VI CONGRESSO NAZIONALE ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE ALGHERO MAGGIO 2012 HOTEL CARLOS V
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- Francesca Gianni
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1 Libere professioni e concorrenza Scheda elaborata da Palma Balsamo - Direttivo Nazionale ANF Cos è la concorrenza «le paradoxe à étudier une activité qui se qualifie de libérale au regard de tout un mouvement qui tourne le dos au libéralisme» 1 Nel linguaggio giuridico si distingue fra libertà di concorrenza e concorrenza effettiva: la libera concorrenza si può definire come il regime nel quale è assicurata a ciascun soggetto la libertà di iniziativa economica; la concorrenza effettiva si riferisce invece al modo di funzionamento reale di un mercato. La dottrina differenzia inoltre la concorrenza soggettiva, come libertà del singolo di operare in un mercato, dalla concorrenza oggettiva, intesa come garanzia per il pubblico dei consumatori, data dalla presenza sul mercato di una pluralità di operatori economici 2. Altra differenza è quella che intercorre fra una concezione statica e una dinamica di concorrenza. Secondo la prima, la concorrenza si realizza quando nel mercato sono presenti numerosi operatori economici, cosicché nessuno di essi è in grado di influenzarlo, poiché la quantità dei beni o servizi da loro offerta è talmente bassa da non essere in grado di variare il prezzo. Secondo una concezione dinamica, invece, concorrenza è rivalità, competizione tra 1 J. Savatier, Etude juridique de la profession libérale,paris, 1947, 2 M. Libertini, La tutela della concorrenza nella costituzione italiana, in Giur. Cost., 2005, p
2 imprese produttrici, che agiscono al fine di migliorare la loro posizione nel mercato per ottenere dei vantaggi economici, a scapito delle posizioni occupate dalle rivali 3. Quando si parla di tutela della concorrenza o di promozione della concorrenza ci si riferisce a un accezione oggettiva di concorrenza come bene giuridico tutelato. L evoluzione della politica della concorrenza negli ultimi decenni ha portato ad accentuare il profilo della concorrenza come strumento necessario per garantire l efficienza del sistema economico. In tal senso, il concetto di concorrenza effettiva si basa su tre elementi: la mancanza di barriere artificiali all ingresso al mercato; l esistenza di un effettiva libertà di scelta dei consumatori; l esistenza di un effettivo processo competitivo dinamico, caratterizzato da innovazioni tecniche, commerciali ed organizzative. La scelta comunitaria La scelta del sistema economico che sta alla base di una società è essenzialmente legata al modo in cui si dà risposta ai seguenti quesiti: cosa e quanto produrre, come produrre e per chi produrre 4. Le alternative non sono molte. Si può rispondere by dictate, come hanno fatto i sistemi socialisti ad economia pianificata, semplicemente decretando d autorità il volume, la modalità ed i destinatari della produzione 5. Diversamente, si può lasciare che a fornire le risposte alle suddette domande sia il meccanismo di mercato: the free market solution is 3 F. Gobbo, Il mercato e la tutela della concorrenza, Il Mulino, Bologna, The core problem of economic society is to determine what commodities shall be produced and in what quantities, how they shall be produced and for whom in D. Hildebrand, The Role of Economic Analysis in the EC Competition Rules, Kluver Law International, The Hague, In socialist economies resources have been allocated by officials and rationing, in V. Korah, An Introductory Guide to 2 EC Competition Law and Practice, Hart Publishing, Oxford 1997.
3 to ration resources through price. On the supply side, firms good at producing things that people want will flourish and have more to spend than those less good at it. This has the advantage that the market encourages firms to produce efficiently what people want to buy 6. I sei Paesi che nel marzo 1957 firmarono a Roma i trattati istitutivi della CEE erano tutti ispirati ad un sistema ad economia di mercato 7, la scelta dell assetto economico della Comunità Europea era quindi fuori discussione. Come é stato osservato, se prima della seconda Guerra mondiale le legislazioni europee erano ispirate al controllo da parte dello stato, il criterio post-bellico fa invece perno sulla nozione della cosiddetta pianificazione privata dell economia, ponendo la libera concorrenza quale strumento di salvaguardia degli interessi del consumatore e dello sviluppo del progresso tecnologico. Questo mutato orientamento ideologico può definirsi, almeno entro certi limiti, una conseguenza dell evoluzione che ha caratterizzato il sistema economico dei principali paesi europei nel periodo posteriore alla II guerra mondiale 8. Lo stesso TCE infatti, nella Parte Prima, definendo i Principi fondanti la Comunità, all art. 4.1 (ex art. 3.a) prevede l adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di 6 V. Korah, op. cit., 7 The original member states of the Community, and those which joined later, have mainly market economies, as opposed to the centrally planned economies of socialists countries, L. Ritter, W.D. Braun, F. Rawlinson, EC Competition Law. A Practitioner s Guide, Kluwer Law International, The Hague G. Bernini, Un secolo di filosofia antitrust. Il modello statunitense, la disciplina comunitaria e la normativa italiana, CLUEB, Bologna,
4 obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Questa valutazione, gravida di conseguenze pratiche, rende concreta la convinzione che il metodo concorrenziale sia in assoluto il migliore al fine di ottenere efficienza, innovazione e prezzi bassi che a loro volta portano ad un efficiente allocazione delle risorse e ad un innalzamento del tenore di vita. Il binomio concorrenza-efficienza è in effetti profondamente radicato nell ottica dell economia di mercato in cui la concorrenza si presenta come strumento socialmente efficiente di allocazione: essa assicura che le risorse disponibili siano impegnate nel modo più efficiente e, garantendo che ogni bene pervenga a chi lo valuta di più e ne può trarre il massimo di soddisfazione individuale, assicura altresì, la massima soddisfazione netta complessiva 9. La CE infatti si prefigge di tutelare la concorrenza ex lege, essendo convinta che ciò porti il sistema ad un miglior grado di efficienza. Tale convincimento è esplicitato nel testo dell art. 98 (ex art. 102.a) TCE: Gli Stati membri e la Comunità agiscono nel rispetto dei principi di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse, conformemente ai principi di cui all'articolo 4. Le regole di concorrenza non sono quindi fini a sé stesse. Costituendo una delle politiche attraverso le quali la Comunità intende raggiungere gli obiettivi che si è prefissata, devono essere interpretate nel contesto di una ben più generale politica economica comunitaria. Ora, gli obiettivi di politica economica della Comunità sono esposti con chiarezza nell art. 2 TCE F. Denozza, Antitrust: leggi antimonopolistiche e tutela dei consumatori nella CEE e negli USA, il Mulino, Bologna 1988
5 promuovere nell'insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente e il miglioramento di quest'ultimo, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri. Questi ambiziosi traguardi, sempre ex art. 2 TCE, devono essere raggiunti da un lato mediante l instaurazione di un Mercato Comune e di un Unione Economica e Monetaria e dall altro mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4 fra le quali è previsto un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno (art. 3.g TCE). Quindi nel contesto comunitario, al contrario di ciò che avviene in quello americano, la concorrenza non è il fine al quale occorre tendere ma solamente il mezzo attraverso il quale si pensa di poter raggiungere altri obbiettivi: nell antitrust statunitense la libertà di concorrenza era considerata, almeno nella prospettazione originaria, quale giudizio di valore assoluto, inscindibile dal concetto di democrazia politica che caratterizza la American Way of Life. Nei trattati CECA e CE, per contro, la salvaguardia della libertà di concorrenza non può considerarsi quale principio fine a sé stesso. Le norme in questione risultano infatti inquadrate nel contesto degli obbiettivi generali perseguiti dai Trattati, talché l applicazione delle stesse ha posto le basi per l enucleazione di una filosofia antitrust autenticamente comunitaria G. Bernini, op. cit., 5
6 Si tratta insomma di uno strumento di politica attiva mediante il quale la Comunità cerca d influenzare il quadro entro cui l attività economica si sviluppa, al fine di permettere il raggiungimento degli obiettivi ex. Art. 2 TCE. Questa concezione di concorrenza-mezzo conferisce alle regole stesse un carattere prettamente dinamico, tale da far si che se talune imprese vengono condannate ex art TCE altre possono venire esentate da quel divieto essendo loro concesse esenzioni per categoria o individuali ai sensi dell art TCE; in quel momento storico quell intesa, che deve comunque soddisfare particolari requisiti, potrebbe infatti rivelarsi utile per conseguire più facilmente alcuni dei sopraccitati obbiettivi comunitari. La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, organo che assicura il rispetto del diritto nell interpretazione e nell applicazione del Trattato, ha sancito che gli articoli 2 e 3 del Trattato costituiscono proprio quel contesto entro il quale le regole di concorrenza dettate agli artt TCE devono essere interpretate; nel caso Continental Can la Corte ha rimarcato la portata della disposizione dettata dall art. 3.g TCE descrivendola come si essentielle que, sans elle, de nombreuses dispositions du traite seraient sans objet 11. La previsione costituzionale La Costituzione italiana prende in esame il tema della concorrenza, nella sua accezione soggettiva come libertà di iniziativa economica, all art. 41, ove è affermato che l iniziativa economica privata è libera (comma 1). 11 Caso Europemballage and Continental Can v. Commission, sentenza del , causa 6/72. 6
7 Non può svolgersi in contrasto con l utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (comma 2). La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (comma 3). Una parte della dottrina individua come fondamento della tutela costituzionale della concorrenza la garanzia della libertà di iniziativa economica di cui al comma 1 dell art. 41 Cost., intesa come libertà di iniziativa economica del singolo in rapporto all iniziativa economica degli altri operatori (tutela implicita del pluralismo nel mercato). Altra parte della dottrina, invece, individua il titolo legittimante del principio di libera concorrenza nel comma 2 dell art. 41, laddove si prevede il limite dell utilità sociale al libero dispiegarsi dell iniziativa economica in nome della tutela dell interesse generale. Se nella prima ricostruzione si considera la tutela della concorrenza come tutela della libertà dei singoli operatori economici, lasciando le esigenze di ordine sociale al di fuori del gioco concorrenziale, nella seconda visione l utilità sociale è considerata un elemento costitutivo della libertà di concorrenza, che contribuisce al progresso sociale ed economico. Accogliendo la seconda tesi, la Corte costituzionale ha individuato la ratio della normativa antitrust nell utilità sociale, con ciò volendo far rientrare al suo interno sia gli interessi coinvolti nel processo economico, sia le istanze legate ad esigenze di giustizia sociale, come le esigenze dei contraenti più deboli L. Buffoni, La tutela della concorrenza dopo la riforma del Titolo V: il fondamento costituzionale ed il riparto di 7 competenze legislative, in Le istituzioni del federalismo, 2003.
8 L iniziativa economica privata può essere ostacolata non solo dagli altri imprenditori, ma anche dai poteri pubblici. Se riguardo ai primi la Costituzione non parla di interventi di ripristino della libertà di concorrenza quando questa sia venuta meno a causa del comportamento dei privati, ben più esplicita rispetto alle limitazioni che possono essere imposte alla concorrenza dai poteri pubblici. Utilità sociale, sicurezza, libertà e dignità umana sono condizioni che l iniziativa economica privata non può travalicare. I programmi e i controlli ammessi sono quelli opportuni : invero, una qualificazione del genere presuppone un amplissima discrezionalità legislativa nella scelta delle misure idonee a raggiungere determinati fini sociali. Non vi è nella Costituzione alcuna differenza fra attività economica pubblica e privata ai fini della concorrenza: l impresa pubblica non altera la concorrenza poiché concorre con altre imprese. La legge costituzionale 3/2001, che ha riformato il Titolo V, Parte II della nostra Costituzione, ha profondamente innovato nel sistema di riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni preesistente ed ha inoltre inserito la tutela della concorrenza fra le materie riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e previsto come limite alla legislazione statale e regionale i vincoli derivanti dall ordinamento comunitario, riconoscendo costituzionalmente l Unione europea e le fonti di diritto comunitario. Come è stato rilevato, le regole e il principio di concorrenza, oltre a valere per le imprese (determinando il divieto di collusioni dirette a tenere i prezzi al di sopra del livello determinato dal libero scambio o a ripartire i mercati, il divieto di abusi di posizione dominante che escludono i concorrenti o pregiudicano i consumatori e il divieto di fusioni o acquisizioni di8
9 controllo che ostacolano in modo sostanziale la competizione economica), divengono sempre più chiaramente vincoli anche per i legislatori statali e regionali: la loro osservanza è condizione di legittimità di tutta la regolazione economica nazionale 13. Si è parlato così di costituzionalizzazione della disciplina della concorrenza, dato che l espressione tutela della concorrenza è entrata formalmente nel nostro testo costituzionale 14. Tuttavia, è stato pure osservato, non pare possibile, per profilassi costituzionale, ravvisare nell art. 117 Cost., contenuto nella Parte II della Costituzione, il fondamento costituzionale del principio della libera concorrenza, intesa per di più in senso macroeconomico, quale assetto concorrenziale del mercato, perché così facendo si arriverebbe a modificare surrettiziamente, attraverso norme di riparto delle competenze, il Titolo III ( Rapporti economici ), Parte I della Costituzione e, attraverso esso, finanche il delicato equilibrio tra tutela del mercato e delle regole che ne garantiscono il corretto funzionamento e la garanzia delle esigenze sociali latu sensu in esso a fatica raggiunto 15. Ad ogni modo, la libertà di concorrenza, riconosciuta nella carta costituzionale nell art. 41 della Cost., è per la prima volta accompagnata dalla previsione esplicita di interventi legislativi a sua difesa. E questa volta l espressione tutela della concorrenza assume un accezione macroeconomica e oggettiva, riferita all assetto concorrenziale del mercato, a differenza dell art M. D Alberti, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Diritto Amministrativo, 4/ M. Cammelli, Amministrazione (e interpreti) davanti al nuovo Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2001, n L. Buffoni, op. cit. 9
10 Come sottolinea Libertini, la previsione della tutela della concorrenza fra i compiti dello Stato, nell art. 117 Cost., ha un triplice rilievo normativo: la doverosità dell esercizio della funzione (normativa e amministrativa) di tutela della concorrenza da parte dello Stato; la sottrazione alle Regioni e agli enti locali di qualsiasi potere (normativo o amministrativo) di intervento positivo in materia, ancorché con finalità integrative o rafforzative degli standard di intervento determinati dalla normativa statale ( ); il divieto, in capo alle Regioni e agli enti locali, di contrastare o frustrare le regole e gli obiettivi del diritto generale della concorrenza, stabiliti dalle leggi dello Stato, con misure di regolazione amministrativa incompatibili con i principi sostanziali della materia. Il rapporto fra concorrenza e professioni Il rapporto fra professioni intellettuali e regole della concorrenza è al centro del dibattito che da un ventennio percorre il settore delle professioni. La conclusione (ma probabilmente già la decisione che ne segnò l inizio nel dicembre del 1994) da parte dell Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell autunno del 1997, dell indagine conoscitiva nel settore degli ordini e dei collegi professionali 16, può essere considerata come il momento di avvio della riflessione sulla assoggettabilità dell esercizio 16 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,Indagine conoscitiva nel settore degli ordini e collegi professionali, 10 Suppl. n. 1 al Bollettino n. 40/1997
11 delle professioni liberali alla regole di concorrenza, regole che costituiscono il presupposto, così come segnano il limite, di ogni attività imprenditoriale che si svolga negli ordinamenti a economia di mercato. A partire da quella data, e nel corso dei dieci anni che separano l intervento dell Autorità dal Decreto Bersani, la necessità di un processo di riforma delle professioni liberali che portasse a una riduzione del livello di regolamentazione e alla conseguente introduzione dei principi di tutela della concorrenza è diventata una priorità nella politica comunitaria della concorrenza. A formare e diffondere questa generale consapevolezza hanno concorso diversi e importanti attori delle istituzioni economiche internazionali. Tra i diversi contributi spicca la relazione del 2000 dell OCSE 17, nella quale, tra i vari rischi associati alla posizione di rendita goduta dai professionisti, veniva evidenziata quella di un rallentamento all introduzione dei meccanismi concorrenziali all interno degli ordinamenti delle professioni liberali. Una decisa spinta verso la liberalizzazione del settore è inoltre attribuibile alla scelta perseguita con convinzione dalla Direzione Generale Concorrenza della Commissione CE di inscrivere il processo di riforma delle professioni nell ambito della strategia di Lisbona, mirante a rendere l economia europea più competitiva entro il È in questo contesto generale che la Commissione diffonde i risultati di uno studio sull impatto della regolamentazione nel settore delle professioni 18, nel quale gli indici di regolamentazione che pongono a confronto i diversi paesi europei si associano all individuazione delle 17 Competition in professional services, 22 febbraio 2000, 18 Institut für Höhere Studien (IHS), Wien, I. Paterson,M. Finck, A. Ogus, Economic impact of regulation in the field of liberal 11 profession in different EU Member States, marzo 2003.
12 restrizioni più significative presenti negli ordinamenti delle professioni. L analisi evidenzia, inoltre, come non risulti sussistere alcun nesso tra il livello qualitativo delle prestazioni e il grado di regolamentazione che le assiste. Le professioni intellettuali sono contrassegnate da un elevato livello di regolamentazione; benché l Italia soffra di un tasso di regolamentazione tra i più elevati nel contesto comunitario 19, non va nascosto che questo settore economico registra generalmente un significativo grado di normazione, di fonte tanto statuale quanto autoregolamentare. Questa riguarda sia le condizioni di accesso al mercato sia le modalità di svolgimento dell attività. Alla disciplina di origine statuale, che mira essenzialmente a determinare le condizioni di ingresso ai mercati (tirocinio, esame di abilitazione, concorso), si affiancano norme provenienti dai meccanismi di autodisciplina degli organismi rappresentativi delle singole categorie di professionisti (tipicamente gli ordini, affiancati dalle proprie articolazioni territoriali), che riguardano principalmente modalità e limiti di esercizio dell attività professionale (tariffe, divieto di pubblicità, limiti territoriali e incompatibilità). I trattati istitutivi della C.E. dedicarono alle libere professioni una attenzione molto modesta. E così il diritto europeo delle professioni intellettuali è stato a lungo un diritto solo giurisprudenziale. Successivamente è però sopraggiunta la normazione, sia primaria che secondaria, a partire dall art. 50 TCE (ora art.57 della versione consolidata del trattato sul funzionamento dell Unione Europea), con una nozione di servizio che chiaramente si riferisce 19 Commissione CE, Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, 9 febbraio 2004; M. Monti, Competition in Professional Services, 21 marzo
13 alla attività dei liberi professionisti, pur senza darne una precisa definizione: ai sensi dei trattati, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone..d) attività delle libere professioni. Una definizione é contenuta invece nella direttiva 2005/36/CE, dedicata al riconoscimento delle qualifiche professionali, che vi fa rientrare tutte le attività praticate sulla base di qualifiche professionali in modo personale, responsabile e professionalmente indipendente da parte di coloro che forniscono servizi intellettuali e di concetto negli interessi dei clienti e del pubblico. Le regole sulla concorrenza si applicano anche ai professionisti? Non può prescindersi, per affrontare questo tema, dalla decisione resa nel caso Wouters, vero e proprio leading case. I liberi professionisti intellettuali, non subordinati, sono impegnati in un attività economica e prestano servizi dietro corrispettivo, sul mercato 20. Né il fatto che l attività sia intellettuale, sia richiesta una autorizzazione e possa essere svolta senza la combinazione di elementi materiali, immateriali e umani, né la complessità e la natura tecnica dei servizi prestati, né il fatto che la professione sia o meno regolamentata, possono modificare tale conclusione. Dalla assimilazione della attività del libero professionista intellettuale a quella di impresa deriva poi la qualificazione di ordini e collegi come associazioni di imprese.. Il gruppo 20 Corte di Giustizia , C-309/99, che ha affermato che gli avvocati offrono, dietro corrispettivo, servizi economici di assistenza legale e di rappresentanza nella difesa in giudizio. Vedi anche Corte di Giustizia , C-180/98 e 13 C- 184/98 (caso Pavlov) con riguardo ai medici.
14 professionale organizzato è tale rispetto ai profili di regolamentazione economica del comportamento dei soggetti che ne fanno parte (par.64). Poco importa che alcuni organismi professionali siano soggetti ad una disciplina di diritto pubblico o che agiscano in funzione della realizzazione di finalità di rilevanza pubblica (par.65-66). Solo se composto in maggioranza da rappresentanti di autorità pubbliche l organismo professionale non rappresenta una associazione di imprese (par.61-64). Con il decreto legislativo n.30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131), all art.3 viene stabilito che: 1. L'esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della concorrenza, ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale, della riserva di attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale. 2. L'attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo è equiparata all'attività di impresa ai fini della concorrenza di cui agli articoli 81, 82 e 86 (ex artt. 85, 86 e 90) del Trattato Ce, salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali. 3. Gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali sono ammessi, secondo le rispettive competenze di stato e regioni, nel rispetto della normativa comunitaria. Il punto di vista dei rappresentanti delle libere professioni, e segnatamente dell avvocatura, è sempre stato di contrasto alla applicazione dei principi della concorrenza al mondo liberoprofessionale. 14
15 Ciò ha dato luogo, e non solo in Italia, ad un intenso dibattito, accademico e politico. Gli stati membri sono soliti giustificare i limiti alla libera concorrenza sulla base dell interesse pubblico tutelato. Le ragioni della esclusione fanno leva soprattutto sugli aspetti che differenziano i mercati dei servizi professionali da quelli normali dei mercati di beni e di servizi. In primo luogo le esternalità: Come è noto, l inquadramento giuridico delle professioni intellettuali poggia sul riconoscimento in capo alle stesse di una serie di specificità che potrebbero causarne, in assenza del loro assoggettamento ad una disciplina ad hoc, lo scorretto svolgimento con gravi ripercussioni sul benessere comune. Innanzi tutto l esercizio delle attività professionali incide su beni e valori primari, alcuni dei quali di rango costituzionale,spesso eccedenti l ambito privatistico della singola prestazione, e così determinando effetti esterni per la collettività. L attività del medico e del farmacista, ad esempio, pur essendo svolte nell interesse del singolo paziente assistito, ovvero del singolo cliente, ineriscono alla salvaguardia del bene salute dell intera collettività. Analogamente, la professione forense, per funzionare in via immediata alla soddisfazione degli interessi particolari evocai in giudizio, contribuisce al corretto ed efficiente funzionamento del sistema giudiziario come tale.ne discende, come logica conseguenza, che i costi sociali derivanti da una prestazione professionale inadeguata sono di notevole rilevanza. E evidente, ad esempio, che lo scorretto esercizio delle professioni sanitarie possa creare gravi situazioni di pericolo per la salute del paziente ma anche della collettività. D altro canto, la prestazione 15
16 insoddisfacente del notaio o dell avvocato può tradursi in un aumento della litigiosità e quindi nell appesantimento dell amministrazione della giustizia 21. In secondo luogo, tra gli aspetti che vengono tradizionalmente evocati per tracciare i tratti di peculiarità della prestazione intellettuale vi è il problema delle asimmetrie informative. Ci si trova in presenza di tale fenomeno allorché tra venditore e acquirente si realizza una relazione tale per cui l acquirente non appare in grado di valutare compiutamente la qualità del prodotto che riceve. Nel caso delle professioni liberali la questione assume contorni particolarmente significativi, essenzialmente in ragione della natura altamente tecnica dei servizi. Il consumatore, in sostanza, non risulta adeguatamente in condizione di giudicare la qualità dei servizi a lui offerti, quando li esamina prima della decisione di procedere o meno al suo acquisto, ma solamente dopo averne fruito. Ma vi è di più, poiché in relazione a certe particolari tipologie di prestazioni, il consumatore potrebbe non essere in alcun caso dotato delle conoscenze e delle capacità per comprendere realmente se il professionista ha reso un servizio della qualità richiesta o della qualità necessitata dalla natura della prestazione. Da questo punto di vista i professionisti, che ovviamente godono di ampi margini di autonomia nel determinare il livello di attenzione da dedicare a ogni cliente, decidendo da soli il grado di diligenza da offrire nell adempimento della prestazione, potrebbero non avere i 21 C.Golino, Gli Ordini e i Collegi professionali nel mercato, Wolters & Kluvers
17 corretti incentivi per garantire il massimo della qualità richiesta dalla specificità e dalla tipologia di quel servizio in particolare. Ciò potrebbe dar spazio a comportamenti opportunistici tesi a ottenere risparmi di tempi o di costo, ovvero a indurre i clienti a reiterare loro la richiesta di ulteriori servizi senza che questo sia opportuno o necessario. Nel momento in cui si assiste a fenomeni con queste caratteristiche, ci si trova in presenza di ciò che viene denominato fallimento di mercato, sicché soccorre l intervento statuale con forme più o meno intense di regolamentazione. Nel settore delle professioni intellettuali tutti gli strumenti di solito utilizzati per superare o attenuare gli effetti negativi dell informazione asimmetrica, o più in generale del fallimento delle regole sottostanti a un ordinario scambio commerciale, possono reperirsi nelle professioni liberali. Il controllo dell accesso alla professione, attraverso gli esami di stato, assolve la funzione di assicurare un elevato livello iniziale di conoscenza e competenza tecnico-professionale del prestatore d opera. Anche le regole di condotta, siano esse di fonte autoregolamentare o di emanazione statale (talune categorie di prestatori d opera intellettuale ricevono le proprie regole deontologiche per via legislativa, come i notai) usano trovare il proprio riconoscimento in tale peculiare caratteristica delle prestazioni G.Galasso, Professioni liberali e concorrenza, in Consumatori, Diritti e Mercato n.2/
18 Ma il quadro è più complesso di come appare ad un primo sguardo: nel diritto comunitario le regole sulle libertà fondamentali operano parallelamente alle regole sulla concorrenza. E se dovessero esser queste a prevalere, la natura del rapporto professionista-cliente ne verrebbe ineluttabilmente incisa. Già ora si possono intravedere le prime avvisaglie di questo fenomeno. Di più. Se si prende in considerazione tra le varie professioni - la professione forense (o più in generale le professioni legali), le sue peculiarità finirebbero per essere stemperate, per non dire eliminate, da una disciplina che non operasse distinzioni tra le diverse professioni e da scopi normativi diretti non solo alla garanzia della libertà dell esercizio della professione ma aspetto altrettanto preoccupante diretti a promuovere la concorrenza intesa come eliminazione delle barriere, cioè (nella concezione degli organi comunitari) delle normative introdotte dagli ordinamenti nazionali. Che questa concezione sia errata, già dal punto di vista comunitario, è agevole intendere: la concorrenza tra professionisti non è garantita dall assenza di regole, ma è garantita se tutti i professionisti sono assoggettati a regole deontologiche severe ed efficaci, sì che si possa fornire ai clienti una prestazione effettuata con diligenza e competenza, con correttezza e indipendenza 23. Le ragioni di un approccio moderato Quello che appare certo è che oggi la questione va dibattuta alla luce di uno scenario assai mutato rispetto al passato. Continuare a sostenere che la prestazione dei professionisti intellettuali non possa essere assimilata in alcun modo alla attività imprenditoriale è privo di 23 G.Alpa, Disciplina della concorrenza e regolamentazione delle professioni liberali. La prospettiva economica, in Rivista 18 della Scuola superiore dell economia e delle finanze.
19 senso, non solo sul piano della evidenza empirica, ma su quello dei principi giurisprudenziali e delle norme sopra esaminati. Insomma, bisogna capire se le regole consegnate dalla tradizione siano ancora adeguate al mondo moderno e se esse proteggano i professionisti o i consumatori. E se quelle regole siano ancora necessarie per proteggere l interesse pubblico. Non v è dubbio però che i tratti caratteristici delle libere professioni, e la ricerca di un non semplice equilibrio fra esigenze contrapposte, richiedano una applicazione moderata e non uniforme delle regole della concorrenza. I professionisti sono dunque imprese, ma particolari, per le quali le esigenze del libero mercato devono essere contemperate con quelle di «salvaguardare gli elevati livelli morali ed etici» 24. In ragione delle eterogeneità delle professioni liberali e delle specificità dei mercati sui quali operano non si può applicare una formula generale; occorrerà valutare attentamente in ogni fattispecie se una certa restrizione di comportamento conduce in effetti ad una restrizione della concorrenza sul mercato interessato. Si dovrà inoltre valutare se le norme di concorrenza possano essere interpretate in modo da tenere conto della qualità dei servizi professionali e dell importanza di tale qualità per la società nel suo insieme 25. Alcuni punti nevralgici 24 In questo senso si è espresso il Parlamento europeo nella sua risoluzione del relativa alle tabelle degli onorari e alle tariffe obbligatorie per talune libere professioni. 25 A.Preto, Le libere professioni in Europa, Egea
20 Non resta infine che approfondire l esame delle tre principali forme di distorsione del regime concorrenziale nella disciplina delle professioni: le tariffe, la pubblicità e l esercizio in forma integrata della professione. Tutti punti ripetutamente rivisitati dal legislatore in chiave concorrenziale, e da ultimo con i provvedimenti di c.d. liberalizzazione, per l esame dei quali si rimanda allo specifico documento congressuale. Le tariffe In via generale le tariffe alterano il modello di mercato propugnato dal legislatore comunitario e basato sull applicazione del principio di concorrenza, poiché impediscono che il prezzo di un bene o servizio sia determinato liberamente dai meccanismi della domanda e dell offerta. Con riguardo alle tariffe professionali, le istituzioni comunitarie si sono pronunciate sulla loro possibile qualificazione come decisioni di associazioni di imprese, vietate ai sensi dell art. 81 Tratt. CE (già art. 85 ora art. 101 Tfue) se dirette a «impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all interno del mercato comune». Ma sia le particolarità del procedimento di formazione delle tariffe che spesso prevede la partecipazione di un organo pubblico, sia la rilevanza economico sociale delle stesse, hanno portato la giurisprudenza comunitaria ad assumere una posizione non del tutto contraria al sistema tariffario 26. Infatti dopo le iniziali decisioni della Commissione europea che, con due decisioni della metà degli anni novanta relative agli spedizionieri doganali italiani 27 e ai consulenti spagnoli in 26 Cassese E., Gnes, Professioni e concorrenza nella disciplina dell Unione europea, in Della Cananea G. (a cura di), Professioni e concorrenza, in QGDA, 2003, 8, Decisione , GUCE, , L 203,
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