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1 Le Malte Dal punto di vista micro-strutturale una malta può considerarsi un materiale abbastanza simile ad una roccia sedimentaria clastica nella quale i clasti sono costituiti dai granuli (o dai singoli cristalli) dell aggregato, tenuti insieme dal legante a formare una massa solida. Le caratteristiche di resistenza meccanica di una malta dipendono dalla coesione che si stabilisce tra i composti che si formano durante il processo di presa e dall adesione che si stabilisce tra di essi e i granuli dell aggregato. Le malte possono essere classificate in funzione dell impiego (es. malta di allettamento, malta per intonaco, malta per iniezioni, malta per stuccatura, ecc.) oppure in funzione del tipo di legante. Questo secondo criterio è indubbiamente più utile ai fini della conoscenza del materiale e della sua conservazione. I leganti possono essere distinti in leganti aerei, se i processi di presa e indurimento possono avvenire soltanto in ambiente aereo e leganti idraulici, se questi processi possono avvenire anche in ambiente subacqueo. Il passaggio dalla consistenza pastosa iniziale a quella indurita finale viene distinto in due fasi successive: --presa: la malta perde la sua fluidità iniziale, diventa più consistente e può mantenere la forma impartita dall utilizzatore --indurimento: la massa ormai solida acquisisce una resistenza meccanica migliore rispetto a quella iniziale. In molti casi (malte a calce aerea, a calce idraulica e a cemento) ciò avviene in concomitanza con il verificarsi di reazioni chimiche alle quali partecipa l acqua ancora presente nell impasto. Nella tabella seguente i materiali leganti vengono elencati in base a questa definizione: 1

2 Gli aggregati sono costituiti da materiale sciolto (incoerente) e hanno in genere granulometria variabile tra quella delle sabbie (0,06 e 2 mm) e quella delle ghiaie (7-30mm);nel caso del calcestruzzo viene impiegato anche pietrisco in frammenti di dimensioni superiori. Gli aggregati possono essere ottenuti da materiale disponibile in natura (ghiaia, sabbia di fiume, di lago o marina, sabbia di cava, pozzolana) oppure dalla frantumazione di materiali diversi (es. pietra, marmo, mattoni, malte derivate dalla demolizione di altre strutture); infine, in tempi relativamente recenti, e soprattutto per malte cementizie, sono impiegati sottoprodotti industriali come le ceneri volanti, ottenute dalla combustione del carbone nelle centrali termoelettriche, o le argille attivate mediante un processo di cottura. Gli aggregati vengono raggruppati in due diverse categorie in funzione della loro reattività con il legante: Oltre al legante e all aggregato, le malte possono a volte contenere anche altri componenti in piccola percentuale, aggiunti allo scopo di conferire particolari caratteristiche come una migliore adesività o impermeabilità all acqua (per es. pece, bitume, latte, grassi animali o vegetali, ecc., nel caso di malte antiche ; adesivi di sintesi come emulsioni acriliche, viniliche, ecc. nel caso di moderni prodotti industriali). Per migliorare le proprietà meccaniche, soprattutto la resistenza a trazione, sono invece aggiunti materiali a struttura fibrosa come ad esempio peli animali, paglia o fibre tessili nel caso delle malte antiche, fibre sintetiche nel caso dei moderni prodotti industriali. 2

3 A pressione atmosferica la dissociazione inizia intorno a 600 C ed è completa quando si raggiunge la temperatura di circa 900 C. La calce viene ottenuta per cottura di pietre calcaree piuttosto pure, a temperature comprese tra 850 e 950 C. Gli attuali forni industriali, con elevata capacità di produzione, lavorano a temperature che arrivano anche fino a 1200 C per ottenere una più rapida dissociazione del calcare. La resa teorica del processo (calcolata in base alla reazione di dissociazione e ai pesi molecolari del carbonato e dell ossido) è del 56% (100kg di carbonato danno 56 Kg diossido). Nella pratica la resa è più bassa, soprattutto a causa delle impurezze che possono essere presenti nel calcare di partenza. La pietra da cuocere viene frantumata in pezzi piuttosto grossolani in modo che, durante la cottura restino molti spazi vuoti tra i frammenti e sia facilitata la circolazione dei gas di combustione. I calcari macrocristallini come i marmi non vengono in genereusati come materia prima per la produzione della calce in quanto, sottoposti al forte riscaldamento richiesto dal processo, si disintegrano polverizzandosi, per la forte anisotropia termica della calcite e per le caratteristiche strutturali del materiale. La polverizzazione provoca la riduzione degli spazi tra i frammenti, riducendo l efficienza del processo. Quando il processo di cottura è effettuato correttamente, l ossido di calcio che si ottiene è un solido poroso e molto reattivo. Se si cuoce il calcare a temperature notevolmente superiori a quella di dissociazione, cresce la dimensione media dei cristalli di CaO e il materiale diviene più compatto e meno reattivo. A 1600 si ottiene un ossido cotto a morte. Quando si usano calcari dolomitici la decomposizione avviene in due fasi: a temperatura tra 700 e 750 C si forma l ossido di magnesio e a 900 C quello di calcio. Il prodotto finale, in questo caso, è costituito dalla miscela dei due ossidi. Se la calce viva è stata ottenuta da un calcare magnesiaco, nel processo di spegnimento si produce anche idrossido di magnesio: Le modalità di spegnimento hanno una forte influenza sulle caratteristiche del prodotto finale. Se l ossido viene fatto reagire con la quantità stechiometrica di acqua (18 litri di acqua per 56 Kg di ossido) si ottiene un solido in polvere che viene comunemente indicato come calce idrata. Se invece la quantità di acqua è in notevole eccesso rispetto alla quantità stechiometrica si ottiene una massa morbida, pastosa e untuosa al tatto, nota come grassello. Il sistema tradizionale di spegnimento è quello in fossa, che consiste nell immettere le zolle di calce viva in una fossa scavata nel terreno e contenente acqua. Una volta avvenuto lo spegnimento, la sospensione di idrossido viene lasciata stagionare per tempi che variano da alcune settimane a molti mesi. Durante la stagionatura la quantità di acqua trattenuta dal grassello aumenta e, parallelamente aumentano il suo volume e la sua plasticità. Ciò è dovuto alla capacità dei cristallini di idrossido di calcio di trattenere strati plurimolecolari di acqua, sulla loro superficie. Gli strati più lontani dalla superficie sono trattenuti da una forza di attrazione minore, sono più mobili e deformabili e possono agire da lubrificanti tra i cristalli, dando l effetto di plasticità tipico del grassello. Il minor rendimento in grassello delle calci magnesiache è dovuto alla presenza dell ossido di magnesio, che si idrata più lentamente di quello di calcio e alla presenza dell idrossido corrispondente, che trattiene un minor volume di acqua. Sia l idrossido di calcio sia quello di magnesio sono più solubili in acqua a freddo che a caldo: la solubilità a 20 C è, rispettivamente, 1,8g/l e 0,009g/l. Alla presenza di granuli sinterizzati di ossido di calcio (cotti molto oltre la temperatura di decomposizione della calcite e divenuti troppo densi) che non si sono idratati 3

4 durante lo spegnimento è attribuita la formazione dei cosiddetti bottaccioli negli intonaci. Si tratta di piccole zone nelle quali si verifica un fenomeno di espansione ritardata del granulo sinterizzato che produce il distacco di un frammento di intonaco con la forma tipica di una piccola piramide a base circolare il cui vertice coincide con il granulo stesso. Il rendimento in grassello di una calce è dato dal rapporto tra il volume del grassello ad incipiente fessurazione (cioè quando l acqua non trattenuta è stata fatta evaporare) e il peso della calce viva impiegata; esso è espresso in m3/ton. I calcari ad elevata purezza (CaO > 95%) danno calci grasse Si ottiene pertanto nuovamente lo stesso composto dal quale si era partiti per l ottenimento della calce, identico come composizione chimica e struttura cristallina. Si tratta infatti di calcite, in cristalli di piccolissime dimensioni, confrontabili con quelle della calcite nei calcari sedimentari microcristallini. Spesso, nella descrizione delle malte a calce, il prodotto del processo di presa viene anche chiamato calce carbonatata. Riassumendo si può descrivere la produzione della calce e il suo processo di presa come un ciclo: Come specificato nel paragrafo precedente, l idrossido ha una discreta solubilità; l acqua presente nel grassello o nell impasto ottenuto da calce idrata è in realtà una soluzione satura di idrossido nella quale si scioglie spontaneamente anche una certa quantità di CO2, gas normalmente presente nell aria. Ciò produce una soluzione di acido carbonico, parzialmente dissociato in ioni carbonato CO3-2. Gli ioni calcio e gli ioni carbonato danno luogo alla formazione di carbonato di calcio, che essendo pochissimo solubile, si separa in forma di minuti cristallini. Ciò provoca la diminuzione della concentrazione degli ioni calcio nella soluzione e rende così possibile che altro idrossido si disciolga e possa reagire con altra CO2. Si instaura così una successione di reazioni che può continuare finché tutto l idrossido si è carbonato, a condizione che la massa resti umida. Se essa si asciuga, la reazione necessariamente si interrompe prima che tutto l idrossido si sia trasformato in carbonato: Nel caso di calci magnesiache, anche l idrossido di magnesio si carbonata con una reazione analoga a quella descritta per l idrossido di calcio. Il prodotto della reazione è costituito da carbonati e carbonati basici di magnesio idrati come la nesquehonite e l idromagnesite. Il passaggio da idrossido a carbonato di calcio, e l evaporazione dell acqua provoca un notevole ritiro della massa che può cominciare a fratturarsi. La presenza dell aggregato contrasta questo fenomeno in quanto costituisce una frazione che non partecipa al ritiro. Esso aumenta la porosità della massa e quindi contribuisce al processo di presa della calce, facilitando la penetrazione del biossido di carbonio e la reazione di carbonatazione. L aggregato inoltre contribuisce al miglioramento delle proprietà meccaniche della malta, in quanto costituisce uno scheletro sul quale aderiscono i minuti cristalli di calcite che si vanno formando. Per svolgere al meglio il suo ruolo, l aggregato deve avere una granulometria compresa entro un intervallo non troppo ristretto, in modo che le particelle più piccole possano riempire insieme al legante gli spazi che si creano tra i frammenti più grandi. La granulometria è anche legata allo specifico impiego della malta: nel caso degli intonaci, ad esempio, essa in genere diminuisce passando dallo strato più interno, a contatto con la muratura (arriccio), a quello più esterno (intonachino): ciò permette una buon aderenza al substrato murario ed una superficie esterna più liscia e adatta a ricevere un eventuale strato pittorico o una coloritura. Infine, non va trascurato che l aggregato svolge anche una funzione estetica, in quanto sia per la sua granulometria, sia per il suo colore, influisce notevolmente sulle proprietà ottiche della malta indurita. 4

5 Le sabbie che si impiegano per la preparazione di malte a calce sono silicee o calcaree o miste. Vanno evitate le sabbie argillose o che contengano terriccio e sabbie che contengano sali solubili in acqua per gli effetti nocivi che questi materiali provocano sulla durabilità della malta. I rapporti tra legante e aggregato, necessari per la preparazione di una buona malta a calce e sabbia, oscillano tra 1: 3 e 1:2 e sono comunemente espressi in volume. Considerando che la resa in grassello è intorno a 2,5 m3/ton (o cm3/mg) per una calce grassa e almeno 1,5 m3/ton (o cm3/mg) per una calce magra, e ipotizzando un peso di volume della sabbia intorno a 1,5, si possono calcolare i rapporti in peso tra ossido di calcio e sabbia e dal peso dell ossido si può calcolare la quantità di carbonato prodotto dal processo di carbonatazione. Questo dato è utile per risalire ai rapporti in volume iniziali partendo dalla quantità di calcite presente in una malta già indurita, come spesso si richiede quando si studiano le malte antiche. La pozzolana propriamente detta è un materiale naturale, di natura silicatica, prodotto durante le eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo-parossistico, che non si è cementato durante i processi diagenetici, rimanendo pertanto incoerente. Il brusco raffreddamento subito con l espulsione dal cono vulcanico ha impedito che il magma si solidificasse lentamente e potesse dar luogo a composti cristallini. Infatti, la peculiarità più importante della pozzolana è il suo elevato contenuto in sostanze vetrose, con elevata micro-porosità (nelle pozzolane laziali, ad es. la fase vetrosa è circa l 80% del totale). A queste componenti vetrose si deve la reattività nei riguardi della calce. La composizione chimico-mineralogica delle pozzolane varia con la zona di formazione, ma in generale si può dire che la frazione vetrosa è ricca soprattutto di silicio e alluminio; ferro, magnesio, calcio, potassio e altri elementi sono presenti in quantità secondarie. Soprattutto gli elementi alcalini contribuiscono a determinare l attività pozzolanica del materiale. I componenti minerali cristallini che si accompagnano alla frazione vetrosa svolgono un ruolo di scheletro inerte e contribuiscono alle caratteristiche estetiche della pozzolana; La calce idraulica viene ottenuta da calcari marnosi, cioè contenenti argille, per cottura a temperature di circa 950 C. Il quantitativo ottimale di argilla è stimato intorno al 15-20%. I complessi processi che si verificano durante la cottura possono essere schematizzati come segue: Tra 500 e 700 C: perdita dell acqua di costituzione delle argille e distruzione della loro struttura cristallina; Tra 600 e 900 C: formazione di silice, allumina e ossido di ferro dai composti amorfi prodotti nella fase precedente; contemporanea decomposizione del carbonato di calcio e formazione dell ossido CaO; Fino a 1100 C: reazione del CaO con silice, allumina e ossido di ferro con formazione di silicati, alluminati e ferriti di calcio (soprattutto silicato bicalcico, e, in minor quantità, alluminato tricalcico) Nella miscela di ossidi che si formano durante il processo di cottura, il CaO è in largo eccesso rispetto alla somma di tutti gli altri, pertanto nel prodotto finale rimane una parte di ossido di calcio non legato come silicato, alluminato e ferrito. Il prodotto della cottura viene spento con la quantità di acqua (in genere non più del 10-15%) necessaria a formare la calce idrata dal CaO libero, senza usare alcun eccesso, per evitare l idratazione degli altri composti; esso è posto in commercio in polvere. Nel caso delle calci a bassa idraulicità, il prodotto viene posto in commercio in zolle senza essere spento. Quando la calce idraulica viene messa in contatto con l acqua i silicati, alluminati e ferriti di calcio, che a temperatura ambiente sono fasi anidre, instabili in presenza di acqua, si solubilizzano e formano le corrispondenti fasi idrate. Queste fasi idrate sono praticamente insolubili e riprecipitano, soprattutto in forma di gel e, in 5

6 parte, di sostanze micro-cristalline. Questi materiali si cementano fortemente e induriscono con il tempo. L idrossido di calcio formatosi dall idratazione dell ossido in eccesso subisce il processo, più lento, di carbonatazione. Dunque: Le analogie con quanto avviene nel caso delle malte a base di calce aerea e aggregato pozzolanico sono molto evidenti. L idraulicità delle materie prime per la produzione di calci e cementi può essere valutata mediante il rapporto tra gli ossidi derivanti dalla componente argillosa e quelli della componente calcarea; questo rapporto è chiamato indice di idraulicità ed è indicato con la lettera I: Oltre che per cottura di marne, la calce idraulica può anche essere ottenuta cocendo un calcare al quale è stata aggiunta una opportuna quantità di argilla. Pur essendo in ogni caso un prodotto non disponibile in natura, è invalsa l abitudine di indicare come calce idraulica naturale quella ottenuta dalla cottura di marne e calce idraulica artificiale quella ottenuta da miscele intenzionali di calcare e argilla. Le malte ottenute con calce idraulica hanno, a parità di aggregato, resistenza meccanica più elevata delle malte a calce aerea, mentre la porosità aperta è confrontabile, almeno come valore totale. Esse inoltre resistono meglio all azione dell acqua, grazie alla presenza dei composti idraulici. MALTE A GESSO DEFINIZIONI E NOMENCLATURA Il gesso è un minerale con la composizione chimica del solfato di calcio biidrato, CaSO4.2H2O. Esso si deposita da acque ricche di ioni calcio e ioni solfato e può formare ammassi rocciosi di notevole consistenza, detti pietra da gesso, impiegati anche come materiale da costruzione, (ad esempio per la torre degli Asinelli a Bologna). I depositi caratterizzati da gesso particolarmente puro e con struttura saccaroide compatta costituiscono l alabastro gessoso, utilizzato soprattutto per piccole sculture ed oggetti decorativi. Il gesso può anche formare cristalli molto grandi e trasparenti che prendono il nome di selenite. Il solfato di calcio anidro CaSO4 corrisponde al minerale chiamato anidrite; con questo stesso nome viene anche indicata la roccia da esso costituita, che viene usata soprattutto come materiale per scultura e che, ad un esame superficiale, può apparire simile al marmo bianco. Petrograficamente le diverse varietà sono tutte classificate come rocce sedimentarie di deposito chimico o evaporiti Il solfato di calcio anidro esiste, oltre che nella fase stabile presente in natura, anche in altre modificazioni di cui una metastabile (una fase metastabile si trasforma molto facilmente nella corrispondente fase stabile per piccoli apporti energetici, come per es. agitazione del sistema, azione di un catalizzatore, ecc.). Esiste inoltre anche una forma emiidrata del solfato di calcio, corrispondente alla formula CaSO4.1/2H2O. Quest ultima non è presente in natura essendo una fase metastabile, che tende cioè a trasformarsi molto facilmente o nella fase bi-idrata o in quella anidra, a seconda delle condizioni a cui è esposta. Nella tabella che segue vengono riassunte le diverse fasi del solfato di calcio: 6

7 Se si prosegue il riscaldamento fino a circa 200 C si ottiene la disidratazione dell emiidrato e la formazione dell anidrite solubile. Nella pratica si impiega pietra da gesso frantumata e si arriva in genere a temperature intorno ai 160 C, che provocano la parziale formazione della forma anidra solubile. Nel prodotto finale, tuttavia, l anidrite solubile tende a scomparire per parziale nuova idratazione e formazione dell emi-idrato. Spesso il gesso da presa del commercio viene addittivato con prodotti (acceleranti o ritardanti) che ne regolano la velocità di presa in funzione di specifiche necessità. PROCESSO DI PRESA DEL GESSO Quando è posto in contatto con acqua, il solfato di calcio emi-idrato si trasforma molto facilmente nel corrispondente solfato bi-idrato. A sua volta l anidrite solubile, come già detto al paragrafo precedente, si trasforma rapidamente nell emi-idrato, e quindi nel composto bi-idrato che risulta, in ogni caso, il prodotto finale del processo di idratazione: Come nel caso della calce, anche per il gesso si ha un ciclo che partendo dal solfato biidrato della pietra da gesso, porta al solfato emi-idrato, con proprietà leganti, il quale, per interazione con l acqua di impasto, fa presa e si ritrasforma nel solfato bi-idrato di partenza. Il processo di idratazione si realizza in due fasi e si basa sulla maggiore solubilità, a tutte le temperature, di ogni fase metastabile, rispetto a quella stabile corrispondente: 1. solubilizzazione dell emi-idrato (solubilità circa 10 g/l a temperatura ambiente) 2. precipitazione del bi-idrato dalla soluzione sovrassatura (solubilità circa 2,5 g/l a temperatura ambiente). I cristalli di gesso che si formano inizialmente sono molto piccoli e danno luogo ad una massa di aspetto quasi gelatinoso; man mano che si accrescono, essi diventano cristalli aciculari molto sottili che si intrecciano e aderiscono fortemente tra loro. L acqua di impasto viene in parte fissata dal bi-idrato e in parte evapora, a causa del calore che si sviluppa nel processo. Ciò produce la progressiva scomparsa dell effetto lubrificante dell acqua sui cristallini di gesso e l indurimento della massa. TRATTAMENTI CONSERVATIVI DEI MATERIALI LAPIDEI ARTIFICIALI Molte delle tecniche e dei materiali descritti per la conservazione dei MATERIALI LAPIDEI NATURALI può essere impiegata anche per la conservazione delle malte, ferma restando l esigenza della sperimentazione preliminare per la scelta del sistema da adottare per ogni specifico caso. Nella pratica, il problema della conservazione di una malta antica si pone essenzialmente nel caso di manufatti a stucco e per gli intonaci, mentre per le malte di allettamento si procede, quando necessario, ad iniezioni che sono finalizzate a rinforzare la struttura muraria con aggiunta di una nuova malta, piuttosto che a trattamenti specifici applicati a quella deteriorata. Nel caso degli intonaci, una delle forme di alterazione a cui si deve più frequentemente porre rimedio è rappresentata dai distacchi. La riadesione delle zone distaccate non può essere ottenuta con un trattamento di consolidamento così come inteso nel caso dei materiali lapidei naturali, in quando gli spazi da colmare e le superfici da far aderire sono molto più grandi. 7

8 È necessario perciò ricorrere all iniezione localizzata di un nuovo materiale che deve rispondere a precisi requisiti: Fluidità sufficiente a permettere la penetrazione entro spazi dell ordine di qualche millimetro o decimi di millimetro, con l uso di sovrapressioni molto modeste come quelle che possono essere applicate a mano con una siringa Capacità di aderire alle pareti distaccate (la superficie interna dell intonaco e il supporto murario, oppure le superfici di due strati successivi di intonaco) Compatibilità chimica e fisica con i materiali originari. I risultati più soddisfacenti si ottengono attualmente con l impiego di malte fluide che abbiano la capacità di far presa anche in assenza o scarsezza di aria e piuttosto rapidamente, cioè con malte a calce e pozzolana o con malte a calce idraulica, spesso addizionate con un fluidificante per permetterne una migliore iniettabilità. È evidentemente molto importante verificare preliminarmente che il prodotto da impiegare abbia i requisiti sopra accennati e la buona compatibilità soprattutto per quel riguarda il potenziale rilascio di sali solubili e la formazione di prodotti espansivi per interazione con il gesso, assai spesso presente nelle murature e negli intonaci antichi. 8

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