità integrativa e in particolare alla norma inserita nell Accordo Interconfederale Nazionale (III.6. Sanità integrativa) che stabilisce l istituzione di un Fondo nazionale di assistenza sanitaria integrativa per i lavoratori del comparto artigiano. Possiamo solo confermare l opportunità di stabilire possibili correlazioni proprio nel quadro di una visione complessiva ed efficace della sussidiarietà, magari cominciando a ridurre steccati, bizantinismi normativi e a far crescere in alternativa una cultura di sussidiarietà indispensabile per affrontare gli appuntamenti del futuro. 14

17 PREMESSA Per presentare con un adeguata configurazione i contenuti del Progetto Fondi Welfare, appare utile richiamarne, oltre che il contesto normativo come sin qui in estrema sintesi riportato, anche il pensiero : in definitiva costituisce l energia, la motivazione, la prospettiva stessa di successo di questo nostro progetto. Nell intervento che segue, si configura con una strutturazione scientifica la piattaforma cui appoggiare, poi, sul piano tecnico ed organizzativo, il percorso che vogliamo in materia realizzare SINTESI RELAZIONE PROF. GIANFRANCO CEREA ORDINARIO DI ECONOMIA PUBBLICA UNIVERSITA DI TRENTO 1. Le ragioni in favore di un welfare sussidiario E indubbio che sia da tempo in atto un generale ripensamento sul ruolo che il pubblico ricopre nell ambito della tutela economica, sociale e sanitaria dei cittadini. Il dibattito tende spesso a porre l accento sul problema della sopportabilità dei costi e sui conseguenti riflessi esercitati sul livello del prelievo fiscale e contributivo. In realtà anche altre sono le difficoltà che incontra il mantenimento di modelli di protezione sociale definiti nel secondo dopoguerra, ovvero in periodi di crescita economica e demografica. In effetti i sistemi pubblici di welfare, anche dei paesi più avanzati, si confrontano con una serie di problemi complessi e relativamente nuovi: La tendenza a scaricare sulla responsabilità pubblica il compito di soddisfare sempre nuovi bisogni; Le richieste crescenti che, soprattutto per quanto concerne la qualità, sono difficili da soddisfare su larga scala e comportano costi di produzione crescenti; I conflitti distributivi, riconducibili alla difficoltà di operare una adeguata selezione di merito, fondata su bisogni oggettivi. Queste problematiche sono rese ancor più gravi: dalla frammentazione familiare e dall accresciuta tendenza a formare nuclei composti da una sola persona; dal relativo invecchiamento della popolazione, associato alla difficoltà di mantenere le persone occupate anche in età avanzata; dalla concorrenza fiscale, ovvero dalla tendenza a contenere il prelievo tributario e contributivo per accrescere la competitività delle produzioni nazionali, in un contesto di economia globalizzata. Sul piano concettuale, le opzioni aperte per correggere questa situazione sono due: 1. Confermare la centralità del processo redistributivo fondato sull intervento pubblico e, di conseguenza, trovare il consenso per accrescere le risorse necessarie attraverso un prelievo fiscale maggiore; 15

18 2. Ridurre il ruolo del pubblico ad una funzione integrativa, ovvero limitare la tutela solo all assistenza di base, ridurre il fabbisogno di risorse e fare della capacità di pagamento individuale l elemento essenziale per l accesso a servizi di qualità adeguata. Sul piano più strettamente operativo, si va diffondendo una soluzione intermedia: il mantenimento di un buon sistema pubblico di tutela, associato però a forme di responsabilizzazione degli utenti più incisive di quelle tradizionali. Il termine spesso invocato per definire questo nuovo contesto è quello della sussidiarietà. I richiami alla sussidiarietà, ovvero ad una rivisitazione critica dell attuale ruolo del pubblico in rapporto all individuo/famiglia, al mercato e al terzo settore, rappresentano un tema ricorrente nell evoluzione dei moderni sistema di welfare. Essi si giustificano, oltre che sul piano della visione politica, anche per ragioni strettamente economiche. In effetti occorre riconoscere che gli attuali modelli di intervento pubblico sono caratterizzati da eccessiva rigidità e, soprattutto, non contengono sistematici e generalizzati incentivi alla promozione individuale e all affrancamento dal bisogno. Spesso infatti finiscono per creare una dipendenza dagli stessi e il fiorire di comportamenti opportunistici, talvolta anche su larga scala. In questo senso, la sussidiarietà nel welfare va intesa anche come strumento per promuovere efficienza ed efficacia, non solo con riferimento alla spesa pubblica, ma anche in senso più lato, ovvero per la qualità delle relazioni sociali e lo stesso progresso economico. Come tale la sussidiarietà va identificata con riferimento a vari livelli: 1. A livello di governo, attribuendo un ruolo maggiore ai soggetti più prossimi al bisogno e riconoscendo ai poteri pubblici soprattutto una funzione sostitutiva e di salvaguardia rispetto a soglie essenziali di tutela; 2. Attuando i dettami della Costituzione, ovvero riconoscendo alla sfera dei poteri locali compiti e responsabilità maggiori, associate però a dirette responsabilità di finanziamento (federalismo) e ad un effettivo esercizio di poteri sostitutivi in caso di inadempienza; 3. A livello individuale, valorizzando se e per quando è ancora possibile il ruolo della solidarietà familiare e comunque il dovere di ciascuno di assumersi le necessarie responsabilità sul piano sia delle prevenzione del bisogno che dei mezzi per far fronte allo stesso; 4. A livello di produzione dei servizi, dove è opportuno che, accanto al tradizionale pubblico, si rafforzi la presenza di alternative private e soprattutto del terzo settore; 5. A livello di finanziamento, dove la fiscalità generale deve cedere il passo a forme significative di concorso individuale, seppur graduate sulla base di meccanismi e criteri che salvaguardino la tutela dei soggetti più deboli. 2. Il caso della previdenza A livello Europeo, applicazioni di un modello di welfare sussidiario sono già state realizzate in vari campi. E però il comparto della previdenza quello che più di ogni altro ha aperto la strada, segnando anche esiti importanti sia sul piano concettuale che operativo. In particolare, soprattutto le riforme degli ultimi decenni hanno condotto alla definizione di modelli previdenziali basati su più pilastri : 16

19 - Le pensioni pubbliche a ripartizione, cui è affidato il compito di garantire la tutela di base, anche grazie alla presenza di una componente assistenziale; - Le pensioni a capitalizzazione private o del terzo settore, cui è affidato il compito di integrare le prestazioni pubbliche e che, come tali, sono associate ad importanti incentivi fiscali; - Il risparmio individuale, che assolve ad una pluralità di funzioni e dunque, potenzialmente, anche alla tutela delle persone anziane. In Italia, soprattutto con i provvedimenti dei primi anni 90, si è significativamente intervenuti sul modello delle pensioni pubbliche a ripartizione, non solo per mettere sotto controllo un sistema che comportava un peso di spesa in rapporto al PIL ben al di sopra degli standard europei, ma anche per superare una serie di limiti e di iniquità frutto di una estesa frammentazione legislativa ed espressione di un tempo ormai lontano di consistente crescita economica e demografica.. Per i lavoratori giovani e meno giovani, con gli interventi legislativi succedutisi dagli anni 90 ad oggi (e richiamati nel precedente capitolo ) si è aperta una fase nuova, in cui il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra pensione e reddito, non è più espressione esclusiva del numero di anni lavorati ma anche di altri due fattori: 1. I contributi effettivamente versati; 2. L età al momento del pensionamento. In particolare, a parità di altre condizioni il tasso di sostituzione risulta tanto più elevato se : 1. Maggiori sono i contributi pagati, soprattutto con riferimento ai primi anni lavorativi; 2. Maggiore è l età cui si va in pensione. Le due tabelle seguenti riportano gli effetti che l adozione dei nuovi modelli di previdenza pubblica avranno sulle diverse generazioni, rispettivamente di lavoratori autonomi e dipendenti. Tassi di sostituzione lordi della previdenza obbligatoria nello scenario nazionale base Lavoratori autonomi senza coniuge a carico. Fonte Ragioneria Generale dello Stato 17

20 Tassi di sostituzione lordi della previdenza obbligatoria nello scenario nazionale base Lavoratori dipendenti senza coniuge a carico. Fonte Ragioneria Generale dello Stato Diversi sono gli elementi che emergono con chiarezza. Più a lungo si versa e maggiore risulta il tasso di sostituzione. Mano a mano che diventa operativo il sistema contributivo, si manifestano tre tendenze: a parità di anni di contribuzione e di età di pensionamento il rapporto pensione/reddito diminuisce, passando ad esempio dal 79% del 2010 al 51,6% del 2020; se si va in pensione più avanti negli anni i tassi di sostituzione crescono: se oggi con 40 anni di contributi, il tasso di sostituzione è lo stesso sia che ci si ritiri a 60 o a 65 anni, nel 2020 lo stesso passa dal 51,6% al 55%; più si procede nel tempo, più i tassi di sostituzione diminuiscono a causa dell allungamento della speranza di vita registrato a livello demografico. Per attenuare questi effetti e consentire ai lavoratori di garantirsi un reddito adeguato durante la vecchiaia, già legislazione del 1990 ha previsto l introduzione di forme pensionistiche complementari, fiscalmente incentivate ed attuate attraverso l adesione volontaria a fondi pensione. 18

21 Come si può osservare dalla successiva tabella, il ricorso allo strumento della previdenza integrativa comporta un significativo innalzamento dei tassi di sostituzione ed attenuando, di riflesso, le penalizzazioni insite nell adozione dei nuovi sistemi di calcolo delle pensioni pubbliche. Tassi di sostituzione lordi della previdenza obbligatoria e complementare Lavoratori autonomi senza coniuge a carico. Fonte Ragioneria Generale dello Stato Anche alla luce di tali evidenze, organizzazioni di categoria e rappresentanti di lavoratori si sono mossi per tempo in questo campo, promuovendo i fondi pensione chiusi. A distanza di un decennio il bilancio dell iniziativa sembra evidenziare più ombre che luci: pochi iscritti rispetto alla massa dei potenziali circa 1/5 e peraltro in calo, scarsi i giovani e le donne, quasi totale assenza nella platea delle piccole imprese. Forme pensionistiche complementari. Iscritti per condizione professionale. Dati a fine 2009 Fonte Covip Il quadro non è confortante, ma non vi sono altre ragionevoli alternative: quella del risparmio appare infatti una strada obbligata, peraltro imboccata da tutta l Europa. Studi ed analisi hanno messo in evidenza che ad ostacolare una più ampia diffusione del risparmio previdenziale sono soprattutto i problemi creati dalla persistente presenza, tra la popolazione e i lavoratori, di comportamenti ispirati da razionalità limitata, da carenza di informazione e da inerzia 19

22 e pigrizia conservatrice. A questi se ne aggiungono anche altri, formando così una lista abbastanza consistente: - una diffusa e maggiore arretratezza della cultura finanziaria; - i bassi redditi e la precarietà dei rapporti di lavoro concentrati tra i giovani; - la grande frammentazione delle unità produttive, che rende difficile e costosa l informazione e la promozione; - la debolezza degli incentivi fiscali per i lavoratori a più basso reddito. Riconoscere questi limiti e questi problemi rappresenta un passo fondamentale per poter rilanciare lo strumento dei fondi pensione. E però evidente che occorre un ripensamento profondo di tutto il modello. Non basta cioè invocare campagne di promozione o ulteriori incentivi fiscali. 3. La funzione sussidiaria e allargata della previdenza complementare fra de jure condito e de jure condendo Gli argomenti sviluppati, soprattutto con riferimento alla previdenza ed al ruolo dei fondi pensione, lasciano intendere che occorre imboccare un cammino diverso. Gli argomenti generalmente utilizzati per la diffusione della previdenza complementare, hanno fatto riferimento al bisogno pensionistico che si manifesterà fra decenni e alla modestia dei tassi di sostituzione, garantiti in futuro dalla previdenza pubblica. In realtà si deve riconoscere che questi argomenti sono andati progressivamente perdendo di importanza, anche per effetto di una serie di ulteriori riforme venute a maturazione nel corso di quest ultimo decennio. Sul piano fiscale la riforma Maroni del 2005, attuata con il D.Lgs n 252, prevede in particolare che, in materia di conferimenti al fondo integrativo: 1. a partire dall inizio del 2006, i contributi versati ad una forma pensionistica complementare sono completamente deducibili dal reddito complessivo entro l importo di 5.164,57. Viene pertanto meno il limite di deducibilità del 12% del reddito stesso, così come i vincoli per i lavoratori dipendenti legati al doppio della quota di TFR destinata alle forme di previdenza integrativa. 2. a partire dal 2007, ai lavoratori di prima occupazione successiva all 1/1/2007 e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari, viene consentito, nei 20 anni successivi al quinto di partecipazione, dedurre dal reddito complessivo contributi superiori al limite predetto di 5.164,57, pari alla differenza tra ,85 (= 5.164,57 x 5) e i contributi effettivamente versati nei precedenti cinque anni, e comunque per un importo annuo non superiore a 2.582,29. Per quanto riguarda invece la tassazione delle prestazioni, lo stesso decreto ha previsto quanto segue: 1. Le prestazioni erogate, sia in forma di capitale sia in forma di rendita, vengono soggette ad una ritenuta a titolo di imposta pari al 15%. L aliquota del 15% viene poi ridotta di una quota pari allo 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione ad una 20

23 forma pensionistica complementare, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Pertanto, per chi potrà vantare almeno 36 anni di partecipazione ad una forma di previdenza complementare, l aliquota applicata sarà pari al 9%. 2. Viene confermata la possibilità di utilizzare le somme accantonate sul fondo pensione anche a titolo di anticipazione. L importo massimo richiedibile a tale titolo non può mai essere superiore al 75% del montante accumulato. 3. Qualora l anticipazione venga richiesta per spese sanitarie (a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti come tali dalle competenti strutture pubbliche) è prevista l applicazione della medesima aliquota prevista per le prestazioni previdenziali (15%), con progressiva riduzione dell aliquota stessa secondo quanto descritto in precedenza; in questo caso, l anticipazione è richiedibile in qualsiasi momento. 4. Qualora invece l anticipazione venga richiesta per finanziare l acquisto (o la ristrutturazione) della prima casa (per sé o per i figli), è prevista l applicazione, a titolo di imposta, dell aliquota fissa del 23%; inoltre, in quest ultimo caso devono essere trascorsi almeno 8 anni dal momento dell iscrizione ad una forma pensionistica complementare. 5. In caso di riscatto, per tutte le fattispecie previste dall art. 14, comma 2 e 3 del D. Lgs. 252/05 (in occupazione temporanea, procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, invalidità permanente, morte) è prevista l applicazione, agli importi corrispondenti ai redditi non ancora tassati, dell aliquota del 15% con progressiva riduzione secondo il meccanismo già illustrato precedentemente. 6. In ipotesi di riscatto per cause diverse da quelle previste dalla legge (genericamente definite ulteriori esigenze dell aderente ), la ritenuta da applicare, sempre sulla parte di redditi non ancora tassati, è pari al 23%: in quest ultima ipotesi, devono essere trascorsi almeno 8 anni dalla prima iscrizione ad un fondo pensione complementare e il limite massimo riscattabile è pari al 30% della posizione maturata. Queste disposizioni di natura prevalentemente fiscale hanno aperto una prospettiva nuova per la previdenza complementare italiana, legittimandone apertamente la funzione di accompagnamento e di sostegno rispetto ai bisogni del lavoratore che si manifestano lungo tutta la sua carriera e non solo al momento del pensionamento. Un secondo passaggio importante è contenuto nella legge n. 122 del luglio La norma interviene, in particolare, sul tema dei requisiti di accesso al sistema pensionistico a due livelli: - Inserisce un intervallo da 12 a 18 mesi tra il momento in cui maturano i diritti alla pensione e il momento in cui avviene l erogazione della pensione; - Prevede che, a decorrere dal 2015, i requisiti anagrafici e i valori della somma di età ed anzianità contributiva siano adeguati, con cadenza triennale, agli incrementi della speranza di vita Con questa misura, del tutto coerente con l impianto contributivo del sistema pensionistico pubblico, non solo si accresce il livello di sostenibilità della previdenza a ripartizione garanzia fondamentale per la sua tenuta di lungo periodo ma si lancia altresì un segnale importante: l età pensionabile non è più un dato fisso, sancito legislativamente, ma una variabile che dipende 21

24 dall evoluzione demografica. In altri termini: se si vive più a lungo si deve lavorare anche più a lungo. Oltre che ad incidere sul piano dei comportamenti e delle scelte individuali, il diverso orientamento normativo appare in grado di produrre effetti rilevanti anche per quanto riguarda le prospettive di lungo termine del rapporto tra pensione e reddito. I tassi di sostituzione, riportati nelle simulazioni ufficiali e riferiti ad un futuro che si colloca tra qualche decennio, non appaiono infatti adeguati rispetto all evoluzione della normativa. Non solo appare priva di significato l informazione che riguarda i tassi di sostituzione per i lavoratori con 58 anni di età, ma anche il dato calcolato per l età di 65 anni finisce per perdere valore, se calcolato per il 2030 o, ancor di più, per il Per allora è ragionevole attendersi che l età pensionabile arrivi a raggiungere la soglia dei 70 anni. Età più elevate e un maggior estensione del periodo di contribuzione previdenziale comportano aumenti più che proporzionali del tasso di sostituzione. In particolare si può stimare che un lavoratore autonomo, con 40 anni di contributi e 70 anni di età la pensione pubblica possa rappresentare circa il 50% del reddito. Se si aggiungono altri 5 anni di contribuzione il rapporto diventa prossimo al 56%. Se il calcolo si effettua poi sui valori al netto del prelievo fiscale e previdenziale, il rapporto pensione reddito per chi nel 2050 avrà 70 anni e 45 di contributi finisce per collocarsi su soglie prossime al 70%-75% del reddito. Nel caso dei lavoratori dipendenti, che come è noto versano contributi previdenziali più elevati di quelli previsti per gli autonomi, il dato corrispondente può essere indicato su valori prossimi all 80% del reddito. La complessità della problematica e la numerosità dei fattori che influenzano queste simulazioni sono tali da attribuire alle evidenze suggerite un valore orientativo. E però chiaro che con l innalzamento dell età pensionabile e il prolungamento dell età lavorativa, lo scenario della previdenza pubblica obbligatoria non ha più le tinte fosche delle tabelle elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato. Tale evoluzione delle pensioni pubbliche ha implicazioni importanti anche per la previdenza complementare. Tassi di sostituzione come quelli prima indicati comportano che, per una parte importante dei lavoratori autonomi, l adesione a un fondo pensione non deve necessariamente essere esclusivamente finalizzata all incremento della pensione pubblica. Sulla scorta di questa conclusione, l ipotesi che si vuole qui sostenere, è quella che, secondo una logica di sussidiarietà allargata, la previdenza complementare possa diventare e vada intesa come lo strumento privilegiato per il risparmio destinato a sostenere voci socialmente rilevanti dei bisogni familiari e individuali, e non solo il reddito dopo il pensionamento. Già oggi la normativa consente, attraverso il ricorso alle anticipazioni, di poter prelevare una parte dei patrimoni accumulati nel fondo pensione complementare per la casa, la salute o altre finalità a discrezione dell iscritto. Ciascuna di queste forme di anticipazione è assoggettata ad un diverso onere fiscale che, come tale, riflette già un principio di priorità e sensibilità rispetto alle possibili destinazioni delle risorse: il 15% nel caso delle spese sanitarie e il 23% per l acquisto della prima casa, il 15% per la rendita pensionistica, la normale tassazione Irpef in tutti gli altri casi. Partendo da tale previsione normativa e riconoscendo l importanza di ciò che accadrà alle pensioni pubbliche, sarebbe auspicabile un allargamento delle anticipazioni anche per altre finalità, arrivando in conclusione ad un elenco come quello seguente: - la casa, - la formazione propria e dei figli, - la salute, - l assistenza, 22

25 - la non autosufficienza, - la precarietà dei redditi durante la vita lavorativa Altrettanto importante sarebbe riconoscere agevolazioni fiscali per tutte queste finalizzazioni del risparmio previdenziale. Più in particolare, ricordando che l aliquota del 15% scende fino al 9% per periodi di permanenza prolungata nel fondo, si potrebbe proporre che tale livello di prelievo fosse esteso a tutte le destinazioni prima elencate. L agevolazione fiscale dovrebbe essere strutturata in modo tale da incentivare l impegno a ripristinare nel tempo e con gradualità le somme prelevate comunque in misura significativa. Raggiunta l età della pensione, ed in relazione anche agli specifici fabbisogni, le somme accumulate potrebbero essere utilizzate per finanziare sia la previdenza che i bisogni connessi alla non autosufficienza. Un disegno di razionalità potrebbe prevedere che l adesione al fondo sia altresì associata ad una assicurazione collettiva che copra i rischi connessi all invalidità e alla non autosufficienza, limitatamente al periodo di età in cui avviene l accumulazione. Come già detto in precedenza, la copertura dei fabbisogni in età avanzata dovrebbe invece avvenire mediante l utilizzazione dei patrimoni accumulati. Ma probabilmente tutto ciò non basta ancora. Redditi che crescono poco, difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, discontinuità dei rapporti, debolezza degli strumenti pubblici di sostegno temporaneo portano a ritenere che parlare di risparmio, soprattutto ai giovani, può facilmente essere interpretato come una proposta fuori luogo, soprattutto se si pensa a quanto elevati siano i bisogni immanenti e i costi che comporta la decisone di fare famiglia e magari un figlio. Se un giovane si iscrive tardi ad un fondo previdenziale, tutto il ragionamento precedente rischia di risultare non pertinente e di non produrre gli effetti sperati. Il fondo previdenziale va inteso come una cultura da promuovere. Come tale dovrebbe da subito caratterizzare l esistenza d una persona. Riprendendo alcune idee ed iniziative sparse in vari paesi, la proposta che si vuole qui formulare è quella che prevede l istituzione di fondi previdenziali e per il risparmio, concepiti come strumento per i nuovi nati. Una norma potrebbe in particolare prevedere la possibilità di adesione a fondi previdenziali convenzionati con lo Stato o, in una logica di sussidiarietà, con le regioni che intendessero istituire lo strumento. L iscrizione al fondo dovrebbe avvenire con la formula del silenzio-assenso: salvo dichiarazione contraria l ufficiale di anagrafe provvederebbe ad iscrivere il neonato ad un fondo di default, caratterizzato da una gestione finanziaria prudente, con garanzia del capitale. Il genitore, se lo volesse, potrebbe essere libero di indicare un fondo alternativo, sempre convenzionato, ed eventualmente una linea di investimento diversa da quella prudente. Fino al 18 anno di età i costi del fondo, così come dell iscrizione, dovrebbero essere pari a zero, almeno con riferimento alla linea garantita. Il modello potrebbe avere ovviamente delle varianti. Nulla vieta infatti che tra i fondi convenzionati vi possano essere anche quelli promossi dalle categorie e, in particolare, dagli artigiani. In una fase iniziale la stessa categoria potrebbe fare da apripista dell iniziativa, promuovendo lo strumento previdenziale esteso a tutti i familiari. La proposta ha importanti profili anche dal punto di vista macroeconomico e finanziario. Si tratta in effetti di un modello di incentivazione del risparmio, che oggi appare tendenzialmente in calo per quasi tutti i paesi sviluppati. Inoltre apre la possibilità per forme di gestione e di investimento per grandi patrimoni. In particolare si potrebbe proporre che una quota significativa dei patrimoni sia destinata ad una gestione finanziaria comune su base europea. L investimento potrebbe concentrasi 23

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