APPUNTI DI MATERIALI METALLICI STRUTTURALI

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1 Manlio Becchetti APPUNTI DI MATERIALI METALLICI STRUTTURALI Prof. Valentini Università di Pisa Anno accademico 2012/2013

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3 Indice 1 La bonifica Introduzione Aspetti tecnologici della tempra martensitica La progettazione del trattamento di tempra Il metodo Grossmann Il metodo Jominy Il metodo del calcolo Il rinvenimento Trattamenti superficiali Introduzione Trattamenti termici La tempra a fiamma La tempra ad induzione Conclusioni Trattamenti termo-chimici La cementazione Trattamenti termici successivi alla cementazione La nitrurazione Confronto tra trattamenti superficiali Acciai ultra-resistenti Introduzione L effetto del grado inclusionale Metodi per il controllo della purezza iii

4 iv INDICE 3.4 I più comuni UHSS AISI M, D6a e D6ac % Cr Il rafforzamento per precipitazione Il Maraging Acciai per impieghi specifici Acciai per cuscinetti Acciai per molle Acciai per molle al solo carbonio Acciai per molle debolmente legati Acciai per utensili Acciai per utensili a freddo Acciai per utensili a caldo Il mercato e la nomenclatura degli acciai per utensili Le lamiere Il meccanismo di deformazione plastica I meccanismi di rafforzamento dei materiali metallici Il rafforzamento per soluzione solida Il rafforzamento per incrudimento Il rafforzamento per affinamento del grano Il rafforzamento per precipitazione Conclusioni La prova di trazione delle lamiere Modelli reologici del materiale La deformazione plastica delle lamiere I criteri di snervamento dei materiali Il criterio di Tresca Il criterio di Von Mises Materiali per lo stampaggio delle lamiere Introduzione

5 INDICE v 6.2 Il processo tecnologico Gli acciai alto-resistenziali Gli acciai bake hardening Gli HSLA Gli acciai alto-resistenziali avanzati Gli acciai DP Gli acciai TRIP Le leghe leggere Le leghe di alluminio Serie Serie Serie Serie 4 e Serie Serie Le leghe di magnesio Le leghe di titanio Fragilità dei materiali Introduzione La saldabilità Effetto della dimensione del grano sulla tenacità delle grandi strutture Materiali per applicazioni criogeniche La tenso-corrosione Introduzione Meccanismi di funzionamento La corrosione selettiva La passivazione degli inox e delle leghe leggere e la SCC Il problema della fragilità da idrogeno Conclusioni Materiali resistenti alla corrosione Introduzione

6 vi INDICE 10.2 Acciai al Cr-Mo saldabili L attacco da idrogeno negli acciai al Cr-Mo Gli acciai inox austenitici La corrosione intergranulare Aspetti metallurgici della fatica Introduzione Aspetto di una superficie rotta per fatica La propagazione di una cricca per fatica La legge di Paris Miglioramento del comportamento a fatica

7 Elenco delle figure 1.1 Diagramma Fe-C Curve TTT e CCT per un AISI Tensioni indotte dal processo di tempra Meccanismo di asportazione del calore durante la tempra Durezza della martensite dopo tempra Diametri critici ideale e reale Costanti per il calcolo del diametro critico ideale Schema della prova Jominy Prova Jominy per un AISI Effetto degli elementi di lega sulle curve Jominy Relazione tra metodo Jominy e Grossmann Diagramma di stato Fe-N Durezza Vickers di un acciaio da nitrurazione Curva di rinvenimento di un acciao Confronto durezza Vickers Legge di Hollomon per acciaio con basso carbonio ricotto Superficie di snervamento secondo Tresca Superficie di snervamento secondo Von Mises Principali famiglie degli acciai da stampaggio Fenomeno dello snervamento di Luders Effetto bake hardening su un acciaio da stampaggio Struttura cristallina di un acciaio dual phase Regola della leva per un acciaio ipoeutettoidico vii

8 viii ELENCO DELLE FIGURE 6.6 Struttura del reticolo cristallino di un acciaio TRIP Confronto tra vari acciai alto-resistenziali Diagramma di stato alluminio-rame Invecchiamento di una lega di alluminio Diagramma di stato Ti-Al Fattore di intensificazione delle tensioni al variare dello spessore Raggio della zona plastica Temperatura di transizione duttile-fragile La zona termicamente alterata di un giunto saldato Fenomeno del clivaggio Effetto della temperatura sul carico di snervamento Effetto della dimensione del grano sulla temperatura di transizione Esempio di diagramma di Evans Effetto della presenza di idrogeno all apice di un difetto Curve di Nelson per l attacco da idrogeno Diagramma di stato Fe-Cr Effetto del nichel sul diagramma Fe-Cr Corrosione intergranulare Sensitivizzazione della zona termicamente alterata Curva di precipitazione del carburo di cromo nell AISI Effetto del contenuto di carbonio sulle curve di precipitazione Parametri di una sollecitazione ciclica Tipo di sollecitazione al variare del rapporto di tensione Nucleazione di una cricca superficiale Immagine al microscopio elettronico della nucleazione di una cricca Propagazione di una cricca per fatica Aspetto di una superficie rotta per fatica Cricca laterale in un particolare meccanico Modello di propagazione di una cricca per fatica Striature al microscopio elettronico Legge di Paris per la fatica

9 ELENCO DELLE FIGURE ix 11.11Effetto del rapporto di tensione sulle curve di Paris

10 x ELENCO DELLE FIGURE

11 Capitolo 1 La bonifica 1.1 Introduzione La bonifica è un trattamento termico composto da tempra martensitica e rinvenimento. Esistono più di cento tipi di acciai da bonifica e ciò che li accomuna è una ottima resistenza alle sollecitazioni dinamiche ed affaticanti. Le proprietà meccaniche di un acciaio da bonifica dipendono interamente dal tipo di trattamento termico eseguito, a differenza di materiali come il Fe510 la cui sigla indica appunto il carico di snervamento. Gli acciai da bonifica hanno in genere un costo elevato rispetto agli acciai comuni, in parte per il costo intrinseco degli elementi di lega presenti in alcuni di essi, in parte per quello non trascurabile del trattamento termico. Sono in generale materiali con alte prestazioni meccaniche, in particolare possiedono un rapporto tra carico di snervamento e di rottura prossimo a 0.9 per risultare molto poco deformabili plasticamente. La classificazione di un acciaio da bonifica si può fare in base al suo indice di qualità, definito come il prodotto tra carico di snervamento R p0.2 ed allungamento percentuale a rottura L%. Nel piano L% R p0.2 queste curve sono iperboli in generale sempre più distanti dall origine quanto maggiore è il tenore degli elementi di lega. Si può quindi osservare come per uno stesso carico di snervamento si ottengano valori di duttilità maggiori per l acciaio più legato. La duttilità è infatti importante per questi acciai in quanto una buona riserva di duttilità è indispensabile per proteggere il componente da eventuali sovraccarichi di esercizio. 1

12 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.1: Diagramma Fe-C 2

13 CAPITOLO 1. LA BONIFICA 1.2 Aspetti tecnologici della tempra martensitica La tempra martensitica è un trattamento termico che consiste nel portare il materiale completamente in campo austenitico e successivamente raffreddarlo molto velocemente per dare vita ad una struttura martensitica. Osservando il diagramma Fe-C di figura 1.1 si può ricavare la temperatura di austenitizzazione A 3 per qualsiasi percentuale di carbonio fino al punto eutettico, anche se il carbonio negli acciai da bonifica è in generale compreso tra lo 0.3 e lo 0.5 %. Per tenori superiori infatti si otterrebbe una duttilità troppo scarsa, mentre per tenori inferiori sarebbe la resistenza ad essere insufficiente. È buona norma salire sopra alla A 3 con un margine di sicurezza di circa 30 C per tenere conto delle incertezze, ma non la si supera di più di 80 C per motivi economici e soprattutto per evitare il fenomeno dell ingrossamento del grano austenitico, fonte di peggiori caratteristiche meccaniche. La conducibilità termica dell acciaio è decisamente scarsa per essere un metallo, perciò il cuore del pezzo impiega più tempo della superficie per raggiungere la A 3 e questo fenomeno si accentua tanto di più quanto maggiore è il tenore degli elementi di lega. Il tempo di austenitizzazione t a sarà quindi estremamente variabile, anche se una regola empirica abbastanza assodata consiglia una permanenza in forno di un ora per pollice di spessore. La fase di raffreddamento, detta spegnimento, consiste nel raffreddare molto velocemente l austenite in modo da formare il reticolo tetragonale a corpo centrato tipico della martensite. Questa fase è decisamente la più delicata in quanto dalle curve TTT e CCT del Bain di figura 1.2 si può evincere che per effettuare la trasformazione martensitica possono servire velocità di raffreddamento anche di centinaia di gradi al secondo. Tali velocità generano, a causa della pessima conducibilità termica dell acciaio, dei gradienti di temperatura capaci di indurre tensioni termiche tali da rompere il pezzo. Molto più pericolose di quelle termiche sono le tensioni fasiche: la martensite infatti ha una densità minore dell austenite e l espansione che consegue alla sua formazione genera tensioni elevatissime di trazione sulla superficie del pezzo. Un confronto tra i due tipi di tensioni si può osservare in figura 1.3. Anche quando non si inneschino cricche o rotture vere e proprie la tempra può comunque indurre delle distorsioni della geometria del pezzo tali da renderlo in pratica inutilizzabile. La tempra infatti viene effettuata su componenti già lavorati perché la martensite che si ottiene è molto poco lavorabile, perciò non è possibile rimediare ad eventuali distorsioni con lavorazioni meccaniche successive. 3

14 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.2: Curve TTT e CCT per un AISI 4130 (a) Tensioni termiche (b) Tensioni fasiche Figura 1.3: Tensioni indotte dal processo di tempra 4

15 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.4: Meccanismo di asportazione del calore durante la tempra Per limitare l insorgere delle distorsioni appena citate è possibile lavorare in due diverse direzioni: caratteristiche del bagno di tempra; tenore degli elementi di lega. Bagni di tempra meno drastici infatti permettono velocità di raffreddamento minori anche se possono spostare la curva di raffreddamento così a destra sul diagramma CCT da non ottenere più martensite, bensì bainite o perlite. Qualora ciò avvenisse e non fosse possibile modificare la geometria del pezzo in modo da ridurre gli spessori si fa ricorso ad acciai con elevate quantità di elementi di lega. Tali elementi come è noto contribuiscono a spostare il naso bainitico delle curva CCT verso tempi maggiori, rendendo possibile la trasformazione martensitica anche per velocità di raffreddamento minori. Gli svantaggi di un massiccio uso di elementi di lega si possono riassumere in: un elevato costo finale a causa del costo dei singoli elementi; un abbassamento delle temperature di inizio e fine trasformazione martensitica, con conseguente austenite residua; un peggioramento della conducibilità termica. Osservando la figura 1.4 è anche possibile capire il meccanismo di asportazione del calore durante la tempra. Esso si divide in tre fasi: la coltre di vapore; 5

16 CAPITOLO 1. LA BONIFICA l ebollizione; la convezione. Inizialmente la temperatura della superficie è così elevata che il bagno di tempra vaporizza e forma una coltre di vapore attraverso la quale il calore diffonde molto poco. Quando la temperatura è sufficientemente calata il liquido riesce ad entrare in contatto col pezzo e si formano istantaneamente delle bolle di vapore che asportano calore efficacemente. In questa fase si ha il massimo rateo d asportazione del calore. Quando la temperatura è ulteriormente calata le bolle di vapore non si formano più e lo scambio termico peggiora avvenendo per semplice convezione. 1.3 La progettazione del trattamento di tempra Esistono svariate normative da rispettare quando si progetta un trattamento di tempra, in particolare un pezzo si ritiene correttamente temprato quando ha il 99 % di martensite in superficie ed il 50 % a cuore. Ciò si accetta perché nella maggior parte degli organi meccanici il materiale è generalmente meno sollecitato al suo interno rispetto alla superficie, ma soprattutto perché ciò conferisce al cuore del pezzo una notevole duttilità consentendogli di resistere ad eventuali sollecitazioni impulsive o dinamiche. Questa assunzione permette di poter spostare le curve di raffreddamento sui diagrammi CCT verso tempi maggiori, diminuendo il rischio di fenomeni distorsivi ed aumentando la temprabilità, intesa come l attitudine del materiale ad assumere la configurazione espressa dalle norme. Per verificare la correttezza del processo di tempra si calcola la durezza del materiale. Dal grafico della lunghezza degli spigoli del reticolo tetragonale a corpo centrato della martensite si può vedere che la distorsione del reticolo aumenta linearmente con la percentuale di carbonio. Partendo dal presupposto che la durezza del materiale sia appunto funzione della distorsione del reticolo si ottengono le curve della durezza HRC al variare della percentuale di carbonio, le quali mostrano come si abbia un massimo della durezza intorno allo 0.7 % di carbonio. Oltre tale valore la temperatura di fine trasformazione martensitica scende sotto quella ambiente perciò la durezza cala a causa dell austenite residua. Da queste considerazioni si può evincere che la durezza della martensite dopo tempra è funzione solo della percentuale di carbonio (figura 1.5), mentre la concentrazione di elementi di lega ha influenza solo sulla temprabilità del materiale. 6

17 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.5: Durezza della martensite dopo tempra Se in teoria lo studio della temprabilità può essere condotto usando le curve TTT e CCT, nella pratica non si può prescindere da prove sperimentali a causa della variabilità della composizione chimica di acciai dello stesso tipo. I metodi principali per l analisi della temprabilità di un acciaio sono principalmente due: il metodo Grossmann; il metodo Jominy Il metodo Grossmann Il metodo Grossmann consiste nel preparare un certo numero di provini cilindrici con diametri diversi e nel temprarli in un dato bagno di tempra. Successivamente i provini vengono sezionati e viene misurato il profilo di durezza al variare della distanza dal centro ed il diametro del provino avente il 50 % di martensite a cuore viene definito diametro critico D 0. Tale valore del diametro critico sarà evidentemente valido solo per quel determinato bagno di tempra. Si definisce bagno di tempra ideale quel bagno che porta istantaneamente la temperatura della superficie a quella del bagno di tempra; il flusso termico quindi è controllato solo dalla diffusività termica del materiale e non dal rateo d asportazione del calore dall acciaio al mezzo di tempra. Sebbene un bagno di tempra del genere non sia possibile si può comunque eseguire un astrazione matematica e definire il diametro critico ideale D ci come il diametro critico per un bagno di tempra 7

18 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.6: Diametri critici ideale e reale ideale. Il legame tra diametro critico e diametro critico ideale al variare della drasticità di tempra è riportato in figura 1.6. Il valore del diametro critico ideale è una misura della temprabilità dell acciaio ed è indipendente dal tipo di bagno di tempra: è quindi una caratteristica del materiale, in particolare varia in base alla concentrazione degli elementi di lega (compreso il carbonio) ed alla dimensione del grano. Questi effetti possono essere riassunti nella formula D ci = D carb f(i) dove D carb corrisponde al diametro critico ideale per dati valori di percentuale di carbonio e dimensione del grano mentre gli f(i) sono fattori correttivi che tengono conto della percentuale di elementi di lega. Valori utili sono riportati in figura 1.7. i Il metodo Jominy Il metodo Jominy consiste nell investire la base di un provino cilindrico avente lunghezza di 100 mm e diametro di 25 con un getto d acqua concentrato, come illustrato in figura 1.8. La velocità di raffreddamento sarà quindi più bassa man mano che che 8

19 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.7: Costanti per il calcolo del diametro critico ideale 9

20 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.8: Schema della prova Jominy ci si allontana dalla faccia investita dal getto e totalmente dipendente dalla conducibilità termica dell acciaio. Poiché essa varia relativamente poco tra un acciaio e l altro si può ragionevolmente ipotizzare che la velocità di raffreddamento ad una certa distanza dall estremità sia la stessa per ogni varietà di acciaio. Una volta raffreddato il provino si esegue una fresatura di 4 mm di larghezza sulla parete cilindrica e si misura il profilo di durezza al variare della distanza dall estremità bagnata. Usualmente si esprime la distanza dall estremità in sedicesimi di pollice ed il grafico che si ottiene, affetto spesso da notevoli dispersioni, è analogo a quello rappresentato in figura 1.9. Come il diametro critico ideale era una misura della temprabilità nel metodo di Grossmann, nel metodo Jominy lo è il punto di inflessione, ossia quella distanza dall estremità bagnata dove la durezza dell acciaio corrisponde al 50 % di martensite. Gli effetti dell aggiunta di elementi di lega ad un acciaio con una data percentuale di carbonio si possono chiaramente osservare in figura 1.10: la durezza dell estremità temprata è la stessa per ogni materiale dipendendo esclusivamente dalla percentuale di carbonio ma negli acciai più legati il punto di inflessione è posto a distanze maggiori. Ciò significa che la tempra è penetrata a profondità maggiori e che quindi gli acciai in questione sono più temprabili. La prova Jominy è molto usata a causa della sua semplicità ed economicità, tuttavia 10

21 CAPITOLO 1. LA BONIFICA Figura 1.9: Prova Jominy per un AISI 4140 Figura 1.10: Effetto degli elementi di lega sulle curve Jominy 11

22 CAPITOLO 1. LA BONIFICA i suoi risultati non sono immediatamente utilizzabili come nel metodo Grossmann. Le condizioni di tempra infatti sono particolari in quanto in genere gli spezzoni di barra vengono in contatto col mezzo temprante su tutta la loro superficie cilindrica e non solo su di una estremità. Sotto opportune ipotesi circa lo svolgimento dello scambio termico, note come condizioni di Lamont, è possibile risolvere con un integrazione numerica le equazioni differenziali della trasmissione del calore e ricavare un legame tra il punto di inflessione (50 % martensite) della curva Jominy ed il diametro critico, indipendentemente dalla composizione dell acciaio. Questo legame è riportato in figura 1.11a, per diversi valori della drasticità di tempra, mentre in figura 1.11b è rappresentato il legame tra il punto di inflessione di Jominy ed il diametro critico ideale, ottenuto isolando la curva per drasticità infinita. (a) (b) Figura 1.11: Relazione tra metodo Jominy e Grossmann Il metodo del calcolo Il metodo del calcolo è una derivazione diretta del metodo Grossmann e parte dal presupposto che le variabili del processo di tempra possono essere riassunte in: tenore di carbonio; 12

23 CAPITOLO 1. LA BONIFICA tenore di altri elementi di lega; condizioni di austenitizzazione. Le prime due variabili sono già state discusse, mentre la terza merita un approfondimento. Temperatura e tempo di austenitizzazione hanno effetto sulla dimensione dei grani austenitici, in particolare saranno tanto più grandi quanto maggiori sono temperatura e tempo, con l effetto del tempo molto meno marcato di quello della temperatura. La dimensione del grano influenza la temprabilità in quanto la nucleazione delle nuove fasi avviene principalmente sui bordi di grano, per motivi di convenienza energetica, quindi un materiale a grana fine, con molti siti favorevoli, facilita la formazione della fase α piuttosto che quella di strutture martensitiche. Un materiale a grana fine è meno temprabile di uno a grana grossa. Si tiene conto di questo effetto usando nell equazione del diametro critico ideale di Grossmann valori tabellati del diametro per solo carbonio variabili con la dimensione ASTM del grano. 1.4 Il rinvenimento Il rinvenimento è un trattamento termico effettuato dopo la tempra martensitica. Si esegue riscaldando il pezzo ad una temperatura inferiore a quella eutettoidica per un tempo generalmente pari a due ore più un ora per pollice di spessore. L elevata temperatura favorisce la mobilità degli atomi di carbonio disciolti nella martensite, i quali vengono espulsi e vanno a formare la classica cementite, o altri carburi qualora siano presenti anche altri elementi di lega maggiormente carburigeni. La riduzione del tenore di carbonio nella martensite ne diminuisce la distorsione del reticolo, dando vita alla cosiddetta martensite rinvenuta, una struttura ferritica cosparsa di particelle di cementite molto piccole, avente una durezza leggermente inferiore ma una tenacità elevatissima rispetto a quella della martensite metastabile. Se il riscaldo non supera i 200 C il trattamento prende il nome di distensione, nel quale si assiste ad un semplice rilassamento delle autotensioni indotte dal processo di tempra. All aumentare della temperatura le particelle di cementite della martensite rinvenuta diventano sempre più grandi e la durezza diminuisce in maniera sostanziale a scapito di una maggiore duttilità. 13

24 Capitolo 2 Trattamenti superficiali 2.1 Introduzione I trattamenti superficiali nascono dalla necessità di avere grande durezza superficiale pur mantenendo un elevato grado di tenacità a cuore. Ciò si rende necessario in pezzi caratterizzati da contatti striscianti ed usura superficiale e soggetti ad urti, come ad esempio le ruote dentate, le camme, le guide delle macchine utensili o le piste dei cuscinetti. Questi trattamenti si dividono in: termici; termo-chimici. Le tecniche di indurimento termo-chimiche si dividono a loro volta in tecniche con o senza trattamento termico finale. 2.2 Trattamenti termici Con questi trattamenti non si altera chimicamente la superficie del pezzo. L indurimento è ottenuto mediante un processo di riscaldamento e spegnimento analogo a quello della tempra, ma molto più veloce. Si riscalda la superficie del pezzo sopra alla temperatura A 3 fino a portarla in campo austenitico, mentre il cuore del pezzo rimane sostanzialmente freddo. Si procede poi allo spegnimento che, a causa del piccolo spessore interessato, permette di usare bagni con bassa drasticità e al tempo stesso dà origine a tensioni residue molto più contenute di quelle tipiche della tempra. 14

25 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Questi trattamenti permettono profondità di penetrazione fino a 20 mm e si usano in circa il 50 % dei trattamenti superficiali. Essi si possono tradizionalmente dividere in: tempra a fiamma; tempra ad induzione La tempra a fiamma Questo tipo di tempra si usa per piccole e piccolissime serie di pezzi ed ha un costo irrisorio a confronto con altri tipi di trattamento. Consiste nello scaldare il pezzo mediante una serie di cannelli che sprigionano fiamme che, per evitare la decarburazione della superficie, sono di tipo riducente. Durante il processo il pezzo viene posto in rotazione per uniformare le caratteristiche del trattamento al variare della posizione angolare. Bisogna notare come la pessima conducibilità termica dell acciaio, che per la tempra era così controproducente, in questo caso aiuti a concentrare il trattamento sulla superficie. Nonostante la grande semplicità realizzativa questo procedimento non permette un accurato controllo della profondità di penetrazione La tempra ad induzione Si usa per produzioni di grande e grandissima serie perché ha un costo molto elevato. Per il riscaldamento della superficie si fa ricorso al principio noto come effetto pelle. L effetto pelle (skin effect) è la tendenza di una corrente elettrica alternata a distribuirsi dentro un conduttore in modo non uniforme: la sua densità è maggiore sulla superficie ed inferiore all interno, e ciò è tanto più vero quanto maggiore è la frequenza della corrente. Il pezzo viene avvolto da un solenoide nel quale viene fatta passare una corrente alternata a frequenze molto elevate, dell ordine del MHz, che induce delle correnti parassite sulla superficie del pezzo. Essa si riscalda quindi grazie alla potenza termica dissipata per effetto Joule e raggiunge in poche frazioni di secondo la temperatura A 3. La profondita di penetrazione p del trattamento può essere espressa in funzione della frequenza f di alimentazione mediante la relazione con k costante. p = 15 k f

26 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Questo metodo consente un controllo precisissimo della temperatura e della profondità di penetrazione ma ha un costo decisamente elevato poiché le bobine devono essere progettate in funzione della forma del pezzo e sono realizzate in tubi di rame cavi raffreddati internamente per resistere alle elevate temperature Conclusioni Occorre ricordarsi che la durezza di un acciaio è solamente funzione della percentuale di carbonio e quindi l unico modo per ottenere durezze elevate con un processo di tempra superficiale è appricarlo ad un acciaio da bonifica ( % di C). È anche vero che avere uno strato di materiale estremamente duro che poggia su di una matrice relativamente debole è una situazione da evitare perciò si capisce come il trattamento di tempra superficiale è sempre preceduto da bonifica. Si ottiene in questo modo un materiale con durezze superficiali fino a HRC ma che conserva una tenacità a cuore molto elevata. Ciò la rende ottima per tutte quelle applicazioni dove devono essere sopportati grandi carichi, spesso impulsivi, e che implicano un interazione del pezzo con materiale duro, come ad esempio l industria mineraria o le macchine agricole. 2.3 Trattamenti termo-chimici Trattamenti di questo tipo arricchiscono la superficie del pezzo di elementi non presenti nel materiale di partenza e si usano in tutti quei casi in cui la durezza ottenibile con una semplice tempra superficiale non è sufficiente. Si dividono essenzialmente in: cementazione; nitrurazione La cementazione Gli acciai da cementazione rappresentano il % del volume di mercato degli acciai. La cementazione è un trattamento termo-chimico che prevede anche una successiva operazione di tempra superficiale. Essa consiste nell esporre il pezzo ad una atmosfera ricca di carbonio in modo da favorirne la deposizione sulla superficie. Il processo fisico alla base di questa tecnica è quello della diffusione interstiziale, cioè la tendenza di una specie diffondente a penetrare in un reticolo formato da una specie diversa sotto la spinta 16

27 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI di un gradiente di concentrazione della specie stessa e grazie all azione catalizzante della temperatura. Il processo di diffusione è regolato da una relazione nota come seconda legge di Fick che lega la variazione di concentrazione C della specie diffondente nel tempo con quella nella spazio e che ha per espressione C t = D 2 C x 2, dove D è il coefficiente di diffusione, dipendente dalla temperatura e dal tipo di reticolo del ferro. Osservando i grafici si può vedere che il coefficiente di diffusione del carbonio nel Fe-α è di un ordine di grandezza superiore rispetto a quello nel Fe-γ, perciò si potrebbe pensare che i migliori risultati si otterrebbero cementando il Fe-α. Nella pratica invece si nota il contrario, perché la solubilità del carbonio nel Fe-γ è molto maggiore che nel Fe-α (s max (Fe-α) = 0.02 %). Infatti, nonostante il reticolo BCC del Fe-α possieda un fattore di impacchettamento atomico minore di quello del reticolo FCC del Fe-γ (è cioè meno denso), le posizioni interstiziali di quest ultimo sono più grandi e permettono una migliore solubilità del carbonio. La cementazione viene quindi eseguita portando il pezzo in campo austenitico. Si ottiene in questo modo una migliore solubilità del carbonio nel ferro, a scapito di un processo di diffusione molto più lungo, e dei miglioramenti sul coefficiente di diffusione innalzando la temperatura oltre la A 3, con le ovvie limitazioni superiori. È ragionevole eseguire cementazioni solo su acciai con basso tenore di carbonio ( %, ad esempio C10, C15 e C20) perché altrimenti il processo di diffusione sarebbe lentissimo, dato che è governato dal gradiente di concentrazione. Essa può essere distinta in: solida; liquida; gassosa. La cementazione solida La cementazione solida non è adatta alla grande serie, è un procedimento quasi artigianale. Un tempo veniva anche chiamata cementazione in cassetta, perché viene eseguita chiudendo ermeticamente il pezzo in una cassetta di ghisa contenente carbone in polvere. 17

28 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Il carbone deve essere rigorosamente di origine vegetale, poiché quello minerale contiene percentuali elevate di zolfo e fosforo che infragilirebbero il pezzo. È possibile anche cementare solo una porzione della superficie (si dice mascherare il pezzo) proteggendo le superfici con cromature o ramature. Le cassette vengono inserite in appositi forni, a temperature dell ordine di C poiché la trasformazione austenitica per basse percentuali di carbonio avviene a temperature più elevate che per gli acciai da bonifica. Il processo di cementazione può essere schematizzato mediante le reazioni chimiche che avvengono: 1. C + O 2 CO 2, l ossigeno intrappolato nella cassetta reagisce col carbonio del carbone e genera anidride carbonica; 2. CO 2 + C 2CO, l eccesso di carbonio favorisce la formazione di monossido di carbonio; 3. 2CO + Fe γ Fe γ (C + ) + CO 2, il monossido cede un atomo di carbonio al Fe-γ formando di nuovo anidride carbonica che rientra nel ciclo. È evidente che la quantità di reazioni di questo tipo che avvengono dipende dalla quantità di molecole di ossigeno intrappolate nella cassetta, che è difficilmente controllabile ed in genere molto bassa. La cinetica di reazione sarebbe quindi molto lenta ed incompatibile coi tempi industriali. Per questo si fa uso di attivatori che aumentano la quantità di anidride carbonica presente in cassetta, ad esempio il carbonato di bario (BaCO 3 ) che dissociandosi libera ossido di bario BaO ed anidride carbonica. Ciò diminuisce molto i tempi di cementazione, che rimangono comunque attorno alle 10 ore per una profondità di penetrazione del trattamento di pochi mm ed una percentuale di carbonio in superficie prossima a quella eutettoidica. La cementazione liquida La cementazione liquida possiede delle prestazioni molto migliori di quella solida ma non è di fatto più utilizzata perché necessita di bagni di cianuri, composti fonte di grande inquinamento ambientale. 18

29 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI La cementazione gassosa La cementazione gassosa è adatta per la produzione di serie. Viene eseguita inserendo il pezzo in un atmosfera ricca di idrocarburi, che deve essere di nuovo riducente per non decarburare la superficie. Dopo solo 1 2 h di trattamento ho già percentuali elevatissime di carbonio in superficie, anche troppo elevate, perciò in genere si sospende la circolazione della soluzione di idrocarburi (mantenendo l atmosfera ovviamente riducente) e, portando l acciaio in campo α per migliorare il coefficiente di diffusione, si attende che il carbonio diffonda verso profondità maggiori Trattamenti termici successivi alla cementazione A seguito del trattamento di cementazione il pezzo avrà un elevata concentrazione di atomi di carbonio in superficie, ma la durezza è ancora scarsa in quanto non è avvenuta la trasformazione martensitica. Per questo motivo si effettua una tempra martensitica, che prende il nome di tempra semplice. Si potrebbe pensare che per temprare il pezzo, a causa della bassa percentuale di carbonio degli acciai da cementazione, si debba raggiungere una temperatura A 3 prossima ai 900 C. Ciò non è vero, perché l obbiettivo è temprare la superficie, che ha una percentuale di carbonio eutettoidica. Questo significa che per avere austenite in superficie è sufficiente portare il pezzo di poco al di sopra della temperatura eutettoidica ( C), mentre il cuore rimane in campo sostanzialmente ferritico (tra l altro con la regola della leva è anche possibile calcolare le percentuali di ferrite e austenite). Data la temperatura relativamente bassa e la volontà di temprare solo la superficie, in questo caso sono sufficienti bagni di tempra con bassa drasticità, ad esempio l olio. Dopo lo spegnimento la superficie avrà struttura martensitica, mentre il cuore sarà composto per la quasi totalità da ferrite. La poca austenite presente si trasforma in perlite o bainite a causa della bassa drasticità del mezzo di tempra. Nel pezzo sarà presente quindi un elevato gradiente di durezza, che può servire per stabilire la qualità del processo di cementazione. Viene misurata la durezza al variare della profondità usando la prova Vickers, una prova ideale per durezze molto elevate e decisamente più scientifica delle altre (con la cementazione si raggiungono durezze anche di HV). L efficacia del trattamento viene misurata attraverso un parametro detto penetrazione efficace P e, che rappresenta la profondità alla quale si è mantenuta una durezza di HV, a seconda della norma usata. Usando i grafici della durezza della martensite 19

30 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI al variare della percentuale di carbonio è possibile trasformare specifiche di penetrazione efficace in specifiche di percentuale di carbonio alla P e, e progettare il trattamento di cementazione di conseguenza. Si possono anche redigere grafici che riportano la P e al variare della radice del tempo t (sono una famiglia di rette crescenti aventi pendenza tanto maggiore quanto più alta è la temperatura T c di cementazione) e che sono in grado di fornire la coppia (t; T c ) per una certa P e richiesta. Una semplice relazione empirica per il calcolo della penetrazione efficace è data da con t in h e T c in K. P e = 660 t e 8287 Tc, In ultima analisi si potrebbe pensare di avere ottenuto un pezzo molto duro ma con un cuore tenace poiché durante la tempra non ha avuto modo di trasformarsi in austenite (bassa percentuale di carbonio) e quindi nemmeno in martensite. Tuttavia non è vero. Durante la cementazione il pezzo rimane per moltissimo tempo in campo austenitico per permettere la diffusione del carbonio. Ciò permette ai grani austenitici di ingrossarsi a tal punto che il loro lento raffreddamento porta a strutture perlitiche grossolane dalla pessima resistenza e tenacità. Per ovviare a questo problema e qualora l importanza del pezzo lo richieda (es. ingranaggi molto sollecitati) si procede ad un trattamento noto come tempra doppia. 1. Si effettua una prima tempra ad una temperatura di circa 900 C, tale da portare anche il cuore del pezzo (che ha una bassa percentuale di carbonio) in fase austenitica. Si fanno tutte le considerazioni del caso sulla temprabilità (vedi Capitolo 1) e si considera come di consueto il pezzo temprato quando ha il 50 % di martensite a cuore. Si ottiene un pezzo dalla grande durezza ma la sua composizione prevalentemente martensitica lo rende tecnicamente inutilizzabile (sarebbe fragilissimo). Inoltre martensiti provenienti da temperature molto elevate come in questo caso sono se possibile ancora più fragili. La trasformazione martensitica ha però cancellato la memoria dei grani ingrossati dalla cementazione con la formazione della sua tipica struttura ad aghi. 2. Si effettua quindi una seconda tempra a temperatura di poco superiore a quella eutettoidica (circa 750 C). La superficie del pezzo, con percentuale di carbonio eutettoidica, passa in campo austenitico mentre il cuore del pezzo rimane essen- 20

31 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI zialmente in campo ferritico. Per il cuore ciò equivale ad un trattamento di rinvenimento, che gli conferisce un elevata tenacità a scapito di una piccola perdita di durezza. Si ottiene quindi un pezzo sostanzialmente bonificato che presenta però una durezza superficiale elevatissima. La seconda tempra riesce anche a produrre in superficie una martensite meno fragile rispetto a quella ottenuta con la prima tempra, poiché proviene da temperature inferiori. La tempra doppia è un trattamento molto costoso, non solo per l ovvio motivo che eseguo la tempra due volte, ma anche perché il costo dell acciaio necessario è molto elevato. Per ottenere la temprabilità necessaria infatti, specialmente nella prima tempra che si effettua ad elevata temperatura, si ha necessità di usare molti elementi di lega visto che la percentuale di carbonio è molto bassa. Ad elevare il costo contribuisce anche l impossibilità tecnica di utilizzare percentuali di manganese superiori allo 0.4 % (sarebbe molto economico) in quanto fragilizza gli strati cementati. Anche il silicio e l alluminio si evitano in quanto elementi ferritizzanti. Per avere una temprabilità accettabile è quindi necessario utilizzare elementi carburigeni come il cromo ed il molibdeno, decisamente più costosi. Per ragioni economiche e quando si ha a che fare con pezzi piccoli e di modesta qualità, è abbastanza comune effettuare il trattamento di tempra appena i pezzi escono dal forno della cementazione. Il materiale è già infatti in campo austenitico, tuttavia la qualità della martensite ottenuta è bassa poiché proviene da temperature elevate. In generale sui pezzi cementati è comunque sempre necessario effettuare un trattamento termico di distensione a circa C, per migliorare la tenacità e rilassare le auto-tensioni La nitrurazione La nitrurazione (nitriding) è un trattamento termo-chimico che non prevede successivi trattamenti termici. Il principio è identico a quello della cementazione ma la specie diffondente non è più il carbonio bensì l azoto (nitrogen). Si utilizzano come al solito i diagrammi di fase. Il diagramma di stato Fe-N è rappresentato in figura 2.1 nella sua interezza ma per i nostri scopi è sufficiente la porzione compresa tra l origine ed una percentuale in massa del 6 % e tra la temperatura ambiente e quella eutettoidica, quando cioè il materiale è in fase α. Non viene superata la temperatura eutettoidica (circa 590 C) per non entrare in fase austenitica (non si ha 21

32 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Figura 2.1: Diagramma di stato Fe-N ingrossamento del grano), mentre ci si mantiene al di sotto del limite del 6 % in massa per non incorrere nella formazione di nitruri troppo fragili. Oltre il 6 % si assiste infatti alla formazione prima della fase γ (gamma prime), ricca di nitruro Fe 4 N, e poi della fase ɛ, ricca di nitruro Fe 3 N. I nitruri sono in generale stratificati, durissimi ma estremamente fragili. Sulle superfici ricchi di nitruri, in particolare di γ, si assiste alla formazione della cosiddetta coltre bianca (white layer). Essa non è coesa col materiale sottostante e tende a sfaldarsi molto facilmente (spalling), mandando in circolo particelle durissime che portano ad un usura accelerata della macchina. È buona norma quindi asportarla mediante spazzolatura meccanica. La nitrurazione è in generale molto costosa poiché i tempi di trattamento sono lunghi a causa della temperatura relativamente bassa e la penetrazione efficace ottenibile è molto contenuta, dell ordine delle frazioni di mm. Una nitrurazione comune dura dalle 30 alle 100 h, ma ha due enormi vantaggi: la durezza è elevatissima, si raggiungono valori superiori ai 1300 HV (vedi figura 2.2). Si possono realizzare apparecchiature di grande precisione (la quale si mantiene inalterata nel tempo grazie alla grande resistenza all usura) come ad esempio guide di macchine utensili, macchine di misura, ingranaggi di elevata precisione. la temperatura di trattamento è bassa, è lontana dai punti critici dell acciaio. Ciò 22

33 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Figura 2.2: Durezza Vickers di un acciaio da nitrurazione significa che si può farla sul pezzo già finito ed in tolleranza perché non induce le distorsioni tipiche della tempra (anche volendo non si riuscirebbe comunque a lavorarlo a causa della sua durezza). Il costo elevato della nitrurazione è dovuto anche alla massiccia presenza di elementi di lega. Infatti elementi come il cromo, il molibdeno o l alluminio (che per esempio è refrattario al carbonio) sono più affini all azoto rispetto al ferro e formano nitruri in tempi più ragionevoli. Per questo non si dovrebbe nitrurare un acciaio semplice, in quanto si impiegherebbero tempi lunghissimi ottenendo penetrazioni efficaci ridicole. Prima del trattamento si fa in genere una bonifica del pezzo in quanto avrebbe poco senso poggiare del materiale durissimo su una matrice molle. Si può distinguere essenzialmente tra tre tipi di nitrurazione: gassosa; liquida; ionica. La nitrurazione gassosa Copre circa il 90 % dei trattamenti. Viene eseguita in forni a campana simili a quelli della cementazione, ma contenenti stavolta un atmosfera composta da ammoniaca ed 23

34 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI Figura 2.3: Curva di rinvenimento di un acciao idrogeno molecolare. Il reattore viene portato ad una temperatura di C ed avvengono le seguenti reazioni: 1. 2NH 3 3H 2 + N 2, l ammoniaca di dissocia in idrogeno e azoto molecolari; 2. N 2 2N, l azoto si deve dissociare poiché per le reazioni di diffusione sono necessari elementi in forma atomica. Visto che il pezzo viene prima bonificato si potrebbe pensare di sfruttare la nitrurazione come se fosse un rinvenimento, ma non sarebbe corretto. Innanzi tutto potrebbe passare diverso tempo tra la tempra e la nitrurazione, mentre le norme prescrivono un tempo massimo tra la tempra ed il rinvenimento. Inoltre osservando le curve di rinvenimento degli acciai (figura 2.3) si può vedere come rinvenendo il materiale alla temperatura di nitrurazione gassosa si incontra il fenomeno della fragilità da rinvenimento noto come malattia di Krupp. È anche per questo motivo che non si dovrebbero nitrurare acciai semplici, infatti si fa ricorso ad elevate percentuali di molibdeno proprio per curare tale malattia. A sconsigliare di usare la nitrurazione come rinvenimento contribuisce anche il fenomeno dell infragilimento da idrogeno. Infatti l idrogeno atomico, presente in quantità elevata nel forno della nitrurazione, penetra tanto più facilmente nell acciaio quanto più la sua struttura è dura ed auto-tensionata. È evidente quindi che nitrurare un pezzo for- 24

35 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI mato in gran parte da martensite come può essere un pezzo temprato è concettualmente sbagliato. La nitrurazione liquida Non si effettua quasi più per le stesse ragioni della cementazione liquida (bagni di cianuri), anche se tecnologicamente sarebbe ottima. La nitrurazione ionica Viene effettuata collegando il pezzo da trattare ad un catodo, mentre nel forno a campana è presente un anodo. L azoto atomico si carica positivamente e bombarda il pezzo, permettendo una diffusione più veloce che nel trattamento gassoso. Essa permette di lavorare a temperature ancora più basse, dell ordine di C, garantendo distorsioni minime e rendendola adatta a pezzi di estrema precisione come le macchine di misura. 2.4 Confronto tra trattamenti superficiali Osservando i grafici della durezza Vickers al variare della distanza dalla superficie si possono individuare le principali differenze tra i vari trattamenti: con la tempra superficiale si ottengono durezze di circa 500 HV e profondità di penetrazione abbastanza elevate, fino a 10 mm; con la cementazione si ottiene una durezza di circa 700 HV ed una P e di pochi mm; con la nitrurazione durezze prossime ai 1300 HV e penetrazioni di frazioni di mm. Dai grafici della durezza Vickers in funzione della temperatura di esercizio si può vedere invece che, mentre tempra superficiale e cementazione presentano un brusco calo della durezza intorno ai 200 C, la nitrurazione conserva le sue caratteristiche di durezza fino a temperature prossime ai 500 C. Ciò deriva dal fatto che, mentre per i primi due trattamenti l indurimento è ottenuto con la formazione di strutture martensitiche instabili soggette agli effetti del rinvenimento, nella nitrurazione si assiste ad una vera e propria modifica della composizione chimica del materiale con la formazione di composti ceramici stabili. Essi mantengono inalterate le loro caratteristiche fino a temperature prossime a quella di nitrurazione, oltre la quale si entra nella fase austenitica. 25

36 CAPITOLO 2. TRATTAMENTI SUPERFICIALI (a) Tempra superficiale (b) Cementazione (c) Nitrurazione Figura 2.4: Confronto durezza Vickers 26

37 Capitolo 3 Acciai ultra-resistenti 3.1 Introduzione Appartengono convenzionalmente a questa categoria gli acciai aventi: R p0.2 > 1350 MPa; R m > 1500 MPa. La loro denominazione è una traduzione dall Inglese di ultrahigh-strength steels e per questo verranno indicati d ora in avanti con la sigla UHSS. Questa classe di materiali è stata sviluppata in seguito alle sempre più stringenti necessità dell industria aeronautica in termini di elevato rapporto prestazioni/peso. Infatti, nonostante il prevalente uso di leghe leggere, ci sono componenti che necessariamente devono essere realizzati in acciaio, come ad esempio i particolari soggetti ad urti violenti (vedi carrello di atterraggio) oppure quelli filettati (bulloneria in generale). Abbiamo visto che ottenere carichi di rottura superiori a 1500 MPa non è proibitivo anche con comuni acciai da bonifica, tuttavia osservando le curve di rinvenimento si può constatare come la tenacità K Ic per tali valori di resistenza sia bassissima. Difficilmente si riescono ad ottenere valori di K Ic superiori a 10 MPa m e nel momento in cui si aumenta la temperatura di rinvenimento per migliorare la tenacità si assiste ad un crollo generalizzato della resistenza. Ciò ha portato allo sviluppo di materiali come gli UHSS aventi sì resistenze elevatissime, ma anche ottimi valori di tenacità, duttilità, resistenza a fatica, etc. 27

38 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI 3.2 L effetto del grado inclusionale Il comportamento meccanico del materiale è notevolmente influenzato dalla presenza o meno di impurezze. Acciai aventi la medesima sigla commerciale ma grado di purezza diverso hanno caratteristiche completamente diverse. Gli elementi più comunemente considerati impurezze sono ad esempio N, H, S, P, Sb, Pb, As, O 2, etc. Sono la conseguenza del processo di fabbricazione dell acciaio e limitarne la quantità rappresenta una voce di costo non trascurabile. A differenza degli elementi di lega, le impurezze hanno quasi sempre un effetto negativo sulle caratteristiche dell acciaio e la loro influenza è tanto peggiore quanto più l elemento è in grado di formare composti. L ossigeno ad esempio è il più indesiderabile a causa della sua tendenza a formare ossidi. Le inclusioni non metalliche più comuni sono rappresentate da: ossidi, come l allumina (Al 2 O 3 ), la silice (SiO 2 ), l ossido di titanio (TiO 2 ); solfuri, come il solfuro di ferro (FeS) o quello di manganese (MnS); nitruri e carburi. Mentre carburi e nitruri sono composti in genere desiderabili (vedi cementazione e nitrurazione), gli ossidi ed i solfuri sono assolutamente da evitare. La motivazione si può spiegare tramite un analogia con la meccanica della frattura. I solfuri e gli ossidi infatti sono l equivalente microscopico degli intagli macroscopici oggetto della MFLE. Non sono altro che discontinuità del reticolo e nonostante posseggano in alcuni casi buone caratteristiche di resistenza non sono coesi col materiale circostante. I solfuri ad esempio hanno la tendenza a formare inclusioni di forma allungata nella direzione di laminazione. Dal punto di vista della MFLE ciò equivale ad un intaglio di lunghezza 2a avente raggio d intaglio nullo, in pratica un intaglio severissimo. Gli ossidi invece si formano quando il materiale è in fase liquida e tendono per ragioni termodinamiche di minimizzazione dell energia superficiale ad assumere forme sferiche: sono equivalenti quindi al problema della concentrazione di tensioni nella lastra forata. In genere carico di rottura e durezza non dipendono dalla purezza del materiale bensì dalla percentuale di carbonio. Questo aspetto diventa invece importantissimo quando intervengono meccanismi di deformazione plastica o sollecitazioni impulsive. Caratteristiche come resilienza, tenacità, duttilità e malleabilità sono fortemente influenzate dalla 28

39 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI percentuale di inclusioni non metalliche (per una definizione rigorosa di queste caratteristiche si rimanda all appendice). La strizione percentuale Z% ottenibile dalla prova di trazione ad esempio è un buon indice della duttilità di un materiale. Se la grafichiamo in funzione della quantità di impurezze si può osservare un andamento parabolico decrescente, con valori di Z% per gradi inclusionali pessimi pari anche alla metà di quella che si avrebbe per un buon acciaio. Comportamenti simili si possono osservare anche nei grafici di tenacità e resilienza. Le impurezze hanno grande influenza anche e soprattutto sul valore del limite di fatica L f ottenibile dalle curve S-n. Mentre con materiali affidabili è pratica comune assumere come limite di fatica un valore di tensione alternata pari alla metà del carico di rottura R m, con materiali scadenti sarebbe un errore grossolano. Basta un grado inclusionale modesto per assistere al crollo di L f : in pratica non ha senso parlare di UHSS se il materiale ha un elevato grado inclusionale. 3.3 Metodi per il controllo della purezza I metodi più usati per rimuovere le impurezze dal materiale sono essenzialmente tre: degasaggio; ESR o rifusione sotto scoria; VAR o rifusione sotto vuoto. Il degasaggio consiste nell inserire il bagno liquido in uscita dalla fornace in una camera dove si fa il vuoto spinto. I gas disciolti tendono ad uscire dal metallo fuso a causa del gradiente di pressione, mentre le inclusioni solide non vengono asportate. È un trattamento tutto sommato economico in quanto permette una grande produttività ed in genere si applica agli acciai per molle, per cuscinetti o ai binari ferroviari. La rifusione sotto scoria o ESR (electroslag remelting) consiste nel disporre il lingotto solidificato del materiale da purificare in un forno elettrico raffreddato a liquido. Esso viene immerso in una scoria formata principalmente da ossidi come l allumina e composti come il fluoruro di calcio. Una corrente elettrica generalmente alternata scorre tra il lingotto di partenza e quello nuovo che si forma sul fondo del crogiolo, facendolo fondere. Il metallo fuso attraversa la scoria e le impurezze solide tendono a reagire con essa o 29

40 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI a risalire in superficie, tuttavia questo trattamento non riesce a rimuovere le inclusioni gassose. È abbastanza costosa a causa della sua bassa produttività, inoltre questo tipo di processo è soggetto a rendimento non trascurabile. La rifusione sotto vuoto o VAR (vacuum arc remelting) è concettualmente simile a quella ESR, eccetto per il fatto che nel crogiolo viene fatto il vuoto spinto e che la corrente che scorre è continua. La combinazione di vuoto e rifusione sotto scoria permette la rimozione sia delle inclusioni solide che di quelle gassose. Ha un costo elevato per le stesse ragioni di quella sotto scoria, tuttavia non è raro che il VAR possa raddoppiare la vita a fatica di acciaio scadente e migliorare moltissimo anche tenacità e resilienza. 3.4 I più comuni UHSS Per quanto riguarda gli UHSS si fa spesso riferimento alla nomenclatura americana, perciò d ora in avanti saranno identificati con la sigla in uso in questo paese. Verrano elencati in ordine di tenacità crescente, ma (non casualmente) la lista è anche in ordine cronologico AISI 4340 Può essere considerato il capostipite degli UHSS. Ha una composizione paragonabile con quella del 40NiCrMo7, appartiene quindi agli acciai da bonifica. Viene infatti sottoposto a tutti i trattamenti tipici della bonifica, cioè tempra e rinvenimento. Ha una notevole temprabilità dovuta alla massiccia presenza di elementi di lega (tabella 3.1), perciò per pezzi di piccole dimensioni prende tempra in aria. Per pezzi più massicci è comunque sufficiente un bagno di tempra poco drastico come quello in olio. Elemento C Si Mn Ni Cr Mo (%) Tabella 3.1: Composizione AISI 4340 Il rinvenimento viene di solito effettuato tra 200 e 300 C, appena prima che la curva di durezza cominci a scendere. La quantità di elementi di lega può abbassare la temperatura di M f, infatti con questo acciaio rischio di avere austenite residua in percentuali fino al 30

41 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI 4%. Per questo viene in genere effettuato un doppio rinvenimento (il più usato è a 215 C per due ore) che limita l instabilità dimensionale derivante dall austenite residua. Questo acciaio e più in generale tutti gli UHSS sono così resistenti da incorrere nel fenomeno della tenso-corrosione o stress corrosion cracking (vedi appendice) e nella fragilità da idrogeno, per questo vengono in genere protetti con rivestimenti galvanici. A seconda del campo di impiego il 4340 può avere carichi di rottura compresi tra 1450 (aviazione civile) e 1850 MPa (aerei militari). Purtroppo difficilmente si superano tenacità di 20 MPa m, pena il crollo della resistenza meccanica M, D6a e D6ac Il 300M è stato progettato per migliorare la tenacità del 4340 senza perdere in resistenza. La strada seguita è quella di migliorare la resistenza al rinvenimento mediante l aggiunta di silicio in percentuali del 2 3%. Il silicio infatti è un elemento grafitizzante, ossia ritarda l espulsione del carbonio dalla martensite. L effetto pratico è quello di spostare il punto della curva di rinvenimento dove crolla la durezza verso temperature maggiori. Il 300M viene di solito rinvenuto due volte a 300 C per due ore. Simili al 300M sono il D6a ed il D6ac, che però al posto del silicio sfruttano l effetto del manganese il quale migliora sia la resistenza al rinvenimento che la tenacità alle basse temperature. In questo caso si raggiungono tenacità dell ordine di MPa m. Si è visto quindi come semplicemente giocando con gli elementi di lega si è giunti a quadruplicare la tenacità di un comune acciaio da bonifica, tuttavia questi valori si sono dimostrati essere il limite superiore per questa categoria di acciai % Cr Aggiungendo cospicue quantità di cromo (5 %) e minori quantità di molibdeno e vanadio ad un acciaio da bonifica si assiste ad un cambiamento della curva della durezza di rinvenimento. Le curve abbandonano infatti l andamento discendente tipico degli acciai da bonifica in favore di uno che presenta un picco secondario di durezza per temperature relativamente elevate, intorno ai C. La ragione di ciò risiede nella tendenza di molibdeno e vanadio a precipitare sotto forma di carburi alle elevate temperature. La resistenza aumenta perché tali carburi sono molto fini ed ostacolano efficacemente il moto delle dislocazioni. 31

42 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI Un rinvenimento del genere permette di raggiungere tenacità di MPa m e conserva le caratteristiche meccaniche del materiale fino a temperature d esercizio prossime a quella di rinvenimento. Acciai di questo tipo hanno trovato applicazione infatti in quei campi dove la temperatura d esercizio è elevata, ad esempio nell industria missilistica, tuttavia per aumentare ancora la tenacità ci si accorse che l unica strada possibile era diminuire la percentuale di carbonio, cambiando radicalmente la famiglia del materiale Il rafforzamento per precipitazione Abbassando la percentuale di carbonio si assiste in generale alla diminuzione della resistenza, come si può osservare dai grafici della durezza HRC in funzione della percentuale di carbonio. È evidente quindi che il meccanismo di rafforzamento tipico degli acciai al carbonio, cioè la trasformazione strutturale dell austenite in martensite, non è più sufficiente ad ottenere elevate prestazioni. Fu per questo seguita una nuova strada, scegliendo come meccanismo di rafforzamento quello per precipitazione dei carburi, già esposto nel paragrafo precedente. Alla diminuzione del carbonio fece seguito un aumento degli altri elementi di lega, in particolare di nichel (7 8 % per migliorare la tenacità), vanadio, molibdeno, titanio e alluminio, dimodoché fosse favorita la formazione di precipitati come il Ni 3 Ti o il Ni 3 Al alle elevate temperature di rinvenimento ( C). Acciai del genere sono fortemente legati e generano il fenomeno dell austenite residua a causa dell abbassamento della temperatura di M f. Per ovviare a questo problema si ricorre all unico elemento di lega che alza le temperature di inizio e fine trasformazione martensitica, il cobalto. Grazie alle elevate percentuali di leganti questi acciai sono autotempranti in aria, anche per pezzi di elevate dimensioni, ed eliminano quindi il fenomeno della distorsione da tempra. Pur posizionandosi al confine con le superleghe, questi acciai garantiscono carichi di rottura fino a 1800 MPa e tenacità prossime alla storica soglia dei 100 MPa m Il Maraging La parola composta Maraging deriva da martensite aging (martensite invecchiata). È universalmente noto come uno dei materiali dalle migliori prestazioni meccaniche ed è considerato strategico. Possiede ottima tenacità ed elevata resistenza sia alle basse che alle alte temperature. Scoperti agli inizi degli anni 60, i Maraging furono per lungo tempo utilizzati solo in campo militare e nella realizzazione delle centrifughe per l arricchimento 32

43 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI dell uranio. Solo di recente vengono usati anche in campo civile, per costruire stampi per pressofusione, mazze da golf o fioretti, tuttavia sono sottoposti ad un attento controllo da parte di enti internazionali. È estremamente costoso: è quotato dai circa euro kg delle versioni commerciali fino ai 300 euro kg di quelle da laboratorio. Il Maraging è una lega ferro-nichel, con l aggiunta massiccia di elementi come molibdeno, cobalto, titanio e alluminio (tabella 3.2). Il carbonio è praticamente assente e limitato allo 0.03 % per normativa. Così tanti elementi di lega fanno sì che le curve di Bain si spostino verso tempi anche di qualche settimana, perciò è evidente che i Maraging sono totalmente autotempranti. Elemento Ni Mo Co Ti Al C (%) Tabella 3.2: Composizione Maraging Osservando il diagramma ferro-nichel si vede che per percentuali di nichel superiori al 30 % si ha austenite a temperatura ambiente, condizione assolutamente da evitare. Posizionandosi su percentuali intermedie per rendere possibile la trasformazione martensitica si assiste invece ad un fenomeno noto come isteresi termica. I diagrammi di fase differiscono a seconda che il gradiente di temperatura sia positivo o negativo, ossia se sto eseguendo un riscaldo oppure un raffredo del materiale. In particolare le curve per gradiente positivo sono spostate verso temperature anche di C superiori rispetto a quelle per gradiente negativo. La martensite ottenuta dalla tempra in aria dei Maraging è molto particolare. Dai grafici che legano le lunghezze c ed a dei lati del reticolo alla percentuale di carbonio si vede che per carbonio assente si ha c = a, cioè una struttura praticamente cubica a corpo centrato identica a quella della ferrite α. Ovviamente si tratta a tutti gli effetti di martensite in quanto non ho avuto una nucleazione a partire da grani austenitici e per distinguerla viene chiamata α. La struttura così ottenuta ha una durezza molto limitata, minore di 30 HRC, a causa dell assenza del carbonio. Ciò rende i Maraging temprati estremamente lavorabili alle macchine utensili e per deformazione plastica, riducendo moltissimo il costo del ciclo di lavorazione. Ma che cos è che li rende allora così performanti? La risposta risiede nel fenomeno dell invecchiamento, comune anche a diverse leghe 33

44 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI di alluminio ed agli acciai per utensili. La differenza di comportamento dovuta all isteresi termica permette in fase di riscaldo di raggiungere temperature prossime a 550 C senza sconfinare nel campo α + γ, tuttavia si tende ad attestarsi intorno ai 480 C. A tali temperature si assiste alla precipitazione di composti intermetallici estremamente fini come il Fe 2 Mo (noto come fase di Laves) e il Ni 3 Al. Le dimensioni nanometriche di questi composti e la loro elevata densità bloccano straordinariamente bene il moto delle dislocazioni, in quanto la tensione tangenziale necessaria per oltrepassarle è proporzionale all inverso della distanza tra le particelle precipitate. Una volta precipitato tutto il precipitabile la resistenza si mantiene costante per un lungo periodo, oltre il quale si assiste all aumento di dimensione delle particelle (overaged structure). Generalmente l invecchiamento effettuato a 480 C dura tra le 8 e le 12 ore e consente di ottenere durezze anche doppie rispetto ai 30 HRC di partenza. Invecchiando il materiale a temperature più elevate (sempre al di sotto del campo α + γ ovviamente) si assiste ad un accorciamento dei trattamenti a scapito di una minore durezza finale, mentre a temperature più basse osservo il contrario. Ciò è dovuto alla dipendenza del fenomeno dai moti diffusivi, infatti con temperature elevate non riesco ad ottenere le minime distanze interparticellari possibili. Esistono diversi gradi di Maraging, identificati dal carico di rottura in ksi. Il più usato è il 250 che corrisponde ad un R m di 1750 MPa, anche se in laboratorio sono state messe a punto versioni con carico di rottura di 3400 MPa. Ovviamente man mano che salgo con la resistenza perdo in tenacità, tuttavia essa rimane ottima e prossima a 150 MPa m, migliorando di molto il comportamento a tenso-corrosione rispetto agli altri UHSS. Le caratteristiche del Maraging permettono notevoli risparmi nonostante il costo del materiale in sé sia esorbitante. È autotemprante, non si generano distorsioni, è molto ben lavorabile e deformabile plasticamente. Una volta eseguite le lavorazioni mi resta solo da fare un semplice invecchiamento. L elevata quantità di molibdeno e alluminio consente la nitrurazione, ottenendo una durezza superficiale elevatissima unita a grandi resistenza e tenacità a cuore. L invecchiamento può essere effettuato in contemporanea con la nitrurazione, prestando la dovuta attenzione alla fragilità da idrogeno. Inoltre l assenza di carbonio lo rende molto ben saldabile ed ottimo per le riparazioni: il giunto saldato raffreddandosi diventa martensite ed una volta invecchiato forma una soluzione di continuità perfetta nel materiale. Tra i contro di questo materiale c è la discontinuità di produzione: viene ordinato 34

45 CAPITOLO 3. ACCIAI ULTRA-RESISTENTI su commessa in grandi lotti e quasi mai viene messo a magazzino a causa del suo costo elevato. È quindi di difficile reperibilità. 35

46 Capitolo 4 Acciai per impieghi specifici 4.1 Acciai per cuscinetti Questa famiglia non copre solo i cuscinetti ma anche tutti quei componenti di macchine che sono sollecitati con pressioni hertziane da contatto con corpo volvente, come ad esempio i rulli o le camme. In accordo con la teoria di Hertz le massime sollecitazioni non si hanno sulla superficie ma leggermente al di sotto e possono portare alla deformazione plastica localizzata del materiale. Questi acciai devono quindi essere molto duri (fino a certe profondità) ma anche possedere una buona resistenza all usura da spalling. Con le moderne tecniche di misura si è potuto constatare che il concetto stesso di carico di snervamento, specialmente per materiali molto resistenti, non è del tutto univoco. Si è scoperta infatti l esistenza di un fenomeno chiamato microplasticità: il materiale, pur avendo un carico di snervamento globalmente molto elevato, presenta delle micro-deformazioni plastiche anche per carichi relativamente bassi e questo fenomeno è particolarmente marcato negli acciai sottoposti a tempra martensitica. La martensite infatti è una fase metastabile ed è possibile che piccoli scorrimenti localizzati avvengano sulle sue strutture fortemente dislocate. Il rafforzamento usato quindi è quello per precipitazione dei carburi, i quali devono avere una certa dimensione e regolarità di distribuzione per conferire le migliori resistenze all usura possibili. Da questo punto di vista è anche necessario che il materiale possegga un ottima pulizia inclusionale; ossidi e solfuri infatti, dalle pessime prestazioni meccaniche, tendono a schiacciarsi molto facilmente sotto l azione delle pressioni hertziane, formando microcricche sotto la superficie che portano il materiale a sfaldarsi velocemente. 36

47 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI Il capostipite degli acciai per cuscinetti è il 100Cr6. Con l 1 % di carbonio è un acciaio iper-eutettoidico perciò occorre prendere tutte le precauzioni tipiche di questi acciai, in particolare nei confronti dell austenite residua. Il materiale grezzo fornito dal produttore possiede in generale grossi agglomerati di carburi che vengono frantumati mediante un operazione di forgiatura a caldo/laminazione per omogeneizzarne la struttura. A questo stadio della lavorazione il materiale è molto duro perciò si esegue una ricottura di lavorabilità che gli conferisce il minimo della durezza e si eseguono quindi le lavorazioni meccaniche. Per quanto riguarda il trattamento termico bisogna prestare particolare attenzione alla temperatura di austenitizzazione. Non si deve assolutamente entrare completamente in campo austenitico ma rimanere invece di poco al di sopra della temperatura eutettoidica. Alle elevate temperature del campo γ infatti avverrebbe il discioglimento dei carburi, i quali precipiterebbero poi intorno ai bordi di grano creando degli intagli microscopici penalizzanti in termini di resistenza all usura. Lo spegnimento si può tranquillamente fare in olio grazie alla presenza del cromo che conferisce una buona temprabilità, tuttavia se le dimensioni elevate del pezzo lo richiedono si aggiungono ulteriori elementi di lega, come nel 100CrMo7. Il rinvenimento consiste in una semplice distensione in quanto la tenacità non è importante nei cuscinetti, tuttavia viene fatto relativamente lungo per mitigare il problema dell austenite residua. Rinvenendo a C si ottengono durezze comprese tra 64 e 67 HRC, che comunque crollano non appena la temperatura di esercizio supera quella di rinvenimento. È quindi evidente quanto il controllo della temperatura sia importante in questo tipo di applicazione. 4.2 Acciai per molle Le molle sono per definizione particolari adatti ad immagazzinare energia elastica. Dato che la densità di energia elastica immagazzinata u e vale u e = 1 2 R 2 p0.2 E ci sono due strade per ottenere un buon acciaio per molle: aumentare il carico di snervamento; 37

48 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI diminuire il modulo di Young. Per la famiglia degli acciai tuttavia E è molto poco variabile, perciò si cerca di migliorare R p0.2 (anche perché compare con la seconda potenza). Si potrebbe pensare di usare gli UHSS descritti in precedenza ma due motivi lo sconsigliano: hanno un costo elevato mentre le molle sono particolari realizzati in grande serie dove il costo del materiale gioca un ruolo importante; sono progettate per lavorare in campo elastico quindi non necessitano delle grosse riserve di duttilità tipiche degli UHSS. Si distinguono essenzialmente due categorie di acciai per molle: acciai al solo carbonio; acciai debolmente legati (elementi di lega < 5%) Acciai per molle al solo carbonio Si potrebbe pensare di temprare una matassa di filo di acciaio al solo carbonio per ottenere i carichi di snervamento desiderati e dopo avvolgerlo per ottenere la forma desiderata. Un reticolo martensitico tuttavia non riuscirebbe a deformarsi plasticamente, mentre se si invertissero le operazioni la tempra indurrebbe distorsioni e cricche sulla molla già formata. Inoltre un acciaio del genere sarebbe molto poco temprabile. È evidente quindi che occorre cercare un meccanismo di rafforzamento diverso dalla distorsione del reticolo che si ottiene con la tempra. Il meccanismo usato in questo caso è quello dell incrudimento. Il materiale viene deformato plasticamente in modo da aumentare la densità delle dislocazioni. Ne consegue una diminuzione della distanza media fra le dislocazioni che, bloccandosi reciprocamente, aumentano le tensioni necessarie ad attivare lo scorrimento plastico fra i piani cristallini. La microstruttura più adatta a questo tipo di processo è la perlite fine. La perlite, al contrario della bainite e della martensite, ha una buona riserva di duttilità grazie alla relativa cedevolezza delle lamelle di ferrite ed è quindi molto ben deformabile plasticamente. Tra le varie perliti ottenibili si sceglie infine quella dal grano più fino possibile poiché più piccolo è il grano minore sarà il numero di dislocazioni che possono impilarsi sul suo bordo. Negli acciai per molle al solo carbonio si sfrutta quindi l effetto combinato di rafforzamento per incrudimento e per riduzione della dimensione dei grani. Per ottenere una perlite il più fine possibile si usano le curve TTT in quanto il processo tecnologico usato approssima molto bene una trasformazione isoterma. Il materiale 38

49 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI viene portato quasi istantaneamente alla temperatura di trasformazione desiderata e vi permane il tempo necessario al suo completamento. La temperatura viene scelta tenendo conto che la dimensione della perlite dipende da due fenomeni in controtendenza: la nucleazione delle lamelle di ferrite e cementite; il loro accrescimento. Un elevato grado di sottoraffreddamento garantisce che molte particelle di ferrite comincino a nucleare contemporaneamente sui bordi di grano austenitici perciò temperature basse aumentano il numero di lamelle. Un basso grado di sottoraffreddamento invece permette al coefficiente di diffusività D di assumere valori elevati e per questo di migliorare la mobilità degli atomi di carbonio, aumentando la velocità di formazione delle lamelle. Il migliore compromesso tra queste due tendenze si ha intorno ai 550 C in corrispondenza del naso bainitico delle curve TTT, dove la perlite che si forma ha una struttura il più fine possibile. Il trattamento che permette di far stazionare il materiale per un tempo sufficiente alla completa trasformazione perlitica ai 550 C sopra menzionati si chiama patentamento. Fino agli anni 80 consisteva nell immergere il materiale in un bagno di piombo fuso capace di abbattere istantaneamente la temperatura ma oggi è stato abbandonato per evidenti motivi ambientali. Il filo di acciaio viene invece fatto passare attraverso una tubazione dove viene insufflato azoto molecolare. Dopo il patentamento l acciaio ha carichi di snervamento ancora troppo bassi, intorno ai 1000 MPa, perciò si effettua una operazione di trafilatura per incrudire il materiale, sfruttando l elevata duttilità della perlite. Il filo attraversa una serie di trafile (fino a 9) nelle quali viene progressivamente ridotto di diametro fino ad ottenere percentuali di riduzione dell %. Per tali valori della riduzione di diametro si assiste quasi ad un raddoppio del carico di snervamento del materiale, che può arrivare tranquillamente fino a 2000 MPa. Osservando le curve del carico di snervamento al variare della percentuale di riduzione del diametro si può vedere che per diverse percentuali di carbonio le curve differiscono molto per basse percentuali di riduzione ma tendono a ricongiungersi per quelle elevate. In definitiva quindi il carico di snervamento massimo ottenibile da un acciaio al solo carbonio trafilato non dipende molto dalla percentuale di carbonio. 39

50 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI L uso degli acciai al solo carbonio è riservato a molle di piccolo diametro (15 20 mm prima della trafilatura) in quanto per diametri maggiori non si riesce più ad ottenere perlite fine in tutta la sezione a causa della scarsa conducibilità termica dell acciaio Acciai per molle debolmente legati Per molle ad elica di grosso diametro o per le molle a lamina ed a balestra non si può usare il meccanismo di rafforzamento per incrudimento. Si utilizza di nuovo il trattamento termico perciò occorre fare tutte le considerazioni sulla temprabilità, sulla drasticità del mezzo di tempra e sul rinvenimento tipiche degli acciai da bonifica. In genere vengono usate percentuali di carbonio maggiori dello 0.45 %. Tra gli elementi di lega di fondamentale importanza è il silicio, con concentrazioni comprese tra l 1 ed il 2 %: è un elemento grafitizzante, non precipita sotto forma di carburo ed aumenta il carico di snervamento più di quanto aumenti quello di rottura per effetto sostituzionale. Un esempio di acciaio per molle debolmente legato è il 46Si7. Una differenza rispetto agli acciai da bonifica risiede nel fatto che una molla si ritiene correttamente temprata quando abbia non più il 50 % di martensite a cuore bensì l 80 %. Ciò costringe a ricorrere all aggiunta di elementi come il cromo, il vanadio ed il molibdeno quando la temprabilità del pezzo lo richieda e ad usare mezzi di tempra poco drastici in quanto la geometria del pezzo è a questo punto del ciclo quella finale. L elevata quantità di elementi di lega negli acciai per molle debolmente legati ritarda anche la diffusione del carbonio durante il rinvenimento, permettendo di mantenere prestazioni ottime anche a temperature maggiori di 500 C. Al contrario è evidente che una molla realizzata con acciaio al solo carbonio perda le sue caratteristiche di resistenza non appena la temperatura superi di poco i 200 C a causa del fenomeno del riassestamento o recovery. 4.3 Acciai per utensili Contrariamente a ciò che si pensa di solito la maggior parte degli utensili non lavora per asportazione di truciolo, bensì per deformazione plastica. Sono utensili gli stampi per lo stampaggio delle lamiere, le trafile, i rulli di laminazione. Gli acciai di questa famiglia devono avere in generale una grande durezza perché non si devono deformare sotto le elevate pressioni di contatto tipiche del loro impiego e devono avere una grande 40

51 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI resistenza all usura in modo da poter spalmare su di un gran numero di pezzi prodotti il loro costo esorbitante. Si distingue generalmente tra acciai per utensili di due categorie: a freddo, quando la temperatura d esercizio è minore di 150 C; a caldo, per temperature maggiori, fino a 600 C Acciai per utensili a freddo Il meccanismo di rafforzamento non è più come nelle molle l incrudimento. Esso infatti garantisce sì durezze elevatissime ma l affollamento di dislocazioni causa una pessima resistenza all usura, perciò si ricorre alla tempra martensitica. Esistono tre categorie di acciai per utensili a freddo: quelli al solo carbonio, quelli debolmente legati e quelli fortemente legati. Acciai al solo carbonio Dai grafici della durezza HRC in funzione della percentuale di carbonio si nota come per concentrazioni di carbonio superiori allo % si assiste ad un appiattimento della curva intorno a valori di durezza di HRC. In questa zona si hanno durezze elevate ed ottima resistenza all usura, mentre spostandosi oltre lo 0.6 % non si ottengono migliori durezze ma solo peggiore tenacità. Un acciaio al solo carbonio ha una pessima temprabilità, ma ciò non rappresenta un problema. Un utensile infatti deve essere molto duro solo in superficie. Se la tempra non penetra nel materiale può anche essere un vantaggio, in quanto ottengo un pezzo con un cuore molto tenace. In questi acciai non nascono tensioni fasiche, perciò si possono usare mezzi di tempra drastici come l acqua salata. Il rinvenimento viene effettuato a temperature di C giusto per rilassare le autotensioni della martensite, per questo non possono essere usati a temperature d esercizio elevate (non è un problema perché sono comunque utensili a freddo). Un esempio di acciaio per utensili a freddo al solo carbonio è il C120 KU. Acciai debolmente legati Quando le penetrazioni richieste alla tempra aumentano si ricorre all aggiunta di elementi di lega come il manganese. Inoltre la cementite è il meno duro tra i carburi che si possono formare, quindi si aggiungono tungsteno, molibdeno e vanadio, i quali precipitano sotto forma di carburi durissimi, mentre il cromo migliora la resistenza a 41

52 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI caldo. I carburi, pur migliorando la durezza, peggiorano la conducibilità termica, perciò si hanno difficoltà a smaltire il calore. Tali acciai presentano il picco secondario di durezza per precipitazione dei carburi tipico di alcuni UHSS, quindi rinvenendo a temperature elevate si ottengono benefici per quanto riguarda la tenacità. Un esempio può essere l 1%C 4%W 1%Cr, capace di durezze prossime ai 69 HRC. Acciai fortemente legati Prendono il nome di acciai ledeburitici. Hanno percentuali di cromo superiori al 12 % e di carbonio comprese tra lo 0.8 ed il 2 %. A causa dell elevata quantità di cromo sono praticamente inossidabili, quindi vengono usati nelle strumentazioni chirurgiche e nella coltelleria. Il cromo aumenta anche la temprabilità del materiale permettendo la realizzazione di grandi pezzi come i rulli dei laminatoi, i quali prendono tempra in aria. Il ciclo di lavorazione Il ciclo di lavorazione di un acciaio per utensili a freddo si articola in: 1. forgiatura; 2. ricottura di lavorabilità; 3. lavorazioni meccaniche; 4. trattamento termico; 5. finitura. Normalmente il materiale grezzo che viene fornito dal produttore ha grossi agglomerati di carburi molto duri, quindi per omogeneizzare la struttura si fa una forgiatura ad alta temperatura. Maggiore è il contenuto di elementi di lega più elevata sarà la temperatura alla quale occorre portare il materiale prima della forgiatura. I carburi diversi dalla cementite infatti, come il carburo di tungsteno o di molibdeno, tendono a sciogliersi meno facilmente della prima, spingendo la temperatura di forgiatura fino a 1200 C (calor bianco). La finitura può essere effettuata solo mediante rettifica in quanto il materiale possiede a questo punto del ciclo una durezza prossima ai 70 HRC. 42

53 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI Acciai per utensili a caldo Gli acciai per utensili a caldo si suddividono in: hot work; rapidi e superrapidi. Hot work Gli hot work sono acciai usati per la realizzazione di stampi per pressofusione o per stampaggio a caldo. In genere si realizza in hot work solo la parte dello stampo in contatto con il materiale caldo, mentre il porta-utensile è in acciaio da bonifica. La conducibilità termica di questi acciai è pessima perciò all interno del materiale si realizzano fortissimi gradienti di temperatura. Le massime temperature si verificano sulla superficie dello stampo per pochissimo tempo ed arrivano a circa 600 C. In questi particolari è molto più rilevante il fenomeno della fatica termica che quello della fatica meccanica. Quando il materiale da formare ingaggia lo stampo infatti la sua superficie si riscalda ma il cuore, a causa della cattiva conducibilità termica, resta freddo. La superficie quindi tenta di dilatarsi ma il cuore freddo glielo impedisce; essa va quindi in compressione. Quando il pezzo formato si allontana invece la superficie si raffredda bruscamente mentre il cuore rimane caldo. La superficie tenta di contrarsi ma il cuore glielo impedisce e va quindi in trazione. È importante che un particolare soggetto ad un ciclaggio termico così severo sia certamente duro ma anche molto tenace. Per questo motivo il tenore di carbonio in questi acciai non è mai troppo elevato, difficilmente superiore allo 0.6 %. Si usano elementi di lega come cromo, tungsteno, vanadio e molibdeno per migliorare la resistenza al rinvenimento ad alta temperatura, ma in quantità tali da non generare il picco secondario di durezza. La durezza che si ottiene con un rinvenimento a 600 C non è elevatissima, circa 45 HRC, ma per questi impieghi è sufficiente. I carburi precipitati servono piuttosto a migliorare la cattiva resistenza all usura della martensite. Se le temperature di esercizio dell utensile non salgono sopra ai 450 C diventa competitivo l acciaio Maraging in quanto permette di risparmiare sul ciclo di lavorazione (come descritto nel capitolo sugli UHSS). 43

54 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI Acciai per lavorazioni ad asportazione di truciolo Questi acciai sono noti principalmente col nome di acciai rapidi o HS (high speed steel) a causa del loro impiego nel campo dell asportazione di truciolo a velocità di taglio elevate. Il fenomeno dell asportazione di truciolo è governato dalla legge di Taylor che lega la velocità di taglio v con la durata del tagliente T mediante la relazione v T n = V 1, dove V 1 è la velocità di taglio che consente una durata del tagliente di un minuto ed n è una costante tipica della coppia materiale utensile/materiale del pezzo. Riportando nel piano Log v-log T le curve dei vari materiali da taglio si vede che sono delle rette decrescenti tanto più spostate verso velocità maggiori quanto migliore è il materiale. Gli acciai rapidi ad esempio hanno caratteristiche molto peggiori dei materiali ceramici che oggi rappresentano lo stato dell arte dei materiali da taglio. Per avere durate del tagliente accettabili unite a velocità di taglio industrialmente appetibili occorre che l acciaio conservi durezze elevatissime (maggiori di 65 HRC) anche a temperature prossime ai 600 C. Per ottenere tali caratteristiche si aggiungono elementi carburigeni come cromo, molibdeno, tungsteno e vanadio, con quantità di carbonio intorno allo 0.8 %. Il capostipite degli acciai rapidi è il composto per il 18 % da tungsteno, il 4 % da cromo e l 1 % da vanadio. Con così tanti elementi di lega il diagramma ferro-carbonio si modifica moltissimo. Tenendo fissi gli altri elementi si vede che il punto eutettoidico si è spostato intorno allo 0.25 % di carbonio a 800 C, mentre il campo di esistenza della fase γ+carburi arriva fino a circa 1350 C. Un acciaio del genere avente lo 0.8 % di carbonio diventa fortemente ipereutettoidico e la fase puramente γ non è raggiungibile. I carburi disciolti nel materiale sono fortemente refrattari quindi per assistere ad un loro accettabile discioglimento nella fase γ si deve riscaldare l utensile fino a C. Tale riscaldo non può essere fatto con continuità poiché la cattiva conducibilità termica indurrebbe una differenza di temperatura tra superficie e cuore tale da portare alla rottura del pezzo. Si esegue per questo un riscaldo a gradini (fino a sette), molto lento e dispendioso. Poiché si sale fino a 1300 C è necessario un controllo della temperatura molto preciso a causa della prossimità della fase liquida. Lo spegnimento allo stesso modo non può essere fatto bruscamente perché si parte da temperature troppo elevate. Fortunatamente è possibile dividerlo in due step grazie ad 44

55 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI una particolare proprietà di queste leghe, nota come lacuna di trasformazione. Osservando le curve TTT infatti si vede come tra 500 e 650 C esiste una porzione del diagramma dove l austenite è stabile indefinitamente. Se si attraversa la zona superiore di austenite instabile molto velocemente in modo da non incontrare l inizio della trasformazione perlitica è possibile stazionare nel campo di austenite stabile per tutto il tempo necessario a che la temperatura di superficie e cuore si uniformi. A questo punto si può eseguire un semplice raffreddo in aria e temprare l utensile con un salto di temperatura inferiore, evitando gli stress termici; il materiale ha però un elevata percentuale di austenite residua in quanto la temperatura di fine trasformazione martensitica è sotto quella ambiente. La curva di rinvenimento presenta il picco secondario da precipitazione dei carburi che intorno a 600 C conferisce al materiale una durezza superiore a 65 HRC. Fortunatamente tale precipitazione mitiga il problema dell austenite residua. La formazione dei carburi da luogo ad un materiale chimicamente eterogeneo; l austenite residua man mano si impoverisce di elementi di lega e al momento del raffreddo si comporta come un materiale molto meno ricco di elementi di lega, con una temperatura di fine trasformazione martensitica più elevata. In pratica quindi l austenite residua si tempra durante il raffreddo in aria dopo il rinvenimento e non durante la tempra stessa. In genere si eseguono più rinvenimenti, fino ai sette dei grandi cilindri per laminatoi. Per affrontare il problema dell austenite residua si può fare ricorso anche all aggiunta di cobalto, che sposta in alto la M f. Questa tecnica ha dato vita agli acciai superrapidi o HSS, che pur costando di più semplificano molto l operazione di rinvenimento Il mercato e la nomenclatura degli acciai per utensili Il mercato degli acciai per utensili è mondiale. Rappresentano l 1 % in peso ma il 4 % in fatturato, perciò hanno un costo molto elevato che giustifica la globalità del mercato. Per identificarli si usa in genere la nomenclatura internazionale, che è semplice ma poco intuitiva. Le sigle sono formate da una lettera indicante la famiglia seguita da un numero. Le principali famiglie sono: W, prendono tempra in acqua salata, i nostri acciai al carbonio; O, prendono tempra in olio, i basso-legati; A, prendono tempra in aria, gli alto-legati; 45

56 CAPITOLO 4. ACCIAI PER IMPIEGHI SPECIFICI D, gli acciai ledeburitici; S, acciai resistenti allo shock meccanico; H, hot work; T, acciai al tungsteno; M, acciai al molibdeno. 46

57 Capitolo 5 Le lamiere I materiali studiati finora sono usati per la realizzazione di particolari massivi, nei quali le tre dimensioni sono paragonabili tra loro. Le lamiere al contrario sono oggetti che hanno due sole dimensioni prevalenti; si sviluppano cioè su di una superficie e sono caratterizzate dal loro spessore s. In generale qualsiasi particolare realizzato con lamiere è sottoposto alle operazioni di deformazione plastica a freddo e saldatura. Le lamiere vengono divise in: sottili (s < 10 mm), usate nell industria dell auto ed in quelle aeronautica, navale e ferroviaria; spesse (s > 10 mm), usate per ponti, piattaforme offshore e grandi tubazioni. Nel mercato degli acciai le lamiere rappresentano i due terzi del volume e sono così importanti che esistono norme apposite relative ai soli laminati. Esistono anche lamiere di materiale diverso rispetto all acciaio, ad esempio alluminio, rame o titanio. La caratteristica particolare della progettazione di particolari in lamiera risiede nel fatto che a differenza degli oggetti massivi non si effettua il trattamento termico, che viene delegato al fornitore. 5.1 Il meccanismo di deformazione plastica La deformazione plastica di un materiale è associata al moto delle dislocazioni. In un reticolo cristallino esistono delle direzioni privilegiate verso cui le dislocazioni si muovono: esse coincidono con le direzioni di massima densità lineare nei piani con massima densità 47

58 CAPITOLO 5. LE LAMIERE planare del reticolo noti come sistemi di scorrimento. In particolare la struttura FCC ha quattro piani e tre direzioni di scorrimento mentre quella BCC ne ha rispettivamente sei e due, per un totale di 12 sistemi di scorrimento per entrambe. La deformazione plastica avviene quindi quando il carico applicato possiede una componente di tensione tangenziale nel piano di scorrimento tale da superare un valore critico τ c, oltre il quale si innesca il movimento della dislocazione. Per calcolare sperimentalmente questa tensione critica si fa ricorso comunque ad una prova di trazione e si deriva un equazione che leghi la componente normale σ a quella tangenziale τ. Per far ciò si considera un provino cilindrico con sezione normale A 0 sottoposto ad un carico assiale F. Un generico sistema di scorrimento sarà costituito da un piano e da una direzione di scorrimento formanti rispettivamente un angolo ϕ e λ con l asse del provino. La componente di tensione normale al piano di scorrimento σ A sarà data dal rapporto tra il carico assiale F e l area della sezione di scorrimento secondo la relazione σ A = F A 0 cos ϕ. La componente di taglio secondo la direzione di scorrimento varrà invece τ = σ A cos λ = σ cos ϕ cos λ. Questa equazione è conosciuta come legge di Schmid ed il termine cos ϕ cos λ prende il nome di fattore di Schmid. Esso risulta massimo quando sia ϕ che λ valgono 45 ed il suo valore è 0.5. Ciò è vero per un materiale monocristallino, in realtà il materiale sarà in generale composto da un gran numero di grani con sistemi di scorrimento casualmente disposti. Lo snervamento avverrà prima in quei grani orientati in modo da avere un fattore di Schmid prossimo a 0.5 e solo aumentando il carico esso si estenderà anche a quei grani con un fattore di Schmid inferiore causando uno snervamento macroscopico della sezione. È a causa dell orientazione casuale dei grani quindi che un materiale policristallino presenta un carico di snervamento superiore anche del 50 % rispetto ad un materiale monocristallino. 48

59 CAPITOLO 5. LE LAMIERE 5.2 I meccanismi di rafforzamento dei materiali metallici Appurato che la deformazione plastica di un materiale è strettamente connessa al moto delle dislocazioni si può affermare che tanto più questo moto è ostacolato tanto maggiore sarà la resistenza del materiale. I principali metodi di rafforzamento dei materiali sfruttano proprio questo principio e tralasciando la trasformazione di fase possono essere riassunti in: rafforzamento per soluzione solida; rafforzamento per incrudimento; rafforzamento per affinamento del grano; rafforzamento per precipitazione Il rafforzamento per soluzione solida Questo meccanismo sfrutta la tendenza degli atomi di soluto a disporsi in prossimità delle linee di dislocazione. Le differenti dimensioni di questi atomi rispetto a quelle degli atomi di solvente infatti inducono le impurezze a diffondere e stazionare attorno alla dislocazione proprio perché queste posizioni reticolari sono più adatte ad accogliere atomi di dimensioni diverse. Questa disposizione diminuisce l energia globale dislocazione più impurezza: la dislocazione risulta quindi congelata in quella posizione perché si trova in una zona di minimo dell energia e per attivarne lo scorrimento occorre applicare una tensione maggiore di quella necessaria in un materiale senza impurezze. L aumento di resistenza τ ss per soluzione solida risulta proporzionale alla radice quadrata della concentrazione di soluto x secondo la relazione τ ss α x con α costante dipendente dalla coppia solvente/soluto. È evidente che con un legame del genere si avranno effetti sull aumento di tensione molto marcati per piccole concentrazioni mentre man mano che le concentrazioni aumentano il guadagno in termini di rafforzamento è minore; per questo si semplifica la relazione introducendo una dipendenza lineare che approssima molto bene la radice quadrata per piccole quantità di soluto e si sfrutta l effetto sinergico degli elementi di lega. La relazione diventa quindi 49

60 CAPITOLO 5. LE LAMIERE τ ss i α i x i dove le costanti α i sono tanto più elevate quanto maggiore è la differenza dimensionale tra solvente e soluti. Questo effetto è tuttavia mitigato dalla solubilità, infatti in accordo con le regole di Hume-Rothery specie atomiche dimensionalmente molto diverse avranno solubilità limitata. Ad esempio il peso α P del fosforo nell aumentare la tensione di snervamento degli acciai dolci da stampaggio è circa 700 MPa mentre quello α Si del silicio è solo 80 MPa, ma la solubilità del fosforo nel ferro non supera lo 0.1 % quindi il suo effetto non è poi così marcato Il rafforzamento per incrudimento Questo meccanismo sfrutta l aumento della densità delle dislocazioni derivante da un operazione di deformazione plastica. Le dislocazioni infatti interagiscono fra loro in base a meccanismi di convenienza energetica, ad esempio due dislocazioni dello stesso segno in avvicinamento tra loro si bloccano poiché la loro separazione è energeticamente favorita mentre due dislocazioni di segno opposto si uniscono formando un cristallo perfetto. Queste interazioni fanno sì che quando la densità delle dislocazioni aumenta si formino dei gradini o jogs che ne ostacolano il moto, dando vita ad una fitta rete detta foresta di dislocazioni. L aumento della densità delle dislocazioni è dovuto alle sorgenti di Frank-Read. Ostacoli impenetrabili come carburi precipitati molto duri, se vicini fra loro, bloccano la dislocazione fintanto che non viene superato un valore critico della tensione tangenziale. Quando la dislocazione si libera e può procedere nel cristallo si ha la formazione di un nuovo anello di dislocazione: è quindi questo il meccanismo alla base della moltiplicazione di dislocazioni. Dai risultati sperimentali si è visto che l aumento di resistenza τ per incrudimento è legato alla densità di dislocazioni ρ dalla relazione τ = 0.8 G b ρ dove G è il modulo di taglio del materiale e b è il modulo del vattore di Burgers. La densità di dislocazioni in seguito ad un operazione di incrudimento può passare da valori di cm cm 3 per densità di 10 fino a cm 13 cm. cm 3 cm 3, portando ad aumenti di τ anche di 1500 MPa 50

61 CAPITOLO 5. LE LAMIERE Il rafforzamento per affinamento del grano Questo meccanismo sfrutta la difficoltà di una dislocazione nel passare da un grano all altro. Un materiale policristallino avrà in generale grani orientati casualmente perciò è molto bassa la probabilità che un grano abbia sistemi di scorrimento orientati come il grano adiacente. Ad una dislocazione che incontra un bordo di grano quindi è associata una tensione insufficiente per attraversarlo deviando nel grano successivo, perciò si blocca. I bordi di grano diventano quindi zone ad elevatissima densità di dislocazioni; le sorgenti di Frank-Read infatti all aumentare del carico esterno generano ancora nuove dislocazioni che vanno ad impilarsi dietro quelle bloccate sul bordo di grano, aumentando la tensione applicata finché la prima dislocazione scatta nel grano adiacente ed il ciclo si ripete. È evidente quindi che maggiore è la dimensione del grano maggiore sarà il numero di dislocazioni che possono impilarsi: materiali con grani grandi si deformano plasticamente per carichi esterni applicati minori che i materiali a grana fine. L aumento di resistenza τ gs per affinamento del grano sarà in generale legato alla dimensione d dei grani tramite la relazione τ gs k d x con k ed x costanti dipendenti dal materiale. In particolare per quanto riguarda il carico di snervamento σ y si usa esprimere la dipendenza dalla dimensione del grano mediante la legge di Hall-Petch, la cui espressione è σ y = σ 0 + k y d dove σ 0 è il carico di snervamento del monocristallo e k y è una costante tipica del materiale, che ad esempio per l acciaio vale circa 20 MPa mm. Osservando il grafico combinato dei carichi di snervamento e di rottura al variare dell inverso della radice della dimensione del grano si può vedere che le due curve sono delle rette crescenti che tendono ad avvicinarsi man mano che la dimensione del grano diminuisce. Da ciò si deduce che un materiale a grana fine avrà in generale carichi di snervamento e rottura molto più ravvicinati e quindi una minore duttilità. Ovviamente c è un limite superiore a questo rafforzamento: per dimensioni del grano inferiori al micron la resistenza comincia a diminuire in quanto intervengono meccanismi di scorrimento tra bordi di grano quindi in genere non si scende sotto ai 10 micron. 51

62 CAPITOLO 5. LE LAMIERE Il rafforzamento per precipitazione Questo meccanismo sfrutta la tendenza dei precipitati ad ostacolare il moto delle dislocazioni. I precipitati si formano in condizioni di sovrassaturazione a temperature elevate ed introducono nei reticoli cristallini distorsioni tali da interagire con le dislocazioni. Ci sono due modi in cui una dislocazione può superare una particella di precipitato: rompendola oppure aggirandola. Si è dimostrato che per tagliare una particella di precipitato ad una dislocazione deve essere associata una tensione tangenziale pari a τ p = r γ π b L dove r è il raggio del precipitato, γ la sua energia superficiale, b il modulo del vettore di Burgers ed L la distanza caratteristica fra i precipitati. Un precipitato sarà quindi facile da tagliare quando le sue dimensioni sono piccole. Per aggirare un precipitato invece è necessaria una tensione tangenziale pari a τ p = G b L 2 r dove G è il modulo di taglio del materiale. Un precipitato sarà facile da aggirare se le sue dimensioni sono grandi. Osservando gli andamenti di queste due funzioni si può vedere che per piccoli valori di r la dislocazione tenderà a tagliare il precipitato mentre per r grandi lo aggirerà. Le curve quindi si incontrano in un punto, per il quale valore di r si verificherà il massimo rafforzamento. Ciò spiega anche l andamento delle curve di invecchiamento di materiali come il Maraging o le leghe leggere: si assiste infatti ad un massimo della resistenza quando le particelle di precipitato hanno raggiunto proprio quella particolare dimensione Conclusioni Dopo aver svolto questa panoramica sui vari meccanismi di rafforzamento è possibile confrontare il loro effetto sul carico di snervamento σ y del materiale e sull allungamento percentuale a rottura l, riportandoli nella tabella 5.1. I benefici in termini di aumento di resistenza nel rafforzamento per soluzione solida ed in quello per affinamento del grano sono limitati ma permettono di perdere pochissimo in 52

63 CAPITOLO 5. LE LAMIERE τ l Meccanismo di rafforzamento (MPa) (Giudizio) Soluzione solida scarso Incrudimento Affinamento del grano scarso Precipitazione Tabella 5.1: Confronto tra meccanismi di rafforzamento duttilità. Al contrario il rafforzamento per incrudimento e quello per precipitazione aumentano moltissimo il carico di snervamento a scapito di una riduzione dell allungamento percentuale a rottura, che per l incrudimento risulta essere molto accentuata. Ovviamente è possibile sfruttare questi effetti contemporaneamente per ottenere rafforzamenti ancora maggiori. Ha infatti senso scrivere una relazione che tenga conto dell effetto combinato di questi meccanismi; si può quindi scrivere che l aumento di tensione tangenziale τ vale τ = τ ss + τ + τ gs + τ p. Queste quantità sono in generale dipendenti da un gran numero di costanti e per un utilizzatore come il progettista risulta scomodo manipolarle con precisione. Per questo si ricorre in genere alla caratterizzazione del materiale mediante una semplice prova di trazione, che fornisce agevolmente le quantità utili alla progettazione come il carico di snervamento o la tenacità. 5.3 La prova di trazione delle lamiere La prova di trazione delle lamiere è concettualmente identica a quella dei provini cilindrici ed ha come obbiettivo quello di instaurare uno stato di tensione monoassiale nel materiale. Le dimensioni del provino sono standardizzate da apposite normative, che impongono una lunghezza minima l (length) necessaria per minimizzare gli effetti di bordo ed un rapporto tra larghezza w (width) e spessore t (thickness) maggiore di dieci. È importante che lo spessore sia relativamente piccolo rispetto alla larghezza poiché la 53

64 CAPITOLO 5. LE LAMIERE prova deve essere condotta in condizioni di stato piano di tensione o plane stress, in modo da poter assumere nulla la componente di tensione normale al piano del provino. Dalla prova di trazione si ottiene la classica curva tensione-deformazione σ-ε, che viene comunemente detta ingegneristica. Da essa possono immediatamente essere estrapolate alcune caratteristiche importanti del materiale: ε r, ascissa del punto di rottura dà una misura della duttilità del materiale, essendo essenzialmente legata alla strizione del provino; l area sottesa alla curva è un buon indice della tenacità del materiale poiché rappresenta il lavoro di deformazione plastica; l angolo con il quale la curva si distacca dalla zona elastica rappresenta la malleabilità del materiale. Leggendo la curva tensione-deformazione si fanno in generale due assunzioni: la prima è che il comportamento del materiale sia lo stesso in trazione ed in compressione, e per lo stampaggio delle lamiere è abbastanza verificata; la seconda è che il materiale sia isotropo. Questa seconda condizione nelle lamiere non è sempre verificata in quanto il ciclo tecnologico col quale vengono realizzate dà in genere luogo ad una marcata anisotropia. Di questo fenomeno se ne tiene conto con il rapporto di anisotropia R definito come R = ε 2 ε 3, ossia come rapporto tra la deformazione nel senso della larghezza del provino e quella nel senso dello spessore. L importanza di avere un R elevato risiede nel fatto che le lamiere hanno di per sé uno spessore molto contenuto e sarebbe auspicabile che durante le operazioni di stampaggio questo non venisse ridotto ulteriormente inducendo criticità nella resistenza del pezzo. È per questo motivo che nella moderna industria automobilistica possono venir usate lamiere con un rapporto di anisotropia fino a tre, che permettono di stampare pezzi aventi brusche curvature e marcati sviluppi in profondità. Tensione e deformazione ingegneristiche si ricavano dalla misurazione della forza F eseguita dalla cella di carico e dell allungamento L fatta dall estensimetro. Esse sono definite tramite le relazioni 54

65 CAPITOLO 5. LE LAMIERE σ = F A 0 ε = L L 0 dove A 0 ed L 0 sono rispettivamente area e lunghezza iniziale del provino. È tuttavia evidente che nella zona di comportamento plastico del materiale oggetto degli studi sullo stampaggio non si può trascurare la variazione di sezione che lo snervamento induce sul provino. Per questo si fa ricorso alle tensioni e deformazioni vere, che vengono ricavate dall ipotesi che la deformazione plastica rispetti la conservazione del volume e definite come σ t = σ (1 + ε) ε t = ln (1 + ε). La curva tensione vera-deformazione vera assume quindi un andamento sempre crescente, ingegneristicamente molto più sensato, anche se dopo la strizione del provino perde di significato in quanto non è più valida la conservazione del volume. Ciò tuttavia non rappresenta una grossa limitazione poiché nelle operazioni di stampaggio delle lamiere è buona norma mantenersi al di sotto di tale limite per non introdurre punti critici dal punto di vista della resistenza Modelli reologici del materiale Gli ingegneri dei materiali hanno sempre cercato legami semplici che potessero descrivere matematicamente la curva tensione-deformazione, hanno cioè studiato dei modelli reologici. In letteratura ne esistono diverse decine, tuttavia in questa sede ne saranno riportati solo alcuni. Uno dei più noti è il modello elastico - perfettamente plastico, che fa seguire al primo tratto elastico un tratto a tensione costante fino alla deformazione di rottura. È un modello didatticamente molto semplice e cautelativo perché trascura l incrudimento del materiale, tuttavia non è quasi mai usato nella pratica. Un secondo modello è quello elastico - lineare, il quale approssima il comportamento plastico con una serie di spezzate con pendenza variabile. Questo modello si presta 55

66 CAPITOLO 5. LE LAMIERE 600 σ ,2 0,4 0,6 0,8 1 ε Figura 5.1: Legge di Hollomon per acciaio con basso carbonio ricotto bene ad essere implementato nei calcolatori a causa della linearità dei legami tensione - deformazione ma per ottenere una buona precisione occorrono un gran numero di spezzate. Il modello più usato in assoluto è tuttavia quello introdotto nel 46 da Hollomon, che descrive con ottima approssimazione il comportamento di gran parte dei materiali cosiddetti duttili. È regolato dalla relazione σ = K ε n con K ed n costanti tipiche del materiale, ad esempio K assume per l alluminio valori compresi tra 150 e 400 MPa mentre per il ferro tra 600 e 1200 MPa. La costante n viene denominata coefficiente di incrudimento ed assume valori compresi tra 0.1 e 0.3, raggiungendo valori prossimi a 0.5 per materiali con reticolo FCC come il rame e l oro. Per la determinazione delle costanti caratteristiche si riporta la curva in coordinate logaritmiche, esprimendo la relazione di Hollomon con la formula ln σ = ln K + n ln ε. La curva dopo il tratto elastico si assesta su di un andamento lineare avente un coefficiente angolare pari ad n e che intercetta l asse delle ordinate ad un valore di ln K. Viene usualmente presa la parte di curva compresa tra il 6 ed il 18 % di deformazione in modo da mantenersi distanti sia dal comportamento elastico che dalla strizione del provino. Un esempio di curva di Hollomon è riportato in figura 5.1, redatta per valori di K ed n rispettivamente di 530 MPa e Altri modelli sono stati sviluppati per cercare di migliorare quello di Hollomon, come ad esempio quello di Smith che trasla la curva lungo l asse delle ascisse 56

67 CAPITOLO 5. LE LAMIERE σ = K (ε + ε 0 ) n oppure un altro che la trasla lungo l asse delle ordinate σ = σ y + K ε n ma l aumento del numero dei parametri dai quali dipende la relazione non compensa i benefici in termini di accuratezza del modello. Quello di Hollomon rimane quindi il modello reologico più usato nonostante sia stato elaborato quasi 70 anni fa. 5.4 La deformazione plastica delle lamiere Si prenda in esame una lamiera sottile in condizioni di stato piano di tensione. Si associ ad ogni dimensione caratteristica un pedice numerico, in particolare sia identificata dal numero 1 la lunghezza l, da 2 la larghezza w e da 3 lo spessore t. Fintanto che non sopraggiungono fenomeni di strizione localizzata è legittimo ipotizzare la conservazione del volume secondo la formula l w t = costante. Differenziandola e tramite successive manipolazioni si ottiene d(l w t) = 0 dl l + dw w + dt t = 0 ε 1 + ε 2 + ε 3 = 0 Si ipotizzi un legame di proporzionalità diretta tra le varie componenti di tensione e di deformazione, in particolare sia σ 1 0 ε 1 0 σ 2 = α σ 1 ε 2 = β ε 1 σ 3 = 0 ε 3 = (β + 1) ε 1 57

68 CAPITOLO 5. LE LAMIERE con α e β opportune costanti. La condizione sulla ε 3 deriva dalla conservazione del volume. Nello stato di tensione monoassiale tipico della prova di trazione le condizioni si specializzeranno nelle σ 1 0 σ 2 = 0 σ 3 = 0 ε 1 0 ε 2 = 1 2 ε 1 ε 3 = ε 2 dove l uguaglianza ε 2 = ε 3 deriva dall ipotesi di isotropia del materiale (R = 1). Sfruttando queste relazioni è anche possibile ricavare lo spessore in funzione della deformazione ε 1 e di β con i seguenti passaggi ε 3 ln t t 0 t = t 0 e ε 3 t = t 0 e (1+β) ε 1 dove t 0 è lo spessore originario della lamiera. Finora non è stata fatta nessuna ipotesi sullo snervamento del materiale, sono stati semplicemente manipolati i legami tra le varie componenti di tensione e deformazione nel caso particolare dello stato piano di tensione monoassiale di un materiale isotropo. Per capire se il materiale in questione sta effettivamente snervando occorre fare ricorso ad uno dei criteri di snervamento disponibili in letteratura I criteri di snervamento dei materiali Sia S un generico stato di tensione espresso in un sistema di riferimento principale. Esso può sempre venire scisso nella somma di uno stato di tensione idrostatico e di uno deviatorico secondo la relazione dove σ S = σ 2 0 Sym σ 3 = σ h 0 0 σ σ h 0 + σ 2 0 Sym σ h Sym σ 3, σ h = σ 1 + σ 2 + σ 3 3 σ i = σ i σ h. Nel caso particolare di trazione monoassiale le espressioni precedenti diventano 58

69 CAPITOLO 5. LE LAMIERE σ 1 = 2 α 3 σ 1 σ 2 = 2α 1 3 σ 1 σ 3 = 1+α 3 σ 1. In seguito agli studi sulla plasticità portati avanti nel corso dell Ottocento si è scoperto che il meccanismo di deformazione plastica è associato alla componente deviatorica dello stato di tensione, mentre una componente idrostatica di compressione è indefinitamente sopportabile dal materiale. I due principali criteri di snervamento usati prendono piede proprio da questa scoperta: si tratta del criterio di Tresca, o della massima tensione tangenziale, e di quello di Von Mises, o dell energia di distorsione Il criterio di Tresca Il criterio di Tresca afferma che: due stati di tensione sono equivalenti ai fini dello snervamento se hanno lo stesso valore della tensione tangenziale massima. In particolare uno stato di tensione generico con autovalori σ 1,σ 2 e σ 3 è equivalente secondo il criterio di Tresca a uno stato di tensione monoassiale il cui autovalore significativo σ eq vale: σ eq = max ij σ i σ j In uno stato piano di tensione come quello che si verifica nella lamiere sottili la superficie di snervamento nel piano di Haigh-Westergaard assume la forma di un esagono, come riportato in figura 5.2 dove σ S è la tensione di snervamento. Uno stato di tensione giacente al suo interno sarà quindi considerato in campo elastico Il criterio di Von Mises Il criterio di Von Mises afferma che: due stati di tensione sono equivalenti ai fini dello snervamento se hanno la stessa densità di energia distorcente. In particolare si eguaglia la densità di energia di un generico stato piano di tensione S con quella di uno stato di tensione monoassiale per ottenere il legame tra una tensione 59

70 CAPITOLO 5. LE LAMIERE Figura 5.2: Superficie di snervamento secondo Tresca equivalente con la quale confrontare la tensione di snervamento e le componenti di S. Eseguendo i calcoli si ottiene in generale σ eq = 1 ] [(σ 1 σ 2 ) (σ 2 σ 3 ) 2 + (σ 3 σ 1 ) 2 mentre in accordo con l ipotesi di proporzionalità tra tensioni principali si avrà σ 1 0 σ 2 = α σ 1 σ eq = σ 1 1 α + α 2 σ 3 = 0 La deformazione equivalente ε eq secondo Von Mises vale invece ε eq = che nell ipotesi suddetta diventa 2 ] [(ε 1 ε 2 ) (ε 2 ε 3 ) 2 + (ε 3 ε 1 ) 2 ε ε 2 = β ε 1 ε eq = ε 1 3 (1 + β + β2 ). ε 3 = (β + 1) ε 1 La superficie di snervamento nel piano di Haigh-Westergaard assumerà la forma di un ellisse con i fuochi sulla bisettrice del primo-terzo quadrante come in figura

71 CAPITOLO 5. LE LAMIERE Figura 5.3: Superficie di snervamento secondo Von Mises È possibile in generale trovare un legame tra i coefficienti α e β usando la regola di Levy-Mises che ipotizza la proporzionalità tra l incremento di deformazione e la componente deviatorica dello stato di tensione: dε 1 σ 1 = dε 2 σ 2 = dε 3 σ 3 dalla quale sostituendovi i valori delle componenti deviatoriche di tensione in funzione della tensione principale σ 1 si ottengono le relazioni { α = 2β+1 2+β β = 2α 1 2 α Normalmente per quantificare la forza di stampaggio si fa ricorso alla forza per unità di lunghezza T definita come T i = σ i t. Sfruttando le relazioni scritte finora è possibile ottenere l espressione della forza per unità di lunghezza in funzione della deformazione: 61

72 CAPITOLO 5. LE LAMIERE σ σ 1 = eq 1 α+α 2 σ eq = K ε n eq 4 ε eq = ε 1 3 (1 + β + T 1 = cost. ε n β2 1 e (1+β) ε 1. ) t = t 0 e (1+β) ε 1 Derivando l espressione di T 1 ed imponendola uguale a zero si può ricavare il valore di ε 1 che la massimizza, in particolare si ottiene ε 1 = n 1 + β. 62

73 Capitolo 6 Materiali per lo stampaggio delle lamiere 6.1 Introduzione I materiali per lo stampaggio si dividono in: materiali a base ferrosa; leghe leggere. Gli spessori disponibili variano tra il mezzo millimetro degli acciai altoresistenziali fino ai cinque di alcune leghe di magnesio. Gli acciai si dividono in: acciai da stampaggio tradizionale; acciai alto-resistenziali, o HSS; acciai alto-resistenziali avanzati, o AHSS (advanced high strength steel). La figura 6.1 lega la duttilità delle varie famiglie al loro carico di rottura: come è logico aspettarsi, ad un aumento della resistenza corrisponde sempre una diminuzione della duttilità, anche se quest ultima si attesta comunque su valori molto maggiori rispetto a quella degli HSS da costruzione. Un materiale facilmente stampabile deve avere in generale una tensione di snervamento il più bassa possibile ed allungamento percentuale, coefficiente di incrudimento e di anisotropia elevati. 63

74 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.1: Principali famiglie degli acciai da stampaggio σ y = σ 0 + σ ss + K y d σp + σ incr I contributi dei rafforzamenti per soluzione solida, affinamento del grano, precipitazione ed incrudimento dovranno essere quindi convenientemente bassi. La minimizzazione del contributo per soluzione solida si ottiene aggiungendo pochi elementi di lega, tenendo il carbonio basso ed usando accorgimenti in fase di colata per ridurre le inclusioni (acciai IF, o interstitial free). Per essere deformabile plasticamente con facilità un materiale deve avere, in accordo con la legge di Hall-Petch, un grano relativamente grande, in modo da permettere l impilamento sul bordo di grano di un numero maggiore di dislocazioni. Le normative prevedono sette gradi di stampabilità, aventi via via una dimensione del grano maggiore: si passa dal grado CQ (commercial quality), al DQ ((drawing quality)), fino ai vari DDQ, EDDQ e SEDDQ ((super/extra/deep drawing quality)). La dimensione del grano è proporzionale sia al coefficiente di incrudimento che a quello di anisotropia, infatti i gradi migliori hanno anche valori di n ed R elevati. Come già accennato, la composizione chimica degli acciai da stampaggio deve essere il più possibile simile a quella del ferro puro. I massimi gradi di stampaggio si raggiungono solo con particolari processi di fusione sotto vuoto, capaci di tenere ad esempio il carbonio intorno alle poche decine di parti per milione, dando vita alla categoria degli acciai low carbon. Con così poco carbonio esso rimane praticamente libero (non si forma cementite) 64

75 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE e sono forti gli effetti dello snervamento del Luders: il materiale diventa poco prevedibile in fase di stampaggio, perciò si aggiungono piccole percentuali di elementi carburigeni come niobio e titanio per stabilizzarlo. Il costo dell operazione di rimozione del carbonio dall acciaio è spesso paragonabile a quello necessario per l aggiunta di elementi di lega pregiati. 6.2 Il processo tecnologico Il processo di fabbricazione delle lamiere si articola nelle seguenti fasi: colata continua, con eventuali accorgimenti per contenere le inclusioni; formazione delle bramme e loro riscaldamento alla temperatura di laminazione; laminazione a caldo, fino a spessori compresi tra 5 e 10 mm; avvolgimento in rotoli (coils), a bassa o alta temperatura; laminazione a freddo, con riduzioni di spessore del % e con ottima finitura superficiale. La lamiera in uscita dal treno di laminazione è fortemente incrudita e quindi pressoché inutilizzabile in operazioni di stampaggio profondo. Si provvede quindi a sottoporre il materiale ad una ricottura, la quale sfrutta tre fonomeni fondamentali: recovery: si assiste all annullamento delle dislocazioni di segno opposto, le quali diffondono nel mezzo molto facilmente grazie all elevata temperatura, ed al processo di poligonalizzazione, nel quale le dislocazioni rimaste si raggruppano a formare dei sottograni, diminuendo ulteriormente l energia del reticolo cristallino. La durezza del materiale non cambia in maniera rilevante e la duttilità aumenta. La temperatura di attivazione del recovery è tanto più bassa quanto è elevato il tasso di laminazione; ricristallizzazione: attraverso meccanismi di nucleazione ed accrescimento, comincia un processo di ricostruzione della struttura cristallina formata da grani fortemente deformati dalla laminazione. Maggiore è il tasso di laminazione minore saranno la temperatura di inizio ricristallizzazione e la dimensione dei nuovi grani. La durezza cala sensibilmente ma la duttilità aumenta; 65

76 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE crescita dei grani: terminata la ricristallizzazione primaria si assiste ad un fenomeno di accrescimento di alcuni grani a scapito di altri per motivi di convenienza energetica (minimizzazione dell energia superficiale). Maggiore è il tasso di laminazione, più tempo ci vorrà per raggiungere una certa dimensione del grano. Esistono due tipi di ricottura, quella statica e quella continua. Nella ricottura statica il coil viene inserito in forni a campana ad atmosfera controllata e riscaldato fino ad una temperatura prossima a quella eutettoidica: non si eccede tale temperatura poiché peggiorerebbero le caratteristiche del materiale e perché sarebbe grande la probabilità di incollaggio delle spire del coil. Il tempo necessario al trattamento è dell ordine dei giorni, a causa delle bassissime velocità di riscaldamento e raffreddamento, inferiori al grado al minuto, inoltre sono possibili disuniformità metallurgiche tra superficie e cuore del coil. Nella ricottura continua invece il coil viene srotolato e costretto ad attraversare una fornace, nella quale si riescono ad imprimere alla lamiera dei gradienti termici qualsiasi, anche elevati, capaci di conferirvi le caratteristiche desiderate. Il trattamento ha una durata breve, dell ordine dei minuti, con velocità di attraversamento di centinaia di metri al minuto. Le migliori prestazioni meccaniche ottenibili, unite ad una maggiore uniformità delle caratteristiche, si pagano in termini economici e di flessibilità. Un treno di ricottura continua può costare centinaia di milioni di euro ed è difficile da riadattare a prodotti con caratteristiche diverse, perciò nelle grandi acciaierie si tende ad avere due terzi di produzione con ricottura continua ed un terzo con quella statica. 6.3 Gli acciai alto-resistenziali Nell ambito delle lamiere si parla di acciai alto-resistenziali, o HSS, quando la tensione di rottura è compresa tra 350 e 600 MPa. Essi si suddividono in base al diverso meccanismo di rafforzamento usato, in particolare si distingue tra acciai induriti per: soluzione solida (bake hardening); affinamento del grano e precipitazione (HSLA); incrudimento. 66

77 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.2: Fenomeno dello snervamento di Luders Gli acciai bake hardening Gli acciai bake hardening, usati principalmente per la realizzazione di carrozzerie per automobili, sono acciai stampabili con facilità ma che acquisiscono elevate resistenze una volta sottoposti a particolari ciclaggi termici. Tali materiali hanno percentuali di carbonio ed altri elementi di lega basse, in modo da garantire una buona stampabilità. A causa della bassa percentuale di leganti le lamiere in bake hardening vengono sottoposte ad una pre-deformazione plastica, nota come skin pass, in modo da limitare l insorgenza dell instabilità causata dallo snervamento di Luders (figura 6.2). Una volta ottenuta con facilità la geometria finale del pezzo della carrozzeria, anche relativamente complicata, esso dovrà essere comunque verniciato. È proprio durante la verniciatura, effettuata tipicamente intorno ai 200 C, che avviene l indurimento precedentemente citato. L elevata temperatura favorisce la diffusione del carbonio disciolto e degli eventuali elementi interstiziali (principalmente manganese e fosforo), che per ragioni di convenienza energetica tendono a migrare in prossimità delle dislocazioni, bloccandole (pinning delle dislocazioni). L ammontare dell incremento di resistenza dovuto all effetto bake hardening (figura 6.3) dipende dal grado di incrudimento conferito alla lamiera: più è elevato, maggiore sarà la densità delle dislocazioni che possono essere ancorate dagli interstiziali diffondenti durante la verniciatura. Una lamiera poco deformata quindi non risentirà dell effetto bake hardening, perciò le sue caratteristiche meccaniche saranno inferiori alle aspettative e il costo del materiale più elevato rispetto a quello strettamente necessario. L indurimento dovuto all effetto bake hardening supera usualmente gli 80 MPa e mediamente si attesta intorno ai 120 MPa, conferendo ai particolari della carrozzeria realizzati in tale materiale una grande resistenza al denting, cioè all ammaccamento per 67

78 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.3: Effetto bake hardening su un acciaio da stampaggio piccoli urti Gli HSLA Gli HSLA (high strength low alloy) sono acciai da stampaggio rafforzati contemporaneamente per soluzione solida, affinamento del grano e precipitazione. Il rafforzamento per soluzione solida è demandato al manganese, per percentuali comprese tra lo 0.5 e l 1.5 %, ed al silicio, ma solo se la lamiera non deve essere zincata a caldo. La presenza di elementi micro-leganti, in particolare titanio, niobio e vanadio in percentuali complessivamente non maggiori dello 0.2 %, favorisce la precipitazione, sui bordi di grano, di carbo-nitruri che impediscono la ricristallizzazione che in loro assenza avverrebbe tra una gabbia di laminazione e l altra. La struttura finale di una lamiera in HSLA è quindi fortemente anisotropa e caratterizzata da un grano relativamente fino: avrà quindi una minore stampabilità, dovuta all aumento del rapporto tra tensione di snervamento e di rottura generato dal rafforzamento per precipitazione. La denominazione degli HSLA rispecchia il valore del carico di rottura, in particolare esistono i gradi 260, 280, 320, fino al grado 580. A causa della loro limitata stampabilità (basso n) sono adatti principalmente alla realizzazione di profilati o comunque di parti non complesse. 68

79 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.4: Struttura cristallina di un acciaio dual phase 6.4 Gli acciai alto-resistenziali avanzati Per migliorare le caratteristiche meccaniche degli HSS non sono più sufficienti i normali meccanismi di rafforzamento: occorre attingere al classico rafforzamento per cambiamento di fase. I principali AHSS sono: i DP; i TRIP; gli acciai martensitici Gli acciai DP Gli acciai DP, o dual phase, sono costituiti da una matrice ferritica intervallata da isole di martensite, visibile in figura 6.4. Tale struttura si ottiene portando l acciaio nella regione del diagramma ferro carbonio dove ferrite ed austenite coesistono (zona α + γ) e raffreddandolo bruscamente. In accordo con la regola della leva (figura 6.5), si formeranno delle zone ferritiche povere di carbonio, il quale invece migra nelle zone austenitiche; tali zone, dopo tempra, si trasformeranno in martensite, la quale sarà estremamente coesa con la matrice ferritica, dando vita ad un materiale molto duttile ma anche resistente, e con un ottima resistenza a fatica. Le dislocazioni si muoveranno bene nella matrice ferritica, fornendo un elevato valore di n, mentre si bloccheranno sulle isole di martensite. Variando la temperatura del trattamento e la percentuale di carbonio è teoricamente possibile ottenere un qualsiasi rapporto ferrite/martensite, che si traduce in una grande variabilità di coefficiente di incrudimento e resistenza. Tuttavia sono stati sviluppati solo 69

80 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.5: Regola della leva per un acciaio ipoeutettoidico alcuni gradi di DP, ad esempio i DP450, DP500 e DP600, generalmente i più usati: esistono gradi fino al DP1000, ma ovviamente all aumentare della resistenza il coefficiente d incrudimento cala. Viene da chiedersi fin dove ci si possa spingere con l aumento delle caratteristiche meccaniche: volendo è infatti possibile ottenere una rilevante percentuale di austenite (martensite) usando opportune coppie temperatura/concentrazione di carbonio, ma è anche vero che quando l austenite è molto ricca di carbonio la temperatura di fine trasformazione martensitica può scendere sotto a quella ambiente, causando la formazione di isole di austenite residua. Il limite all incremento delle prestazioni sembra allora l insorgere dell austenite residua, ma così non è Gli acciai TRIP Negli acciai TRIP (transformation-induced plasticity) l austenite residua (figura 6.6), presente per il motivo citato precedentemente, si trasforma in martensite se viene sottoposta ad una intensa deformazione plastica. I TRIP sono adatti a tutti quei particolari di sicurezza destinati all assorbimento degli urti: durante la deformazione, infatti, all effetto di incrudimento si somma il contributo della nuova martensite che si origina dall austenite metastabile. I principali limiti degli acciai TRIP derivano dal loro elevato contenuto di elementi di lega: il carbonio equivalente è elevato e quindi le operazioni di saldatura 70

81 CAPITOLO 6. MATERIALI PER LO STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Figura 6.6: Struttura del reticolo cristallino di un acciaio TRIP Figura 6.7: Confronto tra vari acciai alto-resistenziali sono particolarmente critiche, inoltre molti leganti generano problemi di ossidazione in laminazione e nella zincatura a caldo. Un confronto tra HSLA, DP e TRIP è visibile in figura

82 Capitolo 7 Le leghe leggere 7.1 Le leghe di alluminio Le leghe di alluminio nascono agli inizi del XX secolo per soddisfare le richieste di materiali leggeri avanzate dalla nascente industria aeronautica. Hanno due caratteristiche principali: una bassa densità, pari a circa 2.8 g cm 3 ; un modulo di Young di circa 70 GPa. L alluminio è un materiale molto diffuso sulla crosta terrestre, tuttavia il suo costo è circa tre volte quello di un comune acciaio a causa del costo intrinseco del processo produttivo. L alluminio si ricava infatti per elettrolisi della bauxite, quindi il suo costo è strettamente connesso con quello dell energia elettrica. Nel mondo vengono prodotte circa 50 milioni di tonnellate di alluminio all anno e circa il 70 % di esso viene impiegato nell industria edilizia (infissi) ed in quella alimentare (lattine). L alluminio possiede caratteristiche meccaniche molto variabili, in particolare il carico di rottura può variare da un centinaio di MPa dell alluminio puro fino ai MPa delle leghe della serie È un materiale tendenzialmente duttile, in quanto presenta un reticolo cubico a facce centrate, tuttavia come negli acciai un aumento della resistenza comporta in genere una diminuzione della duttilità. Ha un basso punto di fusione, intorno ai 650 C, anche se ad esempio combinato col silicio forma un eutettico basso-fondente a circa 600 C: si presta quindi bene ad essere fuso con costi ragionevoli, in particolare col metodo della pressofusione. Inoltre non ha necessità di essere protetto in quanto forma 72

83 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE Serie Legante/i TT 1xxx puro no 2xxx Cu sì 3xxx Mn no 4xxx Si no 5xxx Mg no 6xxx Mg+Si sì 7xxx Zn+Mg+Fe+(Cr) sì 8xxx Li sì Tabella 7.1: Le leghe di alluminio un ossido molto stabile che resiste bene alla corrosione, tuttavia è comune il trattamento di anodizzazione per migliorarne la resistenza in ambienti particolarmente aggressivi. Grazie alla sua duttilità è normalmente un materiale facilmente stampabile, tranne che nelle versioni a più alto carico di rottura. Il meccanismo di rafforzamento principale delle leghe di alluminio è quello per precipitazione, che avviene principalmente a temperature molto basse (circa 200 C). La designazione delle leghe di alluminio rispecchia la composizione chimica, infatti esistono otto serie ad ognuna delle quali corrisponde un determinato elemento di lega. Una certa lega di alluminio viene indicata con quattro cifre, la prima delle quali indica la serie mentre le altre la quantità dell elemento di lega principale. Alle cifre vengono in genere fatte seguire delle lettere che indicano lo stato di fornitura del materiale, ad esempio W indica un materiale ricotto, T ne indica uno trattato termicamente, etc. Le varie serie con i rispettivi leganti principali e la possibilità o meno di essere trattate termicamente sono riportate in tabella Serie 1 Si tratta di alluminio industrialmente puro, quindi ogni elemento diverso è da intendersi come impurezza. Si tratta di una serie molto ben resistente alla corrosione, infatti l alluminio reagisce facilmente con l ossigeno formando un composto intermetallico noto come allumina o Al 2 O 3 avente un ottima stabilità termodinamica. Uno strato di pochi Angstrom di questo ossido è sufficiente a proteggere la matrice sottostante dall ag- 73

84 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE gressione dell atmosfera, anche se è possibile aumentarlo artificialmente fino a qualche micrometro mediante un bagno anodizzante. Scorrendo brevemente i meccanismi di rafforzamento si nota come l unico attuabile è quello per incrudimento: infatti l intrinseca purezza dell alluminio esclude immediatamente i contributi di soluzione solida e precipitazione, mentre quello per dimensione del grano dà un contributo trascurabile. Con un analisi più approfondita è possibile infine notare che anche il contributo dell incrudimento è trascurabile poiché l alluminio puro possiede una temperatura di ricristallizzazione pari a quella ambiente: le leghe della serie 1 hanno quindi delle pessime caratteristiche meccaniche, infatti il carico di snervamento è di poche decine di MPa Serie 2 Le leghe della serie 2 hanno come principale elemento di lega il rame. Esse furono scoperte nei primi anni del Novecento per puro caso: l alluminio possedeva allora delle cospicue quantità di rame dovute a processi tecnologici non ancora perfetti ed in alcune partite di lamiere lasciate a magazzino per diverso tempo si notò un incremento considerevole della durezza. La causa di questo fenomeno fu immediatamente individuata nel meccanismo di precipitazione del composto intermetallico CuAl 2. Osservando il diagramma di stato alluminio-rame di figura 7.1 si può vedere come il rame abbia solubilità limitata nell alluminio. Prendendo ad esempio una lega col 4 % di rame allo stato solidificato si può constatare che le particelle di CuAl 2, chiamata anche fase θ, sono relativamente grandi e distanti fra loro: le caratteristiche meccaniche che ne derivano sono quindi relativamente basse, in particolare il carico di rottura oscilla tra i 100 ed i 150 MPa. Per migliorarle si fa quindi ricorso ad un processo articolabile in tre fasi distinte: 1. solubilizzazione: la lega viene energizzata in modo da entrare in campo α migliorandone la altrimenti scarsa solubilità. La fase θ si scinde e gli atomi di rame si dispongono ordinatamente nel reticolo formando una fase sovrassatura; 2. tempra: il materiale viene raffreddato bruscamente. Gli atomi di rame rimangono congelati in quella posizione inibendo la formazione della fase θ che si avrebbe in condizioni di equilibrio. Ovviamente non ha niente a che vedere con la tempra degli acciai, infatti non si ha nessuna trasformazione di fase ma solo un congelamento della fase α. L insieme di solubilizzazione e tempra con poca fantasia prende il 74

85 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE nome di tempra di solubilizzazione. Il materiale in questo stato ha un certo grado di rafforzamento per soluzione solida, tuttavia limitato a poche decine di MPa; 3. invecchiamento: il meccanismo è comune a tutte le leghe e viene espresso di seguito una volta per tutte. Il materiale viene portato a temperature modeste (circa 200 C) in modo da migliorare il coefficiente di diffusività del soluto. Gli atomi di rame, adesso molto più mobili, si addensano in punti energeticamente favorevoli e le proprietà meccaniche statisticamente migliorano formando le zone di Guinier-Preston. Col passare del tempo le dimensioni di questi aggregati di particelle aumentano ed inizia la formazione dei primi precipitati. Inizialmente hanno dimensioni molto piccole ed un orientazione dei piani cristallini analoga a quella della matrice tanto da essere denominati precipitati coerenti: una dislocazione che muovendosi incontri un precipitato del genere lo attraverserà, anche se ciò richiede una tensione di taglio maggiore. Questi precipitati, che danno vita a quella chiamata fase θ, conferiscono quindi alla lega una resistenza migliore rispetto a quella delle zone di Guiner-Preston. Se il tempo di invecchiamento aumenta questo processo viene estremizzato al punto che le particelle di precipitato diventano così grandi da perdere progressivamente la loro coerenza con la matrice cristallina (precipitati semi-coerenti e incoerenti, noti come fase θ ) e le dislocazioni non sono più in grado di romperli. Esse sono quindi costrette a superare i precipitati col noto meccanismo di Orowan: si formano le classiche sorgenti di Frank-Read e le caratteristiche meccaniche migliorano finché le particelle non diventano così grandi e distanti fra loro da peggiorarle sensibilmente (over-aged structures), formando la fase d equilibrio θ. Un esempio di diagramma di invecchiamento è riportato in figura 7.2, dove sono indicate anche le zone di Guiner-Preston e le varie fasi θ. Si può vedere come il rafforzamento per invecchiamento sia frutto di due contributi separati ed opposti: la tensione tangenziale necessaria affinché la dislocazione rompa il precipitato aumenta all aumentare del diametro dello stesso mentre quella necessaria al superamento di una schiera di particelle mediante il meccanismo di Orowan diminuisce all aumentare della loro distanza media (ossia all aumentare del diametro). Il punto di massimo della resistenza si ha per un raggio della particella compreso tra 5 e 30 nanometri, il quale prende il nome di raggio critico R c. L invecchiamento per precipitazione delle leghe della serie 2 può portare il carico di rottura fino a circa MPa. La sua incidenza percentuale rispetto agli altri ti- 75

86 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE Figura 7.1: Diagramma di stato alluminio-rame GP θ' θ'' θ Figura 7.2: Invecchiamento di una lega di alluminio 76

87 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE pi di rafforzamento è molto maggiore che nelle leghe ferrose, ma come in queste ultime un grande aumento della resistenza porta in genere ad un abbassamento della duttilità. Se l invecchiamento avviene a temperature più elevate il picco di durezza è più basso ma si presenta per tempi industrialmente più acccettabili, mentre se avviene a temperature molto più basse impiegherà più tempo ma raggiungerà valori di resistenza ancora maggiori. Se il pezzo deve essere realizzato per deformazione plastica in genere la fase di stampaggio precede quella di invecchiamento poiché appunto il materiale indurito è molto meno duttile (stampabile). Un punto debole delle leghe della serie 2 risiede nella resistenza alla corrosione. Il rame è un metallo nobile nella scala dei potenziali standard rispetto all alluminio, perciò in una lega tra i due tenderanno a formarsi delle micro-pile che localmente rendono il materiale molto meno resistente a fenomeni di tensocorrosione: per questo è buona norma riportare un sottile strato di alluminio pure oppure ricorrere all anodizzazione o alla verniciatura Serie 3 Le leghe della serie 3 hanno come principale elemento di lega il manganese. Esso genera un discreto rafforzamento per soluzione solida ma non sono presenti i fenomeni di precipitazione tipici ad esempio della serie 2, quindi le caratteristiche meccaniche non sono eccezionali. Il manganese migliora la resistenza alla corrosione della lega, in particolare a quella in temperatura, infatti le leghe della serie 3 vengono impiegate principalmente nell edilizia per la realizzazione di infissi o negli impianti di riscaldamento. Hanno inoltre una grande brillantezza, la quale le rende impiegabili in oggettistica di design e nella produzione degli specchi Serie 4 e 5 Le leghe della serie 4 e 5 hanno come principale elemento di lega rispettivamente il silicio ed il magnesio. Il silicio forma con l alluminio una lega eutettica per tenori intorno al 12 %: tali leghe vengono impiegate quindi per la realizzazione di pezzi per fusione o pressofusione in quanto la temperatura di fusione scende a circa 570 C. La fluidità della colata è ottima ed il coefficiente di contrazione si riduce molto quindi si possono ottenere pezzi molto precisi senza bisogno di ulteriori lavorazioni meccaniche. I fenomeni di rafforzamento sono molto modesti, tuttavia hanno una grande resistenza 77

88 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE alla corrosione, in particolare in ambiente marino (industria navale). Hanno infine una cattiva stampabilità ma non è un grosso limite in quanto vengono prevalentemente fuse Serie 6 Le leghe della serie 6 hanno come principali elementi di lega il manganese ed il silicio e sono principalmente impiegate in campo automobilistico. Le quantità di leganti aggiunte sono modeste, non più dell 1 %, tuttavia sono sufficienti a formare una quantità di Mg 2 Si tale da garantire un buon rafforzamento per precipitazione, fino a circa MPa di carico di rottura. Sono facilmente stampabili e l invecchiamento può essere fatto in parallelo con la cottura della vernice. Hanno anche un aspetto estetico gradevole, il che le rende utilizzabili per i particolari della carrozzeria, e sono anche estremamemente saldabili, per esempio con il metodo a punti Serie 7 Le leghe della serie 7 nacquero negli anni 70 in seguito alle richieste di leghe leggere ad alta resistenza. Hanno come principali elementi di lega lo zinco, il magnesio ed il ferro, i quali danno un contributo per precipitazione elevatissimo, tanto che per alcune leghe, come ad esempio la 7075, si raggiungono i 650 MPa di carico di rottura: sono quindi le leghe di alluminio con la resistenza più elevata e se si confrontano con gli acciai tenendo conto della diversa densità di scopre che sono paragonabili agli UHSS. La duttilità tuttavia è pessima, intorno al 2 3 % di allungamento percentuale per le leghe più resistenti, e sono decisamente poco saldabili. Il principale difetto delle leghe della serie 7 è la pessima resistenza alla corrosione ed in particolare a fenomeni di tensocorrosione o SCC (stress corrosion cracking): ciò ne ha limitato molto il campo di utilizzo tuttavia si è recentemente scoperto che piccole aggiunte di cromo attenuano molto questo fenomeno. Questi materiali hanno infine un aspetto estetico mediocre ed in campo automobilistico ciò li rende utilizzabili solo in particolari nascosti alla vista. 7.2 Le leghe di magnesio Le principali caratteristiche del magnesio sono: una densità molto bassa, pari a 1.79 g cm 3 ; 78

89 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE un basso modulo di Young, circa 45 GPa; un basso punto di fusione, circa 600 C, ed una buona fluidità della colata; un buon assorbimento delle vibrazioni, il che lo rende ideale per carter e scatole ingranaggi (vedi elicotteri). Il magnesio è un metallo piroforico, ossia si incendia con facilità, per questo nonostante sia tendenzialmente morbido deve essere lavorato a basse velocità di taglio per scongiurare l accensione del truciolo. Ha un costo di circa quattro volte superiore ad un comune acciaio ma la bassa densità lo rende comunque industrialmente appetibile. Sfortunatamente è uno dei metalli meglio corrodibili nella scala dei potenziali standard: per ragioni tecnologiche sono spesso presenti notevoli inclusioni di rame e nichel che formano con la matrice di magnesio delle pile localmente molto violente, perciò la principale sfida nella realizzazione di buone leghe di magnesio consiste nel limitare tali inclusioni. Ciò aumenta relativamente il costo ma i benefici in termini di resistenza alla corrosione sono molto grandi. Oltre ad un basso punto di fusione il magnesio possiede una elevata pastosità anche a temperature di poche centinaia di gradi: ciò rende possibile l applicazione della tecnica della thixoformatura, ossia l iniezione in uno stampo metallico di magnesio allo stato semisolido. I pezzi realizzati con questa tecnica non presentano gli inconvenienti tipici della fusione, come vuoti, cricche o ritiri eccessivi, ed hanno ottime finiture e tolleranze dimensionali: ciò è un grande vantaggio in quanto permette di eliminare le lavorazioni meccaniche, critiche per il rischio di incendio del truciolo. Le leghe di magnesio non hanno delle buone caratteristiche meccaniche, inoltre il reticolo esagonale le rende molto poco deformabili a freddo. Con la thixoformatura tuttavia si riesce a conferire al pezzo delle forme anche piuttosto complesse e ciò permette di recuperare qualcosa in termini di rigidezza nonostante il modulo di Young sia molto basso. 7.3 Le leghe di titanio Il titanio è il quarto elemento per abbondanza sulla crosta terrestre, ma ha un costo elevatissimo in quanto, grazie alla sua grande affinità con carbonio, azoto, ossigeno ed idrogeno, non si trova libero in natura (il processo estrattivo è complicato). Ha una densità di 4.7 g, un modulo di Young di 115 GPa ed una resistenza meccanica eccellente: in alcune leghe può arrivare anche a 1500 MPa, come i migliori acciai cm 3 pesando 79

90 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE Figura 7.3: Diagramma di stato Ti-Al comunque la metà. Si passiva molto facilmente, ha quindi una delle migliori resistenze alla corrosione. La sua grande reattività fa sì che, qualora non venga eseguito un attento controllo delle impurezze, il reticolo sia cosparso di composti che ne riducono drasticamente la tenacità; un titanio puro ha quindi un costo esorbitante, anche volte il ferro. È molto usato in ambito militare, mentre gli impieghi civili sono limitati alle attrezzature sportive, biomedicali o al campo energetico (giranti, valvole a fungo, etc.). Come si deduce dal diagramma di stato Ti-Al di figura 7.3 il titanio ha un polimorfismo: a 882 C la struttura passa da esagonale compatta (fase α) a cubica a corpo centrato (fase β). Passando dall EC alla CCC la resistenza meccanica aumenta, mentre diminuisce quella alla corrosione. Si dice quindi che l alluminio stabilizza la fase α, mentre l aggiunta di elementi come vanadio, stagno e molibdeno stabilizza la fase β, permettendone l esistenza anche a temperatura ambiente (comunque metastabile). La maggior parte delle leghe utilizzate sono tuttavia unione delle due fasi in modo da garantire un comportamento ottimale sia a resistenza che a corrosione. Una delle leghe più usate è la Ti6Al4V, che invecchiata a circa 1000 C garantisce un carico di rottura di circa 900 MPa. Tra i contro delle leghe di titanio, oltre al loro costo, ci sono una pessima conducibilità termica (10 volte meno di quella già scarsa del ferro) ed una bassa tenacità; inoltre il titanio è piroforico come il magnesio, quindi deve essere lavorato con dei lubrificanti 80

91 CAPITOLO 7. LE LEGHE LEGGERE appositi, e suscettibile di SCC. Tra i pro, oltre all ottimo rapporto prestazione/peso, si possono citare un basso coefficiente di ritiro, che consente la realizzazione di getti fusi molto precisi, ed una buona resistenza alla fatica (presenta il limite di fatica). 81

92 Capitolo 8 Fragilità dei materiali 8.1 Introduzione I principali fattori che determinano l insorgere di una frattura catastrofica fragile sono essenzialmente cinque: 1. natura dello stato tensionale; 2. velocità di applicazione del carico; 3. variabilità del carico; 4. condizioni di temperatura; 5. fattori ambientali. Stati triassiali di trazione sono generalmente responsabili di fratture fragili perché limitano sensibilmente la componente di tensione tangenziale effettivamente responsabile dello scorrimento plastico. Inoltre vi è una grande differenza di comportamento tra lo stato piano di tensione e quello piano di deformazione: se si osserva la figura 8.1 si può vedere come per grandi spessori, ossia nello stato piano di deformazione, il valore della tenacità a frattura K Ic scenda moltissimo e quindi la frattura fragile sia più probabile a parità di materiale e di stato di tensione. Dalla teoria della meccanica della frattura si può anche ricavare che gli effetti sul K Ic di una diminuzione del raggio della zona plastica sono analoghi a quelli di un aumento dello spessore (figura 8.2), quindi, ricordandosi (Irwin) che tale raggio è inversamente proporzionale al quadrato del carico di snervamento, si può constatare come materiali più resistenti penalizzino il valore della tenacità a frattura. 82

93 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI Figura 8.1: Fattore di intensificazione delle tensioni al variare dello spessore Figura 8.2: Raggio della zona plastica 83

94 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI Figura 8.3: Temperatura di transizione duttile-fragile Quando la velocità di applicazione del carico è paragonabile a quella con la quale le dislocazioni si spostano all interno del materiale è probabile il verificarsi di una frattura fragile, in quanto non viene dato al materiale il tempo di attivare il meccanismo di deformazione plastica. Questo aspetto è strettamente connesso con la temperatura del materiale, in particolare con quella che viene chiamata temperatura di transizione duttile-fragile, rappresentata in figura 8.3. Il comportamento a frattura del materiale al variare della temperatura viene studiato mediante la prova di Charpy, tuttavia essendo le dimensioni del provino molto contenute non è possibile estenderne i risultati alla totalità dei casi reali: per pezzi particolarmente grandi è necessario realizzare delle prove in piena scala in modo da tenere conto degli effetti negativi derivanti dallo stato piano di deformazione. Le curve dell energia assorbita dall impatto infatti mantengono la stessa forma ma si spostano verso temperature maggiori, ossia aumenta la temperatura di transizione, perciò i risultati della prova di Charpy costituiscono una sovrastima della reale capacità del materiale di assorbire l energia di un impatto (è una prova non conservativa). Gli effetti della variabilità del carico sono invece strettamente connessi con le condizioni ambientali nelle quali il pezzo si trova ad operare. I risultati ottenibili dalle prove di fatica sono immediatamente estendibili a tutti quei problemi dove le condizioni ambientali di esercizio siano molto simili a quelle di laboratorio o comunque poco aggressive, tuttavia se un particolare viene impiegato in ambienti corrosivi incorrerà facilmente in fenomeni di tenso-corrosione: la resistenza a fatica del pezzo sarà quindi inferiore a quella attesa e ciò sarà tanto più vero quanto le sue dimensioni sono grandi. 84

95 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI Figura 8.4: La zona termicamente alterata di un giunto saldato 8.2 La saldabilità Mentre in passato gran parte delle grandi strutture in acciaio venivano costruite usando collegamenti bullonati o chiodature, attualmente la quasi totalità viene realizzata per saldatura. È quindi di primaria importanza conoscere gli effetti del processo di saldatura sulla tenacità del materiale. Un giunto saldato, ad esempio di testa, ha essenzialmente un aspetto simile alla figura 8.4. In genere gli spessori nelle grandi strutture sono elevati e la saldatura viene effettuata con varie passate riportando del materiale nella zona precedentemente preparata alle macchine utensili (cianfrinatura): nella descrizione del giunto si distingue tra la zona termicamente alterata e la zona fusa. Nella zona termicamente alterata il materiale raggiunge e supera abbondantemente la temperatura di austenitizzazione mentre il materiale circostante rimane sostanzialmente freddo, causando un brusco raffreddamento di tale zona analogo a quello di un trattamento di tempra: ad ogni passata il materiale subisce quindi un ciclaggio termico molto severo, con formazione di strutture martensitiche estremamente fragili ed originatesi a partire da grani austenitici grossolani. Il cambiamento di fase genera inoltre autotensioni fasiche di trazione che aumentano ulteriormente la fragilità del giunto. La situazione migliora se si prevedono accorgimenti tecnologici come pre-riscaldi o post-riscaldi, tuttavia in alcuni casi occore agire alla radice del problema con un accurata scelta del materiale. Per limitare questi fenomeni è evidente che il materiale deve essere il meno temprabile possibile; si scelgono quindi acciai aventi bassissime percentuali di carbonio (minore dello 0.15 %) e di elementi di lega. La quantità di elementi di lega viene valutata in termini di carbonio equivalente C eq che in una fra le tante formulazioni possibili è definito come 85

96 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI C eq = C + Mn + Si 6 + Cr + Mo + V 5 + Cu + Ni. 15 Un acciaio si considera saldabile quando il carbonio equivalente è inferiore allo 0.4 %, quindi si può subito constatare come gli acciai da bonifica non abbiano buone caratteristiche di saldabilità. Nella zona fusa si raggiungono temperature di circa 1600 C ma la formazione di martensite è meno frequente in quanto i gradienti di temperatura sono meno severi; sono possibili tuttavia i difetti originati dalla solidificazione come vuoti, soffiature e formazione di strutture dendritiche, risolvibili comunque con un opportuna scelta del materiale d apporto. 8.3 Effetto della dimensione del grano sulla tenacità delle grandi strutture Come precedentemente accennato una resistenza elevata è controproducente in una grande struttura, a causa della diminuzione della tenacità a frattura che ne deriva. Fondamentale in questo ambito è che il materiale abbia una temperatura di transizione duttile-fragile molto bassa, in modo da cautelarsi da improvvise rotture generate da repentini abbassamenti della temperatura. La rottura fragile è in sostanza dovuta al fenomeno del clivaggio (cleavage), cioè il meccanismo di cedimento per decoesione frontale dei piani cristallini alternativo ai meccanismi di deformazione plastica attivati dalle tensioni tangenziali: al di sotto di una certa temperatura critica T cr la tensione di clivaggio, praticamente costante, diventa minore del carico di snervamento (figura 8.6), per cui la rottura avviene anche se la tensione è teoricamente in campo elastico. Questa temperatura è tanto maggiore quanto più è elevata la velocità di applicazione della sollecitazione, perciò questo fenomeno spiega l insorgenza delle rotture fragili quando i carichi diventano impulsivi. Il fenomeno del clivaggio è prettamente energetico: limitandosi al caso del monocristallo di figura 8.5, la frattura genera due nuove superfici γ normali alla sollecitazione per separazione dei piani atomici, quindi è energeticamente favorita quando la loro energia superficiale è minore dell energia elastica accumulata nel reticolo. È evidente quindi che in un materiale policristallino, formato cioè da molti grani orientati casualmente, il clivaggio non può avvenire normalmente alla sollecitazione come nel caso del mono- 86

97 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI Figura 8.5: Fenomeno del clivaggio Figura 8.6: Effetto della temperatura sul carico di snervamento 87

98 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI Figura 8.7: Effetto della dimensione del grano sulla temperatura di transizione cristallo, ma più in generale seguirà percorsi qualsiasi congiungendo tra loro bordi di grani adiacenti. Al diminuire della dimensione del grano questo percorso sarà sempre più complicato, cioè si verranno a formare nuove superfici alle quali è associata un energia superficiale maggiore: in un materiale a grana fine serviranno quindi tensioni applicate maggiori per attivare il clivaggio, perciò la tensione di clivaggio sarà maggiore che in un materiale a grana grossa. L effetto complessivo di un affinamento del grano sarà quindi quello di spostare il punto di intersezione tra la curva della tensione di snervamento e quella di clivaggio (figura 8.6) verso temperature critiche minori: ad una diminuzione del diametro del grano corrisponderà quindi un abbassamento della temperatura di transizione duttile fragile, con le modalità esposte nella figura 8.7. Un materiale a grana fina avrà quindi una temperatura di transizione duttile-fragile minore, oltre che un migliore carico di snervamento in accordo con la legge di Hall-Petch. Si capisce bene quindi il motivo per cui nelle grandi strutture in lamiera dove si tema un comportamento fragile si ricorre molto spesso agli HSLA. L abbassamento della temperatura di transizione duttile-fragile legato al diametro del grano ha però un limite inferiore: anche con grani finissimi, di pochi µm, difficilmente ci si riesce a spingere al di sotto dei C, ma per alcune applicazioni questi traguardi non sono ancora sufficienti. 88

99 CAPITOLO 8. FRAGILITÀ DEI MATERIALI 8.4 Materiali per applicazioni criogeniche Un possibile modo per ottenere temperature di transizione più basse è cambiare la natura del reticolo cristallino: nelle strutture cubiche a facce centrate infatti il fenomeno del clivaggio è molto meno rilevante. Tra i materiali aventi tale struttura l unico ragionevole è l acciaio inox austenitico, tuttavia ha un costo relativo molto elevato e le sue scarse caratteristiche meccaniche costringono a progettare strutture grossolane e pesanti, con un costo complessivo esorbitante. Per far fronte a queste problematiche sono state messe a punto le lamiere per uso criogenico: si rinuncia al reticolo FCC e si ricorre all unico elemento di lega che migliora la tenacità, il nichel. Esistono acciai con percentuali di nichel del 3 9 %, che permettono di raggiungere, nelle versioni più performanti, temperature di transizione anche di -180 C. Un contenuto di nichel così elevato viola immediatamente la soglia del C eq, perciò nelle operazioni di saldatura devono essere usate tecnologie particolari. Gli acciai al nichel sono temprabili, quindi si possono bonificare ottenendo resistenze accettabili (il carbonio è comunque basso) ma grandissime tenacità. 89

100 Capitolo 9 La tenso-corrosione 9.1 Introduzione La tenso-corrosione o SCC (stress corrosion cracking) è un fenomeno estremamente casuale e di difficile previsione, tuttavia esistono modelli capaci di stimare la velocità di propagazione della cricca, come nel problema della fatica. Affinché la SCC si presenti occorrono due condizioni fondamentali: uno stato tensionale di trazione; un ambiente chimicamente aggressivo, anche se non così aggressivo come si può incontrare quando si ha a che fare con la corrosione vera e propria. Presi singolarmente questi fenomeni sarebbero molto poco critici, tuttavia la loro combinazione è spesso catastrofica: in ambiente leggermente corrosivo si può giungere a rottura anche con carichi pari ad un decimo del carico di snervamento, oppure con tensioni più elevate anche in acqua distillata. Definire quando un ambiente è aggressivo è molto complicato; in realtà si fa in genere riferimento a particolari combinazioni materiale-ambiente, avente ognuna un meccanismo di funzionamento diverso. Alcune coppie notevoli sono: acciai inox in ambiente ricco di ioni cloro (atmosfera marina); titanio o alluminio in presenza di ioni cloro-fluoro; ottone/ammoniaca; 90

101 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE acciai al carbonio/nitrati (NaOH); acciai o leghe leggere altoresistenziali/acqua. 9.2 Meccanismi di funzionamento Condizioni necessarie all innesco della SCC sono la formazione di un film di ossido, la presenza di un difetto superficiale ed una sollecitazione di trazione. La concentrazione di tensione di trazione in prossimità del difetto rompe lo strato di ossido, tendenzialmente fragile, e scopre il materiale sottostante, permettendo all ossido di penetrare all interno del pezzo. Questo fenomeno avviene su scala nanometrica, ma la profondità del difetto può raggiungere le dimensioni micrometriche tipiche del grano. Una volta sorto il difetto, la penetrazione chimica dell ambiente al suo apice non è completa. La concentrazione degli elementi aggressivi, ad esempio l ossigeno, è qui molto inferiore rispetto a quella in superficie, perciò si vengono a creare dei potenziali elettro-chimici tra apice (zona anodica) e pareti del difetto (zona catodica) che possono aumentare moltissimo il rateo di corrosione. È da notare che anche se il pezzo fosse tecnologicamente perfetto e liscio, l applicazione dello stato di trazione indurrebbe quantomeno degli scorrimenti plastici localizzati capaci di portare certi piani atomici ad uscire dalla superficie, fungendo quindi da punto di innesco per la SCC. Condizione necessaria al verificarsi della SCC è che la velocità di passivazione, cioè di formazione dell ossido, e di corrosione siano dello stesso ordine di grandezza. Se la prima fosse preponderante infatti il fenomeno si arresterebbe, mentre se lo fosse la seconda si assisterebbe a meccanismi di corrosione convenzionale, con la formazione di vaiolature o pits. Tale fenomeno non è ancora del tutto compreso, è incerto e difficilmente prevedibile. La SCC può presentarsi con la formazione di cricche intergranulari, transgranulari o a delta di fiume, che a seconda della coppia materiale/ambiente possono propagarsi anche a vari millimetri all ora La corrosione selettiva Un particolare tipo di SCC è quella che si verifica nelle leghe formate da elementi elettronegativamente molto diversi, come ad esempio l ottone (rame e zinco). La corrosione avviene con meccanismi convenzionali, tuttavia interressa solo quelle isole del materiale costituite dal materiale meno nobile. Il materiale si riempie quindi di micro-vuoti e 91

102 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE lo stato tensionale di trazione rompe facilmente tali zone poco resistenti, avviando un meccanismo distruttivo che difficilmente si arresta. Tale tipo di corrosione può verificarsi paradossalmente anche in quelle leghe considerate nobili, come ad esempio le leghe oro-rame, infatti è sufficiente che i due elementi abbiano diversa elettronegatività mentre non ha importanza alcuna il suo valore assoluto. Da ciò si deduce che altrettanto paradossalmente sono migliori dal punto di vista della corrosione quei materiali che magari sono elettronegativamente meno nobili ma che tuttavia hanno una composizione chimica omogenea tale da scongiurare tale fenomeno La passivazione degli inox e delle leghe leggere e la SCC La passivazione di un materiale è la sua tendenza a formare, in particolari condizioni ambientali, uno strato superficiale di ossido molto compatto e capace di proteggere il materiale sottostante da ulteriori fenomeni corrosivi. Sono suscettibili di passivazione materiali come gli acciai inox e le leghe di titanio ed alluminio, i quali presentano delle curve di polarizzazione anodica (in nero) simili a quella di figura 9.1. Al variare dell ambiente varieranno anche le curve catodiche (in rosso) e quindi il punto di funzionamento (l intersezione delle curve) si sposterà lungo la curva anodica. Quando il punto di funzionamento si trova nella zona di comportamento passivo il materiale sarà poco sensibile a piccole variazioni dell ambiente ed in generale poco suscettibile alla corrosione. Conoscendo l ambiente e quindi la curva catodica si può progettare una coppia materiale/ambiente capace di ottima resistenza alla corrosione, tuttavia ciò non mette al sicuro dal fenomeno della SCC. Come precedentemente accennato infatti, la penetrazione dell ambiente nella cricca non è completa e quindi è possibile che l apice del difetto si trovi ad operare su di una curva catodica spostata verso tensioni molto minori, in maniera tale da intersecare la zona di comportamento attivo del materiale. In questo caso anche una progettazione attenta al problema della corrosione non sarebbe sufficiente a proteggere il particolare dalla SCC: per questo motivo la strategia migliore per scongiurare l insorgere della SCC è impedire la formazione della cricca, facendo ricorso a protezione catodica o pallinatura ed evitando il più possibile tensioni da montaggio e da saldatura. 92

103 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE E stato passivo E F stato attivo I pass I crit Log I Figura 9.1: Esempio di diagramma di Evans 9.3 Il problema della fragilità da idrogeno Qualora il meccanismo di corrosione sia ad umido è possibile che assieme alla riduzione dell ossigeno avvenga quella dell idrogeno, in accordo con la semplice reazione 2H + + 2e = H 2. L idrogeno atomico viene adsorbito dalla superficie e grazie alle sue piccole dimensioni ed ad un gradiente di concentrazione elevato diffonde con estrema facilità. Per motivi di convenienza termodinamica l idrogeno atomico si dispone attorno alle eventuali discontinuità del reticolo come bordi di grano, precipitati od inclusioni. Una zona particolarmente adatta all accumulo dell idrogeno è l apice di un difetto: ai margini delle zona plastica infatti sono presenti stati triassiali di trazione con una forte componente idrostatica dove il reticolo si distende. L atomo di idrogeno ha quindi molto più spazio a disposizione e la sua concentrazione C σ sale con una legge esponenziale in funzione della componente idrostatica della tensione σ id secondo la relazione C σ = C 0 e σ id V RT, dove C 0 è la concentrazione di idrogeno in assenza di tensione, V è il volume molare parziale di idrogeno, R la costante di Boltzmann e T la temperatura. L infragilimento da 93

104 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE Figura 9.2: Effetto della presenza di idrogeno all apice di un difetto idrogeno può manifestarsi secondo diversi meccanismi (figura 9.2), i quali possono essere compresi osservando la formula seguente. σ t = σ + σ a + p gas La tensione totale σ t sentita dal materiale è la risultante di carico σ, autotensioni σ a derivanti da saldature o forzamenti e pressioni parziali p gas di eventuali gas intrappolati nel reticolo. Finché tale somma è minore della tensione di coesione del metallo il materiale è in condizioni di sicurezza, quando invece avviene il contrario inizia la propagazione della cricca. A seconda dei casi possono presentarsi queste situazioni, più o meno concomitanti: decoesione del metallo: la concentrazione di idrogeno C H modifica la tensione di coesione σ coes del materiale secondo la legge σ coes = σ 0 αc n H, dove σ 0 è la tensione di coesione in assenza di idrogeno ed α ed n sono costanti del materiale. La tensione totale può quindi superare quella di coesione in seguito 94

105 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE all aumento della concentrazione di idrogeno in prossimità ad esempio dell apice di un difetto e dare origine ad una cricca. attacco da idrogeno: l idrogeno atomico reagisce col carbonio disciolto nel materiale formando gas metano, che vi rimane intrappolato. La pressione parziale di tale gas può aumentare molto la tensione totale, mentre la coesione peggiora in seguito alla decarburazione del materiale. Si possono formare delle cricche tra le cavità dove il metano è rimasto intrappolato, e la situazione peggiora all aumentare della temperatura e quindi della pressione parziale del gas. blistering: è un fenomeno comune nelle grandi tubazioni per il trasporto degli olii combustibili. Tali liquidi infatti posseggono elevate concentrazioni di acido solfidrico H 2 S, il quale sfavorisce moltissimo (anche di un fattore 1000) la formazione di idrogeno molecolare. Queste grandi quantità di idrogeno atomico vengono quindi assorbite dal materiale e si dispongono come precedentemente detto intorno alle discontinuità del reticolo, diminuendo fortemente la coesione del metallo ed innalzando il termine della tensione totale relativo alla pressione parziale del gas. Al limite il materiale si può criccare anche se scarico, basta che la pressione parziale dell idrogeno raggiunga valori superiori alla tensione di coesione. frattura differita: è possibile che un determinato pezzo lavori in un ambiente non pericoloso dal punto di visto dell infragilimento da idrogeno ma che ad esempio ne abbia assorbito una grande quantità durante un processo tecnologico. Ciò può avvenire durante un trattamento superficiale od acido oppure durante la saldatura, tuttavia è possibile rimediare sottoponendo i pezzi ad una sorta di ricottura a C. È buona norma applicare tale trattamento a bulloni alto-resistenziali o alle molle in generale. La frattura differita è spesso la più pericolosa perché generalmente inaspettata. 9.4 Conclusioni Alla luce di queste considerazioni è possibile affermare che qualora si tema un aggressione da idrogeno è indispensabile usare un materiale il meno resistente possibile. Una bassa tensione di snervamento infatti fa sì che nella zona plastica all apice del difetto non riescano ad accumularsi elevate concentrazioni di idrogeno: è per questo motivo ad 95

106 CAPITOLO 9. LA TENSO-CORROSIONE esempio che le bombole per lo stoccaggio di questo gas sono realizzate in acciai molto deboli. È da notare che situazioni in generale sfavorevoli come un elevata velocità di applicazione del carico od una bassa temperatura sono al contrario benefici dal punto di vista della SCC. Un elevata velocità di applicazione del carico non dà tempo al fenomeno corrosivo di instaurarsi nella sua completezza, mentre una bassa temperatura rallenta molto la cinetica delle reazioni chimiche che lo regolano. 96

107 Capitolo 10 Materiali resistenti alla corrosione 10.1 Introduzione La sempre maggiore richiesta energetica mondiale ha costretto negli ultimi decenni ad attingere anche a quei pozzi di petrolio che in passato furono scartati perché contenenti olii troppo aggressivi per i materiali convenzionali. Sono stati perciò studiati dei materiali per applicazioni spinte in termini corrosivi e capaci di resistere alle sempre maggiori temperature necessarie per migliorare i rendimenti dei processi di raffinazione. Tali materiali sono considerati strategici per l industria dell energia e le loro caratteristiche possono essere riassunte nei seguenti punti: resistenza in temperatura, fino a 550 C; tenacità su spessori elevati, fino a 400 mm; saldabilità; resistenza all attacco da idrogeno; resistenza alla SCC Acciai al Cr-Mo saldabili Nel campo dell industria petrol-chimica si sono affermati gli acciai al Cr-Mo saldabili, in quanto posseggono gran parte delle caratteristiche precedentemente elencate. La 97

108 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Famiglie T ( C) 0.5Cr-0.25Mo 350 1Cr-0.5Mo 1.25Cr-0.5Mo 2.25Cr-1Mo 450 3Cr-1Mo 6Cr-1Mo 9Cr-1Mo 550 Tabella 10.1: Acciai al Cr-Mo saldabili resistenza in temperatura è assicurata dalla maggiore stabilità termodinamica dei carburi di cromo e molibdeno rispetto a quelli di ferro, mentre la tenacità e la saldabilità si garantiscono invece tenendo il contenuto di carbonio il più basso possibile, in genere al di sotto dello 0.15 %. Le principali famiglie si distinguono in base al contenuto di questi particolari elementi di lega ed alcune di queste sono elencate nella tabella 10.1, tra le quali la 2.25Cr-1Mo è di gran lunga la più usata. Questi materiali vengono usati principalmente per la costruzione di reattori per processi chimici o per il cracking degli olii combustibili. La realizzazione di questi particolari, spesso pesanti varie decine di tonnellate, prevede innanzitutto una normalizzazione: vengono portati in campo γ (circa 900 C) e lasciati raffreddare in aria. Dall analisi delle curve CCT si può vedere come per tali velocità di raffreddamento la struttura del materiale è sostanzialmente bainitica, cioè caratterizzata da una buona resistenza meccanica ma da una modesta tenacità. Viene allora eseguito una sorta di rinvenimento a temperature elevate, dell ordine dei 690 C e per un tempo di alcune decine di ore, in modo da favorire la formazione di carburi di cromo e molibdeno eliminando al tempo stesso la cementite, troppo instabile alle alte temperature tipiche dei processi sopra menzionati. Dopo questi trattamenti il materiale avrà una resistenza meccanica modesta, intorno ai MPa, ma una tenacità elevatissima, dai 150 fino ai 300 MPa m. È da notare che tenacità così elevate vengono raggiunte anche grazie ad un ottimo controllo delle impurezze, che di conseguenza fa lievitare molto i costi di questa famiglia di materiali. 98

109 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE L attacco da idrogeno negli acciai al Cr-Mo Gran parte dei reattori sopra menzionati contengono in esercizio miscele aventi pressioni parziali di idrogeno elevatissime, fino a 300 bar, e contenenti elementi chimicamente aggressivi: è quindi possibile incorrere nel già citato attacco da idrogeno, che è bene ricordare come un fenomeno diverso dall infragilimento da idrogeno. La quantità di idrogeno molecolare che si dissocia in idrogeno atomico è proporzionale alla sua pressione parziale p H secondo la relazione 2H + = p H K, dove K è funzione della temperatura mediante un legame di tipo Arrhenius. K = K 0 e Q H RT Queste grandi quantità di idrogeno atomico penetrano nel metallo e reagiscono col carbonio contenuto nell acciaio causandone la decarburazione e formando bolle di gas metano all interno del reticolo. È per questo che il carbonio viene tenuto basso e comunque il più possibile sotto forma di carburi di cromo e molibdeno termodinamicamente stabili: se ci fosse cementite infatti in temperatura si scioglierebbe, liberando il carbonio, mentre ancora peggiore sarebbe un reticolo martensitico, nel quale il carbonio vi è semplicemente libero. I principali carburi stabili che si vengono a formare sono il Mo 2 C, il Cr 23 C 6 ed il Cr 7 C 3. Ad oggi il vero limite al salire delle temperature non è rappresentato dal creep, in quanto sarebbe sempre possibile aumentare gli spessori in gioco, bensì dall attacco da idrogeno. Nella pratica ingegneristica vengono quindi usate delle particolari curve, note come curve di Nelson (riportate in figura 10.1), le quali forniscono un limite superiore alla combinazione p H -T. Osservando le curve si nota come man mano che si usano acciai con maggiori percentuali di cromo e molibdeno le rispettive curve di Nelson si spostano, permettendo combinazioni più estreme di pressione parziale e temperatura. Per combinazioni p H -T ancora più spinte è stata introdotta la tecnica del rivestimento: il core in acciaio al Cr-Mo viene rivestito internamente, con un movimento a spirale, da un nastro di acciaio inossidabile (un comune 18Cr-10Ni) di 5 10 mm di spessore, dando vita ai cosiddetti acciai placcati. Si ricorre alla placcatura perché una struttura realizzata interamente in inox sarebbe molto costosa, anche considerandone la mole, ed 99

110 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Figura 10.1: Curve di Nelson per l attacco da idrogeno avrebbe comunque una resistenza troppo scarsa. È bene ricordare che la solubilità di una specie interstiziale è maggiore in una struttura austenitica che in una ferritica, mentre per la diffusività succede il contrario. L idrogeno quindi, una volta che la struttura avrà raggiunto l equilibrio termico, si concentrerà in massima parte nel rivestimento di inox piuttosto che nel core di acciaio al Cr-Mo, preservandolo dall attacco da idrogeno. Alle alte temperature il problema della fragilità per l acciaio inox non è rilevante, tuttavia occorre prestare particolare attenzione durante la fase di spegnimento del reattore. Come già detto, la diffusività dell idrogeno nella struttura austenitica dell inox è molto bassa, quindi se il reattore viene raffreddato troppo bruscamente l elevata concentrazione di idrogeno non ha tempo di fuoriscire dal metallo: rimane intrappolata al suo interno a causa della lentezza dei moti diffusivi e, nel momento in cui la temperatura si avvicina a quella ambiente, è possibile ricadere nel campo della fragilità da idrogeno, con pericolose rotture di schianto del reattore. L operazione di spegnimento è quindi molto delicata e per questo regolata da severe normative Gli acciai inox austenitici Gli acciai austenitici rappresentano il 70 % della produzione mondiale degli acciai inox. Hanno un contenuto di carbonio molto basso, minore dello 0.1 %, e percentuali rilevanti di cromo e nichel. L inossidabilità è assicurata convenzionalmente per una per- 100

111 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Figura 10.2: Diagramma di stato Fe-Cr centuale di cromo maggiore del 13 %, anche se non si eccede mai il 25 % per non incorrere nella fase σ, fragile e poco resistente alla corrosione. Il più comune fra gli acciai inox austenitici è l AISI 304, avente il 18 % di cromo ed il 10 % di nichel (il rinomato inox 18-10). Il nichel viene aggiunto in quanto estende il campo austenitico del diagramma Fe-Cr di figura 10.2 (normalmente presente solo per percentuali di cromo minori del 13 %) fino alle zone capaci di garantire l inossidabilità (figura 10.3). Osservando le curve CCT di un inox austenitico si nota come la trasformazione perlitica non avvenga se non per velocità di raffreddamento molto basse, tecnologicamente irrealizzabili, mentre la grande quantità di elementi di lega sposta le temperature di inizio e fine trasformazione martensitica molto al di sotto della temperatura ambiente. La struttura non potrà che essere austenitica: non si tratta di austenite stabile, bensì metastabile, cioè che nonostante non sia stabile a temperatura ambiente non riesce comunque a trasformarsi in nessun altra struttura La corrosione intergranulare Nonostante gli acciai inox siano per definizione poco suscettibili alla corrosione, è possibile che in seguito a particolari condizioni di temperatura e velocità di raffreddamento perdano la loro inossidabilità. Tali acciai non vengono di norma sottoposti a trattamenti termici, quindi tali fenomeni avvengono principalmente intorno alle zone saldate, dove si 101

112 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Figura 10.3: Effetto del nichel sul diagramma Fe-Cr assiste ad un processo di corrosione intergranulare noto come weld decay. La corrosione intergranulare è causata dalla precipitazione dei carburi di cromo sui bordi di grano chiamata sensitivizzazione. In determinati range di temperatura il carburo Cr 23 C 6, particolarmente ricco di cromo, trova una marcata convenienza energetica nel precipitare sul bordo di grano (figura 10.4) In queste zone la percentuale di cromo può scendere al di sotto del limite di inossidabilità, perciò diventano anodiche rispetto al resto del grano: si creano quindi delle pile localmente molto violente a causa della elevata corrente anodica, portando alla formazione di difetti dai quali può facilmente nucleare Figura 10.4: Corrosione intergranulare 102

113 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Figura 10.5: Sensitivizzazione della zona termicamente alterata una cricca da SCC. La sensitivizzazione si verifica nella zona termicamente alterata delle saldature (figura 10.5), dove la temperatura ed il suo gradiente fanno sì che si creino le condizioni ideali per la formazione del carburo di cromo, regolata dalle curva di precipitazione di figura L intervallo di temperatura all interno del quale avviene la precipitazione del carburo spazia da 600 a 850 C. Al di sopra degli 850 C e nei pressi della zona fusa, il gradiente di raffreddamento è troppo brusco, così il carburo non ha tempo di precipitare; inoltre, alle elevate temperature, la convenienza energetica nel precipitare al bordo di grano è minore a causa della bassa diffusività. Al di sotto dei 600 C invece la temperatura non è sufficiente alla formazione del carburo. Possibili rimedi al problema della corrosione intergranulare possono essere: trattamenti termici: la saldatura può essere portata ad elevata temperatura, in modo da sciogliere il carburo, e successivamente temprata, impedendone la riformazione. Non sempre è possibile, a causa delle dimensioni del pezzo eccessive oppure delle distorsioni indotte dal gradiente di raffreddamento troppo elevato; riduzione del contenuto di carbonio: la diminuzione del carbonio sposta le curve di precipitazione verso tempi maggiori (figura 10.7), cosicché il carburo non ha tempo 103

114 CAPITOLO 10. MATERIALI RESISTENTI ALLA CORROSIONE Figura 10.6: Curva di precipitazione del carburo di cromo nell AISI 304 Figura 10.7: Effetto del contenuto di carbonio sulle curve di precipitazione di precipitare. questo motivo; Acciai come il 304L ed il 316L sono stati progettati proprio per aggiunta di elementi fortemente carburigeni: acciai con l aggiunta di elementi come il titanio ed il niobio (rispettivamente AISI 321 ed AISI 347), aventi una maggiore affinità col carbonio rispetto al cromo, inibiscono la formazione del carburo di cromo. 104

115 Capitolo 11 Aspetti metallurgici della fatica 11.1 Introduzione La fatica (fatigue) è una modalità di cedimento dei materiali da costruzione che può portare alla rottura di un determinato particolare meccanico, qualora la sollecitazione sia di carattere ciclico, anche per tensioni notevolmente inferiori al carico di snervamento. La fatica è un fenomeno permanente (non reversibile), progressivo e localizzato, ossia non comporta un degrado generalizzato del materiale ma solo di una sua piccola parte. La resistenza a fatica non è una caratteristica del materiale ma dipende in maniera sostanziale dal particolare meccanico e dalle condizioni nelle quali esso svolge la sua funzione. Nello studio della fatica, le sollecitazioni cicliche responsabili del fenomeno vengono rappresentate mediante andamenti sinusoidali come quello di figura Per determinare univocamente un certo carico ciclico servono almeno due parametri indipendenti tra loro, come ad esempio la tensione media σ m e quella alternata σ a, la tensione minima σ min e quella massima σ max oppure il campo di tensione σ ed il rapporto di tensione R, definite nel seguito. 105

116 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.1: Parametri di una sollecitazione ciclica σ m = σ max + σ min 2 σ a = σ max σ min 2 σ = σ max σ min = 2σ a R = σ min σ max La frequenza di applicazione del carico ciclico ha pochissima importanza, tuttavia non vengono usate frequenze maggiori di circa Hz in quanto porterebbero ad un riscaldo del componente tale da falsare i risultati delle prove. Come mostrato in figura 11.2, a seconda dei valori assunti dal rapporto di tensione si distingue tra cicli alterno simmetrico (R = 1), ripetuto in trazione (R = 0) o compressione (R = ) e pulsante in trazione (0 < R < 1) o compressione (R > 1). Il cedimento per fatica si divide essenzialmente in tre fasi distinte: nucleazione di un difetto, anche in un materiale che ne era originariamente esente; propagazione della cricca: quando il difetto ha raggiunto una certa dimensione, dell ordine di grandezza del millimetro, esso comincia a propagare all interno del materiale secondo un meccanismo diverso rispetto a quello che lo ha generato; rottura finale, che può avvenire secondo le modalità della meccanica della frattura lineare elastica (MFLE) oppure in seguito al collasso plastico della sezione residua. 106

117 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.2: Tipo di sollecitazione al variare del rapporto di tensione Figura 11.3: Nucleazione di una cricca superficiale 107

118 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.4: Immagine al microscopio elettronico della nucleazione di una cricca Figura 11.5: Propagazione di una cricca per fatica Una cricca nuclea comunemente sulla superficie di un materiale qualora essa sia sottoposta ad una tensione di trazione: l applicazione ciclica del carico genera degli scorrimenti plastici (figura 11.3) dei piani cristallini lungo una direzione inclinata rispetto alla superficie di circa 45 in quanto questi sono i piani dove si presenta la massima componente tangenziale della tensione. In figura 11.4 si può osservare una cricca nei primi istanti della sua nucleazione, con le classiche sporgenze dei piani cristallini usciti dalla superficie del materiale: da notare la dimensione micrometrica della fase iniziale del fenomeno. Quando la cricca raggiunge una certa dimensione cambia direzione (figura 11.5), comincia cioè a propagare in direzione ortogonale alla superficie ed alla sollecitazione principale (come nel modo I della meccanica della frattura) con velocità via via crescenti man mano che la sua dimensione aumenta. Sperimentalmente si nota che al di sotto di determinati livelli tensionali, la cricca nuclea comunque tuttavia non riesce a propagare, o comunque propagherebbe a velocità talmente basse da essere praticamente impossibile monitorarne l avanzamento. 108

119 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.6: Aspetto di una superficie rotta per fatica Aspetto di una superficie rotta per fatica Una sezione rotta per fatica presenta in genere delle linee concentriche, visibili ad occhio nudo, chiamate linee di spiaggia (figura 11.6), o beachmarks, che permettono di identificare il punto di partenza della cricca. Questa zona ha in genere un aspetto liscio a causa degli strofinamenti causati dall applicazione ciclica del carico. Tali linee NON rappresentano il numero di cicli di applicazione del carico, bensì eventuali modificazioni dell entità della sollecitazione o periodi di riposo che danno la possibilità all ossidazione di agire sulla superficie di frattura. È possibile anche identificare la zona di rottura finale che di solito ha il tipico aspetto della rottura fragile, è cioè rugosa ed opaca. In genere la rottura per fatica avviene in assenza di deformazioni plastiche complessive del pezzo, infatti spesso le due parti del pezzo possono essere fatte combaciare con buona precisione, al contrario di quello che avviene nei provini in materiale duttile rotti staticamente La propagazione di una cricca per fatica Supponiamo che un particolare presenti una cricca laterale di lunghezza iniziale a come quella di figura In accordo con le leggi della meccanica della frattura la rottura di schianto non può avvenire finché il valore del fattore di intensificazione delle tensioni in corrispondenza del carico massimo K Imax è minore della tenacità a frattura del materiale K Ic. K Imax = Y σ max a < KIc 109

120 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.7: Cricca laterale in un particolare meccanico Figura 11.8: Modello di propagazione di una cricca per fatica È anche possibile definire nello stesso modo il fattore di intensificazione per il carico minimo K Imin, tuttavia, qualora la tensione minima sia negativa, esso vale 0 in quanto in questo caso lo stato tensionale tende a richiudere la cricca e quindi non si ha più concentrazione di tensione. La propagazione di una cricca avviene in accordo con un modello noto come blunting model, illustrato in figura All apice del difetto, in accordo con la meccanica della frattura, si verifica il massimo stato tensionale, con scorrimenti plastici lungo le direzioni inclinate di 45 rispetto alla direzione della cricca in quanto è là che si presenta la massima componente della tensione tangenziale. Quando il carico viene rimosso il cuore del materiale che è rimasto in campo elastico forza la piccola percentuale di materiale plasticizzato a rioccupare la configurazione precedente e per questo avvengono delle micro-fratture che danno vita alle cosiddette striature (striations), visibili in figura Ogni striatura rappresenta un ciclo di applicazione del carico, sono quindi diverse dalle linee di spiaggia. 110

121 CAPITOLO 11. ASPETTI METALLURGICI DELLA FATICA Figura 11.9: Striature al microscopio elettronico La legge di Paris Ad ogni applicazione del carico la lunghezza della cricca, anche se di pochissimo, aumenta, perciò in accordo con la MFLE il valore del fattore di intensificazione delle tensioni massimo aumenta, ed ovviamente la rottura di schianto avverrà quando il K Imax raggiungerà la tenacità a frattura. Sperimentalmente si osserva che per una data lunghezza iniziale della cricca a 0 la vita a fatica di un componente sarà tanto maggiore quanto minore sarà la tensione alternata applicata, inoltre per tensioni alternate elevate la rottura finale avverrà per lunghezze critiche via via più piccole; allo stesso modo si osserva che per una certa tensione alternata il particolare si romperà prima quando la lunghezza iniziale della cricca è maggiore, mentre la lunghezza critica sarà praticamente la stessa. Nel 1963 Paris si accorse che, riportando in un diagramma doppio logaritmico le coppie avanzamento per ciclo/range di variazione del fattore di intensificazione delle tensioni, i punti sperimentali si disponevano a formare una retta (figura 11.10). porto alla formulazione della nota legge di Paris, dove l avanzamento per ciclo da/dn vale da dn = C Kn. Paris notò inoltre che al di sotto di un certo valore di soglia K th la velocità di avanzamento era trascurabile, dimostrando l esistenza di un limite di fatica, cioè di una sollecitazione al di sotto della quale il fenomeno della rottura per fatica non si verifica 111 Ciò

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