Nuovo Piano Casa Regione Lazio. Legge 11 agosto 2009 n. 21, come modificata dalle leggi 13 agosto 2011 nn. 10 e 12

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1 Nuovo Piano Casa Regione Lazio Legge 11 agosto 2009 n. 21, come modificata dalle leggi 13 agosto 2011 nn. 10 e 12

2 AMBITO DI APPLICAZIONE (Art. 2) La Legge si applica agli edifici: Legittimamente realizzati ed ultimati (art. 2, comma 1, lett. a) Non ultimati, sempreché vi sia il titolo abilitativo (art. 2, comma 1, lett. a) Ultimati con titolo abilitativo in sanatoria (art. 2, comma 1, lett. b) 1 Situati in aree vincolate, previa acquisizione del nullaosta (art. 2, comma 3) 1 Vedi art. 25 (Procedimenti in corso per il rilascio del titolo edilizio abilitativo in sanatoria. Nuclei edilizi abusivi) disposizioni per il favorire il recupero dei nuclei abusivi e definizione delle domande di sanatoria edilizia. 1

3 La legge non si applica agli edifici ubicati: Nei paesaggi dei centri e nei nuclei storici individuati dal PTPR (art. 2, comma 2, lett. a) Nelle aree con vincolo di inedificabilità assoluta (art. 2, comma 2 lett. b) Salvo eccezioni, nelle aree naturali protette (art. 2, comma 2, lett. c) Nelle aree del demanio marittimo (art. 2, comma 2, lett. d) Nelle zone di rischio molto elevato individuate dai Piani di bacino (art. 2, comma 2, lett. e) Nelle aree strategiche, nel sistema della mobilità, delle infrastrutture, dei servizi pubblici e degli standard (art. 2, comma 2, lett. f) Nelle fasce di rispetto di strade pubbliche, ferrovie, etc, (art. 2, comma 2, lett. g) Nei complessi rurali, ancorché non vincolati dal PTPR, che siano stati realizzati prima del 1930 (art. 2, comma 2, lett. h) 2

4 EFFICACIA DELLA LEGGE (artt. 2 e 6) 1. le domande per il rilascio dei titoli abilitativi degli interventi di ampliamento (art. 3) possono essere presentate dal 15 settembre 2011 al 31 gennaio 2015 (art. 6, comma 4) 2. Le domande per il rilascio dei titoli abilitativi degli interventi di cambio di destinazione d uso da non residenziale a residenziale (art. 3 ter), demolizione e ricostruzione (art. 4) e recupero dei volumi accessori e pertinenziali degli edifici esistenti (art. 5), possono essere presentate dal 31 gennaio 2012 (art. 6 comma 4) 3. I comuni possono, entro il 31 gennaio 2012, individuare aree e/o immobili nei quali limitare o escludere gli interventi previsti dalla presente legge (art. 2, comma 4) 3

5 LE TIPOLOGIE DI INTERVENTO 1. Ampliamento degli edifici (art. 3) 2. Cambio di destinazione d uso da non residenziale a residenziale finalizzato al reperimento di alloggi a canone calmierato (art. 3 ter) 3. Sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici (art. 4) 4. Recupero dei volumi accessori e pertinenziali degli edifici esistenti 4

6 AMPLIAMENTI (art. 3) OGGETTO DELL'AMPLIAMENTO Edifici residenziali uniplurifamiliari e, comunque, ogni unità immobiliare dotata di specifica autonomia funzionale Edifici destinati a servizi socio-assistenziali Edifici a destinazione non residenziale Edifici a destinazione mista (resid. + non resid.) PREMIALITA (*) +20% fino ad un max di 70 mq +20% fino ad un max di 200 mq +20% fino ad un max di 200 mq +25% fino ad un max di 500 mq per le attività produttive ed artigianali +20% fino ad un max di 70 mq per il resid. +25% fino ad un max di 200 mq per il non resid. (*): Le suddette percentuali sono incrementate di un ulteriore 10% ove si utilizzino tecnologie con potenza non inferiore ad 1 Kw di energia rinnovabile 5

7 PRESCRIZIONI Realizzazione in adiacenza, in aderenza o anche attraverso la costruzione di un corpo edilizio separato accessorio e pertinenziale; È consentito l aumento del numero delle unità immobiliari; Rispetto delle distanze ed altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968; Esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e realizzazione o adeguamento delle opere di urbanizzazione secondaria, ovvero in caso di impossibilità, monetizzazione di queste ultime attraverso un contributo straordinario pari al 50 % degli oneri concessori dovuti; Realizzazione dei parcheggi privati sempreché la superficie da destinare a parcheggio non sia < di 20 mq; Per gli edifici plurifamiliari gli ampliamenti devono essere realizzati con un progetto unitario; Gli ampliamenti degli edifici residenziali sono cumulabili (art. 3 comma 8) con il recupero ai fini residenziali dei volumi accessori di cui all art. 5 comma 1 lett. a. 6

8 CAMBIO DI DESTINAZIONE D USO DA NON RESIDENZIALE A RESIDENZIALE (art. 3 ter) INTERVENTI VOLTI AL CAMBIO DI DESTINAZIONE D'USO ATTRAVERSO RISTRUTTURAZIONE, DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE E NUOVA EDIFICAZIONE Edifici non residenziali che al 30/09/2010 risultino: - dismessi o mai utilizzati - in corso di realizzazione e non siano ultimati e/o per i quali sia scaduto il titolo abilitativo - in via di dismissione limitamente agli edifici direzionali Edifici adibiti a strutture sanitarie che cessano l'attività Aree non residenziali libere nell'ambito di piani o programmi attuativi (pubblici o privati) anche se decaduti Cambio di destinazione d'uso (*) della sup. lorda esistente fino ad un max di mq di SUL +30% della stessa (*): il cambio determina automaticamente anche il cambio di destinazione urbanistica dell'area di sedime e pertinenziale immobili resid. fino ad un max di mq di SUL e comunque non oltre la superficie non resid. prevista dal piano + il 10% dell'intera volumetria dell'intera volumetria del piano stesso proporzionalmente distribuita 7

9 ESCLUSIONI NO zone agricole (zone omogenee E) No zone industriali (zone omogenee D) > di 10 ha e se < di 10 ha edificio deve essere dismesso o inutilizzato al 31/12/05 NO articoli 11 (PRU) NO PIP 8

10 PRESCRIZIONI Locazione calmierata: 30% di superficie per gli edifici fino a mq. 35% di superficie per gli edifici > di mq. NO locazione, ma corresponsione di un importo pari al 20% del valore catastale o realizzazione di opere pubbliche, se: l edificio è < di 500 mq l intervento è localizzato in un comune con popolazione < ai abitanti l edificio è ricompreso all interno di un piano di recupero di cui alla L.R. 28/1980 Rispetto delle distanze e delle altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968 Esistenza o adeguamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché realizzazione dei parcheggi privati Cambio destinazione d uso (da non residenziale a residenziale) anche di edificio parziale localizzato nei P.d.Z. 167 o nei piani di recupero di cui alla L.R. 28/1980 9

11 INTERVENTI DI SOSTITUZIONE EDILIZIA CON DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DEGLI EDIFICI (art. 4) OGGETTO DELL'INTERVENTO Edifici residenziali per almeno il 50% Edifici prevalentemente non residenziali PREMIALITA (*) Edifici residenziali plurifamiliari in stato di degrado > di 500 mq Edifici residenziali in area agricola realizzati dopo il % di ampliamento +35%fino ad un max di 350 mq a condizione che siano rispettate le destinaz. previste dagli strumenti urbanistici +60% a condizione che venga mantenuto almeno lo stesso numero di unità immobiliari in capo ai proprietari +20% della cubatura ESCLUSIONI NO edifici ricadenti nelle zone di espansione (zona omogenea C) realizzati da < di 20 anni (*) : Le suddette percentuali sono incrementate di un ulteriore 10% nel caso in cui si utilizzi la procedura del concorso di progettazione 10

12 PRESCRIZIONI Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno all accesso alle abitazioni in locazione, in caso di ristrutturazione edilizia che prevede la realizzazione di ulteriori unità immobiliari, obbligo di destinare il 25% alla locazione a canone concordato per un periodo non < di 8 anni Rispetto delle distanze ed altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968 Esistenza o adeguamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché realizzazione dei parcheggi privati Piantumazione di essenze arboree e vegetazionali Le premialità non si possono sommare con gli altri ampliamenti eventualmente consentiti da altre norme o da strumenti urbanistici comunali alle abitazioni in locazione 11

13 RECUPERO DEI VOLUMI ACCESSORI E PERTINENZIALI DEGLI EDIFICI ESISTENTI (art. 5) RECUPERO VOLUMI ACCESSORI E PERTINENZIALI, NONCHE' DELLE UNITA' IMMOBILIARI AD ALTRI USI DESTINATI DI: edificio resid. per almeno il 50% edificio prevalentemente resid. ubicato in zona agricola edificio a destinaz. prevalentemente a servizi finalizzati all'attività sportiva PREMIALITA' +20% del volume o della sup. esistente e, comunque, ogni unità immobiliare dotate di specifica autonomia funzionale fino ad un max di 70 mq +50% della sup. residenziale preesistente e fino ad un max di 70 mq +50% della parte esistente già destinata a servizi finalizzati ad attività sportiva residenziale residenziale attività sportiva 12

14 PRESCRIZIONI Esistenza, adeguamento o realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché realizzazione dei parcheggi privati, sempreché la superficie da destinare a parcheggio non sia < di 20 mq 13

15 TITOLI ABILITATIVI (art. 6) DIA Ampliamento (art. 3) Cambi di destinaz. d'uso da non resid. a resid. < di 500 mq (art. 3 ter) Demolizione e ricostruzione < di 500 mq (art. 4) Recupero volumi accessori e pertinenziali (art. 5) PERMESSO DI COSTRUIRE il cui ottenimento è subordinato all'esito di un'appostia Conferenza dei Servizi (da convocare entro 90 gg. dalla presentazione della domanda) Cambi di destinaz. d'uso da non resid. a resid. > di 500 mq Demolizione e ricostruzione > di 500 mq 14

16 PROGRAMMI INTEGRATI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA ED AMBIENTALE (art. 7) OGGETTO E TIPOLOGIA DI INTERVENTO RIQUALIFICAZIONE URBANA Riqualificaz. degli ambiti urbani e delle periferie, nonchè degli edifici isolati industriali o terziari dismessi, parzialemente utilizzati o degradati attraverso interventi di sostituzione edilizia con incremento volumetrico e/o cambio di destinaz. d'uso di aree e di immobili RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE Recupero e riqualificaz. di aree degradate sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici attraverso: - demolizione a carico dei proprietari degli edifici e cessione gratuita dell'area oggetto di ripristino ambientale - traslazione delle volumetrie degli edifici demoliti in altre aree esterne a quelle vincolate con possibilità di cambi di destinaz. d'uso e incrementi volumetrici PREMIALITA Gli incrementi di edificabilità e le modifiche delle destinazioni d uso sono stabilite coerentemente con gli obiettivi dei Print purchè l incremento non sia > del 75% delle volumetrie demolite. L incremento max può arrivare al 150% delle volumetrie demolite solo per le aree e gli edifici ricadenti nelle fasce di rispetto del territorio costiero marittimo. MODALITA DI ATTUAZIONE I Comuni su proposte pubbliche o private adottano, anche in variante ai PRG vigenti, i Print ai sensi della legge regionale n. 22/97. 15

17 ADEGUAMENTO SISMICO Incentivi per l adeguamento sismicodegli edifici esistenti (art. 3 bis.) Al fine di incentivare l adeguamento di un intero edificio esistente secondo quanto previsto dalla vigente normativa antisismica, le percentuali di cui all art. 3, comma 1, sono così incrementate: a. fino al 35% della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 90 metri quadrati, per gli edifici di cui all art. 3, comma 1, lett. a) e b), ricadenti nella zona sismica 1 o nella sottozona sismica 2a o 2b; b. fino al 25% della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 80 metri quadrati, per gli edifici di cui all art. 3, comma 1, lett. a) e b), ricadenti in sottozona sismica 3a o nella sottozona sismica 3b. 16

18 SCHEMI ESEMPLIFICATIVI 17

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22 L.R. 02 Luglio 1987, n. 36 Norme in materia di attivita' urbanistico - edilizia e snellimento delle procedure (1) Art. 1 (2) 1. I piani particolareggiati ed i piani di lottizzazione di cui alla legge 17 agosto 1942, n (Legge urbanistica), i piani di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l acquisizione di aree fabbricabili per l edilizia economica e popolare) e quelli previsti dall articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in materia di programmi e coordinamento di edilizia residenziale pubblica, i piani di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l edilizia residenziale), nonché dei nuclei abusivi e i toponimi, i programmi di intervento di cui all articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l accelerazione degli investimenti ed il sostegno dell occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modifiche, i programmi integrati di intervento di cui alla legge regionale 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della regione) nonché ogni ulteriore piano attuativo dello strumento urbanistico generale non sono sottoposti ad approvazione regionale quando non comportano varianti allo strumento generale ovvero, se le comportano, quando queste ultime riguardino: (2a) a) la viabilità primaria per la parte che interessa il comprensorio oggetto dello strumento attuativo, a condizione che le modifiche alla stessa apportate non compromettano l attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale per la parte esterna al comprensorio medesimo e non mutino le caratteristiche della viabilità quali risultano fissate da dette previsioni; b) l adeguamento dello strumento urbanistico generale ai limiti e rapporti fissati dal decreto interministeriale 2 aprile 1968, n (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) e da leggi regionali; c) il reperimento, all esterno dei nuclei edilizi abusivi oggetto della variante prevista dall articolo 1 della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente) e successive modifiche, delle aree per il verde, i servizi pubblici ed i parcheggi quando sussista la comprovata impossibilità di soddisfare tali esigenze nell ambito dei nuclei medesimi; d) le modifiche del perimetro di comprensori oggetto di recupero urbanistico ai sensi della l.r. 28/1980 e della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche, operate al fine di inserire nel comprensorio edifici adiacenti;

23 e) fatto salvo quanto previsto dall articolo 1 bis, comma 1, lettera d), il mutamento delle destinazioni d uso che non comporti diminuzione nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico prevista dai piani e sia contenuto, per ogni singola funzione prevista, entro il limite massimo del 30 per cento; (2b) f) le modifiche planovolumetriche che alterano le caratteristiche tipologiche degli edifici. 2. La deliberazione comunale con la quale si adottano gli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 1 è pubblicata nell albo pretorio del comune e, successivamente al ricevimento delle eventuali opposizioni, è inviata, con gli atti che la corredano, alla Regione che, entro trenta giorni dal ricevimento, può far pervenire al comune osservazioni sulla rispondenza degli stessi alle norme della presente legge. 3. Gli strumenti urbanistici attuativi di cui al presente articolo sono approvati dal comune con deliberazione consiliare ovvero con deliberazione della giunta comunale, qualora conformi allo strumento urbanistico generale, che non può essere adottata prima della scadenza del termine di cui al comma 2. Con la deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico attuativo il comune decide sulle eventuali opposizioni pervenute, si pronuncia con motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni della Regione trasmettendo alla stessa il provvedimento di approvazione entro i successivi quindici giorni. (2c) Art. 1 bis (3) 1. I piani attuativi, conformi allo strumento urbanistico generale, che non comportino le modifiche di cui all articolo 1, sono approvati dalla giunta comunale, senza l applicazione delle procedure di cui al medesimo articolo 1, commi 2 e Le modifiche di seguito elencate non costituiscono variante sostanziale a un piano attuativo di cui all articolo 1, comma 1 quando riguardano: a) una diversa utilizzazione, sempre ai fini pubblici, degli spazi destinati a verde pubblico e servizi; b) le previsioni di spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale, quando l esigenza di prevedere le attrezzature stesse nell ambito del comprensorio oggetto dello strumento attuativo era stata riconosciuta in sede di strumento urbanistico generale; c) la riduzione delle volumetrie edificabili rispetto a quelle previste dallo stesso strumento urbanistico generale, purché contenute entro il 20 per cento; d) il mutamento delle destinazioni d uso che non comporti diminuzione nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico prevista dai piani attuativi e sia contenuto, per ogni singola funzione prevista dal programma, entro il limite massimo del 10 per cento; e) modificazioni planovolumetriche che non alterino le caratteristiche tipologiche e le volumetrie complessive degli edifici, anche se comportanti modifiche delle altezze comunque entro i limiti stabiliti dal decreto del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968; f) le modifiche che incidono sull entità delle cubature dei locali tecnici ed impianti tecnologici e sulla distribuzione interna delle singole unità immobiliari, nonché le modifiche che variano il

24 numero delle unità stesse; g) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano; h) le modificazioni dei perimetri motivate da esigenze sopravvenute, quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse all imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici; i) la diversa dislocazione, entro i limiti del 20 per cento, degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture o del verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi e senza la riduzione degli standard urbanistici; l) l individuazione delle zone di recupero di cui all articolo 27 della l. 457/1978; m) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche; n) l adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino modifiche al perimetro del piano o del programma; o) le modifiche alla viabilità secondaria e la precisazione dei tracciati della viabilità primaria; p) la suddivisione dei comparti edificatori in sub-comparti, ivi inclusi quelli ricadenti nelle zone di recupero dei nuclei edilizi abusivi, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici. 3. Alle modifiche di cui al comma 2 si applicano le procedure di cui all articolo 6, comma 2 della l.r. 22/1997, e sentito il collegio di vigilanza, nei casi in cui i piani attuativi sono stati oggetto di approvazione con le procedure dell accordo di programma. Art. 2 (4) Art. 3 In sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, la Regione puo' individuare le aree e gli ambiti territoriali di interesse regionale nelle quali le norme di cui ai precedenti articoli non trovano applicazione. Art. 4 Quando gli strumenti urbanistici attuativi specificati nel precedente articolo 1, primo comma con esclusione dei piani di lottizzazione, comportano varianti allo strumento urbanistico generale che non rientrano fra quelle elencate nello stesso articolo, le determinazioni definitive della Giunta regionale in merito a detti strumenti urbanistici sono assunte, in deroga a quanto stabilito dall'

25 articolo 2, quarto comma, numeri 2), 3) e 4), della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43, previo parere del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale competente in materia di urbanistica ed assetto del territorio. (5) L' esame del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale competente in materia di urbanistica ed assetto del territorio e le determinazioni della Giunta regionale di cui al precedente comma debbono avere per oggetto esclusivamente le varianti allo strumento urbanistico generale contenuto nello strumento attuativo. Le determinazioni della Regione debbono essere assunte entro il termine di novanta giorni dal ricevimento degli atti; trascorso detto termine gli strumenti urbanistici attuativi si intendono approvati. (6) Art. 5 Alle deliberazioni comunali di adozione di varianti allo strumento urbanistico generale, che riguardino esclusivamente l' adeguamento dello strumento stesso ai limiti e rapporti di cui all' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, si applicano le norme di cui all' articolo 6 della legge 18 aprile 1962, n In deroga a quanto stabilito dall' articolo 2, quarto comma, numero 1), della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43, le varianti di cui al precedente comma sono approvate dalla Giunta regionale previo parere del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale competente in materia di urbanistica ed assetto del territorio. Le determinazioni definitive della Regione sulle varianti di cui al presente articolo debbono essere assunte entro il termine di centoventi giorni dal ricevimento degli atti; trascorso tale termine le varianti si intendono approvate. Art. 6 Le disposizioni di cui al precedente articolo 5 si applicano anche alle varianti previste dall' articolo 1, quinto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1. Art. 7 Gli strumenti urbanistici generali debbono, per ciascuna delle zone omogenee previste dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, stabilire le categorie di destinazione d' uso ammesse con riferimento a quelle previste dagli articoli 14 e 15 della legge regionale 12 settembre 1977, n. 35. I piani particolareggiati e gli altri strumenti attuativi potranno, nell' ambito di ciascuna delle

26 categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, procedere all' indicazione di piu' specifiche destinazioni d' uso. Le modifiche di destinazione d' uso con o senza opere a cio' preordinate, quando hanno per oggetto le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito permesso di costruire mentre quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria sono soggette a denuncia di attività da parte del sindaco.(7) Nei centri storici, come definiti dall' articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e' di norma vietato il mutamento delle destinazioni d' uso residenziali. Per l' attuazione dei piani di zona per l' edilizia economica e popolare, approvati o da approvarsi ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni, nei comuni capoluogo di provincia, le aree con destinazione non residenziale assegnate in diritto di proprieta' od in diritto di superficie, qualora non a servizio delle residenze, non possono superare, in termini volumetrici, il 10 per cento di quelle residenziali, con esclusione delle volumetrie gia' autorizzate. Art. 8 (8) Art. 9 I programmi pluriennali di attuazione non sono soggetti ad approvazione regionale. La deliberazione consiliare di adozione del programma pluriennale di attuazione con tutte le documentazioni relative deve essere trasmessa, contestualmente al suo deposito presso la segreteria comunale, alla Regione la quale, nel termine di trenta giorni dal ricevimento degli atti, puo' far pervenire al comune osservazioni e richieste di modifica motivate dal rispetto delle prescrizioni di legge e dalla compatibilita' con la programmazione regionale e comprensoriale. Il comune non puo' deliberare sulle osservazioni presentate da enti e privati cittadini prima che sia scaduto il termine di cui al precedente secondo comma e deve trasmettere alla Regione la deliberazione relativa alle osservazioni contemporaneamente alla sua trasmissione al competente comitato regionale di controllo. Il programma pluriennale diventa esecutivo con l' espletamento del controllo da parte del comitato regionale sulla deliberazione di cui al precedente terzo comma ovvero sull' apposita deliberazione con cui il comune accerta che non sono state presentate osservazioni. Sono abrogati gli articolo 8, 9 e 10 della legge regionale 28 luglio 1978, n. 35.

27 Art. 10 L' articolo 5 della legge regionale 29 gennaio 1983, n. 9, e' cosi' sostituito: << Art. 5. L' assessore regionale competente in materia di urbanistica, in qualita' di presidente della prima sezione del comitato tecnico consultivo, puo' disporre che le pratiche da sottoporre al parere della sezione medesima, escluse quelle di cui alle lettere a), b), c), d), e), f), del primo comma dell' articolo 2 della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43 e quelle di cui al numero 1) del quarto comma dello stesso articolo, siano sottoposte per il parere ad una sotto - sezione costituita da tre membri fra quelli di cui alla lettera b), e da due membri fra quelli di cui alla lettera c) dell' articolo 4 della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43. La sotto - sezione e' presieduta dal presidente della sezione o da uno dei membri funzionari della sotto - sezione medesima da lui designato. Se la sotto - sezione esprime un parere unanime, questo tiene luogo del parere della sezione. Se il parere della sotto - sezione non e' unanime, le questioni controverse vengono sottoposte alla sezione in adunanza plenaria per la decisione definitiva. E' facoltà del presidente della sezione o della Giunta regionale chiedere che sulla pratica si esprima la sezione in adunanza plenaria anche quando sia stato espresso parere unanime dalla sotto - sezione >>. Note: (1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20 luglio 1987, n. 20 (2) Articolo sostituito dall'articolo 26, comma 1 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 (2a) Comma modificato dall'articolo 5, comma 16 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 (2b) Lettera modificata dall'articolo 5, comma 17 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 (2c) Comma modificato dall'articolo 5, comma 18 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 (3) Articolo inserito dall'articolo 26, comma 2 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 e poi sostituito dall'articolo 5, comma 19 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 (4) Articolo abrogato dall'articolo 5, comma 20 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 (5) Comma modificato dall'articolo 5, comma 21 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10

28 (6) Comma modificato dall'articolo 26, comma 4 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 (7) Comma modificato dall'articolo 35 della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15 (8) Articolo abrogato dall'articolo 37, comma 1, lettera c), della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15 Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.

29 L.R. 06 Ottobre 1997, n. 29 Norme in materia di aree naturali protette regionali. (1) Capo I Norme generali e procedure di individuazione e di istituzione delle aree naturali protette, dei monumenti naturali e dei siti di importanza comunitaria. (1a) Art. 1(1b) (Principi generali) 1. La Regione garantisce e promuove, in maniera unitaria ed in forma coordinata con lo Stato e gli enti locali, nel rispetto degli accordi internazionali, la conservazione e la valorizzazione del suo patrimonio naturale, costituito da formazioni fisiche, biologiche, geologiche, geomorfologiche, paleontologiche e vegetazionali che, assieme agli elementi antropici ad esse connessi, compongono, nella loro dinamica interazione, un bene primario costituzionalmente garantito. 2. La Regione persegue la gestione sostenibile delle singole risorse ambientali, il rispetto delle relative condizioni di equilibrio naturale, la preservazione dei patrimoni genetici di tutte le specie animali e vegetali, attraverso gli strumenti della conoscenza e della programmazione e mediante la promozione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali, che costituiscono il sistema delle aree naturali protette, nonché mediante l'istituzione dei monumenti naturali e l'individuazione dei siti di importanza comunitaria. 3. La Regione, consapevole dell'eccezionale valore naturalistico e culturale delle proprie aree naturali protette e delle altre aree dell'appennino di rilevante valore ambientale, promuove e partecipa alla istituzione di aree naturali protette interregionali. In particolare opera per realizzare, insieme alle altre regioni interessate, un sistema integrato di parchi di rilevanza europea sull'appennino, per tutelare le aree naturali del litorale e gli ambiti di pianura di interesse paesistico, naturalistico e culturale. Promuove su tutto il proprio territorio, ed in particolare all'interno del sistema delle aree protette, politiche volte al consolidamento di forme di sviluppo economico rispettose dei valori storici ed ambientali e legate ad una concezione di sostenibilità. Art. 2 (1c) (Finalità)

30 1. La presente legge, nell'ambito dei principi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, (Legge quadro sulle aree protette) e successive modifiche, degli articoli 9 e 32 della Costituzione e delle norme della Comunità Europea in materia ambientale e di sviluppo durevole e sostenibile, detta norme per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette del Lazio nonché dei monumenti naturali e dei siti di importanza comunitaria, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione degli stessi nonché il recupero ed il restauro ambientale di quelli degradati. 2. In conformità all'articolo 22 della l. 394/1991 e successive modifiche, le province, le comunità montane ed i comuni partecipano alla istituzione ed alla gestione delle aree naturali protette regionali. Art. 3 (1d) (Obiettivi) 1. La Regione, attraverso la creazione di un sistema di aree naturali protette nonché mediante l'istituzione dei monumenti naturali e l'individuazione dei siti di importanza comunitaria, persegue, in particolare, i seguenti obiettivi: a) la tutela, il recupero e il restauro degli habitat naturali e dei paesaggi, nonché la loro valorizzazione; b) la conservazione di specie animali e vegetali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche e di ambienti naturali che abbiano rilevante valore naturalistico ed ambientale; c) l'applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale allo scopo di favorire l'integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante il recupero e la valorizzazione delle testimonianze antropologiche, archeologiche, storiche e architettoniche e delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali; d) la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; e) la difesa degli equilibri idraulici ed idrogeologici; f) la valorizzazione delle risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza economica, educativa delle aree protette; g) la promozione del turismo sostenibile e delle attività ad esso connesse.

31 2. Nelle aree naturali protette si promuove la valorizzazione e la sperimentazione delle attività produttive compatibili con l'esigenza di tutela dell'ambiente e che favoriscono nuove forme di occupazione, ivi comprese le attività connesse alle fattorie sociali e didattiche. A tal fine si incentiva la più ampia partecipazione degli enti locali e delle forze sociali presenti nel territorio al fine di conseguire forme di sviluppo economico e di ricerca di nuove opportunità lavorative compatibili. (1d1) Art.4 (Sezione aree naturali protette) 1. Nell'ambito del comitato tecnico scientifico per l'ambiente previsto dall'articolo 13 della legge regionale 18 novembre 1991, n. 74, è istituita una sezione specializzata in materia di aree naturali protette, denominata "sezione aree naturali protette", di cui fanno parte, scelti tra i componenti del comitato stesso: a) l'esperto in botanica;(1e) b) l'esperto in fauna;(1f) c) il geologo; d) l'esperto in scienze forestali; e) l'esperto in ecologia marina;(1g) f) il giurista esperto in diritto amministrativo; g) l'architetto esperto in pianificazione territoriale; h) l'archeologo, designato dalla sovrintendenza archeologica per il Lazio; hbis) l'architetto designato dalla sovrintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio; (1g1) i) l'esperto in tutela e gestione di aree naturali protette; j) il funzionario rappresentante del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato; k) il dirigente della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette. 2. La sezione aree naturali protette è altresì composta da:

32 a) un esperto paesaggista; b) un esperto in economia urbana e territoriale; c) un esperto dottore in scienze agrarie;(1h) d) il dirigente della struttura regionale competente in materia di tutela ambientale; e) il dirigente della struttura regionale competente in materia di servizi tecnici per la pianificazione comunale; f) il dirigente della struttura regionale competente in materia di foreste, caccia e pesca; g) tre esperti particolarmente qualificati in tutela e gestione di aree naturali protette; h) un esperto in zootecnia. 3. I componenti di cui al comma 2 sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'assessore competente in materia di ambiente per i componenti di cui alle lettere a), b) e g) e dell'assessore competente in materia di agricoltura per i componenti di cui alle lettere c) e h), sentite le rispettive commissioni consiliari nonché le rappresentanze regionali dell'associazione nazionale comuni d'ltalia (ANCI), dell'unione province d'ltalia (UPI), dell'unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM), delle organizzazioni professionali agricole, dell'unione nazionale associazioni venatorie italiane (UNAVI) in rappresentanza delle associazioni venatorie riconosciute, degli ordini professionali e delle associazioni ambientaliste di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell Ambiente e norme in materia di danno ambientale) e successive modifiche. (1i) 3 bis. Gli esperti di cui ai commi 1 e 2 devono essere in possesso del diploma di laurea ed avere svolto per almeno cinque anni attività professionale nelle materie di rispettiva competenza.(1l) 4. La sezione aree naturali protette è convocata e presieduta dall'assessore regionale competente in materia di ambiente o da un funzionario regionale suo delegato. 5. La sezione aree naturali protette esprime, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di ricezione della richiesta, pareri obbligatori: a) sulla classificazione delle aree naturali protette di cui all'articolo 5; b) sulla redazione ed integrazione del piano regionale delle aree naturali protette di cui all'articolo 7; c) sulle iniziative per l'istituzione di nuove aree naturali protette; d) sugli strumenti di pianificazione territoriale naturalistica e forestale relativi alle aree naturali protette istituite, nonché sui rispettivi regolamenti, di cui agli articoli 26, 27 e 30;

33 e) sulle autorizzazioni relative alle misure di salvaguardia previste dall'articolo 8 nonché sui prelievi ed abbattimenti faunistici all'interno delle aree naturali protette, di cui all'articolo 27, comma 3; f) sui piani, sui programmi e sulle misure di disciplina delle attività all'interno delle aree contigue di cui all'articolo 10, comma 1; g) sugli statuti degli enti di gestione di cui all'articolo 17; h) sui criteri per l'utilizzazione del patrimonio forestale di cui all'articolo 33 e sui criteri di protezione della fauna. 6. Tutti i pareri espressi dalla sezione aree naturali protette vengono trasmessi dalla Giunta regionale alla competente Commissione consiliare. 7. Decorso il termine di cui al comma 5, si procede indipendentemente dall'acquisizione del parere. 8. La sezione aree naturali protette si esprime, altresì, ogni qualvolta il Consiglio regionale, la Giunta regionale e gli organismi di gestione delle aree naturali protette lo ritengano opportuno nelle materie indicate al comma Fino all'insediamento della sezione aree naturali protette, i pareri previsti nei commi 5 e 8 sono espressi dal comitato tecnico scientifico per l'ambiente, sezione specializzata per il settore conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale. Art. 5 (1m) (Sistema delle aree naturali protette del Lazio - Classificazione. Istituzione delle aree naturali protette interregionali e nazionali) 1. Il sistema regionale delle aree naturali protette del Lazio è articolato, tenendo conto delle diverse caratteristiche e destinazioni delle aree stesse, nelle seguenti categorie: a) parco naturale; b) riserva naturale. 2. I parchi naturali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali e da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale che configurano un sistema omogeneo caratterizzato dagli aspetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali. 3. Le riserve naturali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentano uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche.

34 4. Con la legge istitutiva della singola area naturale protetta è definito il livello di interesse regionale o provinciale, ai fini della relativa competenza amministrativa, tenendo conto della dimensione, della collocazione territoriale e delle caratteristiche dell'area stessa. 5. L'elenco delle aree naturali protette istituite dalla Regione viene trasmesso all organismo statale competente ai fini dell'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette di cui all'articolo 3, comma 4, lettera c), della l. 394/1991 e dell'inserimento nel programma triennale previsto dall'articolo 4 della stessa legge.6. Il sistema delle aree naturali protette costituisce un insieme integrato gestito in forme coordinate secondo i principi della presente legge. 7. La Regione, ai sensi dell'articolo 22, comma 4 della l. 394/1991, promuove altresì le necessarie intese con altre regioni per l'istituzione, mediante specifiche leggi regionali, di aree naturali protette interregionali. 8. La Regione considera prioritaria, per l'attuazione di quanto stabilito al comma 7, l'istituzione delle seguenti aree naturali protette interregionali: a) Parco interregionale Monte Rufeno e Selva di Meana; b) Parco interregionale del Tevere; c) Parco interregionale della via Appia Antica; d) Parco interregionale del Garigliano. 9. Ai fini dell'istituzione delle aree naturali protette nazionali, il parere previsto dall'articolo 8, commi 1 e 2 della l. 394/1991 è reso dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare. Art. 6 (1n) (Monumenti naturali e siti di importanza comunitaria) 1. La Regione, per le finalità di cui all articolo 2 e per garantire una più ampia azione di conservazione e valorizzazione del proprio patrimonio naturale, tutela, oltre alle aree classificate ai sensi dell articolo 5, i monumenti naturali di cui al comma 2 ed i siti di importanza comunitaria

35 individuati nel territorio regionale in base ai criteri contenuti nella direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio Per monumento naturale si intendono habitat o ambienti omogenei, esemplari vetusti di piante, formazioni geologiche, geositi e affioramenti fossiliferi, che presentino caratteristiche di rilevante interesse naturalistico e/o scientifico. 3. I monumenti naturali sono sottoposti a vincolo con decreto del Presidente della Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare permanente, su proposta dell assessore competente in materia di ambiente e sulla base degli elementi di cui all articolo 7, comma 2. Il decreto, che individua il soggetto cui è affidata la gestione del monumento, è notificato ai proprietari, possessori o detentori a qualunque titolo ed è trascritto sui registri immobiliari, su richiesta del Presidente della Regione. Il vincolo così apposto ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo del monumento naturale. 4. Per la conservazione, integrità e sicurezza dei monumenti naturali, i soggetti cui è affidata la gestione adottano appositi regolamenti con i contenuti previsti dall articolo 27. Ai monumenti naturali si applicano comunque le misure di salvaguardia previste dall articolo 8 per le zone A, con esclusione delle disposizioni contenute nel medesimo articolo 8, comma 3, lettera e), nonché quanto previsto dall articolo 27, commi 2, 3 e Ai siti e alle zone di cui alla direttiva 92/43/CEE e di cui alla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici si applicano le misure di conservazione previste dalla normativa di attuazione delle citate direttive. La Giunta regionale, sentiti gli enti locali, gli enti di gestione delle aree naturali protette e gli altri soggetti pubblici o privati interessati, con propria deliberazione può adottare, in relazione a ciascun sito o zona, specifiche misure di conservazione, ivi compresi i piani di gestione nonché idonee misure di prevenzione dell inquinamento o del deterioramento degli habitat e delle specie nelle zone limitrofe ai siti e zone medesimi. Nel caso di siti e zone ricadenti, anche parzialmente, nel perimetro delle aree classificate ai sensi dell articolo 5 della presente legge, le specifiche misure di conservazione integrano i piani e regolamenti di cui agli articoli 26 e 27. (1o) Art.7 (Piano regionale e piani provinciali delle aree naturali protette) 1. La Regione individua le aree naturali protette in tutte quelle parti del proprio territorio dove siano presenti formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che abbiano rilevante valore naturalistico, paesaggistico ed ambientale, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo L'individuazione di cui al comma 1 è effettuata utilizzando: a) i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e enti pubblici, ai sensi dell'articolo 22, comma 3, della l. 394/1991;

36 b) le aree individuate ai sensi degli articoli 82 e 83 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e successive modifiche, le zone umide di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971), i siti di importanza comunitaria e le zone speciali di conservazione previste dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), le zone di protezione speciale di cui all'articolo 1, comma 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio );(1q) c) le previsioni del piano territoriale paesistico vigente riguardo alle aree ed ai beni oggetto di tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939, n e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431; d) le indicazioni e le proposte deliberate dagli enti locali in data non anteriore ai dodici mesi precedenti alla adozione dello schema di piano di cui al comma 4; e) gli studi e le indicazioni dei Ministeri competenti in materia di ambiente, di beni culturali e ambientali, del Consiglio nazionale delle ricerche, di istituti universitari, di enti ed associazioni culturali e naturalistiche operanti nel territorio della Regione; f) gli studi effettuati dall'agenzia regionale per i parchi, istituita dall'articolo 27 della legge regionale 27 aprile 1993, n Ai fini dell'individuazione di cui ai commi 1 e 2, la Regione approva un piano regionale delle aree naturali protette, a norma della legge regionale 11 aprile 1986, n. 17, e successive modificazioni, nel rispetto delle disposizioni contenute nei successivi commi. Il piano medesimo è coordinato con il piano faunistico venatorio regionale nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e dagli articoli 10, comma 7, e 11, commi 1 e 2, della legge regionale 2 maggio 1995, n La Giunta regionale, sentita la sezione aree naturali protette, adotta uno schema di piano, con allegata cartografia, almeno in scala 1:25.000, il quale indichi: a) i territori che abbiano le caratteristiche di cui al comma 1, con la delimitazione dei confini provvisori delle aree da proteggere e la loro eventuale suddivisione nelle seguenti zone provvisorie a tutela differenziata: 1) zona A di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente o limitato grado di antropizzazione; 2) zona B di valore naturalistico, paesaggistico e culturale contraddistinta da maggior grado di antropizzazione; b) l'eventuale regime transitorio di salvaguardia specifico per le singole aree, anche a modifica e/o integrazione delle norme dell'articolo 8;

37 c) l'interesse regionale o provinciale delle aree da proteggere e la classificazione delle aree stesse ai sensi dell'articolo 5; c bis) la rete ecologica regionale e le relative misure di tutela ai sensi dell'articolo 3 del d.p.r. 357/1997;(1r) d) le risorse cui possono riferirsi i programmi di sviluppo aventi i fini della presente legge. 5. Lo schema di piano adottato dalla Giunta regionale è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. 6. Entro quattro mesi dalla pubblicazione di cui al comma 5, la Giunta regionale, sulla base delle risultanze delle consultazioni effettuate a norma della l.r. 17/1986, delibera la proposta definitiva di piano da sottoporre al Consiglio regionale, unitamente ad una motivata relazione, contenente una descrizione dei luoghi e dei perimetri delle aree naturali protette individuate. 7. La proposta definitiva di piano deliberata ai sensi del comma 6 decade decorsi ventiquattro mesi dall'invio della stessa al Consiglio regionale, senza che sia intervenuta la definitiva approvazione di cui al comma 8 8. Il piano è approvato dal Consiglio regionale con propria deliberazione ed è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. 9. Il piano regionale delle aree naturali protette costituisce allegato al quadro di riferimento territoriale regionale di cui all'articolo 4 della l.r. 17/1986 e successive modificazioni e si configura come parte integrante dello stesso. 10. Le aree naturali protette individuate nel piano regionale sono sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi della l. 1497/ Le province sono tenute a rispettare nel piano provinciale delle aree naturali protette le indicazioni del piano regionale approvato ai sensi dei commi precedenti. Il piano provinciale delle aree naturali protette è approvato a norma dell'articolo 16 della l.r. 17/1986 e successive modificazioni e costituisce allegato al piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, configurandosi come parte integrante dello stesso.

38 Art. 8 (2) (Misure di salvaguardia) 1. Il Presidente della Giunta regionale, qualora vengano ravvisate o accertate situazioni di grave pericolo o di danno ambientale relativamente ad aree naturali da proteggere inserite nello schema di piano adottato dalla Giunta regionale, può sottoporre le aree interessate a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della l. 394/1991 e dell'articolo 10 della l.r. 74/ Dalla data di pubblicazione del piano regionale approvato dal Consiglio regionale in conformità a quanto stabilito dall'articolo 7 e fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali istitutive delle singole aree naturali protette, e comunque per non più di cinque anni, entro i confini delle aree di cui all'articolo 7, comma 4, lettera a), si applicano le disposizioni dei successivi commi e le eventuali misure transitorie di salvaguardia previste dall'articolo 7, comma 4, lettera b). 3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati: a) la raccolta ed il danneggiamento della flora spontanea, ad eccezione di quanto connesso con le attività di produzione agricola, di cui all'articolo 2135 c.c., o agro-turistica e di quanto eseguito per fini di ricerca e di studio da parte di istituti pubblici, fatti salvi il pascolo e la raccolta di funghi, tartufi ed altri prodotti del bosco, purché effettuati nel rispetto della vigente normativa, degli usi civici e delle consuetudini locali; b) l'introduzione in ambiente naturale di specie, razze e popolazioni estranee alla flora spontanea ed alla fauna autoctona; c) il prelievo di materiali di interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello eseguito, per fini di ricerca e studio, da istituti pubblici; d) l'apertura di nuove cave e torbiere e la riattivazione di quelle dismesse. Le attività legittimamente in esercizio alla data di pubblicazione del piano regionale di cui all'articolo 7, proseguono ai sensi e per gli effetti della legge regionale 5 maggio 1993, n. 27 (Norme per la coltivazione delle cave e torbiere della Regione) e successive modifiche. La Regione, entro un anno dalla predetta data, procede ad un monitoraggio delle cave ricadenti all'interno delle aree indicate dal piano regionale e può disporre motivate variazioni o prescrizioni ai fini di un adeguato recupero e sistemazione ambientale per la compatibilità con gli interessi di tutela del territorio; e) l'uso di qualsiasi mezzo diretto all'abbattimento ed alla cattura della fauna selvatica fatto salvo l'esercizio dell'attività venatoria e della pesca in acque interne, secondo quanto previsto dalla normativa vigente; f) il campeggio al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate; g) il transito di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio e private, fatta eccezione per i mezzi di servizio, di soccorso e per

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