IL REGOLAMENTO COMUNITARIO SULLE PROCEDURE D INSOLVENZA Relazione del dott. Valentino Lenoci, giudice del Tribunale di Brindisi

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1 IL REGOLAMENTO COMUNITARIO SULLE PROCEDURE D INSOLVENZA Relazione del dott. Valentino Lenoci, giudice del Tribunale di Brindisi 1. - Premessa. Con l istituzione dell Unione Europea, destinata a <<segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un unione sempre più stretta tra i popoli d Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini>> (art. A), il trattato di Maastricht, sottoscritto dalle parti contraenti il 7 febbraio 1992, ha indubbiamente impresso una vera e propria svolta nel processo di integrazione europea 1. L Unione Europea, invero, non solo ha incorporato le tre comunità storiche (Cee - ora semplicemente, dopo lo stesso tratta di Maastricht, Ce - Ceca e Ceea), ma ne ha arricchito le nuove competenze, sia nel tradizionale campo economico, sia in settori che oltrepassano l aspetto mercantilistico e settoriale che caratterizzavano le comunità tradizionali. Il suddetto trattato, inoltre, ha affiancato alle tre comunità nuove politiche e forme di stabile cooperazione, e cioè la cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza e la cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni. A tal proposito, l Unione Europea è stata efficacemente disegnata come un tempio greco, con un unico edificio che poggia su tre pilastri, corrispondenti ai tre settori testé indicati (comunità europee - politica estera e di sicurezza comune - giustizia e affari interni), con una base formata da un quadro istituzionale unico (Parlamento europeo - Commissione europea - Corte di giustizia), ed una copertura costituita dal Preambolo del trattato e dalle disposizioni comuni, con il Consiglio Europeo quale istituzione suprema 2. Ora, nell ambito della materia della giustizia e degli affari interni, un capitolo importante riveste quello della cooperazione giudiziaria in ambito civile. Questo settore, inizialmente ricompreso proprio nel c.d. terzo pilastro, con il successivo Trattato di Amsterdam del 20 ottobre 1997 (entrato in vigore il 1 maggio 1999) è stato, per così dire, comunitarizzato, e cioè condotto nell ambito delle funzioni e finalità della Comunità europea (già Comunità Economica Europea), mentre al terzo pilastro è ora riservata la materia penale e di polizia 3. Ciò ha reso possibile l emissione di regolamenti comunitari, come tali direttamente applicabili nell ambito dei singoli ordinamenti, volti a regolare la materia della cooperazione civile, senza passare per le tortuose strade delle convenzioni internazionali. In particolare, il nuovo titolo IV del Trattato CE, dedicato a visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone, ha attribuito alla Comunità europea (ed in particolare al Consiglio) il potere di adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile (art. 61, lett. c)), <<allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia>>, fornendo così una base giuridica per l adozione di atti normativi comunitari in tale materia. Il Trattato istitutivo della Comunità europea, poi, nella versione attualmente in vigore dopo le modifiche del trattato di Amsterdam, ha previsto, all art. 65, la possibilità, da parte del Consiglio, di adottare atti normativi nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, volte <<al riconoscimento ed all esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali>>, nonché alla <<promozione della 1 V. A. TIZZANO, Appunti sul trattato di Maastricht: struttura e natura dell Unione europea, in Foro it., 1995, IV, 210 ss.. 2 V. A. TIZZANO, op. cit., Sulla comunitarizzazione del terzo pilastro, v. R.ADAM, La cooperazione in materia di giustizia e affari interni tra comunitarizzazione e metodo intergovernativo, in Il Trattato di Amsterdam, Milano, 1999, 227 ss.. 1

2 compatibilità delle regole applicabili negli stati membri ai conflitti di legge e di competenza giurisdizionale 4. Nell ambito di questo potere riconosciuto al Consiglio europeo e nella finalità del mutuo riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale sono stati quindi emanati il regolamento n. 44/2001, sulla libera circolazione dei provvedimenti giurisdizionali, entrato in vigore il 10 marzo 2002 (regolamento che esclude dal proprio ambito di applicazione i fallimenti, i concordati e le procedure affini), il regolamento n. 1347/2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, entrato in vigore il 1 marzo 2001, ed il regolamento n. 1348/2000, relativo alle notificazioni e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale, entrato in vigore il 31 maggio Sempre in detto ambito, è stato infine emanato il regolamento n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, che si andrà ora ad esaminare, mentre è allo studio ed in corso di elaborazione un progetto di regolamento per il titolo esecutivo europeo I precedenti atti normativi in materia di insolvenza transfrontaliera. Il regolamento n. 1346/2000 (d ora innanzi: regolamento) sulle procedure d insolvenza è entrato in vigore il 31 maggio Esso offre una normativa uniforme e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri (ad eccezione della Danimarca) 5, in tema di competenza giurisdizionale, legge applicabile e riconoscimento delle decisione straniere in materia fallimentare, offrendo soluzioni innovative per il nostro ordinamento giuridico 6. Sul piano operativo, il regolamento non produce alcun effetto sulla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza ed il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale, posto che la materia fallimentare era esclusa dall ambito applicativo della suddetta convenzionale. 4 V., sul punto, L. FUMAGALLI, Il regolamento comunitario sulle procedure d insolvenza, in Riv. dir. Proc., 2001, 677 ss.. 5 Secondo il considerando n. 33, la Danimarca, avvalendosi della facoltà ad essa conferita dal protocollo allegato al trattato sull Unione europea ed al trattato istitutivo della Comunità europea (concluso in occasione della stipulazione del Trattato di Amsterdam) non ha partecipato all adozione del regolamento e, di conseguenza, non risulta vincolata da esso, né soggetta alla sua applicazione. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Repubblica d Irlanda, invece, pur potendosi avvalere, al pari della Danimarca, della facoltà di sottrarsi all applicazione del regolamento, hanno invece assunto una posizione differente, in quanto, avendone notificato l intenzione, hanno partecipato all adozione del regolamento, e sono pertanto soggetti alla sua applicazione (considerando n. 32). I testi dei protocolli sulla posizione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca possono essere letti in B. NASCIMBENE, Comunità e Unione europea. Codice delle istituzioni, Torino, 1999, 320 ss.. 6 L ordinamento italiano, infatti, al pari di altri ordinamenti dell Unione europea, non contiene una disciplina (di diritto internazionale privato) sul <<fallimento internazionale>>, ed in particolare sugli effetti che alle procedure estere di insolvenza possono essere ricollegati nel nostro ordinamento. Al contrario, una disciplina del genere è prevista nella legge federale svizzera sul diritto internazionale privato (l. 18 dicembre 1987, in vigore dal 1 gennaio 1989, in Riv. dir. Int. Priv. Proc., 1989, 196 ss.), che contiene un intero capitolo (artt. da 166 a 175) dedicato a fallimento e concordato. V., per un esame di altri sistemi giuridici nel settore del diritto internazionale privato e processuale in materia di insolvenza, J.S. ZIEGEL (a cura di), Current Developments in International and Comparative Corporate Insolvency Law, Oxford 1994; I.F. FLETCHER, Insolvency in Private International Law, Oxford 1999; A. FLESSNER, Internationales Insolvenzrecht in Deutschland nach der Reform, in IPRax, 1997, 1 ss.; R. DABORMIDA, Procedure concorsuali e risanamento dell impresa in crisi: progetti di convenzioni, ordinamento comunitario e recenti esperienze nazionali, in G. SCHIANO DI PEPE (a cura di), Crisi dell impresa e salvaguardia dell azienda, Padova, 1995, 251 ss.. 2

3 Il regolamento, tuttavia, sostituisce una serie di convenzioni bilaterali o plurilaterali disciplinanti (anche o soltanto) la materia fallimentare, elencate nell art Per l Italia, rilevano, in particolare, la Convenzione sull esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale tra l Italia e la Francia del 3 giugno , nonché la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica Austriaca in materia di fallimento e concordato del 12 luglio ; indipendentemente dall indicazione contenuta nell art. 44, poi, deve ritenersi che l entrata in vigore del regolamento comporti l inapplicabilità anche di altra convenzione bilaterale (eventualmente) operante tra stati dell UE, sicché risulta del pari non più efficace (per la materia fallimentare) anche la Convenzione tra l Italia e la Gran Bretagna sul riconoscimento e l esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale del 7 febbraio Il regolamento, peraltro, non ha trascurato le (eventuali) convenzioni già in vigore tra stati dell Unione e paesi terzi, tanto è vero che l art. 44, par. 3, ne stabilisce l inapplicabilità qualora sia incompatibile con gli obblighi in materia fallimentare derivanti da una Convenzione stipulata da detto Stato con uno o più paesi terzi prima dell entrata in vigore del regolamento, con l aggiunta - per il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord - dell incompatibilità con accordi con il Commonwealth stipulati prima dell entrata in vigore del regolamento. Sotto il profilo della normativa interna, invece, pochissimi erano i riferimenti di diritto internazionale privato in relazione alla materia fallimentare. In genere, ci si limitava ad indicare l art. 9 l. fall. quale norma che determinava l ambito della giurisdizione fallimentare italiana, ritenendo estensibile detta giurisdizione anche all imprenditore la cui attività - al di là della sede principale dell impresa - si localizzasse principalmente all estero 11 ; si riteneva, poi, che l ordinario procedimento di delibazione previsto dall art. 796 c.p.c. dovesse essere applicato per dare efficacia in Italia alle sentenze straniere dichiarativa di fallimento 12. Né tale condizione è sostanzialmente mutata con l entrata in vigore della l. 31 maggio 1995, n. 218, recante la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in quanto detta legge, se da un lato ha legittimato la lettura dell art. 9 l. fall. come norma sulla giurisdizione (sulla base di quanto disposto dall art. 3, 2 comma, ultima frase), dall altro ha suscitato nuovi problemi, atteso il rilievo ora assegnato alla litispendenza estera (art. 7) 13 ed il principio dell automaticità del 7 Ai sensi dell art. 44, par. 2, del regolamento, tuttavia, le convenzioni ivi indicate continuano a produrre effetti nelle materie disciplinate dal regolamento per quanto riguarda le procedure iniziate prima dell entrata in vigore di quest ultimo. 8 resa esecutiva con l. 7 gennaio 1932, n. 45, in vigore dal 27 novembre 1933 (art ) (in F. POCAR-T. TREVES-R CLERICI-P. DECESARI-F. TROMBETTA PANIGADI, Codice delle convenzioni di diritto internazionale privato e processuale, 3^ ed., Milano, 1999, 1255 ss.). 9 resa esecutiva con l. 14 ottobre 1985, n. 612, in vigore dal 20 marzo 1990 (in Riv. dir. Int. Priv. Proc., 1990, 755 ss.). 10 resa esecutiva con l. 18 maggio 1973, n. 280, in vigore dal 15 gennaio 1974 (in F. POCAR-T. TREVES-R CLERICI-P. DECESARI-F. TROMBETTA PANIGADI, Codice cit., 1274 ss.). L art. 43 del regolamento, invero, ne sancisce l applicabilità soltanto <<alle procedure di insolvenza aperte dopo la sua entrata in vigore>>, dal che si può dedurre la tacita abrogazione di tutte le convenzioni bilaterali preesistenti in materia. 11 V., sul punto, L. DANIELE, Il fallimento nel diritto internazionale privato e processuale, Padova, 1987, 55 ss.; A. LUPONE, L insolvenza internazionale - Procedure concorsuali nello Stato e beni all estero, Padova, 1995, 143 ss.. Secondo GIULIANO, Fallimento (dir. intern.), voce dell Enciclopedia del diritto, Milano, 1967, XVI, 267, l art. 9 l. fall. deve essere inteprerato nel senso che il fallimento dell imprenditore che abbia la propria sede all estero può essere dichiarato in Italia solo qualora questi abbia in Italia una sede secondaria. 12 V. G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, Padova, 1954, 308 ss.. In giurisprudenza, v. Cass., sez. un., 3 ottobre 1995, n , in Riv. Dir. Int. Priv. Proc., 1997, 987 ss.. 13 Norma che impone la sospensione del procedimento avviato in Italia che abbia le stesse parti, il medesimo oggetto ed il medesimo titolo di altro procedimento previamente instaurato all estero 3

4 riconoscimento delle sentenze straniere (art. 64), i quali sembrano precludere una nuova dichiarazione italiana di fallimento di un imprenditore già fallito all estero 14. Va osservato, infine, che il regolamento n. 1346/2000 non costituisce il primo tentativo, riconducibile al sistema della cooperazione tra gli Stati membri dell Unione europea, di regolamentazione delle procedura di insolvenza con elementi di internazionalità: il 23 novembre 1995, infatti, era stata stipulata a Bruxelles una convenzione per la disciplina del fallimento transfrontaliero, il cui contenuto è stato ripreso e recepito pressoché integralmente nel regolamento 15, strumento ritenuto preferibile - a seguito della già evidenziata comunitarizzazione del c.d. terzo pilastro in virtù del trattato di Amsterdam del 2 ottobre stante l assenza della necessità di misure nazionali di recepimento del testo normativo della convenzione. In precedenza, peraltro, era stata adottata, in seno e per iniziativa del Consiglio d Europa, una convenzione (la Convenzione europea su alcuni aspetti del fallimento internazionale ) sottoscritta a Istanbul il 5 giugno 1990, ma rimasta sostanzialmente lettera morta Ambito di applicazione del regolamento comunitario. Il campo di applicazione della nuova disciplina comunitaria è definito nel primo capitolo del regolamento. (sempre che il giudice italiano ritenga che il giudizio pendente all estero posa condurre ad una decisione riconoscibile in Italia). 14 Su tali questioni, v. con ampi riferimenti bibliografici, L. FUMAGALLI, op. cit., 679. A proposito della litispendenza internazionale (art. 7 l. 218/1995), è stato osservato che la norma relativa mal si concilierebbe con l art. 9, 2 comma, l. fall., che consentirebbe addirittura, nonostante la previa pendenza all estero di una procedura d insolvenza, l apertura di una nuova procedura d insolvenza in Italia. Il contrasto fra norme, tuttavia, a nostro avviso è solo apparente, in quanto, nella maggior parte dei casi di procedure d insolvenza parallele, farebbe difetto il requisito del medesimo oggetto, o addirittura quello delle stesse parti (è il caso, ad esempio, di due procedure fallimentari secondarie, ovvero di una procedura fallimentare principale e di altra procedura secondaria). L unica vera ipotesi di litispendenza internazionale potrebbe aversi in caso di procedura principale avviata all estero, e di altra procedura principale avviata in Italia, stato delle sede secondaria, ma in questo caso deve ritenersi che l art. 9, 2 comma, l. fall. debba essere correttamente interpretato nel senso che in tanto è possibile aprire una procedura d insolvenza principale in quanto ricorra uno dei seguenti casi: a) la procedura d insolvenza principale in Italia è volta ad ottenere un risultato non altrimenti conseguibile mediante la procedura d insolvenza principale previamente pendente all estero (e in questo caso non potrebbe parlarsi di litispendenza, per difetto del requisito delle stesse parti o dell identità del petitum); b) la procedura d insolvenza prendente all estero non potrebbe esplicare nessun effetto in Italia, poiché la sentenza di apertura del fallimento, ovvero le successive decisioni rese nell ambito della stessa procedura, non sarebbero riconoscibili in Italia in base all art. 64 l. 218/1995. V., sul punto, C. CARRARA, Giurisdizione italiana in materia fallimentare ed effetti del fallimento dichiarato all estero, relazione tenuta il 28 giugno 2001 al Corso di Procedura Civile Internazionale organizzato dall Aiga in collaborazione con l Ordine degli Avvocati di Roma. 15 La convenzione è pubblicata in Riv. dir. Int. Priv. Proc., 1996, 661 ss.. Su di essa., v. C. DORDI, La convenzione dell Unione europea sulle procedura di insolvenza, in Riv. dir. Int. Priv. Proc., 1997, 333; I. CANDELARIO MACIAS, L armonizzazione del diritto concorsuale nell ambito dell UE, in Dir. Fall., 1999, 358 ss.; I.F. FLETCHER, The European Union Convention on Insolvency Proceedings: Choice of Law Provisions, in Texas L.J., 1998, 119 ss.; W. LUKE, Das europaische internationale Insolvenzrecht, in ZZP, 1998, 275 ss.; G.M. ZAMPERETTI-MF NODARI, Verso l armonizzazione comunitaria del diritto fallimentare: lo stato dell arte, in Giur. comm., 1997, I, La convenzione è pubblicata in Riv. dir. Int. Priv. Proc., 1994, 712, con commento di L. DANIELE, La convenzione europea su alcuni aspetti internazionali del fallimento, prime riflessioni, ivi, 149, 499 ss.; C. DORDI, La Convenzione europea su alcuni aspetti internazionali del fallimento: la consacrazione dell universalità limitata degli effetti delle procedure concorsuali, in Dir. Comm. Int., 1993, 617 ss.. 4

5 In particolare, ai sensi dell art. 1, par. 1, il regolamento <<si applica alle procedure concorsuali fondate sull insolvenza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore>>. L applicazione del regolamento, pertanto, è subordinata alla soddisfazione contemporanea di quattro caratteristiche. Infatti, in primo luogo si prevede che la procedura debba avere carattere concorsuale : restano pertanto esclusi dalla disciplina comunitaria le esecuzioni di tipo individuale, quand anche implicanti la liquidazione del patrimonio del debitore. In secondo luogo, la procedura deve fondarsi sull insolvenza del debitore: tale nozione, invero, evoca chiaramente la crisi dell impresa, e viene determinata sulla base del diritto dello Stato di apertura della procedura. In terzo luogo, il procedimento deve implicare lo spossessamento del debitore: la sua apertura, pertanto, deve comportare il trasferimento ad altra persona dei poteri di amministrazione dei beni rientranti nel fallimento, a prescindere dalle modalità tecniche di attuazione dello spossessamento medesimo. Infine, il procedimento deve comportare la designazione di un curatore, ossia di un soggetto la cui funzione consista proprio nell amministrare i beni di proprietà del debitore insolvente, e del procedere alla sua liquidazione 17. Va osservato, peraltro, che le condizioni testé indicate, seppure necessarie, non sono sufficienti per determinare l applicazione del regolamento comunitario: questa, infatti, è subordinata anche dall inclusione della procedura in una apposita lista, costituente l allegato A del regolamento medesimo. Di conseguenza, possono considerarsi come <<procedure d insolvenza>> ai fini dell applicazione della disciplina comunitaria solo quelle procedure, di carattere liquidatorio ovvero di risanamento dell impresa, che gli Stati membri abbiano indicati come tali, con la menzione nell allegato A 18. Oltre a questi requisiti, per così dire, espliciti, sono stati individuati altri due requisiti impliciti, che determinano comunque l applicazione della disciplina comunitaria. In primo luogo, infatti, affinché il regolamento si applichi è necessario che la procedura di insolvenza abbia carattere transfrontaliero: la disciplina in questione, infatti, non è volta a disciplinare fattispecie meramente interne, ma solo procedure che, avendo carattere di internazionalità, implichino conflitti di leggi o di giurisdizioni, incidendo sullo svolgimento del rapporti intracomunitari 19. In secondo luogo, il regolamento considera i soli effetti intracomunitari dei procedimenti di insolvenza transnazionale, e pertanto si applica unicamente quando il centro degli interessi principali del debitore si trova in uno Stato membro 20 : pertanto, la giurisdizione degli Stati membri nei confronti di un soggetto, il cui centro degli interessi principali sia collocato all esterno della Comunità, si determinerà in base alle norme di diritto interno, e non secondo la disciplina comunitaria; allo stesso modo, la procedura aperta in uno Stato membro nei confronti del soggetto localizzabile in uno Stato terzo produrrà effetti negli altri Stati membri solo nei limiti ed alle condizioni stabiliti dal diritto interno di volta in volta rilevante V. sul punto, L. FUMAGALLI, op. cit., Per lo Stato italiano, le procedure di insolvenza sottoposte alla disciplina del regolamento comunitario sono il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l amministrazione straordinaria e l amministrazione controllata. 19 Si veda, in tal senso, il considerando n. 8, nonché lo stesso art. 65 del trattato CE, che limita l intervento normativo del Consiglio alla sola materia della cooperazione giudiziaria civile che presenti implicazioni tranfrontaliere. 20 V. il considerando n. 14; assimilata a quello di Stato terzo è la posizione della Danimarca, la quale, come si è detto, non è soggetta all applicazione del regolamento. 21 V. L. FUMAGALLI, op. cit.,

6 4. - Procedura principale e procedura secondaria. La disciplina del regolamento presenta un vero e proprio salto quantitativo e qualitativo, rispetto al sistema delle convenzioni internazionali. La logica di queste ultime, infatti, era nel senso di evitare il concorso tra le due giurisdizioni, attribuendo il potere di dichiarare il fallimento a una sola di esse e l efficacia (ma con limitazioni) della dichiarazione di fallimento nei due paesi 22. Il regolamento tende, invece, in vista della dimensione transazionale delle imprese, a consentire l attività concorrente delle giurisdizioni, sicché - ferma restando l efficacia della dichiarazione di fallimento pronunciata dalla giurisdizione di uno Stato negli altri Stati dell Unione - l assenza della sede (principale) dell impresa non impedisce ai giudici di quello Stato di poter aprire una procedura locale (territoriale) di insolvenza. In sostanza, ribadito il principio della libera circolazione dei provvedimenti giurisdizionali (ogni Stato deve garantire al provvedimento emesso dal giudice di uno altro Stato membro la stessa efficacia che assiste i provvedimenti pronunciati dai suoi giudici), si consente ai giudici di ogni Stato di evitare di fermarsi (per carenza di giurisdizione) quando l imprenditore insolvente abbia la sua sede in un altro Stato membro dell Unione, realizzando così un efficace (anche se non semplice) cooperazione per la tutela dei creditori. Il meccanismo previsto dal regolamento, invero, tende a contemperare quelli che sono i due aspetti principali delle procedure di insolvenza: l universalità e la territorialità 23. Sul piano del diritto interno, lo scopo di attuare la par condicio creditorum ha portato a configurare le procedure concorsuali come procedure con carattere unitario e universale. In particolare, per il fallimento, la scelta della universalità è piena, e giustifica non solo lo spossessamento generale del debitore ed il divieto di azioni esecutive, ma anche le modalità con le quali si deve realizzare il concorso dei creditori, accentrando presso un unico giudice la cognizione di tutte le ragioni di credito verso il fallito. Proprio tale disciplina legittima, pertanto, la definizione di fallimento come <<esecuzione collettiva che riguarda l universalità dei creditori e dei beni perseguibili dal debitore>> 24. Il principio di universalità, tuttavia, vacilla rispetto al principio di territorialità (legato all esercizio in sede processuale dell esecuzione forzata sui beni dell insolvente), nel momento in cui la fattispecie presenta elementi di collegamento con altri ordinamenti, cosa che, in un sistema comunitario caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati accade con sempre maggior frequenza 25. Ecco che, allora, la disciplina comunitaria non poteva non preoccuparsi di contemperare i suddetti aspetti della universalità e della territorialità, combinando gli stessi e cercando di conciliare i vantaggi dell uno con i vantaggi dell altro 26. Rilevata quindi l impossibilità, in difetto di una unificazione del diritto fallimentare vigente nei diversi Stati membri, di organizzare una procedura d insolvenza unitaria, idonea a produrre effetti su tutti i beni dei debitore insolvente, e nei confronti di tutti i suoi creditori ovunque situati, il principio di universalità è stato, per così dire, temperato attraverso il riconoscimento della 22 Si veda, a tal proposito, l art. 20 della convenzione italo-francese: <<Les jurisdictions de celui de deux Etats où est situé le domicile d un commerçant sont compétentes pour déclarer la Faillite de ce commerçant>>; <<Les jurisdictions de celui des deux Etats où est situé le siège social d une societé commerciale sont compétentes pour déclarer la Faillite de cette societé>>; v. anche gli artt. 3 e 4 della convenzione con l Austria. 23 Sui principi di territorialità e universalità nel fallimento, e sul dibattito in materia, v. G. BONGIORNO, Osservazioni in tema di universalità e territorialità del fallimento, in Dir. Fall, 1974, I, 261.; ID., Universalità e territorialità del fallimento (Problemi antichi ma sempre più attuali), in Dir. Fall., 1991, 666, 24 Così PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, II, Milano, 1974, V. sul punto, S. DI AMATO, Le procedure d insolvenza nell Unione Europea: competenza, legge applicabile ed efficacia transfrontaliera, in Fallimento, 2002, Cfr. A. STRUB, Le marché unique des procédures d insolvabilité entre l universalité et la territorialité, in Rev. Marché comm. Union eur., 1995, 127 ss.. 6

7 necessità di protezione, in presenza di dati collegamenti, di interessi locali, nonché dell inevitabile condizionamento che possa derivare dalla disciplina fallimentare del luogo (o dei luoghi) in cui il debitore insolvente ha svolto la propria attività 27. Accanto quindi ad una procedura definibile come principale, aperta nel luogo ove il debitore aveva la sede principale della propria attività 28, è stata prevista la possibilità di aprire procedure di carattere, per così dire, secondario, nei diversi Stati in cui il debitore abbia, con un minimo di organizzazione, svolto la propria attività. Mentre alla procedura principale è riconosciuta una portata tendenzialmente universale (ed una posizione di centralità e predominanza), alle procedure secondarie si sono attribuiti effetti meramente territoriali, costituendo così un limite alla tendenziale universalità della procedura principale. Non a caso, pertanto, la nuova disciplina comunitaria è stata definita come improntata ad un principio di universalità temperata, in cui le necessità dell unità, pur in presenza di una molteplicità di procedure, vengono garantite da un regime obbligatorio di coordinamento 29. Il carattere territoriale del procedimento secondario si manifesta sotto diversi profili: gli effetti di esso, infatti, sono limitati ai beni del debitore che si trovano nel territorio dello Stato in cui è aperto, il curatore nominato nel suo ambito può agire in ogni altro Stato membro solo per far valere che un bene mobile è stato ivi trasferito dal territorio dello Stato in cui si è aperta la procedura secondaria e dopo che una decisione di apertura è stata adottata (art. 18, par. 2); il riconoscimento automatico della decisione di apertura della procedura secondaria è limitato alla incontestabilità degli effetti da essa prodotti quanto ai beni situati nello Stato in cui è aperta, tanto che qualsiasi limitazione dei diritti dei creditori (ed in particolare dilazioni di pagamento o remissioni di debiti) risultanti da tali procedure può essere fatta valere per i beni situati nel territorio di altro Stato membro solo nei confronti dei creditori che vi hanno acconsentito (art. 17, par. 2). La procedura secondaria, pertanto, svolge una duplice funzione: consente di tutelare gli interessi locali, e costituisce un efficace strumento ausiliario del procedimento principale. Sotto il primo profilo, i creditori locali potranno ottenere (laddove il criterio di giurisdizione stabilito dall art. 3, par. 2, sia soddisfatto) l apertura di un procedimento locale per proteggersi dagli effetti universali della procedura principale, allo scopo di ottenere che la loro situazione giuridica riceva un trattamento almeno equivalente a quello che ad essa sarebbe stato riservato nell ambito di un procedimento nazionale, ancorché il centro degli interessi principali del debitore sia situato in altro Stato membro 30. Sotto il secondo profilo, invece, il curatore della procedura principale potrà chiedere l apertura di un procedimento secondario, quando ciò sia necessario al fine di un amministrazione efficace dei beni situati in un determinato Stato, alla luce delle eventuali differenze tra le legislazioni e della necessità di tenere in considerazione diritti reali dei creditori che gravino su tali beni. La procedura secondaria, in ogni caso, presenta caratteristiche di dipendenza rispetto alla procedura principale, che si manifestano in tre direzioni: in primo luogo, l apertura della procedura principale permette di aprire, negli Stati in cui i giudici siano competenza ai sensi dell art. 3, par. 2, una procedura secondaria (dipendente) senza che in questo altro Stato sia esaminata l insolvenza del debitore (art. 27 del regolamento); in secondo luogo, tale apertura può essere sollecitata, oltre 27 Sul punto, v. L. FUMAGALLI, op. cit., Il 13 considerando del regolamento precisa che <<per centro degli interessi principali si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi>>. 29 L. FUMAGALLI, op. loc. ult. cit.. 30 L. FUMAGALLI, op. cit., 692. Si noti, peraltro, che il diritto di partecipare ad una procedura territoriale di insolvenza non è limitato ai soli creditori locali: a tale procedura, infatti, possono partecipare tutti i creditori, locali o meno, direttamente o per il tramite della procedura principale (art. 32, par. 1 e 2). Tale circostanza è legata anche alle caratteristiche del sistema comunitario, con il quale sono incompatibili restrizioni legate al luogo di origine del creditore. 7

8 che da qualsiasi altra persona o autorità legittimata a chiedere l apertura di una procedura di insolvenza secondo la legge dello Stato membro nei cui territorio tale apertura è richiesta, anche dal curatore della procedura principale (art. 29); infine, l apertura di una procedura principale presso il centro degli interessi principale del debitore escluderà che, successivamente ad essa, si possano aprire, negli altri Stati membri in cui il debitore abbia una dipendenza, procedure di risanamento, poiché, ai sensi dell art. 3, par. 3, la procedura secondaria dipendente può avere solo carattere di liquidazione. Il regolamento prevede, peraltro, la possibilità di aprire, con gli stessi presupposti e la stessa efficacia della procedura secondaria, una procedura territoriale non collegata ad una procedura principale, e quindi, per così dire, indipendente. Ciò, in particolare, è consentito in due casi: quando, in forza della condizioni previste dalla legislazione dello Stato membro in cui si trova il centro degli interessi principali del debitore, non si può aprire una procedure d insolvenza principale (art. 3, par. 4, lett. a)); quando vi sono creditori il cui domicilio, residenza abituale o sede sono situati nello Stato membro nel quale si trova la dipendenza del debitore, ovvero il credito derivi dall esercizio di tale dipendenza (art. 3, par. 4, lett. b)). In entrambi i casi, comunque, deve pur sempre ricorrere il requisito soggettivo previsto per le procedure secondarie (esercizio di una attività economica) 31 ; in ogni caso, poiché, nell affermare che la legge applicabile alla procedura secondaria è quella dello Stato membro nel cui territorio questa è aperta, il regolamento fa salve le disposizioni contrarie in esso contenute, e poiché, come si è visto, il requisito soggettivo viene individuato autonomamente, non si potranno invocare requisiti soggettivi più restrittivi. Pertanto, in Italia sarà possibile assoggettare a procedura d insolvenza territoriale anche l artigiano o il piccolo imprenditore e, probabilmente, alla stregua della giurisprudenza della Corte di giustizia, anche i professionisti 32. La procedura territoriale indipendente può avere ad oggetto anche il risanamento dell impresa (potendo dunque aprirsi una qualunque di quelle di cui all allegato A); tuttavia, laddove la procedura principale venga successivamente aperta, la procedura territoriale indipendente finirà per essere ad essa subordinata, tanto che il curatore della procedura principale potrà chiedere che una procedura di risanamento precedentemente aperta in un altro Stato membro sia convertita in una procedura di liquidazione, se tale conversione si rivela utile per gli interessi dei creditori della procedura principale (art. 37 del regolamento) Il coordinamento tra le procedure. Il regolamento comunitario, dunque, prevede la possibilità che, nei confronti di un medesimo soggetto, siano aperte più procedure d insolvenza, la prima nello Stato in cui aveva la sede principale dei propri affari, le altre in ciascuno degli Stati membri in cui aveva delle sedi secondarie. A fronte di tale situazione, il regolamento ha previsto delle norme che garantissero l unità e l efficienza delle procedure, e quindi il coordinamento delle stesse, al fine anche di assicurare una coerente liquidazione dell attivo. Allo stesso tempo, peraltro, è stato riconosciuto un ruolo predominante alla procedura principale, in coerenza con la sua portata tendenzialmente universale, attribuendo al curatore di detta procedura diverse possibilità d intervento nelle procedure secondarie. 31 V. art. 2, lett. h), del regolamento: <<Dipendenza: qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un attività economica con mezzi umani e con beni>>. Non sembra, pertanto, che vi sia la possibilità di aprire in Austria o in Germania - paesi che ammettono la possibilità di assoggettare a procedura d insolvenza il debitore civile - una procedura a carico di un debitore italiano che non svolga attività economica ed abbia in Italia il centro dei suoi interessi principali: v., sul punto, S. DI AMATO, op. cit., Si deve trattare, ovviamente, di soggetti che abbiano in altri Stati membri il centro dei loro interessi principali: v. S. DI AMATO, op. loc. cit.. 8

9 In linea generale, è previsto un obbligo di collaborazione e di informazione reciproco tra i curatori della procedura principale e delle procedure secondarie (art. 31). Più specificamente, invece, è stata attribuita al curatore della procedura principale, come si è visto, la possibilità di richiedere, al giudice competente ai sensi dell art. 3, par. 2, l apertura della procedura territoriale secondaria: ciò, ovviamente, avverrà in tutti quei casi in cui la presenza di detta procedura secondaria realizzi condizioni di migliore amministrazione dei beni situati nello Stato membro ove aveva sede la dipendenza. Ancora, pur restando fermo il principio per cui ogni creditore possa insinuarsi nella procedura principale e in qualsiasi procedura secondaria (art. 32, par. 1), è stato stabilito che i curatori della procedura principale e delle procedure secondarie possano insinuare nelle altre procedure i crediti già insinuati nella procedura in cui sono preposti, nella misura in cui ciò sia utile per i creditori di quest ultima procedura, fatto salvo il loro diritto di opporsi o di rinunciare all insinuazione, qualora la legge applicabile lo preveda (art. 32, par. 2). Infine, si prevede che il curatore di una procedura principale o secondaria sia legittimato a partecipare ad un altra procedura d insolvenza allo stesso titolo di qualsiasi creditore, e, in particolare, a partecipare all assemblea dei creditori (art. 32, par. 3). E stato poi previsto che, a richiesta del curatore della procedura principale, il giudice che ha aperto la procedura secondaria possa sospendere in tutto o in parte le operazioni di liquidazione, salva la facoltà di esigere in tal caso dal curatore della procedura principale misure atte a garantire gli interessi dei creditori della procedura secondaria e di taluni gruppi di creditori. La richiesta del curatore della procedura principale può essere respinta solo per mancanza manifesta di interesse dei creditori della procedura principale; la sospensione della liquidazione può essere stabilita per un periodo massimo di tre mesi e prorogata o rinnovata per periodi della stessa durata. Il giudice pone fine alla sospensione delle operazioni di liquidazione a richiesta del curatore della procedura principale, ovvero d ufficio, a richiesta di un creditore o a richiesta del curatore della procedura secondaria, in particolare se la misura non è più giustificata dall interesse dei creditori della procedura principale o della procedura secondaria. La contemporanea insinuazione in più procedure dei medesimi crediti ha reso necessario, peraltro, prevedere un ulteriore livello di coordinamento tra le procedure, al fine di evitare che un creditore percepisca, in sede di ripartizione, un importo maggiore dell ammontare del proprio credito. E stato quindi disposto che, affinché sia garantita la parità di trattamento dei creditori, il creditore, il quale in una procedura d insolvenza abbia recuperato una quota del proprio credito, possa partecipare ai riparti effettuati in un altra procedura soltanto allorché i creditori dello stesso grado o della stessa categoria abbiano ottenuto in tal altra procedura una quota equivalente (art. 20, par. 2): ne consegue, per la corretta messa in opera del meccanismo di imputazione stabilito dal regolamento, che ogni credito deve essere presentato per il suo importo originario, senza dedurre la parte soddisfatta in altre procedure, restando inteso che il credito non verrà considerato al momento della distribuzione, fino a quando i creditori dello stesso rango - secondo la legge regolatrice della procedura di cui si tratta - non abbiano ottenuto in questo procedimento una percentuale di soddisfazione del proprio credito uguale a quella già conseguita dal creditore in altri procedimenti In questo senso, v. L. FUMAGALLI, op. cit., 696, il quale richiama, alla nota n. 46, il seguente esempio, tratto da M. VIRGOS - E. SCHMIT, Informe sobre al Convenio relativo a los procedimientos de insolvencia, in Ministero de Justicia, Boletìn de informacion, supplemento al n del 15 ottobre 2000, pag. 3585: il creditore A che abbia ottenuto nello Stato X il 5% del proprio credito (di valore nominale complessivo pari a 75), si dovrà insinuare nella procedura aperta nello Stato Y per l importo complessivo del credito (ossia per 75), senza <<scontare>> quanto conseguito nello Stato X. Tuttavia, nel caso in cui nello Stato Y la quota di ripartizione riservata alla categoria di creditori cui appartiene A sia pari all 8% dei crediti, A potrà partecipare alla ripartizione solo per la differenza tra quanto egli ha - in misura percentuale - conseguito nello Stato X e quanto può conseguire nello Stato Y, ossia per il 3% del proprio credito. Nel caso inverso, in cui nello Stato X i creditori della categoria di A abbiano conseguito l 8%del credito, 9

10 Un ultimo coordinamento è poi previsto al momento della chiusura delle procedure. In base alle previsioni dell art. 34, al curatore della procedura principale è attribuito il potere di proporre la chiusura della procedura secondaria senza liquidazione, mediante un piano di risanamento, un concordato o una misura analoga, quando ciò sia ammesso dalla legge applicabile alla procedura secondaria. In ogni caso, la chiusura della procedura secondaria mediante una tale misura diventa definitiva soltanto con l assenso del curatore della procedura principale ovvero, mancando tale assenso, qualora la misura proposta non leda gli interessi finanziari dei creditori della procedura principale. In base all art. 35 del regolamento, poi, se la liquidazione dell attivo della procedura secondaria consente di soddisfare tutti i crediti ammessi in questa procedura, il curatore ad essa preposto deve trasferire senza ritardo il residuo dell attivo al curatore della procedura principale Giudice competente e normativa applicabile. Come si è già visto, la competenza ad aprire la procedura principale viene dal regolamento attribuita all autorità giudiziaria dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Il criterio di riferimento coincide sostanzialmente con quello adottato dall art. 9, 1 comma, della legge fallimentare italiana. Per le società e le persone giuridiche, il regolamento prevede poi una presunzione di coincidenza del centro degli interessi principali con la sede statutaria, analoga alla presunzione elaborata dalla nostra giurisprudenza di coincidenza della sede legale con la sede effettiva. Il giudice di ciascun ordinamento è giudice della propria competenza, e la possibilità di conflitti positivi è risolta in radice poiché il regolamento adotta il criterio della priorità temporale. Infatti, in base al 22 considerando, <<la decisione del giudice che apre per primo la procedura dovrebbe essere riconosciuta negli altri Stati membri, senza che questi ultimi abbiano la facoltà di sottoporre a valutazione la decisione del primo giudice>>: il principio, pur non essendo consacrato nell articolato, risulta implicitamente dalla efficacia immediata della decisione negli altri Stati membri, e dalla mancata previsione di uno strumento di soluzione dei conflitti 34. Da ciò discende che la procedura principale aperta da un giudice incompetente potrà essere rimossa soltanto se chi è legittimato a farlo farà valere l incompetenza nell ordinamento al quale appartiene il giudice che ha emesso la decisione. Il criterio di priorità si applica con riferimento al momento di apertura e non al momento di presentazione della richiesta di apertura della procedura. Non è risolta invece la possibilità di conflitti negativi, nei quali cioè ciascun giudice nazionale si dichiari incompetente ad aprire la procedura principale, ritenendo competente il giudice di un altro Stato membro. In questo caso, esperiti i rimedi interni a ciascun ordinamento, il conflitto resta irrisolto e vi è solo la possibilità, se ne ricorrono le condizioni, di aprire una procedura territoriale. I giudici competenti per la procedura principale hanno il potere di adottare provvedimenti provvisori e conservativi anche per quanto concerne i beni che sono situati nel territorio degli altri Stati membri (art. 25, par. 1, e 16 considerando). Inoltre, prima dell apertura della procedura principale, l eventuale curatore provvisorio, negli ordinamenti che ne prevedono la nomina, è legittimato a chiedere, per la conservazione dei beni che si trovano in un altro Stato membro, i provvedimento cautelari necessari, previsti dalla legge di detto Stato (art. 38). La portata della norma è poi chiarita nel glossario (art. 2, lett. g), ove si precisa che, per i beni materiali, i beni e diritti iscritti in pubblici registri ed i crediti, lo Stato membro in cui si trova il bene viene individuato facendo riferimento rispettivamente al territorio, all autorità che tiene il registro e al territorio dove si trova il centro degli interessi principali del terzo debitore. essi non parteciperanno alla ripartizione nel secondo Stato Y, se in esso la quota attribuibile è pari solo al 5%. 34 V., sul punto, S. DI AMATO, op. cit.,

11 Dunque, il criterio generale di competenza dispone l applicabilità della legge dello Stato di apertura della procedura (lex fori concursus: art. 4, par. 1) 35 : tale disciplina determina tutti gli effetti del procedimento, sia processuali che sostanziali, sui soggetti e le relazioni giuridiche interessate dalla procedura, e quindi stabilisce le condizioni di apertura, regola lo svolgimento e disciplina la chiusura della procedura d insolvenza. Più in particolare, la lex fori concursus determina, secondo l elencazione contenuta nell art. 4, par : i debitori che per la loro qualità possono essere assoggettati ad una procedura d insolvenza; i beni oggetti di spossessamento e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l apertura della procedura d insolvenza; i poteri, rispettivamente, del debitore e del curatore; le condizioni di opponibilità della compensazione; gli effetti della procedura di insolvenza sulle azioni giudiziali individuali; i crediti da insinuare nel passivo del debitore e la sorte di quelli successivi all apertura della procedura di insolvenza; le disposizioni relative all insinuazione, alla verifica e all amministrazione dei crediti; le disposizioni relative alla ripartizione del ricavato della liquidazione dei beni; il grado dei crediti e i diritti dei creditori che sono stati in parte soddisfatti dopo l apertura della procedura di insolvenza in virtù di un diritto reale o a seguito di compensazione; le condizioni e gli effetti della chiusura, in particolare mediante concordato, della procedura d insolvenza; i diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura d insolvenza; le disposizioni relative alla nullità, all annullamento o all inopponibilità degli atti pregiudiziali per la massa dei creditori. L applicazione della lex fori concursus, comunque, incontra una serie di deroghe, volte a tenere conto dell interferenza che con essa possano avere le leggi regolatrici di rapporti interessati dalla procedura di insolvenza e sulla base delle quali essi sono svolti. In particolare, la prima deroga è dettata dall art. 5 del regolamento in tema di diritti reali: il regolamento ha infatti operato la scelta di far salvi i diritti reali del creditore o del terzo sui beni, materiali ed immateriali, mobili ed immobili, che al momento dell apertura della procedura d insolvenza si trovano nel territorio di un altro Stato membro. In particolare, i diritti che non sono pregiudicati dall apertura della procedura d insolvenza sono: il diritto di chiedere la liquidazione del bene e di essere soddisfatto sul ricavato con preferenza in virtù di pegno o di ipoteca; il diritto esclusivo di recuperare un credito oggetto di pegno o di cessione a titolo di garanzia; il diritto di esigere la restituzione del bene dal debitore da chiunque lo detenga e/o lo abbia in godimento contro la volontà dell avente diritto; il diritto reale di acquistare i frutti del bene. L art. 6 del regolamento afferma poi che, qualora la legge dello Stato non permetta la compensazione tra il creditore con l eventuale credito del debitore insolvente, il creditore ne ha comunque diritto se la compensazione è possibile in base alla legge applicabile al credito del debitore insolvente. L apertura della procedura d insolvenza nei confronti dell acquirente di un bene non pregiudica i diritti del venditore fondati sulla riserva di proprietà allorché il bene, al momento in cui è stata aperta la procedura di liquidazione, si trovi nel territorio di uno Stato diverso dalla Stato di apertura (art. 7). Il regolamento si è anche premurato di disciplinare gli effetti di un contratto preliminare che dà al creditore il diritto di acquistare un bene immobile e di goderlo: tali diritti sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro nel cui territorio il bene immobile è situato (art. 8): il legislatore comunitario ha quindi previsto la prevalenza della lex situs anche per il caso di un contratto con effetti meramente obbligatori. Per quanto riguarda gli atti conclusi dopo l apertura della procedura di insolvenza, con i quali il debitore abbia disposto a titolo oneroso di determinati beni, che appresso specificheremo, la loro validità è disciplinata esclusivamente dalla legge dello Stato nel cui territorio è situato il bene 35 L applicabilità di detta norma alle procedure secondarie è confermata dall art Elencazione, peraltro, di carattere non esaustivo: v. L FUMAGALLI, op. cit.,

12 immobile o sotto la cui autorità si tiene il registro. Il regolamento ha inoltre individuato l oggetto mediato di detti contratti, limitandolo esclusivamente ai beni immobili, navi o aeromobili soggetti a iscrizioni in un pubblico registro e ai valori mobiliari la cui esistenza presuppone l iscrizione di un registro previsto dalla legge. Appare quindi evidente ad una prima lettura come il legislatore comunitario abbia escluso da detta elencazione tutti quei mezzi e autoveicoli soggetti a iscrizioni in un pubblico registro che non siano navi o aeromobili; stante la natura evidentemente eccezionale della deroga prevista dall art. 14 al principio generale della lex concursus non pare che si possa estendere tale disciplina anche ai predetti beni interpretandola analogicamente o estensivamente. Specularmente l art. 11 disciplina gli effetti della procedura d insolvenza sui diritti del debitore avente ad oggetti beni immobili, navi o aeromobili soggetti ad iscrizione in un pubblico registro, rimettendo la disciplina in tal caso alla legge dello Stato membro sotto la cui autorità viene tenuto il registro. Un ultima deroga di rilievo al principio della lex concursus è dettata dall art. 10 in tema di contratti di lavoro: ai sensi della norma in esame, gli effetti della procedura si insolvenza sul contratto e sul rapporto di lavoro sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro applicabile al contratto di lavoro Il riconoscimento delle decisioni. Il sistema del regolamento, per quel che riguarda l efficacia, in ambito comunitario, delle decisioni relativa all apertura, allo svolgimento ed alla chiusura della procedure d insolvenza, si fonda sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri, e favorisce appieno la creazione di uno spazio giudiziario unico, in cui la messa in opera delle procedura di insolvenza sia efficiente ed efficace. L art. 16, par. 1, del regolamento, prevede dunque che la decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, competente in virtù dell art. 3, sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena detta decisione produca effetti nello Stato in cui essa è stata adottata, e senza alcuna formalità. Tale regola è stata confermata dall art. 25, ed estesa alle decisioni relative allo svolgimento e alla chiusura della procedura di insolvenza, adottate dal giudice che l ha aperta, ed a quelle che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e le sono strettamente connesse, anche se pronunciata da altro giudice 37. Il riconoscimento delle decisioni è automatico, ed avviene senza formalità: in particolare, non è necessario che nello Stato membro in cui la decisione è invocata venga pronunciata una decisione giudiziaria per consentire a qualunque persona interessata d avvalersene. Il regolamento consente, in tal modo, di ricondurre direttamente ed immediatamente alla decisione straniera gli effetti che essa produce e quali sono definiti dal diritto interno ad essa applicabile e dalla normativa comunitaria, in relazione alla portata territoriale o universale della procedura nella quale si colloca. L automaticità del riconoscimento, tuttavia, è limitata - secondo il modello della Convenzione di Bruxelles - a tutti gli effetti che la decisione produce in ambito interno, esclusi quelli esecutivi. La disciplina comunitaria, pertanto, elimina la necessità di mettere in opera procedure interne di delibazione, per consentire alla decisione straniera di produrre gli effetti di accertamento e costitutivi che le sono propri: gli effetti del riconoscimento sono meglio specificati nell art. 17, in 37 L estensione del riconoscimento alle decisioni che sono strettamente connesse alla procedura di insolvenza si giustifica per l inapplicabilità alle decisione che derivano dalla procedura d insolvenza della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giudiziaria e le decisioni in materia civile e commerciale (cfr., in questo senso, Corte giust., 22 febbraio 1979 (causa 133/78, Gourdain/Nardeler, in Foro it., 1979, IV, 245). Da ciò deriva che il criterio di competenza interna (ed anche di giurisdizione) dettato dall art. 24 l. fall. (<<il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano... eccettuale le azioni reali immobiliari>>) dà luogo a decisioni riconosciute negli Stati membri ed esclude che, per detti Stati, possano considerarsi esorbitanti i risultati del criterio di competenza giurisdizionale che l ordinamento interno stabilisce con l art. 3, 2 comma, ultima parte, della l. n. 218 del V., sul punto, S. DI AMATO, op. cit.,

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