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1 Cass., Sez. II, 3 febbraio 2015, n Sentenza sul ricorso proposto da: M.M., nato a (OMISSIS); avverso la ordinanza n. 76/14 in data 20/9/2014 del Tribunale di Ancona in funzione di giudice del riesame; visti gli atti, l'ordinanza e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. ROMANO Giulio, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso; udito il difensore dell'indagato,, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo Con ordinanza del 20/9/2014, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Ancona ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni nella disponibilità dell'indagato M.M. fino alla concorrenza della somma di Euro emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della stessa città in data 12/7/2014, contestualmente dichiarando l'incompetenza per territorio della A.G. di Ancona a favore del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Teramo. Il sequestro è stato imposto nell'ambito di una vasta indagine che vede coinvolti alcuni funzionari regionali addetti al rilascio di atti autorizzativi in materia di fonti alternative di energia (impianti a biogas e fotovoltaico) e alcuni imprenditori marchigiani i quali, dietro pagamento di corrispettivi di vario tipo, sarebbero stati favoriti dai primi nella fruizione in misura massima di incentivi statali previsti dal GSE (Gestore Statale Elettrico) sia in fase di realizzazione che di gestione degli impianti, mediante atti contrari ai doveri d'ufficio consistenti nella modifica della normativa regionale di riferimento in un'ottica di semplificazione delle procedure (in contrasto con i principi espressi in materia dalle direttive europee) e nel rilascio di autorizzazioni illegittime in quanto rilasciate a soggetti privi di requisiti, in allocazioni non idonee, con dimensionamenti non convenienti allo scopo, ecc. Al M. è contestato, in particolare, il reato di cui agli artt. 110, 319 e 321 cod. pen. in quanto, quale titolare della General Building S.r.l. e imprenditore interessato ad entrare nel business delle energie alternative, al fine di ottenere le AU, affette da numerose irregolarità rilasciate il 10/7/2012 a Prima Energia e il 18/7/2012 a Solenergia, cui era interessato a subentrare, avrebbe remunerato il pubblico ufficiale C.L., responsabile del procedimento, con le seguenti condotte: - assunzione della figlia del C. presso la General Building nel settembre 2010; - costruzione di due impianti fotovoltaici su un capannone di proprietà del C. in (OMISSIS).

2 Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell'indagato, deducendo: 1. Inosservanza dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), artt. 161, 163, 168 e 171 c.p.p. e art. 324 c.p.p., comma 6 per avere il Tribunale del riesame ritenuto valida la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza del 19/9/2014 all'indagato effettuata presso lo studio del difensore, pur in presenza di rituale dichiarazione di domicilio presso la propria abitazione. Nullità dell'incidente cautelare e dell'ordinanza impugnata. Manifesta illogicità della motivazione sul punto avendo ritenuto il Tribunale che tale violazione non avrebbe cagionato alcun concreto pregiudizio alla difesa. Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che il proprio assistito nell'effettuare la nomina defensionale del 22/7/2014 (depositata il 24/7/2014) aveva effettuato una regolare dichiarazione di domicilio con la conseguenza che la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale disposta ex art. 324 cod. proc. pen. presso lo studio del difensore è viziata e determinerebbe una nullità a regime intermedio. La difesa dell'indagato, del resto, con i motivi di ricorso aggiunti ha indicato le specifiche ragioni per le quali a causa di tale vizio l'indagato non aveva avuto contezza della notificazione, non potendo così partecipare all'udienza. Il Tribunale del riesame, per contro, ha sindacato la veridicità di quanto affermato dal difensore assumendo un'inerzia di questi nell'avvertire il proprio cliente. 2. Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) degli artt. 125 e 324 cod. proc. pen., art. 111, comma 6, della Carta Costituzionale per omissione della motivazione con riguardo alla denunziata nullità del decreto di sequestro per assenza di un'autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari. Mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) sul punto. Evidenzia al riguardo la difesa del ricorrente che manca nel provvedimento impugnato lo scrutinio delle ragioni addotte dalla difesa nei motivi aggiunti nella parte dei quali si erano evidenziate le particolari modalità redazionali dell'atto. Mancherebbe in particolare nell'atto genetico di sequestro un'autonoma valutazione degli elementi costitutivi del reato in contestazione all'indagato: nello stesso vengono descritti i rapporti C. - M. ma non vi è alcun accenno all'atto contrario all'ufficio che sarebbe stato posto in essere su richiesta, sollecitazione o per favorire il M. tanto è vero che nella contestazione ci si riferisce ad impianti mai realizzati la cui domanda è stata realizzata da società con cui il M. o la General Building non avevano alcuna cointeressenza rispetto a tali future iniziative imprenditoriali. Inoltre mai nel provvedimento impugnato vi è un solo riferimento alla consapevolezza del M. rispetto a tali irregolarità nè a contatti tra il M. ed i richiedenti per il futuro acquisto di dette autorizzazioni. Detta motivazione sarebbe quindi del tutto carente sia con riguardo al fumus delicti che con riguardo al danno. Il provvedimento sarebbe, infine, carente anche sotto il profilo del collegamento funzionale tra il prezzo della corruzione oggetto, poi, del sequestro (Euro , quale costo dei due mini impianti fotovoltaici) e le condotte addebitate ai pubblici ufficiali. 3. Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) degli artt. 125 e 324 cod. proc. pen., art. 111, comma 6, della Carta Costituzionale per omissione della motivazione con riguardo all'omessa trasmissione al Tribunale del riesame della totalità degli atti di indagine sottoposti al Giudice per le indagini preliminari per ottenere il sequestro impugnato ex art. 309 c.p.p., comma 10 e art. 324 c.p.p., comma 7. Manifesta illogicità della motivazione sul punto. Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che, sulla base della mera comparazione tra l'indice del fascicolo delle indagini preliminari e gli atti trasmessi al Tribunale del riesame mancano nella trasmissione degli atti circa pagine delle complessive.

3 Il Tribunale nel rispondere alla questione avrebbe comunque deviato dalla sua finalità che, a detta di parte ricorrente, non aveva nulla a che vedere con quanto è stato reso disponibile per la difesa, bensì con la necessità di accertare, senza margini di discrezionalità, che quanto costituiva il compendio della attività di indagine alla data della richiesta di sequestro e trasmesso al Giudice per le indagini preliminari fosse il medesimo materiale poi inviato al Tribunale del riesame. 4. Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) degli artt. 335 e 407 cod. proc. pen. in relazione alla tardiva iscrizione del nominativo del L. (rectius: del M.) al REGE e conseguente inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente al 26/10/2013. Obbligo del Giudice di verificare la data di iscrizione del nominativo dell'indagato al REGE. Manifesta illogicità della motivazione sul punto. Questione subordinata di illegittimità costituzionale. Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che il nominativo del M. è stato iscritto nel registro Mod. 21 il 12/2/2014. In realtà, secondo la difesa, il nominativo del M. e l'esistenza di un rapporto asseritamente illecito con il C., per il fatto di averne assunta la figlia presso la General Building S.p.a. è stato addirittura esternato dai Pubblici Ministeri nel decreto di perquisizione e sequestro emesso in data 11/3/2013 ed è quindi incontestabile come in tale data la persona del M. fosse già entrata nell'orbita della Pubblica Accusa tanto da farne ostensione in un atto processuale. In tale contesto sarebbe evidente l'abnormità del ritardo nell'iscrizione alla luce dell'inequivoco tenore dell'art. 335 cod. proc. pen.. In relazione a ciò, l'intervenuta pronuncia delle Sezioni Unite sul punto avrebbe comportato lo svuotamento del dettato normativo. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 306 del 22/7/2005 nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sul punto aveva tracciato una via interpretativa del combinato disposto delle norme in esame con particolare riguardo all'individuazione del dies a quo dal quale far decorrere il termine di durata delle indagini preliminari. Tuttavia l'intervenuta decisione delle Sezioni Unite che ha fissato una linea guida decisionale per i Giudici di merito e di legittimità riapre i termini della questione. Chiede, pertanto, la difesa del ricorrente che qualora questa Corte Suprema non ritenga di accogliere il rilievo riguardante la retrodatazione del momento di iscrizione del nominativo del M. nel registro degli indagati, voglia sospendere il procedimento sollevando questione di legittimità costituzionale dell'art. 335 c.p.p., comma 1, art. 405 c.p.p., comma 2, e art. 191 cod. proc. pen. in relazione all'art. 3, art. 24, comma 2, e art. 111 comma 1 della Carta Costituzionale. 5. Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), degli artt. 125, 321, e 324 cod. proc. pen., art. 111, comma 6, della Carta Costituzionale per omissione della motivazione con riguardo alla carenza del fumus delicti. Mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) sul punto. La decisione impugnata, secondo la difesa del ricorrente, non ha proceduto alla confutazione degli innumerevoli argomenti difensivi offerti a discarico e, in alcuni casi, risultanti dagli atti pubblici contenuti negli atti di indagine. In particolare il Tribunale avrebbe omesso di motivare sui seguenti profili: a) negli atti si è prospettato un concorso di cinque persone nel reato ma agli atti non è stata neppure prospettata la semplice conoscenza tra i presunto corruttore M. ed i signori R. e S. con la

4 conseguenza che non è ipotizzarle l'esistenza dell'elemento oggettivo del reato: la corruzione di due pubblici ufficiali per favorire soggetti che non si conoscono neppure; b) non è ipotizzabile il dolo di concorso di tutti i soggetti nel reato; c) i rapporti tra il M. e l'altro presunto corrotto c.. In sostanza mancherebbe ogni riscontro al "cuore" dell'accusa e cioè dei presunti favoritismi nelle pratiche delle società Prima Energia e Solenergia e la sfera giuridica del M., situazione sulla quale il Tribunale non ha svolto osservazioni di sorta. Anche ipotizzando che il C. avesse ricevuto l'utilità di Euro , senza coinvolgimento alcuno del c. nella vicenda, non è stato allegato alcun indizio che supportasse la tesi del collegamento tra detta dazione e le illegittimità rilevate nella concessione delle autorizzazioni alle società sopra indicate. Trattasi di fatti soggettivamente ed oggettivamente scollegati. Ma anche su tale aspetto il Tribunale è rimasto silente. In ogni caso la cessione degli impianti fotovoltaici è stata regolarmente fatturata e contabilizzata sin dal In data 15/1/2015 la difesa del ricorrente ha depositato nella Cancelleria di questa Corte una memoria difensiva. Nella stessa vengono innanzitutto ribadite le argomentazioni del primo motivo di ricorso. Tuttavia il ricorrente vi aggiunge alcune osservazioni riguardanti una recente sentenza, la n /14 di questa Sezione secondo la quale si è ritenuto che all'indagato non è dovuto l'avviso di cui all'art. 324 c.p.p., comma 6, ove non abbia sottoscritto il ricorso in esame ciò in quanto tale decisione si porrebbe in contrasto con una decisione assunta dalle Sezioni Unite di questa Corte nell'anno 2000 nonchè dalla giurisprudenza successiva in materia. Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso relativo alla erroneità della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale all'indagato si presenta fondato e quindi, vista la sua pregiudizialità, assorbente rispetto agli altri. Il Tribunale del riesame ha dato correttamente atto del fatto che l'indagato aveva dichiarato tempestivamente e formalmente il domicilio per la notificazione degli atti ma che l'avviso di fissazione dell'udienza è stato notificato al M. non presso tale domicilio ma presso lo studio del difensore il quale ha, a sua volta, tempestivamente eccepito il vizio della notifica. Tuttavia, facendo richiamo ad un arresto giurisprudenziale di questa Corte Suprema (Sez. 6 Penale, sent. n del 21/5/2013), il Tribunale ha ritenuto di risolvere la questione ritenendo che il difensore non ha adempiuto al dovere di indicare il concreto pregiudizio derivato dalla mancata conoscenza dell'atto stesso. Lo stesso Tribunale ha dato atto che il difensore dell'indagato ha dato atto delle ragioni per la quali, causa le ferire estive anche del personale dello studio, non ha potuto comunicare tempestivamente al proprio assistito (che non vi ha partecipato) la data dell'udienza innanzi al Tribunale del riesame ma ha ritenuto che le deduzioni difensive "non appaiono affatto convincenti" avendo comunque avuto il difensore il tempo di comunicare tempestivamente nei termini di legge la data dell'udienza al proprio assistito. Il tutto con la conseguenza che la notifica, benchè irregolarmente effettuata, non avrebbe portato alcun nocumento al diritto di difesa della

5 parte, essendo stato comunque "sicuramente" rispettato il termine di conoscenza della data di udienza previsto dalla legge. In realtà appare ictu oculi evidente che quella formulata dal Tribunale è una mera supposizione priva di qualsivoglia elemento probatorio al riguardo. Tale modo di ragionare finisce, infatti, per svilire il senso delle notificazioni all'indagato/imputato presso il domicilio dichiarato o eletto perchè qualora si ritenesse che la notifica è comunque regolare se effettuata presso lo studio del difensore di fiducia si imporrebbe al difensore, al fine di ritenere la nullità della notifica (e degli atti conseguenti), di fornire una dimostrazione negativa che consisterebbe nel non aver potuto dare al proprio assistito tempestivo avviso della data di fissazione dell'udienza. In sostanza si imporrebbe al difensore di fiducia un onere che non gli compete. Del resto un'attenta lettura della decisione della Suprema Corte citata dallo stesso Tribunale del riesame consente di porre all'evidenza come il fatto preso in esame in occasione di detta decisione riguardava "la nullità, derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia, anzichè nel domicilio dichiarato o eletto dall'imputato" ed in relazione al quale questa Corte ha precisato che detta nullità "deve ritenersi sanata quando...risulti provato che non ha impedito all'imputato di conoscere l'esistenza dell'atto e di esercitare il diritto di difesa". Ora, nel caso in esame ciò non risulta affatto "provato" e le mere supposizioni dei Giudici di merito non appaiono certo idonee a sanare detto vizio. Sull'ulteriore presupposto che "nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali la persona nel cui interesse l'impugnazione è stata proposta ha diritto alla notificazione dell'avviso d'udienza ancorchè la richiesta sia stata sottoscritta unicamente dal difensore; l'omissione di tale formalità, che è finalizzata all'instaurazione del contraddittorio, determina, ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., la nullità assoluta ed insanabile del procedimento e dell'ordinanza conclusiva" (Cass. Sez. U, sent. n. 29 del 25/10/2000, dep. 10/11/2000, Rv ) si può affermare che poichè quella correttamente eccepita è una nullità inerente l'instaurazione del contraddittorio, la stessa travolge il provvedimento impugnato nella sua totalità e non consente di valutare gli ulteriori motivi di doglianza riguardanti il provvedimento stesso. Gli atti vanno quindi restituiti al Tribunale di Ancona per un nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Ancona per nuovo esame. Così deciso in Roma, il 21 gennaio Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2015

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