Reati fiscali. Confisca per equivalente N

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1 Reati fiscali. Confisca per equivalente N Dichiarazione fraudolenta ed emissione fatture false Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte Omessi versamenti di IVA e di ritenute certificate Dichiarazione infedele Omessa dichiarazione

2 Sommario 1. Introduzione Dichiarazione fraudolenta ed emissione fatture false Sequestro beni commercialista Ruolo di istigatore... 5 Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza 3 settembre 2014 n Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte Sequestro beni commercialista fumus commissi delicti Dolo insito nella sicura conoscenza della materia fiscale... 6 Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza 3 settembre 2014 n Dichiarazione fraudolenta Dichiarazione infedele - Emissione fatture false Sequestro beni commercialista - Ruolo di istigatore Principio solidaristico... 8 Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, sentenza 12 aprile 2012 n Omessa IVA Sanatoria posizione debitoria da parte di un terzo Revoca sequestro quote societarie... 9 Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 21 ottobre 2014 n Omessa dichiarazione Sequestro conto cointestato con persona estranea alle indagini Legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 3 luglio 2014 n Reati tributari e contro P.A. C/c bancario intestato a un terzo Delega a operare all indagato Fondo patrimoniale Sequestro legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 20 settembre 2013 n Omessa IVA Omesse ritenute certificate Fondo patrimoniale Immobile originariamente di proprietà della moglie estranea al reato Sequestro legittimo Irrilevante regime separazione dei beni Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 7 gennaio 2014 n Omessi versamenti di IVA e ritenute certificate Cassetta di sicurezza intestata a un terzo estraneo al reato Delega all indagato - Prova dell interposizione fittizia Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 20 settembre 2013 n Dichiarazione infedele e omessa IVA Immobile in comproprietà - Sequestro pro quota Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 12 luglio 2013 n Dichiarazione infedele Sequestro su auto, c/c e immobili Presunzioni tributaria Misura legittima Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 25 settembre 2014 n

3 12. Dichiarazione infedele Presunzioni Tributarie - Movimentazioni su c/c Motivazione sequestro Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 16 settembre 2014 n Omessa dichiarazione Studi di settore Calcolo soglia punibilità - Sequestro legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 4 ottobre 2013 n Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte Rinuncia ad azione coattive Effetti sul sequestro 18 Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 16 settembre 2014 n Omesse ritenute certificate Sequestro beni amministratore società Ammissione a concordato Misura Legittima Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 1 agosto 2014 n Dichiarazione fraudolente Accertamento con adesione o concordato fiscale Riduzione sequestro Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 9 maggio 2014 n Omessa IVA Accordo per la rateizzazione del debito tributario Riduzione sequestro Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 12 febbraio 2014 n Evasione fiscale Determinazione valore immobili sequestrati Banca dati Agenzia del territorio - Riduzione sequestro Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 4 aprile 2014 n Dichiarazione fraudolenta Rilascio polizza fideiussoria Restano esigenze cautelari Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 10 giugno 2013 n Frode fiscale Polizze vita Sequestrabili Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 6 maggio 2014 n

4 1. Introduzione In caso di condanna (o patteggiamento) per un illecito tributario è obbligatoria la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto del reato. Sul piano cautelare, spetta al sequestro preventivo assicurare l apprensione del bene in funzione della successiva confisca. Ai fini del contrasto all evasione fiscale il Legislatore ha reso obbligatoria l ablazione del profitto del reato, o del suo equivalente, anche per taluni reati tributari, in ragione della sostanziale inoperatività della confisca ordinaria ex art. 240 cod. pen. Precisamente si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'art. 322-ter cod. pen. (confisca per equivalente ) nei casi di cui ai seguenti articoli del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74: o 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti); o 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici); o 4 (Dichiarazione infedele); o 5 (Omessa dichiarazione); o 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti); o 10-bis (Omesso versamento di ritenute certificate); o 10-ter (Omesso versamento di Iva); o 10-quater (Indebita compensazione); o 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte). La confisca per equivalente si applica ai delitti appena elencati a partire dal 1 gennaio data di entrata in vigore dell art. 1, comma 143. L. 244/2007. CONFISCA PER EQUIVALENTE NEI REATI TRIBUTARI La confisca per equivalente è stata estesa ai reati tributari dall art. 1, co. 143, L. n. 244 Ambito di del 2007 (Finanziaria 2008). Nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10- applicazione quater e 11 del D.Lgs. n. 74/2000 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all art. 322-ter cod. pen. Beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a quelli costituenti il prezzo o il profitto del reato. Nei reati tributari il profitto del reato si indentifica con l imposta evasa. Oggetto La definizione di disponibilità è riferibile a tutte quelle situazioni nelle quali i beni ricadano nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il potere dispositivo su di essi sia esercitato per il tramite di terzi (interposizione sia fittizia sia reale). Il sequestro preventivo, strumentale alla confisca per equivalente, può essere applicato Illeciti nei confronti di ciascun concorrente del reato anche per l intera entità del valore plurisoggettivi accertato come profitto o prezzo, con il limite di non poter eccedere, con riferimento (ad es. alla globalità dei concorrenti, l ammontare complessivo del valore del prezzo o del professionista in profitto. concorso col La confisca definitiva deve invece riguardare la quota di prezzo o di profitto cliente) effettivamente attribuibile al singolo concorrente nel reato. Qualora sia impossibile 3

5 Irretroattività quantificare il profitto esattamente riferibile al singolo concorrente, si deve procedere in base al criterio dell uguaglianza, per cui la quota di ciascun concorrente si deve presumere uguale a quella degli altri (v. Cass., sez. V pen., n /2015). La confisca per equivalente può trovare applicazione unicamente per i reati tributari commessi a partire dal 1 gennaio 2008, data di entrata in vigore dell art. 1, comma 143, della L. n. 244/

6 2. Dichiarazione fraudolenta ed emissione fatture false Sequestro beni commercialista Ruolo di istigatore Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza 3 settembre 2014 n Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, può colpire anche i beni riconducibili al commercialista che si sospetta abbia avuto un ruolo di primo piano nella frode fiscale (nella specie, istigatore della condotta illecita del cliente e legale rappresentate delle società utilizzatrici delle fatture false). I giudici del Palazzaccio hanno respinto il ricorso di un commercialista indagato dei reati di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000 sancendo così la legittimità del provvedimento cautelare spiccato dal GIP e successivamente confermato dal Tribunale del riesame, avente a oggetto beni riferibili al professionista, sino alla concorrenza di 114 mila euro (importo stabilito dal Tribunale, che lo ha ridotto rispetto agli iniziali 220 mila euro). La difesa dell indagato ha dedotto, innanzitutto, la sostanziale assenza di motivazione del provvedimento impugnato. Ha poi denunciato la violazione dell art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000, in applicazione del quale, in deroga all art. 110 c.p., chi emette fatture relative a operazioni inesistenti non può concorrere nel reato di falsa dichiarazione, così come chi si avvale di false fatture nella propria dichiarazione non può concorrere nel reato di falsa fatturazione. Ebbene, nessuna delle due doglianze è stata condivisa dagli Ermellini. Quanto all assunto vizio di motivazione, i supremi giudici si allineano all indirizzo giurisprudenziale in base al quale, in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, ossia l astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (da ultimo: Cass. n. 5656/2014). Dal Palazzaccio aggiungono che la finalità della misura cautelare in questione è di tipo sanzionatorio-ablatorio anche nel caso di reati tributari per cui non è richiesta la dimostrazione dell'esistenza di specifiche esige cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell'ipotizzato reato tributario (cfr. Cass. n /2014). Quanto al secondo motivo di gravame, gli Ermellini ritengono che il Tribunale abbia tenuto ben presente la deroga all art. 110 c.p. contenuta dall art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 perché il commercialista è stato chiamato a rispondere a titolo di concorso con il cliente per il reato previsto dall art. 8, in quanto istigatore della condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti, mentre la responsabilità per il reato di cui all art. 2 è stata fatta discendere dalla sua qualità di legale rappresentante delle imprese destinatarie delle fatture false, poi utilizzate a fini dichiarativi. 5

7 3. Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte Sequestro beni commercialista fumus commissi delicti Dolo insito nella sicura conoscenza della materia fiscale Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza 3 settembre 2014 n È legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti del dottore commercialista che ha compiuto atti fraudolenti allo scopo di sottrarsi al pagamento delle maggiori imposte accertate. Il dolo specifico richiesto dalla legge affinché si configuri il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è insito nella sicura conoscenza che il dottore commercialista (indagato) ha della materia fiscale. La Suprema Corte ha ravvisato il presupposto cautelare del fumus commissi delicti in capo al ricorrente (dottore commercialista), ossia la probabilità della responsabilità penale del medesimo, in relazione al reato ipotizzato in sede di indagine. In sostanza, a giudizio della S.C., il giudice del merito ha ben motivato circa l esistenza di concreti elementi per riferire il reato alla persona dell indagato e, dunque, in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare in contestazione. Di qui la conferma dell impugnata ordinanza del Tribunale del riesame che, a sua volta, aveva confermato la misura cautelare stabilita dal GIP. Stando all ipotesi accusatoria, il professionista ha compiuto atti fraudolenti (la cessione, nel 2008, di alcuni immobili a favore di una srl e, nel 2012, di quote sociali di quest ultima alla convivente) allo scopo di sottrarsi al pagamento delle maggiori imposte accertate per gli anni d imposta per oltre 4 milioni di euro, oltre interessi e sanzioni, in prossimità degli esiti della verifica fiscale compiuta con riguardo ai redditi professionali del predetto. Dal che il provvedimento di sequestro preventivo disposto dal giudice delle indagini preliminari e la successiva decisione del Riesame di non revocare la misura, sul presupposto che l articolo 11 del D.Lgs. n. 74 non porrebbe limiti temporali (come nella fattispecie del reato anteriormente vigente) onde la perseguibilità anche di comportamenti posti in essere in anticipo rispetto ala momento fiscale accertativo, purché finalizzati a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione delle imposte dovuta. Il Tribunale, in sede di riesame, ha osservato che la complessa operazione economica finalizzata a intestare tutti i beni dell indagato alla di lui convivente è avvenuta nel corso 2011, anche se con attività iniziate nel Inoltre, nel 2012, l assemblea composta dal solo indagato ha deliberato l azzeramento del capitale sociale della srl; ciò ha permesso alla predetta convivente la sottoscrizione del capitale mancante. Infine, ha destato più di qualche sospetto la scelta anomala di fare ricorso a un bilancio straordinario al 30 dicembre 2011, deliberato a ridosso della naturale chiusura, nonché la scelta del nuovo socio nella persona del convivente del debitore d imposta. Insomma, le circostanze sopra descritte avrebbero, a giudizio del giudice del riesame, neutralizzato ogni possibilità per il Fisco di promuovere l azione revocatoria (art c.c.) con riferimento agli atti di cessione, in quanto essi non sono stati posti in essere con danno all Erario, proprio grazie agli escamotage messi in pratica dal professionista. Ebbene, la difesa del commercialista ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l annullamento dell ordinanza confermativa del sequestro. Un ricorso di identico contenuto è stato proposto anche nell interesse della convivente dell indagato, in proprio e in qualità di rappresentante legale della srl al centro delle vicende di causa. Decidendo sui ricorsi, la Suprema Corte ha disatteso tutte le doglianze difensive, condannando il commercialista e 6

8 la sua compagna al pagamento delle spese di lite. Per quanto qui interessa, gli Ermellini hanno chiarito che il fatto tipico sotteso al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è rappresentato dall uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri beni e sottrarsi in tal modo al pagamento del debito tributario, ossia dal compimento di atti fraudolenti sui propri o altrui beni al fine di sottrarsi al versamento delle II.DD. o dell IVA ovvero di sanzioni e interessi pertinenti a dette imposte, senza che sia necessaria la sussistenza di una pronuncia di riscossione in atto (cfr. Cass., Sez. 5 e 3, rispettivamente, sentenze n. 7916/2007 e 17071/2006). Infatti, prosegue la S.C., la disposizione di legge non fa più alcun riferimento alle condizioni (effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche ovvero la notificazione preventiva di atti di accertamento) che erano invece previste dall analoga fattispecie contenuta nel D.P.R. n. 602 del Di conseguenza, affinchè possano dirsi integrati gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice è sufficiente che la condotta risulti idonea a rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione coattiva da parte dell Amministrazione finanziaria dello Stato; idoneità da apprezzare con giudizio ex ante e non anche per l effettiva concretizzazione di tale evento. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è necessario: a) sotto il profilo psicologico, il dolo specifico, ossia il fine di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributarlo; b) sotto il profilo materiale, una condotta fraudolenta atta a vanificare l esito dell esecuzione tributaria coattiva la quale non configura un presupposto della condotta, in quanto è prevista dalla legge solo come evenienza futura che la condotta, idonea, tende a neutralizzare. A tal uopo, si legge in sentenza, non solo non è necessario che la procedura di riscossione coattiva abbia avuto avvio, ma anche che i prodromi di essa, ossia l'accertamento tributario sia già stato posto in essere attraverso le verifiche e le successive contestazioni. Tanto più quando come nella specie, il protagonista di tale complessa operazione è un dottore commercialista, ossia di un professionista ben consapevole del significato dell obbligazione tributaria, dei suoi presupposti e dell eventualità del suo accertamento successivo con la conseguente attività riscossiva da parte dell Erario e dei suoi agenti (dolo specifico). In conclusione, gli Ermellini hanno ritenuto inconferente il tentativo della difesa di fare leva sull anteriorità delle cessioni (degli immobili e delle quote societarie) rispetto all inizio della riscossione coattiva, anche perché le competenze specifiche dell indagato (dottore commercialista) lo hanno reso sicuramente consapevole dell avere posto in essere condotte elusive dell obbligazione tributaria. Sicché ogni attività di disposizione dei beni compiuta dal medesimo è risultata si legge in sentenza - altamente indiziaria dell attività simulatorio/fraudolenta e volta a prevenire la realizzazione della pretesa fiscale (che ben si conosce come fondata) indipendentemente dal momento storico del suo accertamento, secondo le sequenze procedimentali adottate dall'amministrazione finanziaria e dagli enti impositori. Quanto, poi, alla tipologia di atti che possono dare luogo al reato, è sufficiente la realizzazione di qualsiasi atto o fatto fraudolento indubbiamente volto, al di là dell esito, del tutto irrilevante nella struttura di mero pericolo della fattispecie di reato ipotizzata, a rendere più difficile all Erario l aggressione dei beni del debitore. In questa prospettiva, la complessità dell operazione messa in atto dal commercialista è sembrata alla S.C. più che idonea a danneggiare le pretese dell Erario. Tanto è bastato ai fini di ritenere correttamente valutata, nell ordinanza impugnata, la sussistenza del fumus del reato. 7

9 4. Dichiarazione fraudolenta Dichiarazione infedele - Emissione fatture false Sequestro beni commercialista - Ruolo di istigatore Principio solidaristico Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, sentenza 12 aprile 2012 n Quando il commercialista partecipa al reato fiscale nella veste di ideatore o istigatore i suoi beni sono passibili di confisca per l illecito risparmio di imposta ottenuto dai clienti. Il Gip presso il Tribunale di Monza emetteva decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti (tra gli altri) di un commercialista, indagato per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000, sino alla concorrenza della somma di più di 1 mln di euro. La misura cautelare veniva successivamente confermata dal Tribunale del Riesame della medesima città lombarda. Secondo l accusa, il professionista: o aveva annotato fatture per operazioni inesistenti, inserendole poi nelle dichiarazioni dei redditi dei vari clienti; o nelle dichiarazioni fiscali relative ai propri redditi per gli anni 2006 e 2007, al fine di evasione, aveva indicato elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo. Ciò in concorso con la moglie, che aveva messo a disposizione il proprio conto corrente, onde farvi confluire i pagamenti in nero ricevuti dai clienti e altre somme di denaro di proprietà del marito. Avverso l ordinanza del Riesame, la difesa del professionista ha proposto ricorso in cassazione, formulando tre motivi, tutti dichiarati infondati. Gli Ermellini hanno evidenziato come si sia da tempo affermato il principio secondo il quale è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, di somme di denaro che avrebbero dovuto essere impiegate per il pagamento delle imposte dovute (nella specie l IVA), in quanto la confisca di tali somme è consentita anche in relazione al profitto del reato. Infatti, nell ambito dei reati tributari, il profitto è rappresentato dal denaro a titolo di mancato versamento, oppure di rimborso, qualora, per esempio, nella dichiarazione fraudolenta sia esposto un credito, in tutto o in parte, inesistente. In entrambi i casi, laddove il contribuente condannato abbia disponibilità in denaro anche presso un intermediario finanziario, il provvedimento più logico resta la relativa confisca per un importo pari al profitto conseguito. Se invece tali disponibilità dovessero mancare, la confisca potrà riguardare beni mobili e immobili riconducibili all autore dell illecito. Peraltro, nella fase cautelare, in caso di illecito plurisoggettivo, si deve applicare il principio solidaristico che implica l'imputazione dell'intera azione e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e, pertanto, una volta che sia stata perduta l'individualità del profitto illecito, la sua confisca, e quindi il sequestro preventivo finalizzato ad essa, possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato. Ma gli Ermellini nelle motivazioni della sentenza dicono di più: In riferimento alla responsabilità del professionista per i reati tributari posti in essere in concorso con i propri clienti, è ben possibile il concorso nell'art. 8 del d.lgs n. 74 del 2000, che sanziona la condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l'evasione, ed è ben possibile che il concorso nella fattispecie possa essere ascritto al consulente-professionista (nel caso qui in esame il commercialista) in base all'art. 110 c.p., con il ruolo di istigatore, non ostandovi né il disposto di cui all'art. 9 del medesimo d.lgs. né l'eventualità che non venga realizzato l'obiettivo di evasione fiscale avuto di mira (e quindi che non si sia verificato alcun danno erariale). 8

10 5. Omessa IVA Sanatoria posizione debitoria da parte di un terzo Revoca sequestro quote societarie Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 21 ottobre 2014 n L intervenuta sanatoria della posizione tributaria con il versamento, da parte di un terzo soggetto, dell imposta evasa, fa venir meno la ragion d essere del provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, a carico degli indagati del reato previsto dall articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000. Gli ermellini hanno accolto il ricorso proposto dal legale rappresentante di una Srl, che non avendo pagato l IVA dovuta in base alla dichiarazione per il 2010 (per un imposto pari a euro ), entro il termine del 27 dicembre 2011, è stato colpito dal sequestro preventivo di alcuni beni. Secondo i giudici del Palazzaccio, il Tribunale di Napoli ha sbagliato a mantenere fermo il provvedimento cautelare, nonostante l intervenuto pagamento dell imposta da parte di un altra società, la quale non aveva alcuna possibilità di agire in rivalsa sulla società amministrata dall indagato, né sul medesimo, in ragione di una compensazione con pregressi crediti di quest ultima. In motivazione si legge che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente all'ammontare dell'imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria. Il mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle imposte evase in favore dell'amministrazione finanziaria con corrispondente diminuzione del patrimonio personale del contribuente (momento superato il quale non ha più ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo). Nel caso in esame, la Beta Spa, che ha provveduto al pagamento del debito tributario, ha rilasciato una dichiarazione liberatoria (non rilevando, secondo la S.C.., la circostanza che la stessa fosse priva di data, attesa la produzione del modello F24 attestante il pagamento della somma corrispondente al debito tributario in data 30/08/2013) in cui si precisava che detto pagamento era effettuato per conto della Gamma Srl e computato in parziale deconto del maggior credito vantato da quest'ultima società. Per la Corte si deve quindi escludere in radice la stessa possibilità di esperire azione di rivalsa nei confronti della Srl amministrata dall indagato, atteso che la stessa risultava ancora creditrice di ulteriori maggiori importi. Pertanto, è stato documentalmente provato un decremento patrimoniale per la Gamma Srl pari al pagamento disposto dalla Beta Spa, sicché il pagamento della somma dovuta all Erario ha eliminato l indebito vantaggio economico conseguito dall azione delittuosa della Srl, trattandosi di pagamento del debito tributario che, sebbene non avvenuto da parte dell obbligato principale, non giustificherebbe il mantenimento del sequestro non permanendo in capo all indagato, debitore verso l Erario, alcun vantaggio economico (indebito arricchimento) conseguito dall azione delittuosa, proprio perché con il pagamento, il terzo, dichiaratosi debitore verso l indagato (rectius, verso la società debitrice), non ha semplicemente versato la somma all indagato creditore, ma anche saldato il debito che quest ultimo aveva nei confronti dell Erario. Il pagamento, in altri termini, è stato sì eseguito dal terzo, ma all indagato non è residuato alcun illecito vantaggio economico, in quanto questi avrebbe dovuto percepire quella somma dal suo debitore (la Spa), ma a seguito del conseguente pagamento da quest ultimo all Erario ha definito il debito nei confronti dell amministrazione finanziaria, senza che si sia verificato alcun ingiustificato arricchimento. In conclusione, i giudici del Palazzaccio hanno deciso per l annullamento dell ordinanza impugnata, con rinvio al giudice partenopeo che dovrà rivalutare l istanza di dissequestro delle quote societarie dell indagato. 9

11 6. Omessa dichiarazione Sequestro conto cointestato con persona estranea alle indagini Legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 3 luglio 2014 n È legittimo il sequestro del conto corrente bancario cointestato con il presunto evasore fiscale: la misura cautelare può estendersi ai beni che sono comunque della disponibilità dell indagato. La Terza Sezione Penale ha respinto il ricorso proposto nell interesse della moglie di un imprenditore emiliano, indagato per il reato di omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. n. 74/2000. La ricorrente aveva chiesto al Tribunale del riesame la revoca del sequestro preventivo disposto dal GIP, limitatamente alla quota del 50 per cento della somma depositata su un conto corrente bancario e di un dossier titoli, entrambi cointestati con il coniuge (indagato). Il Tribunale ha però respinto l istanza di dissequestro, con un provvedimento reso definitivo dalla Suprema Corte. A giudizio della Cassazione, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui le somme di denaro, depositate su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in quanto quest'ultimo si estende ai beni comunque nella disponibilità dell'indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarietà tra creditori e debitori (art cod. civ.) o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante ex art cod. civ. (cfr. Cass. n /2011, n /2007 e n /2006). La Corte aggiunge che la prevalenza della cautela penale sulla disciplina di natura civilistica è giustificata dall'esigenza di evitare che, nelle more dell'adozione del provvedimento definitivo di confisca, siano comunque dispersi i beni che si trovino nella disponibilità dell'indagato (cfr. n /2006 cit.), essendosi osservato che la prevalenza dell'interesse cautelare opera con riferimento all'accertamento che sarà oggetto della sede di merito e che dovrà trovare una risposta definitiva al momento in cui sarà assunta, nella pienezza del contraddittorio, la decisione relativa alla confisca o meno dei beni in sequestro. Alla luce di tali considerazioni il provvedimento gravato è stato confermato. 10

12 7. Reati tributari e contro P.A. C/c bancario intestato a un terzo Delega a operare all indagato Fondo patrimoniale Sequestro legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 20 settembre 2013 n Il conto corrente bancario intestato a un terzo, ma sul quale l evasore fiscale ha ampio e illimitato potere di delega a operare, è confiscabile per equivalente, così come il bene immobile conferito in fondo patrimoniale. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso di un imprenditore che ha subito la confisca di alcuni immobili e somme di denaro dopo essere stato condannato dal GUP (ex art. 444 c.p.p.) in relazione a condotte associative finalizzate alla commissione di reati in materia tributaria e contro la P.A. In particolare la difesa ha lamentato l illegittimità della misura ablativa con riguardo agli immobili conferiti in fondo patrimoniale e ai conti intestati alla moglie dell imputato. La donna era infatti rimasta completamente estranea alle condotte ascritte al marito. Gli Ermellini, con riguardo alla delega a operare su un conto che è intestato a un terzo, ritengono legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, laddove la delega non preveda limitazioni, nel senso che il delegato sia autorizzato a operare incondizionatamente (cfr. Cass. Sez. IV, n del 2014). Nel caso di specie, si legge in sentenza, costituisce accertamento di fatto la circostanza di una delega, per il contribuente, a operare su un piano di parità rispetto alla moglie, senza limiti di sorta, tantomeno con obbligo di contenere i suoi atti entro la soglia della metà della somma depositata, corrispondente alla quota ideale a lui spettante secondo la presunzione di cui all'art c.c. E allora, la procura speciale o delega ad operare conferita all uomo teoricamente ha attribuito a quest'ultimo un potere dispositivo illimitato sull'intero capitale depositato, non essendo per la verità neppure dedotto che tale delega avesse dei limiti peculiari ovvero che le modalità concrete di esercizio di essa da parte dell'indagato fossero contenute in margini ristretti e finalizzate alle specifiche esigenze proprie del soggetto intestatario (quali il prelievo periodico di pensioni, il pagamento di imposte facenti capo alla predetta, etc.). Quanto alla doglianza concernente la confisca di beni immobili conferiti in fondo patrimoniale, la Suprema Corte osserva che i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono nella disponibilità del proprietario (o dei rispettivi proprietari), avendo essi solo un vincolo di destinazione. Ne deriva che i beni immobili conferiti nel fondo dall autore di un illecito non possono che appartenere a lui, tanto da restare soddisfatto il criterio di appartenenza al reo, che giustifica l applicazione della confisca e del preventivo sequestro (cfr. Cass. Sez III, sentenza n /2012). La Corte esclude, poi, che la legittimità del sequestro finalizzato alla confisca sia esclusa dal fatto che si tratti di confisca per equivalente, poiché l assenza del nesso di pertinenziale tra il reato commesso e i beni confiscabili per equivalente non altera la natura sanzionatoria della confisca che colpisce il reo. Infatti la giustificazione dell intervento penale, con il simultaneo travolgimento dei vincoli civilistici, risiede unicamente dell appartenenza del bene sequestrato al patrimonio del reo (cfr. Cass. Sez. III, n. 6290/2010). 11

13 8. Omessa IVA Omesse ritenute certificate Fondo patrimoniale Immobile originariamente di proprietà della moglie estranea al reato Sequestro legittimo Irrilevante regime separazione dei beni Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 7 gennaio 2014 n. 129 In caso di reati fiscali, è legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell immobile confluito nel fondo patrimoniale, anche se tale bene, prima della costituzione del fondo, era di proprietà esclusiva della moglie dell indagato, persona estranea al reato. È irrilevante il regime di separazione dei beni tra i coniugi; ciò conta è la disponibilità del bene da parte dell indagato al momento del sequestro. L'amministratore di una società - indagato per i reati di omesso versamento di ritenute certificate e dell'iva (ex artt. 10 bis e 10 ter D.Lgs. n. 74/2000), nonché per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (ex art. 11 D.Lgs. 74/2000) per aver costituito un fondo patrimoniale sui beni immobili di proprietà sua e del coniuge ha chiesto invano alla Suprema Corte l annullamento dell ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Sassari (TdR) aveva respinto la richiesta di dissequestro riguardante un immobile, facente parte del fondo patrimoniale, in precedenza di proprietà esclusiva della moglie. La difesa dell indagato ha lamentato l illegittimità della misura di prevenzione e, quindi, l erroneità della decisione del TdR, posto che il predetto immobile risultava, prima della costituzione del fondo, di esclusiva proprietà della moglie del ricorrente. Il Tribunale non aveva neppure considerato che i coniugi erano in regime di separazione dei beni sicché non poteva sostenersi, come fatto dal PM, che scopo dell'operazione (costituzione del fondo) fosse la sottrazione di beni alla garanzia del credito erariale. Ciò perché in un'eventuale procedura di riscossione delle imposte non si sarebbe potuto comunque aggredire l'immobile, poiché di proprietà esclusiva della moglie. Il TdR di Sassari ha respinto la richiesta di dissequestro uniformandosi alla giurisprudenza di legittimità che ammette la possibilità di apporre il vincolo cautelare sui beni che costituiscono il fondo patrimoniale. A tale giurisprudenza ha dato continuità anche la Terza Sezione Penale del Palazzaccio. Respingendo il ricorso dell imprenditore, il supremo collegio afferma che non rileva né la circostanza che i coniugi avessero scelto il regime della separazione dei beni né che il bene immobile, prima della costituzione del fondo, fosse di esclusiva proprietà della coniuge, come sostenuto dalla difesa. Ed invero, il vincolo cautelare ha colpito il bene immobile destinato al fondo patrimoniale, bene la cui proprietà, come previsto espressamente dalla legge civile, spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione, circostanza questa che non emerge in actis né è stata rappresentata dalla difesa (art. 168, comma primo cod. civ.). Ciò che rileva, infatti, ai fini dell'applicazione del vincolo cautelare, è la disponibilità al momento del disposto sequestro e, a tale data, il bene era nella disponibilità di entrambi i coniugi. 12

14 9. Omessi versamenti di IVA e ritenute certificate Cassetta di sicurezza intestata a un terzo estraneo al reato Delega all indagato - Prova dell interposizione fittizia Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 20 settembre 2013 n Non è sottoponibile a sequestro per equivalente, a meno che non via sia prova dell intestazione fittizia, la cassetta di sicurezza intestata a un terzo estraneo al reato ma sulla quale l evasore ha una delega a operare. Una donna ha attenuto l annullamento con rinvio dell ordinanza del Tribunale di Genova che ha rigettato la richiesta di riesame avente a oggetto il decreto di sequestro preventivo per equivalente riguardante, fra l atro, la cassetta di sicurezza di cui la ricorrente era intestataria, appoggiata al conto corrente alla stessa intestato, sequestrata in forza di una delega rilasciata dalla stessa ricorrente, soggetto terzo estraneo al procedimento penale, alla figlia, che era invece indagata (con altri soggetti) in relazioni ai reati di cui agli articoli 10 bis e 10 ter del D.Lgs. n. 74 del Ad avviso della Suprema Corte, il Tribunale del riesame non ha dato corretta applicazione al principio di diritto, più volte enunciato in materia di reati tributari, circa l'interpretazione del concetto di disponibilità di beni in capo al contribuente, ai fini della confisca per equivalente di cui all articolo 322 ter cod. pen. Per disponibilità deve intendersi, in particolare, la relazione fattuale del soggetto con il bene, connotata dall'esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà, indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato. Non è necessario, quindi, che i beni siano nella titolarità del soggetto indagato, essendo sufficiente che egli abbia un potere di fatto sui beni medesimi, che gli conferisce la disponibilità degli stessi. È necessario, però, che venga dimostrata la discrasia fra la disponibilità sostanziale e l'intestazione formale del bene, attraverso una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi del carattere meramente fittizi del intestazione dei beni (cfr. Cass. Sez. III n /2012). Gli Ermellini hanno quindi rilevato la necessità di fornire un adeguata motivazione in merito alla fittizietà dell intestazione dei beni nel caso di specie, posto che il Tribunale si è limitato ad affermare che la semplice esistenza di una delega sulla cassetta di sicurezza rilasciata dalla titolare a favore di un soggetto (indagato) non titolare porrebbe quest ultimo nella disponibilità dei beni. 13

15 10. Dichiarazione infedele e omessa IVA Immobile in comproprietà - Sequestro pro quota Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 12 luglio 2013 n Nell ambito di un indagine per evasione fiscale, il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, può essere eseguito sull intero immobile in comproprietà se è dimostrato che lo stesso è comunque nella disponibilità dell indagato, oppure in ipotesi di assoluta necessità rappresentata dall'indivisibilità del bene o da comprovate esigenze finalizzate a evitarne la dispersione. In mancanza di questi presupposti, la misura cautelare può colpire solo la quota di proprietà di pertinenza dell'indagato entro cui opererà, poi, la confisca. Un soggetto indagato per i reati di dichiarazione infedele e omesso versamento IVA (artt. 4 e 10 ter del D.Lgs. n. 74 del 2000) si è opposto a un decreto di sequestro preventivo, strumentale alla confisca per equivalente, di denaro, beni mobili registrati e immobili, tra cui un terreno cointestato ad altro soggetto estraneo al reato. Il Tribunale del Riesame ha negato la revoca del provvedimento dal GIP, argomentando che il bilanciamento tra l interesse pubblico, la non dispersione del bene e la tutela delle ragioni del terzo estraneo all indagine poteva essere operata soltanto in sede di giudizio di merito. Dal canto suo la difesa dell indagato ha dedotto la carenza di motivazione in ordine al sequestro del terreno risultante di proprietà per parti uguali con altro soggetto. Ciò in violazione di legge, poiché è da escludere che il sequestro preventivo possa interessare i beni appartenenti a terzi estranei al reato. In ogni caso, a seguito della sospensiva concessa dalla competente Commissione Tributaria Provinciale, il profitto del reato doveva ritenersi dimezzato. In ordine alla sospensiva concessa dalla CTP, gli Ermellini hanno ritenuto del tutto corretta la decisione del Tribunale di non rideterminare l ammontare dell imposta evasa, in ossequio al principio di autonomia tra il procedimento penale e quello tributario. Per quanto riguarda invece il sequestro del bene cointestato a persona estranea al reato, la Terza Sezione Penale, attingendo alla sua giurisprudenza pregressa, ha riaffermato il principio secondo cui, in tema di sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, avente a oggetto un bene dell indagato in comproprietà con terzi estranei al reato, la misura reale può riguardare il bene nella sua interezza ove risulti dimostrato che lo stesso sia comunque nella disponibilità dell indagato, oppure quando si tratti di cose indivisibili o sussistano comprovate esigenze di conservazione del bene medesimo, tanto per impedirne la dispersione quanto per assicurarne l integrità del valore. Negli altri casi la misura reale può essere disposta limitatamente alla quota di proprietà di pertinenza dell indagato sulla quale poi opererà la successiva confisca (nello stesso senso: Cass. Sez. III pen. n. 6894/11 e n. 218 del 2013 cit.). Ad avviso della Suprema Corte, i presupposti che consentono il sequestro per intero del bene in comproprietà non sono stati adeguatamente valutati dal giudice del merito. Di conseguenza, l ordinanza oggetto d impugnazione è stata annullata. 14

16 11. Dichiarazione infedele Sequestro su auto, c/c e immobili Presunzioni tributaria Misura legittima Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 25 settembre 2014 n In sede penale le presunzioni tributarie hanno valore indiziario. Esse, pertanto, possono benissimo fondare l applicazione di una misura cautelare reale a carico del contribuente indagato per il reato di dichiarazione infedele. L applicazione di una misura cautelare reale, infatti, non richiede un compendio indiziario che si configuri come grave ex art. 273 c.p.p., ma la semplice esistenza del fumus del reato, ossia la mera probabilità di effettiva consumazione dell'illecito. La Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha respinto il ricorso di un soggetto indagato per il reato di dichiarazione infedele e che per tale motivo ha subito il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di numerosi beni (auto, conti correnti e immobili), alcuni dei quali intestati a madre e fratello. Disattendendo le tesi della difesa, la S.C. afferma che le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente a elementi di riscontro che diano certezza dell'esistenza della condotta criminosa (cfr. Cass. n. 7/2000 e n /2008). È stato affermato, tuttavia, il valore indiziario delle predette presunzioni (oppure dei dati di fatto che le sottendono), ragion per cui si legge in sentenza - ben può essere fondata su di esse l'applicazione di una misura cautelare reale. È noto, infatti, in materia di misure cautelari reali, che, ai fini della applicazione della misura, non occorre un compendio indiziario che si configuri come grave ex art. 273 c.p.p., essendo sufficiente l'esistenza del fumus del reato secondo la prospettazione della pubblica accusa sulla base della indicazione di dati fattuali che si configurino coerenti con l'ipotesi criminosa. Nel caso di specie, dunque, il Tribunale del riesame avrebbe benissimo potuto ravvisare l indizio di sussistenza del reato ipotizzato dalle sole presunzioni derivanti dalle movimentazioni bancarie. Ma così non è stato; infatti il giudice di merito ha fatto ricorso ad altri indici di sussistenza del reato come, ad esempio, le dichiarazioni rese dai rappresentanti di alcune società che avevano avuto rapporti commerciali con l impresa dell indagato (secondo i quali quest ultimo aveva chiesto loro di rilasciare alla madre gli assegni riferibili ad alcune transazioni) o, ancora, la palese discordanza tra i modesti redditi dichiarati e il tenore di vita, come evincibile dall elenco di beni di proprietà, incompatibile con le disponibilità finanziarie dichiarate al Fisco. (Precedente conforme: Cass., Sez. III pen., sentenza 6 maggio 2014 n ). 15

17 12. Dichiarazione infedele Presunzioni Tributarie - Movimentazioni su c/c Motivazione sequestro Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 16 settembre 2014 n Le movimentazioni sul conto corrente bancario non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato di dichiarazione infedele. Pertanto, se il presunto evasore fiscale dimostra che parte delle somme confluite sui suoi conti correnti sono estranee alla produzione del reddito, il giudice della cautela non può esimersi dallo spiegare nell ordinanza che dispone il sequestro per equivalente perché, al di là della presunzione tributaria, le somme confluite sui conti sono da ritenere, ai fini dell integrazione della fattispecie incriminatrice, elementi positivi del reddito tali da essere presi, nessuno escluso, in considerazione ai fini della determinazione dell imposta evasa. Gli Ermellini hanno annullato con rinvio l ordinanza del Tribunale di Savona che aveva confermato il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, a carico di un quarantenne accusato, tra l altro, del reato di dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000. Nel caso di specie il Collegio cautelare, ai fini della determinazione della base imponibile e quindi dell integrazione della soglia di punibilità del reato contestato, ha tenuto conto della presunzione di cui all articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, la quale configura come ricavi sia i prelevanti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari. A tal proposito dal Palazzaccio osservano che le presunzioni legali, previste dalle norme tributarie, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente a elementi di riscontro che diano certezza dell esistenza della condotta criminosa (ex multis: n. 7078/2013 e n /2011). La S.C. aggiunge che, in tema di cautele reali, non occorre, ai fini del fumus commissi delicti, un compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell articolo 273 del codice penale; tuttavia la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, ai fini dell emissione del sequestro preventivo funzionale alla confisca, il giudice deve valutare la sussistenza del fumus delicti in concreto, verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l esistenza del reato tributario, atteso che la serietà di indizi costituisce presupposto per l applicazione delle misure limitative dei diritti di libertà reale (cfr. Cass. n /2013). Ne consegue che, a fronte dell allegazione e della prova fornita dal ricorrente circa il fatto che una parte delle somme confluite su suoi conti correnti fossero estranee alla produzione di reddito, il Collegio cautelare aveva un preciso obbligo di motivazione, che è stato totalmente disatteso così da configurare la violazione di legge. Di qui l annullamento dell ordinanza impugnata, limitatamente al reato di dichiarazione infedele, con rinvio al Tribunale di Savona. 16

18 13. Omessa dichiarazione Studi di settore Calcolo soglia punibilità - Sequestro legittimo Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, sentenza 4 ottobre 2013 n Ai fini della verifica del superamento della soglia di punibilità penale di cui all articolo 5 del D.Lgs. del 2000, quindi della sussistenza del fumus commissi delicti, il giudice della cautela può avvalersi delle risultanze dell accertamento tributario basato sugli studi di settore. La controversia origina dal sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, emesso a carico di un contribuente indagato del reato di omessa dichiarazione (articolo 5 D.Lgs. n. 74 del 2000). Con il ricorso per cassazione, avente a oggetto l ordinanza del Tribunale del riesame che ha confermato la misura di prevenzione, la difesa dell indagato ha lamentato, fra l altro, la violazione di legge per erronea applicazione degli articoli 62 bis D.L. n. 331 del 1993, 37 comma 1 legge 212 del 2000 e 42 del DPR 600 del 1973, in relazione alla sussistenza del fumus commissi delicti, stante la mancata allegazione dello studio di settore al quale l Agenzia delle Entrate aveva fatto esplicito riferimento nella determinazione del reddito imponibile (220 mila euro) per il quale non risultava presentata la dichiarazione. La Suprema Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo (o probatorio) è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli errores in iudicado o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza. Non possono pertanto essere censurati dal ricorrente i vizi di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alle circostanze di fatto, quale quella relativa alla mancata allegazione degli studi di settore utilizzati dall organo accertatore per determinare il reddito dell indagato e la conseguente imposta evasa. A ogni buon conto, il Tribunale del riesame ha esaustivamente motivato, si legge in sentenza, le ragioni del rigetto del gravame proposto, ricostruendo gli elementi di sussistenza del fumus delicti quanto al reato di cui all art. 5 D.lgs. n. 74 del 2000 e spiegando la legittimità del vincolo cautelare imposto sui beni riconducibili all indagato. Gli Ermellini, poi, sulla premessa che il metodo induttivo disciplinato dagli studi di settore è posto a base di un procedimento di accertamento tributario che consente il contraddittorio del contribuente, hanno precisato che, per quanto attiene all ambito di rilevanza penale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio che, proprio ai fini di verificare il superamento della soglia di punibilità di cui all art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, il giudice può legittimamente avvalersi dell accertamento induttivo dell imponibile compiuto dagli uffici finanziari (cfr. Cass, Sez. 3, n /2011). Questo principio vale innanzitutto nella sede cautelare, essendo riservata al giudizio di merito la verifica degli altri elementi eventualmente acquisiti nel contraddittorio tra le parti, che corroborino, o al contrario possano smentire, le affermazioni dell Amministrazione finanziaria in applicazione della normativa sugli studi di settore. Alla luce di quanto sin qui esposto, la Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha sancito il rigetto del ricorso, con condanna dell indagato al pagamento delle spese processuali. 17

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