Corte Europea Diritti dell Uomo: occupazione illegittima di terreni

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1 Tribunale Bologna , n ISSN Direttore responsabile: Antonio Zama Corte Europea Diritti dell Uomo: occupazione illegittima di terreni 08 Febbraio 2007 Filodiritto editore Corte Europea dei Diritti dell Uomo, III Sezione, pres. Boštjan M. Zupanicic, sentenza 21 dicembre 2006, ricorso n /01, De Angelis e altri c. Italia, - OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA DI TERRENI violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1 Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni di cui all art. 44 paragrafo 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma. Nella causa De Angelis e altri c. Italia, La Corte europea dei Diritti dell Uomo (terza sezione), riunita in sezione composta dai: Sigg.ri B.M. Zupan?i?, presidente, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, Sig.ra A. Gyulumyan, Sig. E. Myjer, Sig.re I. Ziemele, I. Berro-Lefèvre, giudici, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione, dopo aver deliberato in camera di consiglio il 30 novembre 2006, emette la presente sentenza, adottata in questa data: PROCEDURA 1. All origine della causa c è un ricorso (n /01) contro la Repubblica italiana i cui tre cittadini, la sig.ra Graziella De Angelis («la prima ricorrente»), il sig. Paolo Giuseppe De Angelis («il secondo ricorrente»), e la sig.ra Leda Izzotti («la terza ricorrente») hanno adito la Corte in data 6 novembre 2000 ai sensi dell art. 34 della Convenzione di tutela dei Diritti dell Uomo e delle Libertà fondamentali («la Convenzione»). 2. I ricorrenti sono rappresentati dai sigg.ri Aristide Spanò e Giuseppe Spanò, avvocati in Parma. Il Governo italiano («il Governo») è rappresentato dall agente, il sig. I. M. Braguglia, dal coagente, il sig. F. Crisafulli, e dal coagente aggiunto, il sig. N. Lettieri. 3. L 8 marzo 2004, la Corte ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Avvalendosi dell art. 29 paragrafo 3 della Convenzione, essa ha deciso di esaminare al tempo stesso la ricevibilità e il merito della causa. IN FATTO I. LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE 4. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1945, 1943 e 1922, e risiedono a Fano.

2 5. I ricorrenti sono gli eredi di N. D. A., proprietario di un terreno edificabile in Fano e registrato in catasto, cartelle 50 e 63, lotti 1, 2, 3, 6, 119, 94 e Con sentenza del 2 dicembre 1985, il ministero dei Lavori pubblici approvò il progetto di costruzione di un passaggio autostradale sul terreno di N. D. A. 7. Con sentenza datata 26 febbraio 1986, il prefetto di Pesaro autorizzò l Azienda Nazionale Autonoma dello Stato («ANAS») ad occupare d urgenza una parte del terreno di N. D. A., ossia metri quadrati, con lo scopo di espropriarlo per procedere alla costruzione dell opera autostradale. 8. In data 4 aprile 1986, la società Autostrade, per delega dell ANAS, procedette all occupazione materiale del terreno e iniziò i lavori di costruzione. 1. La procedura intrapresa in seguito all occupazione del terreno 9. Con atto di citazione notificato il 20 maggio 1991, N. D. A. propose davanti al Tribunale di Pesaro un azione di risarcimento danni contro la Società Autostrade. 10. Egli faceva notare che l occupazione del terreno era illegittima perchè era proseguita oltre il periodo consentito senza che si fosse proceduto all espropriazione formale e al pagamento di un indennità. Egli adduceva che, a seguito della trasformazione irreversibile del terreno, il suo diritto di proprietà era stato violato, richiedendo di conseguenza un risarcimento per la perdita del terreno nonché un indennità di occupazione. 11. Il 18 gennaio 1992 N. D. A. morì e i ricorrenti furono nominati suoi eredi. Questi ultimi non si costituirono nel procedimento davanti al Tribunale di Pesaro e, conformemente alla legge italiana, N. D. A. continuò ad essere considerato parte di questo procedimento. 12. Il 3 settembre 1992, una prima perizia venne depositata in cancelleria. Secondo il perito, la parte di terreno occupata dalla Società delle autostrade era di metri quadrati ed il suo valore commerciale nel 1991 era di ITL, ossia ITL il metro quadrato. L indennità di occupazione venne valutata dal perito in ITL. 13. Nel corso del processo venne depositata in cancelleria una seconda perizia. Innanzitutto il perito modificò le conclusioni precedenti valutando il valore commerciale del terreno nel 1991 in ITL, ossia ITL il metro quadrato. Inoltre, il perito stimò in ITL nel 1991 l importo del risarcimento calcolato secondo la legge n. 662 de 1996 nel frattempo entrata in vigore. 14. Con sentenza depositata in cancelleria il 19 ottobre 1999, il Tribunale di Pesaro ritenne che la proprietà del terreno fosse stata trasferita all amministrazione in seguito alla costruzione dell opera pubblica in virtù del principio dell espropriazione indiretta. 15. Alla luce di queste considerazioni il Tribunale di Pesaro condannò la Società delle autostrade a versare a N. D. A. un risarcimento calcolato secondo la legge n. 662 del 1996, ossia ITL più interessi e rivalutazione a partire dal 1991, nonché un indennità di occupazione di ITL, più interessi e rivalutazione a partire dal Secondo i ricorrenti, tale sentenza ha acquistato forza di giudicato il 17 maggio 2000 e, il 21 novembre 2000, la Società Autostrade versò loro le somme riconosciute dal Tribunale. 17. Con lettera del 5 agosto 2003, il rappresentante dei ricorrenti ha informato la cancelleria della Corte del fatto che la terza ricorrente era deceduta e che i primi due ricorrenti erano i suoi eredi. 2. La procedura «Pinto» 18. Con ricorso depositato in cancelleria il 16 ottobre 2001, la prima e il secondo ricorrente adirono la Corte di appello dell Aquila in base alla legge n. 89 del 24 marzo 2001, detta «legge Pinto», per lamentare la durata della procedura davanti al Tribunale di Pesaro di cui sopra. Essi chiesero alla Corte di appello di

3 dichiarare la violazione dell articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione e di condannare lo Stato italiano al versamento di un risarcimento per i danni materiali e morali subiti. 19. Con decisione depositata in cancelleria il 29 gennaio 2002, la Corte di appello dell Aquila respinse la domanda dei due ricorrenti dato che questi non avevano dimostrato di aver subito dei danni derivanti dalla durata della procedura, tuttavia eccessiva. 20. Con atto notificato il 14 marzo 2003, i due ricorrenti ricorsero in Cassazione. 21. Con sentenza depositata in cancelleria il 23 settembre 2004, la Corte di cassazione accolse il ricorso in quanto la Corte d appello dell Aquila non aveva considerato il danno morale subito dai due ricorrenti in ragione della durata eccessiva della procedura, rinviando la causa davanti ad un altra sezione della Corte di appello dell Aquila. 22. I due ricorrenti ricominciarono la procedura davanti alla Corte di appello dell Aquila. Con decisione depositata presso la cancelleria il 7 febbraio 2006, la Corte d appello accertò il superamento di una durata ragionevole. Essa respinse la domanda relativa al danno materiale in quanto non fondata, accordò 4.000,00 EUR a persona come risarcimento del danno morale, 1.000,00 EUR per spese processuali per la procedura davanti ad essa e 2.000,00 EUR per quella dinanzi alla Corte di cassazione. 23. Con lettera del 30 ottobre 2006, i ricorrenti hanno reso noto che la decisione della Corte d appello dell Aquila ha acquistato forza di giudicato il 27 settembre II. DIRITTO E PRASSI NAZIONALE RILEVANTI 24. Il diritto nazionale rilevante è descritto nella sentenza Serrao c. Italia (n /01, 13 ottobre 2005). IN DIRITTO I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL ART. 1 DEL PROTOCOLLO N I ricorrenti adducono di essere stati privati del terreno in circostanze incompatibili con l articolo 1 del Protocollo n. 1, così formulato: «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni.. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non pregiudicano il diritto degli Stati di attuare le leggi che essi ritengono necessarie per disciplinare l uso dei beni conformemente all interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o degli altri contributi o delle ammende.» A. Sulla ricevibilità 26. Innanzitutto, il Governo solleva un eccezione di non esaurimento delle vie di ricorso interne ritenendo che i ricorrenti, i quali non si erano costituiti nella procedura davanti al Tribunale, non hanno appellato la sentenza proveniente da quest ultima giurisdizione. 27. Inoltre, il Governo solleva un eccezione di tardività basata su due fasi. 28. Sulla prima, esso ritiene che il termine di sei mesi è cominciato a decorrere dal momento del trasferimento della proprietà in forza del principio dell espropriazione indiretta, ossia tra il 1990 e il Riguardo alla seconda fase, esso sostiene che il termine di sei mesi ha cominciato a decorrere il 1 gennaio 1997, data dell entrata in vigore della legge n. 662 del 1996, o, in via sussidiaria, il 30 aprile 1999, data del deposito presso la cancelleria della sentenza della Corte Costituzionale n. 148 del 1999, con la quale quest ultima ha confermato la legittimità di tale legge. A sostegno delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia (Miconi c. Italia (dec.), n /01, 6 maggio 2004). 30. Infine, il Governo solleva un eccezione sull assenza di qualità di vittima dei ricorrenti, ritenendo che la proprietà del terreno in questione sia stata trasferita all amministrazione prima del decesso di N. D. A. e

4 della sentenza del Tribunale di Pesaro, in virtù del principio dell espropriazione indiretta. Pertanto, i ricorrenti non hanno ereditato la proprietà del terreno ma solo il diritto ad ottenere la somma riconosciuta dal Tribunale. Dato che questa è stata loro versata, i ricorrenti non possono più essere considerati vittime. A tale riguardo, il Governo ritiene inoltre che, nel momento di ricevere il versamento da parte della Società delle autostrade della somma liquidata dal Tribunale, i ricorrenti avrebbero accettato tale somma a titolo di risarcimento globale e definitivo per la perdita del terreno. 31. I ricorrenti si oppongono alle eccezioni del Governo. 32. Sull eccezione relativa al non esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda di aver respinto un eccezione simile nelle cause Giacobbe e altri c. Italia (n /02, 15 dicembre 2005), Grossi c. Italia, (n /03, 6 luglio 2006), Ucci c. Italia (n. 213/04, 22 giugno 2006), Lo Bue c. Italia (n /04, 13 luglio 2006) e Zaffuto c. Italia (n /04, 13 luglio 2006). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge quindi l eccezione in questione. 33. Sulla prima fase dell eccezione di tardività, la Corte ricorda di aver respinto eccezioni simili nelle cause La Rosa e altri c. Italia (n. 2), ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), La Rosa e altri c. Italia (n. 3), ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), Carletta c. Italia, ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), Donati c. Italia, ((dec.), n /00, 13 maggio 2004), Maselli c. Italia (n. 2) ((dec.), n /00, 27 maggio 2004) e Chirò c. Italia (n. 2) ((dec.), n /01, 27 maggio 2004). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge pertanto l eccezione in questione. 34. Sulla seconda fase dell eccezione di tardività, la Corte ricorda di aver respinto eccezioni simili nelle cause Serrao c. Italia (n /01, 13 ottobre 2005), Binotti c. Italia (n. 2) (n /01, 13 ottobre 2005) e Janes Carratù c. Italia, (n /01, 3 agosto 2006). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge pertanto la fase in questione. 35. Quanto all eccezione relativa alla mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti, la Corte ritiene, alla luce delle argomentazioni delle parti, che tale eccezione è strettamente connessa al merito del ricorso e decide di unirvela. 36. La Corte accerta che l addebito non è palesemente infondato ai sensi dell articolo 35 paragrafo 3 della Convenzione. Essa rileva peraltro che esso non violi alcun altro motivo d irricevibilità. Occorre pertanto dichiararlo ricevibile. B. Nel merito 1. Argomentazioni delle parti a) Il Governo 37. In via preliminare, il Governo sostiene che l addebito sia palesemente infondato dato che i ricorrenti non sono mai stati proprietari del terreno, la cui proprietà sarebbe stata trasferita prima del decesso di N. D. A, in base al principio dell espropriazione indiretta, e che essi non si sono mai costituiti nel procedimento dinanzi al Tribunale. 38. Il Governo constata che, nella fattispecie, si tratta di un occupazione di terreno nell ambito di una procedura amministrativa che si basa su una dichiarazione di pubblica utilità. Esso ammette che la procedura di espropriazione non è stata attuata secondo la legge nella misura in cui nessuna decisione espropriativa è stata adottata. 39. In primo luogo, ci sarebbe pubblica utilità e questo non è stato rimesso in questione dai giudici nazionali. 40. In secondo luogo, la privazione del bene come risultante dall espropriazione indiretta sarebbe «prevista dalla legge». Secondo il Governo, il principio dell espropriazione indiretta deve essere considerato parte

5 del diritto positivo a partire, al più tardi, dalla sentenza della Corte di cassazione n del La giurisprudenza successiva avrebbe confermato tale principio e precisato alcuni aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge n. 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge finanziaria n. 662 del Il Governo ne conclude che, a partire dal 1983, le norme sull espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare e accessibili a tutti i proprietari dei terreni. 42. Ne consegue che la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione non potrebbe essere esclusa dalla nozione di legge ai sensi della Convenzione. 43. Riguardo alla legge, il Governo riconosce che il fatto che una sentenza di espropriazione non sia stata pronunciata costituisce, di per sè, un infrazione alle norme di base della procedura amministrativa. 44. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un opera di pubblica utilità, non è più possibile la sua restituzione. 45. Il Governo definisce l espropriazione indiretta come il risultato di un interpretazione sistematica di principi esistenti, da parte dei giudici, tendente a garantire che l interesse generale supera l interesse dei privati quando l opera pubblica è stata realizzata (trasformazione del terreno) e risponde alla pubblica utilità. 46. Riguardo all esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto ai privati e la compensazione loro accordata, il Governo riconosce che l amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati. 47. Tenuto conto del fatto che l espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l illegalità dell amministrazione riguarda solo la forma, ossia un infrazione alle norme di base della procedura amministrativa, l indennizzo può essere inferiore al pregiudizio subito. 48. La fissazione dell importo dell indennità in questione rientra nel margine di valutazione concesso agli Stati per stabilire un indennizzo ragionevole per il valore del bene. Il Governo ricorda inoltre che l indennità massima prevista dalla legge finanziaria n. 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l espropriazione fosse stata regolare. 49. Alla luce di tali considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile, sotto tutti i punti di vista, con l art. 1 del Protocollo n. 1. b) I ricorrenti 50. I ricorrenti si oppongono alla tesi del Governo. 51. Essi fanno notare che l espropriazione indiretta costituisce un meccanismo che permette all autorità pubblica di acquistare un bene in piena illegalità. 52. Essi denunciano la mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicate al loro caso in quanto un principio giurisprudenziale, come quello dell espropriazione indiretta, non è sufficiente a soddisfare il principio di legalità. 2. Valutazione della Corte a) Sull esistenza di un ingerenza 53. La Corte ricorda, di primo acchito, di aver unito al merito l eccezione del Governo riguardante la mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti. 54. La Corte rammenta che, per determinare se vi è stata «privazione di beni», occorre esaminare non solo se vi è stato spossessamento o espropriazione formale ma occorre guardare oltre le apparenze e analizzare la realtà della situazione controversa. Dato che la Convenzione è diretta alla tutela di diritti «concreti ed effettivi», occorre ricercare se la suddetta situazione equivale ad un espropriazione di fatto (Sporrong e

6 Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A n. 52, pagg , paragrafo 63). 55. La Corte rileva che, applicando il principio dell espropriazione indiretta, il Tribunale ha considerato i ricorrenti privi del bene data la trasformazione irreversibile di quest ultimo. In mancanza di un atto formale di espropriazione, la constatazione d illegalità da parte del giudice è l elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la decisione del Tribunale di Pesaro ha portato a privare i ricorrenti del bene in base alla seconda frase dell art. 1 del Protocollo n. 1 (Carbonara e Ventura precitato, paragrafo 61, e Brum?rescu c. Romania [GC], n /95, paragrafo 77, CEDU 1999-VII). 56. Per essere compatibile con l art. 1 del Protocollo n. 1, tale ingerenza deve essere effettuata «per causa di pubblica utilità» e «nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale». L ingerenza deve comportare un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell interesse generale della Comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell individuo (Sporrong e Lönnroth, precitato, pag. 26, paragrafo 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio «si avverte solo quando l ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria» (Iatridis c. Grecia [GC], n /96, paragrafo 58, CEDU 1999 II, e Beyeler c. Italia [GC], n /96, p. 107, CEDU I). 57. Pertanto la Corte non ritiene opportuno basare il proprio ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale a favore dei ricorrenti non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, paragrafo 62). b) Sul rispetto del principio di legalità 58. La Corte rimanda alla giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n /96, CEDU 2000 VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, n /94, CEDU 2000 VI ; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, n /98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, n /97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (n. 3), n /98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, n /01, 13 ottobre 2005, La Rosa e Alba c. Italia (n. 1), n /00, 11 ottobre 2005 e Chirò c. Italia (n. 4), n /01, 11 ottobre 2005 in base alla quale l espropriazione indiretta non riconosce il principio di legalità in quanto non è idonea a garantire un grado sufficiente di certezza giuridica e permette in generale all amministrazione di andare oltre le regole stabilite in materia di espropriazione. Infatti, in tutti i casi, l espropriazione indiretta mira ad interinare una situazione di fatto derivante da illegalità commesse dall amministrazione, a disciplinare le conseguenze per il privato e per l amministrazione, a beneficio di quest ultima. 59. Nel caso in esame, la Corte rileva che, applicando il principio dell espropriazione indiretta, il Tribunale ha considerato i ricorrenti privati del bene in ragione della trasformazione irreversibile di quest ultimo, essendo state riunite le condizioni d illegalità dell occupazione e dell interesse pubblico dell opera costruita. Orbene, in assenza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che tale situazione non può essere ritenuta «prevedibile», dato che solo con la decisione giudiziaria definitiva si può ritenere che il principio dell espropriazione indiretta è stato effettivamente applicato e che è stata consacrata l acquisizione del terreno al patrimonio pubblico. Di conseguenza, i ricorrenti hanno avuto la «certezza giuridica» riguardante la privazione del terreno solo il 17 maggio 2000, data nella quale la decisione del Tribunale di Pesaro ha acquisito forza di giudicato. 60. La Corte osserva poi che la situazione in esame ha permesso all amministrazione di trarre profitto da un occupazione di terreno illegale. In altri termini, l amministrazione ha potuto appropriarsi del terreno senza curarsi delle norme che disciplinano l espropriazione con la dovuta forma, e, tra l altro, senza che

7 un indennità fosse messa in parallelo con la disposizione degli interessati. 61. Riguardo all indennità, la Corte constata che l applicazione retroattiva della legge n. 662 del 1996 al caso in esame ha portato a privare i ricorrenti della possibilità di ottenere un risarcimento del danno subito. 62. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ritiene che l ingerenza controversa non è compatibile con il principio di legalità e che essa ha pertanto violato il diritto al rispetto dei beni dei ricorrenti. 63. Pertanto, non può essere ammessa l eccezione sulla mancanza di qualità di vittima e vi è stata violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1. II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL ART. 6 PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE A. Equità della procedura 64. I ricorrenti allegano che l adozione e l applicazione alla procedura della legge n. 662 del 23 dicembre 1996 costituisce un ingerenza legislativa contraria al diritto ad un processo equo come quello garantito dall art. 6 paragrafo 1 della Convenzione che, nei relativi passaggi, dispone: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (...) da un Tribunale (...), che deciderà (...) le contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)» 1. Sulla ricevibilità 65. Il Governo eccepisce il superamento del termine di sei mesi dato che questo sarebbe cominciato a decorrere il 1 gennaio 1997, data dell entrata in vigore della legge n. 662 del 1996, o, in via sussidiaria, il 30 aprile 1999, data del deposito in cancelleria della sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 1999, con la quale tale giurisdizione ha confermato la legalità di questa legge. A sostegno delle proprie affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia (Miconi c. Italia (dec.), n /01, 6 maggio 2004). 66. I ricorrenti si oppongono alla tesi del Governo. 67. La Corte ricorda di aver respinto la stessa eccezione in sede di esame sulla ricevibilità dell addebito relativo all art. 1 del Protocollo n. 1 (paragrafi 29 e 34 di cui sopra). Essa non vede alcun motivo di discostarsi dalle sue precedenti conclusioni e respinge pertanto l eccezione del Governo. 68. La Corte constata che l addebito non è palesemente infondato secondo l art. 35 paragrafo 3 della Convenzione. Essa rileva peraltro che quest ultimo non viola alcun altro motivo d irricevibilità. Occorre pertanto dichiararlo ricevibile. 2. Sul merito 69. Il Governo osserva che la legge controversa non è stata adottata per influenzare lo svolgimento della procedura intentata dai ricorrenti. Inoltre, l applicazione di questa legge non avrebbe avuto ripercussioni negative per i ricorrenti. Ne conclude che l applicazione alla causa dei ricorrenti della disposizione controversa non solleva alcun problema secondo la Convenzione. 70. I ricorrenti contestano la tesi del Governo. 71. La Corte ha appena affermato, in base all art. 1 del Protocollo n. 1, che la situazione denunciata dai ricorrenti non è conforme al principio di legalità (paragrafi da 59 a 63 di cui sopra). Considerati i motivi che hanno condotto la Corte a constatare la violazione, quest ultima ritiene che non occorre esaminare se, nella fattispecie, vi è stata violazione dell art. 6 paragrafo 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n /97, paragrafi e paragrafi , CEDU 2006 ). B. Durata della procedura 72. I ricorrenti sostengono che la procedura iniziata al fine di ottenere il risarcimento per la perdita del terreno non ha riconosciuto il principio del «termine ragionevole». D altra parte, dopo aver tentato la procedura «Pinto», i due primi ricorrenti ritengono che l importo accordato dalla Corte d appello a titolo di danno morale non basta a riparare il danno subito per la violazione dell art. 6 paragrafo 1 della

8 Convenzione, così formulato: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia ultimata (...) entro un termine ragionevole, da un Tribunale (...) che deciderà (...) le contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)» 1. Tesi delle parti 73. Innanzitutto, il Governo solleva un eccezione di non esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto la procedura sarebbe pendente davanti alla Corte di Cassazione. 74. Inoltre, esso solleva un eccezione sulla mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti, ritenendo che questi ultimi non si sono costituiti nella procedura davanti al Tribunale di Pesaro. 75. Sul merito, il Governo sostiene che il periodo compreso tra il decesso di N. D. A. e la decisione del Tribunale non può essere considerato di durata irragionevole ai sensi dell art. 6 paragrafo I ricorrenti si oppongono alla tesi del Governo. 2. Valutazione della Corte 77. A titolo preliminare, la Corte rileva che, a seguito del decesso di N. D. A. i ricorrenti non si sono costituiti nella procedura davanti al Tribunale di Pesaro. Anche supponendo che, alla luce delle circostanze del caso, questi possano reputarsi vittime di una violazione della Convenzione (vedere, a contrario, Cocchiarella c. Italia [GC], n /01, paragrafo 113, CEDU 2006 ), la Corte deve anzitutto decidere se essi hanno esaurito, in conformità dell art. 35 paragrafo 1 della Convenzione, le vie di ricorso per loro aperte nel diritto italiano. 78. Riguardo alla terza ricorrente, la Corte osserva che, secondo la legge «Pinto», le persone che hanno subito un danno patrimoniale o non patrimoniale possono adire la Corte d appello competente al fine di fare accertare la violazione della Convenzione relativa al rispetto del termine ragionevole di cui all art. 6 paragrafo 1, e chiedere la concessione di una somma a titolo di equa riparazione. 79. La Corte ricorda di aver già constatato in varie decisioni sulla ricevibilità (vedere, tra le altre, le cause n /01, Brusco c. Italia del 6 settembre 2001, CEDU 2001-IX, e n /97, Giacometti c. Italia dell 8 novembre 2001, CEDU 2001-XII), che il rimedio introdotto dalla legge Pinto è un ricorso che i ricorrenti devono tentare prima che la Corte si pronunci sulla ricevibilità della richiesta qualunque sia la data di presentazione del ricorso davanti alla Corte. Nella fattispecie, dal fascicolo non risulta che la terza ricorrente abbia usato questa via di ricorso. 80. Riguardo ai primi due ricorrenti, la Corte rileva che la seconda procedura davanti alla Corte d appello dell Aquila si è conclusa con una decisione depositata in cancelleria il 7 febbraio 2006 che ha acquistato forza di giudicato il 27 settembre La Corte ricorda che, in conformità della giurisprudenza (vedere Di Sante c. Italia (dec.), n /00, 24 giugno 2004), a partire dal 26 luglio 2004 si deve richiedere ai ricorrenti di ricorrere in cassazione ai fini dell art. 35 paragrafo 1 della Convenzione. Nella fattispecie, i primi due ricorrenti non sono ricorsi in cassazione contro la decisione della Corte d appello dell Aquila depositata in cancelleria il 7 febbraio Alla luce di tali considerazioni, la Corte ritiene che l addebito debba essere respinto dato il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell art. 35 paragrafi 1 e 4 della Convenzione. III. SULL APPLICAZIONE DELL ART. 41 DELLA CONVENZIONE 83. Secondo l art. 41 della Convenzione, «Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se il diritto interno dell Alta Parte contraente non consente, se non imperfettamente, di cancellare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se occorre, un equa riparazione.» 84. A titolo di danno materiale, basandosi sulle perizie depositate durante il processo davanti al Tribunale

9 di Pesaro, i ricorrenti sollecitano il versamento di una somma pari alla differenza tra il valore commerciale del terreno e la somma loro riconosciuta dalle giurisdizioni interne in applicazione della legge n. 662 del A titolo di danno morale, i ricorrenti chiedono un risarcimento conforme ai criteri della giurisprudenza della Corte, senza tuttavia valutarlo. 86. Nelle osservazioni presentate in seguito alla comunicazione del ricorso al Governo, i ricorrenti non hanno chiesto il rimborso delle spese processuali. 87. Quanto al danno materiale, il Governo sostiene che, tenuto conto del fatto che l illegalità commessa dall amministrazione riguarda solo la forma, i ricorrenti avrebbero diritto soltanto ad un risarcimento inferiore al valore commerciale del terreno. 88. Sul danno morale, il Governo contesta le modalità di calcolo del danno utilizzate nelle sentenze sull equa riparazione Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (n /96, 30 ottobre 2003) e Carbonara e Ventura c. Italia (n /94, 11 dicembre 2003) e si rimette in ogni caso alla saggezza della Corte. 89. La Corte ritiene che la questione dell applicazione dell art. 41 per quanto riguarda l accertamento di violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1 non esiste nel caso in esame. Di conseguenza, essa la riserva e fisserà la procedura successiva, tenuto conto della possibilità che il Governo e i ricorrenti giungano ad un accordo. PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL UNANIMITA, 1. Dichiara la ricevibilità del ricorso per gli addebiti relativi alla privazione della proprietà e all equità della procedura, e l irricevibilità per il surplus; 2. Dichiara che vi è stata violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1; 3. Dichiara che non occorre esaminare nel merito l addebito relativo all art. 6 paragrafo 1 della Convenzione; 4. Dichiara che la questione dell applicazione dell art. 41 della Convenzione non ricorre nel caso in esame; di conseguenza, a) la riserva per intero; b) invita il Governo e i ricorrenti a rivolgerle per iscritto, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza diventerà definitiva conformemente all art. 44 paragrafo 2 della Convenzione, le osservazioni su tale questione ed in particolare a tenerla informata di qualsiasi accordo a cui potrebbero arrivare; c) riserva il procedimento successivo e delega al presidente della sezione l incarico di fissarlo all occorrenza. Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 21 dicembre 2006 in applicazione dell art. 77 paragrafi 2 e 3 del regolamento. Vincent Berger Boštjan M. Zupan?i? Cancelliere Presidente Traduzione non ufficiale eseguita dall avv. Elena Trabucchi. Corte Europea dei Diritti dell Uomo, III Sezione, pres. Boštjan M. Zupanicic, sentenza 21 dicembre 2006, ricorso n /01, De Angelis e altri c. Italia, - OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA DI TERRENI violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1 Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni di cui all art. 44 paragrafo 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma. Nella causa De Angelis e altri c. Italia,

10 La Corte europea dei Diritti dell Uomo (terza sezione), riunita in sezione composta dai: Sigg.ri B.M. Zupan?i?, presidente, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, Sig.ra A. Gyulumyan, Sig. E. Myjer, Sig.re I. Ziemele, I. Berro-Lefèvre, giudici, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione, dopo aver deliberato in camera di consiglio il 30 novembre 2006, emette la presente sentenza, adottata in questa data: PROCEDURA 1. All origine della causa c è un ricorso (n /01) contro la Repubblica italiana i cui tre cittadini, la sig.ra Graziella De Angelis («la prima ricorrente»), il sig. Paolo Giuseppe De Angelis («il secondo ricorrente»), e la sig.ra Leda Izzotti («la terza ricorrente») hanno adito la Corte in data 6 novembre 2000 ai sensi dell art. 34 della Convenzione di tutela dei Diritti dell Uomo e delle Libertà fondamentali («la Convenzione»). 2. I ricorrenti sono rappresentati dai sigg.ri Aristide Spanò e Giuseppe Spanò, avvocati in Parma. Il Governo italiano («il Governo») è rappresentato dall agente, il sig. I. M. Braguglia, dal coagente, il sig. F. Crisafulli, e dal coagente aggiunto, il sig. N. Lettieri. 3. L 8 marzo 2004, la Corte ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Avvalendosi dell art. 29 paragrafo 3 della Convenzione, essa ha deciso di esaminare al tempo stesso la ricevibilità e il merito della causa. IN FATTO I. LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE 4. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1945, 1943 e 1922, e risiedono a Fano. 5. I ricorrenti sono gli eredi di N. D. A., proprietario di un terreno edificabile in Fano e registrato in catasto, cartelle 50 e 63, lotti 1, 2, 3, 6, 119, 94 e Con sentenza del 2 dicembre 1985, il ministero dei Lavori pubblici approvò il progetto di costruzione di un passaggio autostradale sul terreno di N. D. A. 7. Con sentenza datata 26 febbraio 1986, il prefetto di Pesaro autorizzò l Azienda Nazionale Autonoma dello Stato («ANAS») ad occupare d urgenza una parte del terreno di N. D. A., ossia metri quadrati, con lo scopo di espropriarlo per procedere alla costruzione dell opera autostradale. 8. In data 4 aprile 1986, la società Autostrade, per delega dell ANAS, procedette all occupazione materiale del terreno e iniziò i lavori di costruzione. 1. La procedura intrapresa in seguito all occupazione del terreno 9. Con atto di citazione notificato il 20 maggio 1991, N. D. A. propose davanti al Tribunale di Pesaro un azione di risarcimento danni contro la Società Autostrade. 10. Egli faceva notare che l occupazione del terreno era illegittima perchè era proseguita oltre il periodo consentito senza che si fosse proceduto all espropriazione formale e al pagamento di un indennità. Egli adduceva che, a seguito della trasformazione irreversibile del terreno, il suo diritto di proprietà era stato violato, richiedendo di conseguenza un risarcimento per la perdita del terreno nonché un indennità di occupazione.

11 11. Il 18 gennaio 1992 N. D. A. morì e i ricorrenti furono nominati suoi eredi. Questi ultimi non si costituirono nel procedimento davanti al Tribunale di Pesaro e, conformemente alla legge italiana, N. D. A. continuò ad essere considerato parte di questo procedimento. 12. Il 3 settembre 1992, una prima perizia venne depositata in cancelleria. Secondo il perito, la parte di terreno occupata dalla Società delle autostrade era di metri quadrati ed il suo valore commerciale nel 1991 era di ITL, ossia ITL il metro quadrato. L indennità di occupazione venne valutata dal perito in ITL. 13. Nel corso del processo venne depositata in cancelleria una seconda perizia. Innanzitutto il perito modificò le conclusioni precedenti valutando il valore commerciale del terreno nel 1991 in ITL, ossia ITL il metro quadrato. Inoltre, il perito stimò in ITL nel 1991 l importo del risarcimento calcolato secondo la legge n. 662 de 1996 nel frattempo entrata in vigore. 14. Con sentenza depositata in cancelleria il 19 ottobre 1999, il Tribunale di Pesaro ritenne che la proprietà del terreno fosse stata trasferita all amministrazione in seguito alla costruzione dell opera pubblica in virtù del principio dell espropriazione indiretta. 15. Alla luce di queste considerazioni il Tribunale di Pesaro condannò la Società delle autostrade a versare a N. D. A. un risarcimento calcolato secondo la legge n. 662 del 1996, ossia ITL più interessi e rivalutazione a partire dal 1991, nonché un indennità di occupazione di ITL, più interessi e rivalutazione a partire dal Secondo i ricorrenti, tale sentenza ha acquistato forza di giudicato il 17 maggio 2000 e, il 21 novembre 2000, la Società Autostrade versò loro le somme riconosciute dal Tribunale. 17. Con lettera del 5 agosto 2003, il rappresentante dei ricorrenti ha informato la cancelleria della Corte del fatto che la terza ricorrente era deceduta e che i primi due ricorrenti erano i suoi eredi. 2. La procedura «Pinto» 18. Con ricorso depositato in cancelleria il 16 ottobre 2001, la prima e il secondo ricorrente adirono la Corte di appello dell Aquila in base alla legge n. 89 del 24 marzo 2001, detta «legge Pinto», per lamentare la durata della procedura davanti al Tribunale di Pesaro di cui sopra. Essi chiesero alla Corte di appello di dichiarare la violazione dell articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione e di condannare lo Stato italiano al versamento di un risarcimento per i danni materiali e morali subiti. 19. Con decisione depositata in cancelleria il 29 gennaio 2002, la Corte di appello dell Aquila respinse la domanda dei due ricorrenti dato che questi non avevano dimostrato di aver subito dei danni derivanti dalla durata della procedura, tuttavia eccessiva. 20. Con atto notificato il 14 marzo 2003, i due ricorrenti ricorsero in Cassazione. 21. Con sentenza depositata in cancelleria il 23 settembre 2004, la Corte di cassazione accolse il ricorso in quanto la Corte d appello dell Aquila non aveva considerato il danno morale subito dai due ricorrenti in ragione della durata eccessiva della procedura, rinviando la causa davanti ad un altra sezione della Corte di appello dell Aquila. 22. I due ricorrenti ricominciarono la procedura davanti alla Corte di appello dell Aquila. Con decisione depositata presso la cancelleria il 7 febbraio 2006, la Corte d appello accertò il superamento di una durata ragionevole. Essa respinse la domanda relativa al danno materiale in quanto non fondata, accordò 4.000,00 EUR a persona come risarcimento del danno morale, 1.000,00 EUR per spese processuali per la procedura davanti ad essa e 2.000,00 EUR per quella dinanzi alla Corte di cassazione.

12 23. Con lettera del 30 ottobre 2006, i ricorrenti hanno reso noto che la decisione della Corte d appello dell Aquila ha acquistato forza di giudicato il 27 settembre II. DIRITTO E PRASSI NAZIONALE RILEVANTI 24. Il diritto nazionale rilevante è descritto nella sentenza Serrao c. Italia (n /01, 13 ottobre 2005). IN DIRITTO I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL ART. 1 DEL PROTOCOLLO N I ricorrenti adducono di essere stati privati del terreno in circostanze incompatibili con l articolo 1 del Protocollo n. 1, così formulato: «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni.. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non pregiudicano il diritto degli Stati di attuare le leggi che essi ritengono necessarie per disciplinare l uso dei beni conformemente all interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o degli altri contributi o delle ammende.» A. Sulla ricevibilità 26. Innanzitutto, il Governo solleva un eccezione di non esaurimento delle vie di ricorso interne ritenendo che i ricorrenti, i quali non si erano costituiti nella procedura davanti al Tribunale, non hanno appellato la sentenza proveniente da quest ultima giurisdizione. 27. Inoltre, il Governo solleva un eccezione di tardività basata su due fasi. 28. Sulla prima, esso ritiene che il termine di sei mesi è cominciato a decorrere dal momento del trasferimento della proprietà in forza del principio dell espropriazione indiretta, ossia tra il 1990 e il Riguardo alla seconda fase, esso sostiene che il termine di sei mesi ha cominciato a decorrere il 1 gennaio 1997, data dell entrata in vigore della legge n. 662 del 1996, o, in via sussidiaria, il 30 aprile 1999, data del deposito presso la cancelleria della sentenza della Corte Costituzionale n. 148 del 1999, con la quale quest ultima ha confermato la legittimità di tale legge. A sostegno delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia (Miconi c. Italia (dec.), n /01, 6 maggio 2004). 30. Infine, il Governo solleva un eccezione sull assenza di qualità di vittima dei ricorrenti, ritenendo che la proprietà del terreno in questione sia stata trasferita all amministrazione prima del decesso di N. D. A. e della sentenza del Tribunale di Pesaro, in virtù del principio dell espropriazione indiretta. Pertanto, i ricorrenti non hanno ereditato la proprietà del terreno ma solo il diritto ad ottenere la somma riconosciuta dal Tribunale. Dato che questa è stata loro versata, i ricorrenti non possono più essere considerati vittime. A tale riguardo, il Governo ritiene inoltre che, nel momento di ricevere il versamento da parte della Società delle autostrade della somma liquidata dal Tribunale, i ricorrenti avrebbero accettato tale somma a titolo di risarcimento globale e definitivo per la perdita del terreno. 31. I ricorrenti si oppongono alle eccezioni del Governo. 32. Sull eccezione relativa al non esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda di aver respinto un eccezione simile nelle cause Giacobbe e altri c. Italia (n /02, 15 dicembre 2005), Grossi c. Italia, (n /03, 6 luglio 2006), Ucci c. Italia (n. 213/04, 22 giugno 2006), Lo Bue c. Italia (n /04, 13 luglio 2006) e Zaffuto c. Italia (n /04, 13 luglio 2006). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge quindi l eccezione in questione. 33. Sulla prima fase dell eccezione di tardività, la Corte ricorda di aver respinto eccezioni simili nelle cause La Rosa e altri c. Italia (n. 2), ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), La Rosa e altri c. Italia (n. 3), ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), Carletta c. Italia, ((dec.), n /00, 1 aprile 2004), Donati c. Italia,

13 ((dec.), n /00, 13 maggio 2004), Maselli c. Italia (n. 2) ((dec.), n /00, 27 maggio 2004) e Chirò c. Italia (n. 2) ((dec.), n /01, 27 maggio 2004). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge pertanto l eccezione in questione. 34. Sulla seconda fase dell eccezione di tardività, la Corte ricorda di aver respinto eccezioni simili nelle cause Serrao c. Italia (n /01, 13 ottobre 2005), Binotti c. Italia (n. 2) (n /01, 13 ottobre 2005) e Janes Carratù c. Italia, (n /01, 3 agosto 2006). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge pertanto la fase in questione. 35. Quanto all eccezione relativa alla mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti, la Corte ritiene, alla luce delle argomentazioni delle parti, che tale eccezione è strettamente connessa al merito del ricorso e decide di unirvela. 36. La Corte accerta che l addebito non è palesemente infondato ai sensi dell articolo 35 paragrafo 3 della Convenzione. Essa rileva peraltro che esso non violi alcun altro motivo d irricevibilità. Occorre pertanto dichiararlo ricevibile. B. Nel merito 1. Argomentazioni delle parti a) Il Governo 37. In via preliminare, il Governo sostiene che l addebito sia palesemente infondato dato che i ricorrenti non sono mai stati proprietari del terreno, la cui proprietà sarebbe stata trasferita prima del decesso di N. D. A, in base al principio dell espropriazione indiretta, e che essi non si sono mai costituiti nel procedimento dinanzi al Tribunale. 38. Il Governo constata che, nella fattispecie, si tratta di un occupazione di terreno nell ambito di una procedura amministrativa che si basa su una dichiarazione di pubblica utilità. Esso ammette che la procedura di espropriazione non è stata attuata secondo la legge nella misura in cui nessuna decisione espropriativa è stata adottata. 39. In primo luogo, ci sarebbe pubblica utilità e questo non è stato rimesso in questione dai giudici nazionali. 40. In secondo luogo, la privazione del bene come risultante dall espropriazione indiretta sarebbe «prevista dalla legge». Secondo il Governo, il principio dell espropriazione indiretta deve essere considerato parte del diritto positivo a partire, al più tardi, dalla sentenza della Corte di cassazione n del La giurisprudenza successiva avrebbe confermato tale principio e precisato alcuni aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge n. 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge finanziaria n. 662 del Il Governo ne conclude che, a partire dal 1983, le norme sull espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare e accessibili a tutti i proprietari dei terreni. 42. Ne consegue che la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione non potrebbe essere esclusa dalla nozione di legge ai sensi della Convenzione. 43. Riguardo alla legge, il Governo riconosce che il fatto che una sentenza di espropriazione non sia stata pronunciata costituisce, di per sè, un infrazione alle norme di base della procedura amministrativa. 44. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un opera di pubblica utilità, non è più possibile la sua restituzione. 45. Il Governo definisce l espropriazione indiretta come il risultato di un interpretazione sistematica di principi esistenti, da parte dei giudici, tendente a garantire che l interesse generale supera l interesse dei privati quando l opera pubblica è stata realizzata (trasformazione del terreno) e risponde alla pubblica

14 utilità. 46. Riguardo all esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto ai privati e la compensazione loro accordata, il Governo riconosce che l amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati. 47. Tenuto conto del fatto che l espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l illegalità dell amministrazione riguarda solo la forma, ossia un infrazione alle norme di base della procedura amministrativa, l indennizzo può essere inferiore al pregiudizio subito. 48. La fissazione dell importo dell indennità in questione rientra nel margine di valutazione concesso agli Stati per stabilire un indennizzo ragionevole per il valore del bene. Il Governo ricorda inoltre che l indennità massima prevista dalla legge finanziaria n. 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l espropriazione fosse stata regolare. 49. Alla luce di tali considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile, sotto tutti i punti di vista, con l art. 1 del Protocollo n. 1. b) I ricorrenti 50. I ricorrenti si oppongono alla tesi del Governo. 51. Essi fanno notare che l espropriazione indiretta costituisce un meccanismo che permette all autorità pubblica di acquistare un bene in piena illegalità. 52. Essi denunciano la mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicate al loro caso in quanto un principio giurisprudenziale, come quello dell espropriazione indiretta, non è sufficiente a soddisfare il principio di legalità. 2. Valutazione della Corte a) Sull esistenza di un ingerenza 53. La Corte ricorda, di primo acchito, di aver unito al merito l eccezione del Governo riguardante la mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti. 54. La Corte rammenta che, per determinare se vi è stata «privazione di beni», occorre esaminare non solo se vi è stato spossessamento o espropriazione formale ma occorre guardare oltre le apparenze e analizzare la realtà della situazione controversa. Dato che la Convenzione è diretta alla tutela di diritti «concreti ed effettivi», occorre ricercare se la suddetta situazione equivale ad un espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A n. 52, pagg , paragrafo 63). 55. La Corte rileva che, applicando il principio dell espropriazione indiretta, il Tribunale ha considerato i ricorrenti privi del bene data la trasformazione irreversibile di quest ultimo. In mancanza di un atto formale di espropriazione, la constatazione d illegalità da parte del giudice è l elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la decisione del Tribunale di Pesaro ha portato a privare i ricorrenti del bene in base alla seconda frase dell art. 1 del Protocollo n. 1 (Carbonara e Ventura precitato, paragrafo 61, e Brum?rescu c. Romania [GC], n /95, paragrafo 77, CEDU 1999-VII). 56. Per essere compatibile con l art. 1 del Protocollo n. 1, tale ingerenza deve essere effettuata «per causa di pubblica utilità» e «nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale». L ingerenza deve comportare un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell interesse generale della Comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell individuo (Sporrong e Lönnroth, precitato, pag. 26, paragrafo 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio «si avverte solo quando l ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria» (Iatridis c. Grecia [GC], n /96, paragrafo 58, CEDU 1999 II, e Beyeler c. Italia [GC], n /96, p. 107, CEDU 2000-

15 I). 57. Pertanto la Corte non ritiene opportuno basare il proprio ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale a favore dei ricorrenti non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, paragrafo 62). b) Sul rispetto del principio di legalità 58. La Corte rimanda alla giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n /96, CEDU 2000 VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, n /94, CEDU 2000 VI ; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, n /98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, n /97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (n. 3), n /98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, n /01, 13 ottobre 2005, La Rosa e Alba c. Italia (n. 1), n /00, 11 ottobre 2005 e Chirò c. Italia (n. 4), n /01, 11 ottobre 2005 in base alla quale l espropriazione indiretta non riconosce il principio di legalità in quanto non è idonea a garantire un grado sufficiente di certezza giuridica e permette in generale all amministrazione di andare oltre le regole stabilite in materia di espropriazione. Infatti, in tutti i casi, l espropriazione indiretta mira ad interinare una situazione di fatto derivante da illegalità commesse dall amministrazione, a disciplinare le conseguenze per il privato e per l amministrazione, a beneficio di quest ultima. 59. Nel caso in esame, la Corte rileva che, applicando il principio dell espropriazione indiretta, il Tribunale ha considerato i ricorrenti privati del bene in ragione della trasformazione irreversibile di quest ultimo, essendo state riunite le condizioni d illegalità dell occupazione e dell interesse pubblico dell opera costruita. Orbene, in assenza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che tale situazione non può essere ritenuta «prevedibile», dato che solo con la decisione giudiziaria definitiva si può ritenere che il principio dell espropriazione indiretta è stato effettivamente applicato e che è stata consacrata l acquisizione del terreno al patrimonio pubblico. Di conseguenza, i ricorrenti hanno avuto la «certezza giuridica» riguardante la privazione del terreno solo il 17 maggio 2000, data nella quale la decisione del Tribunale di Pesaro ha acquisito forza di giudicato. 60. La Corte osserva poi che la situazione in esame ha permesso all amministrazione di trarre profitto da un occupazione di terreno illegale. In altri termini, l amministrazione ha potuto appropriarsi del terreno senza curarsi delle norme che disciplinano l espropriazione con la dovuta forma, e, tra l altro, senza che un indennità fosse messa in parallelo con la disposizione degli interessati. 61. Riguardo all indennità, la Corte constata che l applicazione retroattiva della legge n. 662 del 1996 al caso in esame ha portato a privare i ricorrenti della possibilità di ottenere un risarcimento del danno subito. 62. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ritiene che l ingerenza controversa non è compatibile con il principio di legalità e che essa ha pertanto violato il diritto al rispetto dei beni dei ricorrenti. 63. Pertanto, non può essere ammessa l eccezione sulla mancanza di qualità di vittima e vi è stata violazione dell art. 1 del Protocollo n. 1. II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL ART. 6 PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE A. Equità della procedura 64. I ricorrenti allegano che l adozione e l applicazione alla procedura della legge n. 662 del 23 dicembre 1996 costituisce un ingerenza legislativa contraria al diritto ad un processo equo come quello garantito dall art. 6 paragrafo 1 della Convenzione che, nei relativi passaggi, dispone: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (...) da un Tribunale (...), che deciderà (...) le contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)» 1. Sulla ricevibilità

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