I CONSULENTI FINANZIARI INDIPENDENTI

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1 Avv. Mauro Rotunno Dott. Dario Capanna Avv. Massimiliano Vanzulli Dott. Jacopo Mauri Avv. Elena Tieghi Dott. Giulia Maria Bozzi Dott. Eleonora Cicognani Dott. Alessandra Marta Esposti I CONSULENTI FINANZIARI INDIPENDENTI 1.- La posizione dei PF e dei dipendenti bancari ante L attività riservata di consulenza in materia di investimenti Le regole di condotta dei CFI nei confronti del cliente Le ulteriori regole di condotta dei CFI. 2.- La posizione dei CFI post L art. 18 ter TUF Le esenzioni delle Direttive MiFID. 3.- I profili penali Il delitto ex art. 166 TUF ed art. 348 c.p Le sanzioni dell art. 190 TUF Il nuovo art. 190ter TUF Le prospettive per un eventuale azione contro lo Stato. 1.- La posizione dei Promotori Finanziari (PF) e dei dipendenti bancari ante Il d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164 (come da ultime modifiche intervenute) all art. 19 comma 14 prevede un termine che, se non sarà prorogato, senza l'istituzione dell'albo dei CFI, comunque non permetterà più, neppure ai Consulenti Finanziari Indipendenti (d ora in poi CFI) ante 2007 in regime transitorio, di esercitare l'attività riservata di consulenza, dato il tenore letterale della norma che recita: Fino al 31 dicembre 2015, la riserva di attività di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Via Pier Lombardo, Milano Italia C.F. RTNMRA60P27F205X P.I Tel partners@rotunno.net Fax

2 Allo stato attuale, i CFI ante 2007 possono prestare attività di consulenza specifica in materia di investimenti. Un interpretazione estensiva ritiene che i soggetti i promotori ed i dipendenti bancari - che al 31/10/2007 erano già in possesso dei requisiti per prestare consulenza in materia di investimenti sotto altra veste - possano svolgere detta attività dal momento della cessazione delle cause di incompatibilità con la qualifica di CFI (quindi dall uscita del promotore dall albo di appartenenza o dalla cessazione del rapporto di lavoro del bancario). La norma in commento, infatti, è piuttosto generica nel richiamare i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestano la consulenza in materia di investimenti e lascia ampio margine a dottrina e giurisprudenza per interpretare in senso ampio tale dettato normativo. Il decreto MEF del 24 dicembre 2008, n. 206 (Regolamento di disciplina dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali per l'iscrizione all'albo delle persone fisiche consulenti finanziari) da conforto a tale lettura interpretativa nella parte in cui prevede che lo status di PF o bancario esoneri il soggetto, aspirante CFI, dalla prova valutativa in quanto si presume che sia già in possesso delle opportune competenze 1. 1 Art. 2 (Requisiti di professionalità): [ ]3. Sono esonerati dalla prova valutativa di cui al comma 2: a) i promotori finanziari regolarmente iscritti al relativo albo che, per uno o più periodi di tempo complessivamente pari a due anni nei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione all'albo, hanno esercitato la propria attività professionale per conto di soggetti abilitati che nei medesimi periodi hanno svolto attività di consulenza in materia di investimenti; b) i quadri direttivi di terzo e quarto livello di soggetti abilitati che, per uno o più periodi di tempo complessivamente pari a due anni nei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione all'albo, sono stati addetti al servizio di consulenza in materia di investimenti ovvero il personale preposto ad una dipendenza o ad un'altra unità operativa di un soggetto abilitato, o comunque responsabile della stessa, addetto al servizio di consulenza in materia di investimenti; [ ]. 2

3 L'assenza di sentenze di condanna per il reato di abusivismo nei confronti dei CFI ante 2007 fa ben sperare che, anche in futuro, tale orientamento possa prevalere. Si osserva che l'art. 18 TUF 2 riserva l'esercizio professionale dei servizi e delle attività di investimento alle imprese di investimento, alle banche, alle SGR, agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 TUB 3, alle società di gestione di mercati regolamentati ed alle SIM. L'art. 18 bis TUF prevede poi che "la riserva di attività di cui all'articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'italia e la Consob, ed iscritte nell'albo di cui al comma 2, di prestare la consulenza in materia di investimenti [art. 1 comma 5 lett. f) TUF n.d.r.], senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti." L attività riservata di consulenza in materia di investimenti. I consulenti finanziari sono soggetti chiamati a prestare uno dei possibili servizi d'investimento: il servizio di consulenza in materia di investimenti (art. 1, comma 5 lett. f) TUF) 4. Secondo la definizione legislativa, per tale tipologia di attività si intende la prestazione di 2 D.Lgs. 24 febbraio 1998, n D.Lgs. 1 settembre 1993, n Art. 1, comma 5, TUF: Per "servizi e attività di investimento" si intendono i seguenti, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio b) esecuzione di ordini per conto dei clienti c) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente c-bis) collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente d) gestione di portafogli e) ricezione e trasmissione di ordini f) consulenza in materia di investimenti g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. 3

4 raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative a un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta al cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione (art. 1, comma 5 septies, TUF). Le norme di comportamento dei consulenti finanziari sono contenute nell'art. 12 Regolamento Attuativo n /2010, rubricato Regole Generali di Comportamento. Le regole di condotta degli intermediari finanziari sono invece regolate nell'art. 21 TUF. Si noti che le norme di comportamento dei consulenti finanziari vengono disciplinate in un apposito regolamento della CONSOB, in quanto l art. 21 del TUF non è loro applicabile. L'art. 21 TUF, infatti, fissa le regole di condotta dei soggetti abilitati. Lo stesso testo normativo determina, all'art. 1, comma 1, lett. r), cosa si debba intendere per soggetti abilitati: le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le SGR, le società di gestione armonizzate, le SICAV nonché gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento. In questo elenco non rientrano i consulenti finanziari, il cui operato non è pertanto assoggettato a specifiche norme di comportamento in forza di tale disposizione di legge. La legge demanda invece alla CONSOB di determinare, con regolamento, fra le altre cose, le regole di condotta che gli iscritti 4

5 nell'albo devono rispettare nel rapporto con i clienti, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati (art. 18 bis, comma 7, lett. d) TUF). Pertanto, l'art. 21 TUF doveva servire da punto di riferimento per il lavoro di attuazione della CONSOB, con reg. n / Le regole di condotta dei CFI ante 2007 nei confronti del cliente. Il reg /2010, all art. 12, comma 1, contiene anzitutto il principio secondo cui nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari si comportano con diligenza, correttezza e trasparenza. Facendo riferimento alla prestazione del servizio di consulenza, la CONSOB sembra voler comprendere l'intera durata del rapporto sin dal momento dei primi contatti fra il consulente ed il potenziale cliente, poi durante lo svolgimento del rapporto contrattuale di consulenza, fino alla cessazione dello stesso. Il fine è quello di tutelare il più possibile il cliente 6. Il citato articolo richiama diligenza, correttezza e trasparenza, al fine di determinare quale debba essere il buon comportamento dei consulenti finanziari 7 : 5 In ogni caso, le norme di comportamento dei consulenti finanziari, fissate dal regolamento n /2010, si avvicinano molto alle regole di condotta stabilite per i soggetti abilitati dalla legge. 6 Anche l art. 21 TUF, specificando che le norme di comportamento vanno rispettate nella prestazione dei servizi e delle attività d'investimento, fa riferimento ad un elevata estensione temporale degli oneri dei soggetti abilitati. 7 Diligenza, correttezza e trasparenza sono altresì menzionate espressamente in materia di norme di comportamento dei soggetti abilitati, all'art. 21 TUF, dove si afferma che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati (art. 21, comma 1, lett. a) TUF). 5

6 - rinviando al Codice Civile, la diligenza viene in tal sede menzionata in materia di adempimento, laddove si prevede che nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176, comma 1, c.c.). Lo stesso articolo specifica che nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.). Il consulente finanziario svolge un'attività professionale e, dunque, la diligenza che gli è richiesta deve essere commisurata alla natura dell'attività esercitata; - la correttezza è invece richiamata un termine usato all'art c.c.: il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. Si rinvia in questo modo ad un concetto di carattere generale; - la trasparenza non costituisce invece una nozione classica del diritto civile, ma ricorre nelle leggi speciali preposte a disciplinare i mercati assicurativo, bancario e finanziario. In secondo luogo, il regolamento 17130/2010 si occupa delle informazioni agli investitori, prevedendo, all art. 12, comma 1, lett. a) che i consulenti finanziari forniscono al cliente o potenziale cliente informazioni corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate affinché il cliente o potenziale cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti e dello specifico strumento finanziario raccomandato e possa adottare decisioni di investimento informate. Il flusso informativo non deve solo essere dal CFI al cliente, ma anche in senso opposto, ossia dal cliente al consulente. In questo senso dispone la successiva previsione (art. 12, comma 1, lett. b) reg /2010) secondo 6

7 cui i consulenti finanziari acquisiscono dai clienti o potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro classificazione come clienti o potenziali clienti al dettaglio o professionali ed al fine di raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente. La disposizione in esame distingue fra clienti (soggetto già acquisito) e potenziali clienti (soggetto in fase di acquisizione). Se nei confronti del cliente sussiste già un rapporto contrattuale di consulenza, mentre nei confronti del potenziale cliente si è nella fase pre-contrattuale. L'acquisizione d'informazioni da parte del consulente finanziario è finalizzata, in un primo momento, alla classificazione del cliente e, in un secondo momento, alla raccomandazione di strumenti finanziari adatti allo stesso. Passando alla classificazione dei clienti, l ordinamento distingue fra cliente al dettaglio e cliente professionale. La definizione di cliente professionale è contenuta nel regolamento CONSOB n del 2007 e, in particolare, nel suo allegato n. 3 (rubricato clienti professionali privati). In sintesi, per l allegato in questione, un cliente professionale è un cliente che possiede l'esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume. Si è ritenuto opportuno che i clienti al dettaglio e quelli professionali non fossero trattati allo stesso modo, dal momento che i primi hanno bisogno di un livello di protezione maggiore di quello di cui necessitano i secondi. Al fine di garantire a ciascuno la tutela adatta, il primo passo che deve compiere il CFI è quello di accertarsi di quali siano le caratteristiche del soggetto con cui sta per instaurare un rapporto professionale. Tramite la raccolta d'informazioni, il consulente ricostruisce la natura del cliente 7

8 con cui ha a che fare: in base agli esiti dell'indagine, il cliente viene classificato come al dettaglio piuttosto che come professionale e riceve il corrispondente trattamento. Una volta raccolte informazioni dal cliente, il consulente finanziario, a sua volta, deve informare il cliente. Il regolamento stabilisce al riguardo le caratteristiche delle informazioni, che devono essere corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate : - per correttezza deve considerarsi che l'informazione non possa essere contraria a buona fede e verità; - con riferimento alla chiarezza, si ricordi che una delle funzioni della dazione d'informazioni è trasmettere conoscenza, risultato che si può realizzare solo quando i dati e le notizie sono trasparenti; - per fuorviante si intente un elemento che è in grado di determinare un errore in capo al cliente. Si tratta di un'informazione, quindi, che, pur potendo anche corrispondere alla realtà delle cose, potrebbe comunque indurre in errore. Questo risultato può realizzarsi, per esempio, nel caso in cui si combini una serie di dati. Si deve difatti riflettere sulla circostanza che non tutte le informazioni hanno la stessa rilevanza. La sopravalutazione di dati di poca importanza unita a una sottovalutazione d'informazioni importanti può creare una rappresentazione in capo al cliente fuorviante rispetto alla realtà delle cose; - con il termine sufficientemente dettagliata si fa riferimento ad una descrizione a cui occorre un certo livello di specificità, pur senza eccedere con i dettagli tecnici. Con tale disposizione il regolamento esige, quindi, che le informazioni fornite dal consulente siano atte a far sì che il cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del 8

9 servizio di consulenza e dello specifico strumento finanziario raccomandato. Il livello di comprensione dipende anche inevitabilmente dalla capacità del consulente di decifrazione del singolo destinatario. Con il termine ragionevole si deve ritenere che il regolatore voglia impedire che, a fronte d'informazioni che soddisfano nella sostanza i requisiti sopra esaminati, il cliente possa comunque invocare una propria incapacità di comprensione. Quanto all'oggetto dell'informazione, il consulente deve esplicitare la natura e le caratteristiche: - del servizio di consulenza in materia di investimenti; - dello specifico strumento finanziario se raccomandato. Il consulente deve dunque, in un primo momento, spiegare in cosa consiste la propria attività professionale ed, in un secondo momento, descrivere la natura e le caratteristiche dello strumento finanziario che intende proporre al cliente. Se vengono raccomandati più strumenti finanziari in un unico contesto, la disposizione in esame va interpretata nel senso che il consulente deve illustrare la natura e le caratteristiche di ogni singolo strumento. Un ulteriore dovere in capo ai CFI è la valutazione di adeguatezza. Il regolamento, all art. 12, comma 1, lett. c), dispone difatti che i consulenti finanziari valutano, sulla base delle informazioni acquisite dai clienti, la adeguatezza delle operazioni raccomandate. Nel contesto in questione si tratta di rapportare l'operazione proposta alle caratteristiche del cliente cui viene raccomandata. L'adeguatezza delle operazioni raccomandate va valutata sulla base delle informazioni acquisite dai clienti. Pur con riferimento ai soggetti abilitati, l'orientamento giurisprudenziale ritiene che l'intermediario non 9

10 possa determinare la proposta d'investimento esclusivamente sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, ma incombe anche l obbligo d'indagine oltre il flusso informativo proveniente dall'investitore. La dovuta diligenza professionale impone al consulente di accertare, almeno sommariamente, se le affermazioni dell'investitore corrispondono a verità. La valutazione di adeguatezza è oggetto anche dell art. 19, comma 1, del regolamento 17130/2010: sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari valutano che la specifica operazione consigliata soddisfi i seguenti requisiti: a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; b) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all'investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all'operazione. Sembra chiaro che la valutazione di adeguatezza debba intervenire in riferimento a ogni singolo investimento raccomandato. Non si tratta di un'attività che può essere svolta una tantum all'inizio del rapporto fra il consulente finanziario e il cliente, bensì di un adempimento che deve essere ripetuto ogni volta che viene consigliata un'operazione. Pertanto, al CFI viene chiesto di operare più verifiche: 1) deve aver prima accertato quali siano gli obiettivi d investimento del cliente; 2) in secondo luogo, deve verificare che il cliente sia in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all'investimento; 10

11 3) infine, occorre che il cliente sia in grado, per esperienza e conoscenza, di comprendere i rischi inerenti all'operazione. Nel caso di prodotti finanziari complessi, ciò tende a succedere raramente (si pensi, ad esempio, ad investimenti in prodotti derivati). Il regolamento specifica poi, all art. 19, comma 2, che una serie di operazioni, ciascuna delle quali è adeguata se considerata isolatamente, può non essere adeguata se avvenga con una frequenza che non è nel migliore interesse del cliente. Questa norma impone al consulente di non suggerire di compiere un numero di operazioni che, rispetto all'interesse del cliente, risulti eccessivo. L'art. 12, comma 2, del reg. n /2010 statuisce, infine, un dovere di riservatezza. Si prevede difatti che i consulenti finanziari sono tenuti a mantenere la riservatezza sulle informazioni acquisite dai clienti o dai potenziali clienti o di cui comunque dispongano in ragione della loro attività, salvo che nei casi previsti dall'articolo 18- bis, comma 6, lettere e) ed f), del Testo Unico ed in ogni altro caso in cui l'ordinamento ne consenta o ne imponga la rivelazione. È comunque vietato l'uso delle suddette informazioni per interessi diversi da quelli strettamente professionali. In questo ambito è sufficiente rilevare che il dovere di riservatezza del CFI opera non solo nei confronti dei clienti attuali, ma anche nei confronti dei clienti potenziali. Può cioè capitare che un consulente intrattenga trattative con un determinato soggetto, ricevendo dallo stesso informazioni, e che poi il rapporto contrattuale non si perfezioni, in quanto, ad esempio, il cliente alla fine preferisca non avvalersi delle prestazioni professionale del consulente. 11

12 Vi è un eccezione (ancora solo in linea teorica in quanto non è stato ancor predisposto l albo) prevista direttamente dall'art. 18 bis, comma 6, lettere e) ed f), TUF: tali disposizioni prevedono che l'organismo possa richiedere agli iscritti nell'albo la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, secondo le modalità e nei termini dallo stesso determinati (lett. e) ed effettuare nei confronti degli iscritti ispezioni e richiedere l'esibizione dei documenti e il compimento degli atti necessari, nonché procedere ad audizione personale (lett. f). Un'ulteriore eccezione viene fatta dal regolamento per i casi in cui l'ordinamento consente oppure impone la rivelazione di certi dati. La disposizione è vaga, facendo riferimento all ordinamento. L'ordinamento opera attraverso delle regole, che possono avere fonte diversa. Se si tratta della legge, è evidente che il regolamento non può a essa derogare (e la disposizione è dunque sostanzialmente inutile). La norma in commento può invece risultare di utilità pratica nei casi in cui siano altre disposizioni regolamentari a consentire o imporre la rivelazione di certi dati: la regola chiarisce, a scanso di equivoci, che la rivelazione d'informazioni è consentita o addirittura imposta Le ulteriori regole di condotta dei CFI ante In materia di conflitto d'interessi, il regolamento, all art. 12, comma 1, lett. e), prevede che i consulenti finanziari agiscono nell'interesse dei clienti e, ogni volta in cui le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti di interesse non siano sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti stessi sia evitato, li informano chiaramente, prima di agire per loro conto, della natura e/o delle fonti dei conflitti affinché essi possano assumere una 12

13 decisione informata sul servizio prestato, tenuto conto del contesto in cui le situazioni di conflitto si manifestano. Il presupposto della disposizione è l'esistenza di più interessi, ossia due o più interessi contrapposti, che possono spingere il consulente finanziario a operare a danno del cliente. Il regolatore crea allora un meccanismo di bilanciamento. Il conflitto d'interessi è lampante nei casi in cui l intermediario, come i soggetti abilitati, possa detenere somme del cliente, mente è più sfumato nell'ipotesi dei consulenti finanziari, i quali operano senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (art. 18 bis, comma 1, TUF). I consulenti inoltre non agiscono come finanziatori dei propri clienti. L art. 25 del regolamento prevede che i consulenti finanziari adottano ogni misura ragionevole, adeguata alla natura, alla dimensione ed alla complessità dell'attività svolta, per identificare i conflitti di interesse che potrebbero sorgere con il cliente o tra i clienti, al momento della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti ; che i consulenti finanziari gestiscono i conflitti di interesse anche adottando idonee misure organizzative, adeguate alla natura, alla dimensione ed alla complessità dell'attività svolta, e assicurando che l'affidamento di una pluralità di funzioni ai soggetti rilevanti impegnati in attività che implicano un conflitto di interesse non impedisca loro di agire in modo indipendente, così da evitare che tali conflitti incidano negativamente sugli interessi dei clienti e che quando le misure adottate ai sensi del comma 2 non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, i consulenti finanziari li informano chiaramente, prima di agire per loro conto, della natura e/o delle fonti dei conflitti affinché essi possano 13

14 assumere una decisione informata sul servizio prestato, tenuto conto del contesto in cui le situazioni di conflitto si manifestano. Dette regole sono di carattere organizzativo e informativo: in primo luogo i consulenti devono dotarsi di misure organizzative per la gestione dei conflitti; se ciò non basta, in secondo luogo devono informare chiaramente i clienti sula natura e sulle fonti dei conflitti. L'art. 12, comma 1, lett. e) reg. n /2010 non arriva invece a fissare un dovere di astenersi dal prestare il servizio di consulenza in materia d'investimenti in presenza di un conflitto d'interessi non risolto. Sembra quindi che detta scelta non giunga a tutelare il cliente ad ogni costo, impedendo il compimento dell'operazione in presenza di un conflitto d'interessi non risolto. In forza di tale considerazione, in caso di comportamento in violazione delle norme di comportamento (organizzative e informative), il rimedio più appropriato appare essere il risarcimento del danno (e non la richiesta di nullità dell'operazione). La Cassazione, con sentenze nn e del , ha affermato il principio secondo cui la violazione dei doveri 8 Cass. civ., SS. UU., Sent. 19 dicembre 2007, n : La violazione dei doveri di informazione del cliente e del divieto di effettuare operazioni in conflitto di interesse con il cliente o inadeguate al profilo patrimoniale del cliente stesso, posti dalla legge a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario, non danno luogo ad una nullità del contratto di intermediazione finanziaria per violazione di norme imperative; se tali infrazioni avvengono nella fase precedente o coincidente con la stipula del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti fra le parti, ricorre una ipotesi di responsabilità precontrattuale con il conseguente obbligo di risarcimento; quando, invece, le violazioni riguardano operazioni di investimento (o disinvestimento) compiute in esecuzione del contratto, si configura una responsabilità contrattuale che può eventualmente condurre alla risoluzione dello strumento negoziale. Cass. civ., SS. UU., Sent. 19 dicembre 2007, n : Nell'attuale contesto normativo, la violazione delle norme di comportamento degli intermediari finanziari non è di per sé sufficiente per determinare la nullità dei contratti conclusi con il risparmiatore. A tale fine, non può invocarsi la mancanza dell'accordo 14

15 d'informazione del cliente può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tale violazione avvenga nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti fra le parti. Sui CFI incombono, infine, anche ulteriori obblighi di natura organizzativa. Il regolamento prevede difatti che i consulenti istituiscono e mantengono procedure interne e registrazioni idonee (art. 12, comma 1, lett. d) reg. n /2010). Al fine di svolgere diligentemente una determinata attività professionale è necessaria anche la creazione di strutture organizzative idonee. La disposizione in commento deve essere letta congiuntamente all'art. 24 reg. n /2010, secondo cui i consulenti finanziari adottano, applicano e mantengono: a) procedure adeguate alla natura, alla dimensione e alla complessità dell'attività svolta che siano idonee a garantire l'adempimento degli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti; b) procedure che consentono di ricostruire i comportamenti posti in essere nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti (art. 24, comma 1, reg. n /2010). Il regolamento in commento impone inoltre di adottare registrazioni idonee materia disciplinata analiticamente. Art. 26, comma 1, reg. n /2010: I consulenti finanziari tengono nella prestazione del delle parti, con conseguente nullità del contratto ex art. 1418, secondo comma, c.c., per effetto dell'inottemperanza ai doveri di comportamento dell'intermediario, né il carattere imperativo dell' art. 6 della legge n. 1 del ai sensi dell'art. 1418, primo comma, c.c. -, in quanto tale invalidità postula violazioni attinenti ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto. 15

16 servizio di consulenza in materia di investimenti e per tutte le operazioni raccomandate registrazioni adeguate e ordinate delle attività svolte, idonee a consentire all'organismo di verificare il rispetto delle norme dettate dal presente regolamento ed, in particolare, l'adempimento degli obblighi nei confronti dei clienti o potenziali clienti. Da ultimo, merita di essere menzionata anche la clausola di chiusura dell'elencazione delle norme generali di comportamento dei consulenti finanziari, secondo cui i CFI osservano le disposizioni legislative, regolamentari e i codici di autodisciplina relativi alla loro attività (art. 12 comma 1, lett. f), reg. n /2010). Posto che nel nostro ordinamento vi è una precisa gerarchia delle fonti che fa prevalere le leggi rispetto ai regolamenti (art. 4, comma 1, delle preleggi: i regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi ), il regolamento non può derogare alla legge ed è dunque inutile affermare in un regolamento che un certo soggetto deve rispettare la legge. Pertanto, con riferimento a leggi e regolamenti, la lett. f) dell art. 12 comma 1 ripete esclusivamente ad abundantiam che non si possono violare le leggi. Degno di merito è, da ultimo, il riferimento ai codici di autodisciplina. L'inosservanza delle disposizioni del codice di autodisciplina a cui un CFI abbia aderito può quindi determinare responsabilità civile. 2.- La consulenza da parte di CFI post Mi si chiede se anche i CFI post 2007 possano, ottemperando alle norme di legge e regolamentari, esercitare liberamente attività di consulenza in materia di investimenti pur in mancanza dell albo, e della relativa iscrizione, ex artt. 18 bis e ter TUF. È altresì richiesto quali 16

17 adempimenti un CFI debba adottare per essere compliant alla normativa di riferimento. Con riferimento alla situazione giuridica dei CFI post 2007, si ritiene che non si possa parlare di diritto soggettivo 9 ad ottenere l emanazione dell albo, ma, al più, di interesse giuridicamente rilevante nei confronti delle pubbliche autorità. Posto che, ex art. 41 Cost., l iniziativa economica privata è libera, in questo caso i consulenti in questione hanno interesse che l autorità competente ottemperi alla diposizione normativa (artt. 18 bis e ter TUF) che le impone di costituire l albo. L interesse in questione è anche diffuso in quanto fa capo ad una pluralità di soggetti omogenei (per l azionabilità si veda infra il paragrafo 3.5.). Premesso dunque che il singolo CFI post 2007 non può far valere, nei confronti delle pubbliche autorità competenti, un diritto soggettivo (tutelabile citandola in giudizio per la mancata emanazione dell'albo ex art. 18 bis comma 7, TUF), analizziamo ancora nei confronti del cliente o del potenziale cliente, cosa il CFI post 2007 non può fare. L'art. 18 TUF, già richiamato, indica che l'attività professionale dei servizi di investimento e delle attività di investimento è riservata alle imprese di investimento, alle banche, alle SGR, agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 TUB, alle società di gestione di mercati regolamentati ed alle SIM e quindi non può essere svolta dal CFI post Il diritto soggettivo è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l ordinamento attribuisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in ordine ad un bene, nonché tutela degli interessi afferenti al bene stesso in modo pieno ed immediato. Il titolare del diritto soggettivo ha un potere diretto ed immediato per la realizzazione di un proprio interesse, a cui corrisponde un obbligo in capo a soggetti determinati o in capo a tutta la collettività. 17

18 L'art. 1 comma 5 lett. f) TUF, già richiamato anch'esso, specifica che tra dette attività riservate, vi è anche l'attività di consulenza in materia di investimenti che, quindi non può essere svolta dal CFI post 2007 in quanto soggetti non contemplati nell'art. 18 TUF. L'art. 18 bis TUF, poi, vieta ai CFI post 2007, benché in possesso di determinati requisiti, ma non ancora iscritti nell'albo (di cui al comma 2 dell'art. 18 bis TUF non ancora istituito) di prestare la "consulenza in materia di investimenti", ferma restando la riserva di attività del precedente art. 18. La definizione legislativa letterale di "attività di consulenza in materia di investimenti" vietata al CFI post 2007 è: la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo ad una operazione o più operazioni relative ad uno o più determinati strumenti finanziari (art. 1, comma 5 septies, TUF) i quali consistono in -valori mobiliari; -strumenti del mercato monetario; -quote di OICR; -contratti di opzione; -contratti finanziari a termine standardizzati future, swap e interest rate swap; -contratti di opzione -strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; -contratti finanziari differenziali -altri contratti o strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie Per "strumenti finanziari" si intendono: a) valori mobiliari; 18

19 La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta al cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione (art. 1, comma 5 septies, TUF). Riassumendo: l'attività di consulenza in materia di investimenti, quindi, può essere svolta soltanto dai soggetti abilitati ex art. 18 TUF (banche, SGR, SIM etc.) e dai CFI ante 2007 (in forza della deroga prevista dall art. 19 comma 14 del d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164, come da ultime modifiche intervenute, che, ad oggi e salvo "rinnovo", ha validità fino al 31 dicembre 2015). b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti; e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto; f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap" e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione; g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", contratti a termine ("forward") e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini; h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; i) contratti finanziari differenziali; j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini. 2-bis. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 5, individua: a) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine; b) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine. 19

20 Pertanto, i CFI post 2007 non possono esercitare attività di consulenza in materia di investimenti 11. Il nuovo art. 18 bis TUF è stato modificato dal D.Lgs. 17 luglio 2009, n. 101, introducendo l obbligo di iscrizione all'albo. Art. 18 bis TUF: "la riserva di attività di cui all'articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'italia e la Consob, ed iscritte nell'albo di cui al comma 2, di prestare la consulenza in materia di investimenti [art. 1 comma 5 lett. f) TUF n.d.r.], senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti." La mancata emanazione dell'albo, seppur discutibile, non lascia spazio ad interpretazioni diverse da quella letterale del nuovo dettato normativo (art. 18 bis TUF). Si noti che fino al luglio 2009 l iscrizione all emanando albo non era condizione essenziale per detti soggetti per prestare consulenza specifica. Sembrerebbe allora delinearsi la nuova ed ulteriore figura del 11 Coerentemente, i CFI post 2007 non possono neanche operare direttamente sul conto del cliente, attività che riveste un carattere molto delicato anche per i soggetti abilitati: art. 108, comma 7, TUF: Il promotore non può utilizzare i codici di accesso telematico ai rapporti di pertinenza del cliente o del potenziale cliente o comunque al medesimo collegati, salvo che il contratto stipulato dall intermediario con il cliente lo preveda e sempre che: a) vi sia il preventivo, espresso e specifico consenso scritto del cliente all utilizzo dei codici da parte del promotore; b) l utilizzo avvenga con modalità tali da far constatare all intermediario l impiego dei codici da parte del promotore; c) l utilizzo da parte del promotore comporti l automatica disabilitazione dei codici stessi. Il suddetto divieto sembra finalizzato a reprimere il fenomeno della cosiddetta "gestione surrettizia" che può tuttavia realizzarsi non solo mediante utilizzo dei codici telematici dell'investitore, ma anche mediante acquisizione da parte del promotore finanziario di moduli sottoscritti in bianco dall'investitore 20

21 CFI post 2007 ma ante luglio Il novellato art. 18 bis, infatti, riporta la dicitura In vigore dal 18 agosto Tuttavia, il d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164 (come da ultime modifiche intervenute) all art. 19 comma 14 prevede il termine (finora sempre prorogato) che, senza l'istituzione dell'albo dei CFI, permette soltanto ai CFI ante 2007 in regime transitorio, di esercitare l'attività riservata di consulenza specifica. Il dato letterale della norma è il seguente: Fino al 31 dicembre 2015, la riserva di attività di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Pertanto, il disposto letterale della norma appena riportata (che, a differenza dell art. 18 bis TUF, è chiara e non porta ad ambiguità) non lascia spazio a diverse interpretazioni sulla figura del CFI post 2007 ma ante 2009 e, quindi, si ritiene che detto soggetto non possa prestare attività di consulenza specifica. Riepilogando, tutti i CFI post 2007 possono prestare soltanto una consulenza generica, riguardante l'andamento storico del mercato e le prospettive future senza giungere all identificazione del prodotto e, quindi, senza poter formulare una raccomandazione, cioè un consiglio di investimento, sollecitando l'iniziativa del cliente ad investire Per i consulenti in questione è comunque consigliabile adottare le regole di condotta proprie di un CFI pre 2007 come sopra descritte. 21

22 Bisogna allora esaminare il discrimine tra consulenza generica (che i CFI post 2007 possono prestare) e consulenza con oggetto attività d investimento (che, invece, è attività riservata ex artt. 1 comma 5, 18 e 18 bis TUF). L attività riservata di consulenza in materia di attività d investimenti si sostanzia nel rilascio di raccomandazioni personalizzate relative ad uno specifico strumento finanziario. Ponendo l attenzione al secondo requisito del servizio di consulenza, ossia l'oggetto delle raccomandazioni, l'art. 1, comma 5 septies, TUF, precisa che esso deve essere uno specifico strumento finanziario. L'attività di c.d. asset allocation, essendo relativa a tipologie di strumenti, e non a specifici strumenti, può essere svolta dal CFI post Quest'ultima attività, indicata dal Considerando 81 della Direttiva MiFID 13 quale consulenza generica, è sottratta alla riserva di attività e può, quindi, essere prestata anche da soggetti diversi dagli intermediari abilitati. Tale conclusione, desumibile dalla definizione del servizio e dal citato Considerando, è stata recentemente confermata dal CESR (Committee of European Securities Regulators), il quale ha precisato che una raccomandazione relativa ad un asset class si qualifica come consulenza generica e rientra nella nozione di consulenza soltanto laddove l'intermediario indichi al cliente un particolare strumento finanziario all'interno di tale asset class. Anche in questo campo si raccomanda comunque ai CFI post 2007 di limitarsi ad esporre l andamento storico dei prodotti compresi nell asset class ed esprimere le prospettive future senza giungere a formulare un consiglio di investimento. 13 La direttiva dell'unione Europea 2004/39/CE (conosciuta anche come direttiva MiFID, acronimo di Markets in Financial Instruments Directive) è un atto normativo emanato dal Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile

23 Parte della dottrina 14 precisa poi che se, ai sensi dell'art. 52 della MiFID, la raccomandazione consiste nel proporre "la realizzazione di un'operazione appartenente ad una delle seguenti categorie: a) comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare, riscattare, detenere un determinato strumento finanziario o assumere garanzie nei confronti dell'emittente rispetto a tale strumento; b) esercitare o non esercitare qualsiasi diritto conferito da un determinato strumento finanziario a comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare o riscattare uno strumento finanziario" non si rientrerebbe, quindi, nel perimetro dell'attività riservata di consulenza quando il CFI post 2007 fornisca una raccomandazione personalizzata al cliente relativa a servizi di investimento e non fornisca consulenza in materia di investimenti. Per "servizi di investimento" la Consob definisce tali le "attività, prestate da determinati soggetti abilitati, attraverso le quali si impiegano, sotto varie forme, i risparmi in investimenti finanziari." 15 La definizione legislativa letterale di "soggetti abilitati all'esercizio dei servizi di investimento" che possono essere indicati al cliente e suggeriti dal CFI post 2007, ricomprende: le Sim, le imprese di investimento, le Sgr, le società di gestione, le Sicav, le Sicaf, i GEFIA - Gestori di Fondi di Investimento Alternativi, nonché gli intermediari finanziari ex art. 106 TUB e le banche autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento Guffanti Edoardo, Il Servizio di consulenza: i confini della fattispecie, Wolters Kluwer, Società, 2011, 5, (Cfr: I servizi di investimento. Cosa sono e quali tutele sono previste per i risparmiatori, Ottobre 2012, Consob - Divisione Tutela del Consumatore). 16 Art. 1 comma 1 lett. r) TUF: "'soggetti abilitati': le Sim, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione UE con succursale in Italia, le Sicav, le Sicaf, i GEFIA UE con 23

24 La definizione legislativa letterale di "servizi e attività di investimento che hanno per oggetto strumenti finanziari" comprende: negoziazione per conto proprio; esecuzione di ordini per conto dei clienti; sottoscrizione e/o collocamento; gestione di portafogli; ricezione e trasmissione di ordini; consulenza in materia di investimenti; gestione di sistemi multilaterali di negoziazione 17. I "servizi di investimento" sono tali, dunque, proprio quando hanno per oggetto strumenti finanziari. Depone in tal senso, il combinato disposto degli art. 52 MiFID e dell'art. 1, comma 5, TUF. Pertanto, il limite ultimo del CFI post 2007 consiste in una raccomandazione personalizzata relativa ad un servizio di investimento che può essere resa anche da un soggetto non abilitato quale è un CFI post Un CFI post 2007 può quindi consigliare i servizi offerti da un determinato intermediario: ciò rientra nell alveo della consulenza generica in quanto la successiva attività riservata verrà svolta esclusivamente dall intermediario (autorizzato) consigliato dal consulente. Si pone l attenzione sul fatto che eventuale responsabilità per succursale in Italia, i GEFIA non UE autorizzati in Italia, i GEFIA non UE autorizzati in uno Stato dell'ue diverso dall'italia con succursale in Italia, nonché gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 106 del Testo Unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento." 17 Art. 1, comma 5, TUF: "Per "servizi e attività di investimento" si intendono i seguenti, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; c-bis) collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione di portafogli; e) ricezione e trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti; g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione." 24

25 inosservanza di norme sarà a carico dell intermediario suggerito, il quale ha posto in essere l attività riservata richiesta dal cliente. In ogni caso la consulenza generica svolta dal CFI post 2007 deve scaturire dal rispetto delle regole di condotta qui di seguito elencate. Riepilogando, un CFI post 2007, per evitare di esporsi a potenziali procedimenti a suo carico, deve astenersi dal formulare consigli personalizzati (cioè su misura) al cliente e deve limitarsi a: 1. a contattare telefonicamente o per mezzo mail o scritto reperendo il nominativo da pubblici registri (elenco telefonico, albo professionale, internet) rispettando la normativa privacy oppure utilizzando i referrals; 2. al primo colloquio con il potenziale cliente, a consegnargli l'informativa privacy/antiriciclaggio ed a raccogliere e verificare le informazioni fornite dal potenziale cliente identificato in base ai documenti d'identità forniti; 3. classificare il cliente come: [ ] al dettaglio o [ ] professionale; 4. informare il cliente con correttezza, chiarezza, con espressioni non fuorvianti e sufficientemente dettagliate affinché possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza proposto; 5. lasciare in visione il contratto di consulenza da restituire sottoscritto al successivo colloquio personale; 6. successivamente esaminare le informazioni raccolte attraverso una analisi dei prodotti finanziari eventualmente già sottoscritti dal cliente (identificando l'eventuale titolare effettivo verificandone l'identità), il profilo di rischio, la propensione e i motivi di investimento e l'arco temporale degli obiettivi del cliente; 25

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