FITODEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE
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- Lino Romano
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1 FITODEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE Tradizione o innovazione? Jenny Ruaben *, Paola Foladori * Le Constructed Wetlands sono note a tutti ma non sempre sfruttate a pieno. Le reali potenzialità sono alte, ma anche i rischi di incorrere in malfunzionamenti a medio/ lungo termine se si sottovalutano scelte cruciali. La ricerca esplora costantemente nuove soluzioni per applicazioni ottimizzate e funzionali, ad esempio grazie a ricircolo e aerazione. *Università degli Studi di Trento Dipartimento Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica 26 n.11 settembre 2013
2 Figura 1 - Classificazione delle Constructed Wetlands come proposto da Fonder e Headley (2011) Conosciuta da più di un secolo, la fitodepurazione è stata in Italia spesso sottovalutata. La tecnica è usata per il trattamento delle acque reflue in gran parte del mondo, ma le sue potenzialità non sono state ancora completamente esplorate. Allo stato attuale, con la tendenza a preferire impianti di depurazione sempre più tecnologici e compatti, la fitodepurazione con le grandi superfici che richiede a fronte di piccoli numeri di abitanti equivalenti trattati, rischia di essere sempre più relegata in un ruolo di finissaggio ecologico, per apporre una firma naturale al termine di una filiera di depurazione fatta di macchine e reattori. L etimologia del termine italiano fitodepurazione associa il ruolo depurativo primariamente alle piante, mentre il termine inglese constructed wetlands (CW) sta ad indicare zone umide realizzate artificialmente, includendo quindi sia l azione delle piante che dei microrganismi che si sviluppano nel sistema, il cui ruolo può essere preponderante, ma soprattutto l artificialità di un sistema, ben lungi dal poter essere considerato un sistema naturale. Da quando è nata l idea di sfruttare zone umide artificiali per la depurazione delle acque, le constructed wetlands hanno subito una continua evoluzione: dalle analisi chimiche e microbiologiche sempre più avanzate alla modellistica, si indagano le possibilità ancora non sfruttate della fitodepurazione portando all evoluzione della tecnica di base (il passaggio di un refluo attraverso uno strato di terreno artificiale piantumato) verso configurazioni innovative. Oltre alla nota distinzione tra CW a flusso sub-superficiale verticale (Vssf, Vertical Sub-Surface Flow) od orizzontale (Hssf, Horizontal Sub-Surface Flow), recentemente è stata introdotta una più dettagliata classificazione dei sistemi Vssf sulla base del comportamento idraulico, distinguendo 3 categorie principali (Figura 1): fill and drain (detto anche tidal flow): il sistema viene riempito con il refluo fino a un determinato livello idrico, poi viene svuotato rapidamente, alternando condizioni sature e insature; down flow: il refluo viene immesso dall alto in modo discontinuo ed attraversa il sistema insaturo per gravità (con drenaggio libero sul fondo); up flow: il refluo viene immesso dal basso e fuoriesce nella parte alta, rendendo il sistema costantemente saturo. Le applicazioni più diffuse restano tuttavia quelle dei sistemi Vssf down flow, più semplici dal punto di vista realizzativo, mentre la configurazione fill and drain permetterebbe di potenziare le caratteristiche dei sistemi convenzionali, a fronte di un certo grado di ingegnerizzazione (Green M. et al. 1997). L ampia diffusione di questi sistemi è dovuta a semplicità, economicità (nel caso di disponibilità di aree di adeguata estensione) e sostenibilità ambientale. Tuttavia, sono emerse anche le criticità di tali sistemi, e in alcuni casi esperienze poco felici condizionate da basse performance e scarsa qualità degli effluenti trattati hanno portato a ritenere i sistemi di fitodepurazione poco affidabili e poco efficienti. Effettivamente, nella applicazione di tali sistemi possono emergere alcuni aspetti critici che se nonn correttamente considerati possono pregiudicare l efficienza di trattamento e il mantenimento di una buona qualità dell effluente nel tempo. Aspetti critici nella realizzazione e gestione dei sistemi CW Il criterio più utilizzato nel dimensionamento dei sistemi CW a flusso sub-superficiale è senz altro la superficie specifica, espressa in m2/ae, impiegando linee guida o specifiche normative emanate da organismi nazionali (tra cui Germania, Austria, Regno Unito, Danimarca, Italia, ), di cui si riporta un n.11 settembre
3 Figura 2 - Intervalli di super cie speci ca indicati da varie linee guida per il dimensionamento di sistemi Hssf e Vssf confronto in Figura 2. Le superfici richieste sono decisamente rilevanti: per realizzare un impianto con configurazione Vssf+Hssf per una comunità di AE è necessario disporre di un area di m 2 o superiore, a seconda delle linee guida considerate e degli obiettivi di qualità nell effluente. L esigenza di ampie superfici è una condizione particolarmente limitante in presenza di intensa urbanizzazione, zone agricole di pregio o nel caso di ambienti montani. Nel caso di comunità servite da fosse settiche, queste possono essere sfruttate come pre-trattamento per l impianto CW, ma obbligano a realizzare l impianto nella zona limitrofa per evitare costosi pompaggi o prolungamenti della rete. Nel dimensionamento assume un ruolo fondamentale anche il materiale di riempimento, costituito da sabbia e ghiaia. Se da una parte è necessario assicurare una adeguata conducibilità idraulica del filtro, per favorire l infiltrazione sub-superficiale evitando intasamenti, d altra parte l uso di materiale sabbioso/ghiaioso troppo grossolano offre una limitata superficie specifica per il biofilm batterico e presenta una scarsa efficienza di filtrazione. Per i sistemi Vssf, alcune linee guida indicano conducibilità idraulica di m/s, mentre per sistemi Hssf vengono indicati valori superiori a 10-3 m/s. La granulometria dei materiali di riempimento ottimali per i sistemi Vssf e Hssf secondo le varie linee guida è mostrata in Figura 3 (sono rappresentate forme poligonali semplificate per una migliore comparazione grafica dei parametri guida). In generale, le linee guida raccomandano di utilizzare materiali con curve granulometriche compatte e regolari (DWA, 2006). Il reperimento di materiale con granulometria e conducibilità idraulica corrispondenti alle linee guida, in cave di inerti per calcestruzzi ed edilizia a distanza ragionevole dall impianto da realizzare, non è sempre facile. Inoltre materiali non lavati hanno una significativa presenza di frazioni granulometriche fini, che possono causare drastica riduzione della conducibilità idraulica anche se compatibili con d 10 e d 60. Infatti, la conducibilità idraulica di un materiale sabbioso diminuisce significativamente in presenza di sabbie molto fini o limi anche se in piccole quantità (5-10%). Il rischio di clogging è un altra criticità dei sistemi CW a flusso sub-superficiale, che ha indotto a ridurre gradualmente la vita utile di tali sistemi, che da ottimistiche stime del passato in anni, può scendere a 10 anni, o meno se intercorrono inadeguate modalità progettuali o costruttive (inerenti granulometria, disposizione materiale filtrante, distribuzione e drenaggio del refluo). L accumulo progressivo di solidi nel filtro può gradualmente ridurre la porosità e il tempo di residenza del refluo, con riduzione dell efficienza depurativa, fino ad arrivare al completo intasamento del filtro, che costringe alla sostituzione del materiale di riempimento. Del resto i sistemi CW sono processi di depurazione senza produzione di fanghi di supero (la biomassa di supero è la Figura 3 - Confronto di massima tra le granulometrie indicate dalle varie linee guida per i sistemi Hssf e Vssf vegetazione epigea tagliata periodicamente) e quindi è inevitabile che parte dei solidi non biodegradabili alimentati con il refluo si accumulino nel sistema causando un riempimento progressivo. Nel caso di sovraccarico di solidi si osserva l aggravarsi del clogging ed è quindi sempre indicato un efficiente trattamento primario del refluo (con fossa settica o vasca Imhoff) per rimuovere i solidi sedimentabili. Il rischio di clogging è una delle forti motivazioni che richiedono che le soluzioni innovative vengano testate e monitorate per tempi prolungati e sotto diverse condizioni stagionali e di carico. Il ruolo depurativo attribuito alle piante è stato ridimensionato negli anni, riconoscendo il ruolo fondamentale ai processi fisici e microbiologici che si sviluppano a livello sub-superficiale. Per esempio la quantità di azoto e fosforo assimilati dalle piante rappresenta solo il 10% circa della massa rimossa dal sistema (Vymazal, 2005). Le piante però, come sottolinea il termine rootzone method utilizzato da Brix nel 1987 non sono eliminabili poiché permettono di creare 28 n.11 settembre 2013
4 Figura 4 - Con gurazioni per l aerazione forzata in sistemi Hssf Figura 6 - Rendimenti di rimozione di COD e N e impegno gestionale al variare della super cie speci ca occupata in sistemi Vssf microambienti aerobici a livello delle radici. Questo contributo è apprezzabile (anche se non prioritario) nei sistemi Hssf in cui le condizioni sature non favoriscono l ingresso spontaneo di ossigeno, mentre nei sistemi Vssf l alimentazione discontinua e l ambiente insaturo favoriscono l entrata spontanea di ossigeno e quindi il ruolo delle radici risulta secondario. Una preoccupazione sul funzionamento dei sistemi CW è relativa alle basse temperature invernali e al rischio di gelo, la cui conseguenza è il rallentamento delle cinetiche di rimozione degli inquinanti e soprattutto dell azoto. In realtà, molte esperienze a livello internazionale hanno osservato elevate efficienze di rimozione della sostanza organica anche durante la stagione invernale, grazie alla rimozione fisica dei solidi per filtrazione e sedimentazione, l adattabilità dei microorganismi alla temperatura e il positivo effetto termico esercitato sul suolo da parte di piante e neve. L efficacia dei sistemi CW a flusso sub-superficiale orizzontale può essere conservata anche a temperature Figura 5 - Con gurazioni per il ricircolo in sistemi Vssf esterne sotto lo zero, ricorrendo a isolamento termico con strato di pacciame a copertura. Buoni rendimenti di rimozione di COD (70-90%) e di nitrificazione (40-60%) durante i periodi invernali sono stati confermati anche dal Laboratorio di Ingegneria Sanitaria dell Università di Trento presso un impianto dimostrativo collocato in ambiente alpino e gestito per diversi anni. Innovazioni e ingegnerizzazione dei sistemi CW Dopo alcuni decenni di sostanziale stasi, recentemente si sta assistendo a un rilancio della fitodepurazione come stadio principale di trattamento dei reflui per piccole comunità, anche per quei casi che un tempo sarebbero stati visti come non convenienti, in seguito a un crescente ricorso alla decentralizzazione del trattamento reflui. Rispetto a un impianto considerato convenzionale o naturale in quanto si limita a riprodurre un area umida e a sfruttarne le capacità di depurazione, si sta consolidando l idea di impianti potenziati o ingegnerizzati, in cui si interviene attivamente con dispositivi meccanici o con additivi chimici: in questo modo si porta il sistema a un livello di complessità superiore, ma lo si rende più efficiente e controllabile, aumentandone flessibilità e versatilità. Va anche considerato che un sistema CW, essendo costituito da geomembrana, materiale di riempimento selezionato, drenaggi e tubazioni varie, non è un sistema prettamente naturale. Una delle innovazioni nei sistemi CW che sta suscitando un crescente interesse a livello internazionale è rappresentata dall introduzione dell aerazione forzata attraverso tubi forati sul fondo della vasca con lo scopo di favorire condizioni aerobiche nei letti Hssf saturi. L aerazione può limitarsi alla sezione di ingresso, ove le concentrazioni di inquinanti e il fabbisogno di ossigeno sono maggiori (Figura 4), e inoltre si può attivare in base a soglie min/max di ossigeno disciolto nel letto. Si cominciano a contare i primi brevetti, come il Forced Bed Aeration (S. Wallace), con applicazioni prevalentemente su reflui industriali. Nei sistemi Vssf, l aerazione naturale favorita dal regime idraulico variabile rende in genere superflua l aerazione forzata per il trattamento degli usuali carichi inquinanti. Il potenziamento dell aerazione naturale avviene eventualmente mediante tubi di aerazione che collegano gli strati più profondi del letto con l esterno (passive air pump). Tuttavia, negli ultimi anni si contano alcuni n.11 settembre
5 studi in cui l aerazione forzata è stata sperimentata anche in sistemi a flusso verticale, in particolari applicazioni in cui si rendeva necessario supportare l attività biologica a fronte di carichi applicati molto elevati. L Università di Trento sta studiando un innovativa configurazione Vssf dotata di aerazione forzata, finalizzata ad aumentare sensibilmente i carichi rimossi e le prestazioni di impianti Vssf rendendoli più compatti. Questo sistema, riconducibile alla configurazione fill and drain, mantiene un flusso verticale con alimentazione a intermittenza e prevede la formazione di uno strato saturo sul fondo della vasca, dove sono installate le tubazioni forate di aerazione. In questo modo si combina la presenza di zone anossiche a una disponibilità di ossigeno per l attività aerobica: si possono così applicare carichi molto elevati contando su un sistema potenziato che effettua sia nitrificazione che denitrificazione, con ottime prestazioni depurative a fronte di un significativo aumento dei carichi applicati. La sperimentazione è ancora in corso, perché, come sopra accennato, questi sistemi richiedono osservazioni a lungo termine per esplorare tutte le possibili problematiche. Parte dei risultati sono stati presentati nelle Giornate di Studio Upgrading e gestione degli impianti di trattamento delle acque di scarico (Perugia, ottobre 2011) e al convegno Sidisa 2012 (Milano, giugno 2012). Una pratica che sta trovando crescente applicazione è quella del ricircolo del refluo, che nasce da due esigenze: 1) aumentare il tempo di permanenza del refluo nel letto filtrante, 2) incrementare la rimozione dell azoto tramite un potenziamento della nitrificazione-denitrificazione. Il ricircolo può essere impiegato nei sistemi ibridi Hssf+Vssf (Figura 5A) al fine di ricircolare il refluo nitrificato in testa all impianto dove le condizioni anossiche del letto Hssf consentono la denitrificazione, supportata dal carbonio del refluo in ingresso. Una variante (Figura 5B) consiste nel ricircolare il refluo nitrificato direttamente nella fossa Imhoff, che contribuisce al processo di denitrificazione grazie alle condizioni anossiche e alla disponibilità di substrato organico. La stessa soluzione è rappresentata in Figura 5C con la variante della creazione di uno strato saturo al fondo del filtro, per favorire ulteriormente la denitrificazione. In un sistema di letti Vssf disposti in serie (Figura 5D), ciascun effluente viene ricircolato nuovamente nel letto, mentre nella configurazione di Figura 5E l effluente dal sistema Vssf viene stoccato in una vasca di accumulo da cui viene prelevato il ricircolo. Un parametro particolarmente importante per queste configurazioni è il rapporto di ricircolo, che deve essere tale da favorire la denitrificazione senza limitare la nitrificazione a causa dei carichi idraulici troppo elevati. Una nuova configurazione di sistema Vssf ricircolato, che minimizza la richiesta di spazi grazie al ricircolo del refluo direttamente dal fondo della vasca stessa, è stata testata dall Università di Trento su impianto pilota outdoor (Figura 5F). Grazie a uno strato di fondo saturo, sopra il quale si trovano gli strati insaturi continuamente raggiunti dal refluo grazie al ricircolo, si allunga il tempo di contatto tra il refluo e la biomassa; si combina così l attività aerobica nitrificante con la denitrificazione, raggiungendo rendimenti di rimozione di COD dell 85%, di TKN dell 80% e dell azoto totale del 55%. I carichi applicati sono stati decisamente alti, fino a g COD m -2 d -1 per la sostanza organica, e 15 gtkn m -2 d -1 per l azoto. Parte dei risultati della sperimentazione sono stati presentati alle Giornate di Studio Upgrading e gestione degli impianti di trattamento delle acque di scarico (Perugia, ottobre 2011) e al convegno Sidisa 2012 (Milano, giugno 2012). Le soluzioni per potenziare la fitodepurazione convenzionale permettono sostanzialmente di ridurre le aree specifiche per il trattamento dei reflui (anche inferiori a 2 m 2 /AE per un sistema Vssf) mantenendo elevate prestazioni depurative del sistema. In Figura 6 si evidenziano i rendimenti di rimozione per COD e azoto totale che possono essere mantenuti in sistemi Vssf dotati di aerazione e/o ricircolo, al diminuire della superficie specifica occupata. I risultati sperimentali ottenuti in 3 anni di studio da parte dell Università di Trento con configurazioni Vssf innovative, mostrano che è possibile ripensare alla scala della superficie occupata senza perdere in efficienza: modulando opportunamente il livello di manutenzione ed energia elettrica, si passa da una CW convenzionale a una CW potenziata, che permette anche un elevata rimozione dell azoto totale, grazie alla possibilità di combinare positivamente nitrificazione e denitrificazione. 30 n.11 settembre 2013
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