CONVEGNO NAZIONALE Infanzia - Diritti - Istruzione
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- Bernadetta Biagi
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1 CONVEGNO NAZIONALE Infanzia - Diritti - Istruzione Le nostre proposte per un percorso educativo di qualità Roma, 10 Aprile 2015 sala Da Feltre Intervento Claudia Lichene, insegnante di scuola dell infanzia statale Investire nella cura è investire nell apprendimento INVESTIRE NELLA CURA Ḗ INVESTIRE NELL APPRENDIMENTO intervento di Claudia Lichene, Insegnante di Scuola dell Infanzia statale IC Carcare (SV) al Convegno Infanzia Diritti Istruzione Roma, 10 aprile ) In questa relazione, vorrei riuscire a far passare il perché investire nella cura è investire nell apprendimento. Per farlo vorrei riprendere alcuni passaggi, che condivido, esplicitati da Donatella Savio in un Convegno a Fossano nell anno scolastico 2006/07 intitolato proprio Cura è apprendimento. Inoltre, per meglio contestualizzare questa testimonianza, farò anche riferimento al seminario organizzato da FLC e PROTEO nel giugno
2 2) Nel seminario delle 10 Idee per la scuola dell Infanzia, parlando di continuità tra scuola dell infanzia e scuola Primaria, affermai che l esperienza con la sezione primavera mi aveva fatto comprendere meglio le difficoltà e le resistenze degli insegnanti della scuola elementare a mettersi dalla parte di noi insegnanti dell Infanzia e quanto, in noi insegnanti dell infanzia sia poco presente il valore del gioco e del prendersi cura 3) Ciò che mi preme far rilevare è la definizione che Donatella Savio dà del concetto di cura e che riporta da un dizionario Zingarelli: interessamento sollecito e costante per qualcosa o qualcuno ma, anche, grande impegno ed attenzione nel fare. La terza definizione, invece, si riferisce al campo più strettamente medico e fa riferimento ad un insieme di rimedi somministrati al paziente con lo scopo di guarire un sintomo. Ponendo l accento sulle prime due definizioni, possiamo dire che senza l impegno e l attenzione non c è cura. Da queste prime due definizioni risulta intanto che la cura è una relazione. Si può notare, inoltre, che questo punto di vista pone l accento su chi presta cure e che ha la responsabilità di gestire la relazione che lega chi dà cura e chi la riceve; responsabilità di mettere in campo quella sensibilità e quell atteggiamento psicologico tesi a comunicare interessamento sollecito, costante, impegnato. 2
3 Una prima riflessione sollecitata dai riferimenti proposti è che se è vero che il concetto di cura ha a che fare con una relazione e che, come sostengono le teorie psicoanalitiche si cresce e si apprende solo se inseriti all interno di una relazione autentica, penso di poter affermare che la cura è apprendimento nel prendersi cura di qualcuno, del bambino nel caso specifico, gli si comunica che per noi quel bambino/soggetto è importante, ha valore che teniamo a lui e al suo percorso di crescita. Occorre, inoltre, tenere in mente che questi messaggi passano non solo attraverso il verbale ma, piuttosto, attraverso il non verbale. Ma qual è il non verbale attraverso il quale insegnanti e scuola comunicano al bambino che per noi ha valore ed è prezioso? 4) La seconda riflessione, sollecitata dagli aspetti riferiti al legame tra cura e apprendimento, fa riferimento al fatto che prendersi cura del bambino richiede di averlo nella mente. Che idea abbiamo di bambino? Che idea abbiamo del modo in cui apprende? Quali sono i nostri stili educativi? Che tipo di bambini abbiamo nella nostra scuola? Nella nostra sezione, anche. Quando scegliamo l organizzazione del nostro lavoro a scuola abbiamo in mente queste domande? La scelta di un tipo di raggruppamento per età nelle sezioni, che idea di bambino nasconde? Che tipo di organizzazione del lavoro comunica? Le scelte che facciamo sulla base delle risposte che ci diamo a queste domande restituiscono un idea di bambino precisa. Ad esempio, se siamo convinti che il bambino apprende solo all interno di una dimensione relazionale ed emotiva stimolante ed autentica, allora faremo in modo di prevedere tempi adeguati da dedicare ai diversi momenti della cura, faremo attenzione all allestimento degli spazi, all atteggiamento con il quale ci avviciniamo e parliamo a quel bambino, ecc 3
4 5) A Carcare le scelte che gli insegnanti fanno sull organizzazione del lavoro (orario, raggruppamenti, tempi, spazi) tengono in mente ben presenti alcune delle domande che ho esplicitato e si fondano su risposte che il team docente ha elaborato, nel tempo, riguardo queste domande. La costruzione dell orario di servizio, ad esempio, non è pensato sulle 25 ore settimanali (8-13/11-16) ma, negli anni, abbiamo sperimentato modelli diversi sempre cercando di preservare la compresenza. Detto ciò, in questa slide, ho riprodotto un esempio di turnazione oraria avviata, nella mia scuola, a partire dal 2000 anno in cui, a seguito della sperimentazione ALICE, il team dell infanzia aveva iniziato a sperimentare modelli orari caratterizzati da ampia flessibilità. 4
5 6) Questa organizzazione consentiva la compresenza non solo nella parte centrale della mattinata, ma nella parte del pomeriggio dedicata alla nanna dei bambini di 3 anni (che impegna dalle ore circa alle ore Bisogna tener presente che non sarebbe possibile finire il turno alle 15 perché occorre occuparsi del risveglio e di riaccompagnare i bambini nelle sezioni dove viene consumata la merenda. Questo tipo di organizzazione consentiva di essere in compresenza in tutti quei momenti che prevedono, anche, la cura del corpo (ad esempio, andare in bagno per prepararsi al pranzo, curare il momento di passaggio dal pranzo alla nanna e il momento dell addormentamento). Come potete vedere l orario indica dalle ore 9 alle ma, a fronte di un elevato numero di bambini già presenti alle 8.30, è stato necessario un passaggio con le RSU per proporre che la mezz ora dalle ore 8.30 alle ore 9 ci fosse conteggiata come straordinario e retribuita su progetto con parte del fondo di Istituto. In buona sostanza, il grande vantaggio di questa turnazione stava nella possibilità di rendere l organizzazione oraria davvero flessibile, tanto che il conteggio delle ore avveniva su base mensile di 100 ore. E chiaro che l orario scivolato faceva accumulare ore in più da Ottobre fino a Maggio. Le ore in più che le insegnanti coinvolte facevano, informato il Consiglio di Istituto, sarebbero state recuperate in chiusura d anno, quando la frequenza calava. Le due sezioni le cui insegnanti avevano svolto ore in più nella prima parte dell anno la recuperavano a partire dal termine delle lezioni della Scuola Primaria e Secondaria (poteva capitare che due insegnanti concludessero il servizio in concomitanza con la fine delle scuole elementari e medie). 5
6 Da qualche anno, questa particolare turnazione (nata dai lavori e dalle esperienze di ALICE), non è più possibile per alcune ragioni oggettive (ad esempio, il fatto che ora la frequenza dei bambini a Giugno è molto più elevata rispetto a qualche anno fa e questo non consente ad una sezione di chiudere suddividendo i bambini nelle altre sezioni), ma non è più possibile anche perché non tutte le colleghe sono d accordo con questo tipo di organizzazione oraria. Ci sono sempre state alcune resistenze, ma il riconoscimento della flessibilità che il team riceveva costituiva un incentivo. Ora, tenere il punto fermo su alcuni aspetti cruciali per chi rimane diventa sempre più difficile anche perché la contrattazione di Istituto è ridotta all osso. Questo tipo di organizzazione non è più sostenibile perché non è più possibile che tutto dipenda esclusivamente dalla buona volontà e dal volontariato di quelle insegnanti che ancora ci credono, e che ci credono perché hanno compreso che dietro una determinata scelta di orario, composizione dei gruppi di bambini, scelta del momento della giornata in cui prevedere la compresenza, si comunica un idea di bambino che non impara solo dal punto di vista cognitivo. E un bambino che e questo lo hanno ben dimostrato le ricerche della moderna neuropsicologia costruisce apprendimenti significativi a livello cognitivo soltanto se ha costruito competenze adeguate a livello emotivo e relazionale. Detto ciò, chiedo al nostro Sindacato di fare un passaggio che diventa urgente dal punto di vista del CCNL Occorre che siano previste a livello contrattuale, e non di volontariato, le condizioni per una migliore ortganizzazione del lavoro, finalizzate ad una migliore qualità dell offerta formativa. Sostenere con forza il diritto alla compresenza significa dare messaggi precisi, significa riconoscere e dare valore ad esperienze positive che sono state fatte e che ci sono, ma che rischiano di naufragare e di non essere più del tutto sostenibili se non supportate da scelte politiche forti. E occorre che si faccia urgentemente, perché altrimenti organizzazioni che hanno dimostrato di funzionare saranno sempre dipendenti da scelte e disponibilità individuali di chi ha una precisa idea di quale sia la propria professionalità e di quali professionalità siano necessarie per la buona riuscita del progetto educativo. Mi riferisco anche al personale ATA che collabora ad accompagnarci con il gruppo dei tre anni nello spazio dedicato alla nanna e che ci aiuta durante il risveglio. Parlando di professionalità, le Nuove Indicazioni sottolineano che l insegnante è un professionista riflessivo la cui professionalità si arricchisce attraverso il lavoro collaborativo, la formazione continua in servizio, la riflessione sulla pratica didattica, il rapporto adulto con i saperi e la cultura. Per questo motivo, non si può non pensare all urgenza di fare in modo che venga resa obbligatoria la formazione. Quale formazione? Richiamando il tema centrale della mia relazione di oggi, occorre sottolineare la necessità di una formazione che metta in evidenza la stretta relazione che c è tra cura e apprendimento; formazione che non può non passare dalla riflessione sui momenti dedicati alla cura del corpo e sul valore o meno che l insegnante attribuisce a quei momenti. Non ho, però, in mente un modello di formazione all interno del quale un esperto relaziona e passa soltanto contenuti agli educatori/insegnanti. Quando penso alla formazione, personalmente, ho in mente il percorso che ho sperimentato in occasione del Piano Pluriennale di formazione per educatori di Sezioni Primavera e che ha precise caratteristiche che mettono a confronto professionisti dell educazione e che, con la regia di un esperto esterno (esperto di metodo), porta a far emergere il perché facciamo quel che facciamo. Questa è la domanda fondamentale che ci porta ad accrescere la nostra consapevolezza. Anche in questo caso, però, occorre che la formazione non sia più prerogativa solo di quei colleghi che ben conoscono il valore e i vantaggi di questi percorsi di formazione nell accrescere la professionalità. 6
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