Il potere di autotutela della P.A. in relazione alla S.C.I.A.

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1 Il potere di autotutela della P.A. in relazione alla S.C.I.A. L autotutela è stretta tra l immanenza del potere amministrativo e il giudicato sostanziale. Quest ultimo indica la necessità che il provvedimento mantenga una certa stabilità per esigenze di certezza, la quale è posta a protezione dell affidamento dei privati, ma risponde anche ad esigenze pubblicistiche, considerando che una P.A. inaffidabile può disincentivare la contrattazione da parte dei privati con la P.A. stessa. Al contrario, l immanenza indica che il potere di autotutela è un potere inesauribile della P.A., volto a salvaguardare nel tempo l interesse pubblico. In particolare l autotutela è un potere immanente della Pubblica Amministrazione e consiste nella possibilità di ritirare o annullare provvedimenti emanati in precedenza, che risultino sconvenienti o illegittimi. Tale potere è funzionale al buon andamento e all efficienza della P.A., giacchè permette di perseguire costantemente l interesse pubblico, anche ponendo nel nulla precedenti esternazioni del pubblico potere. Caratteristiche dell autotutela sono, dunque, l immanenza e la discrezionalità. Precisamente per immanenza si intende la caratteristica di essere connaturata al potere e di permanere anche a seguito dell esternazione dal potere stesso. Il legame viscerale tra potere di primo grado ed autotutela è così intenso, che anche nel periodo storico in cui non erano codificate le ipotesi di autotutela, non si è mai dubitato dell esistenza dell autotutela stessa. Inoltre l autotutela è discrezionale. La giurisprudenza ha precisato che si tratta di un provvedimento massimamente discrezionale, il cui esercizio dipende esclusivamente dalle valutazioni di opportunità della P.A. L autotutela come sin qui intesa, dunque, rappresenta un potere di secondo grado che ne giustifica la denominazione quale autotutela decisoria o provvedimentale.

2 Al contrario si parla di autotutela esecutiva, laddove la P.A. dia esecuzione coattivamente a provvedimenti già emanati (art. 21 ter l.241/90). Esistono, tuttavia, ipotesi di autotutela doverosa, nelle quali il vizio dell atto e/o gli interessi tutelati sono così rilevanti, da imporre il ritiro dell atto stesso. Ne sono esempi la revoca di autorizzazioni e concessioni, prevista dal Codice Antimafia dal 2011, il ritiro del permesso di costruire da parte della Regione sai sensi dell art. 39 T.U. sull edilizia, l autotutela finalizzata a conseguire risparmi o minori oneri finanziari contemplata dalla legge finanziaria per il 2005 e l ipotesi di provvedimento anticomunitario. Ulteriore norma che riduce la discrezionalità dell autotutela è stata introdotta dalla l.164/2014. Tale norma ha aggiunto nell art. 21 nonies l.241/90 il periodo rimangono ferme le responsabilità connesse all adozione o al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. Con tale disposizione, dunque, il legislatore chiarisce che la scelta tra annullamento e non annullamento non è priva di conseguenze. Inoltre sulla natura di tali responsabilità, l opinione prevalente sostiene che si tratti di una ipotesi di responsabilità che giustifica il risarcimento del danno. Altro carattere dell autotutela è quello di consistere in un provvedimento che elide gli effetti di un precedente atto. In relazione a tale caratteristica l autotutela in senso stretto si distingue dai provvedimenti di conferma e convalida. Questi ultimi sono pur sempre provvedimenti di secondo grado, ma finalizzati alla manutenzione dell atto di primo grado e non alla sua eliminazione. Le due forme di autotutela in senso stretto sono la revoca (art. 21 quinquies l.241/90) e l annullamento d ufficio (art. 21 nonies l.241/90), cui si aggiunge pure la sospensione dell efficacia ovvero dell esecuzione del provvedimento ai sensi dell art. 21 quater comma 2, in caso di gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario. Le due principali forme di autotutela hanno presupposti ed effetti diversi. La revoca opera su provvedimenti legittimi e può essere attuata nei casi di sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento imprevedibile della situazione di fatto e nuova valutazione dell interesse pubblico originario (in tale ultimo caso però la revoca non può incidere su provvedimenti di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici ). Può incidere solo su provvedimenti ad

3 efficacia durevole e determina l inidoneità del provvedimento a produrre ulteriori effetti (facendo salvi gli effetti già prodotti). Inoltre se la revoca comporta pregiudizi nei confronti dei soggetti interessati, l amministrazione ha l obbligo di indennizzare. Infine la revoca di un atto (sia ad efficacia istantanea, che durevole) può incidere a cascata anche su rapporti negoziali. In tal caso è previsto che l indennizzo sia parametrato al solo danno emergente, tenendo conto dell incidenza del comportamento del privato che abbia concorso a condurre la P.A. ad una erronea valutazione dei fatti e dell interesse pubblico. Notevolmente diverso è l annullamento d ufficio, il quale opera su provvedimenti illegittimi ab origine. Ai fini dell annullamento è sufficiente che sussista un interesse pubblico allo stesso (non occorre invece alcun mutamento della situazione di fatto o una nuova valutazione dell interesse originario). Ciò in quanto si tratta pur sempre di un atto illegittimo, che contrasta con la legge per motivi non formalistici, ma sostanziali (infatti si esclude l annullamento d ufficio nei casi del art. 21 octies comma 2 l.241/90). Dunque l illegittimità e l interesse pubblico sono requisiti sufficienti a sorreggere un provvedimento di annullamento d ufficio. Siccome però l annullamento può ledere il legittimo affidamento del privato, l art. 21 nonies richiede che esso avvenga entro un termine ragionevole (che nel caso di provvedimenti di autorizzazione o concessione di vantaggi economici non può comunque essere superiore a 18 mesi) e che tenga conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Inoltre se la P.A. non ha interesse all annullamento può ricorrere alla convalida, sempre entro un termine ragionevole. Infine qualora il provvedimento (da annullare) sia stato adottatto sulla base di dichiarazioni false, la P.A. può annullarlo anche oltre il termine di 18 mesi, giacchè in questi casi il privato non vanta un affidamento legittimo, essendo lo stesso in mala fede. In realtà, per quanto concerne il termine di 18 mesi, si è discusso sulla sua natura ordinatoria ovvero perentoria: una prima tesi ne afferma la natura ordinatoria, sulla falsa riga del termine di conclusione del procedimento di cui all art. 2 l.241/90; al contrario, una seconda tesi, preferibile, ne sostiene la natura perentoria, evidenziando l insostenibilità di una autotutela consentita sine die. Quanto agli effetti dell annullamento d ufficio, tradizionalmente si riteneva che lo stesso operasse ex tunc. Ciò in quanto l atto era invalido ab origine. Avvalorava tale impostazione anche il parallelismo con l annullamento giurisdizionale, pacifica,mente ritenuto retroattivo.

4 Attualmente l annullamento giurisdizionale è considerato a geometria variabile (sia ex nunc che ex tunc, sia totale che parziale), in ossequio al principio di effettività della tutela. Conseguentemente si ritiene che anche l annullamento d ufficio possa godere di una simile flessibilità. Dunque anche l annullamento d ufficio potrà operare ex nunc, perché ciò risponde all interesse pubblico perseguito. L autotutela assume una speciale rilevanza in materia di S.C.I.A. Ciò in quanto in simili ipotesi la P.A. non ha contribuito all elaborazione del provvedimento, il quale, al contrario, è il risultato del suo mancato intervento. La S.C.I.A., infatti, è uno strumento di liberalizzazione parziale, che consente al privato di sostituire ogni atto di autorizzazione, licenza, nulla osta, comunque denominato, con una propria segnalazione certificata. A seguito di tale segnalazione il privato può intraprendere l attività, salve le successive verifiche della P.A. Qualora quest ultima non intervenga, risulta evidente che l intera vicenda resta fondata esclusivamente sulla dichiarazione del privato, mancando qualsiasi tipo di provvedimento da parte della P.A. Ecco perché in tal caso assume grande rilievo l autotutela, perché la P.A, in prima battuta non ha effettuato un approfondito bilanciamento degli opposti interessi. E opportuno sottolineare che nel caso in esame si parla di autotutela in senso atecnico, giacchè manca un provvedimento di primo grado da ritirare. Prima dell intervento della l. 124 del 2005 si riteneva che, a seguito della presentazione di una S.C.I.A., la P.A. fosse titolare di quattro tipologie di poteri: inibitorio, sanzionatorio, interdittivo e di autotutela. Il potere inibitorio consente alla P.A. di vietare la prosecuzione dell attività e rimuovere gli effetti dannosi già prodotti, salva la possibilità per il privato di conformare la propria attività, entro il termine di 60 giorni. Allo spirare dei 60 giorni si consuma tale potere inibitorio, ma permane il cd. potere sanzionatorio, da attivare in presenza di dichiarazioni false contenute nella S.C.I.A. Tale potere è adottabile in ogni tempo (comportando la caducazione della S.C.I.A.), poiché la S.C.I.A. non si è formata regolarmente. Inoltre in simili casi è prevista anche la reclusione da 1 a 3 anni. Nei casi di pericolo di danno per taluni interessi cd. sensibili (patrimonio artistico, culturale, pubblica sicurezza, etc.) la P.A. a seguito dei 60 giorni può azionare altri due poteri: quello interdittivo, previo accertamento dell impossibilità di tutelare i beni incisi attraverso la conformazione, e l autotutela ( in senso atecnico) ai sensi degli artt. 21 quinquies e nonies.

5 Siccome entrambi i poteri (interdittivo e di autotutela) scattano in presenza dei medesimi presupposti, ci si è chiesti quale fosse il senso della norma che li contempla unitamente. In sostanza prevedere un peculiare potere interdittivo accanto al generale potere di autotutela appariva poco logico. L unica spiegazione poteva essere quella di ritenere la previsione di un doppio potere un richiamo ad abundantiam, per chiarire che, nonostante non si trattasse di autotutela in senso stretto, alla P.A. era comunque consentito precludere una attività lesiva di interessi sensibili. Tale scenario è stato rivoluzionato con la l. 124/2015, la quale ha modificato le disposizioni sia in materia di S.C.I.A., che di annullamento d ufficio. A seguito della riforma in parola sono mutati i poteri esercitabili da parte della P.A., in conseguenza della presentazione di una S.C.I.A. Entro il termine di 60 giorni la P.A. continua ad essere titolare del potere inibitorio, tramite il quale può impedire la prosecuzione dell attività, rimuovere gli effetti e chiedere la conformazione, previa sospensiva, dell attività. In mancanza di conformazione entro il termine concesso dalla P.A. l attività si intende vietata. Una volta scaduto il termine di 60 giorni (30 nel caso di S.C.I.A. edilizia) è previsto che l amministrazione adotta comunque i provvedimenti previsti dall art. 19 comma 3 (cioè potere inibitorio, sospensivo e conformativo) in presenza delle condizioni previste dall art. 21 nonies. Attualmente, dunque, non sussistono più quattro tipologie di poteri in capo alla P.A., ma solo due modalità di una medesima tipologia di potere. La prima modalità consiste nel divieto di prosecuzione, rimozione degli effetti, sospensione e conformazione entro 60 giorni dalla presentazione della S.C.I.A. La seconda tipologia ha lo stesso contenuto ( testualmente provvedimenti di cui al comma 3 ) e può essere azionata anche dopo la scadenza dei 60 giorni, purchè ricorrano le condizioni previste dall art. 21 nonies. L art. 19 comma 4, dunque, richiama il comma 3 dello stesso articolo per indicare quali siano i poteri azionabili. Richiama, invece, l annullamento d ufficio (e non anche la revoca) per chiarire quali siano i presupposti per esercitare i poteri tardivamente(dopo i 60 giorni o i 30 giorni nel caso di S.C.I.A. edilizia). L art. 21 nonies annovera i seguenti requisiti: illegittimità del provvedimento, vizio non meramente formalistico, interesse pubblico all annullamento, termine ragionevole (che nel caso di autorizzazioni o provvedimenti attributivi di vantaggi

6 economici non può essere superiore a 18 mesi), contemperamento con gli interessi del segnalante e dei controinteressati, salvezza della convalida. Infine l annullamento può avvenire anche dopo i suddetti 18 mesi, qualora l atto sia stato emanato sulla base di dichiarazioni mendaci, fatta salva l applicazione delle sanzioni penali. I requisiti appena menzionati devono essere adattati al caso di specie, giacchè nell ipotesi della S.C.I.A. non sussiste una autotutela in senso stretto, mancando un originario atto amministrativo da ritirare o annullare. Tale adattamento può essere effettuato nei termini che seguono. L illegittimità del provvedimento, richiesta dall art. 21 nonies, deve essere intesa come irregolarità della S.C.I.A. per carenze non meramente formalistiche e tali da impedirne il perfezionamento. Deve sussistere un interesse pubblico prevalente alla caducazione della S.C.I.A., rispetto al permanere in vita della stessa. Inoltre il potere deve essere esercitato entro un termine ragionevole, non potendo pendere sine die, sussistendo il rischio di un eventuale pregiudizio per il privato. Solo in presenza di dichiarazioni mendaci sarà possibile intervenire anche dopo un notevole lasso di tempo, giacchè in tali casi non sussiste un legittimo affidamento da tutelare. A seguito della novella del 2015, dunque, la P.A. può intervenire avverso la S.C.I.A. in tre modi: in via ordinaria entro il termine previsto (60 o 30 giorni); in via di autotutela atecnica, qualora ricorrano i requisiti di cui all art. 21 nonies (in particolare il termine ragionevole); può infine intervenire anche oltre il termine di 18 mesi, qualora la S.C.I.A. si sia formata sulla base di dichiarazioni mendaci. Con riguardo a tale termine, ci si è chiesti se la configurazione in termini di perentorietà di cui sopra, sia sostenibile anche in relazione alla S.C.I.A. In tale settore vi è la preoccupazione di tutelare il terzo contro interessato, il quale allo spirare dei 18 mesi resterebbe del tutto privo di tutela. Attualmente il dibattito è aperto: una prima tesi ritiene che, ai menzionati fini di tutela del terzo, il suddetto termine debba essere considerato un termine ordinatorio; al contrario, per una seconda e preferibile tesi, richiamando l art. 19 le condizioni dell art. 21 nonies, si ritiene che queste ultime non possano essere manipolate, per cui anche in tal caso il termine deve essere considerato perentorio. E il caso di notare che la l.124/2015, nel modificare l art. 19 comma 4, ha limitato il richiamo al solo articolo 21 nonies (annullamento d ufficio), senza operare alcun riferimento all art. 21 quinquies (revoca). Ciò appare coerente, in quanto i poteri di cui al comma 3 dell art. 19 possono e devono scattare solo nel caso di una

7 S.C.I.A. illegittima ab origine. Qualora, invece, la S.C.I.A. sorga legittimamente, appare irragionevole ed iniquo consentire all amministrazione di caducarla oltre i termini di legge per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, mutamento della situazione di fatto o nuova valutazione dell interesse originario. In tale ultima ipotesi, tra l altro, la revoca non può operare neppure a livello generale, qualora si tatti di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Si sottolinea, infine, che il mancato richiamo dell art. 21 quinquies preclude la generale possibilità di procedere alla revoca nel caso di presentazione di una S.C.I.A. Ciò poiché in tali casi manca un atto amministrativo da revocare, per cui la revoca sarebbe possibile solo qualora l art, 19 l.241/90 richiamasse l art. 21 quinquies. Siccome tale richiamo è scomparso a seguito della l.124/2015, deve concludersi che attualmente l istituto della revoca, differentemente da quello dell annullamento d ufficio, non può dialogare con l istituto della S.C.I.A. L attuale comma 4 dell art. 19 richiama solo l annullamento d ufficio. Ciò non consente alla P.A. di procedere all annullamento di segnalazioni certificate illegittime, quanto piuttosto di contrastarle, qualora ricorrano i presupposti dell art. 21 nonies. Il richiamo, dunque, non è finalizzato a consentire un annullamento d ufficio atipico, ma si riferisce solo alle condizioni previste dall art. 21 nonies. Si tratterà, quindi, di un potere diverso dall autotutela in senso stretto e finalizzato a contrastare segnalazioni illegittime anche al di là degli stretti termini dell art. 19 comma 3 l.241/90. Il presente elaborato è stato redatto al corso di preparazione coordinato dal Cons. Maurizio Santise ed è stato integrato e adatto secondo le esigenze editoriali.

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