7.1 Differenze con la donazione condizionata. Dalla donazione modale deve essere tenuta distinta la donazione sottoposta a condizione risolutiva.

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1 CAPITOLO VI vitiatur sed non viziat. 7.1 Differenze con la donazione condizionata. Dalla donazione modale deve essere tenuta distinta la donazione sottoposta a condizione risolutiva. La sentenza Al rigurado, i giudici di legittimità hanno precisato che, mentre nella donazione modale l onere posto in capo al donatario configura una vera e propria obbligazione, con conseguente rilevanza dell indagine in merito all imputabilità o meno dell inadempimento del donatario, in forza dei principi generali in materia di obbligazioni, nella donazione condizionata l avveramento dell evento futuro e incerto previsto dalle parti come condizione risolutiva produce effetti a prescindere da ogni indagine sul comportamento colposo o meno dei contraenti in ordine al verificarsi dell evento stesso, tenuto conto che nella disciplina delle condizioni del contratto non possono trovare applicazione i principi che regolano l imputabilità in materia di obbligazioni (Cass., Sez. Un., 11 aprile 2012, n. 5702). SEZIONE III LA DONAZIONE INDIRETTA SOMMARIO: 8. Nozione di donazione indiretta Negotium mixtum cum donatione Donazione indiretta e simulazione Intestazione di beni in nome altrui. 8. Nozione di donazione indiretta. La categoria delle liberalità atipiche o indirette trova fondamento normativo nell art. 809 c.c. (concernente le liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione) e nell art. 737 c.c. (nella parte in cui individua l oggetto della collazione in ciò che si è ricevuto per donazione direttamente o indirettamente ). Dibattito dottrinale Tale categoria, secondo un orientamento dottrinale, rappresenta il genus nel quale confluiscono tutti quegli atti che, pur non formalizzati attraverso lo strumento della donazione, realizzano parimenti lo stesso intento di liberalità (arricchimento altrui con contestuale depauperamento dell autore). In tale ambito, si collocano, in rapporto di species ad genus, le donazioni indirette, nonché altri atti che procurano un arricchimento diverso rispetto alla donazione. Secondo un diverso orientamento dottrinale, liberalità atipiche e donazioni indirette rappresentano espressioni sostanzialmente equivalenti. Il concetto di donazione indiretta si ricava per esclusione, comprendendo tutte le liberalità che non si possono qualificare come donazione diretta. La donazione indiretta consiste nella liberalità che viene posta in essere, anziché attraverso la donazione tipica, mediante un negozio oneroso che produce, insieme all effetto tipico che gli è proprio, anche l ulteriore effetto, animo donandi, dell arricchimento senza corrispettivo del destinatario della liberalità. La donazione indiretta, pertanto, si caratterizza non per l effetto finale che dalla stessa deriva, bensì per il mezzo utilizzato per conseguire il fine di liberalità: in caso di 210

2 LE LIBERALITÀ TRA VIVI donazione diretta il mezzo utilizzato è il contratto di donazione ex art. 769 c.c., mentre in caso di donazione indiretta il mezzo utilizzato è un negozio giuridico apparentemente diverso, il quale persegue detto fine indirettamente, come uno scopo ulteriore e diverso rispetto alla causa propria del negozio astratto. Anche la donazione indiretta, pertanto, rinviene la sua causa, alla medesima stregua della donazione diretta, nell animus donandi. L inquadramento dogmatico delle fattispecie di liberalità indirette è al centro di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Dibattito dottrinale Una prima tesi, largamente diffusa, riconduce tutte le ipotesi di donazione indiretta alla categoria dogmatica generale del negozio indiretto. Un secondo orientamento ritiene che solo alcuni dei negozi indicati come donazioni indirette possano qualificarsi come negozi indiretti: ne sarebbe esclusa, in particolare, l ipotesi del negotium mixtum cum donatione, da ricondurre alla diversa categoria del negozio misto. Un terzo orientamento nega recisamente che le donazioni indirette siano negozi indiretti a scopo di donazione, poiché, ad esempio, nei negozi conclusi non direttamente con il donatario, ma con un terzo (il contratto a favore di terzi, il pagamento, a scopi di liberalità del debito altrui, ecc.) non ricorrono scopi ulteriori, indiretti rispetto alla funzione oggettiva del negozio, e il risultato della liberalità deriva direttamente dal negozio medesimo. L importanza di tale inquadramento dogmatico risiede nel fatto che la disciplina giuridica del negozio indiretto rimane quella del negozio tipico adottato (negozio-mezzo), anche se nella volontà delle parti è mero strumento o, appunto, mezzo per il raggiungimento di scopi ulteriori, rispetto ai quali lo scopo tipico del negozio adottato non è che un presupposto, un punto di passaggio. Ne consegue che non trova applicazione l art. 782 c.c., il quale prescrive per la donazione diretta l atto pubblico quale forma ad substantiam del contratto. Per quanto riguarda la forma, la giurisprudenza ha costantemente affermato che, per la validità delle donazioni indirette, è sufficiente l osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità. La non necessità della forma solenne trova conferma nell art c.c. in tema di rendita vitalizia a favore di un terzo e nella disciplina in tema di assicurazione sulla vita a favore di un terzo. Nel primo caso, la giurisprudenza ha statuito che la convenzione con cui una parte a titolo di corrispettivo - si obbliga a corrispondere una determinata somma mensile all altra parte, fino al decesso di costui e, successivamente, una rendita in denaro ad un terzo, vita natural durante, sottoposta alla condizione risolutiva del suo eventuale matrimonio, si configura come costituzione di rendita vitalizia onerosa - con costituzione di un vitalizio successivo - e come donazione indiretta, nella parte in cui è assicurata la rendita al terzo. Nel secondo caso, occorre chiarire che oggetto della donazione sarebbe il premio pagato all assicurazione e non l indennità pagata all assicurato, come sembra evincersi dall art. 741 c.c., che impone l obbligo della collazione di quanto il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per soddisfare premi relativi ai contratti di assicurazione sulla vita a loro favore e dall art. 1923, comma 2, c.c. il quale dispone che sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione, all imputazione ed alla riduzione delle donazioni. 211

3 CAPITOLO VI Si è ritenuto che l accordo attraverso cui un soggetto assuma per spirito di liberalità il debito di altro soggetto verso un terzo non integra una donazione tipica, non verificandosi a vantaggio del debitore alcun arricchimento, che potrebbe conseguire solo alla liberazione propria dell accollo privato ex. art. 1273, comma 2, c.c., ma realizza tuttavia una donazione indiretta, ad effetti obbligatori. Nella delegazione di pagamento, qualora non sussista alcun rapporto obbligatorio tra delegante e delegato, si versa in un ipotesi di delegazione c.d. allo scoperto. In tale fattispecie, l atto solutorio posto in essere dal delegato nei confronti del delegatario si qualifica nei confronti del delegante o come mutuo o come atto di liberalità o come mandato. Se manca un corrispettivo o altro elemento di utilità per il delegato si tratta di donazione indiretta, in quanto tale revocabile in caso di fallimento del donante, ai sensi dell art. 64 della legge fallimentare. La donazione indiretta si configura anche in caso di rinunzia abdicativa, a condizione che sussista tra la rinunzia e l arricchimento un nesso diretto di casualità. La divisione, consapevolmente effettuata in parti disuguali per avvantaggiare alcuni condividenti, realizza un ipotesi di donazione indiretta. Si ravvisa una donazione indiretta nel mandato ad amministrare conferito a un soggetto con l obbligo di versare le rendite o altre somme di denaro ad altro soggetto. È altresì considerata una modalità mediante la quale si realizza una donazione indiretta il mandato irrevocabile, specie se conferito nell interesse del mandatario o di un terzo e tale interesse non trovi giustificazione in un preesistente rapporto giuridico di tali soggetti con il mandante. Costituisce una donazione indiretta il contratto a favore del terzo (art c.c.), laddove la prestazione o l attribuzione patrimoniale dedotta in contratto venga effettuata da una parte (promittente) a favore del terzo (beneficiario), per volontà dell altra parte (stipulante) connotata da spirito liberale (e non, come pure potrebbe essere, dalla volontà di estinguere una precedente obbligazione o di obbligare la controparte all esecuzione di una controprestazione) Negotium mixtum cum donatione. Nel negotium mixtum cum donatione la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo è posto in essere per raggiungere in via indiretta - attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive - una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella di scambio, consistente nell arricchimento (per puro spirito di liberalità) del contraente che riceve la prestazione di maggior valore. Il negozio realizza per detta via una donazione indiretta, e come tale non è soggetto alla forma dell atto pubblico. Su un piano generale, si afferma che il procedimento volto a qualificare un negozio come mixtum cum donatione presuppone in primis la ricerca e l individuazione della comune volontà dei contraenti, tenendo conto che il nomen juris formalmente attribuito al contratto non assume alcuna rilevanza decisiva, né vincola il giudice nella qualificazione del contratto. La natura giuridica del negotium mixtum cum donatione è oggetto di diverse ricostruzioni teoriche. 212

4 LE LIBERALITÀ TRA VIVI Dibattito dottrinale Una prima tesi, ormai risalente, ravvisa nella donazione mista una fattispecie scindibile in due alienazioni contestuali, ma distinte: una a titolo oneroso, per la quota ideale del bene per cui era stato pattuito il corrispettivo; l altra a titolo gratuito, per la parte del bene eccedente tale «copertura», volta ad arricchire parzialmente l acquirente-donatario. Corollari applicativi di tale orientamento sono: a) l operatività delle norme proprie della donazione quanto a obbligo della collazione, riduzione per lesione della legittima, revoca per ingratitudine e per sopravvenienza di figli; b) assoggettabilità - per la quota di bene che è stata venduta - al regime giuridico della vendita quanto ad azione di rescissione e responsabilità dell alienante per evizione in caso di dolo; c) per quanto attiene alla forma dell atto contrattuale che racchiude l intera operazione, si ritiene necessario l atto pubblico poiché, accettando una tesi più liberale, si renderebbero illusorie le garanzie con cui il legislatore «ha inteso circondare la determinazione volitiva del donante». L orientamento in esame non appare convincente, perché scompone il negotium mixtum cum donatione in due atti, quando in realtà il disponente non esegue due distinte prestazioni ma, semmai, attribuisce all acquirente-donatario, a diverso titolo, parti ideali dell unica prestazione, di modo che, in definitiva, il negozio in esame risulta anch esso unico. Tale è la ragione per cui, accantonata la tesi in esame, dottrina e giurisprudenza considerano il negotium mixtum cum donatione come un negozio unitario. Nell ambito della tesi dell unitarietà negoziale, un primo orientamento riconduce la fattispecie in esame alla categoria del contratto misto (con commistione di più elementi di diverse fattispecie tipiche rispetto alla causa negoziale), mentre un secondo orientamento, più recente, a quella del negozio indiretto. Secondo la tesi oggi prevalente, la fattispecie del contratto commutativo misto a donazione rientrerebbe nello schema del negozio indiretto, poiché il primo viene a costituire il tramite necessario per realizzare il fine di liberalità perseguito dalle parti, ponendosi in funzione strumentale rispetto a questo. Da tale assunto ricostruttivo discende che la forma contrattuale è quella propria del negozio adottato, sia perché il negozio indiretto costituisce un espressione dell autonomia privata, sia perché la correttezza di tale conclusione trova conferma, con riguardo alle donazioni indirette, nel dato normativo contenuto nell art. 809 c.c. il quale, nell individuare quali norme (cc.dd. materiali) sulle donazioni si applicano agli atti di liberalità diversi dallo schema negoziale tipico di cui all art. 769 c.c. (contratto di donazione), non richiama l art. 782 c.c., che prescrive la specifica forma dell atto pubblico, bensì esclusivamente le norme che regolano la revocazione, la riduzione delle donazioni e la collazione. Siffatta conclusione ha di recente ricevuto l avallo delle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 12 giugno 2006 n , le quali hanno espressamente statuito che per il negotium mixtum cum donatione non è necessaria la forma dell atto pubblico richiesta per la donazione diretta, essendo, invece, sufficiente la forma dello schema negoziale adottato, senza far menzione del criterio della c.d. prevalenza Donazione indiretta e simulazione. La differenza fra donazione indiretta e donazione simulata consiste nel fatto che mentre nella prima il negozio apparente, cui la liberalità viene immediatamente a collegarsi, è effettivamente voluto e concluso, nella seconda il negozio apparente non corrisponde alla reale volontà delle parti, le quali si limitano a dare parvenza di un rapporto oneroso all effettiva liberalità che intendono porre in essere Intestazione di beni in nome altrui. Si è già evidenziato come la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito, che è quello di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall ordinamento, e può essere costituito anche da più 213

5 214 CAPITOLO VI negozi tra loro collegati. Oltre ai casi già esaminati in precedenza, altri meccanismi atti a realizzare lo scopo in questione impiegati nella prassi sono: la donazione diretta di denaro, gravata dall onere di acquistare un determinato bene; la stipula del contratto di acquisto nella veste di mandatario, di gestore o, in genere, di rappresentante, con successiva rinuncia, a titolo di liberalità, a ripetere quanto effettivamente pagato; la stipula di un contratto a favore di terzo, in cui le parti del negozio sarebbero il venditore e lo stipulante, in veste di autore della liberalità; il collegamento tra due distinti negozi, uno a titolo oneroso (la vendita, stipulata dal donatario in nome proprio) e uno a titolo di liberalità, consistente nel pagamento di un debito altrui (il prezzo dovuto dal donatario) o nell assunzione dell obbligazione di pagarlo da parte del donante. In tutti questi casi si pone il problema di verificare quale sia l oggetto della donazione, e ciò al duplice scopo di individuare la forma richiesta per il contratto e l oggetto delle azioni di revocazione, collazione e riduzione. L alternativa qualificatoria è tra una donazione diretta o indiretta di denaro e una donazione indiretta dell immobile, che fa salvo l acquisto anche in difetto della forma dell atto pubblico e che individua nell immobile, e non già nel danaro impiegato per acquistarlo, l oggetto della disciplina di cui agli artt. 737 e 809 c.c. (revocazione, collazione e riduzione). In particolare, in quest ultimo caso, qualora si acceda alla costruzione unitaria della donazione indiretta, si deve ritenere che l effetto finale dell intenzione del donante è la liberalità del bene. È utile tracciare le diverse fasi dell excursus giurisprudenziale sul tema. Orientamenti giurisprudenziali Nel lontano 1949, la Suprema Corte ha inaugurato l orientamento secondo cui oggetto della collazione è ciò che fuoriesce dal patrimonio del donante (e, dunque, il denaro). La necessità di superare la disparità di trattamento tra i coeredi, e quindi tra chi doveva collazionare una somma di denaro soggetta al principio nominalistico e chi invece doveva conferire un immobile o imputare alla propria quota il valore corrispondente, ha indotto la Suprema Corte dapprima ad eccepire la pretesa illegittimità costituzionale dell art. 751 c.c. per contrasto con l art. 3 Cost., successivamente ad operare un deciso revirement. La seconda fase prende le mosse appunto dallo storico revirement operato dalla Suprema Corte con la sentenza 31 gennaio 1989, n. 596, la quale segna il definitivo abbandono della tesi formalistica tradizionale a favore dell impostazione sostanzialistica che individua l oggetto dell attribuzione non tanto in ciò che fuoriesce dal patrimonio del disponente, ma in ciò di cui quest ultimo abbia inteso arricchire il beneficiario, e che questi ha conseguito (e, dunque, nell immobile). L imprimatur a tale ricostruzione è stato dato dalle Sezioni Unite, con la sentenza 5 ottobre 1992, n In tale sede, il Supremo Consesso, dopo aver distinto l ipotesi della donazione diretta del denaro - in quanto tale - da quella del denaro elargito dal donante quale mezzo per l acquisto dell immobile in capo al figlio, chiarisce che: - quando il denaro è stato donato come tale, l oggetto della collazione non può che essere il denaro stesso, che costituisce il bene di cui il genitore ha inteso beneficiare il figlio ; il successivo reimpiego della somma ricevuta non ha ovviamente rilievo, essendo estraneo alla previsione del donante ; - nel caso, invece, del denaro dato al precipuo scopo dell acquisto immobiliare, stante il collegamento eziologico tra elargizione del denaro paterno e acquisto dell immobile da parte del figlio, non pare possa revocarsi in dubbio che [ ] si sia in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso

6 LE LIBERALITÀ TRA VIVI immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto, per nulla rilevando il complesso procedimento che il donante ha inteso adottare per ottenere il risultato della liberalità (se, quindi, abbia pagato direttamente all alienante o donato la somma al figlio perchè procedesse all acquisto; con o senza la stipulazione in proprio nome di un contratto preliminare con il proprietario dell immobile). Alle obiezioni sollevate dalla tesi formalistica, le Sezioni Unite replicano rilevando che trattandosi di donazione indiretta (in quanto è tale ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da fine di liberalità e abbia lo scopo e l effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario) e dovendo aversi riguardo all arricchimento del beneficiario, che è lo scopo voluto dal donante, è riduttiva l affermazione che in effetti il beneficiario si è arricchito del solo bene uscito dal patrimonio del donante, ossia del denaro impiegato nell acquisto. Questa corrispondenza si riscontra certamente nella donazione diretta del bene, mentre nella donazione indiretta l arricchimento del beneficiario ben può essere effetto di un negozio che questi ha concluso con un terzo; nel nostro caso con il venditore, rientrando in questo caso la vendita nel complesso procedimento di attuazione della donazione indiretta. - Tale impostazione è riproposta dalle successive sentenze della Suprema Corte e, segnatamente, in tempi recenti, dalla sentenza 24 febbraio 2004, n In quest ultima, si ribadisce che si deve distinguere l ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal beneficiario in un acquisto immobiliare con propria autonoma e distinta determinazione, nel qual caso oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisca il denaro quale mezzo per l acquisto dell immobile, che costituisce l unico specifico fine, se pur mediato, della donazione. Ciò che conta, in definitiva, è verificare quale sia l oggetto dell animus donandi, a prescindere dal meccanismo negoziale in concreto adoperato. Il fenomeno è identico nel caso in cui il promissario acquirente di un contratto preliminare di compravendita sostituisca altri a sé nella stipula del contratto definitivo, fornendo il denaro necessario per l acquisto. Anche in tale ipotesi, la Cassazione ha ravvisato un atto di disposizione indiretta dell immobile e non già del denaro, stante l intimo collegamento tra il preliminare e il contratto definitivo. In definitiva, il nuovo orientamento giurisprudenziale, sviluppatosi intorno al fenomeno dell intestazione di beni in nome altrui, ripudia l impostazione formalistica valida per la donazione diretta (secondo cui oggetto della liberalità può considerarsi solo ciò che è effettivamente fuoriuscito dal patrimonio del donante) e attribuisce rilievo alla valutazione sostanziale del collegamento negoziale tra la messa a disposizione del denaro e il successivo acquisto dell immobile. 215

7 CAPITOLO VI LE TRACCE 1. Esaminati i caratteri distintivi della donazione, si esamini la figura della donazione di beni futuri e della donazione di beni altrui 2. Si analizzino le differenze intercorrenti tra donazione remuneratoria, obbligazione naturale e liberalità d uso 3. La donazione modale e la donazione indiretta 216

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