REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. (Sezione Seconda Quater)

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1 Pubblicato il 27/09/2016 N /2016 REG.PROV.COLL. N /2015 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3412 del 2015, proposto da: **, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Marra, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Ceci, 21/5; contro Ministero dell'interno, rappresentato e difeso per legge dall' Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

2 per l'annullamento del decreto di rigetto della cittadinanza italiana richiesta ai sensi dell art 9 della legge n. 91 del 1992 nonché di tutti gli atti preordinati e connessi, in particolare della nota dell con cui l ispettorato generale del Ministero dell Interno ha comunicato la conclusione del procedimento relativo all esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inerzia o ritardo dell'ufficio competente dell'amministrazione dell'interno (art. 1 d.l. 9/2/2012 n. 5, conv. con modificazioni, dalla l. n. 35/12). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Vista l istanza di ammissione al gratuito patrocinio presentata ai sensi dell art 126 del d.p.r. n. 115 del 2002; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2016 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Il ricorrente, cittadino etiope, a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico in Italia il , il , ha presentato domanda per la concessione della cittadinanza

3 italiana, ai sensi dell articolo 9 comma lettera f) della legge n. 91 del 1992 (K10/83047). L Amministrazione, il , emetteva un preavviso di rigetto, rilevando a carico del richiedente precedenti penali e giudiziari, in particolare una sentenza di condanna della Corte d Appello di Roma del divenuta irrevocabile il per lesione personale continuata, nonché l insufficienza dei redditi del ricorrente. Con successivo decreto ministeriale inviato il alla Prefettura di Roma per la notifica all interessato (di cui non vi è prova in atti) è stata respinta la domanda di cittadinanza. In data , il ricorrente, presentava istanza all Ispettorato generale di Amministrazione del Ministero dell Interno per l attivazione dei poteri sostitutivi ai sensi dell art.1 del d.l. n. 5 del 2012 conv. nella legge n. 35 del 2012, procedimento che si concludeva con la nota dell , con cui è stato comunicato la avvenuto rigetto della domanda di cittadinanza già nel 2012, con decreto inviato alla Prefettura di Roma il Avverso tale nota dell e avverso il provvedimento di rigetto della cittadinanza è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi: - violazione degli articoli 6, 7 e 8 della legge n. 91 del ; 3241 del 1990; - eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta; provvedimento abnorme e/o irragionevole; mancanza di istruttoria; erroneità della motivazione;

4 - violazione e falsa applicazione della convenzione di Ginevra del 1951 e del relativo protocollo adottato a New York il sullo status di rifugiato politico. Si è costituito il Ministero dell Interno depositando documentazione. All udienza pubblica del il ricorso è stato trattenuto in decisione. In via preliminare, il presente ricorso deve ritenersi tempestivamente proposto, con atto inviato alla notifica il , nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione, il , da parte dell Ispettorato generale di Amministrazione del Ministero dell Interno dell avvenuto rigetto della domanda di cittadinanza, non essendovi prova in atti di alcuna precedente comunicazione all interessato del diniego adottato nel Il ricorso è infondato. Ai sensi dell articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. La norma attribuisce all Amministrazione un potere ampiamente discrezionale, che si esplica in un potere valutativo circa la avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto molteplici profili. In particolare, la discrezionalità non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle

5 condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; VI n. 52 del 10 gennaio 2011 Sez. VI, sent. n. 282 del 26 gennaio 2010; Tar Lazio sez seconda quater n.5665 del 19 giugno 2012 ; n del 18 aprile 2012). Il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana, essendo altamente discrezionale, è sindacabile dal giudice nei soli casi di palese incongruità del processo valutativo, o di erronea conoscenza della situazione di fatto, nonché nei casi di palese irragionevolezza o di evidente abnormità (Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n del ; Tar Lazio II quater n.4752 del 2014). Nel caso di specie, l Amministrazione ha basato la propria valutazione su un giudizio complessivo di mancata integrazione nella comunità nazionale dovuto ad una sentenza di condanna per lesioni personali continuate nei confronti della ex moglie e della figlia nonché alla mancanza del sufficiente requisito reddituale. In primo luogo, il reato di lesioni, di cui all art. 582 del codice penale, essendo prevista la pena edittale massima di tre anni, rientra nelle fattispecie ostative di cui all art. 6, lettera b), della legge n. 91 del 1992, per cui è precluso l acquisto della cittadinanza in presenza di condanne per delitti non colposi per i quali la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione. Si deve, infatti, ritenere, che le fattispecie ostative di cui all art. 6, pur essendo espressamente indicate con riferimento alla cittadinanza

6 richiesta ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 91 del 1992 (coniuge di cittadino italiano), siano applicabili a fortiori anche alla cittadinanza richiesta ai sensi dell'articolo 9, lettera f), della legge n. 91 del 1992 (Tar Lazio II quater n del 2014; n del 2015) Inoltre, anche al fine del sindacato sulla ragionevolezza della valutazione operata dall Amministrazione, si deve considerare, al di là della scarsa entità della pena inflitta, motivata nella sentenza - depositata in giudizio dalla stessa difesa ricorrentesoprattutto in relazione alla incensuratezza dell imputato, che il fatto è stato commesso nei confronti della figlia e della ex moglie. Tali circostanze, in particolare, appaiono incompatibili con il rispetto delle regole della convivenza civile e con la piena condivisione dei valori della comunità nazionale. L'inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l'amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale (Tar Lazio seconda quater n del 2009). Il reato viene valutato anche sotto il profilo dell interesse pubblico del Paese ospite ad accogliere chi lo ha commesso tra i propri cittadini; valutazione che implica anche l'opportunità di evitare di inserire tra questi chi, con la propria condotta, non mostri di condividere alcuni valori dell'ordinamento giuridico ritenuti meritevoli di tutela anche a livello penale, valori la cui

7 trasgressione può ben essere considerata anche indicativa di un non adeguato livello di integrazione nella comunità nazionale (Tar Lazio seconda quater n del 2015). Nel caso di specie, non appare irragionevole, quindi, la valutazione operata dall Amministrazione circa la completa integrazione nella collettività nazionale, anche in relazione alla particolarità del fatto oggetto della condanna. L Amministrazione ha basato il provvedimento di diniego anche sulla insufficienza del reddito dichiarato dal richiedente. Premesso che tale circostanza è, in fatto, confermata dal ricorrente anche nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio, nella quale dichiara un reddito di 500 euro al mese, inferiore a quanto richiesto dal Ministero per la concessione della cittadinanza italiana, che fa correttamente riferimento al parametro indicato dalla legge come soglia per l'esonero dalla partecipazione alla spesa sanitaria di cui al d.l. n. 382 del 1989, conv. nella legge n. 8 del 1990, ovvero la somma di euro 8.263,31 annui, incrementato in caso di familiari a carico (T.A.R. Lazio sez. II quater n del ). La giurisprudenza è costante nel ritenere la legittimità del parametro del reddito minimo così come valutato dall Amministrazione ai fini della concessione della cittadinanza. L'interesse pubblico alla concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone, infatti, che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel

8 contesto sociale del Paese ospitante; prospettive a cui non può essere estranea la produzione di un reddito, che accresca le risorse del Paese stesso sotto il profilo sia produttivo che contributivo e non gravi, al contrario, sugli oneri di solidarietà sociale previsti per i soggetti indigenti. In tale ottica, non può ritenersi censurabile che detta insufficienza possa costituire causa ex se del diniego di cittadinanza, anche nei confronti di un soggetto che risulti sotto ogni altro profilo ben integrato nella collettività, con una regolare situazione di vita familiare e di lavoro (Consiglio Stato, n del 2008; T.A.R. Lazio sezione II quater n del 2013; n. 621 del 2016). Le ulteriori censure relative alla violazione dell articolo 8 della legge n. 91 del 1992, avendo l Amministrazione adottato il provvedimento di diniego oltre il termine biennale, devono essere respinte, in quanto tale previsione si riferisce esclusivamente alle ipotesi di acquisto della cittadinanza per matrimonio di cui all articolo 5 della medesima legge; le ipotesi di acquisto della cittadinanza per matrimonio, sono, infatti, regolate da un diverso procedimento (il provvedimento positivo di concessione della cittadinanza, ai sensi dell articolo 7, è di competenza del Ministero dell Interno, mentre nella ipotesi, come quella per cui è causa di cui all articolo 9, il provvedimento positivo è di competenza del Presidente della Repubblica; in caso di rigetto per motivi di sicurezza della Repubblica deve intervenire il parere del Consiglio di Stato) e con differenti presupposti (residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica,

9 oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se il richiedente è residente all'estero). Per la richiesta di cittadinanza di cui all articolo 9 della legge n. 91 del 1992 non sussiste, quindi, alcun limite temporale che impedisca l adozione di un provvedimento negativo (cfr. Tar Lazio II quater n del 2013), salvi i rimedi previsti dall ordinamento per l inerzia dell Amministrazione successiva al termine di conclusione del procedimento, ovvero l azione per il silenzio (il mancato rispetto del termine di settecentotrenta giorni per la conclusione del procedimento legittima solo il ricorso al giudice amministrativo per la dichiarazione dell obbligo di provvedere dell Amministrazione con un provvedimento espresso: cfr.tar Lazio sez. II quater n.1171 del 2012; n del 2012; n del 2013). Quanto alle contestazioni relative alla violazione della Convenzione di Ginevra relativa alla tutela dei rifugiati politici, la sezione si è già pronunciata nel senso che il riconoscimento dello status di rifugiato politico non costituisce di per se una particolare benemerenza atta a superare la valenza ostativa del difetto del requisito reddituale, e cioè di circostanze che giustifichino per merito lo stabile inserimento dello straniero nella Comunità nazionale, trattandosi piuttosto di elementi, incidenti su diritti fondamentali riconosciuti universalmente, che assicurano la protezione dell interessato, ma che, ex se, non sono influenti ai fini del procedimento concessorio della cittadinanza e che sono già state prese in considerazione dall ordinamento giuridico al diverso fine di

10 tutelare lo stesso interessato mediante appositi istituti, diversi da quello della concessione della cittadinanza, connessi allo status di rifugiato, di cui il ricorrente ha fruito ( cfr. Tar Lazio II quater n del 2010). Il ricorso è, quindi, infondato e deve essere respinto. Nel presente giudizio è stata proposta, ai sensi dell art. 126 del d.p.r. 115 del , l istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato dichiarata inammissibile dalla Commissione in quanto non accompagnata dalla enunciazione degli elementi in fatto diritto al fine di valutare la non manifesta infondatezza della pretesa. L art. 126 prevede che se l istanza è respinta o dichiarata inammissibile può essere proposta al magistrato competente per il giudizio e che pertanto tale norma attribuisce il potere di esaminare ex novo la domanda presentata in giudizio. Tale domanda deve essere accolta. Il profilo di inammissibilità rilevato dalla Commissione è stato superato, infatti dalla proposizione del ricorso. Sussistono i presupposti reddituali, avendo dichiarato il ricorrente, sotto la propria responsabilità, nella domanda di ammissione, di godere del solo reddito derivante dall assegno sociale INPS (né, nel caso di specie, può essere richiesta la certificazione dell autorità consolare per i redditi prodotti all'estero, di cui al secondo comma dell art. 79, trattandosi di persona a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico in Italia dal 1991).

11 In considerazione dalla particolarità della materia in questione sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Ammette il ricorrente al patrocinio a spese dello Stato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati: Leonardo Pasanisi, Presidente Francesco Arzillo, Consigliere Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE Cecilia Altavista IL PRESIDENTE Leonardo Pasanisi IL SEGRETARIO