Procedure. Profili reddituali delle plusvalenze nel concordato preventivo. concorsuali

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1 Procedure Profili reddituali delle plusvalenze nel concordato preventivo di Giulio Andreani e Angelo Tubelli Nonostante la disciplina delle procedure sia stata interessata negli ultimi anni da numerose modifiche normative, con riguardo alla disciplina fiscale è mancata una riforma complessiva, in favore di interventi di «manutenzione» apprezzabili, ma sporadici e asistematici. In particolare, è tuttora controverso il perimetro di applicazione della disposizione contenuta nell art. 86, comma 5, del T.U.I.R. e, segnatamente, da un lato, se l irrilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze realizzate in sede di concordato ricorre solo nel concordato con cessione dei beni o anche nelle altre forme di concordato e, dall altro, se tale regime di non imponibilità trova applicazione anche qualora la procedura si concluda con un residuo attivo. Con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (1), il legislatore ha nuovamente modificato la disciplina delle procedure e, in particolare, quella del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, al fine di valorizzarne la funzione di garantire la prosecuzione dell attività d impresa. Sotto il profilo fiscale, con il medesimo strumento è stata estesa agli accordi di ristrutturazione - seppure con qualche rilevante differenza - la disposizione contenuta nell art. 88, comma 4, del T.U.I.R., relativamente alla detassazione della sopravvenienza attiva da esdebitamento, ma restano irrisolte alcune problematiche interpretative relative ad altre disposizioni. Plusvalenze e minusvalenze realizzate in sede di concordato preventivo A tale ultimo riguardo, nessuna modifica ha interessato la disposizione contenuta nell art. 86, comma 5, del T.U.I.R., a norma del quale «la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento». Dottrina e giurisprudenza, in linea di principio, sono concordi nel ritenere che la finalità della norma testé citata può essere astrattamente individuata nella volontà del legislatore: da un lato, di favorire l adesione alla procedura concordataria, evitando la nascita di un debito d imposta che, sebbene successivo alla procedura stessa, secondo l Amministrazione finanziaria (2) avrebbe dovuto gravare sulla medesima; dall altro lato, di impedire che, in capo ad un soggetto che subisce lo «spossessamento» dell intero patrimonio, possa sorgere un obbligazione relativa alle imposte reddituali, al cui pagamento quel soggetto non potrebbe adempiere, non disponendo di alcun mezzo per effetto del predetto spossessamento. La ratio di tale disposizione sembra, quindi, riecheggiare quella posta a fondamento della previsione contenuta nell art. 88, comma 4, del T.U.I.R., venendo il reddito d impresa in pendenza del concordato preventivo disciplinato nell ottica di alleggerire il peso degli oneri fiscali gravanti sulla procedura concorsuale, in considerazione della sostanziale «incapacità contributiva» che caratterizza l impresa in stato di dissesto. In questo senso, si comprende come, per espressa previsione normativa, l esclusione da imponibilità si applichi non solo ai beni strumentali, ma anche alle rimanenze di magazzino Giulio Andreani - Professore di diritto tributario presso la Scuola Superiore dell Economia e delle Finanze - Dottore commercialista Angelo Tubelli - Dottore commercialista (1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n (2) Cfr., ex multis, R.M. 22 maggio 1980, n. 9/916, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. 1014

2 e all avviamento, presupponendo - il trasferimento di quest ultimo - la cessione in blocco dell intero complesso aziendale (che dà luogo all emersione di un unica plusvalenza o minusvalenza, a prescindere dalla presenza nel complesso aziendale di beni da cui originano ricavi). L ambito applicativo dell art. 86, comma 5, del T.U.I.R. resta, peraltro, tuttora controverso. Almeno sul piano letterale, infatti, l intassabilità delle plusvalenze sembrerebbe circoscritta alla «cessione» dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo, che di regola non è idonea a generare plusvalenze, dato che non ha come effetto il trasferimento della proprietà sui beni «ceduti» in capo ai creditori (3). Tuttavia, secondo l orientamento che trova ampia e consolidata conferma in giurisprudenza, la «cessione» dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo deve essere inquadrata nell istituto privatistico disciplinato dagli artt ss. c.c. Pertanto, in base a quest ultima norma, tale «cessione» non produce l immediato trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale avente ad oggetto tali beni), ma l attribuzione agli organi della procedura della legittimazione a disporre dei beni medesimi, consistendo essa in un mandato irrevocabile (in rem propriam) conferito nell interesse di terzi (i creditori) a gestire e a liquidare il patrimonio ceduto (4). Dunque, se con la disposizione de qua - aderendo rigorosamente al dato letterale - il legislatore avesse voluto affermare che la IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE Procedura concorsuale conclusasi con un residuo attivo Ci si chiede se il regime di non imponibilità IRES di plusvalenze e minusvalenze previsto dall art. 86, comma 5, del T.U.I.R. trovi applicazione anche nell ipotesi in cui la procedura concorsuale, dopo che i creditori sono stati soddisfatti nella misura stabilita dalla proposta concordataria, si concluda con un residuo attivo. Specificamente, la questione concerne la tassabilità delle plusvalenze emergenti dalla liquidazione dei beni attuata in esecuzione del concordato, anche relativamente alla parte di reddito da esse generato che eventualmente residui dopo il pagamento delle spese di giustizia e dei creditori. Nonostante il tenore letterale della norma, in base al quale non sembrerebbero sussistere margini per ritenere inapplicabile l esclusione di cui all art. 86, comma 5, del T.U.I.R. anche alle plusvalenze che concorrono al superamento del deficit concordatario e che vengono devolute alla società dopo la chiusura della procedura, si ritiene che l eventuale residuo attivo concorra alla formazione del reddito, atteso che in relazione a esso non si genera alcuno spossessamento e non è configurabile quindi il presupposto che giustifica l esclusione dalla tassazione delle plusvalenze. Procedure «cessione» dei beni ai creditori non è di per sé atta a generare plusvalenze, la norma sarebbe del tutto inutile e pleonastica. In questo senso si è espressa la Corte di cassazione con la sent. 4 giugno 1996, n (5), affermando che l art. 54, comma 6 (ora art. 86, comma 5), del T.U.I.R. deve essere letto in combinato disposto con le fattispecie idonee a generare una plusvalenza individuate nel comma 1, lett. da a) a c), del medesimo articolo. Al riguardo, dovendosi escludere per evidenti motivi le ipotesi sub b) e c) (in quanto del tutto estranee al caso concordato preventivo), la «cessione» dei beni ai creditori non può essere ricondotta neppure all ipotesi sub lett. a), poiché la cessione a titolo oneroso implica l alienazione del bene e quindi un effetto che, a causa della formulazione della proposta di concordato e della sua approvazione, non (3) In questo senso si espresse il SE- CIT nella relazione sull attività di accertamento relativa all anno (4) Cfr., ex multis, Cass., 23 agosto 1991, n. 5306; Id., 18 dicembre 1991, n , in Banca Dati BIG Suite, IP- SOA; Id., 21 gennaio 1993, n. 709, ivi; Id., 1 giugno 1999, n. 5306, ivi, e Id., 11 agosto 2000, n , ivi. Tale tesi è stata confermata anche successivamente alla riforma apportata alla legge fallimentare nel 2005 (in tal senso cfr. Trib. di Roma, sent. 23 luglio 2010). Chiaramente la predetta impostazione non trova applicazione nell ipotesi in cui la cessione dei beni abbia eccezionalmente efficacia traslativa, rappresentando in quel caso una forma di datio in solutum (cfr. F.S. Filocamo, «Commento all art. 182 della legge fallimentare», in La legge fallimentare, a cura di M. Ferro, 2011, pag. 2089). Sulle varie posizioni assunte in ordine alla natura giuridica della cessione di beni ai creditori, si veda G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2008 pag. 805 ss. (5) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. 1015

3 Procedure si realizza, dato che la titolarità dei beni rimane in capo al debitore. Di conseguenza, la disposizione in oggetto non può intendersi rivolta all offerta dei beni ai creditori in sede di concordato, ma al trasferimento degli stessi a soggetti terzi da parte degli organi giudiziali, legittimati a disporne e a provvedere alla loro liquidazione, al fine di realizzare il soddisfacimento dei creditori nella misura indicata dalla proposta omologata. Successivamente anche l Amministrazione finanziaria (6), sposando le argomentazioni esposte dalla Corte di cassazione nella citata sent. n del 1996 e già condivise dalla dottrina, disattendendo il parere del SECIT, ha affermato che «l agevolazione tributaria concessa dalla predetta disposizione ha ad oggetto non solo la «cessione dei beni ai creditori», ma anche le vendite dei beni ceduti, effettuate (nei confronti di terzi) dal commissario giudiziale al fine di ricavare i mezzi liquidi necessari per soddisfare i creditori». Ne consegue che «la parte dell utile di esercizio corrispondente alla plusvalenza conseguita a fronte della cessione dei beni (immobili) effettuata dalla società... non configura componente reddituale imponibile ai fini dell imposizione diretta». In conclusione, alla luce della relativa ratio, la disposizione de qua viene (condivisibilmente) letta nel senso che l evento, individuato dall art. 86, comma 5, come inidoneo a generare plusvalenze imponibili, è in realtà rappresentato dalla vendita a terzi dei beni ceduti in sede di concordato con cessio bonorum. Procedura concorsuale conclusasi con un residuo attivo Ciò posto, occorre chiedersi se il regime di non imponibilità previsto dall art. 86, comma 5, possa trovare applicazione anche nell ipotesi in cui la procedura concorsuale, dopo che i creditori sono stati soddisfatti nella misura stabilita dalla proposta concordataria, si concluda con un residuo attivo. Specificamente, la questione concerne la tassabilità delle plusvalenze emergenti dalla liquidazione dei beni attuata in esecuzione del concordato, anche relativamente alla parte di reddito da esse generato che eventualmente residui dopo il pagamento delle spese di giustizia e dei creditori. Secondo una parte della dottrina, invero minoritaria, la non imponibilità delle plusvalenze di cui all art. 86, comma 5, del T.U.I.R. sarebbe giustificata solamente quando la cessione dei beni opera quale mezzo diretto al soddisfacimento dei creditori. Pertanto, nel caso in cui dalla liquidazione dei beni dell impresa, finalizzata a soddisfare i creditori nella misura prevista dalla proposta concordataria, discenda la realizzazione di un residuo attivo, la disposizione in esame non si renderebbe in alcun modo applicabile, nemmeno alla quota della plusvalenza utilizzata per soddisfare i creditori. Un diverso orientamento sostiene, invece, l intassabilità integrale delle plusvalenze realizzate in esecuzione della procedura concordataria, anche nel caso in cui questa termini con un residuo attivo. Ciò in considerazione del fatto che, in base alla regola ermeneutica per cui ubi lex voluit dixit, il legislatore avrebbe intenzionalmente inteso non assoggettare a tassazione anche l eventuale residuo attivo, sancendo un regime fiscale differente rispetto a quello previsto per la procedura fallimentare. Infine, secondo una terza tesi, l intassabilità del residuo attivo risulterebbe in contrasto con la ratio legis, poiché la finalità dell art. 86, comma 5, del T.U.I.R. è quella di non assoggettare a imposizione le plusvalenze realizzate nel corso della procedura concorsuale limitatamente alla parte preordinata a soddisfare i creditori. Pertanto, l esclusione da imposizione del residuo attivo non troverebbe alcuna giustificazione, anzi contrasterebbe con quanto previsto in casi analoghi e, in particolare, con riguardo al fallimento (7). Non si vede, infatti, la ragione per cui il legislatore avrebbe dovuto sancire l imposizione dell eventuale residuo attivo maturato nel corso del periodo fallimentare e prevedere invece la completa detassazione del surplus (inteso come valore fiscale delle attività che residuano dopo l integrale pagamento dei debiti e delle spese di (6) Cfr. risoluzione 1 marzo 2004, n. 29/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. (7) Cfr. G. Zizzo, «Aspetti problematici della determinazione del reddito d impresa in sede di chiusura della procedura fallimentare», in Riv. dir. trib. n. 9/1992, I, pag

4 giustizia) conseguito nell ambito del concordato preventivo con cessione dei beni. Nonostante il tenore letterale della norma, in base al quale non sembrerebbero sussistere margini per ritenere inapplicabile l esclusione di cui all attuale art. 86, comma 5, del T.U.I.R. anche alle plusvalenze che concorrono al superamento del deficit concordatario e che vengono devolute alla società dopo la chiusura della procedura (8), è opinione di chi scrive che l eventuale residuo attivo concorra alla formazione del reddito, atteso che in relazione a esso non si genera alcuno spossessamento e non è configurabile quindi il presupposto che giustifica l esclusione dalla tassazione delle plusvalenze de quibus. Forme di concordato diverse da quella con cessione integrale dei beni Un ulteriore «tema aperto» riguarda la possibilità di estendere il regime previsto dall art. 86, comma 5, a forme diverse dal concordato con cessione dei beni. Sotto il profilo letterale la norma contiene un esplicito riferimento esclusivamente a quest ultimo tipo di concordato. Quanto all aspetto teleologico, nei concordati eseguiti secondo modalità diverse da quella della cessione integrale dei beni non si produce l effetto dello spossessamento, il quale costituisce proprio il presupposto dell esclusione delle plusvalenze dalla tassazione prevista dalla norma di cui trattasi. Quindi, la suddetta estensione del campo di applicazione della norma di cui trattasi non pare consentita, per il che, in tali ipotesi, il conseguimento di plusvalenze - verificandosi nell ambito dell ordinaria attività produttiva - risulta imponibile secondo le ordinarie IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE Concordati con modalità diverse dalla cessione integrale dei beni Un «tema aperto» riguarda la possibilità di estendere il regime previsto dall art. 86, comma 5, del T.U.I.R. a forme diverse dal concordato con cessione dei beni. Sotto il profilo letterale la norma contiene un esplicito riferimento esclusivamente a quest ultimo tipo di concordato. Quanto all aspetto teleologico, nei concordati eseguiti secondo modalità diverse da quella della cessione integrale dei beni non si produce l effetto dello spossessamento, il quale costituisce il presupposto dell esclusione delle plusvalenze dalla tassazione prevista dalla norma. Quindi, l estensione del campo di applicazione della norma in esame non pare consentita, per il che, in tali ipotesi, il conseguimento di plusvalenze - verificandosi nell ambito dell ordinaria attività produttiva - risulta imponibile secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito d impresa. Procedure regole di determinazione del reddito d impresa. Le medesime conclusioni possono essere estese alle nuove forme di concordato preventivo ammesse dall art. 160 della legge fallimentare, a seguito della riforma che ha recentemente interessato tale procedura. In particolare, la nuova disciplina svincola il debitore dalla necessità di cedere l intero suo patrimonio e quindi riconosce la possibilità, per l imprenditore in crisi, di cedere una parte soltanto dei suoi beni (per esempio, quelli non funzionali alla prosecuzione dell attività d impresa, o quelli facenti parte di uno o più rami d azienda) (9). Sul punto è stato sostenuto che ogni soluzione della crisi d impresa che travalichi lo schema classico della cessione dei beni ai creditori non rientra nell ambito previsto dall art. 86, comma 5, del T.U.I.R. (10). Questa conclusione ci sembra condivisibile, perché, anche nel concordato con cessione parziale dei beni, l imprenditore non subisce un vero e proprio spossessamento e quindi viene meno la fattispecie che giustifica l esclusione della tassazione delle plusvalenze (quanto meno fino a concorrenza del valore delle attività non «cedute»); tuttavia - proprio in applicazione del principio di capacità contributiva - l imponibile non può eccedere l ammontare del patrimonio «conservato» dall impresa. (8) Per una disamina delle suddette tesi si rinvia a D. Di Prospero ed E. Belli Contarini, «Art. 54, comma 6, del T.U.I.R.: intassabilità del residuo attivo realizzato in sede di concordato preventivo», in Boll. trib. n. 8/2002, pag (9) Cfr. S. Ambrosini - P.G. Demarchi - M. Vitiello, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, Bologna, 2009, pag (10) Cfr. C. Zafarana, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure, IPSOA, 2010, pag

5 Procedure Plusvalenze e minusvalenze realizzate in sede di accordi di ristrutturazione del debito Per altro verso, neppure in occasione della recente riforma il legislatore ha ritenuto opportuno chiarire in via normativa quale sia il rapporto sussistente tra detto istituto e quello del concordato preventivo. Infatti, la natura giuridica e la collocazione sistematica degli accordi di ristrutturazione sono apparse controverse fin dalla loro introduzione. Tali accordi sono stati talora configurati quale species del più ampio genus del concordato preventivo da regolamentare, come tali, nell ambito di detto procedimento (alla stregua di un «piccolo concordato»); nella maggioranza dei casi, invece, essi sono stati configurati come istituto del tutto autonomo e alternativo (11). La giurisprudenza di merito occupatasi della questione tuttora propende per l esclusione della possibilità di qualificare l accordo come forma semplificata (o accelerata) di concordato preventivo, accogliendo la diversa tesi che attribuisce perfetta autonomia giuridica agli accordi di ristrutturazione dei debiti (12), conformemente a quanto affermato dalla dottrina maggioritaria (13). Nonostante sia contraddistinto da una fase giudiziale, infatti, l accordo resterebbe un contratto di diritto privato che non soggiace all obbligo di rispettare la par condicio creditorum, efficace unicamente tra i sottoscrittori dello stesso e non produttivo di effetti giuridici nei confronti dei creditori che ne sono rimasti estranei. Il progressivo consolidarsi della «tesi autonomista», escludendo la configurabilità degli accordi di ristrutturazione dei debiti come una peculiare forma di concordato preventivo, impedisce quindi - almeno sotto il profilo lessicale - di SOLUZIONI OPERATIVE Nuovo concordato preventivo La nuova disciplina di concordato preventivo di cui all art. 160 della legge fallimentare svincola il debitore dalla necessità di cedere l intero suo patrimonio e quindi riconosce la possibilità, per l imprenditore in crisi, di cedere una parte soltanto dei suoi beni. Sul punto è stato sostenuto che ogni soluzione della crisi d impresa che travalichi lo schema classico della cessione dei beni ai creditori non rientra nell ambito previsto dall art. 86, comma 5, del T.U.I.R. Si ritiene questa conclusione condivisibile, perché, anche nel concordato con cessione parziale dei beni, l imprenditore non subisce un vero e proprio spossessamento e quindi viene meno la fattispecie che giustifica l esclusione della tassazione delle plusvalenze; tuttavia, in applicazione del principio di capacità contributiva, l imponibile non può eccedere l ammontare del patrimonio «conservato» dall impresa. estendere l applicazione delle disposizioni dettate in tema di concordato preventivo agli accordi di ristrutturazione, così come più volte sostenuto dall Agenzia delle entrate. Tant è vero che, con il D.L. n. 83/2012, il legislatore ha dovuto espressamente modificare il tenore letterale del comma 4 dell art. 88 e il comma 5 dell art. 101 del T.U.I.R. (in tema di perdite su crediti), al fine di equiparare, per quanto ritenuto possibile, la disciplina fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitamento e delle perdite su crediti discendenti da detti accordi a quella prevista in sede di concordato preventivo (prevedendo l esclusione da imposizione per le prime e la deduzione automatica per le seconde). Ciò posto, l esclusione dalle imposte dirette prevista per le plusvalenze realizzate nell ambito del concordato preventivo con cessio bonorum potrebbe essere estesa agli accordi di ristrutturazione disciplinati dall art. 182-bis l.f., se questi fossero da qualificare come una particolare forma di concordato preventivo, poiché in questo caso le plusvalenze conseguite in tale sede rientrerebbero nella previsione contenuta nell art. 86, comma 5, del T.U.I.R. Tuttavia, tale assimilazione appare da escludersi alla luce delle considerazioni sopra esposte. Ad (11) Sulle diverse posizioni assunte in merito cfr. G. Andreani e A. Tron, Crisi d impresa e ristrutturazione del debito, Milano, 2012, pag. 234 ss. (12) Si vedano al riguardo le numerose sentenze annotate da L. Mandrioli, «Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art bis della legge fallimentare», in Il Fallimento n. 5/2010, pag (13) Cfr., ex multis, V. Zanichelli, I concordati giudiziali, UTET, 2010, pag. 601; C. D Ambrosio, «Gli accordi di ristrutturazione dei debiti», in Fallimento e altre procedure, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, UTET, 2009, 3, pag

6 avviso di chi scrive dovrebbe fare comunque eccezione l accordo di ristrutturazione eseguito mediante l integrale cessione dei beni ai creditori (che è peraltro assai raro), atteso che, in questa particolare ipotesi, il debitore consegue il medesimo effetto che potrebbe ottenere attraverso la procedura concordataria, senza però doverne subire i relativi costi. Stante la medesima finalità dei due procedimenti e differendo essi, sostanzialmente, nel momento dell acquisizione del consenso dei creditori (che nell accordo di ristrutturazione precede la fase prettamente giudiziale, mentre nel concordato preventivo interviene durante detta fase), si dovrebbe ritenere applicabile anche a questa particolare fattispecie il medesimo regime fiscale, stante la perfetta identità di ratio. Questo aspetto è stato valorizzato in dottrina al fine di estendere la disposizione contenuta nell art. 86, comma 5, del T.U.I.R. (nonché le altre norme testualmente riferite al concordato preventivo) ai «nuovi» istituti di volta in volta introdotti nella legge fallimentare, che, ancorché non inquadrabili quale species del più ampio genus del concordato IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE Plusvalenze e minusvalenze negli accordi di ristrutturazione dei debiti L art. 86, comma 5, del T.U.I.R. esclude da IRES le plusvalenze e le minusvalenze dei beni realizzate tramite la «cessio bonorum» nell ambito del concordato preventivo, senza contenere alcun riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti. In virtù della «ratio» della norma, analoga esclusione dovrebbe valere anche con riguardo ai suddetti accordi, almeno per quelli che ne condividono le medesime finalità e modalità di attuazione. Procedure preventivo, «esprimano una logica di sostegno di qualificati interessi generali, rispetto alla quale può riconoscersi che operi quel favor delle norme tributarie del quale si è detto» (14), caratterizzante, in particolare, le soluzioni della crisi d impresa volte a favorire la conservazione del complesso aziendale e a considerare la disgregazione liquidatoria dello stesso quale ipotesi di extrema ratio. Chi si muove in questa diversa ottica attribuisce una portata meramente ricognitiva alla modifica recata dal D.L. n. 83/2012 all art. 88, comma 4, del T.U.I.R. (15) e, di conseguenza, ritiene applicabile in via interpretativa l art. 86, comma 5, del T.U.I.R. agli accordi di ristrutturazione, pur in assenza di un apposita previsione normativa al riguardo (16). (14) Così testualmente F. Dami, «Irrilevanza delle sopravvenienze attive per accordi di ristrutturazione del debito e piani attestati», in Corr. Trib. n. 41/2012, pag (15) Con riguardo all art. 88, comma 4, si veda A. Contrino, «Accordi di ristrutturazione del debito e modifiche alla disciplina del reddito d impresa», in Corr. Trib. n. 35/2012, pag (16) Cfr. F. Dami, op. loc. cit., pag

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