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1 Precisazioni sul teorema di monodromia La dimostrazione del teorema di monodromia data nella precedente nota appare poco chiara. La ridescrivo qui di seguito in modo più particolareggiato. Dobbiamo mostrare che la F è continua su Z [0, 1]. Mostreremo che per ogni dato z 0 Z si può determinare un suo intorno aperto A e costruire una applicazione continua H : A [0, 1] Y che coincide con F nei punti di A {0} e che ha la stessa ombra di F : allora per ogni a A i cammini t F (a, t) e t H(a, t) sono continui (risp. per ipotesi e per costruzione), hanno la stessa ombra e lo stesso punto iniziale quindi (unicità dei sollevamenti) coincidono per ogni t: insomma F ed H coincidono su tutto A [0, 1] in particolare F è continua sul sottospazio aperto A [0, 1]. Mostriamo ora come scegliere A e come costruire H. Per ogni s [0, 1] scegliamo un intorno aperto U in X contenente F (z 0, s) sul quale φ induce un omeomorfismo con la sua immagine V = φ(u) e indichiamo con ψ : V U l inversa di tale omeomorfismo. Essendo la G continua, esisterà un intorno W di (z 0, s) in Z [0, 1] tale che G(W ) V ; possiamo supporre che W sia il prodotto tra un aperto B in Z ed un aperto I in [0, 1]. Tali aperti B I, al variare di s [0, 1] ricoprono {z 0 } [0, 1]; essendo questo compatto, sarà ricoperto da un numero finito B 1 I 1,..., B n I n di essi; scegliamo un aperto connesso in Z contenente z 0 e contenuto in B 1... B n. Per costruzione la restrizione di G a A I i può essere sollevata ad X utilizzando l omeomorfismo ψ sopra considerato: otteniamo così una H i : A I i X continua e coincidente con F nei punti di {z 0 } I i. Sulle intersezioni (A I i ) (A I j ) le applicazioni H i e H j hanno la stessa ombra (la restrizione di G), per ogni t I i I j coincidono con F nel punto (z 0, t) e quindi coincidono con essa su tutto A {t} perché A è connesso; coincidono quindi in tutti i punti in cui sono entrambe definite e definiscono così una applicazione H : A [0, 1] X con le proprietà richieste sopra. Commenti sulle notazioni e convenzioni usate Sia G un gruppo rispetto ad una operazione indicata moltiplicativamente, ossia in cui il prodotto tra due elementi x, y viene indicato con x y. Ciò non accade sempre. Ad esempio sia X un insieme (o uno spazio topologico, o un gruppo od in generale un insieme sul quale siano fissate una o più strutture ). Prendiamo per G l insieme delle applicazioni biunivoche di X in se (risp. l insieme degli omeomorfismi di X in se, o degli isomorfismi o delle applicazioni biunivoche che conservano le strutture date). Tale G è un gruppo ma per esso la composizione di f con g viene indicata con g f (e ciò può apparire strano le prime volte che si sente parlare di queste cose). Naturalmente siamo liberi di cambiare le notazioni, come si fa quando, in 1

2 qualche contesto, ciò rende più semplice o armonica la trattazione. Ad esempio si può introdurre il gruppo G opposto a G: esso è costituito dagli stessi elementi ed il prodotto x y tra x ed y è definito come y x. Si noti che l applicazione identica (a livello di insiemi) i : G G è un isomorfismo (a livello di gruppi) se e solo se G è commutativo. Invece l applicazione x x 1 è sempre un isomorfismo tra G e G. Sia ora C una categoria. Può convenire talvolta considerare la categoria C opposta ad essa: quella in cui oggetti e frecce sono le stesse ma a quest ultime si scambiano i ruoli di dominio e codominio. Si ha allora un isomorfismo controvariante di C in C: quello che lascia fissi oggetti e frecce. Questa è una operazione puramente formale da non confondere con altre costruzioni controvarianti: ad esempio il funtore passaggio al duale sulla categoria V degli spazi vettoriali (su un corpo k) non è un funtore di V nella sua categoria opposta (ad esempio il quadrato di tale funtore è l identità solo su quelli di dimensione finita). Veniamo ora alle cose di cui ci occupiamo nel corso. Dato uno spazio topologicox, abbiamo parlato della categoria i cui oggetti sono i punti di X e le frecce da un a X ad un b X sono le classi di omotopia di cammini che vanno da a a b. Siano a, b, c X e siano α e β cammini risp. da a a b e da b a c che definiscono quindi morfismi [α] : a b e [β] : b c; la loro composizione è data da [α β] : a c. Questo significa che [α β] = [β] [α]. Per questa ragione può essere preferibile cambiare la notazione nella composizione dei cammini: indicare quindi con α β il cammino che vale β(2t) se t [0, 1/2] e α(2t 1) se t [1/2, 1]: il gruppo fondamentale sarà allora l opposto a quello considerato avanti. La preferenza tra le due possibili definizioni (o convenzioni) viene determinata a seconda dell ambito di applicazione di questa teoria; nella letteratura matematica sono utilizzate entrambe. Per l uso che ne faremo in seguito preferiamo questa seconda convenzione: d ora in poi quindi il prodotto α β tra due cammini indicherà il cammino che segue prima β e dopo α. Alcuni commenti sugli spazi topologici quozienti Supponiamo che φ : X Y sia una applicazione tra insiemi. La relazione di equivalenza R φ definita su X ponendo x 1 R φ x 2 φ(x 1 ) = φ(x 2 ) è l unica relazione di equivalenza R su X che verifica le seguenti proprietà: a. detta π : X X/R la proiezione naturale, esiste φ : X/R Y per cui φ = φ π b. φ è iniettiva. 2

3 Supponiamo ora che φ : X Y sia una applicazione continua tra spazi topologici e che sia surgettiva. In tal caso la φ : X/R φ Y è biunivoca; essa è anche continua se dotiamo X/R φ della topologia quoziente. In generale tale φ non è un omeomorfismo: ad esempio se φ è l applicazione di X = [0, 2π[ in S 1 data da φ(t) = cos t + i sin t. Affinché φ sia un omeomorfismo, è sufficiente che essa sia chiusa, il che equivale all essere chiusa l applicazione φ. Ciò è sicuramente vero se X è compatto: ogni chiuso F di X sarà allora esso stesso un compatto, quindi anche φ(f ) lo sarà ed essendo un sottospazio di Y che è di Hausdorff (come tutti gli spazi che consideriamo) dovrà essere chiuso in Y. Descriveremo ora un altra condizione per la quale φ è una applicazione chiusa; essa ci permetterà di concludere, come nel caso che X sia compatta, che la φ costruita come sopra è un omeomorfismo. Definizione Una applicazione φ : X Y tra spazi topologici (come sempre: di Hausdorff, localmente compatti e a base numerabile) è detta propria se è continua e se per ogni compatto K in Y, anche φ 1 (K) è compatto in X. Proposizione 1 Ogni applicazione propria è una applicazione chiusa Dim. Sia φ : X Y propria e sia F un chiuso di X. Dobbiamo verificare che se y Y è aderente a φ(f ), allora y φ(f ). L ipotesi fatta su y assicura che esiste una successione (y n ) n N in φ(f ) che converge ad y; sia x n F tale che φ(x n ) = y n. Si noti che K = {y n : n N} {y} è un compatto di Y ; essendo φ propria l insieme φ 1 (K) è compatto in X. La successione (x n ) n N è così contenuta in un compatto di X: essa deve avere quindi una sottosuccesione convergente ad un x che apparterrà ad F perché F è chiuso. Per la continuità di φ si avrà che φ(x) = y ossia y appartiene effettivamente a φ(f ). La seguenti osservazioni sono spesso utili: 1. Se X è compatto ogni φ : X Y continua è propria. 2. Sia φ : X Y una applicazione propria e siano un chiuso di Y e Σ = φ 1 ( ) la sua controimmagine (ovviamente ancora chiusa) in X. Allora per restrizione di φ si ha una applicazione φ : X Σ Y e questa è ancora propria. Dim. Basta osservare che ogni compatto di Y è anche un compatto in Y e che le sue immagini inverse per φ e per φ coincidono. 3. Diciamo che una successione (x n ) n N in uno spazio topologico X è divergente se per ogni compatto K di X esiste un n 0 N tale che x n / K per n n 0 (talvolta ciò viene espresso con la scrittura lim n + x n = ). 3

4 Proposizione 2 Una applicazione continua φ : X Y è propria se e solo se trasforma successioni divergenti (in X) in successioni divergenti (in Y ) Dim. Premessa. Gli spazi topologici che consideriamo sono a base numerabile; sia quindi B = (B n ) n N una base per la topologia di uno spazio X. Siccome X è anche supposto localmente compatto, possiamo supporre che i B n abbiano chiusura compatta (semplicemente si eliminino da B i B n che non verificano tale condizione: quelli che rimangono formeranno ancora una base). Definiamo ora induttivamente una successione di compatti (K n ) n N in X nel seguente modo: K 1 sia la chiusura di B 1. Supposto definito K n si scelga ν(n) n tale che K n sia contenuto in Ω = h ν(n) B h e si prenda come K n+1 la chiusura di Ω. La successione di compatti ottenuta verifica le condizioni seguenti: 1. ogni K n è contenuto nella parte interna del successivo K n+1 2. l unione di tutti i K n è X Una successione di compatti che verifica queste due condizione è detta una successione esaustiva di compatti; è evidente che un sottoinsieme di X è compatto se e solo se è chiuso ed è contenuto in qualcuno di tali K n. Supponiamo ora che φ : X Y non sia propria. Allora esiste K compatto in Y tale che H = φ 1 (K) non è compatto in X: essendo chiuso ciò significa che H non è contenuto in alcuno dei K n. Esiste allora una sucessione (x n ) n N di punti di H in cui x n / K n. Essa sarà divergente in X ma la sua trasformata per φ, essendo contenuta in K, non è divergente in Y. Supponiamo ora che esista una successione divergente in X la cui trasformata per φ non sia divergente in Y ; passando eventualmente ad una sottosuccessione possiamo supporre che quest ultima sia convergente in Y : allora i punti di tale successione uniti al limite di essa formano un compatto in Y la cui immagine inversa per φ, contenendo una sucessione divergente, non può essere compatta. Proposizione 3 Una applicazione continua f : R N R M è propria se e solo se (come dicono gli analisti) ha maggiorazioni a priori ossia se verifica la seguente condizione: per ogni costante M, esiste una costante L(M) tale che se x R N ed f(x) M allora x L(M) La dimostrazione è lasciata per esercizio. Commento (spero) chiarificatore di certe argomentazioni Sia R una relazione di equivalenza su uno spazio topologico X, cui sarà associata la mappa quoziente π 1 : X X/R 1. Sia poi R 2 una relazione di equivalenza su X/R 2 con associata mappa quoziente π 2 : X/R 1 (X/R 1 )/R 2. Allora π 2 π 1 : X (X/R 1 )/R 2 è surgettiva e può quindi essere pensata 4

5 come la mappa quoziente di una relazione di equivalenza R su X (potrebbe essere chiamata la composizione delle relazioni R 1 e R 2 ). Sembrerebbe quindi che sul quoziente X/R vi siano due topologie, quella quoziente di X per R e quella quoziente di X/R 1 per la R 2. Nessuna ambiguità è possibile perché tali topologie coincidono: infatti A X/R è aperto per la prima topologia se e solo se (π 2 π 1 ) 1 (A) è aperto in X ed è aperto per la seconda se e solo se π2 1 (A) è aperto in X/R 1 ossia se e solo se π1 1 (π2 1 (A)) è aperto in X che è la medesima condizione. Insomma, il passaggio al quoziente può essere fattorizzato in operazioni di quoziente successive, senza che il risultato finale cambi. Così ad esempio quozientando il disco D n identificando punti opposti al bordo (ed ottenendo quindi P n ) si ha lo stesso risultato che partire da S n 1 [0, 1], quozientando rispetto alla relazione (s 1, t 1 ) (s 2, t 2 ) se e solo se o sono lo stesso punto, o t 1 = t 2 = 0 o t 1 = t 2 = 1 e s 2 = s 1. Esempi. 1. Consideriamo il numero complesso ω = cos(2π/p) + sin(2π/p) ove p è un intero positivo. L applicazione φ : C C definita da φ(z) = ω z è la rotazione attorno all origine di angolo 2π/p e φ n è la trasformazione identica se e solo se n è multiplo (intero) di p. Per z 1, z 2 C poniamo z 1 z 2 se e solo se esiste un inmtero n per cui z 2 = φ n z 1. Consideriamo il quoziente π : C C/. Mostreremo adesso che C/ è omeomorfo a C. Sia infati f : C C la funzione f(z) = z p. E facile verificare che f è surgettiva e che f(z 1 ) = f(z 2 ) se e solo se z 1 z 2. Quindi essa definisce una applicazione biunivoca f : C/ C, l unica per cui f π = f. Per dimostrare che f è un omeomorfismo è sufficiente mostrare che f è chiusa; ed infatti ciò è vero perché essa è propria. 2. Sia X uno spazio topologico di Hausdorff, localmente compatto, a base numerabile e connesso. Nell unione disgiunta tra X ed S 1 = {z C ; z = 1} identifichiamo 1 di S 1 con un fissato x X ottenendo uno spazio X. Si dimostri che : a. X è di Hausdorff, localmente compatto a base numerabile e connesso b. la proiezione naturale j : X X è un omeomorfismo con la propia immagine; penseremo quindi X identificato a j(x) X c. l inclusione X X { 1} è una equivalenza di omotopia d. il gruppo fondamentale di X può essere identificato col prodotto libero non abeliano tra il gruppo fondamentale di X e il gruppo Z (si consideri il ricoprimento aperto di X formato da X 1 = X { 1} e X 2 =immagine di S 1 {1} nel quoziente X, si scelga opportunamente il punto base e si verifichi l applicabilità del teorema di van Kampen). 5

6 In particolare se il gruppo fondamentale di X ha una presentazione (S; R), allora il gruppo fondamentale di X è presentabile aggiungendo ad S un nuovo elemento e lasciando invariate le relazioni R. 3. Sia X come nel punto precedente e sia φ : S 1 X continua. Nell unione disgiunta tra X e D 2 = {z C ; z 1} identifichiamo ogni punto z S 1 D 2 con φ(z) X, ottenendo un quoziente X. Si dimostrino le analoghe di a., b. e c. del punto precedente (in c. questa volta si tolga a X la classe di 0 D 2 ). Si dimostri poi che il gruppo fondamentale di X può essere ottenuto dal gruppo fondamentale di X quozientando per il minimo sottogruppo normale che contiene l elemento α individuato da φ. In particolare data una presentazione (S; R) del gruppo fondamentale di X, e detta r una rappresentazione di α in termini dei generatori S, una presentazione del gruppo fondamentale di X è (S; R {r}). 4. Si mostri che se nel punto precedente si parte da una φ : S p X con p 2 e nell unione disgiunta tra X e D p+1 si identifica ogni x S p D p+1 con φ(x) X, allora sono soddisfatte le analoghe di a., b. e c. mentre X e X hanno gruppi fondamentali isomorfi. Alcuni modi di vedere P 3 (R). 1. Sia T = S 2 [0, 1] ove S 2 = {x R 3 : x = 1}. Consideriamo l applicazione φ : T SO(3) (gruppo delle rotazioni di R 3 ) che alla coppia (v, t) associa la rotazione di un angolo πt attorno all asse contenente v. Per mostrare che φ è continua osserviamo che la proiezione ortogonale di x R 3 sulla retta r generata da v è a =< x, v > v e quindi che la proiezione ortogonale di x sul piano H ortogonale alla retta r è b = x a. La rotazione di angolo θ attorno all asse di v lascia a invariato ed applica b in (cos θ)b + (sin θ)v b. La scrittura in termini di coordinate di tali operazioni esibisce i coefficienti della matrice φ(v, t) come polinomi nelle variabili v e t, mostrando quindi la continuità di φ. Osserviamo ora che φ è surgettiva (dovrebbe essere ben noto dall algebra lineare) e che applica tutto S 2 {0} nell identità di SO(3); collassando S 2 {0} ad un punto, si ottiene come spazio quoziente il disco unitario D 3 R 3 e quindi una applicazione continua surgettiva φ : D 3 SO(3). Essendo D 3 compatto e SO(3) di Hausdorff si ha che quest ultimo è omeomorfo al disco D 3 quozientato per la relazione data dall applicazione continua e surgettiva φ ossia quella che identifica ogni punto v di S 2 = D 3 al suo antipodale v. D altra parte P 3, definito come quoziente di R 4 {0} per la relazione data dalla proporzionalità, è ottenibile come quoziente della semi- 6

7 sfera superiore S + = {x R 4 : x = 1, x 1 0} che è omeomorfa a D 3 (per proiezione sullo spazio delle ultime tre coordinate). Ciò mostra che SO(3) è omeomorfo a P 3 (R). 2. Sia K il corpo dei quaternioni; il sottoinsieme S = {q K : q = 1} è un gruppo rispetto alla moltiplicazione ed è omeomorfo alla sfera S 3. Consideriamo l azione di S su K definita da: S K (q, x) qxq 1 Siccome in K il modulo di un prodotto è il prodotto dei moduli, tale azione consiste di isometrie di K; queste potrebbero avere determinante 1 o 1 ma siccome S è connesso ed 1 S dà l identità il cui determinante è 1, tutta l azione sarà fatta di isometrie orientate. Insomma l azione è data da un omomorfismo ν : S SO(4). Siccome i quaternioni reali commutano con tutti gli altri, l immagine di ν è fatta di elementi che fissano tutti i punti dell asse reale. Ne segue che tutti gli elementi dell azione mandano in se stesso lo spazio ortogonale all asse reale, ossia lo spazio I dei quaternioni immaginari puri (il sottospazio reale tridimensionale generato dai quaternioni q tali che q 2 = 1). Se ne deduce una azione di S su I che è associata ad un omomorfismo ν : S SO(3). Il nucleo di esso è dato da {1, 1}. Mostreremo ora che ν è anche surgettivo: avremo così dimostrato nuovamente che SO(3) è omeomorfo a S 3 modulo la mappa antipodale, ossia omeomorfo a P 3. L identità di SO(3) è nell immagine di ν; sia quindi g SO(3) diverso dall identità; è noto che esso lascia fissa una retta; esiste quindi un quaternione q 0 S I tale che g(q 0 ) = q 0. Consideriamo il gruppo Γ delle rotazioni che lasciano fisso q 0 : esso è un gruppo omeomorfo a S 1 ; ora i quaternioni q cui è associata una rotazione che lascia fisso q 0 contengono (in realtà: coincidono con) l insieme = {cos(θ) + i sin(θ)q 0 che è un sottogruppo di S omeomorfo anch eso a S 1. Sappiamo che il nucleo dell omomorfismo Γ consiste di ±1, in particolare non è costante. Ora un omomorfismo non costante di S 1 in S 1 deve essere surgettivo. Ciò può essere mostrato osservando che l identità deve essere internno all immagine (perché questa deve essere un connesso contenente 1 simmetrico rispetto all origine e non ridotto ad {1}); essendo l immagine omogenea tutti i suoi punti saranno interni ossia essa è un aperto; ma sarà anche un chiuso (il complementare è unione di classi laterali ognuna ottenuta da essa per traslazione) ed essendo S 1 connesso deve essere tutto S 1. Questo modo di dimostrare la surgettività di S SO(3) può apparire un po lunga, rispetto ad una verifica con calcoli diretti; essa ha comunque il pregio di essere costituita di argomentazioni di tipo generale utilizzabili anche in altre situazioni. 7

8 3. Sia C C 3 la quadrica degenere di equazione z z z 2 3 = 0. Ponendo z h = x h + iy h per h = 1, 2, 3 identifichiamo C 3 con R 6 che penseremo come lo spazio delle coppie (x, y) per x = (x 1, x 2, x 3 ) e y = (y 1, y 2, y 3 ) vettori in R 3. In termini di tali coordinate reali C è definito come luogo ove x 2 y 2 = 0 e < x, y >= 0. Essendo le equazioni di definizione omogenee, l insieme C è un cono di centro l origine ed è determinato quindi dall intersezione K di C con una qualsiasi sfera di centro l origine: scegliamo la sfera di raggio 2: allora K è definito dalle equazioni: x = y = 1 e < x, y >= 0; per ogni tale coppia (x, y) esiste una ed una sola matrice ortogonale avente determinante 1 che ha x ed y come prime due colonne (la terza colonna sarà necessariamente x y): insomma K è omeomorfo ad SO(3) e quindi anche a P 3 (R). Automorfismi di un rivestimento Sia φ : X Y un rivestimento senza fissati punti base. Un automorfismo di φ è un omeomorfismo f : X X per il quale φ f = φ. Gli automorfismi di φ formano un gruppo (rispetto alla composizione di applicazioni) che sarà indicato con Aut(φ). Mostreremo adesso che se X è 1 connesso, scelto un punto base y 0 in Y il gruppo aut(φ) è isomorfo a π 1 (Y, y 0 ). Esaminiamo più in generale l esistenza di automorfismi per un rivestimento qualsiasi anche se sarà poi richiesta solo la conoscenza di cosa accade se X è 1 connesso). Ad un rivestimento φ 0 : (X, x 0 ) (Y, y 0 ) abbiamo associato il sottogruppo H 0 di π 1 (Y, y 0 ) immagine isomorfa di π 1 (X, x 0 ) tramite φ ; esso può essere caratterizzato anche come l insieme delle classi di cammini chiusi di origine y 0 che sollevati a partire da x 0 finiscono in x 0, ossia sono cammini chiusi. Abbiamo anche visto che due rivestimenti sono isomorfi se e solo se hanno associato il medesimo sottogruppo. Vogliamo vedere ora come cambia tale sottogruppo se al posto di x 0 prendiamo come punto base un altro x 1 φ 1 0 (y 0 ), ottenendo un altro rivestimento φ 1 : (X, x 1 ) (Y, y 0 ) (cambiamo nome al rivestimento perché nel dominio è cambiato il punto base). Scegliamo un cammino chiuso in X da x 0 a x 1 ed associamo ad ogni cammino chiuso α di origine x 1 il cammino chiuso di origine x 0 dato da α = γ 1 α γ. Ciò induce un isomorfismo tra π 1 (X, x 0 ) e π 1 (X, x 1 ) (il cui inverso è costruito in modo analogo usando al posto di γ il cammino γ 1 ). Per composizione con φ il cammino α induce una classe σ H 0, il cammino γ (che è trasformato in un cammino chiuso di origine y 0 ) induce una classe ν π 1 (Y, y 0 ) ed il cammino α induce ν 1 σν ossia un coniugato di σ. Ciò dimostra che il sottogruppo H 1 associato a φ 1 è coniugato al sottogruppo H 0 e più precisamente che si ha H 1 = ν 1 H 0 ν. Sappiamo (sollevamento di applicazioni su un rivestimento) che esiste una 8

9 applicazione continua f : (X, x 1 ) (X, x 0 ) tale che φ 0 f = φ 1 (ossia f solleva φ 1 su φ 0 ) se e solo se H 1 H 0 ; ma essendo uno il coniugato dell altro, tale relazione è possibile se e solo se i due sottogruppi coincidono. in tal caso, scambiando ruoli tra φ 0 e φ 1 si ottiene anche l esistenza di una g : (X, x 0 ) (X, x 1 ) continua e tale che φ 1 f = φ 0 ; allora g f e f g devono coincidere con le identità (sugli appropriati spazi) perché hanno le stesse ombre di esse e coincidono almeno in un punto (quello base) (unicità dei sollevamenti) e quindi sono entrambi omeomorfismi, uno l inverso dell altro. In particolare, se H 0 è un sottogruppo normale in π 1 (Y, y 0 ) (detto anche invariante perché tale rispetto agli automorfismi interni) qualunque x 1 si scelga in φ 1 (y 0 ) esiste un automorfismo del rivestimento (senza punti base) φ : X Y e sia la fibra di φ su un punto fissato y 0 Y che il gruppo degli automorfismi di φ sono identificabili in modo naturale al gruppo quoziente π 1 (Y, y 0 )/H. Quanto discusso sopra dimostra che per ogni spazio connesso con punto base (Y, y 0 ) si ha un isomorfismo tra Π = π 1 (Y, y 0 ) ed il gruppo degli automorfismi del suo rivestimento universale (X, x 0 ) e ciò permette di conoscere Π nei casi in cui si conosca il rivestimento universale di (Y, y 0 ) ed il gruppo degli automorfismi di questo. Mostreremo inoltre nel prossimo paragrafo che dividendo (X, x 0 ) per un sottogruppo H qualsiasi di π 1 (Y, y 0 ) si ottiene un rivestimento di (Y, y 0 ) che ha H come gruppo associato. Avremo quindi una corrispondenza biunivoca tra sottogruppi di π 1 (Y, y 0 ) e classi di isomorfismo di rivestimenti di (Y, y 0 ). Azione di un gruppo Siano G un gruppo ed X un insieme. Una azione (a sinistra) di G su X è il dato di una applicazione G X X indicata con (g, x) g(x) con le proprietà : - per ogni g G l applicazione x g(x) di X in se è biunivoca - per g, h G ed x X si ha g(h(x)) = (gh)(x) In altre parole è stato fissato un omomorfismo di G nel gruppo delle permutazioni di X. Sia H il nucleo di tale omomorfismo, ossia l insieme dei g G che lasciano fissi tutti i punti di X; se H = {1} diremo che l azione è effettiva. Se così non è, possiamo considerare l azione indotta di G/H su X che sarà detta l azione effettiva associata. Oss. Sebbene si sia interessati principalmente ad azioni effettive, spesso si darà una azione che non lo è intendendo poi considerare quella associata. Vediamo un esempio in cui tale procedura è conveniente. Sia R un campo di integrità cioè un anello commutativo senza divisori di zero e sia V un R modulo libero di rango n > 0. Definiamo una relazione di equivalenza 9

10 su V {0} ponendo x y se esistono λ, µ R {0} tali che λx = µy; il quoziente P(V ) è detto spazio proiettivo associato a V. Il gruppo Gl(V ) degli automorfismi lineari di V che agisce in modo effettivo su V, agisce anche su P(V ) ma generalmente in modo non effettivo: il sottogruppo H degli elementi che danno l identità è il gruppo delle omotetie invertibili di V (isomorfo al gruppo moltiplicativo R degli elementi invertibili di R) ed il quoziente Gl(V )/R, detto gruppo degli automorfismi di P(V ) verrà indicato con Aut(P(V )). Commento, fuori programma. In generale non è possibile trovare un sottogruppo di Gl(V ) che venga mandato nel suo quoziente Aut(P(V )) con un isomorfismo ( in termini tecnici si dice allora che la successione esatta: 1 R Gl(V ) Aut(P(V )) 1 non spezza ); ciò accade ad esempio se V è uno spazio vettoriale di dimensione almeno due su R o su C. Se vogliamo continuare ad utilizzare nei calcoli le matrici (con le quali si scrivono solitamente gli elementi di Gl(V )) dobbiamo allora considerare un gruppo di matrici modulo una qualche relazione di equivalenza. Si noti che l R modulo V induce uno spazio vettoriale Ṽ sul corpo K dei quozienti di R (precisamente è Ṽ = V R K). E evidente che lo spazio proiettivo P(V ) può essere identificato come insieme con P(Ṽ ) e che anche i loro gruppi di automorfismi coincidono. Comunque, per ragioni aritmetiche, è meglio considerare tali spazi proiettivi come oggetti distinti. Nel seguito esamineremo particolarmente il caso n = 2 ed R il corpo dei numeri complessi od un suo sottoanello. Per rappresentare Aut(P 1 ) ci si restringe di solito al gruppo Sl(2, R) delle matrici a determinante 1, diviso per il sottogruppo ±I per avere una azione effettiva. Ciò anche nei casi in cui è possibile trovare un gruppo di matrici, in una estenzione di R in C, che dia l azione effettiva. Ad esempio l azione indotta dal gruppo Sl(2, Z) su P 1, che non è effettiva, può essere sollevata ad una azione effettiva di un sottogruppo di Gl(Z[ 1]), ma questo non verrà utilizzato nel seguito come non lo è nella letteratura usuale sull argomento. Sarebbe comunque interessante capire per ragioni aritmetiche, quali sottogruppi di Gl(n, C) (o più in generale per coefficienti in un anello R) danno azioni effettive su P n 1, o meglio quali gruppi di omografie proiettive sono ottenibili come azioni effettive di un sottogruppo di Gl(n, C). (fine commento) 10

11 Azioni propriamente discontinue Una azione effettiva G X X di un gruppo G su uno spazio topologico X (ricordiamo che ogni spazio è supposto localmente conico, in particolare localmente compatto di Hausdorff) è detta propriamente discontinua se per ogni coppia di compatti H, K di X vi sono solo un numero finito di g G tali che g(h) K. E facile verificare che perché ciò accada è sufficiente che per ogni compatto K di X vi siano solo un numero finito di g G per i quali g(k) K. Un altra condizione equivalente all essere una azione propriamente discontinua è la seguente: se K è un compatto in X, ogni punto x X ha un intorno aperto tale che g(u) K solo per un numero finito di g G. Ancora un altra condizione equivalente è: se x, y X, esistono aperti U e V in X con x U, y V tali che g(u) V solo per un numero finito di g G. Sia quindi G X X una azione propriamente discontinua. Il gruppo di isotropia di un qualunque x X, ossia il gruppo G x costituito dai g G che tengono fisso x è finito. Un punto x X è detto regolare se il suo gruppo di isotropia è costituito dalla sola identità; altrimenti sarà detto un punto critico. Chiameremo poi indice di un x X la cardinalità del suo gruppo di isotropia. Per x X l insieme [x] = {g(x) : g G} è detto l orbita di x; essa è la classe di equivalenza di x per la relazione definita da x y se esiste g G con g(x) = y ; lo spazio quoziente per tale relazione verrà indicato con X/G (questa scrittura è un pò scorretta: il quoziente andrebbe indicato con G \ X perché l azione del gruppo è a sinistra). Se x 1, x 2 sono nella stessa orbita, ossia se appartengono alla stessa fibra della proiezione φ : X X/G, i loro gruppi di isometria sono isomorfi; anzi sono sottogruppi coniugati in G: infatti se g G applica x 1 in x 2 allora la coniugazione interna h ghg 1 trasforma G x1 in G x2. L orbita di un punto x X è un sottoinsieme discreto in X (ogni punto è aperto nella topologia di sottospazio); anzi vale la seguente condizione più forte: non esistono x X e una successione (g n ) n N di elementi distinti in G per cui la successione g n (x) converge ad un x 0 X (si usi la definizione di propriamente discontinuo con H = {x} e K un intorno compatto di x 0 ). In altri termini non solo la topologia indotta sull orbita di un punto è quella discreta, ma tale orbita è anche un sottospazio chiuso di X. 11

12 Lemma 4 Se l azione di G su X è propriamente discontinua, allora ogni x X ha un intorno V tale che g(v ) = V se g G x e g(v ) V = se g G G x. In particolare ogni altro punto di V ha per gruppo di isotropia un sottogruppo di G x Dim. Sia U un intorno aperto relativamente compatto di x che non contenga altri elementi della sua orbita. Per ipotesi Ū e g(ū) sono disgiunti per quasi tutti (ossia: tutti tranne al più un numero finito) di g G. Ne segue che togliendo ad U i trasformati g(ū) per g G G x si ottiene un intorno aperto U di x; si avrà allora che U e g(u ) sono disgiunti se g / G x. Allora l intersezione V dei trasformati g(u ) per g G ha le proprietà richieste nell enunciato. Per quanto riguarda l ultima affermazione, se g G fissa un punto di V, allora g(v ) e V si incontrano e quindi g G x Corollario 5 Quozientando uno spazio topologico X per l azione propriamente discontinua di un gruppo G si ottiene uno spazio localmente compatto di Hausdorff. La proiezione χ : X X/G è aperta a fibre discrete ed è un omeomorfismo locale in tutti i punti che hanno gruppo di isotropia banale (punti non critici). Se l azione è libera (ossia non ha punti critici) ed X è connesso, allora χ : X X/G è un rivestimento Dim. Per A X si ha χ 1 χ(a) = g G g(a): esso è aperto se A lo è e ciò mostra che χ(a) è in tal caso aperto in X/G. Per dimostrare che X/G è di Hausdorff basta dimostrare che se x, y sono punti di x non equivalenti allora [x] ha un intorno chiuso che non contiene [y]. Siano quindi x, y X aventi immagini distinte in X/G e sia V un intorno di x come fornito dal lemma precedente; allora la classe di equivalenza [y] ha solo un numero finito di punti entro V (al più la cardinalità di G x ). Esiste quindi un intorno compatto W di x contenuto in V e disgiunto da [y]. Allora χ(w ) è un intorno di [x], perché χ è aperta. Mostriamo che è anche chiuso, ossia che g G g(w ) è chiuso in X. Ed infatti sia z X; essendo l azione propriamente discontinua, esiste un intorno U di z tale che g(u) W solo per g in sottoinsieme finito Λ di G. Allora U g(w ) se e solo se g 1 Λ; così la famiglia (g(w )) g G essendo una famiglia localmente finita di chiusi ha per unione un chiuso di X. Azione del π 1 sul rivestimento universale Sia φ : X X il rivestimento universale di uno spazio connesso X ove sia stato fissato un punto base x 0. Abbiamo visto che il gruppo G = π 1 (X, x 0 ) 12

13 agisce come gruppo di omeomorfismi su X e che dal punto di vista insiemistico dividendo X per l azione di G si ottiene X. La proposizione seguente assicura che ciò è vero anche topologicamente. Proposizione 6 L azione di G = π 1 (X, x 0 ) sul rivestimento universale X di uno spazio topologico connesso X è propriamente discontinua Dim. Siano x e K un punto ed un compatto in X. Dobbiamo mostrare che x ha un intorno V tale che g(v ) K per quasi tutti i g G. Siano x = φ( x) e U un suo intorno aperto tale che ogni componente connessa di φ 1 (U) sia omeomorfa ad U tramite φ. Sia poi W un intorno compatto connesso di x contenuto in U e sia V la componente connessa di φ 1 (W ) che contiene x. Evidentemente V è un intorno di x. Supponiamo per assurdo che esista una successione (g n ) n N di elementi distinti di G tali che g n (V ) K ; esiste quindi per n N un elemento x n V tale che g n (x n ) K. Passando eventualemnte ad una sottosuccessione si può supporre che g n (x n ) converga ad un elemento x 0 K; ma allora la successione φ(x n ) converge ad un punto di W. Quindi x 0 φ 1 (U) e la componente connessa di questo aperto che contyiene x 0 sarà un intorno di x 0 : ciò è assurdo perché i g n (x n ) apparterrebbero a componenti distinte di di φ 1 (U) mentre dovrebero convergere entro una di esse. Corollario 7 Sia (X, x) uno spazio con punto base connesso. Associando ad ogni rivestimento φ : ( X, x) (X, x) l immagine φ (π 1 ( X, x)) si ottiene una corrsipondenza biunivoca tra {rivestimenti di (X, x) modulo isomorfismo} e {sottogruppi di π 1 (X, x)} Dim. Abbiamo già dimostrato l iniettività; la surgettività si dimostra costruendo per ogni dato sottogrupo H il rivestimento di X ottenuto quozientando il rivestimento universale per l azione di H restrizione di quella di π 1 (X, x) Una applicazione alla teoria dei gruppi Per n N indichiamo con F (n) il gruppo libero su n elementi. Proposizione 8 Se H F (n) è un sottogruppo di indice d, allora H è isomorfo a F (dn d + 1) Sia X lo spazio ottenuto da n copie disgiunte di (S 1, 1) identificando ad un solo punto x gli n punti base. Tale X è connesso e per il teorema di van Kampen il suo gruppo fondamentale è isomorfo a F (n). Sia φ : ( X, x) (X, x) il rivestimento corrispondente al sottogruppo H. Costruiamo un sottoinsieme di X nel modo seguente: osserviamo anzitutto che φ ha grado d e che 13

14 quindi per ogni sottospazio 1 connesso L X il sottospazio φ 1 (L) è composto di d componenti connesse ciascuna omeomorfa ad L. Prendiamo per L uno dei fattori S 1 cui è stato tolto il punto base 1; la chiusura di ciascuna delle componenti connesse di φ 1 (L) può essere costituita da un solo punto o da due (per assicurarsi di ciò si considerino le immagini inverse dei semicerchi chiusi da 1 a 1 della componente S 1 considerata). Quindi tutto X è ottenibile a partire dal punto base, attaccando successivamente copie di D 1 = [ 1, 1] per uno solo dei punti di bordo o per entrambi. Attaccando prima solo quelli che si attaccano su un solo punto, e poi tutte le rimanenti cui è stato tolto il corrispondente di 1 si ha un aperto contrattile di X. Sia I = X e per i I sia X i = {i}. Si ha un ricoprimento aperto di X che soddisfa le ipotesi del teorema di van Kampen; siccome X i X j = è contrattile per ogni i j mentre il gruppo fondamentale di ogni X i è isomorfo a Z, si ha che H = π 1 ( X, x) è isomorfo al gruppo libero sull insieme I. Resta solo da mostrare che I ha cardinalità dn d+1. Ciò si fa confrontando quante componenti connesse vi sono in φ 1 (x) e quante in φ 1 (X {x}). 14

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