Cosmologia. Alessandro Marconi

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1 Cosmologia Alessandro Marconi Dipartimento di Fisica e Astronomia Università di Firenze Appunti per il corso di Cosmologia (A.A. 2015/2016), basati in gran parte sul libro di Malcolm Longair Galaxy Formation, Springer Editore (seconda edizione, 2008) Laurea Magistrale in Scienze Fisiche e Astrofisiche Scuola di Scienza Matematiche Fisiche e Naturali Università di Firenze Dispense e presentazioni disponibili all indirizzo: marconi Contatti: alessandro.marconi@unifi.it Ultimo aggiornamento: 7 marzo 2017

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3 Capitolo 1 Introduzione La Cosmologia studia la struttura e l evoluzione dell Universo osservabile utilizzando le leggi della Fisica così come sono state dedotte dalle esperienze condotte sulla Terra. Non esistono indicazioni che queste leggi debbano essere valide su grandi scale, ovvero su scala cosmica. La Cosmologia è quindi anche un modo per verificare le leggi della Fisica in un contesto spaziale (e temporale) molto più ampio di quello in cui sono state dedotte. La Cosmologia ha una particolarità molto importante rispetto agli altri rami della Fisica: non è possibile riprodurre le misure, ovvero ripetere le misure su altri sistemi fisici simili a quello oggetto di studio. L Universo è unico e gli altri Universi, se anche esistessero, non sarebbero osservabili. Pertanto non considereremo mai alcuna proprietà dell Universo come tipica. Le osservazioni in Cosmologia sono estremamente di cili perchè la gran parte dell Universo è estremamente distante: le sorgenti sono molto deboli. Questo spiega perchè la nostra conoscenza dell Universo si sia sviluppata in parallelo con lo sviluppo dei grandi telescopi e di rivelatori sempre più sensibili. La nostra conoscenza attuale è fondata sui telescopi della classe degli 8 metri, e sui satelliti di ultima generazione in X, infrarosso e sub-millimetrico. La caratteristica più importante delle osservazioni cosmologiche è la velocità finita della luce: quando osserviamo una sorgente a distanza D, la osserviamo in uno stadio evolutivo in cui era più giovane di adesso di un tempo pari a t pd{cq. Quindi possiamo osservare lo stato attuale dell universo solo localmente. Però, sempre grazie alla velocità finita della luce, è possibile osservare nel passato. Alla distanza di 10 miliardi di anni luce, le galassie sono osservate in uno stadio evolutivo in cui avevano meno di un terzo dell età attuale. Pertanto, anche se non potremo mai studiare il passato di una galassia come la Via Lattea, potremo però identificare galassie simili alla Via Lattea ma in stadi evolutivi diversi. Supponiamo di essere in uno spazio Euclideo (in cui lo spazio è descritto dalla geometria basata sui postulati di Euclide); se siamo collocati nell origine ~x 0altempoattuale t t 0, allora possiamo solo osservare eventi nello spazio tempo per i quali ~x cpt 0 tq. Non è possibile quindi osservare un evento arbitrario p~x, tq nello spazio tempo. Il fatto di poter osservare solo sorgenti collocate nel nostro cono di luce passato implica che le nostre possibilità di osservare l universo sono estremamente limitate. Pertanto, noi saremo in grado di comprendere la struttura dell Universo combinando osservazioni e modelli teorici solo se questa è molto semplice. Fortunatamente, sembra proprio che sia così. Le osservazioni fondamentali su cui costruiremo il modello di universo sono:

4 4 Introduzione l esistenza di una radiazione cosmica di fondo nelle microonde (Cosmic Microwave Background, CMB) con intensità incredibilmente omogenea e isotropa; lo spettro della CMB è quello di un corpo nero con T K con fluttuazioni dell ordine di T {T 10 5 ; su grandi scale, le galassie sono distribuite in cielo in modo omogeneo ed isotropo; gli spettri delle galassie presentano un redshift (spostamento verso il rosso delle righe spettrali), che è proporzionale alla distanza della galassie stesse (legge di Hubble). Tra poco descriveremo più in dettaglio queste osservazioni, il loro significato fisico e come giustifichino l assunzione di un universo omogeneo ed isotropo su grande scala, in cui non siamo osservatori particolari. Quest ultima assunzione è nota come Principio Cosmologico. Il Principio Cosmologico, combinato con le equazioni della Relatività Generale (ovvero con un trattamento rigoroso della gravità), ci condurrà alle Equazioni di Friedmann, che descrivono l evoluzione temporale di un universo in espansione. Un universo in espansione è la naturale spiegazione della legge di Hubble e del paradosso di Olbers, ovvero l apparente paradosso che si ha quando si combina l ipotesi di un universo infinito nello spazio e/o nel tempo con l osservazione che il cielo di notte è buio. L età dell universo che si ottiene dalle Equazioni di Friedmann è dell ordine di 1{H 0 ovvero 14 Gyr per H 0 70 km s 1 Mpc 1 ; questo è proprio dell ordine del valore giusto per spiegare le età degli ammassi globulari, ovvero delle stelle più vecchie note ( 12 Gyr). Vedremo poi come l universo in espansione porti naturalmente all esistenza del Big Bang cioè dell istante iniziale in cui le dimensioni dell universo erano infinitesime. Un universo più piccolo di quello di adesso aveva anche una temperatura maggiore; negli istanti iniziali questa temperatura era su cientemente alta da indurre reazioni di fusione nucleare che hanno portato principalmente alla produzione di elementi come He ed altri elementi leggeri nelle abbondanze osservate ( 20 30% in massa). Questa nucleosintesi primordiale risolve un grosso problema legato al fatto che tali abbondanze osservate non sono spiegabili con le reazioni nucleari all interno delle stelle. Seguendo l espansione ed il ra reddamento dell universo, vedremo come ad un certo punto si avrà la ricombinazione con il passaggio da un universo ionizzato ad un universo prevalentemente neutro (p ` e Ñ H); la ricombinazione porta al disaccoppiamento della materia dall equilibrio termodinamico con la radiazione e lascia una radiazione fossile che costituisce proprio il fondo cosmico a microonde. Quanto appena descritto è basato sulle equazioni di Friedmann che descrivono un universo omogeneo ed isotropo, ovvero l universo su grandi scale spaziali. Su piccole scale invece è necessario spiegare la formazione delle strutture osservate (galassie ed ammassi di galassie). Queste si formano a partire da piccole perturbazioni del mezzo omogeneo che evolvono sotto l azione combinata dell espansione dell universo e del collasso gravitazionale. Un risultato importante che otterremo è che il contrasto di densità { cresce come 9 t 2{3 in un universo piatto con m 1. Questo significa che per spiegare l esistenza delle galassie osservate oggi si doveva partire da perturbazioni grandi, dell ordine di { 10 4 alla ricombinazione: queste non sono certamente perturbazioni infinitesime di origine statistica in un mezzo omogeneo. Queste perturbazioni devono aver avuto origine nell universo primordiale pre-ricombinazione. Fortunatamente, le perturbazioni dell ordine di { 10 4 sono proprio quelle che osserviamo nella radiazione cosmica di fondo, quando teniamo conto della materia oscura.

5 5 Infatti, vedremo come la materia oscura (Dark Matter) siauncostituentefondamentale dell universo, necessario a spiegare le strutture osservate, anche se al momento non sappiamo da cosa sia costituita. Infine, nei modelli attuali, l universo è costituito anche da una forma di energia oscura la cui presenza è rivelata dall esistenza di una costante cosmologica non nulla nelle equazioni di Einstein. Una costante cosmologica non nulla è richiesta dall analisi del fondo cosmico e dalle distanze misurate con le Supernovae. La costante cosmologica era stata introdotta da Einstein per ottenere una soluzione statica delle equazioni di Friedmann, prima che si scoprisse l espansione di Hubble. Vedremo quindi come il contributo di materia ed energia oscura al bilancio energetico dell universo costituisce il 96% del totale, mentre la materia ordinaria barionica ne costituisce solo il restante 4%. Ciò significa che, al momento, non sappiamo bene cosa costituisca il 96% dell universo. Nonostante l attuale ignoranza sulla natura della materia oscura e dell energia oscura, le osservazioni e gli studi teorici degli ultimi venti anni hanno permesso di entrare nell era della cosiddetta Cosmologia di precisione : i parametri cosmologici sono conosciuti con accuratezza inferiore al 5% ed è possibile a rontare domande cosmologiche molto più profonde con le generazioni presenti e future di osservazioni ed esperimenti. Il modello cosmologico attuale riesce a spiegare con grande accuratezza le osservazioni e riesce a conciliare fatti prima in apparente disaccordo: pertanto si parla comunemente di Concordance Model. Nonostante l indubbio successo, il concordance model crea tanti problemi quanti ne risolve. Lo schema è incompleto nel senso che, nell ambito del modello standard, è necessario mettere a mano le condizioni iniziali per creare l universo che osserviamo oggi. Come si è arrivati a queste condizioni iniziali? La risposta a questa domanda e la soluzione dei problemi aperti indubbiamente ci fornirà una maggiore comprensione delle leggi della fisica in condizioni che, al momento, possono essere studiate solo con osservazioni cosmologiche. I problemi aperti più importanti riguardano: Il problema dell orizzonte, ovvero perché l Universo è così omogeneo e isotropo? Nell universo primordiale solo piccole porzioni di universo sono connesse causalmente tra loro a seguito del poco tempo per il quale la luce ha potuto viaggiare. Perché allora tutto l universo si trova in condizioni simili, come indicato dalla sua omogeneità eisotropia? Il problema della piattezza: se l universo avesse un valore del parametro di densità anche di poco diverso da 0 1aduncertotempot, allora divergerebbe rapidamente da 1 nelle epoche successive. Come possiamo avere adesso 0 1, senza pensare di vivere in un epoca particolare? Il problema dell asimmetria dei barioni: nell universo primordiale è avvenuta l annichilazione tra materia e antimateria. La materia barionica attuale esiste a causa di una piccola asimmetria dell ordine di 10 9 tra barioni e antibarioni. Quale meccanismo fisico ha generato questa piccolissima asimmetria nell universo primordiale? Il problema delle fluttuazioni primordiali: per creare le galassie e gli ammassi osservati oggi, le perturbazioni di densità al momento della ricombinazione dovevano essere dell ordine di { 10 4 ; queste non sono le perturbazioni statistiche infinitesime in un mezzo omogeneo e devono essersi originate nell universo primordiale. Come si sono originate?

6 Il valore dei parametri cosmologici: il parametro di densità e la costante cosmologica sono entrambi dell ordine di 1 con e 0.7 e 0 ` 1.0. Questo è sorprendente perché 0 varia nel tempo con p1 ` zq 3 mentre è costante. Non è quindi chiaro perché i due parametri siano dello stesso ordine a meno di non pensare di vivere in un epoca particolare. Un ulteriore problema viene dal fatto che il valore di predetto teoricamente con le fluttuazioni quantistiche del vuoto (al momento l unica spiegazione plausibile per l origine dell energia oscura) è circa volte più grande di quanto osservato. La natura della materia oscura e dell energia oscura: queste costituiscono il 96% dell universo ma non si sa nulla della loro origine fisica. Come vedremo, alcuni di questi problemi vengono spiegati col Modello Inflazionario, secondo il quale nei primi istanti di vita l universo ha attraversato una fase di espansione rapidissima le cui conseguenze spiegano molte delle apparenti incongruenze che abbiamo appena elencato. In conclusione, pur avendo a disposizione un modello cosmologico apparentemente autoconsistente, restano ancora troppi punti oscuri per poter essere sicuri di aver compreso il funzionamento dell universo su grande scala.

7 Capitolo 2 La struttura dell universo su grande scala In questa parte iniziale, analizzeremo in dettaglio le osservazioni che mostrano come l universo sia omogeneo ed isotropo su grande scala, ed in espansione. Queste osservazioni costituiscono la base su cui costruiremo il modello cosmologico: la radiazione cosmica di fondo, la distribuzione delle galassie su grande scala, la legge di Hubble. 2.1 La radiazione cosmica di fondo Nel 1965, Arno Penzias e Robert Wilson stavano calibrando un sistema di ricezione alle lunghezze d onda centimetriche nei laboratori della Bell Telephone quando scoprirono un emissione intensa e di usa nelle bande cm, mm e submm. Questa emissione era rimarchevolmente uniforme in cielo e per 1 cm 1m aveva uno spettro I 9 2 come la coda di Rayleigh-Jeans di un corpo nero con temperatura T 2.7K. Ricordiamo che l intensità di un corpo nero è data dalla formula di Planck che per nel limite di Rayleigh-Jeans diventa I 2h 3 c 2 1 e h {kt 1 (2.1) I «2kT c 2 2 con h kt! 1 (2.2) La legge degli spostamenti di Wien fornisce la relazione tra lunghezza d onda del massimo dell emissione e temperatura maxt 0.20 cm K (2.3) per cui per T 2.7K si ha max 0.1 cm; quindi il massimo dell emissione cadeva a 1mm ovvero in una regione di cilmente osservabile da Terra. Negli anni 70 e 80, esperimenti con i palloni stratosferici hanno poi confermato lo spettro della parte di Jeans di corpo nero di questa emissione cosmica di fondo o CMB (Cosmic Microwave Background). La conferma definitiva che l emissione cosmica di fondo era quella di un corpo nero con T 2.7K venne con il satellite COBE (COsmic Background Explorer) lanciato nel

8 8 La struttura dell universo su grande scala Figura 2.1: Spettro della radiazione cosmica di fondo misurato da COBE. Le unità in ascissa sono cm 1 per cui 10 unità corrispondono a 1 mm e 5 a 2 mm. Le barre di errore corrispondono a 400. Lo spettro è quello di un perfetto corpo nero con temperatura T K, entro gli errori di misura che ottenne una mappa completa del cielo e lo spettro della radiazione dall infrarosso al millimetrico (2 1000µm). Grazie alle osservazioni di COBE, John Mather e George Smoot hanno ottenuto il premio Nobel per la Fisica 2006 for their discovery of the blackbody form and anisotropy of the cosmic microwave background radiation. Lo strumento FIRAS (Far Infrared Absolute Spectrophotometer) sul satellite CO- BE misurò lo spettro della radiazione cosmica di fondo tra mm come mostrato in figura 2.1. Lo spettro così misurato (le barre d errore corrispondono a 400!) è quello di un perfetto corpo nero con T K (2.4) Le deviazioni delle misure dalla formula di Planck sono molto piccole I 0.03% I max per 0.5mm 2.5mm (2.5) Il fatto che lo spettro della CMB sia un corpo nero indica che, al momento dell emissione della radiazione, l universo era in equilibrio termodinamico e che, quindi, c era equilibrio termodinamico tra materia e radiazione. Al momento della ricombinazione, cioè al momento dell emissione dei fotoni della CMB, questo equilibrio termodinamico si è rotto e materia e radiazione si sono disaccoppiate. Come vedremo più avanti, le deviazioni dello spettro da quello di un corpo nero sono molto piccole e possono essere spiegate con l immissione di energia termica nel mezzo intergalattico ed il conseguente riscaldamento di elettroni. Ad esempio, lo scattering Compton dei fotoni del fondo da parte degli elettroni caldi nel mezzo intergalattico può causare distorsioni dello spettro (e etto Sunyaev-Zeldovich).

9 2.1 La radiazione cosmica di fondo 9 T = K ΔT = K T = 18 µk Figura 2.2: Mappa a tutto cielo della radiazione cosmica di fondo, rappresentata in coordinate galattiche (ovvero il piano della galassia è l asse maggiore dell ellisse che racchiude la mappa), così come ottenuta dal satellite COBE a 5.7 mm (53 GHz). Le tre mappe rappresentano livelli diversi di sensibilità. (a) Distribuzione complessiva in cielo dell intensità della radiazione osservate. (b) Mappa da cui è stata sottratta una componente uniforme di corpo nero alla temperatura di T K; i residui hanno una distribuzione di dipolo e con fluttuazioni di temperatura massime pari T mk rispetto alla componente uniforme. (c) Mappa da cui è stata sottratta la componente di dipolo e che mostra l emissione della galassia (banda rossa). Le fluttuazioni ad alta latitudine galattica corrispondono alla combinazione di rumore e di segnale cosmologico. Tenendo conto del rumore, le fluttuazioni di natura cosmologica hanno una rms pari a T 35 2µK su scale di 7. I T riportati per le figure (b) e (c) rappresentano i limiti delle scale di colore che rappresentano i valori di temperatura compresi tra T.

10 10 La struttura dell universo su grande scala Se l immissione di energia termica avviene prima della ricombinazione (z 1000), ovvero quando materia e radiazione sono all equilibrio termodinamico, lo spettro della radiazione viene modificato secondo una distribuzione di Bose-Einstein con potenziale chimico µ I 2h 3 1 (2.6) c 2 e ph {kt`µq 1 ovviamente per µ 0siriottieneilperfettocorponero.SeinveceloscatteringCompton avvenisse dopo la ricombinazione, per esempio a causa degli elettroni del mezzo intracluster, si avrebbe una deviazione dallo spettro di corpo nero I tale che I I yfpxq con $ & % x y h kt ª l.o.s. ˆ kte m e c 2 T N e dl (2.7) dove l.o.s. indica la linea di vista (line of sight), ovvero l integrale è calcolato lungo la linea di vista. Questo è proprio l e etto Sunyaev-Zel dovich (vedi corso Astrofisica Relativistica). Nel limite x! 1, ovvero nella parte di Rayleigh Jeans, si ha I I» 2y 1 ` x 2 Dalle misure ottenute col satellite COBE è risultato che µ 10 4 (2.8) y 1.5 ˆ 10 5 (2.9) ovvero delle deviazioni dal corpo nero estremamente piccole! Un altro strumento su COBE, il Di erential Microwave Radiometer, otteneva mappe fotometriche (immagini) a 31.5, 53, 90 GHz ( 9.5, 5.6, 3.3mm), corrispondenti a x h {kt 0.50, 0.85, 1.44 per T 3 K, cioè verso la parte di Rayleigh-Jeans dello spettro. Lo strumento aveva una risoluzione angolare sul cielo di 7. La scelta di quelle frequenze era cruciale per evitare l emissione della polvere galattica (cirri) a frequenze maggiori e l emissione di sincrotrone degli elettroni relativistici galattici a frequenze minori. Come si vede dalle mappa in figura 2.2 (a) la temperatura è rimarchevolmente costante a T K. Esistono fluttuazioni di circa 1/1000 visibili in (b) dopo che è stata sottratta la componente a temperatura costante. La mappa in (b) ha una distribuzione bipolare del tipo T T 0 1 ` v ı cos c (2.10) che si può facilmente spiegare in seguito all e etto Doppler dovuto al moto del Sole nel riferimento della CMB (il moto annuale della Terra è già stato sottratto), come mostrato in figura 2.3. Il Sole si muove con velocità ~v d nel riferimento solidale con la CMB ed avrà una componente di velocità v d cos nella direzione P che sto osservando da Terra (come si è detto, si considera solo il moto del Sole rispetto alla CMB e si è già corretto per il moto annuale della Terra attorno al Sole). Pertanto l osservatore a Terra vedrà la CMB

11 2.1 La radiazione cosmica di fondo 11 P CMB! v Figura 2.3: Moto del Sole rispetto alla CMB e spiegazione della componente di dipolo. muoversi verso di lui con velocità v CMB v d cos e, per e etto Doppler, la frequenza sarà osservata a obs 1 ` vcmb (2.11) c 1 vd cos c L e etto Doppler altererà pertanto lo spettro di corpo nero ma sempre in modo tale da conservare l energia I obs d obs I d (2.12) In particolare, alle frequenze osservate il termine h {kt diverrà h kt h obsr1 pv d {cq cos s kt h obs kt obs (2.13) da cui T T obs 1 vd c cos» T 0 1 ` vd cos (2.14) c dal momento che v d {c! 1. Questa è proprio la distribuzione dipolare osservata e quindi si ottiene che T v d cos (2.15) c T 0 Nella direzione della massima fluttuazione di temperatura (in coordinate galattiche l e b , che fornisce anche la direzione verso cui si sta muovendo il Sole) si ha T max mk (2.16) da cui, noto T K si ottiene ˆ Tmax v d c kms 1 (2.17) T 0

12 12 La struttura dell universo su grande scala Figura 2.4: Mappa a tutto cielo delle fluttuazioni di temperatura della radiazione cosmica di fondo ottenuta nel 2013 dal satellite Planck dell Agenzia Spaziale Europea (ESA). Questa e proprio la velocita del Sole rispetto alla CMB ed e la combinazione del moto di rotazione attorno al centro della Via Lattea e del moto della Via Lattea rispetto alla CMB. La sensibilita di COBE ottenuta su scale di 7 (dimensioni della Point Spread Function - PSF - dello strumento) era meglio di 1/100,000 per cui era possibile rivelare residui significativi dopo la sottrazione del termine di dipolo. Ed in e etti i residui ottenuti dopo 4 anni di integrazione di COBE sono riportati in figura 2.2 (c). La figura mostra l emissione dei cirri nel disco galattico (banda rossa) che pero puo essere sottratta confrontando le mappe ottenute nelle varie bande: sappiamo infatti che TCM B 2.7 K mentre i cirri sono molto piu caldi ed hanno pertanto uno spettro diverso che ne permette l identificazione e la rimozione. Dopo aver sottratto l emissione da parte della polvere galattica ed aver considerato le regioni ad alta latitudine galattica ( b 20 ) restano delle fluttuazioni residue di temperatura la cui r.m.s. media e b 20 " T 35 2µK su scale di 7 T 29 1µK su scale di 10 (2.18) I diversi valori di T indicano che le fluttuazioni hanno ampiezze diverse su scale diverse ovvero che c e uno spettro angolare delle fluttuazioni non piatto. Si puo confrontare la vecchia immagine di COBE con la recente immagine ottenuta dal satellite Planck dell ESA (2013; figura 2.4) che mostra le stesse strutture visibili ad alta latitudine galattica ma con una risoluzione spaziale notevolmente superiore. Si noti come a questa immagine sia gia stata sottratta l emissione della polvere galattica. Vedremo piu avanti che informazione puo essere ottenuta studiando lo spettro angolare delle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo ma, per il momento, ci basti sapere che la piccolezza delle fluttuazioni di temperatura ( T {T 10 5 ) conferma che la CMB e omogenea ed isotropa a meno di 1 parte su 100,000. A questo punto e lecito chiedersi quale sia il legame tra le fluttuazioni di temperatura della CMB e la distribuzione di materia. La risposta a questa domanda sara fornita

13 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 13 in dettaglio più avanti nel corso e, per adesso, limitiamoci ad una semplice descrizione qualitativa. Nel modello standard del Big Bang (ovvero dell universo in espansione) la temperatura della radiazione diminuisce con l espansione dell universo in quanto i fotoni subiscono il redshift cosmologico (in pratica vengono espansi con l universo stesso). Pertanto, come ricaveremo più avanti, la temperatura della radiazione varia con z come: T r 2.728p1 ` zq K (2.19) Per z rec 1500 si ha quindi T r 4000 K. A quella temperatura, nella coda di Wien di un corpo nero ci sono su cienti fotoni in grado di ionizzare tutto l idrogeno nell universo ( 912 Å) che per z z rec, era mantenuto ionizzato dai fotoni della CMB. Nelle epoche precedenti z rec, H era completamente ionizzato e quindi la materia era accoppiata alla radiazione tramite scattering Thomson (cioè tra fotone ed elettrone libero). La cosiddetta epoca della Ricombinazione avviene quindi per z z rec quando, diminuendo la temperatura della radiazione a seguito dell espansione dell universo, non c è più un numero di fotoni ionizzanti su cientemente alto da mantenere ionizzati gli atomi di idrogeno che quindi inizieranno a ricombinare. Quando osserviamo i fotoni emessi a z rec 1500, osserviamo direttamente i fotoni emessi all epoca della ricombinazione: a causa dell altissima profondità ottica pre-ricombinazione, è come se stessimo osservando la superficie di una stella (fotosfera) che, nel nostro caso, è la superficie interna della sfera centrata sulla Terra con raggio corrispondente a z A causa della profondità ottica dovuta allo scattering Thomson per z z rec possiamo vedere solo gli strati più esterni di questa atmosfera che prende il nome di superficie di ultimo scattering (last scattering surface). Pertanto, le fluttuazioni che vediamo sulla CMB su scale di 7 corrispondono alle perturbazioni di densità esistenti a z z rec che, successivamente, cresceranno e daranno luogo alle strutture osservate al momento attuale nell universo locale. Fino ad ora abbiamo supposto che l universo fosse trasparente tra noi e la CMB. In realtà dopo la ricombinazione e le dark ages (cioè la fase in cui c è gas neutro, senza stelle che lo possano illuminare perché non si sono ancora formate), l universo è stato nuovamente reionizzato dalle prime stelle e la presenza di elettroni liberi ha smorzato le fluttuazioni sulla CMB, grazie sempre allo scattering Thomson. Per nostra fortuna le fluttuazioni non sono state cancellate completamente e i satelliti COBE, WMAP e Planck le hanno potute osservare pur in presenza di questo damping (smorzamento). In conclusione, la radiazione cosmica di fondo è un corpo nero quasi perfetto con una temperatura osservata di T K ed una distribuzione isotropa. La densità di energia " associata a questa radiazione è ottenibile ricordando le proprietà del corpo nero " 0» at B c T ˆ erg cm ev cm 3 (2.20) questa energia associata alla radiazione pervade l intero universo all epoca attuale e domina l energia media di tutta la radiazione di fondo cosmica (inclusa quella associata all emissione integrata delle galassie e dei nuclei galattici attivi). 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala Abbiamo appena visto che la CMB è rimarchevolmente isotropa ( T 30 µk) su scale 7, ovvero su scali superiori alla risoluzione angolare di COBE. Questo risultato osservativo

14 14 La struttura dell universo su grande scala Figura 2.5: Distribuzione di galassie in cielo in un regione centrata sul polo sud galattico. indica che la distribuzione di materia (gas) al momento della ricombinazione era omogenea ed isotropa. Tuttavia l universo che oggi vediamo rappresentato dalle galassie è fortemente non omogeneo, con strutture che vanno dalle galassie isolate, ai gruppi, agli ammassi fino ai superammassi e ai vuoti giganti. Andando su scale sempre più grandi la distribuzione di galassie diviene più omogenea ma contiene ancora significative fluttuazioni non casuali. La figura 2.5 è stata creata con 185 lastre fotografiche ottenute col telescopio Schmidt UK. Ciascuna lastra copre un area di 6 ˆ 6 ed è stata scansionata con l Automatic Plate Measuring (APM) machine. La regione è centrata sul Polo Sud Galattico per evitare il più possibile contaminazioni dovute a sorgenti nella nostra galassia (es. stelle). In ogni lastra, dopo la scansione, si è potuto distinguere tra stelle e galassie sulla base dei loro profili fotometrici (rispetto alle stelle, le galassie sono spazialmente risolte). La figura mostra solo le sorgenti che sono classificate come galassie (oltre 2 milioni) con magnitudini apparenti 17 b j 20.5 (b j rappresenta le magnitudini fotografiche ovvero quelle misurate con le lastre fotografiche e sono caratterizzate da una banda passante con lunghezza d onda e cace appena inferiore a B). Le varie parti dell immagine non sono significativamente diverse le une dalle altre ma la distribuzione di galassie non è uniforme su piccola scala, dove si osservano strutture filamentari, ammassi, ecc. Per dimostrare che quelle osservate sono strutture reali si dovrebbero conoscere le distanze delle galassie da noi per poter ricostruire la struttura reale in 3D a partire da quella in 2D proiettata sul cielo e mostrata in figura 2.5. Questa verifica è stata fatta, ed è stato dimostrato che, e ettivamente, queste strutture sono reali. Vediamo adesso come si possono capire e quantificare le caratteristiche delle strutture che osserviamo in figura, ovvero andiamo a studiare le proprietà di clustering delle galassie. La cosa più semplice è cominciare studiando la distribuzione delle galassie proiettata sul piano del cielo, in seguito passeremo a vedere che relazione ci sia con la struttura reale in 3D. Per studiare la distribuzione spaziale delle galassie si utilizzano comunemente le funzioni di correlazione a due punti.

15 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 15!!+d! G Figura 2.6: Definizione della funzione di correlazione a due punti. Data una qualsiasi galassia G ci chiediamo quale sia il numero dn di galassie osservato sul piano del cielo a distanza angolare compresa tra e ` d, ovvero nell angolo solido d 2 d (figura 2.6): dn np qd (2.21) np q è i l n u m e r o d i g a l a s s i e p e r u n i t à d i a n g o l o s o l i d o p o s t e a d i s t a n z a d. Se le galassie fossero distribuite uniformemente in cielo si avrebbe dn n g d con n g numero medio di galassie per unità di angolo solido. A questo punto posso descrivere le deviazioni dalla distribuzione uniforme come dn np qd n g r1 ` wp qs d (2.22) wp q è la funzione di correlazione a due punti edescrivelaprobabilitàditrovareuna galassia a distanza da G in eccesso rispetto alla distribuzione uniforme ovvero rispetto alla densità media. wp q contiene le informazioni sul clustering ed è definita per una data magnitudine limite per la quale vengono selezionate le galassie. E importante notare che wp q contiene informazioni mediate radialmente attorno ad un punto, quindi non contiene informazioni sulla filamentarietà della distribuzione. L omogeneità della distribuzione delle galassie all aumentare della distanza può essere studiata misurando wp q al variare della magnitudine apparente limite del campione di galassie considerato. Si consideri quindi wp,dq che rappresenta la funzione di correlazione a due punti per tutte le galassie con distanza massima D: assumendo che tutte le galassie abbiano la stessa magnitudine assoluta, D corrisponde ad una ben precisa magnitudine limite. Si può allora facilmente determinare come cambi wp,dq al variare di D, supponendo che la distribuzione spaziale delle galassie sia invariata. Supponiamo quindi che le galassie provengano da una distribuzione omogenea nello spazio euclideo e consideriamo la figura 2.7: 0 è l a s c a l a a n g o l a r e s t u d i a t a n e l c a m p i o n e con distanza (magnitudine) limite D 0 mentre è l a s c a l a a n g o l a r e s t u d i a t a n e l c a m p i o n e con distanza limite D. Perché il confronto abbia senso dobbiamo essere sicuri di studiare le stesse scale spaziali al variare della distanza limite e pertanto deve risultare r D 0 D 0

16 16 La struttura dell universo su grande scala ovvero la scala angolare da considerare passando da D 0 a D è 0 D 0 D Adesso dobbiamo tener conto del fatto che ci aspettiamo di trovare più galassie per D, semplicemente perché integriamo più in profondità. I volumi sondati studiando le galassie adistanze 0, 0 ` d 0 e, ` d sono dv d 0 D 3 0 dv 1 d D3 2 pertanto i numeri di galassie trovati saranno dn 0 n g,0 d 0 N g 1 2 d 0 D 3 0 dn n g d N g 1 2 d D3 con N g numero di galassie per unità di volume, supposto non variare tra D 0 e D (non si è neanche tenuto conto della variazione dovuta alle wp q. Con questa ipotesi, considerando che D 0 D 0 si ottiene d 2 ˆD0 d 0 D n g n g,0 ˆ D D 0 dove la prima relazione è stata ottenuta imponendo che gli angoli solidi sottendano la stessa superficie fisica e la seconda è stata ottenuta imponendo che la densità di volume di galassie non vari tra D 0 e D. Allora introducendo la funzione di correlazione a due punti 3 si ottiene che dn 0 n g,0 r1 ` w 0 p 0 qs d 0 dn n g r1 ` wp qs d ˆ 3 2 D ˆD0 dn n g,0 r1 ` wp 0 D 0 {Dqs d 0 D 0 D e si può facilmente capire perché la funzione di correlazione a due punti debba cambiare come wp,dq D 0 D w 0 ˆ DD0 (2.23) al variare della distanza limite da D 0 a D. Naturalmente se lo spazio non fosse Euclideo e la distribuzione di galassie variasse con la distanza occorrerebbe tenerne conto opportunamente. E stato trovato che le funzioni di correlazione a due punti riscalano tra di loro come atteso dalla 2.23 fino a z 0.1. Questo fatto mostra anche come la distribuzione di galassie sia omogenea nello stesso intervallo di redshift, condizione per la validità della

17 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 17 d!0 d! "0 G r " r D0 D Figura 2.7: Variazione della funzione di correlazione a due punti con la distanza. stessa relazione Lafigura2.8 (a) mostra la funzione di correlazione a due punti wp q adiversemagnitudinilimitenell intervallo17.5 m 20.5 constepdi0.5mag,come ottenute da APM sull area rappresentata in figura 2.5. E evidente come le wp q siano diverse per normalizzazione ma anche per traslazione lungo l asse delle ascisse. La figura (b) mostra le stesse wp q dopo che sono state riscalate a conteggi locali utilizzando la formula2.23. E evidente come adesso tutte le wp q si sovrappongano quasi perfettamente. Figura 2.8: (a) Variazione osservata della funzione di correlazione a due punti con la distanza. (b) Le funzioni di correlazione in (a) sono state riscalate utilizzando la formula 2.23.

18 18 La struttura dell universo su grande scala Figura 2.9: (a) Funzione di correlazione a due punti ottenuta con la survey SDSS. (b) Confronto tra le funzioni di correlazioni a due punti ottenute con le survey SDSS e APM, dopo che sono state entrambe riscalate per tener conto delle diverse magnitudini limite a cui sono state ottenute. Questi risultati ottenuti dalla survey APM sono stati confermati recentemente anche dalla survey SDSS (Sloan Digital Sky Survey 1 )comemostratoinfigura2.9. La wp q ottenuta con la SDSS ha considerato tutte le galassie con 21 r 22 e redshift medio z 0.43, ed è in ottimo accordo con i risultati della survey APM. Da notare che questo confronto tiene conto del fatto che lo spazio non è euclideo. Le figure appena viste mostrano come la distribuzione delle galassie in cielo sia regolare: esistono strutture su tutte le scale come indicato dalla wp q non nulla, ma la presenza di queste strutture varia in modo regolare dalle scale degli ammassi fino ai superammassi come wp q p q per À 1 (2.24) Su scale superiori a 1, wp q va rapidamente a 0, indicando che la distribuzione delle galassie tende ad essere uniforme in continuità con quanto si osserva nella CMB su scale superiori a 7. Ricordiamo che tutte queste informazioni sono mediate radialmente. Da un punto di vista fisico ha più senso considerare la funzione di correlazione spaziale dn NprqdV N 0 r1 ` prqs dv (2.25) con N 0 densità media (di volume). Per ricavare prq dalle osservazioni occorre conoscere la distribuzione di galassie nello spazio ed è possibile trovare una relazione analitica esatta che lega prq e wp q. Noi ci limiteremo a trovare una relazione analitica basata su alcune assunzioni semplificative che però è su ciente ai nostri scopi. Consideriamo un ammasso di galassie come rappresentato in figura 2.10 etalechela sua densità di volume sia Nprq N 0 r1 ` prqs (2.26) 1

19 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 19 a s r a Vista laterale a Piano del Cielo Figura 2.10: Geometria per trovare la relazione tra la funzione di correlazione angolare e la funzione di correlazione spaziale vista lateralmente (alto) e di fronte (in basso). Allora la densità superficiale proiettata sul piano del cielo a distanza a dal centro è con npaq ª `8 8 Nprqds (2.27) s? r 2 a 2 ds r dr? r2 a 2 (2.28) pertanto, e ettuando il cambiamento di variabili da s a a si ottiene npaq ª `8 8 ª amax Nprqds 2 a Nprqr? dr (2.29) r2 a2 dove, al posto dell integrale per s Ñ 8si è passato ad integrare tra a (distanza della direzione s dal centro dell ammasso) e a max, raggio esterno dell ammasso. Sostituendo a Nprq il suo valore si ottiene ª amax npaq 2 2 a ª amax a N 0 r1 ` prqsr pr 2 a 2 q dr 1{2 N 0 r dr ` 2 pr 2 a 2 q1{2 ª amax a N 0 prqr dr (2.30) pr 2 a 2 q1{2

20 20 La struttura dell universo su grande scala Se si assume ˆ r prq 0 r 0 (2.31) si e ettua il cambiamento di variabili x r{a esiassumea max " a, l equazione diventa Questa espressione deve essere dello stesso tipo di npaq cost 1 ` cost 2 a `1 (2.32) n g r1 ` wp qs (2.33) con a{d (D, distanza dell ammasso). L unica possibilità è che wp q `1 (2.34) ovvero la pendenza della wp q è u g u a l e a q u e l l a d e l l a prq a meno di 1. Quindi se le osservazioni mostrano che wp q p q (2.35) questo comporta che con ˆ r prq Questa relazione è valida su scale fisiche r 0 con (2.36) r 0 5h 1 Mpc 7Mpc ph 0.7q r 100h 1 kpc 10h 1 Mpc 143 kpc 14 Mpc ph 0.7q h è la costante di Hubble in unità di 100 km s 1 Mpc 1 che, come vedremo più avanti, vale h» 0.7, e proprio quel valore è stato utilizzato per ottenere i valori numerici. Su scale r 10h 1 Mpc 14 Mpc ph 0.7q prq decresce più rapidamente di una legge di potenza e l ampiezza di clustering diminuisce rapidamente finché l universo diventa omogeneo e isotropo su grandi scale come la CMB. Si noti come su scale " 5h 1 Mpc (" 7Mpc) si abbia { 1ovveroilcontrasto di densità rispetto all universo omogeneo è inferiore a 1, e su scale ancora più grandi {! 1, ovvero su quelle scale le perturbazioni di densità all epoca attuale sono ancora in regime lineare. Il metodo descritto fino ad ora non è in grado di descrivere i muri e i vuoti visti nella distribuzione delle galassie, e le strutture filamentarie in genere. La natura di queste strutture è stata definita con le cosiddette redshift surveys. La figura 2.11 mostra i risultati della prima survey statisticamente completa di oltre 14,000 galassie brillanti ottenuta da ricercatori dell Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA). Le galassie formano un campione completo tra 8.5 e44.5 con velocità di recessione 15, 000 km s 1 corrispondente a D 150h 1 Mpc. La distanza delle galassie è ottenuta direttamente dalla misura del redshift tramite la legge di Hubble (vedi più avanti). La figura mostra una rappresentazione in coordinate polari con il raggio dato dalla distanza (redshift) delle galassie e la direzione individuata dall ascensione retta. Si notano varie strisciate ( dita ) che corrispondono ad ammassi di galassie: in un ammasso tutte le galassie si trovano approssimativamente alla stessa distanza da noi (ovvero allo stesso redshift medio) e quindi

21 2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 21 Figura 2.11: Redshift survey dell Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA). Quest mappa contiene oltre 14,000 galassie che formano un campione completo tra 8.5 e 44.5 con velocità di recessione 15, 000 km s 1. La nostra galassia è al centro della mappa e il cerchi esterno ha raggio pari a 150h 1 Mpc. Le galassie sono rappresentate in coordinate polari con r che rappresenta la distanza e l angolo che rappresenta l ascension retta. si dovrebbero disporre in un punto ben preciso della mappa. Questo punto viene però allungato dai moti peculiari delle galassie all interno dell ammasso. Altre survey successive hanno esteso questi studi sulla struttura a grande scala, come si vede ad esempio in figura 2.12 dove si mostrano i risultati della survey 2dF (2 degree field) eseguita all Anglo-Australian Telescope. I vuoti osservati nella distribuzione di galassie della 2dF sono su scale simili a quelli rivelati dalla survey del CfA. E ben evidente la struttura cellulare che rimane per tutta l estensione della survey. Le scale dei vuoti più grandi sono pari a volte le scale degli ammassi ovvero misurano fino a 50h 1 Mpc. Queste sono le strutture più grandi note nell universo e la loro esistenza deve essere spiegata anche in relazione alle disomogeneità osservate nella CMB. Un risultato importante dell analisi della distribuzione delle galassie su grande scale è la struttura tipo spugna, con il tessuto spugnoso che rappresenta la distribuzione delle galassie e i buchi che rappresentano i vuoti. I vuoti ed i filamenti di galassie sono interconnessi tra loro in tutto l universo locale; questo è possibile solo in una struttura 3D

22 22 La struttura dell universo su grande scala Figura 2.12: Distribuzione delle galassie su grande scala come ottenuta con la survey 2dF dell Anglo-Australian Telescope. In entrambi i diagrammi la distribuzione si estende fino a z «0.25 e mostra la struttura cellulare della distribuzione delle galassie.

23 2.3 La legge di Hubble e l espansione dell Universo 23 tipo quella di una spugna (non è ovviamente possibile in una struttura 2D come quella che si può rappresentare su un foglio). Il termine superammasso è utilizzato per descrivere strutture che si trovano su scale più grandi di quelle degli ammassi; si può trattare di associazioni di vari ammassi oppure di distribuzioni estese di galassie. Alcuni autori chiamano superammassi i filamenti visti nelle survey. Da un punto di vista fisico la distinzione tra ammasso e superammasso è data dal fatto che la struttura sia o meno gravitazionalmente legata. Infatti i superammassi sono così grandi che, data l età finita dell universo, non hanno ancora fatto in tempo a raggiungere l equilibrio dinamico. Negli ammassi ricchi di galassie, che hanno avuto il tempo di rilassarsi dinamicamente ad una situazione di equilibrio, una galassia può aver e ettuato appena una decina di attraversamenti (crossing); pertanto nelle strutture più grandi non c è quasi stato il tempo perché diventassero legate gravitazionalmente. 2.3 La legge di Hubble e l espansione dell Universo Hubble scoprì la relazione tra la velocità di recessione delle galassie e la loro distanza nel Nel diagramma mostrato in figura 2.13 si riporta la relazione tra il redshift e la magnitudine relativa delle galassie più brillanti degli ammassi (per ogni ammasso si considera la galassia più brillante ovvero la Brightest Cluster Galaxy, BCG). Si trova che le BCG hanno tutte più o meno la stessa luminosità intrinseca per cui il loro flusso osservato è S L (2.37) 4 r 2 da cui la loro magnitudine relativa è e quindi, sostituendo S, si arriva alla relazione m 2.5logS ` cost. (2.38) m 5logr ` cost. (2.39) Il redshift è definito come z oss emiss emiss eperz! 1questovieneinterpretatocomeunavelocitàdirecessioneovvero (2.40) v rec c z oss emiss emiss (2.41) in base all interpretazione di z come e etto Doppler. Il best fit (riga continua) rappresentato in figura indica una relazione del tipo che, confrontata con la 2.39, rivela che Questa viene solitamente scritta come m 5logz ` cost. (2.42) v rec 9 r (2.43) v rec H 0 r (legge di Hubble) (2.44)

24 24 La struttura dell universo su grande scala ,000 10,000 20,000 cz (km/s) Figura 2.13: Versione moderna della relazione velocità-distanza per le galassie più brillanti degli ammassi (BCG). Questa relazione magnitudine-redshift indica che la velocità di recessione delle galassie è proporzionale alla loro distanza, come mostrato nel testo. con H 0 costante di Hubble. Un altra versione della legge di Hubble ricavata con il telescopio spaziale Hubble utilizzando le variabili Cefeidi per misurare le distanze delle galassie è riportata in figura Si ponga attenzione al fatto che, come vedremo in seguito, l interpretazione di z come velocità di recessione è fuorviante. Le galassie non stanno allontanandosi da noi, è l Universo che si sta espandendo! Quindi non si tratta di vere velocità altrimenti arriveremmo ad una contraddizione con la relatività speciale per z 1, dove si avrebbe v c. Combinando l isotropia su grande scala e l omogeneità dell universo con la legge di Hubble è possibile mostrare che, attualmente, l universo si sta espandendo in modo uniforme. Consideriamo un sistema di punti che si espande uniformemente, come schematizzato in figura La definizione di espansione uniforme è quella per cui le distanze tra due punti qualsiasi dell universo aumentano dello stesso fattore in un dato intervallo di tempo ovvero, considerate le galassie 1, 2,..., n con distanze r 1, r 2,...,r n da un qualsiasi osservatore O dell universo, risulta r 1 pt 1 q r 1 pt 2 q r 2pt 1 q r 2 pt 2 q r npt 1 q r n pt 2 q costante (2.45) per t 1 e t 2, due istanti qualsiasi. La velocità di recessione della galassia 1 dall osservatore

25 Figura 2.14: Versione moderna della relazione velocità-distanza ottenuta dal telescopio spaziale Hubble nelle galassie locali la cui distanza è stata misurata utilizzando le variabili Cefeidi. O è v 1 r 1pt 2 q r 1 pt 1 q t 2 t 1 Per la galassia n-esima risulta invece r 1pt 1 q r1 pt 2 q t 2 t 1 r 1 pt 1 q 1 r 1pt 1 q t 2 t 1 p 1q H 0 r 1 pt 1 q con H 0 1 t 2 t 1 (2.46) v n r npt 1 q t 2 t 1 p 1q H 0 r n pt 1 q (2.47) Quindi una distribuzione di galassie in espansione uniforme fornisce automaticamente una relazione velocità-distanza del tipo v 9 r. Quest analisi è ben più profonda della semplice spiegazione di v 9 r osservata localmente e si applica a tutte le galassie poste a qualsiasi distanza in un universo in espansione omogenea, quindi deve essere vera anche quando v c. Questo fatto però non è a atto in contraddizione con la relatività speciale; i punti (le galassie) partecipano semplicemente all espansione uniforme dello spazio e non c è connessione causale tra loro (cosa che darebbe la violazione della relatività speciale). In sostanza la velocità di recessione non è una velocità con cui si può trasmettere un segnale. In conclusione, il punto di partenza corretto per la costruzione di modelli per la dinamica a grande scala dell universo è che lo stesso debba essere omogeneo ed isotropo (su grande scala) ed in espansione uniforme. Questa assunzione, in unione con la teoria della Relatività Generale, ci fornirà un insieme di semplici modelli che formeranno il framework entro il quale studiare il problema dell origine e della formazione delle strutture cosmologiche che osserviamo nell universo locale.

26 Figura 2.15: Espansione dell universo rappresentata da 5 galassie osservate a due tempi diversi t 1 (a) e t 2 (b).

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