STUDIO di IMPATTO AMBIENTALE. - RELAZIONE TECNICA Procedura di Verifica di assoggettabilità a Valutazione

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1 Provincia di Verona Comune di Isola della Scala Regione del Veneto STUDIO di IMPATTO AMBIENTALE - RELAZIONE TECNICA Procedura di Verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) (D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4) PROGETTO PER LA DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DI UN CAPANNONE AVICOLO IN UN ALLEVAMENTO DI POLLI DA CARNE PROPONENTE: MENEGHELLI MASSIMO Sede legale: Isola della Scala (VR), Via Cognare n. 1/A CUAA e CF: MNGMSM62H05E349J P.IVA: Unità produttiva: Isola della Scala (VR), Via Cognare, 1/A Isola della Scala, 6 Novembre 2014 COORDINATORE: Dr. Agr. GIANNI MECENERO - Via A. Rodoni, Roncoferraro (MN) Tel. 0376/ Fax 03 76/ cell gimece@alice.it PEC: gmece@epap.sicurezzapostale.it

2 INDICE A - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO A1 - Premessa A1.1 - Generalità A1.2 - Le motivazioni della presente relazione A2 Descrizione di piani, programmi e norme di riferimento per il progetto di intervento A2.1 - Presentazione introduttiva del progetto A2.2 - Ubicazione dell intervento e inquadramento delle zone considerate A2.3 - Previsioni e vincoli della pianificazione territoriale ed urbanistica A Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) A Il Piano d Area delle Pianure e delle Valli Grandi Veronesi A Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) A Il Piano Regolatore Generale (PRG) e il Piano di Assetto del Territorio (PAT) del Comune di Isola della Scala A I vincoli naturalistici A Altri vincoli A2.4 - Principali previsioni/vincoli nei piani di bacino A Il Progetto di Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (PAI) dell Autorità di Bacino del Fiume Fissero-Tartaro-Canalbianco A2.5 - Principali previsioni/vincoli nei piani di risanamento e tutela delle acque A2.6 - Coerenza del progetto con le norme A2.7 - Coerenza del progetto con gli strumenti di programmazione e pianificazione B - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE B1 Descrizione del progetto B1.1 - Premessa B1.2 - Gli interventi previsti B2 Descrizione del cantiere B2.1 - Azioni di cantiere B2.2 - Smaltimento di rifiuti in fase di cantiere B2.3 - Smaltimento di reflui e di acque di scorrimento in fase di cantiere B2.4 - Emissioni in atmosfera in fase di cantiere B2.5 - Produzione di rumore in fase di cantiere B2.6 - Produzione di vibrazioni in fase di cantiere B2.7 Tempi di realizzazione B3 La gestione delle nuove strutture B3.1 Descrizione dei processi in fase di esercizio 2

3 B3.1.1 La tecnica di allevamento B3.1.2 La rimozione delle deiezioni B3.1.3 Lo stoccaggio delle deiezioni B3.1.4 L utilizzo agronomico dei reflui B Viabilità di servizio B3.1.6 Materiali e colori B3.1.7 Illuminazione esterna B Le opere di mitigazione B Prescrizioni, servitù e restrizioni all uso di suoli indotti dall intervento B3.2 - Materiali ed energia necessari per l esercizio e la gestione delle opere B Il bilancio dei materiali B Il bilancio idrico di esercizio B Il bilancio energetico di esercizio B3.3 - Smaltimento di rifiuti in fase di esercizio B3.4 - Smaltimento di reflui e di acque di scorrimento in fase di esercizio B3.5 - Emissioni in atmosfera in fase di esercizio B3.5.1 I gas ad effetto serra B3.5.2 Gli odori B3.5.3 Le polveri B3.6 - Produzione di rumore in fase di esercizio B3.7 - Produzione di vibrazioni in fase di esercizio B3.8 - Rischi di incidente in fase di esercizio B3.9 - Manutenzione in fase di esercizio delle opere B4 La dismissione finale dell insediamento C QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE C1 Descrizione dell ambiente interessato C1.1 - Stato del clima e dell atmosfera C1.2 - Stato delle acque superficiali C Il Consorzio di Bonifica Valli Grandi e Medio Veronese C Il rischio di allagamento C La qualità delle acque superficiali C1.3 Stato delle acque sotterranee C Aspetti qualitativi C Stato ambientale C Descrizione delle aree di protezione dei pozzi idropotabili C1.4 - Stato del suolo e sottosuolo C Inquadramento geologico generale C Geomorfologia C Litologia di superficie C Sismica C1.5 - Stato della flora e della fauna C1.5.1 Flora terrestre C1.5.2 Fauna terrestre 3

4 C Flora e fauna acquatiche C1.6 - Stato degli ecosistemi C1.7 - Stato ambientale per rumore e vibrazioni C1.8 - Stato del paesaggio e del patrimonio storico/culturale C1.9 - Stato del sistema insediativo, delle condizioni socio-economiche e dei beni materiali C2 Impatti del progetto C2.1 - Impatti per atmosfera e clima C2.2 - Impatti per le acque superficiali C2.3 - Impatti per le acque sotterranee C2.4 - Impatti per suolo e sottosuolo C2.5 - Impatti per la flora C2.6 - Impatti per la fauna C2.7 - Impatti per gli ecosistemi C2.8 - Impatti per rumore e vibrazioni C2.9 - Impatti per la salute e il benessere dell uomo C Impatti per il paesaggio e il patrimonio storico/culturale C Impatti per il sistema insediativo, le condizioni socio-economiche ed i beni materiali C3 Scelta delle alternative e delle azioni di mitigazione degli impatti ambientali residui C4 Sintesi della valutazione degli impatti C4.1 - Analisi dei risultati C5 Programma di monitoraggio C5.1 - Struttura del PMC: aspetti generali C5.2 - Attività analitica D Fonti bibliografiche E - Siti web consultati F - SW impiegati per simulazioni e calcoli 4

5 A - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO A1 Premessa A1.1 - Generalità Il Sig. è titolare di un azienda agro-zootecnica con sede in comune di Isola della Scala (VR) in Via Cognare n. 1/A. L'attività zootecnica di allevamento di polli da carne si svolge allo stesso indirizzo. L'azienda conduce inoltre terreni agricoli per una superficie utile complessiva di 10,44 ettari in proprietà nel comune di Isola della Scala. Oggetto del presente è il progetto di demolizione di una vecchia struttura di stabulazione, risalente agli anni '70, con ricostruzione di una nuova e più moderna struttura, con piccolo aumento della superficie utile di allevamento. La struttura che si intende demolire si trova in condizioni strutturali pessime, tanto che negli ultimi anni non è mai stata utilizzata per l'allevamento dei polli. Con l intervento in progetto il titolare intende perseguire, secondo le modalità che saranno esplicitate nel prosieguo della presente relazione, diversi importanti obiettivi: ottimizzazione della manodopera e degli altri fattori produttivi presente in azienda; miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, grazie allo smaltimento della copertura in eternit. A1.2 - Le motivazioni della presente relazione Il progetto al quale si è appena accennato consiste nella modifica di un allevamento di polli da carne con la completa demolizione di una struttura obsoleta e la nuova edificazione di un capannone avicolo con annesso corpo servizi. Attualmente la situazione è così riassumibile: Capannone (***) Totale Superficie utile (mq) Capi/mq (*) Capacità massima Presenza media (n. capi) (n. capi) (**) (*) il numero di capi per mq è stato calcolato considerando di accasare, usufruendo della deroga a 39 kg/mq, solamente femmine da allevare fino a 1,5-1,6 kg di peso vivo. (**) dato teorico valutato considerando di utilizzare anche il capannone n. 3; in realtà negli ultimi anni la presenza media in questa struttura è stata pari a zero. (***) capannone da demolire. A seguito dell'intervento avremo invece la seguente situazione: Capannone 1 2 Superficie utile (mq) Capi/mq Capacità massima Presenza media (n. capi) (n. capi)

6 3 (*) Totale Differenza (*) capannone nuovo. La differenza fra la capacità massima e il numero di capi mediamente presenti è dovuta alla mortalità (calcolata in un 5% medio) e al fatto che fra un ciclo di ingrasso e il successivo solitamente passano giorni (vuoto sanitario). - Le principali modifiche evidenziate dai due prospetti sono le seguenti: aumento della S.u.a. Di 332 mq; aumento del numero di posti di unità; aumento del numero di capi mediamente presenti, di unità; aumento del peso vivo mediamente presente di 4,53 tonnellate. L'intervento in progetto prevede un ampliamento strutturale con conseguente modifica della capacità massima dell'allevamento e del numero di animali mediamente presenti. La presente relazione, allegata alla domanda di Verifica di Assoggettabilità a VIA è stata redatta sulla base delle disposizioni previste nel Testo Unico ambientale. L'allegato IV del D.Lgs. 152/06, infatti, al punto 8 lettera t), riferendosi agli impianti per l'allevamento intensivo di animali, dispone che vengano sottoposte alla verifica di assoggettabilità alla V.I.A. le modifiche o estensioni di progetti di cui agli allegati III o IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente. 6

7 A2 Descrizione di piani, programmi e norme di riferimento per il progetto di intervento A2.1 - Presentazione introduttiva del progetto Il progetto che si intende realizzare consiste: - nella completa demolizione della vecchia struttura zootecnica; - nella nuova edificazione, in altra posizione di un nuovo capannone avicolo, con annessi servizi igienici, spogliatoio e vano tecnico; - nella sistemazione delle aree di servizio e della viabilità interna; - nell installazione dei silos per il mangime. Il centro aziendale è individuato catastalmente al mappale n. 303 sub 4, foglio n. 73, del Comune di Isola della Scala. Attualmente l'allevamento è così strutturato: Comune Isola della Scala Isola della Scala Isola della Scala Isola della Scala Isola della Scala Fg Mapp. Sub Cat. D/10 D/10 D/10 D/10 D/10 Destinazione Capannone avicolo 1 Capannone avicolo 2 Capannone avicolo 3 Deposito agricolo Abitazione del titolare Il capannone che si intende demolire è il numero 3. Al suo posto ne verrà realizzato uno nuovo in prossimità degli altri due, con lo stesso allineamento. Dal punto di vista catastale verranno interessati sia il mappale n. 303 che il n. 307, entrambi di proprietà del Sig. al 50% con la moglie Santinato Chiara, in regime di comunione legale dei beni (vedi anche visure catastali allegate). Per quanto riguarda il carico animale mediamente presente in allevamento, nel seguente prospetto vengono messe a confronto le situazioni attuale e futura: Situazione S.u.a. (mq) n. posti (25 Capi mediamente Peso vivo medio capi /mq) (*) presenti (**) (kg/capo) Peso vivo mediamente presente (t) Attuale ,00 53,97 Futura ,00 58, ,00 4,53 Differenza (*) il numero di capi per mq è stato calcolato considerando di accasare, usufruendo della deroga a 39 kg/mq, solamente femmine da allevare fino a 1,5-1,6 kg di peso vivo. (**) valutazione teorica fatta considerando di utilizzare tutti e tre i capannoni anche nella situazione ante-intervento. In seguito alla realizzazione del progetto si avrà quindi un aumento di 332 mq di S.u.a e di posti. L'aumento di capi mediamente presenti è maggiore rispetto a quello della capacità massima a causa del fatto che attualmente il capannone n. 3 risulta inutilizzato e quindi 5,00 tonnellate di peso vivo e di capi mediamente presenti. 7

8 A2.2 - Ubicazione dell intervento e inquadramento delle zone considerate L'intervento in progetto verrà effettuato presso l'allevamento avicolo esistente gestito dal sig., in Via Cognare nn. 1/A, nel comune di Isola della Scala (VR). Il sito si trova nel settore orientale del territorio comunale, 2500 m a est-sudest del capoluogo. L'insediamento agro-zootecnico su cui si prevede di realizzare il progetto è delimitato a nord da Via Cognare, che collega Via Selesetto con Salizzole e dalla quale si accede all'azienda; sugli altri lati l'allevamento è circondato da terreni agricoli di proprietà coltivati a seminativo. 8

9 Le coordinate geografiche (WGS84) del punto di accesso all insediamento sono le seguenti: Longitudine 11 02'41.429" Latitudine 45 15'22.295" La quota altimetrica media dell area in esame è compresa fra i 25 e i 26 m s.l.m. A2.3 - Previsioni e vincoli della pianificazione territoriale ed urbanistica A Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) Il PTRC rappresenta lo strumento regionale di governo del territorio. Ai sensi dell'art. 24, c.1 della L.R. 11/04, "il piano territoriale regionale di coordinamento, in coerenza con il programma regionale di sviluppo (PRS) di cui alla legge regionale 29 novembre 2001, n.35 "Nuove norme sulla programmazione", indica gli obiettivi e le linee principali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione". Il PTRC costituisce il documento di riferimento per la tematica paesaggistica, stante quanto disposto dalla Legge Regionale 10 agosto 2006 n. 18, che gli attribuisce valenza di "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici", già attribuita dalla Legge Regionale 11 marzo 1986 n. 9 e successivamente confermata dalla Legge Regionale 23 aprile 2004 n. 11. Tale attribuzione fa sì che nell'ambito del PTRC siano assunti i contenuti e ottemperati gli adempimenti di pianificazione paesaggistica previsti dall'articolo 135 del Decreto Legislativo 42/04 e successive modifiche e integrazioni. Con deliberazione n del 7 agosto 2007 la Giunta Regionale del Veneto ha adottato il Documento Preliminare del PTRC come previsto dall'art. 25, comma 1, della L.R. 11/2004. Il Documento Preliminare contiene gli obiettivi generali che s'intendono perseguire con il piano e le scelte strategiche di assetto del territorio, nonché le indicazioni per lo sviluppo sostenibile e durevole del territorio (art.3 c.5 della L.R. 11/04). Con deliberazione di Giunta Regionale n. 372 del 17/02/09 è stato adottato il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento ai sensi della legge regionale 23 aprile 2004, n.11 (art. 25 e 4). Il sito di intervento ricade in un area per la quale il vigente PTRC non presenta particolari rilevanze. Le indicazioni più importanti che è stato possibile riscontrare dall analisi degli elaborati cartografici allegati al Piano (vedi Allegato 2, Tavole 1/1, 1/2 e 1/3) sono le seguenti: - l area in esame ricade in un comune classificato come vulnerabile ai nitrati; - si tratta di una zona di primaria tutela quantitativa degli acquiferi. Non sono presenti pozzi ad uso acquedottistico nei pressi del sito di intervento; - il territorio in cui si inserisce l insediamento in esame è caratterizzato da un livello di diversità dello spazio agrario medio basso o basso; - per quanto riguarda il territorio rurale ci troviamo in un area agropolitana in pianura ad elevata utilizzazione agricola. 9

10 In sostanza, comunque, per quanto riguarda il tipo di intervento progettato, non sussistono particolari vincoli ostativi alla sua realizzazione. A2.3.2 Il Piano d Area delle Pianure e delle Valli Grandi Veronesi Il Piano di Area è uno strumento di specificazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (approvato con Delibera Consiglio Regionale nº 250 del ), per ambiti determinati che consente di "individuare le giuste soluzioni per tutti quei contesti territoriali che richiedono specifici, articolati e multidisciplinari approcci alla pianificazione". Il Piano indica le aree tematiche per l individuazione di azioni di convergenza da sviluppare attraverso iniziative concordate allo scopo di rafforzare i fattori d identità e attrazione del territorio ed aumentarne la competitività in un contesto territoriale più ampio. Il territorio che ci riguarda è inquadrato nel Piano d Area delle Pianure e delle Valli Grandi Veronesi. Geograficamente il piano coincide ad est con i confini amministrativi della provincia di Padova, a sud con la provincia di Rovigo, ad ovest con la provincia di Mantova e a nord con la provincia di Verona. 10

11 L indagine effettuata sugli elaborati del Piano non ha evidenziato particolari problematiche rispetto alla realizzazione del progetto. Si segnalano le seguenti rilevanze: - la Carta della fragilità (Allegato 2, Tavola 2/1) evidenzia l assenza di: - rischio idraulico - difficoltà di drenaggio - vulnerabilità idrogeologica - fenomeni di inquinamento. - il Sistema delle valenze storico-ambientali (Allegato 2, Tavola 2/2) inquadra l area di intervento come di rilevante interesse paesistico-ambientale. A Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) La legge regionale 11/2004 definisce puntualmente il PTCP come lo strumento di pianificazione che "delinea gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell'assetto del territorio provinciale in coerenza con gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico provinciale con riguardo alle prevalenti vocazioni, alle sue caratteristiche geologiche, geomorfologiche paesaggistiche ed ambientali." Il PTCP è uno strumento di pianificazione di area vasta (si colloca a livello intermedio tra il livello pianificatorio regionale e quello comunale); in linea generale, si tratta di uno strumento di pianificazione di secondo livello che indirizza, prevalentemente attraverso direttive, le scelte dei piani sotto ordinati. Dall esame delle diverse tavole del PTCP (Allegato 2, Tavole 3/1-6) sono emersi i seguenti elementi di rilievo: l intervento ricade in un ambito caratterizzato da una vocazione prevalentemente agricola, la Bassa Pianura Veronese; il territorio in cui si effettuerà l'intervento non è caratterizzato da opere di bonifica e non è soggetto a pericolo idraulico (PAI) e a rischio idraulico (PTRC); la vulnerabilità idrogeologica è bassa; nel sito di intervento non sono presenti elementi di importanza architettonica, archeologica, paesaggistica o altro. A Il Piano Regolatore Generale (PRG) e il Piano di Assetto del Territorio (PAT) del Comune di Isola della Scala Il sito nel quale si intende realizzare il progetto, come anche il territorio immediatamente circostante, ricade interamente all'interno di un'area di territorio agricolo classificato dal PRG Comunale come Zona Agricola E/2. Il PRG individua anche la fascia di rispetto stradale posto su Via Gabbia e Via Cognare e la fascia di rispetto relativa al corso d'acqua che corre a fianco di Via Gabbia. Il Piano di Asseto del Territorio (PAT), nella tavola dei vincoli, evidenzia le stesse fasce d i rispetto indicate nel PRG. In definitiva, l'analisi del principale strumento di pianificazione comunale non ha evidenziato particolari limitazioni alla realizzazione dell'intervento proposto. 11

12 A I vincoli naturalistici Nell'area di intervento non sono presenti siti naturali protetti. Gli ecosistemi naturali più prossimi al sito di intervento sono ad una distanza notevole; si tratta delle seguenti zone inserite nella Rete Natura 2000 (Direttiva 92/43/CEE Habitat): 'Palude di Pellegrina' (IT ): si trova a circa 3,5 km in direzione sudovest dal sito di intervento. E' stato riconosciuto come ZPS nel 2003 e come SIC nel Relativamente al progetto di ampliamento in esame, data la notevole distanza, non si prefigurano effetti delle opere in progetto sugli habitat presenti nelle zone sopra descritte. Non si è ritenuto pertanto di procedere alla Valutazione di Incidenza (V. I N CA). A Altri vincoli Non sono presenti per il sito in questione altri vincoli di carattere paesaggistico, architettonico, archeologico, storico-culturale, demaniale o idrogeologico oltre a quanto descritto nei paragrafi precedenti. 12

13 A2.4 - Principali previsioni/vincoli nei piani di bacino A Il Progetto di Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (PAI) dell Autorità di Bacino del Fiume Fissero-Tartaro-Canalbianco Il Bacino interregionale Fissero Tartaro Canalbianco Po di Levante si estende nel territorio delle Regioni Lombardia e Veneto (province di Mantova, Verona e Rovigo più un comune della provincia di Venezia), sommariamente circoscritto dal corso del fiume Adige a nord e dal fiume Po a sud e ricompreso tra l area di Mantova a ovest, ed il Mare Adriatico a est. Il bacino ha un estensione complessiva di circa km2 (di cui approssimativamente il 10% nella Regione Lombardia e il 90% nella Regione del Veneto) e una popolazione di circa abitanti. Si tratta di un bacino interessato da cospicue opere artificiali di canalizzazione. Il bacino è attraversato da ovest ad est dal corso d acqua denominato Tartaro Canalbianco Po di Levante. Le fondamentali caratteristiche fisiche del bacino possono essere sintetizzate come di seguito: - territorio pressoché pianeggiante, con ampie zone poste a quota inferiore ai livelli di piena dei fiumi Adige e Po; - presenza di una fitta rete di canali di irrigazione alimentati in prevalenza dalle acque del Lago di Garda e del fiume Adige. Parte della rete irrigua ha anche funzione di bonifica, allontanando in Canalbianco le acque di piena. 13

14 Il Piano stralcio per l'assetto Idrogeologico (PAI) del bacino del Fiume Tartaro Canalbianco ha valore di piano stralcio del piano di bacino del Fiume Fissero Tartaro Canalbianco interessante il territorio della Regione Lombardia e della Regione del Veneto. Il piano ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo, tecnico-operativo, mediante il quale sono pianificate le azioni e le norme d uso riguardanti l assetto idraulico ed idrogeologico del bacino idrografico del Fiume Fissero Tartaro Canalbianco. Il piano persegue l obiettivo di garantire al territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e geologico, attraverso il ripristino degli equilibri idraulici, geologici ed ambientali, il recupero degli ambiti fluviali e del sistema delle acque, la programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della stabilizzazione e del consolidamento dei terreni. Dalla verifica degli elaborati del Progetto di Piano Stralcio non sono emersi, per la zona in esame, particolari problemi di sicurezza idraulica o idrogeologica. In particolare sono state analizzate le tavole riguardanti il rischio idraulico e la pericolosità idraulica (immagine seguente). A2.5 - Principali previsioni/vincoli nei piani di risanamento e tutela delle acque Il Piano Regionale di Risanamento delle Acque (PRRA) è stato approvato dalla Regione del Veneto nel 1989 e ha rappresentato, fino ad oggi, lo strumento principale per 14

15 quanto riguarda la pianificazione degli interventi di tutela delle acque, di differenziazione e ottimizzazione dei gradi di protezione del territorio e di prevenzione dai rischi di inquinamento. Il PRRA si poneva quale obiettivo il raggiungimento del massimo grado di protezione delle risorse idriche, compatibile con lo stato di fatto infrastrutturale e con le previsioni di sviluppo. Le strategie che il PRRA prevedeva di utilizzare per il raggiungimento dell ottimale grado di protezione dell ambiente idrico, sono state in parte riprese nel PTA (Piano di Tutela delle Acque). Il PRRA, con l approvazione del PTA è in gran parte superato. La Regione del Veneto ha approvato il PTA con deliberazione del Consiglio regionale n.107 del 5 novembre Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) rappresenta lo strumento di pianificazione a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni, e della Regione in particolare, per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale delle acque fissati dalle Direttive Europee (Dir. 2000/60/CE) e recepite nella Normativa Italiana (D.Lgs.152/99 e successive modifiche). L approccio del Piano è integrato, e perciò analizza e considera sia gli aspetti quantitativi legati alla risorsa acqua (risparmio e riuso, perdite di rete, minimo deflusso vitale, verifica delle concessioni, ecc.), sia quelli più tipicamente di carattere qualitativo (balneazione, depurazione e acque reflue, inquinamento, aspetti ecologici, biodiversità, ecc.). Il Piano aggiorna il quadro conoscitivo sulla risorsa idrica nel territorio regionale relativamente alla delimitazione dei bacini idrografici, alla identificazione dei corpi idrici definiti "significativi", alla classificazione qualitativa dei corpi idrici, alla valutazione dei carichi e delle pressioni, al bilancio idrico; valuta inoltre le tendenze evolutive nel settore civile, agro-zootecnico e industriale, tenendo anche conto dei mutamenti climatici in atto. Definisce gli obiettivi di quantità e qualità delle risorse idriche, dispone di modelli integrati, elabora i programmi di misura e contiene la verifica dell efficacia e del raggiungimento degli obiettivi. Secondo quanto stabilito nell allegato 4, parte B, punto 3 alla parte terza del D.Lgs. n. 152/2006, il Piano di Tutela delle Acque contiene un elenco ed una rappresentazione cartografica delle aree indicate al titolo III, capo I (Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall inquinamento e di risanamento), in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili, così come risultano dalla reidentificazione fatta dalla Regione: - aree sensibili: come stabilito dall art. 91 comma 1 e dall allegato 6 alla parte terza del D.Lgs. n. 152/2006, si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi: A. laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici; B. acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/l; C. aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni 15

16 previste dal D.Lgs. n. 152/ zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola: ad oggi risultano designate vulnerabili da nitrati le seguenti zone del territorio regionale: - l area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'art. 6 della L. 28/08/1989, n.305, costituita dal territorio della Provincia di Rovigo e dal territorio del comune di Cavarzere (ai sensi del D.Lgs. 11/05/1999, n. 152, ora sostituito dal D.Lgs. n. 152/2006), per complessivi Ha ; - il bacino scolante in laguna di Venezia, area individuata con il Piano Direttore 2000 per il risanamento della laguna di Venezia (deliberazione del Consiglio regionale n.23 del 7/05/2003), per complessivi Ha ; - le zone di alta pianura-zona di ricarica degli acquiferi per complessivi Ha (superficie al netto dei territori già compresi nel bacino scolante) (deliberazione del Consiglio regionale n. 62 del 17/05/2006). l intero territorio dei Comuni del Parco della Lessinia, così come individuati dalla L.R. 12/1990. sono altresì designati vulnerabili i territori dei Comuni dei rilievi dell alto Veronese sopraccitati e i comuni della Provincia di Verona il cui territorio ricade anche in parte nel bacino del Po sopraccitati. 16

17 - zone vulnerabili da prodotti fitosanitari: quale prima individuazione, si assume che le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari coincidano con quelle vulnerabili da nitrati di cui al paragrafo precedente, a scopo cautelativo e ammettendo che le caratteristiche del suolo e del sottosuolo permettano allo stesso modo la migrazione di tutte le categorie di prodotti fitosanitari. - aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano: sono quelle particolari porzioni di territorio che è necessario sottoporre a vincoli, al fine della tutela delle risorse idriche destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto pubblico. Il PTA individua tre tipi di zone: - zona di tutela assoluta: è l area immediatamente circostante il punto di attingimento, deve avere almeno 10 metri di raggio ed essere adibita esclusivamente alle opere di captazione e derivazione e alle infrastrutture di servizio. - zona di rispetto: è la porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta; è suddivisa in ristretta ed allargata in base alla vulnerabilità del corpo idrico e alla tipologia dell opera di presa e, quindi, sono diversi i vincoli territoriali da applicare. - zone di protezione: sono zone da delimitare sulla base di studi idrogeologici, tenendo conto in particolare del grado di vulnerabilità degli acquiferi e delle loro aree di ricarica. L individuazione non avviene in relazione ad una singola captazione bensì per tutelare un intera area d alimentazione. E molto importante predisporre un efficace sistema di protezione dinamica (reti di monitoraggio quali-quantitativo), in grado di evidenziare eventuali fenomeni di inquinamento e consentire di attivare tempestivamente le misure necessarie per fronteggiarli e risolverli. In generale, per le acque sotterranee, la Regione individua quali aree da proteggere: a) le aree di ricarica degli acquiferi; b) le principali emergenze naturali ed artificiali della falda; c) le riserve d acqua strategiche ai fini del consumo umano. - zone vulnerabili alla desertificazione: aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione. Per quanto concerne la zona che ci riguarda, occorre segnalare che il PTA classifica il Comune di Isola della Scala come Zona Vulnerabile ai Nitrati e come aree di salvaguardia delle acque sotterranee destinate al consumo umano. Nelle zone vulnerabili devono essere applicati i programmi d azione regionali, obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola, di recepimento del D.M. 7 aprile 2006 Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 e successive modificazioni e le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola. In modo particolare in tali aree il limite massimo per l azoto di origine zootecnica distribuibile sui terreni agricoli è pari a 170 kg/ha/anno. 17

18 A2.6 - Coerenza del progetto con le norme Per l allevamento esistente e per il progetto in esame sono già stati o dovranno essere ottenute le seguenti concessioni, autorizzazioni, intese, assensi, nulla osta, ecc. inerenti gli aspetti urbanistici e ambientali: Normativa di riferimento Ente/ autorità competente Estremi dell atto autorizzativo Edilizia L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765 Comune di Isola della Scala Licenza di costruzione prot. n. 300/1973 Edilizia L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765 Comune di Isola della Scala Licenza di costruzione prot. n. 166/1976 Settore Edilizia Edilizia Edilizia Edilizia Parere preventivo igienico sanitario sul progetto L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765; L. 28 gennaio 1977 n. 10; L. 23 dicembre 1996 n. 662, l. 15 maggio 1997 n. 127; D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; L.R. 5 marzo 1985 n. 24; L.R. 27 giugno 1985 n. 61; L.R. 1 settembre 1993 n. 47 L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765; L. 28 gennaio 1977 n. 10; L. 23 dicembre 1996 n. 662, l. 15 maggio 1997 n. 127; D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; L.R. 5 marzo 1985 n. 24; L.R. 27 giugno 1985 n. 61; L.R. 1 settembre 1993 n. 47 L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765; L. 28 gennaio 1977 n. 10; L. 23 dicembre 1996 n. 662, l. 15 maggio 1997 n. 127; D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; L.R. 5 marzo 1985 n. 24; L.R. 27 giugno 1985 n. 61; L.R. 1 settembre 1993 n. 47 L. 17 agosto 1942 n. 1150; L. 6 agosto 1967 n, 765; L. 28 gennaio 1977 n. 10; L. 23 dicembre 1996 n. 662, l. 15 maggio 1997 n. 127; D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; L.R. 5 marzo 1985 n. 24; L.R. 27 giugno 1985 n. 61; L.R. 1 settembre 1993 n. 47 Note Concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato rurale ad uso avicolo (cap. n. 1) Concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato rurale ad uso avicolo (cap. n. 2) Comune di Isola della Scala Concessione edilizia in sanatoria n. 443 del 12/07/1996 Licenza di costruzione in sanatoria per variante alla casa, alla barchessa e per la costruzione di alcuni modesti rustici Comune di Isola della Scala Concessione edilizia in sanatoria n. 471 del 26/07/1996 Licenza di costruzione in sanatoria per tettoia aperta per allevamento avicolo (n. 3) Comune di Isola della Scala DIA del 21/03/2005 Ripristino capannone avicolo n. 2 colpito da incendio Comune di Isola della Scala Permesso di Costruire n. 81/2013 Concessione edilizia per il progetto di ristrutturazione dell allevamento ULSS 22 n /SISP del 04/04/

19 Edificabilità in agricoltura L.R. 11/2004; DGRV 8 ottobre 2004 n AVEPA Prot. n del 16/01/13, Prat. Pos. n Verifica di assoggettabilità a VIA D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 Provincia di Verona Struttura VIA In corso di istruttoria Provincia di Verona Settore Ambiente Domanda di modifica non sostanziale presentata contestualmente alla verifica di assoggettabilità a VIA Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 Le principali norme in campo ambientale che interessano per il progetto in esame riguardano: 1) la prevenzione dell'inquinamento atmosferico derivato dalla produzione di gas serra per i quali l'allevamento dovrà ottenere nei tempi previsti dalla normativa vigente l' Autorizzazione Integrata Ambientale : Direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento; D. Lgs. 18 Febbraio 2005 n. 59, recante "Attuazione integrale della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell inquinamento". - AI riguardo si precisa che l'azienda proponente è in possesso di un'autorizzazione Integrata Ambientale provvisoria, avendo l'insediamento nel suo complesso una capacità produttiva superiore alla soglia minima, fissata per gli avicoli in posti. Contestualmente alla domanda di Verifica di Assoggettabilità a V.I.A., il proponente ha presentato anche una domanda di modifica non sostanziale dell'a.i.a. 2) la prevenzione dell'inquinamento attraverso la corretta gestione dei rifiuti speciali: - D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale La gestione dei rifiuti speciali prodotti dall'allevamento, così come lo smaltimento delle carcasse degli animali, sono garantiti attraverso il ritiro da parte di ditte specializzate; lo stoccaggio temporaneo avviene presso locali idonei alla conservazione dei rifiuti speciali, mentre la consegna a ditte specializzate avviene almeno una volta l'anno. Le carcasse degli animali morti vengono conservate all'interno di due celle frigorifere collocata nell'ambito dell'allevamento, i n una zona facilmente accessibile al mezzo incaricato del ritiro. 3) la prevenzione dell'inquinamento del suolo e delle acque superficiali attraverso il rispetto delle normative di contenimento dell'inquinamento derivante dalla gestione agronomica dei reflui zootecnici: - direttiva 91/676/CEE concernente la protezione delle acque dall inquinamento da 19

20 - nitrati da fonte agricola D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale D.M. 7 aprile Criteri e norme tecniche per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento Dgr n del 7 agosto 2007, Approvazione dei criteri tecnici applicativi e della modulistica per la presentazione delle comunicazioni di spandimento e dei piani di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. La gestione agronomica dei reflui verrà effettuata nel rispetto delle norme di settore; in particolare l azienda ha già presentato una Comunicazione completa alla Provincia di Verona e manterrà aggiornata la propria posizione in base alla nuova situazione prevista in seguito alla realizzazione del progetto. 4) la prevenzione dell'inquinamento locale attraverso lo smaltimento a discarica dei rifiuti prodotti durante la fase di costruzione degli immobili: D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale L'intervento in progetto comporterà la produzione di una certa quantità di rifiuti, in particolare pannelli in cemento amianto e rottami da demolizione di strutture in calcestruzzo e metallo, che saranno correttamente smaltiti attraverso il conferimento a ditte autorizzate. A2.7 - Coerenza del progetto con gli strumenti di programmazione e pianificazione Non si riscontrano disarmonie programmazione e pianificazione vigenti. del 20 progetto rispetto agli strumenti di

21 B - QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE B1 Descrizione del progetto B1.1 - Premessa L'allevamento oggetto della presente relazione è stato realizzato nel corso degli anni '70, con la costruzione di un capannone per volta. Due delle strutture sono affiancate e di dimensioni simili, con orientamento SOS-ENE, mentre la terza, per la quale si prevede la demolizione, è posta poco più a nord con orientamento E-O. La scelta di demolire tale struttura deriva dal fatto che attualmente si trova in condizioni non idonee per l'allevamento, essendo necessario un pesante intervento di ristrutturazione, compreso la rimozione della copertura in eternit. Il proponente intende quindi eliminare la struttura realizzandone una di superficie leggermente maggiore affiancandola agli altri due capannoni, in modo da realizzare un miglioramento complessivo del centro aziendale, con allontanamento, fra l'altro, delle strutture zootecniche dalle più vicine abitazioni. Il piccolo ampliamento trova giustificazione nella necessità di ottimizzare l'investimento previsto, in funzione anche della disponibilità di manodopera familiare. L'attività zootecnica è gestiti nell'ambito di un contratto di soccida. La superficie coperta dei tre capannoni avicoli esistenti è di mq, mentre la superficie utile di allevamento è di mq. Nel complesso, nel 2013 sono stati accasati mediamente circa capi per ciclo. Oltre ai due capannoni avicoli, il centro aziendale comprende anche un deposito agricolo, l'abitazione del titolare ed una concimaia per lo stoccaggio della pollina. 21

22 B2.2 Gli interventi previsti Il progetto prevede la demolizione di uno dei tre capannoni esistenti e la realizzazione di una nuova struttura di allevamento, di superficie leggermente maggiore, a fianco degli altri due capannoni. All'estremità della nuova struttura saranno ricavati un vano tecnico, uno spogliatoio e i servizi igienici. Esternamente al capannone saranno posizionati due silos verticali in vetroresina per il mangime. A seguito degli interventi in progetto l'insediamento zootecnico sarà così composto: - capannone avicolo esistente n. 1: è costituito da una struttura mista in muratura e profilati in ferro zincato con tetto a doppia falda ricoperto con pannello di cemento amianto. L'edificio è stato realizzato nel La struttura ha una lunghezza totale di 120,10 mi ed una larghezza di 14,30 mi. All'estremità ovest sono ricavati i vani tecnici che ospitano i quadri elettrici, l'autoclave e la vasca per la miscelazione dei medicinali. La dotazione impiantistica interna è costituita da sistema automatizzato di distribuzione del mangime, impianto di abbeveraggio con distributori a goccia antispreco, e impianto di illuminazione. Esternamente sono invece presenti due silos per lo stoccaggio del mangime. Il pavimento interno, in battuto di cemento, è dotato di leggera pendenza verso l'estremità est, dove le acque di lavaggio possono defluire verso una vasca di raccolta. La ventilazione artificiale è gestita mediante agitatori interni ed estrattori collocati lungo la parete nord. Il ricambio d'aria è garantito dalla presenza di finestre laterali. 22

23 - - capannone avicolo esistente n. 2: ha le stesse dimensioni del precedente, dal quale differisce per il fatto di avere una copertura in pannello isolante tipo sandwich e finestre laterali a tutta lunghezza apribili a 'vasistas'. Anche qui la ventilazione artificiale è gestita mediante agitatori interni ed estrattori posti sulla parete est. All'estremità ovest del capannone è presente un vano tecnico dove sono collocati i quadri elettrici e la vasca per la miscelazione dei medicinali con l'acqua di abbeverata. Anche la gestione delle acque di lavaggio avviene esattamente come nel capannone nr. 1. Questo capannone è stato costruito nel 1977 e ristrutturato radicalmente nel capannone avicolo in progetto n. 3: Il nuovo capannone avrà una lunghezza totale di 78,30 mi ed una larghezza di 14,00 mi. Sarà costituito da una struttura portante in acciaio zincato con tetto a doppia falda costituito da pannello isolante tipo sandwich. Le pareti laterali saranno occupate per tutta la lunghezza dalle finestrature, mentre la superficie residua sarà tamponata con pannelli sandwich. La stabulazione dei polli sarà su pavimento completamente ricoperto di lettiera costituita da truciolo o lolla di riso. La ventilazione sarà gestita in aspirazione, con l'installazione di una batteria di nr. 12 ventilatori ad un'estremità dell'edificio. La somministrazione dell'acqua avverrà mediante abbeveratoi antispreco. All'estremità ovest del nuovo capannone sarà realizzata una zona servizi profonda 4,20 mi e larga quanto il capannone; vi saranno ricavati un vano tecnico da 12,10 mq di superficie utile, uno spogliatoio da 8,52 mq e un wc con anti wc. Di fianco alla zona servizi saranno collocati due silos verticali per il mangime da 120 q cadauno. La nuova struttura sorgerà a 10 mi di distanza dal capannone esistente nr. 1, in lato nord di quest'ultimo, sul mappale n. 307, foglio 73, di proprietà del sig. e della moglie sig.ra Santinato Chiara, che acconsente all'intervento. Dal punto di vista urbanistico, il mappale in questione ricade interamente in zona 'E' agricola (P.R.G.) o in zona 'Ambiti di tutela agricola' (P.A.T.I.). Non si prevedono interventi a carico della platea di stoccaggio della pollina, essendo quella esistente sufficiente. Per la raccolta delle acque di lavaggio del capannone fra un ciclo di allevamento ed il successivo, il pavimento dello steso sarà realizzato con leggera pendenza verso l'estremità orientale, in modo da favorire il convogliamento dell'acqua nella vasca di raccolta esterna. Questa sarà realizzata in cemento armato e sarà interrata e coperta, con una capacità di 10 mc. Prima di effettuare il lavaggio con acqua, verrà eseguita un'accurata pulizia a secco con ruspetta, raschietto e scopa. Successivamente verrà effettuato il lavaggio con nebulizzazione di disinfettante. In questo modo la produzione di acque reflue sarà bassissimo. 23

24 Il nuovo capannone verrà realizzato su una superficie attualmente destinate ad area di servizio o a seminativo, adiacenti all'attuale centro aziendale. Le superfici esterne verranno in parte pavimentate con manto di ghiaione drenante e in parte inerbite. Le sole superfici finite in cemento saranno le aree antistanti alle estremità dei capannoni, necessarie per eseguire le operazioni di carico/scarico in condizioni di pulizia. Sull'area di pertinenza del capannone da demolire verrà ripristinata la coltivazione agricola. B2 Descrizione del cantiere B2.1 - Azioni di cantiere La gestione del cantiere prevede le seguenti fasi principali: - scavi di sbancamento (si tratta di scavi molto limitati per cui si prevede di recuperare il terreno agrario sulla superficie agricola adiacente); - realizzazione delle pavimentazioni e dei cordoli laterali in c.a. gettato in opera; - installazione della struttura metallica portante, della copertura in pannello sandwich e delle pareti laterali complete delle finestrature; 24

25 - allestimento con i nuovi impianti; - demolizione della vecchia struttura con smaltimento dei rifiuti prodotti; - sistemazione delle aree esterne. Non è prevista, in fase di cantiere, l interruzione di corsi d acqua, linee elettriche, telefoniche, gasdotti o strade. Le macchine operatrici che si prevede di utilizzare in cantiere sono quelle che servono per la preparazione del terreno, per la realizzazione delle opere in cemento e per i montaggi della carpenteria metallica: scavatori, betoniere, autogrù. B2.2 - Smaltimento di rifiuti in fase di cantiere A seguito delle azioni di cantiere descritte si prevede la produzione di rifiuti principalmente per la demolizione della vecchia struttura, mentre per la realizzazione di quella nuova se ne prevede solo una piccola quantità per materiali di sfrido rimasti a seguito dei montaggi delle opere di carpenteria e degli impianti. Tutti i rifiuti prodotti verranno smaltiti a cura di ditte autorizzate. B2.3 - Smaltimento di reflui e di acque di scorrimento in fase di cantiere Non è prevista la produzione di reflui e acque di scorrimento in fase di cantiere. B2.4 - Emissioni in atmosfera in fase di cantiere Non si prevede la produzione di emissioni in atmosfera in fase di cantiere, salvo le polveri connesse al movimento dei mezzi d'opera. B2.5 - Produzione di rumore in fase di cantiere In fase di cantiere è prevista la produzione di rumori. Si tratta però di un cantiere di dimensioni modeste e di durata relativamente breve. B2.6 - Produzione di vibrazioni in fase di cantiere Non è prevista l emissione di vibrazioni di rilievo in fase di cantiere. B2.7 Tempi di realizzazione E' prevista la seguente tempistica di massima per la realizzazione dell intero intervento: 25

26 Attività I mese II mese III mese IV mese V mese Predisposizione cantiere Demolizione vecchio capannone Scavi di sbancamento Realizzazione fondazioni Realizzazione struttura metallica Installazione impianti Sistemazione area esterna Smobilizzo cantiere B3 La gestione delle nuove strutture B3.1 - Descrizione dei processi in fase di esercizio Il progetto in questione verrà realizzato su terreni di proprietà dello stesso proponente e della moglie. Verrà coinvolto dalle nuove opere il mappale n. 307, foglio 73, comune di Isola della Scala. L attività non andrà ad interferire con altre attività locali, essendo inserita in un ambito prettamente agricolo-zootecnico, distante da altri edifici produttivi o residenziali. Anche per quanto riguarda la viabilità locale o le reti tecnologiche, non andrà a creare problemi o limitazioni ad altri soggetti o attività. B La tecnica di allevamento L azienda è da anni dedita all allevamento di polli da carne (broilers); l attività consiste nell'ingrasso degli animali che entrano in allevamento come pulcini di grammi ed escono ad un peso che varia da 1,5 a 3 kg a seconda del tipo di destinazione 26

27 commerciale. Con l intervento in progetto l indirizzo aziendale non muterà, anzi aumenterà il livello di specializzazione e verranno meglio sfruttati i fattori produttivi esistenti. La gestione dell'allevamento prevede l'ingrasso dei polli con inizio e fine del ciclo contemporanee in tutta la superficie disponibile. La stabulazione degli animali avviene a terra su lettiera costituita da truciolo di legno e/o lolla di riso, che viene periodicamente rimescolata meccanicamente e rimossa a fine ciclo, quindi in parte ceduta direttamente ad altre aziende e in parte accumulata in concimaia in attesa di utilizzo agronomico. Il ciclo produttivo che si attua nell allevamento è il seguente: - l'ingrasso dei polli inizia subito dopo l'accasamento dei pulcini, il cui peso medio è di grammi. Ad ogni inizio ciclo vengono immessi mediamente pulcini di sesso maschile e femminile in proporzioni variabili. - la fase di ingrasso dura solitamente dai 40 ai 53 giorni, durante i quali il peso vivo degli animali arriva mediamente a 2-2,2 kg; si prevede di effettuare degli sfoltimenti a 1,61,7 kg a giorni (40% degli animali) e di vuotare a 2,4-2,6 kg (60%). Il peso vivo medio finale è di 2,0-2,1 kg. - al termine dell'ingrasso gli animali vengono caricati ed avviati immediatamente al macello. Mediamente arrivano a fine ciclo circa capi, a causa della mortalità che normalmente si verifica in allevamento, soprattutto nelle fasi iniziali del ciclo (4-5% di mortalità media). - fra la fine di un ciclo e l'inizio del successivo vengono effettuati la rimozione totale della lettiera, la pulizia a secco delle pavimentazioni, il lavaggio e la sanificazione con detergenti e, infine, la distribuzione di un nuovo manto di truciolo o di lolla di riso per il successivo ciclo di ingrasso. La quantità di lettiera impiegata per ciascun ciclo è di circa 120 q. Ogni anno si compiono circa 5 cicli completi di allevamento, con un accrescimento complessivo pari a quasi 700 tonnellate di carne prodotta. Nel seguente prospetto si mette in evidenza quella che è la disponibilità di posti nell'allevamento e l effettiva presenza di animali considerando la necessità di avere adeguati periodi di vuoto sanitario per le operazioni di pulizia e sanificazione dei locali: Capannone Ante intervento S.U.A. (mq) n. posti (1) Presenza media (2) Post intervento S.U.A. (mq) n. posti (1) Presenza media (2) (1) il n. di posti è solo teorico ed è stato calcolato ipotizzando la presenza di sole femmine, con un peso a fine ciclo di 1,5-1,6 kg; considerando che l'azienda ha ottenuto dall'ulss la deroga per allevare fino a 39 kg di peso vivo per mq si ottiene una capacità produttiva massima di 25 capi/mq (2) la presenza media tiene conto dei periodi di vuoto sanitario, degli sfoltimenti che avvengono durante il ciclo e di un coefficiente di mortalità media del 5%. La differenza fra la capacità massima e il numero di capi mediamente presenti è dovuta alla mortalità (calcolata in un 5% medio) e al fatto che fra un ciclo di ingrasso e il successivo solitamente passano giorni (vuoto sanitario). 27

28 Tutte le strutture di allevamento saranno dotate di ventilazione artificiale in depressione. I ventilatori avranno il compito di favorire il ricambio dell'aria interna nel periodo estivo e durante le fasi di carico degli animali. L'entrata dell'aria dall'esterno avverrà grazie alla presenza di finestre laterali distribuite a tutta lunghezza. L'apertura delle finestre sarà automatizzata e gestita mediante sensori ambientali. Il grado di apertura delle finestre definirà il volume di ricambio orario e consentirà in questo modo d i mantenere adeguate condizioni ambientali interne. Per un migliore controllo della temperatura nel periodo estivo, i due nuovi capannoni saranno dotati di impianto di raffrescamento a cooling. Gli animali verranno allevati su pavimento interamente coperto da una lettiera costituita da truciolo di legno, lolla di riso o paglia triturata. Per il periodo invernale si prevede d i riscaldare, soprattutto nelle prime fasi del ciclo, con bruciatori a GPL. L'alimentazione verrà distribuita in forma secca in modo totalmente automatizzato. Per ottimizzare sia i consumi che le performances produttive, l'allevamento adotta da sempre un sistema di alimentazione per fasi. Questa tecnica consente, fra le altre cose, di ridurre l'escrezione di azoto e di conseguenza le emissioni in atmosfera di ammoniaca e protossido d i azoto. Si tratta in effetti d i una tecnica annoverata fra le migliori tecniche disponibili (MTD) di settore. Per ciascuna fase di accrescimento sarà disponibile un mangime appositamente formulato. Complessivamente si impiegheranno 4 diverse formulazioni: fino a 15 giorni di età fino a 21 giorni di età oltre 21 giorni di età pre-macellazione. L'acqua di abbeverata sarà disponibile a volontà mediante erogatori a goccia antispreco distribuiti in numero adeguato all'interno dei capannoni. B La rimozione delle deiezioni La rimozione della pollina miscelata alla lettiera avviene solamente a fine ciclo, dopo lo svuotamento dei capannoni dai polli. La pollina viene asportata mediante pala meccanica e rimorchio agricolo. La maggior parte del materiale viene consegnato direttamente a ditte che producono ammendanti organici per uso agricolo o hobbistico. La restante quota viene accumulata per il completamento della maturazione nella concimaia posta a est dell'allevamento, per il successivo utilizzo agronomico sui terreni in conduzione diretta. Dopo l'asportazione del materiale solido con pala, seguita da pulizia a secco con scopa e raschietto, viene effettuato un lavaggio con acqua erogata ad alta pressione e la sanificazione con disinfettanti. 28

29 B Lo stoccaggio delle deiezioni Lo stoccaggio della pollina destinata all'utilizzo agronomico sui terreni in conduzione diretta o disponibili con atto di assenso, avviene all'interno di una concimaia situata ad est dei capannoni avicoli. La concimaia è costituita da una platea in cemento armato circondata su tre lati da muretti, sempre in cemento armato. Il materiale stoccato viene mantenuto coperto con un telo plastico. La capacità della concimaia è di 300 mc. Il progetto di ampliamento non prevede l'aumento della capacità di stoccaggio della concimaia in quanto, come già detto, la quantità di materiale che vi verrà accumulato resterà invariata, mentre l'aumento di produzione verrà conferito all'azienda produttrice di ammendanti. Le piccole quantità di acque reflue prodotte durante i lavaggi di fine ciclo vengono raccolte in vasche in cemento interrate poste ai lati dei capannoni, in attesa di spandimento agronomico dopo adeguato periodo di maturazione ( 1 80 giorni). B L utilizzo agronomico dei reflui Le destinazioni finali della pollina sono la produzione di ammendanti e l'utilizzo diretto ai fini agronomici. L'azienda proponente dispone di terreni in proprietà condotti direttamente sui quali utilizza una quantità di refluo compatibile con il limite di azoto fissato dalla direttiva nitrati. La situazione attuale, rilevata nella Comunicazione nitrati, è la seguente: Comune Foglio Mappale Sup.cat. Sau (ha) Isola della Scala Isola della Scala Isola della Scala Isola della Scala ,1577 1,3604 7,5437 0,1431 9,2049 0,1498 1,2924 7,1665 0,1359 8,7446 Titolo conduzione Proprietà Proprietà Proprietà Proprietà Zona vulnerabile SI SI SI SI L azienda dispone quindi attualmente di una superficie di 9,2049 ettari in proprietà, corrispondente a 8,7446 ettari effettivamente utili per lo spandimento agronomico dei reflui zootecnici, tutti in zona vulnerabile ai nitrati. Tutta la pollina in esubero rispetto al limite dei 170 kg/ha di azoto viene ceduta per l'utilizzo agronomico alla Soc. Agr. Fini Maude Soverini Enrico e Luigi S.S. L'intervento in progetto non inciderà sulla distribuzione agronomica dei reflui, essendo prevista la cessione anche di tutta la maggior produzione di pollina. B Viabilità di servizio La viabilità di servizio esistente è limitata all'area situata fra i capannoni e alle due estremità degli stessi. Il traffico di mezzi pesanti (autotreni o autoarticolati) all'interno dell'insediamento è molto modesto sia prima che dopo l'intervento in progetto: 29

30 N. mezzi pesanti all'anno Materiale Situazione attuale Situazione futura Mangime (in entrata) GPL (in entrata) 5 7 Animali in entrata (pulcini) Animali in uscita (polli) Morti (in uscita) 5 5 Pollina (cessione) 8 10 Truciolo per lettiera (in entrata) 6 7 TOTALE MEDIA (mezzi/settimana) 3,5 3,8 MEDIA (mezzi/giorno) 0,50 0,54 Come dimostrano i dati esposti, la situazione futura rispetto a quella attuale come numero di mezzi in entrata/uscita dall'allevamento aumenterà dell'8% rimanendo comunque su livelli assoluti molto bassi. Il numero di mezzi in movimento è infatti attualmente pari mediamente a 3,5 per settimana (0,50 al giorno) e sarà di 3,8 a settimana nella situazione futura (0,54 al giorno). La maggior parte dei movimenti è dovuta al trasporto del mangime e degli animali. L'aumento di mezzi in transito è meno che proporzionale rispetto all'aumento di capi mediamente presenti in quanto nel caso del mangime e dei pulcini in entrata, che costituiscono più della metà dei viaggi totali, il numero di mezzi rimarrà praticamente invariato, dato che attualmente non lavorano a pieno carico. B Materiali e colori Il nuovo ricovero avicolo sarà costituito da una struttura portante metallica con pareti laterali e copertura a doppia falda in pannello sandwich. Le pareti laterali saranno di colore grigio chiaro, con parte vetrata in 'Plexiglas', e saranno protette da rete ombreggiante di colore verde. La copertura sarà in lastre di lamiera tipo 'sandwich' di colore bordeaux. La tipologia architettonica ricalca quella delle strutture di allevamento più diffuse nella zona. B3.1.7 Illuminazione esterna I soli punti di illuminazione previsti dal progetto sono collocati sulle pareti di testa dei capannoni, con fari di servizio puntati verso il basso. B Opere di mitigazione Vista la collocazione della nuova struttura, in una posizione centrale rispetto 30

31 all'insediamento zootecnico esistente, e la complessiva riqualificazione dell'intera area, non si ritiene necessario provvedere con ulteriori interventi di mitigazione delle opere. B Prescrizioni, servitù e restrizioni all uso di suoli indotti dall intervento L intervento in progetto non comporta per i suoli dell azienda interessata all intervento, né per quelli confinanti, ricadute in termini di prescrizioni, servitù o restrizioni all uso di qualsiasi genere. B3.2 - Materiali ed energia necessari per l esercizio e la gestione delle opere La gestione dell'allevamento resterà invariata rispetto alla situazione attuale, si avrà solamente un aumento della capacità produttiva. In fase di esercizio saranno necessari i seguenti input di materiali ed energia: alimenti (mangimi) detergenti e disinfettanti farmaci veterinari acqua (abbeveraggio, lavaggi, servizi) energia elettrica combustibile (GPL) lettiera (truciolo). B Il bilancio dei materiali Si prevede d i effettuare un'alimentazione a secco distribuendo 4 diversi mangimi formulati in funzione delle fasi di accrescimento. Si stima un consumo a regime di circa quintali/anno di mangime. La quantità di truciolo o lolla di riso per la formazione della lettiera che si prevede di utilizzare è di 870 quintali/anno. Le operazioni di disinfezione dei capannoni, si eseguiranno al termine dei lavaggi con acqua ad alta pressione, impiegando attrezzature nebulizzatrici. Si stima che saranno necessari circa 130 I di prodotti all'anno. Riguardo all'impiego di farmaci veterinari non si è in grado di quantificare l'uso di formulati commerciali, essendo questo molto variabile da un anno all'altro. Rispetto alla situazione attuale, sono previste le seguenti variazioni nei consumi di materiali: Situazione Mangime (t) Attuale Futura Differenza Detergenti e disinfettanti (l) Truciolo o lolla (q )

32 B Il bilancio idrico di esercizio L'allevamento necessita di acqua per i seguenti impieghi: per l'abbeverata per il lavaggio dei capannoni a fine ciclo. Dato che la zona non è raggiunta da reti acquedottistiche, il fabbisogno idrico sarà soddisfatto totalmente mediante prelievo dalla falda idrica sotterranea. A tale scopo l'azienda prevede di utilizzare il pozzo esistente situato nei pressi di una delle due abitazioni dei titolari. Il fabbisogno idrico stimato per l'impianto a pieno regime è di mc/anno, con un aumento di circa 700 mc rispetto alla situazione attuale. B Il bilancio energetico di esercizio L'energia elettrica è impiegata per il funzionamento delle apparecchiature (impianto distribuzione idrica e alimentazione, ventilazione) e in parte per l'illuminazione interna. Il consumo attuale di energia elettrica è di circa kwh/anno. L'ampliamento comporterà un aumento dei consumi, che si stimano pari a kwh/anno. Per quanto riguarda i combustibili necessari per il riscaldamento dei capannoni nel periodo invernale, in futuro si prevede un consumo di circa I, mentre attualmente ne vengono utilizzati circa I. Rispetto alla situazione attuale, sono previste le seguenti variazioni nei consumi energetici: Situazione Energia elettrica (kwh) Attuale Futura Differenza GPL (l) B3.3 - Smaltimento di rifiuti in fase di esercizio Riguardo ai rifiuti in uscita, si prevede di produrre le stesse tipologie prodotte nella situazione attuale: Tipo di rifiuto Imballaggi di plastica Rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni Rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose C.E.R Imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze Filtri olio esausti Accumulatori al piombo

33 Tutti i rifiuti prodotti saranno conservati, in attesa di essere smaltiti mediante ditta autorizzata, all'interno di appositi contenitori collocati in spazi chiusi dedicati. I rifiuti vengono smaltiti attraverso il Consorzio di Bacino Verona Due Quadrilatero. Altri materiali in uscita dal processo produttivo saranno i seguenti: spoglie di animali morti; reflui zootecnici. Per quanto riguarda le spoglie animali, esse vengono conservate all'interno di una cella frigorifera fino al momento del carico da parte di una ditta specializzata. Relativamente alla gestione dei reflui zootecnici, si rimanda al prossimo capitolo. B3.4 - Smaltimento di reflui e di acque di scorrimento in fase di esercizio Le modalità di smaltimento dei reflui zootecnici sono già state, almeno in parte, descritte nella presente relazione. In allevamento vengono prodotti principalmente reflui palabili (pollina mista a lettiera) che, dopo essere stati raccolti dai locali di stabulazione a fine ciclo, vengono in parte ceduti ad un'azienda che produce ammendanti organici e, per una quota minore, accumulati nella concimaia aziendale in attesa di utilizzo agronomico sui terreni in conduzione diretta. Si ha anche la produzione di piccole quantità di reflui non palabili: acque di lavaggio dei capannoni avicoli e colaticcio della concimaia. Questo materiale viene stoccato all'interno di vasche interrate in cemento armato e periodicamente utilizzato agronomicamente sui terreni aziendali. La produzione annua prevista di reflui zootecnici è la seguente: - pollina: circa 423,8 mc/anno. Dato che la concimaia è da 300 mc, la capacità esistente è ampiamente sufficiente per garantire i 90 giorni minimi di maturazione; - reflui non palabili: si stima una produzione complessiva annua di circa 40 mc. Gli stoccaggi presenti, a cui si aggiunge la vasca annessa al nuovo capannone, sono sufficienti per gestire le acque di lavaggio, essendo disponibile un volume complessivo di 35 mc. Come già evidenziato in precedenza, l'azienda dispone di una superficie utile di 8,7446 ettari in proprietà, tutti in zona vulnerabile. Tutta la pollina in esubero rispetto al limite dei 170 kg/ha di azoto viene ceduta alla Società Agricola Fini Maude Soverini Enrico e Luigi S.S., per l'utilizzo agronomico. L'intervento in progetto non inciderà quindi sulla distribuzione agronomica dei reflui, essendo pressoché invariata la quantità d i azoto destinata ai terreni agricoli aziendali. B3.5 - Emissioni in atmosfera in fase di esercizio Le emissioni in atmosfera da parte dell'allevamento in questione sono rappresentate principalmente da: 33

34 gas ad effetto serra: ammoniaca, metano e protossido di azoto, prodotti in fase di stabulazione, stoccaggio dei reflui zootecnici e loro distribuzione in campo; odori, legati essenzialmente alla gestione degli effluenti zootecnici; polveri, dovute alla presenza di ventilatori e di mezzi in movimento all'interno del centro aziendale. Non sono presenti impianti (caldaie, mangimifici, ecc.) caratterizzati da importanti emissioni in atmosfera. B I gas ad effetto serra Tutti i reflui in quantità più o meno abbondante contengono composti volatili che contribuiscono alle emissioni di gas -serra. Il composto da considerare con più attenzione è l ammoniaca, la cui emissione dipende notevolmente dalla gestione dei reflui in allevamento ed in campagna. Al fine di effettuare una stima delle emissioni, si è proceduto ad una simulazione con il SW ERICA (supporto di calcolo delle Emissioni, loro Riduzione Integrata e Controllo degli Allevamenti zootecnici) realizzato dall Istituto di Ingegneria Agraria della facoltà di Agraria di Milano per conto della Regione Lombardia e finalizzato alla presentazione delle domande di Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) ai sensi della direttiva 96/61/CE. Il SW effettua una stima delle emissioni in atmosfera nelle fasi di stabulazione, stoccaggio e distribuzione, sulla base dei dati aziendali e dei parametri indicati nel BREF (BAT Reference document) comunitario. La situazione prevista per le emissioni da parte dell'allevamento a regime è sintetizzata nel seguente schema: 34

35 L'elaborazione mostra la produzione complessiva ed il riparto fra le fasi di stabulazione, stoccaggio e distribuzione dei principali inquinanti gassosi: ammoniaca, protossido di azoto e metano. Fornisce anche una stima della quota dell'azoto escreto che finisce in aria, che viene utilizzato dalle colture e che residua nel terreno. Per quanto riguarda la produzione di ammoniaca, pari complessivamente a kg, la maggior parte viene emessa in fase di stabulazione. Riguardo al metano, la produzione è stimata in kg/anno, mentre per il protossido di azoto si prevede un'emissione di 245 kg/anno di azoto. B Gli odori Al momento non esiste una correlazione fissa fra odori e tossicità delle sostanze: la valutazione della tossicità comporta l esame degli effetti in funzione della concentrazione e per gli ambienti di lavoro, si fa usualmente riferimento al parametro TLV che indica la massima concentrazione cui un lavoratore può essere esposto durante la propria vita lavorativa (8 ore/giorno per 5 giorni/settimana per 50 settimane/anno) senza incorrere in effetti patogeni. Normalmente la concentrazione dei composti odorigeni in atmosfera è di gran lunga inferiore alla TLV fissata dalle autorità sanitarie. Inoltre la loro soglia di rilevazione olfattiva (OT) è generalmente molto bassa così che la loro presenza può essere rilevata dal nostro olfatto prima che si possano verificare effetti tossici. Questo è riscontrabile nella tabella che segue, dove, per i più comuni odoranti di origine zootecnica, è presentato il rapporto OT/TLV: le sostanze che hanno questo rapporto inferiore a 1 saranno quelle percepite prima di arrivare a determinare i propri effetti tossici. 35

36 Odorante Idrogeno solforato Solfuro di Carbonio Metilmercaptano Etilmercaptano Acido acetico Acido propionico Metilammina Dietilammina Trimetilammina Etilammina Dietilammina Ammoniaca Sensazione Odorosa Uova marce Solfuro Cavolo marcio Cipolla in decomposizione Aceto Rancido, pungente Pesce Avariato Pesce Avariato Pesce Avariato Ammoniacale Pesce Avariato Pungente 100% OT (µg/m 3) 1,4 60,0 70,0 5,2 4980,0 123,0 3867,0 9800, ,0 1497,0 911, ,0 TLV (µg/m 3) OT/TLV 0,0001 0,02 0,07 0,004 0,2 0,004 0,32 0,41 1,22 0,08 0,03 2,16 Nel caso degli allevamenti avicoli le principali sorgenti aziendali di odore sono le strutture per lo stoccaggio della pollina e le operazioni di distribuzione sui terreni impiegati per lo spandimento. La principale matrice odorigena è quindi rappresentata dalle deiezioni. Più precisamente la sua capacità di produrre odori è correlata all'azione batterica di demolizione dei composti che contiene, specie nel caso dei processi che avvengono in condizioni di anaerobiosi. Le sostanze che danno luogo al manifestarsi di odori appartengono a diverse classi di composti organici: composti dell'azoto (ammoniaca, ammine, ecc.), composti dello zolfo (idrogeno solforato, tioli, mercaptani, ecc.), acidi organici, aldeidi, ecc. Il numero di composti individuati supera i 60, di cui circa 30 hanno una soglia di percezione inferiore o uguale a 0,001 mg/mc. I risultati delle prove effettuate sulle singole sostanze incontrano grandi difficoltà nel riferirsi alla realtà degli allevamenti, dove dette sostanze si presentano in miscele complesse. Infatti si possono presentare sia azioni sinergiche fra i vari composti, che quindi potenziano l'effetto odorigeno dell'emissione, sia azioni di mascheramento che di saturazione della capacità percettiva. Le indagini disponibili sulle emissioni odorigene da parte degli allevamenti si sono concentrate sulla valutazione del fastidio indotto, anche per lo sviluppo delle tecniche di olfattometria. Scarsi sono i dati disponibili, per innegabili difficoltà analitiche, sulla caratterizzazione di questi odori. La suddivisione delle componenti odorose nelle varie classi chimiche, composti azotati, aldeidi, acidi organici, ecc., sarebbe invece utilissima per implementare tecniche di abbattimento selettive delle singole componenti, anziché tecniche di abbattimento in toto. La letteratura disponibile ha focalizzato la propria attenzione molto più sulle emissioni dai ricoveri e pochi sono al momento i dati relativi alle altre sorgenti. La strategia di riduzione dell'emissione dei composti azotati è sicuramente sinergica alla riduzione dell'emissione dei composti odorigeni. Purtroppo a causa delle difficoltà analitiche non è possibile stimare, come è stato fatto per altri composti azotati, la sinergia e l'indice di abbattimento fra le due attività. Inoltre la complessità delle miscele odorigene e le loro dinamiche interne, spesso ignote, non possono garantire a priori il raggiungimento di un risultato sicuro. In quest'ottica le tecniche di abbatti mento convenzionali sembrano essere quelle che a breve termine possono consentire i migliori risultati. Fra queste si possono ricordare: - adozione di una dieta basso-proteica e con razioni adeguate alle diverse fasi di 36

37 accrescimento: i l minor contenuto i n azoto degli alimenti e la relativa ottimizzazione rispetto al ciclo di vita degli animali, si riflette in una sicura riduzione dell'azoto escreto e, di conseguenza, delle emissioni ammoniacali; mantenimento della lettiera asciutta mediante l'adozione di abbeveratoi antispreco, in modo da evitare l'innescarsi di fermentazioni odorigene; distribuzione in campo seguita da un rapido interramento. Tutte le tecniche sopra descritte, che peraltro risultano attuate nel caso in esame, vengono classificate come MTD (Migliori Tecniche Disponibili per la riduzione delle emissioni in atmosfera) in quanto in grado di ridurre in modo sensibile il livello di (emissioni d i gas serra. Come dimostra l'immagine seguente (elaborazione delle rose dei venti tratte dal Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell'atmosfera e relative alla stazione di rilevazione di Sorgà e al periodo ), la situazione relativa alla direzione dominante dei venti è la seguente: - i più vicini centri abitati sono localizzati fuori dalle direzioni interessate dai venti dominanti della zona; il più vicino abitato è la frazione di Tarmassia, posta a oltre 1400 ml di distanza dall'allevamento, quindi ad una distanza che garantisce l'assenza di eventuali disturbi olfattivi. Secondo alcuni studi, la concentrazione di odore calcolata a 1 m di altezza dal suolo diminuisce all'aumentare della distanza dalle sorgenti aziendali. Tale andamento è rappresentato nel seguente grafico che rappresenta la concentrazione di odore nei recettori posti lungo la direttrice del vento dominante. L'andamento medio della dispersione di odore è rappresentato dalla linea continua evidenziata in rosso. 37

38 E' interessante vedere come la concentrazione di odore tende ad essere massima a 100 m di distanza dall'allevamento, a soli metri di distanza risulta già dimezzata, mentre poi diminuisce gradatamente, azzerandosi attorno ai 1500 m. B Le polveri La polvere è costituita da particelle aerodisperse di diversa granulometria (il diametro varia da alcune centinaia di micron a 0,10 micron) aventi una differente capacità di penetrazione nelle vie respiratorie. La pericolosità maggiore deriva dalla cosiddetta «frazione respirabile» costituita dalle particelle con dimensioni comprese tra 0,5 e 5 micron, le quali, una volta inalate, sono difficilmente espulse e possono dare luogo, inizialmente, a reazioni allergiche e, successivamente, a processi infiammatori a carico del polmone. Più precisamente, è il particolato con diametro compreso tra 2,5 micron (PM 2,5) e 10 micron (PM10), le cosiddette polveri sottili, a destare maggiore preoccupazione per quanto riguarda la tutela della salute degli animali e degli operatori. La composizione delle particelle emesse nell ambiente dell allevamento, e di conseguenza anche all esterno, varia molto in funzione dei materiali di origine. Queste particelle ( bioaerosols ) sono sia di materiale inorganico (per es. suolo), sia di materiale organico derivante dalle piante o dagli animali, o anche da microorganismi quali germi, funghi, virus, batteri o parti di questi (endotossine). Queste particelle, inoltre, possono rimanere sospese nell aria per lunghi periodi data la dimensione minuscola compresa solitamente tra 10-4 e 102 micron, e trasportare, adesi su di esse, i sali che hanno origine dai gas normalmente presenti nell aria (NH3 in particolare). In allevamento la polvere proviene essenzialmente dagli alimenti (80-90%), partendo dalla preparazione e miscelazione delle materie prime sino alla loro somministrazione. Anche l alimentazione a secco con mangimi poco stabili, che tendono cioè a demiscelarsi, può comportare un notevole aumento delle polveri a causa della brusca movimentazione a cui il mangime viene sottoposto durante la caduta dall alto. Secondo la letteratura, i fattori che, in percentuale, contribuiscono all incremento delle polveri nei ricoveri sono: la lettiera (55-68%), la cute degli animali (peli, setole e desquamazione della stessa, 2-12%), le deiezioni (2-8%) e, in misura minore, la frizione degli animali sul pavimento e sulle pareti del ricovero. E evidente inoltre che nei ricoveri 38

39 animali persiste anche una piccola percentuale di polvere proveniente dall ambiente esterno. Numerose sono le ricerche che hanno indagato la concentrazione delle polveri all interno dei ricoveri e le loro implicazioni sulla salute degli umani e degli animali, poche sono invece quelle che hanno affrontato la problematica relativa alle emissioni di queste all esterno. Nel nostro caso, comunque, si prevede una limitata produzione di polveri in fase di esercizio, dato che per l alimentazione verranno impiegati mangimi già pronti stoccati in sili verticali e distribuiti mediante sistemi totalmente automatizzati all interno di circuiti isolati dall esterno. B3.6 - Produzione di rumore in fase di esercizio La valutazione previsionale di impatto acustico redatta dal p.a. Piacenza Antonio e dal geom. Piacenza Davide ha evidenziato la piena compatibilità dell'opera con i limiti acustici di zona. Per maggiori ragguagli si rimanda comunque agli elaborati allegati. B3.7 - Produzione di vibrazioni e radiazioni in fase di esercizio Il tipo di attività condotta nell insediamento in esame non comporta la produzione di vibrazioni né di radiazioni. B3.8 - Rischi di incidente in fase di esercizio L'attività di allevamento avicolo non richiede la presenza, movimentazione, stoccaggio o il trattamento di sostanze pericolose. Non rientra pertanto fra le attività a rischio di incidente rilevante. Per quanto riguarda la sicurezza degli operatori, l'azienda manterrà adeguatamente aggiornato un sistema di controllo e prevenzione del rischio ai sensi della normativa vigente. B3.9 - Manutenzione in fase di esercizio delle opere Per quanto riguarda le strutture zootecniche e di servizio, il gestore provvederà a mantenerle in un adeguato grado di efficienza e funzionalità negli anni. Gli interventi previsti sono legati in particolar modo all'impiantistica presente (rete idrica, elettrica, di distribuzione degli alimenti), per la quale sarà previsto un programma di controllo e manutenzione più intenso. B4 La dismissione finale dell insediamento In caso di dismissione dell'allevamento i l gestore dovrà attuare le seguenti operazioni per mettere in sicurezza i locali di stabulazione e i contenitori per i reflui: trasferimento degli animali eventualmente presenti presso altri allevamenti o al 39

40 macello; eliminazione delle carcasse degli animali morti mediante ditta autorizzata; lavaggio dei locali di stabulazione e delle vasche per la raccolta delle acque reflue utilizzando sistemi con acqua in pressione; distribuzione, nel rispetto del piano di utilizzazione agronomica, di tutti i reflui presenti in stoccaggio. Si prevedono inoltre le seguenti azioni: corretto smaltimento dei rifiuti assimilabili agli urbani e speciali presenti in azienda dopo la cessazione dell'attività di allevamento; vendita o trasferimento ad altro allevamento dei mangimi e delle materie prime residuate nei silos. C QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE C1 Descrizione dell ambiente interessato C1.1 - Stato del clima e dell atmosfera Dal punto di vista climatico, il territorio della Regione Veneto, pur compreso nella zona a clima mediterraneo, presenta peculiarità legate soprattutto alla sua posizione climatologicamente di transizione, sottoposta quindi a vari influssi quali l azione mitigatrice delle acque mediterranee, l effetto orografico della catena alpina e la continentalità dell area centro-europea. In ogni caso mancano alcune delle caratteristiche tipicamente mediterranee quali l inverno mite (in montagna, ma anche nell entroterra, prevalgono effetti continentali) e la siccità estiva interrotta dai frequenti temporali di tipo termoconvettivo. Si possono distinguere, pertanto, più zone climatiche: - la regione alpina a clima montano di tipo centro-europeo, con inverni rigidi, forti escursioni termiche diurne e piogge meno abbondanti rispetto alla fascia prealpina; - la zona prealpina e pedemontana dove il clima è generalmente meno continentale rispetto alla zona alpina, con precipitazioni più abbondanti e distribuite in modo un po più uniforme nell arco dell anno. La fascia pedemontana, nel versante meridionale della catena prealpina, gode di un clima decisamente più temperato, soprattutto durante l inverno, grazie ai fattori altimetrici e di esposizione che favoriscono una maggior insolazione e pongono l area sottovento rispetto alle correnti fredde settentrionali; - la pianura, prevalentemente continentale, con inverni relativamente rigidi e nebbiosi ed estati calde e afose. Più miti e meno continentali risultano le sub-regioni della zona lacustre, nei pressi del Lago di Garda e della fascia costiera adriatica. Il bilancio idroclimatico annuale (saldo tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale) risulta negativo in una fascia che comprende la parte meridionale delle province di Verona, Padova e Venezia e tutta la Provincia di Rovigo, cioè le piogge che cadono mediamente in un anno non sono sufficienti a ripristinare la corrispondente perdita d acqua dovuta all evapotraspirazione. Nel resto della regione il bilancio risulta positivo, con valori tendenzialmente crescenti procedendo da Sud verso Nord e con punte massime nella zona del vicentino ai confini con la Provincia di Verona, nei pressi di Recoaro Terme, per le abbondanti precipitazioni annuali, senz altro le più elevate della regione. 40

41 Analizzando il bilancio idroclimatico a livello stagionale, in inverno, anche se le precipitazioni non sono mai particolarmente abbondanti, tanto che questa risulta la stagione più secca dell anno, la ridottissima attività evapotraspirativa fa in modo che il bilancio idrico resti comunque positivo. Dal confronto fra i dati dell ultimo decennio ed i dati storici risulta una minore piovosità negli inverni più recenti. Di conseguenza anche il bilancio idrico si è attestato su valori minori. Nella parte meridionale della regione, le abbondanti piogge primaverili generalmente non sono sufficienti a contrastare la perdita d acqua per evapotraspirazione facendo registrare carenze idriche che, nell ultimo decennio, hanno assunto valori più marcati rispetto al trentennio precedente. Nella stagione estiva, in quasi tutta la regione, le precipitazioni temporalesche restano inferiori alla quantità di acqua evapotraspirata per effetto delle elevate temperature: il deficit idrico assume proporzioni notevoli nella zona Sud del Veneto dove supera i 200 millimetri ma, proprio in quest area, la carenza registrata nell ultimo decennio risulta inferiore rispetto a quella media stimata nel trentennio precedente. In autunno il bilancio idrico ritorna positivo in tutta la regione, con valori generalmente crescenti procedendo da Sud verso Nord: positivi di pochi millimetri nella pianura meridionale ma con valori superiori a 350 millimetri nella zona di Recoaro Terme. Dal confronto con i valori stimati nel decennio , risulta un sostanziale aumento del surplus idrico negli ultimi anni rispetto al periodo precedente. 41

42 Il territorio della Provincia di Verona, pur rientrando nella tipologia mediterranea presenta delle peculiarità dovute alla sua posizione di transizione climatologia particolareggiata: essa subisce l influenza orografica della catena alpina e la continentalità dell area centro-europea. Due sono le peculiarità: - le particolari caratteristiche termiche e pluviometriche della regione alpina con clima montano di tipo centro europeo; - il carattere continentale della pianura veneta con inverni rigidi; in questa regione climatica si differenzia una subregione a clima più mite: quella lacustre nei presso del lago di Garda. La piovosità media del territorio in esame è compresa fra 600 e 700 mm/anno (media del periodo espressa in mm di pioggia nelle 24 ore). Per quanto riguarda le temperature, Isola della Scala ricade nella fascia dei C (media delle temperature massime estive e delle temperature minime invernali del periodo ). Le temperature massime estive sono comprese tra i 28 e 30 C e le temperature invernali tra - 4 e 0 C. Il seguente grafico, tratto dal Rapporto sullo stato dell ambiente della Provincia di Verona Anno 2006, riporta i trend dei valori medi annui di temperatura minima, massima e precipitazione cumulata annua per la stazione di Buttapietra: Il grafico mostra un lieve aumento dei valori minimi annui, un andamento stazionario delle temperature massime. Relativamente alla circolazione delle masse aeree, l immagine seguente (elaborazione delle rose dei venti tratte dal Piano Regionale di Tutela e Risanamento 42

43 dell Atmosfera e relativo alla stazione di rilevazione di Sorgà e al periodo ), mostra la rosa dei venti nel territorio dove si colloca il sito di intervento. In primo luogo si può notare come durante l intero arco dell anno la direzione prevalente dei venti sia da N-E: Durante la stagione fredda assume maggiore importanza la componente del vento debole da O e O-S-O. Scarsi i venti con velocità superiore ai 5 m/s, tipicamente primaverili. Nella stagione estiva, invece, non si evidenzia una chiara direzione di brezza. C1.2 - Stato delle acque superficiali La porzione di Isola della Scala che ci riguarda ricade nel bacino idrografico del Fissero - Tartaro - Canal bianco (F.T.C.), sottobacino 1026/01 - Tartaro - Canal bianco Po di Levante. Il territorio in esame è attraversato da numerosi corsi d'acqua di varia importanza: canali, fossi e scoli. Il bacino interregionale Fissero-Tartaro-Canal Bianco-Po di Levante si estende nel territorio delle regioni Lombardia e Veneto (province di Mantova, Verona e Rovigo più un comune della Provincia di Venezia), sommariamente circoscritto dal corso del Fiume Adige a Nord e dal Fiume Po a Sud e ricompreso tra l'area di Mantova ad Ovest ed il Mare Adriatico ad Est. Il bacino è attraversato da Ovest ad Est dal corso d'acqua denominato Tartaro-Canal Bianco-Po di Levante, ha un'estensione complessiva di circa km2 (di cui approssimativamente il 10% nella Regione Lombardia e il 90% nella 43

44 Regione Veneto) ed è interessato da consistenti opere artificiali di canalizzazione. Il territorio veneto è stato suddiviso in due sottobacini: il Canal Bianco-Po di Levante, con estensione pari a km 2 e un'altitudine massima di 44 m s.l.m. e media di 9 m s.l.m., e il sottobacino Tartaro-Tione, con una superficie di 612 km 2, una quota massima di 250 m s.l.m., minima di 15 m e media di 55 m s.l.m. Le fondamentali caratteristiche fisiche del bacino possono essere sintetizzate come di seguito: 1) territorio pressoché pianeggiante, con ampie zone poste a quota inferiore ai livelli di piena del Fiume Po; 2) presenza di una fitta rete di canali di irrigazione alimentati, in prevalenza, dalle acque del Garda e dell Adige; parte della rete irrigua ha anche funzione di bonifica poiché 44

45 allontana in Canal Bianco le acque di piena. Dal punto di vista idraulico, la funzione del Canal Bianco è legata all allontanamento delle acque di piena dei laghi di Mantova e al drenaggio e recapito a mare delle acque del vasto comprensorio in sinistra Po, che soggiace alle piene del fiume, completamente arginato dalla confluenza col Mincio. La fascia di territorio compreso fra Adige e Po, che va dal mare fino circa ad una retta che congiunge Mantova con Verona, comprende, nella sua parte occidentale, il Bacino Scolante del Tartaro-Canal Bianco. La rete idrografica del bacino risulta in gran parte costituita da corsi d acqua artificiali e solo in misura minore da alvei naturali (Tione, Tartaro, Menago, ecc.). Di seguito viene riportata la cartografia che illustra il reticolo idrografico, che appare molto sviluppato e intricato. C Il Consorzio di Bonifica Valli Grandi e Medio Veronese Il sito di intervento è inserito nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Valli Grandi e Medio Veronese. Il comprensorio del Consorzio ha una superficie territoriale di Ha L'intero territorio consortile scola naturalmente, fatta eccezione per qualche limitata area che necessita di sollevamento meccanico. Il sistema idrografico esistente è piuttosto complesso e, pur consentendo durante il periodo estivo una estesa utilizzazione per scopi irrigui, ha la funzione principale di allontanare le acque di pioggia per consentire il più corretto uso del territorio dal punto di vista della sicurezza idraulica. Particolarmente sentita è infatti l'esigenza del mantenimento e del miglioramento dell'esistente equilibrio idraulico. La complessiva rete idraulica in gestione è costituita da n. 333 canali dello sviluppo complessivo di km. Il Consorzio provvede anche alla gestione e manutenzione di manufatti diversi, con funzioni idrauliche, connessi con la suddetta rete idrografica. Trattasi di opere di: 45

46 sollevamento, attraversamento, adduzione e distribuzione, regolazione, partizione, misura e difesa dalle erosioni. Il servizio di irrigazione viene svolto utilizzando le portate disponibili derivabili da acque superficiali (fino a 26,915 m 3/sec.) con le quali vengono serviti circa la metà dei Ha a destinazione agricola. Per tale servizio vengono utilizzati canali ad esclusivo uso irriguo o canali di scolo promiscui, opportunamente adattati con appositi manufatti (sostegni, chiaviche di derivazione, botti sifone ecc.). Alcune aree sono servite da impianti specializzati di distribuzione (canalette e tubazioni), da impianti con consegna dell'acqua a bassa pressione, o da reti per adacquamenti a sommersione (antiche irrigazioni con acque derivate dall'adige a Sorio di San Giovanni Lupatoto). La maggior parte dei canali per la distribuzione dell'acqua per l'irrigazione sono in terra e servono anche per lo scolo. Hanno tale funzione mista ben 687 km di canali dei complessivi km in manutenzione. La rete con finalità solo irrigua, limitatamente ai collettori primari, ha uno sviluppo di 113 km e il numero dei manufatti idraulici in manutenzione ad essa connessi con funzioni irrigue è di 490. Nel territorio del Consorzio il tipo di agricoltura risente, in modo notevole, dell'ambiente fisico originario e della presenza o meno dell'irrigazione. Nell'ultimo ventennio si è manifestato un crescente bisogno di acqua per l'irrigazione e per le 46

47 maggiori superfici investite a cui fanno riscontro, purtroppo, gravi difficoltà dovute alla carenza, sempre più avvertita, della risorsa disponibile. La risorsa idrica disponibile ed utilizzabile a fini irrigui è fornita dai corsi d'acqua fluenti ai margini del comprensorio consortile (Adige e Tartaro Canalbianco) e dai corsi d'acqua naturali scorrenti all'interno del comprensorio stesso e originantisi da fontanili e risorgive. Una consistente utilizzazione irrigua delle acque sotterrane viene fatta dopo la riemersione della falda freatica lungo la fascia dei fontanili. Cospicui sono anche i prelievi d'acqua dal sottosuolo che avvengono, in genere, mediante pozzi tubolari gestiti direttamente dai privati. Le acque di scolo e di risorgiva vengono trasferite utilizzando la fittissima rete di canali, naturali o artificiali, costituente una idrografia avente, sostanzialmente, andamento da nord a sud che, per quanto possibile, concilia le diverse necessità di scolo, di irrigazione e nel passato, in qualche caso, anche industriali. Tale rete è stata in gran parte realizzata in epoche diverse e successivamente adattata alle varie condizioni di utilizzo e di distribuzione. Un assetto più stabile e tecnicamente più razionale presenta invece la rete di distribuzione dell'acqua derivata dall'adige a Sorio dopo gli interventi effettuati nell'ultimo decennio. L'irrigazione consente di incrementare la produzione, permette anche di migliorarne la qualità e di differenziare gli orientamenti colturali, ponendo l'azienda agricola in grado di svolgere un'attività imprenditoriale. L'impinguamento dei canali concorre a mantenere umido il suolo a vantaggio di tutta la vegetazione, con un beneficio ambientale a favore di tutti. Nei pressi del sito di intervento il sistema dei canali di scolo (in azzurro) è rappresentato dal Dugale Tarmassia. L intera rete di bonifica presente consente lo scolo naturale del comprensorio per semplice gravità. La rete irrigua (in rosso) è costituita da numerosi canali e rappresentata, nei pressi 47

48 dell insediamento in esame, dalla Fossa Cappella. C Il rischio di allagamento Il territorio circostante il sito di intervento è caratterizzato dall assenza di pericolo e di rischio idraulico. La Carta del rischio idraulico Unione Regionale Veneta Bonifiche, elaborata dall Autorità di Bacino del Fiume Fissero-Tartaro-Canalbianco nell ambito del Progetto di Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico, evidenzia per il sito di intervento l'assenza di fenomeni di allagamento negli ultimi 20 anni. C La qualità delle acque superficiali Per rappresentare in maniera sintetica lo stato di qualità dei fiumi vengono utilizzati i seguenti indicatori: - l indice biotico esteso (IBE): per il monitoraggio biologico, dei principali corsi d acqua si utilizza l indice biotico esteso. Tale metodologia di analisi permette di dare un giudizio sintetico di qualità sullo stato di salute di un corso d acqua, tramite un valore numerico, il valore di IBE. Nella metodica IBE si utilizza la comunità biologica dei macroinvertebrati bentonici, ossia quell insieme di invertebrati, visibili ad occhio nudo, che vivono stabilmente in un corso d acqua: larve e adulti di insetti, molluschi, crostacei, tricladi, oligocheti e irudinei. 48

49 Essa si basa sul principio secondo cui le comunità animali bentoniche reagiscono al variare del grado di inquinamento e delle alterazioni ambientali, secondo un determinato succedersi di eventi: - diminuzione delle abbondanze relative fino alla scomparsa delle specie più sensibili all inquinamento; - diminuzione del numero di specie totali presenti; - aumento delle abbondanze relative delle specie più tolleranti nei confronti dell inquinamento. Le classi di qualità biologica, da 1 a 5, dove 1 è la classe migliore e 5 la classe peggiore, sono ottenute raggruppando i valori di I.B.E. sotto riportati: - il livello di inquinamento da macrodescrittori: Per misurare il livello di inquinamento dei corsi d acqua si utilizzano i macrodescrittori, previsti dal Decreto legislativo 152/99: azoto ammoniacale, azoto nitrico, ossigeno disciolto, BOD5, COD, fosforo totale ed escherichia Coli. A cinque diversi intervalli di concentrazione, associati ad ogni macrodescrittore, sono assegnati dei punteggi (variabili tra 5 ed 80) che, sommati tra loro, danno un valore che individua il livello di inquinamento del corso d acqua: Il livello 1 indica un basso livello di inquinamento mentre il livello 5 indica un alto livello di inquinamento. Nel Bacino del Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, lo stato qualitativo dei corsi d acqua è buono nella parte settentrionale del bacino, nei tratti più prossimi alla sorgente, sufficiente o talora scadente nei tratti più vicini alla foce. Lo stato delle acque superficiali è monitorato dall ARPAV. Le immagini che seguono rappresentano, nell ordine, l IBE e il livello di inquinamento da macrodescrittori rilevati nel bacino idrografico FisseroTartaro-Canalbianco nel

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51 C1.3 Stato delle acque sotterranee Il sottosuolo dell'alta pianura veronese presenta livelli argillosi o a bassa permeabilità che non hanno solitamente un'ampia estensione e risultano discontinui; per tale motivo l'acquifero viene considerato indifferenziato e pertanto non costituito da più falde acquifere indipendenti. Per questa sua struttura idrogeologica il territorio dell'alta pianura veronese può essere considerato come zona di ricarica delle falde della media e bassa pianura. Lungo il limite meridionale dell'alta pianura, la riduzione progressiva delle ghiaie entro materiali prevalentemente limosi, dà origine ad una repentina variazione delle condizioni idrogeologiche determinando l'emergenza della falda freatica attraverso una lunga serie di fontanili profondi mediamente tra 2 e 5 m rispetto al piano di campagna. Questi, nell'ambito della Pianura Veronese, si sviluppano all'interno di una fascia estesa per circa 30 km e larga in media 8 km. Da tali risorgive hanno origine un gran numero di corsi d'acqua, tra cui il Menago, il Tartaro, il Tione ed altri minori. Nell'alta pianura la falda freatica diviene via via più superficiale procedendo da NO verso SE e i valori variano tra circa m dal p.c. presso Lugagnano, Bussolengo, S. Ambrogio e i 1-2 m dal p.c. in prossimità di Povegliano Veronese e Buttapietra. L'alimentazione principale è legata alle dispersioni di subalveo dell'adige allo sbocco della valle omonima, dalle acque provenienti dall'altopiano calcareo dei Monti Lessini, dalle locali acque meteoriche, da quelle provenienti dal fronte morenico e relative al bacino lacustre del Garda, dalle acque del circuito idrotermale profondo contenuto nel substrato roccioso e da quelle utilizzate per l'irrigazione. Il regime della falda è pertanto caratterizzato, in destra Adige da una fase di piena che si ha nella tarda estate e da una fase di magra che avviene all'inizio della primavera, mentre in sinistra Adige, ove influisce l'andamento della piovosità in Lessinia, si hanno di norma massimi primaverili e minimi nella tarda estate. Il deflusso della falda avviene, grossomodo, in direzione NNO-SSE. Il potente materasso alluvionale che costituisce il sottosuolo della media e bassa pianura veronese risulta saturo d'acqua e la superficie dell'acquifero superiore freatico diviene tanto più vicina al piano di campagna procedendo da nord ovest verso sud est. Indicativamente, i valori più profondi si riscontrano presso Oppeano, Vallese, Vigasio, Povegliano con quote variabili tra -2 m a -5 m dal p.c., mentre tra Nogara, Cerea e Legnago i valori diminuiscono tra -1 m e -3 m dal p.c. Nelle Grandi Valli Veronesi fino a Terrazzo il valore della falda freatica è principalmente regolato dall'azione idraulica del fiume Adige e dei canali di bonifica e generalmente risulta inferiore al metro. Gli acquiferi presenti nel sottosuolo possono essere descritti sulla base della struttura del sottosuolo: con i settori più a nord ovest della media pianura, confina la parte meridionale dell'acquifero freatico indifferenziato ospitato nell'alta pianura veronese, che risulta in connessione idrogeologica con il sistema a multifalde caratteristico invece della media e bassa pianura veronese. Il sistema a multifalde è costituito da una successione di livelli acquiferi ospitati nelle sabbie, della quale più in superficie si trova l'acquifero superiore freatico al quale 51

52 succede in profondità una serie di falde confinate dotate di vari gradi di artesianesimo. Le direzioni del movimento idrico sotterraneo sono tendenzialmente da NO a SE in tutta l area della Pianura Veneta. Ovviamente esistono situazioni locali estremamente differenziate che possono essere connesse alla presenza di fattori di ricarica o drenaggio (corsi d acqua disperdenti o drenanti, pratiche irrigue...) che possono modificare anche notevolmente la curvatura delle isofreatiche o delle isopiezometriche. Inoltre, aumenti o diminuzioni di permeabilità del sottosuolo, causate da variazioni percentuali di materiali fini mescolati alle ghiaie, possono determinare assi di drenaggio o spartiacque sotterranei tali da modificare anche sensibilmente le linee di flusso. I gradienti idraulici della falda freatica di Alta Pianura variano da un minimo dello 0,1% ad un massimo del 0,5-0,6%. Tuttavia in situazioni idrogeologiche particolari, in relazione essenzialmente a ben marcati assi di alimentazione o di drenaggio, la pendenza della superficie freatica può assumere valori molto superiori. Nella zona della Media Pianura la pendenze delle superfici potenziometriche risultano generalmente inferiori rispetto ai gradienti presenti nella falda freatica dell Alta Pianura. Le velocità di movimento delle acque sotterranee nella falda freatica dell Alta Pianura sono estremamente variabili: da qualche metro al giorno fino a valori superiori a 20 m/g, misurati sperimentalmente nella vicinanza della fascia delle risorgive in area trevigiana. Per quel che riguarda le falde in pressione, le velocità sono ridotte (al massimo pochi centimetri al giorno) fino a raggiungere la stagnazione per certe falde molto profonde e non captate. Nel sito di intervento ci troviamo in presenza di un acquifero multifalda formato da una falda superficiale generalmente a carattere freatico e da diverse falde profonde a carattere artesiano. La lettura freatimetrica effettuata dal Dr. Geol. Cristiano Marconcini ha permesso di individuare la superficie di falda ad una quota di 0,70 m dal piano di campagna. C Aspetti qualitativi Per quanto riguarda le acque sotterranee, nell acquifero indifferenziato e, talvolta, anche nelle falde in pressione, sono stati segnalati casi di inquinamento diffuso (da nitrati, fitofarmaci, ecc) e casi di contaminazione puntiforme da solventi e metalli pesanti. Nel bacino sono individuate le zone vulnerabili, (che coincidono con l intero bacino), le aree soggette ad erosione del suolo e le aree soggette ad erosione costiera. Per queste ultime tipologie si è fatto riferimento al Piano regionale per la lotta alla siccità ed alla desertificazione ed è stato evidenziato inoltre il problema della risalita del cuneo salino, favorita dalle ridotte portate in arrivo dai corsi d acqua. L ARPAV effettua dal 1999 una serie di controlli sullo stato delle acque di falda della regione. La zona che ci riguarda presenta condizioni definite naturali particolari, ovvero con caratteristiche quali-quantitative che pur non presentando un significativo impatto antropico hanno limitazioni all uso potabile a causa della presenza naturale di particolari sostanze chimiche o per la scarsa quantità d acqua. 52

53 Le possibilità di inquinamento della falda sono più frequenti nella fascia dell alta pianura veronese, in condizioni di acquifero libero, dove avviene la maggiore alimentazione delle acque sotterranee, mentre nella medio-bassa pianura, in ambiente di acquifero confinato, avvengono più frequentemente processi evolutivi naturali delle acque sotterranee di infiltrazione più antica. Per la rappresentazione dello stato di qualità dell acquifero sono stati differenziati lo stato di qualità rilevabile nella falda più superficiale (freatica) e lo stato di qualità della falda più profonda, ossia quella utilizzata a fini potabili. I parametri per la determinazione della qualità delle acque sotterranee di prima falda sono essenzialmente nitrati e i solventi organoalogenati, quest ultimi sempre più frequentemente presenti in falda. Le fonti di nitrati sono rappresentate dalla zootecnia, gli scarichi civili, le altre attività agricole o industriali ed infine, in piccola parte, l attività naturale del suolo. Dall analisi si rileva come mediamente le concentrazioni di nitrati siano più basse nelle acque prelevate dalle sorgenti rispetto a quelle dei pozzi: in tal caso l influenza dovuta al carico zootecnico è minima perché è minima la parte di territorio esposta alla pratica della fertirrigazione. I nitrati si concentrano maggiormente dove vengono impiegate grandi quantità di concimi in agricoltura e sono dovuti all attività zootecnica e in particolare alla pratica di dispersione dei liquami sui terreni agricoli. Nel tempo si è verificato un continuo incremento, soprattutto nelle zone dell alta pianura dove l acquifero si presenta libero. Si può notare come il parametro nitrati, indice di inquinamento agrozootecnico e domestico, non sia presente in quantità critiche nell area di Oppeano. Piuttosto si sono riscontrare concentrazioni di ammoniaca, manganese nelle acque sotterranee di prima falda. Le immagini che seguono sono state estrapolate dal Rapporto sullo stato dell ambiente della Provincia di Verona anno

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55 I dati del monitoraggio delle acque profonde indicano, per l area che ci riguarda, livelli medio-bassi di ammoniaca (0,1-0,5 mg/l), medi di nitrati (5-150 mg/l), bassi di nitriti (< 0,01 mg/l ), bassi di manganese (1-20 mg/l), medi di solfati ( mg/l) e medi di conducibilità ( ms/cm). Per quanto riguarda quest ultimo parametro, esso rappresenta rappresenta un indicatore del tenore salino e del grado di mineralizzazione e quindi può essere utilizzato come un indicatore complessivo delle caratteristiche di qualità. Per quanto concerne l inquinamento dell acqua sotterranea profonda si specifica che per le sue caratteristiche di purezza e di salubrità quest ultima è la più sfruttata per uso potabile. Una parte viene utilizzata anche come acqua ad uso industriale o irriguo, come succede per le acque superficiali. La parte del territorio che non utilizza le acque dell Adige utilizza, infatti, acqua potabile prelevata dal sottosuolo. Generalmente tale acqua si presenta di buona qualità, ad eccezione dell acqua prelevata nella zona della bassa pianura veronese che presenta concentrazioni elevate di ammoniaca, ferro e manganese derivanti dal sottosuolo di origine torbosa di quel territorio. Risulta difficile definire esattamente a quali acquiferi queste acque afferiscono, poiché gli stessi pozzi di attingimento intercettano molte falde confinate a diverse profondità tuttavia si può dire che tali acque si collocano in uno spazio che va dai 60 ai 200 metri sotto terra. C Stato ambientale La definizione dello stato ambientale delle acque sotterranee è fatta secondo i seguenti criteri: ELEVATO BUONO SUFFICIENTE SCADENTE NATURALE PARTICOLARE Impatto antropico nullo o trascurabile sulla qualità e quantità della risorsa, con l eccezione di quanto previsto nello stato naturale particolare Impatto antropico ridotto sulla qualità e/o quantità della risorsa Impatto antropico ridotto sulla quantità, con effetti significativi sulla qualità tali da richiedere azioni mirate ad evitarne il peggioramento Impatto antropico rilevante sulla qualità e/o quantità della risorsa con necessità di specifiche azioni di risanamento Caratteristiche qualitative e/o quantitative che pur non presentando un significativo impatto antropico, presentano limitazioni d uso della risorsa per la presenza naturale di particolari specie chimiche o per il basso potenziale quantitativo Lo stato ambientale è prevalentemente condizionato dalla qualità delle acque. L area a nord della fascia delle risorgive presenta generalmente uno stato buono. A sud del limite della fascia delle risorgive, come nel nostro caso, prevale lo stato particolare determinato dalla classe chimica 0, anche se alcuni acquiferi profondi presentano uno stato ambientale buono. C Descrizione delle aree di protezione dei pozzi idropotabili Nell area in esame non sono presenti zone di ricarica della falda, essendo queste 55

56 localizzate lungo la fascia pedecollinare e la media pianura. Per quanto riguarda i pozzi ad uso idropotabile pubblico, in prossimità del sito di intervento non ve ne sono. Nel territorio più prossimo all allevamento, essendo una zona agricola caratterizzata dalla sola presenza di abitazioni isolate o di piccoli agglomerati, comunque non serviti dalla rete acquedottistica, il prelievo idrico è legato esclusivamente alla presenza di pozzo privati. Nel sito di intervento e nella sua area di influenza non sono presenti fonti e sorgenti. C1.4 - Stato del suolo e sottosuolo C Inquadramento geologico generale La porzione di pianura compresa nel territorio veneto è delimitata dai rilevi prealpini a Nord-Ovest, dal Mare Adriatico a Sud-Est, dal Fiume Tagliamento a Nord-Est e dal Fiume Po a Sud. L'origine della Pianura Veneta risale alla fine dell'era Terziaria, quando l orogenesi alpina, esauriti i principali fenomeni parossistici, ha continuato la fase di sollevamento dei rilievi montuosi e lo sprofondamento dell avampaese pedemontano. Con l inizio del Quaternario, quando la zona alpina e parte della fossa padana erano emerse, iniziò il riempimento della vasta depressione di avampaese mediante un progressivo accumulo di depositi alluvionali appartenenti ai grandi sistemi fluviali, intervallati da sedimenti derivanti dalle varie fasi di trasgressione marina. Questa alternanza è stata principalmente guidata dall avvicendarsi di fasi glaciali e interglaciali, correlate ai cicli glacio-eustatici planetari che si sono succeduti nel corso del Pleistocene e dell Olocene. La pianura alluvionale così originatasi è stata costantemente modellata dalle continue variazioni di percorso dei corsi d acqua, come testimoniano i numerosi paleoalvei presenti in superficie ed in profondità. In particolare a valle del loro sbocco montano i fiumi hanno ripetutamente cambiato percorso interessando aree molto ampie fino a coprire migliaia di km2. Si sono così formati sistemi sedimentari che in pianta si presentano con una morfologia a ventaglio, cioè ampi e piatti conoidi alluvionali (megaconoidi o megafan alluvionali). Dal punto di vista tettonico la Pianura Veneta è interessata da una serie di discontinuità, grossomodo parallele e orientate in direzione NO-SE, appartenenti al Sistema Scledense; si tratta di faglie trascorrenti caratterizzate da piani di faglia subverticali che suddividono il substrato roccioso della pianura in blocchi indipendenti, basculanti e giacenti a profondità diverse. Da ciò deriva una morfologia della Base del Quaternario a gradoni che raggiunge profondità molto variabili da luogo a luogo, ma mediamente crescenti procedendo da Nord verso Sud. La Pianura Veneta, quindi, è il frutto di un graduale riempimento di una profonda depressione del basamento terziario; i materiali di riempimento sono rappresentati da depositi prevalentemente continentali, in gran parte del Pleistocene medio-superiore e dell Olocene. Si tratta di materiali principalmente di origine fluviale, ma anche glaciale e fluvioglaciale in prossimità delle Prealpi e di origine deltizia lungo la linea di costa. I depositi quaternari appartengono in gran parte ai conoidi fluviali originati dai fiumi Adige, 56

57 Leogra, Astico, Brenta e Piave che, sboccando dalle valli prealpine, attraversano la Pianura Veneta. Questi corsi d acqua hanno una storia idrologica molto simile tra di loro ed hanno prodotto simili processi di trasporto solido e sedimentazione dei materiali alluvionali che formano il materasso quaternario della pianura. Per questa motivazione principale, la Pianura Veneta presenta caratteri geografici e geomorfologici uniformi. Anche il sottosuolo presenta, in prima approssimazione, caratteristiche abbastanza uniformi nella porzione maggiormente superficiale, tali da consentire la definizione di un modello stratigrafico e strutturale valido per tutta la Pianura Veneta. Durante il Quaternario recente i fiumi veneti hanno ripetutamente cambiato percorso, allo sbocco dalle vallate prealpine, in mancanza di un alveo stabile e definito, e hanno spagliato il materiale su aree estese migliaia di chilometri quadrati, originando strutture sedimentarie morfologicamente simili a settori di cono appiattito; questi corpi deposizionali sono definiti conoidi alluvionali. I grandi conoidi alluvionali rappresentano i principali elementi strutturali che hanno contribuito maggiormente a determinare i caratteri idrogeologici e stratigrafici del materasso quaternario della pianura. Questi sono stati depositati dai vari corsi d acqua in tempi differenti, quando il trasporto solido dei fiumi era superiore a quello attuale, in conseguenza dello scioglimento dei ghiacciai. I corsi d acqua depositavano, allo sbocco in pianura, il loro trasporto solido per riduzione della loro capacità di trasporto. Questi materiali provenivano soprattutto dallo smantellamento dei corpi morenici. Nella pianura lombarda i conoidi alluvionali presentano elevate pendenze fino all inizio della bassa pianura, mentre più a valle questi tendono a raccordarsi tra loro in un unica pianura rendendo difficoltosa l identificazione dei bacini fluviali su base morfologica. Diversamente, ad Est del Brenta i tratti di pianura costruiti dai vari fiumi sono morfologicamente ben distinguibili fino all attuale linea di costa. Ogni fiume ha, quindi, originato una serie di conoidi sovrapposti tra loro e lateralmente compenetrati con i conoidi degli altri fiumi. I conoidi ghiaiosi di ciascun corso d acqua si sono spinti verso valle per distanze diverse, condizionati dai differenti caratteri idraulici e di regime dei rispettivi fiumi. I conoidi, interamente ghiaiose all apice, procedendo verso valle si sono arricchiti sempre più di frazioni limoso-argillose, dando origine a dei cosiddetti megafan, in italiano megaconoidi, fino ad interdigitarsi con i depositi marini della bassa pianura; questi ultimi sono il frutto di trasgressioni e regressioni marine succedutesi nel tempo. La Pianura Veneta può anche essere suddivisa in un bacino occidentale ed uno orientale dalla presenza del complesso dei Monti Lessini, Monti Berici e Colli Euganei, nel quale il substrato roccioso viene a giorno riducendo a zero lo spessore delle alluvioni. Il sottosuolo della Pianura Veneta di ognuno dei due bacini può a sua volta essere suddiviso in tre zone che si succedono da monte verso valle nel seguente ordine: Alta Pianura Formata da una serie di conoidi alluvionali prevalentemente ghiaiosi, almeno nei primi 300 m di spessore, addentellati e parzialmente sovrapposti tra loro che si estendono verso Sud per una larghezza variabile da 5 a 15 km dalle Prealpi sino alla zona di Media Pianura. Entro questi materiali si trovano percentuali di ghiaie dell ordine del 10-30% e un abbondante frazione di materiali maggiormente grossolani. In alcune aree si incontrano anche livelli ghiaiosi più o meno cementati. I depositi ghiaiosi 57

58 hanno continuità laterale in senso E-O; ciò è anche dovuto al continuo mutamento degli alvei fluviali che hanno distribuito su di una vasta area i loro sedimenti. Media Pianura Costituita da materiali progressivamente più fini rispetto all Alta Pianura, si tratta di ghiaie e sabbie con digitazioni limose ed argillose le quali diventano sempre più frequenti da monte a valle. E situata a S-SE della fascia di Alta Pianura e possiede una larghezza variabile da 5 a 10 km. Nella sua porzione più meridionale si registra un progressivo e rapido esaurimento degli strati ghiaiosi a minor profondità che vengono sostituiti da materiali fini. Solo alcuni orizzonti ghiaiosi più profondi (oltre i 300 m) tendono a persistere anche nella Bassa Pianura come testimoniano alcune informazioni stratigrafiche relative al bacino orientale. Bassa Pianura - Questa zona, posta a S-SE della Media Pianura ha una larghezza di circa 20 km nel bacino orientale e si spinge fino alla costa adriatica e fino al Fiume Po a Sud. Il sottosuolo è costituito da un alternanza di materiali a granulometria fine (limi, argille e frazioni intermedie) con sabbie a variabile percentuale di materiali più fini (sabbie limose, sabbie debolmente limose, limi sabbiosi, ecc.). Nel bacino orientale alcuni orizzonti ghiaiosi sono segnalati al di sotto di 300 m, ad esempio nel sottosuolo di Padova (Orto Botanico), oppure nella zona di Caorle a profondità di circa 500 m. Il pozzo Venezia 1 del CNR indica la presenza di un sottile orizzonte ghiaioso a circa 300 m dal piano campagna. Ghiaie sono anche segnalate a diverse profondità fino ad un massimo di 850 m nel pozzo S. Dona di Piave 1. Per ciò che riguarda gli spessori dei materiali sciolti, nel bacino orientale, questi variano da un centinaio di metri ad un massimo di circa m. Gli spessori aumentano da NE a SO, dalle Prealpi verso il Mare Adriatico, con un massimo posto all incirca al di sotto dell area di Castelfranco Veneto. In area costiera gli spessori dei materiali sciolti si aggirano sui m. Si ricorda che il pozzo Assunta 1 presenta un limite plio-quaternario a circa m, ma il bed-rock eocenico è situato a circa m. Gli spessori dei materiali sciolti nel bacino occidentale aumentano anch essi da NE a SO da un minimo di un centinaio di metri, a ridosso della dorsale lessino-berico-euganea, ad un massimo di circa m al confine con la Provincia di Mantova. A SE dei Colli Euganei, in direzione del Delta del Po lo spessore dei materiali plio-quaternari aumenta fino a superare i m. L alta pianura rappresenta l area di ricarica dell intero sistema idrogeologico ed è molto importante in quanto sede di una serie di fenomeni naturali (afflussi meteorici, dispersione dei corsi d acqua ed infiltrazione delle acque irrigue) che consentono la conservazione ed il rinnovamento della risorsa idrica sotterranea. Nella media pianura, costituita da ghiaie e sabbie con digitazioni limose ed argillose che diventano sempre più frequenti da monte a valle, esiste una serie di falde sovrapposte, di cui la prima è generalmente libera e quelle sottostanti in pressione, localizzate negli strati permeabili ghiaiosi e/o sabbiosi intercalati alle lenti argillose dotate invece di bassissima permeabilità. La falda si avvicina quindi progressivamente alla superficie del suolo fino ad emergere, anche a causa della presenza delle sottostanti lenti argillose, formando le tipiche sorgenti di pianura, dette appunto risorgive (o fontanili). I depositi alluvionali ghiaiosi profondi si assottigliano sempre più, fino ad esaurirsi nella bassa pianura: qui il sottosuolo è costituito da un alternanza di materiali a granulometria fine (limi, argille e frazioni intermedie) e gli acquiferi artesiani sono caratterizzati da bassa 58

59 permeabilità e minore estensione. Di particolare interesse sono i versanti lunghi, a substrato calcareo, in forte pendenza e modellati dall azione del ghiacciaio, che si affacciano sul lago di Garda. L anfiteatro morenico gardesano, risalente alle ultime glaciazioni, risente invece dell azione antropica di rimodellamento dei versanti, tranne sulla parte sommitale dove si trovano superfici subpianeggianti parzialmente preservate dalle lavorazioni. I suoli dell area che ci interessa rientrano nella classe BA1, così descritta: C Geomorfologia Morfologicamente il territorio della bassa pianura veronese rientra nel più ampio sistema planiziale delle fasce fluviali e della pianura. Presenta tuttavia omogenei e 59

60 peculiari caratteri morfologici, idrografici e podologici, tali da configurare un ambito geografico autonomo. E un territorio estremamente piatto, totalmente privo di una qualsiasi asperità, con una bassissima linea di pendenza longitudinale. Oltre che dal fiume Adige, a carattere pensile, è attraversato da una fittissima rete di fiumi e canali artificiali di sgrondo. Hanno in generale origine dalla fascia delle risorgive a nord; attraversano longitudinalmente l intero territorio e confluiscono nel sistema delle acque basse, costituito dai canali artificiali che scorrono trasversalmente a sud. La parte meridionale, corrispondente ad un quinto dell intero territorio del piano, è interamente costituita dalle terre bonificate delle Valli Grandi Veronesi, insieme unico di grandi spazi aperti coltivati. C Litologia di superficie Il settore meridionale della provincia di Verona è occupato dalla bassa pianura caratterizzata nel sottosuolo da orizzonti limoso-argillosi, alternati a livelli sabbiosi generalmente fini. La bassa pianura antica di origine fluvioglaciale, in continuità con l alta pianura antica e risalente anch essa all ultima glaciazione, è caratterizzata da sedimenti prevalentemente sabbiosi; qui si trovano suoli profondi, a forte differenziazione del profilo con accumulo di argilla in profondità nelle parti maggiormente coonservate (Cutani-Chromic Luvisols), suoli profondi, a tessitura moderatamente grossolana, non calcarei sulla pianira modale (Hyperereutic Cambisols) e suoli poco differenziati, moderatamente profondi, a tessitura grossolana e moderatamente calcarei situati sui dossi rimaneggiati e spanati (Rubi-Calcaric Arenosols). Nella bassa pianura veronese di formazione più recente (olocenica) si possono distinguere il dosso del fiume Adige, l area depressa delle valli veronesi e una fascia di transizione tra queste due zone. Sul dosso del fiume si trovano suoli poco differenziati, motlo profondi e a tessitura medio-grossolana (Calcaric-Fluvic Cambisols e Calcaric-Arenic Fluvisols). Nella zona di Casaleone e a sud di Cerea e Legnago si trovano le grandi valli veronesi, area depressa caratterizzata dalla presenza di suoli ifromorfi a tessitura fine con un notevole accumulo di sostanza organica in superficie (Gleyi-Fluvic Cambisols, Mollic o Calcaric-Calcic Gleysols). Queste aree presentano canali di rotta a deposizione più grossolana sui quali ora si possono trovare suoli poco evoluti con un alternanza di strati a tessitura media e grossolana (Molli-Gleyic Fluvisols). Nella pianura indifferenziata che costituisce la fascia di transizione tra questi due ambienti, dosso fluviale e aree depresse, si trovano suoli molto profondi e con tessitura media (Calcaric-Fluvic Cambisols o Gleyi-Fluvic Cambisols) formatisi a partire da sedimenti limosi molto calcarei. Dal punto di vista pedologico è caratterizzato da una bassa permeabilità, dovuta all elevata presenza di materiali fini, sabbie ed argille. L insieme di tali peculiarità, comportando una naturale difficoltà di drenaggio dei terreni e di deflusso delle acque, hanno favorito la permanenza delle importanti, anche se di limitata superficie, paludi del Busatello, Brusà e Pellegrina, e la formazione di nuove zone umide nell area delle cave senili di Ronco. Per quanto riguarda in particolare la litologia del sito di intervento, l indagine geologica eseguita dal Dott. Geol. Cristiano Marconcini ha rilevato la seguente stratigrafia: 60

61 - da 0 a -0,40 m da p.c.: terreno vegetale; da -0,40 a -3,00 m da p.c.: alternanza di limi e sabbie fini variamente addensate fino a ca. -2,00 m e da una lente argillosa molle fino a ca. -3,00 m da p.c.; da -3,00 a -7,00 m da p.c.: alternanza di sabbie, sabbie limose e limi sabbiosi ben addensate e compatte. C Sismica Nell ambito dell indagine geologica-geotecnica effettuata dal Dott. Geol. Cristiano Marconcini è stata eseguita anche una verifica della velocità media di propagazione delle onde sismiche nei primi 30 metri (Vs30). Il risultato della misurazione effettuata con tecnologia sismica passiva ha portato a classificare il terreno in classe C. Nella carta della pericolosità sismica con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (OPCM 3519 del 28/04/06) il territorio in esame viene indicato come avente un accelerazione orizzontale compresa tra 0,125<g<0,150 (grado di sismicità 6). Dal punto di vista amministrativo il Comune di Isola della Scala ricade in Zona Sismica 3. C1.5 - Stato della flora e della fauna C Flora terrestre La pianura padana, prima dell'intensa colonizzazione e bonifica ai fini produttivi ed insediativi ad opera dell'uomo, era occupata dalla foresta planiziale, di cui oggi rimangono pochi frammenti, in genere localizzati nelle vicinanze dei corsi d'acqua e negli spazi residuali per la crescita insediativa e le attività dell'uomo. Il territorio indagato si può classificare principalmente come un paesaggio dominato dall'agricoltura. La vegetazione erbacea spontanea nel territorio in esame è presente principalmente lungo le scarpate degli argini dei corsi d'acqua, nelle vicinanze dei fossi e delle capezzagne di servizio alle aziende agricole e negli spazi residuali delle zone antropizzate. In generale la vegetazione della zona studiata presenta uno scarso interesse ambientale e quindi non particolarmente meritevole di tutela. Non sono presenti nelle vicinanze alberi monumentali. C Fauna Terrestre Dal punto di vista faunistico l'area è caratterizzata da specie legate ad ambienti agricoli fortemente antropizzati, con qualche variante di tipo boschivo ripariale intorno all'asse dei corsi d'acqua principali. Nel complesso si tratta di un ambiente potenzialmente adatto ad ospitare una fauna piuttosto interessante, ma nei fatti adeguato quasi esclusivamente per le specie che maggiormente si adattano alla convivenza ed al disturbo causati dalle attività umane. 61

62 C Flora e fauna acquatiche Anche la flora e la fauna acquatiche nel sito di intervento non presentano particolare interesse, data la presenza esclusiva di corsi d acqua artificiali legati alle funzioni di bonifica e di irrigazione. Il sistema idrico superficiale ha subìto negli ultimi decenni un evoluzione che ha portato alla riduzione o addirittura alla scomparsa di numerose specie di pesci tradizionalmente diffusi nelle acque della bassa pianura veronese. Il cambiamento dello stato trofico delle acque ha favorito, nel contempo, la diffusione di specie alloctone fino a qualche anno fa totalmente assenti. C1.6 - Stato degli ecosistemi Come già più volte evidenziato, il sito in cui si inserisce il progetto è una zona agricola modellata da secoli di presenza umana, dotata di un proprio equilibrio (agroecosistema). La stabilità del sistema, a differenza di quanto avviene negli ecosistemi naturali, richiede il costante intervento dell uomo. Una descrizione dello stato ecologico a livello locale è riportata nei capitoli relativi allo stato delle acque superficiali, della flora e della fauna. Per quanto riguarda la flora spontanea, la si può riscontrare solamente nelle aree incolte al margine dei campi coltivati e in particolare al bordo dei corsi d acqua. Infine, la fauna terrestre risente delle conseguenze del disturbo dovuto alla presenza umana nel territorio. La biodiversità nel territorio in esame è quindi piuttosto ridotta; il PTRC del Veneto la definisce bassa (vedi Allegato 2 Tavola1/2). Nel sito di intervento non sono presenti siti naturali protetti. L'ecosistema naturale più prossimo al sito di intervento è posto ad una distanza ragguardevole; si tratta delle seguenti zone inserite nella Rete Natura 2000 (Direttiva 92/43/CEE Habitat): 'Palude di Pellegrina' (IT ): si trova a circa 3,5 km in direzione sud-ovest dal sito di intervento. E' stato riconosciuto come ZPS nel 2003 e come SIC nel C1.7 - Stato ambientale per rumore e vibrazioni Il Comune di Isola della Scala ha effettuato la Classificazione acustica del territorio e ha inserito il sito di intervento in Classe III - aree di tipo misto. Per tale zonizzazione valgono i seguenti limiti di immissione: notturno (50 dba) diurno (60 dba). Come meglio evidenziato nelle valutazioni previsionali di impatto acustico redatte dal p.a. Antonio Piacenza e dal geom. Davide Piacenza, sia attualmente che dopo l'intervento i limiti acustici di zona non sono e non saranno superati. 62

63 C1.8 - Stato del paesaggio e del patrimonio storico/culturale L'agricoltura, sia per la sua presenza storica sul territorio, sia per la quantità di superficie utilizzata, sia per i processi produttivi e mercantili, è stata la generatrice dei maggiori cambiamenti nel paesaggio di questa porzione di pianura. Il paesaggio è caratterizzato da un intenso, e quasi esclusivo, uso agricolo dei suoli e dalla presenza di numerosi cavi e canali che lo attraversano. In particolare l area a nord del sito di intervento è stato interessato da bonifiche storiche (Allegato 2 Tavola 3/1). In Allegato 1 Tavola 6 è riportata la "Carta dell'uso reale dei suoli", nella quale sono evidenziati i principali utilizzi del suolo a scopo agricolo, nella zona in studio. Già osservando la carta si riscontra un dominio dei suoli a seminativo che caratterizzano un paesaggio a forte prevalenza produttiva con un orientamento colturale delle aziende principalmente finalizzato alla cerealicoltura. Molto diffusi sono anche i frutteti, soprattutto nel settore a nord del sito di intervento. Il paesaggio è quindi influenzato dai cicli colturali che determinano la presenza o meno di vegetazione sviluppata in altezza. In particolare la presenza di mais incide molto sul paesaggio e sui bacini visivi nella stagione primaverile-estiva. Per contro le superfici coltivate a mais in inverno sono completamente scoperte e quindi lasciano un ampio campo visivo, interrotto solo dalla presenza di piantagioni arboree organizzate (frutteti) o naturaliformi (filari o siepi posti lungo le ripe dei canali o comunque al bordo dei campi) o dai rilievi del suolo (argini e dossi). Nel territorio in esame gli ambiti paesaggistici più interessanti sono rappresentati dai corsi idrici superficiali. Nelle vicinanze del sito di intervento non si segnala beni di interesse storicoculturale. C1.9 Stato del sistema insediativo, delle condizioni socio-economiche e dei beni materiali La struttura insediativa dell area è costituita da una rete articolata di centri urbani minori, dotati di caratteri e specializzazioni peculiari, organizzati attorno ai nodi urbani di eccellenza, e da una diffusa polverizzazione di nuclei e case sparse. I dati sulla popolazione residente sono a tale proposito evidenti. Su di un totale di trentatré comuni, sette hanno meno di duemila abitanti e ben diciannove non arrivano ai cinquemila. Di contro solo cinque comuni superano i diecimila mentre solo la città di Legnago, con circa abitanti, supera la soglia dei quindicimila. Questi caratteri, pur in considerazione del minore sviluppo economico dell area rispetto ad altri ambiti regionali, attestano come i recenti processi di crescita industriale e più in generale produttiva hanno utilizzato e riprodotto sostanzialmente gli aspetti fondamentali della precedente struttura insediativa, preservando l area da fenomeni di eccessiva polarizzazione e congestione. Il modello di sviluppo veneto ha tuttavia generato una profonda modifica qualitativa dei caratteri insediativi locali ad esclusione delle Valli Grandi Veronesi, rimaste pressoché disabitate. 63

64 L intero territorio si è trasformato in un tessuto edilizio rado, composto di abitazioni, case rurali ed annessi rustici, capannoni industriali e commerciali. Un continuum urbano, sparso su tutto il territorio, a maglia larga, sovrapposto ad un assetto agricolo, generalmente frantumato, salvo limitati ambiti con paesaggio rurale ancora compiuto. La cosiddetta città diffusa, di cui è espressione significativa il lineare agglomerato urbano che si snoda da Nogara a Legnago, lungo la strada statale 10 Padana Inferiore, dove i vuoti tra i vari centri si sono progressivamente completati con insediamenti produttivi e commerciali, legati prevalentemente al settore del mobile classico. Ancora oggi tuttavia è chiaramente leggibile l origine e lo sviluppo dei centri urbani costantemente connessi alla presenza del fiume, come presidi militari, borgo attorno al castello, come strisce edificate lungo il corso d acqua. Solo lungo l Adige sono addossati ben dieci centri urbani e numerosi borghi rurali. La Pianura Veronese è un territorio a forte vocazione agricola, particolarmente caratterizzato dalla presenza di corsi d acqua, di risorgive, di fontanili, di fosse e di canalizzazioni irrigue, alcune vecchie di secoli. Agli inizi del XVI secolo la bonifica idraulica ha portato nella Bassa un arricchimento non solo per il maggior territorio coltivabile, ma anche e soprattutto per l inserimento di una nuova cultura: il riso o frumento bianco. Insieme al mais, al frumento e più recentemente al tabacco, alla mela e alla soia, le culture orticole di pregio, quali la fragola, l asparago, il radicchio rosso di Verona e la patata costituiscono oggi i principali prodotti agricoli di questa zona. Lo sfruttamento agricolo di questo territorio, così preponderante sino a pochi decenni fa, ha determinato l integrazione dei valori funzionali di questa attività con quelli culturali, psicologici, valoriali, che legano le società ai territori. Questa porzione di territorio è rimasta sino a tempi recenti abbastanza ai margini dello sviluppo delle grandi vie di comunicazione, sia che si pensi alle grandi arterie del cosiddetto Corridoio 5, ferrovia ed autostrada, sia che si pensi al grande nodo infrastrutturale di interscambio che è stato posto alle porte di Verona. Solamente in un periodo più tardo la zona è stata di fatto coinvolta nel processo di crescita economica che ha caratterizzato l area veronese e veneta, con le esigenze (e appetiti) di infrastrutturazione ed urbanizzazione molto celeri. In particolare lungo l asse della Strada Regionale n.10 Padana inferiore si è avuto uno sviluppo insediativo caratterizzato da insediamenti industriali di medie dimensioni mentre lungo l asse Minerbe-San Bonifacio lo sviluppo è stato caratterizzato da aziende di trasformazione di prodotti agricoli che rafforzano complessivamente il comparto agroindustriale. Sono così scomparsi alcuni ruoli agrari che si erano creati in ragione del vecchio modo di lavorare, e sono invece rimaste molte testimonianze delle tradizionali strutture agrarie: corti, ville, colombare e pile, anche se spesso poco valorizzate. Per quanto concerne il sistema produttivo, si nota che nel censimento del 1951, per la prima volta, l incidenza percentuale degli attivi nell industria manifatturiera nelle province venete supera quella nazionale. In questo periodo postbellico il disegno territoriale delle localizzazioni produttive ricalca l assetto di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento ordinato lungo l asse centrale padano che unisce Brescia, Verona, Vicenza, Padova e Venezia, dove i centri maggiori esercitano una forte azione centripeta. Nei decenni successivi nel territorio veronese incomincia il fenomeno della 64

65 diffusione territoriale, che ha avvio da prima attorno al polo veronese, fenomeno che interessa tutta la regione coinvolgendo anche la fascia pedemontana. In questi anni vi sono rapidi processi di trasformazione della maggior parte dei comuni rurali e ai distretti storici consolidati si affiancano nuove attività e specializzazioni produttive, quasi sempre di media e piccola dimensione, altamente competitive e dinamiche. Per tutti gli Ottanta il modello di diffusione produttiva trova spazi di crescita e di consolidamento. Il risultato che ne deriva è il rafforzamento del distretto del mobile nella zona sud della provincia (Oppeano Bovolone Cerea), del marmo e dell edilizia nella zona collinare di Grezzana e di Dolcè, Sant Ambrogio di Valpolicella, Affi, dell alimentare in diversi comuni tra loro non contigui (Nogarole Rocca, Castel D Azzano, S. Martino Buon Albergo, Colognola ai Colli, Lazise) e della calzatura nell area est della provincia (Vestenanova, S.Giovanni Ilarione, Montecchia di Crosara) e ovest (Sona e Bussolengo). In un intorno di circa 1000 ml di raggio con centro nel sito di intervento, sono presenti i seguenti insediamenti, partendo da nord e muovendosi in senso orario: - circa 100 ml in direzione nord-est si trovano un azienda agricola ed un'attività artigianale (Le Cognare); ml a est-nord-est c'è un'azienda agricola non zooetcnica; ml a est si trova un'azienda agricola non zootecnica; - a circa 400 ml in direzione est-sud-est troviamo un azienda agricola non zootecnica e un'abitazione non agricola (corte Cattabriga); - nella stessa direzione ma più oontano, a quasi 600 ml c'è una casa non abitata; ml a sud-est c'è un allevamento di polli da carne; ml a sud, appena oltre la strada comunale della Gabbia, c'è un'azienda agricola non zootecnica; - poco distante, a circa 540 ml dall'allevamento in esame, troviamo un capannone avicolo; ml a sud-ovest c'è un allevamento avicolo; ml nella stessa direzionec'è un'azienda agricola non zootecnica adiacente ad un allevamento di polli da carne; - poco più a ovest, a 890 ml di distanza, troviamo un agriturismo; ml a ovest-nord-ovest c'è un'azienda agricola, come anche a circa 400 ml nella stessa direzione (Ponterosso); - in direzione nord-ovest, infine, a 680 ml, c'è un allevamento di galline ovaiole. E quindi ben evidente la vocazione agro-zootecnica del territorio in cui si viene ad inserire l intervento in progetto. 65

66 C2 Impatti del progetto L insieme dei dati raccolti e descritti nei capitoli precedenti ci consente di delineare le caratteristiche principali dell'ambiente interessato dall'intervento di riqualificazione dell'allevamento zootecnico. Tali dati, insieme a quelli che definiscono le caratteristiche dell opera, permettono a questo punto di individuare gli impatti positivi e negativi che l'opera stessa comporta, di valutarne l'entità e, nel caso delle interferenze negative, di prevedere le necessarie misure di mitigazione. Nei prossimi capitoli verranno quindi analizzati gli impatti sulle varie componenti dell ambiente nel quale si colloca l intervento; per quantificarne l entità si è scelto di attribuire a ciascuno di essi un giudizio. Per favorire una visione più completa del quadro degli impatti si provvederà, infine, ad una rappresentazione schematica di sintesi degli impatti stessi. Si precisa inoltre che, data la tipologia di intervento e di impianto, non si prevedono impatti ambientali a grande distanza. C2.1 - Impatti per atmosfera e clima Per quanto riguarda il clima in generale e il microclima locale, si ritiene che l intervento programmato non possa in alcun modo avere influenze, sia nel breve che nel lungo periodo. Per quanto riguarda gli impatti sull atmosfera, sono state sviluppate considerazioni sia di tipo qualitativo che quantitativo, impiegando il SW Erica, realizzato dalla Regione Lombardia per la stima delle emissioni in atmosfera da parte degli allevamenti zootecnici. Riguardo alla produzione di odori e di polveri, sono invece disponibili pochi dati e nessun modello previsionale tale da permettere una reale stima di questo tipo di emissioni. Partendo quindi dalla stima delle emissioni di inquinanti, si espongono di seguito le risultanze delle stime effettuate con il citato SW Erica. Il seguente prospetto illustra la situazione attuale: 66

67 L elaborato sintetizza i risultati della stima delle emissioni effettuata rispetto allo stato di fatto: si evidenzia che la produzione complessiva di ammoniaca è di kg all anno e che la maggior parte di questa viene rilasciata in fase di stabulazione. La produzione di protossido di azoto e di metano è, rispettivamente, di 101 e di kg all anno. Il seguente schema descrive invece lo scenario futuro: 67

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