Raffaele Pisani FRANCE. Poesie d ammore pe Francesca. Prefazione di. Nicola De Blasi

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1 Raffaele Pisani FRANCE Poesie d ammore pe Francesca Prefazione di Nicola De Blasi Napoli, 2012

2 Raffaele Pisani In copertina: Gianni Pisani, Francesca, 2006 (tempera 40 40) 2

3 INDICE Prefazione (di Nicola De Blasi) France L albero tuio Cenetta a Capo Mulini Nnanz o ffuoco Mariuolo Tu tiene ll uocchie nire Nu muro Si te scrivo ca si bella Dint a l anema mia Dint e penziere tuoie Nzieme E sùbeto fuie vita Maggio e tu Io Me faie nventà penziere sempe nuove Costa Si Scrivere d ammore Ancora na carezza Dint e silenzie Vedennote Tutto Quanno Tu si figliola Sultanto o bene po fa eterna a vita Tu

4 Saccio nu posto Llà Mo Fore e dinto E te me piace Doppo, ancora Appicceco d estate Capo Calavà Viene, è settembre Ma è vita Chistu core Chella Nun t annasconnere O vico T aspetto San Damiano Aveva appena schiuòppeto E basta, cchiù nient ato E canta, e ride E vvote, na parola Io tengo a te E doppo cchiù niente Sete d ammore Primmavera contratiempo Io te ringrazio, Dio Che fa Suonno Te voglio bene assaie O core Ce putarria maie sta Dummeneca d ammore È naturale Ma, ancora

5 Pe tte Oggi si nnata tu Finalmente A primma vota Serata chiara, quase e primmavera Tengo nu core nuovo stammatina Voce aspettata Cammenanno cu te E, ancora Tre segge Né a lota, né o tiempo Suonno e arcobaleno E core nuoste Si tenesse Vengo e te porto Che vo di na primmavera Gocce Mumente inutile L ommo è na cosa che passa Nun te meraviglià Esco Luna chiena Tre mumente, e tre cchiù belle Tutte m e ddaie sti ssensazione N albero e vase Tu si o surriso e quanno o sole ride E invece ire na luce Vurria truvà na tavernella ancora No, nun credere Preghiera Io so Doie strade Bella è a stagiona, ma

6 È paraviso! e Francesca Scannetiello-culunnetta Quanno sarrà o mumento L alfabeto e ll ammore Bibliografia della critica Note critiche

7 Prefazione L amore e la percoca: l educazione al sentimento nelle poesie di Raffaele Pisani Le parole migliori per designare questo libro le leggiamo all inizio della poesia intitolata France : Chesti poesie d ammore nun so parole, so penziere e sole ca a dint a ll uocchie doce ca tu tiene pigliano luce. Questi versi d amore, come tutti quelli della raccolta, sono dedicati a Francesca, ma essi alludono pure a un gioco di rifrazioni che si instaura sempre tra il poeta, i suoi testi e i lettori. Per la prima lettrice le poesie hanno un sapore particolare ed esclusivo, ma ogni lettore può trarre beneficio dalla loro lettura, così come, d altra parte, le poesie trovano pieno compimento solo quando raggiungono un lettore. Solo in quel momento infatti si realizza il virtuoso processo di comunicazione messo in moto dal poeta. Perciò, al di là della prima e fondamentale destinazione alla donna amata, le poesie, che hanno in sé una luce potenziale, si illuminano di luce effettiva quando entrano nell esperienza dei lettori, trasformandosi per loro in uno spunto di riflessione e di apertura verso un mondo di emozioni e di sentimenti. Le poesie acquistano così un valore aggiuntivo perché si propongono come una lezione di educazione sentimentale in un epoca in cui con grande disinvoltura si parla di tutto, di ogni sorta di esperienza erotica, di svaghi sessuali di ogni genere, gratuiti o a pagamento, ma si dimentica sempre più spesso di parlare dei 7

8 sentimenti, delle emozioni affettive che pure occupano un ruolo tanto importante quando due persone si incontrano veramente e incrociano le proprie vite. Rispetto a quel che si legge o si sente in giro, le poesie d amore di Raffaele Pisani rimandano al mondo nascosto dei sentimenti, tanto nascosto da sembrare oggi l ultimo tabù residuo. Con una specie di paradosso, insomma, rispetto ai tempi che viviamo, queste poesie diventano perfino scandalose, forse anche pericolosamente rivoluzionarie, se è vero che sono sempre più numerose le persone che solo dei sentimenti più autentici hanno paura di parlare. In particolare, nella durata dei sentimenti, nella loro continuità, anche se segnata da mille sfumature (non tutte rosee), c è appunto la vera trasgressione in un tempo in cui si vive all insegna del consumismo sfrenato anche sul versante affettivo. Come si fa ad andare d accordo per tanto tempo con la stessa persona? A questa domanda, che tanti si pongono, danno una risposta tutte queste poesie. Secondo le indicazioni del poeta, la costruzione di una vita insieme si prolunga negli anni se, tra le altre cose, non mancano mai le parole e se il desiderio di comunicare persiste anche nelle tensioni e nel litigio, con una continua cura per quella che si potrebbe definire la manutenzione quotidiana del rapporto sentimentale. Proprio un accenno ai litigi fa capire che l amore di cui si parla in questi versi non ha i contorni melensi dell artificio, ma rimanda alle vicende della vita reale in cui i disaccordi possono capitare. Lo dice più volte Pisani, in particolare nella poesia è naturale, che presenta il litigio («Ce simmo appiccecate, stammatina») come una tempesta repentina: È naturale ca l azzurro d o cielo se sporca e tempesta. L importante è ca po torna o sole. 8

9 Sono essenziali e dolcemente discreti questi versi, ma anche dettati da una ferma certezza, quella del ritorno del sole; vi si legge quindi una variazione sul tema de La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi. Un altra allusione leopardiana si coglie in riferimento alla condizione di disagio e di incertezza di chi, vivendo nell attesa, è come prigioniero di una siepe piena di spine: la condizione di sofferenza della pena d amore risalta bene proprio nel parallelo con la situazione de L infinito. Se per Leopardi la siepe permette al pensiero di immaginare gli «interminati spazi» e la «profondissima quiete», per Pisani il senso del limite e dell assenza suscita la «sete e n istante doce / doppo iurnate e lacreme, e tristezza, / doppo semmane e spaseme / ca m hanno visto afflitto, prigiuniero / dint a na sèpe chiena chiena e spine». Le poesie di Pisani, nella loro veste semplice e serena, sono quindi ancorate a una piena consapevolezza letteraria, che affiora, oltre che nelle variegate scelte metriche, in alcuni collegamenti con le voci poetiche che più hanno dato spazio a un tono colloquiale e ai riferimenti alla vita quotidiana; penso tra l altro alle poesie di Umberto Saba (Trieste e una donna) e naturalmente a Salvatore Di Giacomo. Per esempio leggendo Vurria truvà na tavernella ancora, non si può fare a meno di pensare a Na tavernella di Salvatore Di Giacomo, dove troviamo na tavulella, su cui «se fa fredda a frettata», piatto sobrio ed essenziale, mentre intorno si diffonde l odore dell anepeta. In Pisani, che pure evoca il profumo di diverse erbe (tra cui l anepeta) il dolce incontro avviene davanti a un bicchiere di vino con la percoca affettata: e po assettarme cu tte a na tavulella e int o bicchiere e vino tagliarce na percoca. I contatti con la tradizione non sono naturalmente di semplice derivazione, come se un poeta prendesse da un altro immagini 9

10 o parole, ma si configurano come riecheggiamenti con variazione, perché ogni testo letterario instaura un dialogo a distanza con altri testi. In questo caso l accenno alla percoca suscita una riflessione che forse fa cogliere un aspetto centrale nella poetica del nostro autore. Rispetto alla scena fissata e quasi contemplata da Di Giacomo, qui Pisani sceglie infatti una prospettiva diversa, quella del ricordo e del desiderio; l immagine è resa dolce dalle sue diverse componenti (odori, canto dell uccello, luce solare), ma soprattutto dalle parole «quanto te voglio bene», che suggellano la poesia come una ipotesi («te suspirasse»). Tutta la scena diventa così funzionale alle quattro parole dette alla donna amata, perché per Pisani tutta l essenza dell amore è in questa possibilità di dire, di ribadire continuamente il sentimento, quasi per conferire a ogni momento il sottofondo sonoro di dolci parole di conferma, da assaporare come si assapora con il vino la percoca tagliata. La proiezione nel campo dell ipotesi e della memoria permette di sottolineare l unicità e la solida profondità di un rapporto che si alimenta di cose semplici, che forse erano usuali al tempo di Di Giacomo, ma oggi sono pensabili solo nel contesto di un rapporto di grande sintonia. La percoca col vino, insomma, non è da tutti, non può essere gustata con chiunque, perché «chillu prufumo antico / e n èpuca cchiù semplice, e nu tiempo / certo cchiù amico», in una tavernella, sotto il pergolato di un ciardeniello («stu ciardeniello, che felicità / n angulo e Paraviso sciso n terra» scriveva Raffaele Viviani), non può essere respirato in una compagnia qualsiasi. Oggi semmai, con una qualsiasi compagnia, ci si può disinvoltamente concedere l aperitivo in un baretto alla moda, una cenetta di nouvelle cuisine in anonimi piatti quadra-ti, o un brindisi con champagne, ma la percoca no; perché la percoca, per le evocazioni che porta con sé in questa poesia, richiede una persona adatta e unica, cioè adatta in quanto unica, in grado di conferire il tratto dell unicità e della rarità anche a una percoca. 10

11 Anche per questo motivo, come si è anticipato, le poesie di Pisani diventano quasi un percorso di educazione sentimentale, perché mettono in risalto i piccoli momenti della vita quotidiana apparentemente insignificanti. L amore dà un senso particolare a questi momenti e dona una pregnanza nuova agli stessi oggetti. In questo senso, per esempio, vanno letti i bei versi della poesia Io so. Qui l innamorato quasi si trasfigura nelle lenzuola, nel foglietto della lettera, nella fontana, nelle rose, nella cassaforte, nella terra, nel fuoco, ma a sua volta trova un suo nuovo senso grazie alla donna amata: Io songo a terra addò tu miette e sciure e songo o ffuoco addò te scarfe. Io, songh io, ma fosse niente, niente, senza e te. L amore si fa insomma esperienza totale, attraverso cui viene filtrato ogni altro aspetto della realtà, e diventa condizione esistenziale che dispone a un amore più grande. Di ciò non può meravigliarsi chi conosce la disposizione cristiana di Pisani, che, in versi riecheggianti il Cantico delle Creature di san Francesco, dà luogo a questo suo ringraziamento: E tutto Te ringrazio, ma, cchiù e tutto, p o core ca m he dato, pe stu core ch è a casciaforte d e penziere belle, ca è na cascata e palpite d ammore. La capacità di dar voce al proprio cuore e di sbilanciarsi nel sentimento verso una persona amata è il punto di passaggio verso 11

12 una cascata di palpiti d amore; il cuore che si apre all amore per una persona si apre dunque a un amore più grande, verso il prossimo, verso gli altri, nei quali, d altronde, i cristiani incontrano e dimostrano l amore verso Dio («Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede», Prima Lettera di Giovanni 4, 20). In questa dimensione più vasta si colloca la storia d amore, che come in un ideale diario, è scandita anche da riferimenti a diverse località, da Acireale alla spiaggia di Messina, da San Damiano di Assisi alla stessa Napoli. Forse proprio Napoli merita un ultima riflessione. Da un ventennio circa Raffaele Pisani vive a Catania, ma, nonostante la distanza, Napoli torna spesso nei suoi versi, in forme mai prevedibili e mai banali; è una città che in altre raccolte suggerisce versi animati da forte passione civile, qui è invece la città che si presta a fare da sfondo, quasi da comprimaria, rispetto alla donna che diventa la vera protagonista. Anche per questo motivo è suggestiva la poesia Primmavera contratiempo, in cui l immagine stereotipata della città del sole è sostituita da un più realistico quadretto di buio e di pioggia («è notte futa / chiove comm a cche»), riscattato solo dall improvvisa primmavera contratiempo veicolata da due occhi neri: uocchie nire ca na fata nun e ttene accussì belle, ccà, nzerrate dint o core mio ve tengo, dint o core mio restate. Grazie agli occhi prende forma la primavera di un amore intensamente vissuto, che trasforma di colpo una notte di pioggia e dà un sapore ancor più delicato ai momenti sensuali, che il poeta presenta con la sua consueta dolcezza, come accade nella poesia finale: 12

13 è nu spumone e fiore e latte e fràvule, è na mandòla tutta pasta riale e zabbaglione, è na carezza, chella llà a cchiù cara, è nu cuscino e madreperla rara ( ). Nel concludere queste veloci riflessioni sulle poesie d amore di Raffaele Pisani, mi viene in mente che sulla rivista «Io Donna» (del 19 febbraio 2011), dopo aver pubblicato alcuni versi del nostro poeta, la direttrice Diamante d Alessio osserva giustamente che è fortunata la donna a cui un uomo si rivolge con queste parole d amore anche dopo anni. È anche vero, però, che non vanno sottovalutati i meriti di una donna che questo amore sa suscitare, accogliere, ricambiare. Del resto, il dialogo d amore, come quello poetico, funziona in pieno e diventa sintonia, quando la parola si incontra con l ascolto, arte non molto più semplice della scrittura. Napoli, marzo 2011 Nicola De Blasi 13

14 FR ANCE Poesie d ammore pe Francesca 14

15 FRance Chesti poesie d ammore nun so parole, so penziere e sole ca a dint a ll uocchie doce ca tu tiene pigliano luce e dint e tratte appassiunate tuoie trovano tutt o bene ca genio e vita da a sta vita stanca. Chesti poesie d ammore so gocce e luna int a na notte cupa, songo acqua chiara dint a nu deserto, songo e surrise e n angelo ca stelletelle culurate mette dint a nu cielo e chiummo. Chesti poesie d ammore ca tu, France, a tant anne me faie scrivere, fanno e stu core ca nun era niente a cònnola e nu suonno, fanno d o gelo ca me turmentava na primmavera nova, e chesta primmavera fa e na speranza antica na certezza. 15

16 L albero tuio Cammina sott o sole d austo, e curre ncopp arena cucente, e quanno nemmeno o mare te darrà frischezza, e quanno stanca te sentarraie e guliosa e cuiete, viene e repòsete sott a chest ombra, io so l albero tuio. 16

17 cenetta a capo MuLini (Acireale - CT) A luna chiena dint o cielo blu, a mare, int o silenzio, na lampara, e tu, goccia d estate, int a sti braccia. 17

18 nnanz o FFuoco Nnanz o ffuoco. Mo, parlanno, mo mute, mo mano int a mano, mo luntano ma sempe scarfate a stu ffuoco ch appena tu vide s allenta gravone nuovo subbeto ce miette, e i so cuntento. Nnanz o ffuoco. Mo, redenno e mo serie, mo carezze, mo niente ma sempe scarfate a stu ffuoco ch appena io veco s allenta gravone nuovo subbeto ce metto, e tu si cuntenta. 18

19 MaRiuoLo Me so arrubbato nu raggio e sole e te l aggio rialato. A gente m ha chiammato mariuolo. M ha fatto o pruciesso. M ha cundannato. Ma io, comm esco a llibbertà, o sole me l arrobbo sano sano e t o rialo. 19

20 tu tiene LL uocchie nire Tu tiene ll uocchie nire, eppure io veco dint a chist uocchie tuoie comm o ggravone pezzulle e cielo ca cchiù luce danno e tutta quanta a luce ca dà o sole. Pare, quanno me guardano, e sèntere canzone e marenare, e po, silenzie, silenzie ca lloro stesse songo na canzone. Uocchie mo e criaturella bisugnosa e mamma, e mo e gigante. Uocchie ca teneno quaccosa ca ferma o tiempo. Eternità. Penziere cunnuliate a mane d angele. Pagine e libre addò ce pozzo leggere e cunte e tutte e ffate e chistu munno. Uocchie ca scrivono cu gnostia ca niente cchiù pò scancellà, cchiù niente, e cchiù nisciuna. 20

21 nu MuRo A voce toia percia a malincunia e veste e luce o scuro e ll uocchie mieie. Nu muro he fravecato fra o gelo e a primmavera. 21

22 Si te ScRivo ca Si bella Si te scrivo ca si bella, t aggio scritto poca cosa; si te dico: si na fata, t aggio ditto quase niente; si te scrivo: si na rosa, niente e nuovo t aggio scritto; si te scrivo: si l ammore, tutto cose t aggio ditto, tutto cose, vita mia, tutto cose, suonno d oro, tutto cose, raggio e sole, affatato e beneditto. 22

23 dint a L anema Mia Dint a l anema mia nun trase a notte e o core mio, cu te, s è fatto nido addò sta e casa sulamente o sole. 23

24 dint e PenzieRe tuoie Quanno amare so e mumente, e senza luce ll uocchie, e senza cchiù speranza, comme a nu cacciuttiello dint e penziere tuoie vengo e m accuccio. Llà nun me cugliarranno e ccurtellate e ll uommene nemice. 24

25 nzieme Nzieme ce arricurdammo e pprimmavere noste luntane, nzieme sentimmo o triemmolo d e ffronne ca l autunno accide, nzieme guardammo dint a ll uocchie e iuorne ca a ppoco a ppoco se so addurmute lassanno ncopp a pelle ca s accummencia a arrennere a e pprimme rappe, nzieme penzammo a tutte e tradimente avute da o ppassato ma, nzieme, nun ce facimmo da o panurama muorto cummiglià ragge e speranza, nzieme vencimmo ogni malincunia. 25

26 e Sùbeto Fuie vita Doppo o scurore e tanti nnotte cupe venette a luce e ll uocchie tuoie. A ll intrasatta st anema se ienchette tutta e na speranza nova. E sùbeto fuie vita. 26

27 Maggio e tu Maggio. E prufume. O sole. L aria. A vita. E po, na luce, che luce attuorno A stessa a tiene dint a ll uocchie tu. 27

28 io Io, niente. Io, cu ll ammore, padrone d o munno. 28

29 Me Faie nventà PenzieRe SeMPe nuove È stato facile accummincià chesta poesia pe tte, però, po, valla a ffernì. È na parola! Tu me faie nventà penziere sempe nuove. 29

30 costa Costa lassà o paese addò minuto pe minuto ti ci he passato cinquant anne quase. Costa. Costa sceppà da a terra ràdeche ca tu penzave eterne e costa cagnà gente, spazie, voce ca dinto tu tenive a sempe. Costa. A ll intrasatta cumpagno cchiù nun si d e ccose toie e tutto t è straniero, tutto cagna, e chillu munno ca t apparteneva quase a n eternità è addeventato niente. Costa vedé murì penziere, suonne, sguarde. Costa. Costa. Ma, si pe tte l unico, l urdemo schìzzeco e luce luntano sta e llà t aspetta e a llà te chiama e llà è pronto a te rialà l àceno e vita ca tu he sunnato a sempe, allora 30

31 Si Si chello ch è stato è stato pe sta po cu te allora tutto chello ch è stato buono è stato. 31

32 ScRiveRe d ammore Io nun vaco a cerca na penna d oro né gnostia culurata pe scrivere d ammore. A lettera cchiù bella mia a puo leggere quanno t astregno a mano dint a mano, quanno te guardo dint a ll uocchie, quanno guardannete me ncanto E quanno tu cchiù avarraie bisogno e sicurezza, bisogno e bene, e sole pe sanà nu tiempo amaro, e luce pe da luce a na iurnata tutta scurore, allora, allora tu me truvarraie vicino a tte a scrivere d ammore. 32

33 ancora na carezza Quanno e penziere so cchiù negative, quanno cchiù stanche so e passe sott e pise ca o destino te votta ncuollo, tu chiammeme, tengo pe tte astipata ancora na carezza. 33

34 dint e SiLenzie Nun mettarraggio tutta a forza mia dint a sta mano pe te fa capì ca io te so cumpagno né cercarraggio dint o vocabolario, pe te scrivere, parole e prufessore o alluccarraggio pe te fa sentì quanto te voglio bene. Dint e silenzie mieie tutto l ammore. 34

35 vedennote Tu, e o core mio se ienche e primmavera. 35

36 tutto Cu tutto o spazio d o cielo te penzo. Cu tutta a luce d o iuorno ca nasce te veco. Cu a pace d e stelle e d a luna te sonno. Cu a forza d o mare t abbraccio. Cu o calore d o sole te chiammo. Cu l eternità d e penziere te faccio posto dint o core mio. 36

37 Quanno Quanno ogni cosa cade, quanno tutto è paura e a notte assaie cchiù scura attuorno a mme se fa, quanno p a strada mia trovo sultanto neva, quanno nu friddo e freva lassà nun me vo cchiù, crideme, manco tanno m arrenno pecché saccio ca chistu munno e ghiaccio ce sta chi o pò scarfà, saccio ca po a bellezza vence ogni cosa amara e a gioia e n alba chiara torna turnanno tu. 37

38 tu Si FigLioLa Tu si figliola e matenate chiare, figliola ca riala sciate e azzurro addò ll aucielle tèssono rezze d ammore e grarïate e seta ca portano addò a vita se fa suonno. Tu si figliola nata dint o sole, figliola ca dà luce a ogni penziero, ca d e mumente nirofummo mieie sempe ne faie pezzulle e tiempo ca cchiù se supportano e sempe e nu dimane nu tantillo meglio me daie speranza. 38

39 SuLtanto o bene Po Fa eterna a vita O bene, sultanto o bene, pò fa eterna a vita, e pe stu bene eterne so sti vvite. Ma che sarriamo io senza e te? tu senza e me? na cosa senza ragione d essere, doie gocce dint o mare, pampuglie int a tempesta, carezze senza mane. Inzomma, niente. E invece, pe stu bene ca ce accarezza ogni penziero, ogni àttemo e tutte e iuorne nuoste, addeventammo luce. L eternità, oramaie, già ce appartene. 39

40 tu Penziere amare. Che ghiurnata cupa. So asciuto. Cammenanno pe ore e ore senza sapè addò i, senza nu comme e senza nu pecché, accussì, mbriaco senza vèvere, abbeluto Che m ha pigliato? Che m è venuto? A notte m ha truvato ch ancora cammenavo. Finalmente na strada canusciuta. A casa mia. E int a ll oscurità l urdema luce da e llastre d a fenesta. Nu triemmolo int o core, n àttemo e festa doppo nu tiempo fatto sulo d ombre deciso overo a nun me lassà cchiù. N àttemo e gioia. A casa mia. Na luce. Tu. 40

41 Saccio nu PoSto Saccio nu posto addò e penziere mieie spazie celeste trovano, addò tutte e ncanteseme d e ffate venciono o scuro. Saccio nu posto ca me dà o prufumo d o mare, ca da e prate me porta addore e l èvera nuvella, addò io campo nu palmo a terra e o spuorco nun me tocca e né l amaro me scippa ll uocchie. Saccio nu posto ch è cònnola e suonne. Saccio nu posto ca me dà pace comme dà pace sulo na chiesiella sperza e campagna, nu posto addò stu core e ogni pecché trova a risposta e trova, primma e tutte ll ati ccose, ragione e genio e vita vicino a te! 41

42 LLà Llà, derimpett o mare, nfin a quanno l urdema goccia e sole ce abbracciaie, restaimo. Ce so turnato, quacche ghiuorno doppo, c o stesso desiderio, a stessa gioia e chella primma vota. Nun me pareva overo, crideme, e pure ancora io llà sentevo tutto o calore d e mmane toie ca a vèvere me dèvano, dint a na tazza d oro, sentimente ca inchevano chist uocchie e luce nova. Llà, so turnato. Llà. Cuntento. Vivo. E llà aggio ditto: grazie. 42

43 Mo Pe quantu tiempo me l aggio avuto d a felicità nventà e mumente. Cu tte, nu suonno è addeventato verità, mo, finalmente. 43

44 FoRe e dinto Fore, nfacci a sti llastre vierno tuzzulea. Dinto, a primmavera toia me percia o core. 44

45 e te Me Piace E te me piace, cchiù d ogni ata cosa, a gioia e l entusiasmo ca miette dint a cchello ca tu faie, sempe, fosse o cchiù semplice d e geste o a cchiù difficile e ll azïone. E te me piace chella sincerità e chella ducezza ca forse sulo ll angele credo ca teneno. E te me piace quanno nzieme cu me vuole sunnanno, quanno surride vedenno a primma margarita nata, quanno te ncante guardanno o cielo viola e azzurro, appena o sole areto a ll Etna s addorme. E te me piace o sguardo e st uocchie nire, quanno p e strade e chesta vita cammenammo tenennoce pe mmano, quanno ce abbandunammo dint a Luce e ce vuttammo dint a st avventura tentanno e cercà sulo cose overe. 45

46 doppo, ancora Chiano cu o pèttene te piettene e capille, e dint a chesta mossa ca tu faie pare ce cunnulie tutte e penziere ca iesceno da o core doppo ca te si data tutta quanta. Te siente overamente femmena, cchiù femmena, e ogni centimetro e pelle toia s arape cchiù bello e comme mille sciure belle s arapeno int o sole d a matina. Te guardo. Tu te piettene cuieta e abbandunata int a nu tiempo cumpagno e complice. Te guardo, e ncopp e llabbra toie ce veco ridere doce nu triemmolo carnale, ancora. 46

47 appicceco d estate Estate. Chiove. Dimane e ffronne e ll albere sarranno assaie cchiù verde. E quanta sciure nuove. Appicceco. Stasera. Fra mez ora ce truvarrammo stritte dint e bbraccia cchiù nnammurate ancora. 47

48 capo calavà (Messina) Mano int a mano a rriva e chistu mare. Stanotte a luna è sulamente a nosta. 48

49 viene, è SetteMbRe Viene, è settembre, damme a mano, jammo pe sta campagna verde ancora. Ancora famme turnà guaglione e tu tuorne figliola. Assapurammo tutta a bellezza ca ce dà chest ora, sta gioia ca ce porta a ll intrasatta arreto e cchiù e vint anne, chistu prufumo ca ce leva a cuollo malincunie e affanne. Viene. St aria celeste ancora ce riala surrise e vita. E, pure si nuie sapimmo ca d amarezze è longa a scala, ca turnarranno tiempe e tristezze, mo nun ce penzammo, campàmmola a ducezza e sti mumente, abbandunammoce int a stu suspiro e scancellammo d a vita nosta tutto quanto o nniro. Redimmo. Arravugliammoce int o sole. Cantammo. Viene, è settembre, dammo a mano, jammo. 49

50 Ma è vita L ammore è nu viento che spezza, che straccia. L ammore è nu sole ch abbaglia, ca stona, è ll onna a cchiù forte d o mare mpazzuto, è a spina che pogne, che scippa, ch abbrucia, è a lama e curtiello cchiù longa e ammulata, è apprietto o cchiù peggio ca a notte te leva speranza e durmì, è o vino ca sempe mbriaco te tene, è fuoco, è catena, è lampo e tempesta e po è terramoto ca struie, è ferita ca cchiù nun se sana, è smania che coce, è sango che volle, è freva, è turmiento, è chianto, ma è vita! 50

51 chistu core N ata vota, pe tte, stu core mio penna addeventa, e dint a sti mumente ricche e luna penziere azzurre torna a te scrivere. Scrive pe tte ca primma d ogni cosa me si cumpagna, ca si pe mme a surpresa d arcobalene sempe nuove. Scrive e ogni vittoria, ogni scunfitta e e llacreme e e surrise e chesta vita dedica a st ammore, a cchist ammore ch è na varca a vela quanno cuieto è o mare, a cchist ammore ch è nu bastimento quann è tempesta. 51

52 chella Chella campagna fuie na surpresa cu e prate n fiore e e rame e ll albere chiate sott o rridere d e sciure. Aucelluzze. Chella matina ca s appicciava e sole e l aria se scetava int o cceleste vestenno st uocchie cu na veste e fata. Felicità. Chella canzone ca veneva a mare, ch arricamava suonne, ca me purtava gocce e labbra e fuoco. Carezze. Chella stazione. Chillu silenzio. Chella figliola ca pigliava o treno. O treno. O treno. E chillu suono acciaro ca a ll intrasatta stracciaie o tiempo. Scurore. 52

53 nun t annasconnere Nun t annasconnere areto a chella nuvola: io t aggio canusciuta iurnata e primmavera m ha fatto ll uocchie a zennariello a primma fronna d o rampicante già na viola dint o ciardino m ha rialato nu pizzo a rriso e nu pittore l anema mia tutta ha pittato celeste chiaro Nun t annasconnere Tu nun he a fa comme stanno facenno a stammatina chill uocchie nire areto a perziana Nun t annasconnere ca tale e quale tu si a ll ammore, e quanno ammore è nnato, è nnato. 53

54 o vico È mezanotte quase. For o balcone stongo assettato e conto e stelle pe fa passà ll ore Se so nzerrate e vasce. Se stùtano int e ccase, a una a una, e lluce tutte quante. Luntano, o canto e nu scugnizzo. Ncopp e titte s affaccia a luna. L urdema cantina scenne a serranda. Torna alleramente facenno l ancarella nu viecchio mbriacone a casa soia. Scappano quatto gatte: so state spaventate da o rummore fatto a nu cuoppo chino e cape alice caduto a coppa a nu sicondo piano. A mezanotte sona. Nu nennillo se sceta e chiagne For o balcone stongo assettato e conto e stelle pe fa passà ll ore Na cartulina m è arrivata. Ha scritto: torno dimane. 54

55 t aspetto Comme o scoglio aspetta ll onna ca le porta int e suspire tutte e palpite d o mare, io t aspetto. Comme l alba aspetta o sole ca le porta tutte e vvoce delicate e ll aucelluzze, io t aspetto. Comme a sera aspetta a luna ca le conta tutte e suonne ca se fanno e nnammurate, io t aspetto. Comme o core e ll ommo aspetta na carezza, na parola ca le dà calore e vita, io t aspetto. E viene, viene! 55

56 San damiano (Assisi) O primmo sole e uttombre s abbracciava e mmuntagnelle càrreche d aulive. Che matenata! Senza malincunia, né dint o core, né dint a ll aria. Te pigliaie p a mano Cchiú llà, San Damiano, ricco e na pace senza paragone, e na serenità senza cunfine Chiacchiariava a miez aulive o passariello. Attuorno nu coro d aucelluzze rispunneva. Che bella cosa nascere aucelluzzo, pe vèvere gocce e rusata, àcene e grano pe mangià, padrone e tutte cose senza tenè niente. Aucelluzzo gocce e rusata àcene e grano Tu m astrigniste cchiù forte a mano Cchiú llà, San Damiano 56

57 aveva appena SchiuòPPeto Tu me chiammaste: viene for o balcone, siente ch addore saglie da o ciardino Aveva appena schiuóppeto. T accarezzaie, e respiraiemo nzieme chell aria amica nzerraiemo ll uocchie mano int a mano tu me purtave p e ccampagne n fiore e n angelo nu flauto me rialaie e io te dedicaie na canzuncella Aveva appena schiuóppeto Ch addore ca saglieva da o ciardino 57

58 e basta, cchiù nient ato Nun aggio maie cercato cchiù e chello giusto ca putevo avé, maie affannato pe cose grosse, rrobba e valore, o cumbattuto pe cunquiste a mme nun destinate, e maie mmediuso e ll ate, e niente, maie Aggio cercato sulo nu core ca me puteva da bene sincero. L aggio truvato. Basta! E si nascesse ciento vote ancora, pe n ati ciento vote i cercarria sulo stu core e basta. Nient ato io cerco cchiù, né aggio cercato maie. 58

59 e canta, e Ride St anema mia ca a for a tte nun tene niente e nisciuno, affianco a te, lavata da e ccose brutte e chesta terra, vola. Vasata a sciate d angele, s arape comm a nu giglio. Mo, nun è cchiù sola, e canta, e ride, e ride, e ride mo ca vede ca tu si overa. 59

60 e vvote, na PaRoLa E vvote te pare ca tutto è fernuto, ca niente, cchiù niente te tene attaccato a vita, a stu munno. E pierde o curaggio, e pierde a speranza ca forse, dimane, se sana ogni cosa. Ma po, a ll intrasatta, t adduone ca basta sentì na parola sincera, d ammore, pe fa tutto o brutto d a vita accuncià. 60

61 io tengo a te O cielo tene stelle d argiento, o mare e vvele pittate e sole, io tengo a te. A rundinella tene e ccarezze d a primmavera, a palummella sciure e ciardine, io tengo a te. O rre è padrone d o regno e tene mille tesore, tene o mercante muntagne d oro, io tengo a te. Core e nennillo tene alleria, core e figliola tene speranze e core e sposa felicità, io tengo a te. 61

62 e doppo cchiù niente Na voce sincera, amica, vicina. Na voce d ammore na vota sultanto, almeno na vota e doppo cchiù niente. Na voce cumpagna, overa, vicina. Na vota, almeno na vota, na vota sultanto. 62

63 Sete d ammore Sete stu core tene, ma nun è sete d acqua ca na surgente sana manco l avastarria, sete stu core tene, sete d ammore. Sete e carezze, e vase, doppo nuttate longhe passate chiare chiare, smaniuso, cu a speranza e na nutizia soia, e na telefonata, na tuzzuliata e porta. Sete d ammore, desiderio ardente d a stregnere int e bbraccia forte, cu passione ca nun canosce eguale, e addeventà una cosa, e rialarle o mmeglio e ll anne mieie cchiù belle. Sete e n ammore grande ca o core n pietto t o martella, o spezza. Sete e n istante doce doppo iurnate e lacreme, e tristezza, doppo semmane e spàseme 63

64 ca m hanno visto afflitto, prigiuniero dint a na sèpe chiena chiena e spine. Sete e n ammore grande, sete e n ammore overo, sete e n ammore ca nun tene fine. 64

65 PRiMMaveRa contratiempo È notte futa. Chiove comm a cche. Fore, na luce nun se vede, niente. Napule int a nu velo cupo e malincunia arravugliata sta ma pe mme, pe mme sultanto, contratiempo, a primmavera già è trasuta, stammatina uocchie nire ca na fata nun e ttene accussì belle, ccà, nzerrate dint o core mio ve tengo, dint o core mio restate. 65

66 io te RingRazio, dio Io Te ringrazio, Dio, pe tutte e ccose ca Tu m he dato: pe stu sole d oro ca quanno vasa o ggrano p a campagna o ffa cchiù bello e ricco e nu tesoro. Io Te ringrazio, Dio, pe chistu mare ch abbraccia a terra sana e s accarezza comme nu nnammurato a nnammurata e le riala tanta tennerezza. P e stelle Te ringrazio, e pe sta luna ca stenne fasce argiento tuorno tuorno; e p e vviole, e rrose e p aucelluzze ca a ttutto o munno cantano o buongiorno. E tutto Te ringrazio, ma, cchiù e tutto, p o core ca m he dato, pe stu core ch è a casciaforte d e penziere belle, ca è na cascata e palpite d ammore. 66

67 che Fa Che fa si tale e quale a o ramo e n albero spezzato a tempesta me piglia e me sperde? Che fa si st anema nun trova pace e o viento nemico a strascina p e strade chiene e spine? Che fa si e nfamità d a gente accideno e stu core tutte e palpite? Che fa! Io penzo a o mumento ch io e tte ce truvammo vicino e me scarfa o calore e stu pietto carnale. Io penzo a o mumento ca tu me vase chist uocchie ca o chianto me nfonna a na vita a na vita chist uocchie e criaturo ca a sempe, cercano ammore, ammore sultanto. O riesto, che fa! 67

68 Suonno Cercanno io vaco, d a matina a sera, chella funtana addò vevette Ammore, chella funtana d acqua chiara e allera addò stu core se vo fa cchiù core. E cammenanno, mo p e vvie stramane e mmo p e strate chiene chiene e gente, passo e ghiurnate meie, iurnate sane, cercanno sempe senza truvà niente. Eppure, dint e suonne ca me faccio, a trovo sempe sta funtana bella, e vevo n acqua fredda comm o ghiaccio, e veco ll uocchie e chell assassenella ca rideno guardanneme e, felice, m astregne forte n pietto, appassiunata. Quanta parole e fuoco ca me dice senza parlà, cu chella vocca e fata. E allora a bona sciorta io benedico pe sta nuttata tènnera e cuïeta, e benedico chistu suonno amico ca cunnulea stu core e nun o sceta. 68

69 te voglio bene assaie Tutta a iurnata quanta morze amare e quante pise càrreco ncopp e spalle zitto e muto e tiro annanze A fauzaria, a nfamità d a gente, niente me fanno, niente, pecché appena a sera scenne e m arretiro a casa, io trovo a tte, unica cosa bella e chesta vita! E sùbbeto l amaro se fa doce, ogni tristezza more e nasce a gioia, se sana ogni ferita e tanno tanno me scordo tutte e ppene, tutte e guaie appena tu me dice: te voglio bene assaie 69

70 o core Dio stu core ce l ha dato pe na cosa sulamente: p astiparce dinto astritte tutte quante e sentimente. Tutte quante? E comme fanno azzeccate, tutte aunite dint a tanto poco spazio? S hanna sèntere abbelite. E allora io, senza penzarce troppo ncoppa, aggio pigliato nu curtiello e acciaro fino e stu core aggio tagliato. Tanno tanno e sentimente songo asciute a uno a uno fino a quanno n è rummaso largo largo sultant uno, ma, comm isso s abbiava p ascì fora a chistu core, l aggio ditto: e nno, tu rieste, bello mio, tu si l Ammore! 70

71 ce PutaRRia Maie Sta Ce putarria maie sta na primmavera senza na rondine, senza vïole? Nascesse maie o ggrano p a campagna si nun tenesse a cumpagnia d o sole? E a luna, chella luna tonna tonna, penzasse maie p o cielo d affacciarse si nun sapesse ca migliare e core l aspettano smaniuse pe vasarse? E si nun ce pò sta na primmavera senza vïole e senza rundinelle, e manco o ggrano senza o sole d oro e a luna senza e suonne d e nnennelle, i manco putarria sta senz ammore ca sta vucchella toia appassiunata riala a chistu core ca se ncanta e campa iuorne e giuventù affatata. 71

72 dummeneca d ammore I for a loggia, sotto o cielo e maggio, ncopp a na seggia a sdraio, nu libro n mano. O sole me riala o primmo raggio ch abbraccia stu scenario sano sano. Tu affianco a mme Io poso o libro n terra Te guardo dint a ll uocchie nire nire A mana toia cu a mana mia se nzerra Chesta vucchella e fata comme rire Abbiento e sta dummeneca è scetata d a voce e nu canario cantatore. A radio sottavoce sta appicciata e sona sulo musica d ammore E dint a ll uocchie ce tenimmo mente e senza chiacchiarià nuie ce dicimmo nu munno e cose e, dint a sti mumente, ce arricurdammo o primmo vaso, o primmo ca vattïae a nàsceta e stu bene, sta passïone ca ce volle n pietto, ca nun canosce sosta, ca nun tene na macchia, n ombra scura, nu suspetto. Io for a loggia. Tu me staie vicino. N anema sola simmo. Ce vasammo sott a stu cielo nuovo, a stu tturchino ch abbraccia o munno attuorno e ce ncantammo. 72

73 è naturale Ce simmo appiccecate, stammatina. E chesto che vo di ca nun ce amammo cchiù? Ca è niente mo chello ca primma era tutto? Ca è morte mo chello ch aiere era vita? Ca è gelo mo chello ca fino a n àttemo fa era calore? È naturale ca o cceleste d o cielo se sporca e tempesta, l importante è ca po torna o sole. 73

74 Ma, ancora E stelle me ncantavano, ma ancora i nun avevo visto ll uocchie tuoie. Tuccavo a seta e me credevo ca nun ce stesse cosa cchiù e valore, ma ancora i nun avevo accarezzato a seta fine d e capille tuoie. O mmèle ncap a mme penzavo è o ddoce cchiù doce ca ce sta, ma ancora i nun avevo assapurato e llabbra toie. Ero sicuro ca maie stu core mio avarria pututo cunoscere cchiù bene, ma ancora ancora i nun t avevo canusciuta. 74

75 Pe tte Pe tte sagliesse n cimm a na muntagna a cogliere ginestre e stelle alpine, e pe t e rïalà sarria capace d attraverzà nu mare senza fine. Pe tte, pe tte farria qualunqua cosa. Cércame a luna, e chella luna argiento annanz e piede tuoie te truvarrie. Cércame o munno, e dint a nu mumento tutto d o tuio sarrà stu munno sano. Cércame nu castiello, nu tesoro, e io te porto o regno o cchiù putente, e io te porto dïamante e oro. Cèrcame na canzone, e o core mio te cantarrà a cchiù bella d e ccanzone, te scigliarrà fra tutte e riturnelle chillo ca dinto tene passïone. Nun o penzà nuvembre ca è trasuto: e vvuo e vviole? E i vaco ncap o munno a tt e ppiglià pe te vedè cuntenta te porto a primmavera int a l autunno. Cércame tutto. Tutto tu avarraie. Maie tu he penzà: sta cosa m ha negata. Ma a vita mia nun m a cercà sta vita, pecché pecché io già te l aggio data. 75

76 oggi Si nnata tu O sole s è scetato, c o pizzo a rrisa o munno attuorno attuorno ha salutato. Ch azzurro n cielo! A primmavera cu a vesta arricamata e fronne nove ha ditto: io stongo ccà! Che festa pe ll aucielle, e ne so tante: pàssere, pietterusse, rundinelle. Quanta canzone. L aria pazzea cu e palpite d o core: e ppiglia, e llassa, e pporta a ccà e a llà. Na fata s è affacciata, e quant è bella, e comme m ha guardato appassiunata. E ppene meie? Chi soffre cchiù! Anema e core e ttengo dint o zuccaro: oggi si nnata tu! 76

77 FinaLMente Nun me mporta d a gente ch è ngrata, e stu munno accussì malamente: finalmente io t aggio ncuntrata. Nun me mporta si a vita pe niente cumpagna m è stata: finalmente io t aggio truvata. E si pure o destino dimane me privasse d a vista, nun mporta: restarraie pe sempe int a st uocchie, pe sempe. E si pure nu suonno sultanto restarrà chistu suonno e carezze, chistu suonno ca tu sulamente m he fatto sunnà, nun fa niente a mme abbasta o surriso e chist uocchie, chestu bene ca tu m he rialato tenennome mente e geluso m astregno int o core, e nun cerco e nun voglio nient ato, a mme abbasta ca t aggio ncuntrata, finalmente! 77

78 a PRiMMa vota Doppo na cammenata dint o vverde d a primmavera a pochi iuorne nata, ncopp a ll èvera nova tutte e dduie ce arrepusaiemo. O ddoce d a iurnata accumpagnava o canto e ll aucielle ch attuorno a nnuie vulavano cuntente, e l aria ruffïana ce mbriacava e ce scetava tutte e sentimente. Io t abbracciaie. Tu me vasaste. Forte sbattevano sti core. A poco a poco cchiù me facette audace e o pietto ardente t accarezzaie. Pe tutte e ccarne o ffuoco io me sentevo e pure tu o ssentive Niente calmà puteva chella freva ca ce faceva l uno schiavo e ll ata, ca int a na morza acciaro ce teneva e ca ce rïalaie nu munno nuovo, nu munno fatto e sensazione maie, maie canusciute Int a nu suonno d oro t abbandunaste e io m abbandunaie Sentette sulo int e suspire tuoie: È a primma vota Doce e affatturata cchiù se facette l aria. Pe mme pure chella era a primma vota ca na fata 78

79 p a mano me pigliava e me purtava pe chella strata e fàvule e canzone, pittata rosa e arricamata e sole E o bene se facette passïone Tremmanno te cercaie tutto e ll ammore e tu e ll ammore me mparaste a via o rridere int o cchiagnere ammiscaste e addeventaste tutta quanta mia. 79

80 SeRata chiara, QuaSe e PRiMMaveRa Serata chiara, quase e primmavera, serata e mmità marzo già cu addore d e primme sciure, d e ffrunnelle nove ca int e suspire e abbrile schiupparranno e rialarranno cchiù bellezza attuorno; serata chiara, quase e primmavera, ca ll uocchie mieie me ncante cu e ccarezze d a luna ca me vase tutte e penziere amare cu e llabbra appassiunate d o viento arricamato e palummelle, ca vieste e gocce e mare chesta malincunia, tu si pe mme cumpagna desiderata, ca m aiuta a cogliere frutte ncantate, cumpagna amata ca me vene a leggere vierze d ammore e cunte e fata, cumpagna overa ca pe mme se veste c o pizzo a rrisa e a st anema scuntenta dice: spera 80

81 tengo nu core nuovo StaMMatina Me so scetato allero stammatina l anema mia è tutta na canzona e na speranza ca se fa certezza se cunnulea e se vasa tutte e penziere mieie ca nasceno e s abbracciano suspire e sole ca me so cumpagne e ridono e pazzeano dint e culure e chist arcobaleno, ca pe nascere, bisogno nun ne tene d e llacreme d e nnuvole Tengo nu core nuovo stammatina 81

82 voce aspettata Sta chitarra ca sona stasera cunte e fata me porta. Da o core vanno e venono mille penziere, e so tutte penziere d ammore m arricordo mo e chesta mo e chella o cceleste e duie uocchie e capille nire nire o vvelluto d a pelle pizzo a rrisa na lacrema strille Ma na voce, na voce, cchiù e ll ate m arricorda sti suone e sti nnote chella voce stasera è turnata chella voce a vi ccà Quanta vote io chiammata l avevo aspettanno ca turnasse e mo a stongo sentenno bella e chiara, cumpagna e chill anne ca pruggette se vanno facenno pe na vita cuntenta po, invece Ma che fa. Mo sta ccà. So felice. E me porta nu tiempo e vammace e parole affatate me dice 82

83 cammenanno cu te Cammenanno cu te, mano int a mano, a strada addeventava nu tappeto e sciure appena nate. e o core se pittava e na ducezza ca me purtava e iuorne mieie e criaturo, iuorne e nnucenza, iuorne e celeste. 83

84 e, ancora Po doppo mez ora e suonno Quanno te scite si cchiù bella ancora. E, ancora 84

85 tre Segge Tre segge dint a casa, pe mme, pe tte, p ammore. Però resta vacante a terza: ammore, nuie, ce l assettammo nzino. 85

86 né a Lota, né o tiempo A lota nun ammacchia a neve e chillu pizzo d a muntagna. Né o tiempo ammacchia ammore int a sti core nuoste. 86

87 Suonno e arcobaleno T aggio sunnata. Me so scetato. N cielo na festa e musica e arcobalene e dint o core mio nu munno e bene e na vrasèra e ammore 87

88 e core nuoste Ll aucelluzze cantano. E pallummelle volano. E core nuoste ridono. 88

89 Si tenesse Si tenesse na chitarra, si a sapesse po sunà, notte e ghiuorno sunarria, tengo o core chino e musica. Si tenesse bona voce, si ntunato io fosse, certo notte e ghiuorno cantarria, tengo o core chino e musica 89

90 vengo e te PoRto Vengo e te porto tutte quante e stelle ca lùceno stasera int a stu cielo e e chistu viento lieggio e settembre tutte e ccarezze te porto e addore e stu ciardino. Vengo e te porto tutte e suspire d o mare e tutte e suonne ca nasceno guardanno a luna. Vengo e te porto o ddoce e sti penziere cunnulïate da e ppalummelle. Vengo e te porto sta vita mia ca tu faie bella, ca tu faie vita. 90

91 che vo di na PRiMMaveRa E vvi ccanno, so turnate n ata vota e rrundinelle! Primmavera, sciure belle, finalmente state ccà. Pace, e tu, desiderata pe calmà turmiente e pene dimme dimme quanno viene? Io t aspetto Vuo turnà? Che vo di na primmavera senza pace dint o core uocchie mieie, uocchie e dulore che guardate o cielo a ffa? Chisti vuole e rundinelle sti culure st armunia pace o core vularria pace torna? ma chi sa 91

92 gocce Cadono gocce d acqua, e int o silenzio quase e sentì me pare note e na musica ca, bella e scanusciuta, trase a sti llastre arricamate e perle. Chi s o ccredeva ca doppo na iurnata tutta e «no», dint a serata, mo, a voce argiento e stu tappeto e nuvole veneva a farme cumpagnia. Sincera è sta canzone d acqua ca stasera se piglia ogni penziero e o porta addò nun è malincunia, addò, pure pe mme, ce sta na via pittata rosa. E sta fenesta aggio araputa. A mano cu e ggocce e st acqua io me so nfosa lieggio aggio ntiso subbeto o calore e na carezza, e n miez e ddeta cumpagno m è rrummaso tutto o prufumo doce e nu surriso. 92

93 MuMente inutile Mumente inutile songo e mumente e chesta vita mia passate senza e te, mumente sulo e malincunia, sulo e scurore. Mumente senza palpite d ammore, fatte e scunforto, senza genio e niente, schiave d a pucundria. Mumente senza vita, senza scopo, senza a passione e tutte e sentimente ca invece, quanno sto vicino a tte, genio e campà me danno, danno a stu core mio tutta a ducezza e sta faccella e fata ca sape trasfurmà e mumente inutile int a mumente d esistenza overa addò ogni cosa s arravoglia e luce, addò sta vita ca nun era niente se veste e passïone e se fa vita. 93

94 L ommo è na cosa che PaSSa A vita è tutto, è niente. Chi primma chi doppo pòvere torna. L ommo è na cosa che passa e lassa nu ricordo sulamente si ha saputo vulé bene overamente. 94

95 nun te MeRavigLià Nun te meraviglià si e sciure e stu ciardino so accussì belle. L ha semmenate stu core mio annammurato e te. 95

96 esco Esco pe ghi cercanno poste belle, esco pe cercà facce ca me so cumpagne, esco, cammino, guardo, esco So asciuto appena a nu minuto e già me pare n anno, e allora torno, e torno pecché tu si tutte e ccose ch io vaco cercanno. 96

97 Luna chiena E ccarne annure toie sott o chiarore d a luna chiena e sta nuttata e luglio n anema danno a e ffronne e stu grillaggio pe tramente e mmane meie te scrivono pagine e musica. 97

98 tre MuMente, e tre cchiù belle Aizo ll uocchie n cielo e veco e rrundinelle, acalo ll uocchie n terra e a dint e ssenghe d e spìcule, tra e mmure e e marciappiede, veco margaretelle, po guardo a gente, e n miez a ttutta a gente, io veco a tte, a tte sultanto io veco, unico suonno bello e chesta vita, unico suonno vero e chistu core, unica e sola faccia senza maschera. 98

99 tutte M e ddaie Sti SSenSazione Notte. Na vesta e sposa a luna stenne a mmare e e stelle nu ricamo argiento e oro rialano a cchist uocchie annammurate. Matina. O sole veste e gioia tutte cosa, rideno e cantano ll aücelluzze p e ciardine n fiore. Sera. A poco o sole è tramuntato, ancora remmasuglie e culore rosa e viola pazzeano cu na ferza ianca e nuvola. Tu tutte m e ddaie sti sensazione, tutte, quanno t astregno int a sti bracce, quanno o core mio e o core tuio se toccano, e quanno o ddoce e mille e mille vase a mme me fa nu rre e a tte riggina. 99

100 n albero e vase Voglio essere pe tte nu suonno d oro, nu bene senza tiempo, senza fine, nu ciardeniello e rose senza spine. Voglio essere pe tte nido sicuro, stagione quanno è vierno e luce quann è scuro. Voglio essere pe tte cumpagno overo, suonno e tutte e suonne. Voglio essere pe tte n albero e vase. 100

101 tu Si o SuRRiSo e Quanno o SoLe Ride è vierno, chiove, o friddo spacca ll ogne ma tu, France, si chillu raggio e sole ca mette int a stu core l allerezza ca sulamente n angelo o na fata te sanno rialà si chella gioia ca porta n aria doce e primmavera pure si o cielo è niro cchiù d a pece, pure si o viento straccia tutte cose tu si o surriso e quanno o sole ride, tu si o suspiro e quanno o mare canta, tu si a stagiona e chesta vita mia ca è vita overa sulamente quanno mano int a mano, core dint o core, me puorte addò nisciuno m è nemico e ogni penziero mio se veste e arcobaleno. 101

102 e invece ire na Luce Doppo na vita tutta na nuttata, tu pure, raggio e sole, me parive nu suonno fàuzo ca perciava st anema. E invece ire na luce e vera luce ca me veneva a accarezzà. Ma, doppo tantu scurore, chi t aspettava cchiù? E invece tu ire a luce d a cchiù vera luce. 102

103 vurria truvà na tavernella ancora Vurria truvà na tavernella ancora c o ciardeniello, o pergulato, o puzzo, e a dint o puzzo tirà nu sicchio chino e frutte sapurite e po assettarme cu tte a na tavulella e int o bicchiere e vino tagliarce na percoca e fa nu brinneso a ll ammore, a vita e respirà chillu prufumo antico e n epuca cchiù semplice, e nu tiempo certo cchiù amico. Vurria truvà sta tavernella ancora cu anepeta, cu a menta, a malvarosa, c o giesummino, cu e lillà, cu a rosa e, pe tramente, appassiunatamente a miez e ffronne nu cardillo attuorno spannesse e nnote e na canzona nova e o sole ce mannasse e ragge d oro cchiù belle ch isso tene, io m accustasse a tte e te suspirasse: quanto te voglio bene. 103

104 no, nun credere No, nun credere a chello ch a gente va dicenno. No! Nun a curà ca è mmediosa, ch è assaie malamente e è capace nfamona e nventà nciuce e tràstule e po dint a nniente a ll inferno te va a sistimà nu sant ommo, o cchiù buono e nnucente c ha campato mangianno onestà senza maie trascurà a bona via, mentre a n ato, ca nun tene onore, t o fa n anema santa e pulita. No, nun credere a chella buscia: sulo a te tengo dint a stu core, sulo a te io rialo sta vita. 104

105 PReghieRa Stelle ch arricamate stu cielo settembrino, viento ca t accarizze passanno o giesummino, luna ca ncopp a ll onne stienne nu crespo e seta, sentitelo, stanotte, o chianto e stu pueta, dateme nu sullievo pe chesta malatia, levateme da o core tutta a malincunia ca dinto s è nfezzata e nu me dà ricietto. Iate addu nenna mia dicitele ca n pietto i a porto stretta, sempe, e maie m a scordo, maie. Dicitele ch a voglio nu bene gruosso assaie, dicitincello: torna! Purtatele sta voce, dicitele ch è a sola, l unica cosa doce, 105

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