CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

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1 CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Nona Commissione - Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio sul tema: "IL CODICE DELLE ASSICURAZIONI PRIVATE" Roma, marzo 2007 IL RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA PERSONA NEL CODICE DELLE ASSICURAZIONI: pluralità delle voci di danno e loro liquidazione la surroga dell assicuratore sociale e il c.d. danno differenziale Trattare del risarcimento del danno alla persona spesso significa dover scegliere tra opzioni contrapposte: risarcire o non risarcire, liquidare poco o niente oppure tantissimo relatore: dott. Damiano Spera giudice del Tribunale di Milano 1. Qual è l ambito oggettivo di applicazione degli artt. 138 e 139?

2 L oggetto di questa relazione è la disamina delle questioni correlate al danno alla persona nelle ipotesi in cui trovino applicazione gli artt. 138, 139 e 142 del D. Lgs. n. 209/2005, che ha approvato Il codice delle assicurazioni private (d ora in poi chiamato Codice ). L art. 139 del Codice dispone che Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri previsti in detta norma. Nessuna disposizione analoga è contenuta nell art. 138 del Codice, che disciplina il Danno biologico per lesioni di non lieve entità, che si limita a prevedere un decreto del Presidente della Repubblica che provveda alla predisposizione di una specifica tabella unica su tutto il territorio della Repubblica: delle menomazioni.. e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto. Ed allora può sostenersi che l art. 138 si applichi a tutte le lesioni di non lieve entità, a prescindere, cioè, dalla loro genesi causale? Credo che al quesito si debba dare risposta negativa. Si tratta di una (ennesima) disattenzione del legislatore, che deve essere colmata dall interprete (così Maurizio Hazan, La nuova assicurazione della RCA nell era del risarcimento diretto, Giuffré, 2006, p. 167). L intento del legislatore, sia nei precedenti testi normativi (v. in particolare l art. 5 L. n. 57/2001), sia nei lavori preparatori del Codice, è sempre stato quello di dare una risposta settoriale al problema della liquidazione del danno biologico, cominciando dai sinistri rientranti nell assicurazione obbligatoria. Conferma ne è che entrambe le norme in esame sono inserite nel Codice delle Assicurazioni private ed, in particolare, nel Titolo X: Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti. Inoltre, se il legislatore avesse davvero voluto una normativa generale del danno biologico da applicare alle lesioni derivanti da qualsiasi tipo di inadempimento contrattuale o da fatto illecito, avrebbe dovuto introdurre la normativa nel codice civile. Sembrerebbe dunque coerente, a mio avviso, dare alle due citate norme uno stesso ambito applicativo, limitato alle fattispecie rientranti nel menzionato Titolo X. Pertanto, gli artt. 138 e 139 del Codice non saranno mai applicabili per il risarcimento del danno biologico, permanente e temporaneo, conseguente a fatti illeciti che non rientrano nell ambito della Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti (titolo X citato: artt ). Altrimenti, si dovrebbe ritenere applicabile l art. 138 ai soli danni di non lieve entità conseguenti ai sinistri disciplinati da detto Titolo X e l art. 139 a tutti i danni di lieve entità comunque conseguenza di sinistri relativi alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, anche se non rientranti nell ambito dell assicurazione obbligatoria (v. in tal senso Giuseppe Cassano: L azione di risarcimento nel nuovo codice delle assicurazioni, in Danno e responsabilità, n. 4/2006, p. 364 e ss.). Si può replicare, tuttavia, che anche l art. 5 comma 2 della L. n. 57/2001 disciplinava i danni di lieve entità derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e la giurisprudenza mai ha ritenuto che la norma fosse cogente anche fuori dall ambito dei sinistri disciplinati dall assicurazione obbligatoria. Ultima radicale soluzione interpretativa sarebbe ritenere applicabile l art. 139 nel senso appena detto e l art. 138 per tutti i danni alla persona conseguenti a qualsivoglia illecito civile, contrattuale ed extracontrattuale. In tal caso si dovrebbe enfatizzare la circostanza che nel presente provvedimento non ricorrono più le precedenti riserve legislative: nell art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 In attesa della definizione di carattere generale del danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 2

3 professionali il danno biologico ; e il citato comma 2 dell art. 5 della L. n. 57/2001, che dispone in attesa di una disciplina organica sul danno biologico. Sarebbe davvero velleitario sostenere che con questi due articoli, inseriti nel Codice delle assicurazioni, e non nel codice civile, il legislatore si sia sbarazzato del complesso problema del danno alla persona, di cui il danno biologico è solo una componente; ma in tali articoli non è stato neppure affrontato il problema del danno biologico subito dalle vittime secondarie ; infine giammai potrebbe essere questa una disciplina organica sul danno biologico, atteso che claris verbis il legislatore ha comunque limitato il danno biologico per lesioni di lieve entità, ex art. 139 del Codice, ai danni derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. 2. Qual è l ambito temporale di applicazione degli artt. 138 e 139 del Codice? L intero Codice è entrato in vigore, ai sensi dell art. 355, il 1 gennaio Tuttavia, poiché non sono tate ancora approvate le tabelle previste dall art. 138 del Codice: a) delle menomazioni all integrità psicofisica compresa tra dieci e cento punti; b) del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all età del soggetto leso, è evidente che l intera disciplina del danno biologico per macrolesioni non può essere affatto applicata. Con l approvazione delle tabelle l art. 138 sarà applicabile per la liquidazione dei danni conseguenti a sinistri verificatisi a decorrere dal 1 gennaio 2006? Poiché trattasi di criterio di liquidazione, a mio avviso la risposta dovrebbe essere affermativa. Trova invece immediata applicazione l art. 139 del Codice per la liquidazione del danno biologico per lesioni di lieve entità. Infatti, sebbene il Codice (art. 354) abbia espressamente abrogato gli artt. 1,2,3,4,5,6 della legge n. 57/2001 e l art. 23 della legge n. 273/2002, l art. 139 in esame ha esattamente confermato i criteri di liquidazione adottati dalle norme abrogate, con l avvertenza che detti importi sono aggiornati annualmente con decreto ministeriale in base agli indici ISTAT costo vita. Ed infatti, con decreto già emanato in data dal Ministero della Sviluppo economico (pubblicato in Guida al diritto n. 25/2006), sono stati adeguati gli importi risarcitori indicati nell art Inoltre, ai sensi dell art. 354 del Codice, rimane in vigore il decreto del Ministro della salute - che ha approvato la Tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 211 dell 11 settembre 2003 (art. 354), sebbene l art. 139 in esame rinvii ad un ulteriore emanando decreto del Presidente della Repubblica su tale questione. In definitiva, per effetto del coacervo di disposizioni normative, non v è soluzione di continuità nell applicazione dei criteri di liquidazione approvati per effetto della legge n. 57/2001: i criteri liquidativi sono cogenti, per il giudice, ai fini della liquidazione del danno biologico, permanente e temporaneo, conseguente a sinistri stradali verificatisi successivamente al (e, cioè, alla data di entrata in vigore della ormai abrogata legge n. 57/2001 citata). 3. E conforme a Costituzione un intervento legislativo settoriale nella disciplina del danno biologico? In definitiva l intervento legislativo è stato finora grossolano ed incompleto. Eppure La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell individuo e interesse della collettività (art. 32 Cost.). Ed allora, che senso ha disciplinare solo il criterio risarcitorio del danno biologico conseguente ad incidente stradale? Inoltre, l art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 prevede, ai fini della tutela dell assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, una speciale tabella indennizzo danno biologico ed una specifica tabella delle menomazioni. Ma può la Medicina legale dirci (una volta per tutte!) quanti punti di invalidità devono essere attribuiti ad una specifica menomazione all integrità psicofisica? Ed ancora, può mai 3

4 sostenersi che il bene salute leso sia diverso se una persona perde l uso dell arto: mentre guida un autoveicolo o lavora in azienda o cade per le scale ovvero mentre è ricoverata in ospedale? La disciplina delle singole fattispecie di responsabilità civile può essere diversa, ma, se sono lesi diritti inviolabili dell uomo, il danno non patrimoniale-conseguenza non può essere disciplinato con modalità diverse. Con la legge n. 57/2001 (prima) e il Codice delle Assicurazioni (dopo), il legislatore ha scelto di disciplinare casi specifici di liquidazione del danno biologico, rimettendo alla valutazione equitativa del giudice la liquidazione degli altri danni alla persona (art c.c.). Questa scelta, di per sé, non è in contrasto con la Costituzione, atteso che il legislatore non è obbligato a disciplinare tutto, ma ad approvare leggi che siano conformi alla Costituzione. Pertanto il giudice dovrebbe sottoporre la legge al vaglio della Corte Costituzionale, non nelle ipotesi (non disciplinate) in cui esso giudice può liquidare qualsivoglia somma ritenuta equa, ma solo se dubitasse della congruità dei valori monetari - in relazione alla tutela costituzionale del menzionato diritto alla salute - nelle ipotesi in cui è obbligato ad applicare il criterio normativo. 4. E ammissibile un applicazione estensiva degli artt. 138 e 139 del Codice? Tuttavia in tal modo il legislatore, nelle ipotesi non disciplinate di liquidazione del danno biologico, ha rimesso al giudice questa difficile opzione discrezionale: applicare i medesimi criteri normativi ovvero i criteri giurisprudenziali di liquidazione del danno biologico, riconducibili (in sostanza) alle tabelle adottate dai vari tribunali d Italia. Ancora una volta (come già verificatosi alla data di entrata in vigore della legge n. 57/2001) il giudice dovrà valutare se la normativa in esame possa essere espressione di un criterio liquidativo idoneo ad essere applicato, in via equitativa, anche al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. E indubbio che, a questi fini, sarà determinante per la fascia % - la curva della tabella dei valori pecuniari che sarà approvata per la liquidazione del danno biologico: a) se detta tabella sarà ritenuta congrua dalla maggioranza dei giudici, sarà facilmente applicata estensivamente al di là delle ipotesi espressamente previste dalla legge e, quindi, anche per la liquidazione dei danni biologici cagionati da sinistri verificatisi anteriormente al ovvero aventi genesi causale diversa dai sinistri previsti dal menzionato titolo X; b) altrimenti, inevitabilmente, i giudici ne faranno una - certamente consentita - applicazione restrittiva. Può essere opportuno aggiungere che l assoluta maggioranza dei giudici milanesi (togati ed onorari) non ha applicato i valori risarcitori prescritti dalla legge n. 57/2001 (ed ora dall art. 139 citato) oltre ai casi nella stessa espressamente indicati. Questi valori sono stati ritenuti troppo bassi rispetto a quelli previsti dalla tabella milanese, sia in relazione al danno biologico permanente che a quello temporaneo. Basti pensare che quest ultimo è liquidato, per ogni giorno di inabilità assoluta, con 40,16 ai sensi dell art. 139 citato, contro gli 67,36 riconosciuti dalla tabella milanese (aggiornata al ). E agevole dunque prevedere che i giudici milanesi tanto più facilmente ravviseranno la congruità della emananda tabella dei valori monetari (per il danno biologico conseguente a lesioni di non lieve entità) e quindi applicheranno in via estensiva la tabella oltre i casi previsti dalla legge, quanto più vicini saranno i valori pecuniari della emananda tabella a quelli già indicati nella tabella milanese. Per concludere su questo punto, giova ricordare che la tabella milanese del danno biologico è adottata dalla gran parte degli uffici giudiziari d Italia e, quindi, gode ormai di una sua effettività, di cui è opportuno tenere conto, impregiudicato il diritto del legislatore ad operare senza vincoli, che non siano riconducibili al dettato costituzionale, e nella specie, all art. 32 Cost.. E opportuno ricordare che la Corte di Cassazione (con sentenza n. 5012/2002) ha statuito che le cosiddette tabelle elaborate da alcuni uffici giudiziari per la liquidazione del danno biologico non rientrano nelle nozioni di fatto di comune esperienza di cui all art. 115, comma secondo c.p.c., né sono canonizzate in norme di diritto, appartenenti necessariamente alla conoscenza del giudice; ne consegue che il giudice che intenda utilizzarle deve, per non incorrere nell errore di omessa 4

5 motivazione, prima dare conto dei criteri indicati nelle tabelle (in termini generali e in forma concisa) e poi descriverne l applicazione alla fattispecie concreta. In altra ipotesi la Suprema Corte (sentenza n /2000) ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva proceduto alla liquidazione del danno biologico conseguente ad un infortunio sul lavoro in base alle cosiddette tabelle milanesi, limitandosi a definirle ben note, senza fornire altre spiegazioni. 5. Qual è la nozione di danno biologico accolta dagli artt. 138 e 139 del Codice? Ai sensi degli artt. 138 e 139 del Codice, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. Nella definizione di danno biologico, espressa dall abrogato articolo 5 della legge n. 57/2001, si affermava che per danno biologico si intende la lesione all integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato". Tuttavia, non si ritiene che vi sia un sostanziale quid novi, atteso che è ormai pacifico che il danno biologico, liquidato sia dalle tabelle giurisprudenziali che da quella normativa, ha sempre per oggetto i pregiudizi della vittima inerenti alla vita quotidiana ed agli aspetti dinamico-relazionali. Presupposto indefettibile per l applicazione della tabella normativa (ma anche di quella milanese) è l accertamento medico-legale della lesione temporanea o permanente all integrità psicofisica (così gli artt. in esame, ma anche, sostanzialmente l art. 13 del decreto legislativo n. 38/2000). Anche per la Corte Costituzionale (nella sentenza n. 233/03), il danno biologico deve essere inteso come lesione dell interesse costituzionalmente garantito, all integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.). Va quindi esclusa, in radice, ogni ipotesi di liquidazione di danno biologico presunto e di danno alla salute senza lesione biologica medicalmente accertata (da morte del prossimo congiunto, da immissioni rumorose, da molestie sessuali, etc.). La nozione di danno biologico accolta dai giudici milanesi - nei Criteri orientativi per la liquidazione del nuovo danno non patrimoniale, approvati dall Osservatorio sulla Giustizia civile del Tribunale di Milano nel dicembre 2004 (v. in appendice il documento, con gli importi aggiornati al ) è invece quella proposta dalla Corte Cost., nella sentenza n. 356/1991: La considerazione della salute come bene e valore personale in quanto tale garantito dalla Costituzione come diritto fondamentale dell individuo nella sua globalità e non solo quale produttore di reddito impone di prendere in considerazione il danno biologico ai fini del risarcimento, in relazione all integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana. 6. Con quali modalità è stata prevista la costruzione della curva delle tabelle dei valori pecuniari? Il legislatore ha sostanzialmente fatto propri i criteri posti a fondamento della curva dei valori monetari della tabella milanese: 5

6 - per le lesioni di non lieve entità (art. 138) il valore economico del punto è funzione crescente della percentuale di invalidità e l incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato cresce in modo più che proporzionale rispetto all aumento percentuale assegnato ai postumi ; - il valore economico del punto è funzione decrescente dell età del soggetto, sulla base delle tavole di mortalità elaborate dall ISTAT al tasso di rivalutazione pari all interesse legale ; - per le lesioni di lieve entità (art. 139) è liquidato un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6. L importo così determinato si riduce con il crescere dell età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall undicesimo anno di età. La crescita del valore-punto (in valore assoluto), in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità, si fonda sul presupposto che, aumentando quest ultima, aumentano altresì le compromissioni biologiche del soggetto. Tale crescita deve essere in misura più che proporzionale, come ha spiegato la medicina legale: per il valore-punto deve essere liquidato un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità ; cioè l incremento marginale del valore risarcitorio tra un punto ed il successivo dovrebbe essere maggiore di quello esistente tra quello stesso punto ed il precedente, sul presupposto che l incremento della invalidità determina una sempre maggiore menomazione dell integrità psico-fisica del soggetto. Ciò nonostante, i giudici di Milano hanno confermato la precedente curva dei risarcimenti: perché questa è ormai adottata dalla gran parte dei Tribunali d Italia, ed è quindi ritenuta comunque idonea ad indennizzare equamente il danneggiato; perché applicare rigorosamente il principio dell incremento più che proporzionale porta a valori risarcitori davvero eccessivi per le macro-invalidità; perché lo stesso legislatore, dopo aver affermato il principio predetto, lo ha spudoratamente disatteso con incrementi risarcitori costanti (v. art. 139 ult. comma). Il valore-punto viene dunque moltiplicato per la percentuale accertata di invalidità e "L'importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età. Il danno biologico permanente è un danno futuro; pertanto appare equo liquidare un minore importo a chi, in base alle tabelle di vita media, subirà il pregiudizio conseguente alle menomazioni, presumibilmente, per un minor numero di anni. Ciò spiega altresì le modalità risarcitorie adottate allorché non vi sia danno futuro, per effetto della morte del soggetto - anche cagionata da eventi diversi dalla originaria lesione - prima della liquidazione definitiva del danno (anche nel corso del giudizio di appello). Pertanto il danno biologico jure ereditario è inesistente nell ipotesi di morte istantanea; è liquidato equitativamente dal giudice (come danno biologico temporaneo e danno biologico terminale ) se sussiste un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte (v. sentenza della Corte Costituzionale n. 372/1994); se l evento morte si verifica dopo mesi o anni dal fatto illecito, è liquidato in base al danno biologico temporaneo e permanente correlato al tempo tra l originaria lesione ed il decesso, in proporzione (equitativa) dell importo che il giudice avrebbe liquidato in base alla tabella. 7. Cosa si intende per danno biologico non personalizzato? I predetti valori tabellari liquidano il danno biologico non personalizzato da particolari situazioni soggettive e, quindi, le conseguenze della lesione all integrità psico-fisica sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato. 6

7 Con il decreto il Ministero della salute aveva già approvato (come si è accennato) la Tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità, in esecuzione di quanto disposto dall art. 5, comma 5, della legge n. 57/2001 (tabella tuttora in vigore, ex art. 354 del Codice). Tale tabella è illustrata dai criteri applicativi, approvati col medesimo decreto. Nei criteri applicativi, si afferma che il danno biologico, quale menomazione dell integrità psicofisica, incide negativamente sulle attività quotidiane e sugli aspetti personali dinamico-relazionali della vita del danneggiato. Giova ribadire che il danno biologico non può non incidere sulle condizioni di vita del soggetto leso e, quindi, su tutti gli aspetti dinamico-relazionali. Tuttavia bisogna evitare confusioni di ruoli tra le parti, il C.T.U. ed il giudice. Il danno biologico non personalizzato è quello conseguente alla diminuzione della integrità psicofisica in sé e per sé considerata, che postula un criterio liquidativo egualitario ed uniforme (v. Corte Cost., sentenza n. 184/1986). La parte che ha chiesto in giudizio (genericamente) il risarcimento del danno alla persona non ha alcuno specifico onere di allegazione e di prova, in relazione al risarcimento del danno biologico in esame. Il C.T.U., quindi, indicherà in termini di percentuale la menomazione all integrità psico-fisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti. La prova della menomazione psico-fisica, accertata dal medico legale, è di per sé prova del danno, che presumibilmente sopporterà il soggetto leso se rimarrà in vita (v. sentenza Corte Costituzionale n. 372/94). Il danno biologico non personalizzato va valutato dal medico-legale, sotto il profilo anatomofunzionale, in relazione alle possibili sfere di vita del danneggiato (produttiva, sportiva, interrelazionale, ecc.); ma queste ultime sono considerate in astratto, perché il danno è, in concreto, tipizzato solo per il grado della menomazione psicofisica, per l età ed il sesso del soggetto. Trattasi, dunque, della compromissione della possibilità di espletare gli atti ordinari del vivere quotidiano. Alcune generiche attività ed estrinsecazioni della personalità, come lavarsi, vestirsi, camminare, leggere, andare a cinema, ecc., sono proprie di ogni essere umano di una certa età e sesso e possono, quindi, ritenersi lese in presenza della menomazione psicofisica, senza la necessità di uno specifico onere di allegazione e di prova, attraverso il ricorso alle "nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza" (art. 115 c.p.c.). Il C.T.U. medico-legale deve accertare l entità del danno biologico in base alla tabella delle menomazioni predetta, ma lo stesso vale per qualsivoglia barème adottato. Infatti nei menzionati Criteri orientativi approvati a Milano si afferma che: La valutazione medico-legale standard ha dunque ad oggetto il danno biologico: sia nel suo aspetto statico, quale danno fisiologico, sia nei suoi aspetti dinamico-relazionali medi, quale insieme di conseguenze negative prodotte, mediamente, dalla lesione nella vita quotidiana della vittime. In altri termini, la valutazione medico-legale considera il danno biologico sotto il profilo anatomofunzionale, ovvero tiene conto della compromissione della possibilità di espletare gli atti ordinari del vivere quotidiano nelle sue varie sfere - attività interrelazionali/produttive/sportive/sociali in genere - considerate in astratto: il ctu indica in termini di percentuale la menomazione all integrità psico-fisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti. Le tabelle già in uso presso il Tribunale di Milano, basate sulla valutazione medico-legale, tengono conto, in aggiunta agli aspetti dinamico-relazionali medi predetti, dell età del danneggiato (il valorepunto cresce in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità e si riduce con il crescere dell età del soggetto). 7

8 Pertanto la liquidazione del danno biologico effettuata sulla base di tali tabelle considera il danno biologico subito dalla persona nei suoi aspetti statico e dinamico relazionali medi. 8. Cosa si intende per danno biologico personalizzato? Il danno alla salute deve essere altresì liquidato dal giudice con criteri di elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione del caso di specie all'effettiva incidenza dell'accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana. Sarebbe certamente incostituzionale (arg. dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 184/86) una legge che impedisse al giudice la personalizzazione del danno biologico. Il danno biologico personalizzato attiene, dunque, al danno biologico dinamicorelazionale in concreto. Per il danno biologico conseguente a lesioni di lieve entità (1-9%), l art. 139, 3 comma del Codice conferma (anche nel tenore letterale) il criterio adottato dall art. 23 della legge n. 273/2002, secondo cui l ammontare del danno biologico, permanente e temporaneo, può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Per il danno biologico conseguente a lesioni di non leve entità (10-100%), l art. 138, 3 comma del Codice dispone: Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico relazionali personali, l ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Non è dato comprendere le ragioni della disparità di presupposti e criteri di liquidazione del cd. danno biologico personalizzato, nelle ipotesi di lesioni di lieve (incremento consentito fino al 20%) o non lieve entità (incremento fino al 30%). Non appare condivisibile che, in quest ultimo caso - con ripercussioni certamente più gravi nelle concrete condizioni di vita del soggetto danneggiato - il giudice possa procedere all aumento (in ipotesi anche di pochi punti percentuali) della liquidazione solo se la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali. Nei citati criteri applicativi di cui al decreto del Ministero della salute, che ha approvato la tabella delle menomazioni tra 1-9%, si afferma: Ove la menomazione accertata incida in maniera apprezzabile su particolari aspetti dinamicorelazionali personali, lo specialista medico-legale dovrà fornire motivate indicazioni aggiuntive che definiscano l eventuale maggior danno tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato, richiamate dal comma 4 dell art. 5 della legge n. 57/2001, come modificato dalla legge n. 273/2002. Si afferma ancora nei menzionati Criteri orientativi milanesi: Nella prospettiva di rispondere alla esigenza di garantire l integrale riparazione del danno ingiustamente subito nei valori propri della persona anche in riferimento all art. 2 Cost. (così Cass n.8827/2003), va rilevato che ulteriori condizioni soggettive del danneggiato, diverse da quelle medie, non sono considerate nella valutazione medico legale standard e quindi neppure dalle cd. Tabelle milanesi, che non tengono quindi conto degli aspetti dinamico-relazionali personali del danno: tali profili, dunque, possono e debbono essere oggetto di ulteriore specifica valutazione (c.d. personalizzazione del danno biologico) da parte del giudice, ove allegati e provati (cfr. Cass. n.8827/2003, il danno biologico, a seguito di una valutazione che deve essere nel più alto grado possibile personalizzata, è liquidato in precipua considerazione di ciò che il soggetto non potrà più fare ). Il danno biologico, infatti, è costituito dalla compromissione del bene salute nelle manifestazioni o espressioni quotidiane che riguardano sia l'attività lavorativa sia anche tutte le attività extra 8

9 lavorative, che pongono il soggetto in condizioni non solo di produrre utilità, ma anche di riceverne e che postula, quindi, una valutazione necessariamente differenziata caso per caso. Il danno biologico personalizzato attiene dunque alla lesione del bene giuridico salute, e cioè della complessiva e personalizzata perdita della pregressa integrità psico-fisica. Oltre all esempio (indicato nei Criteri orientativi ) dell amputazione del dito di una persona che pratichi l hobby di suonare uno strumento musicale, si pensi ad una menomazione permanente che provochi una maggiore usura lavorativa: es. una menomazione alla caviglia per una barista che è costretta, per lavoro, a stare in piedi per molte ore al giorno (e ciò a prescindere dall eventuale prova della diminuzione della capacità di produrre reddito: danno patrimoniale che esula dalle tabelle milanesi). Mentre la tabella normativa consente al giudice di aumentare fino al 20% (art. 139) ed al 30% (art. 138) l importo risultante dalla liquidazione del danno biologico permanente e temporaneo, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, i Criteri orientativi milanesi prevedono, in via di massima, che il giudice, in presenza di accertate condizioni soggettive possa aumentare, con congrua motivazione, fino al 30% l importo risultante dall applicazione della tabella milanese. Si è ritenuto che l aumento fino al 20% non consenta di valutare compiutamente le peculiarità del caso concreto. Si tratta, ovviamente, di criteri direttivi per evitare (col diverso criterio dell equità pura) forti disomogeneità nelle liquidazioni dei vari danni biologici personalizzati, anche al fine di rendere comunque prevedibile la decisione del giudice, sia pure nell ambito di ineludibili margini di discrezionalità; è altresì evidente che, in assenza di vincoli legislativi, il giudice è libero di liquidare comunque la somma ritenuta più congrua nella fattispecie concreta. Nelle ipotesi, invece, di cogente applicazione delle norme del Codice, ove il giudice, in relazione alle specificità del caso concreto, ritenga inidoneo l importo massimo liquidabile per il risarcimento del danno alla salute con le predette percentuali, dovrebbe rimettere gli atti alla Corte Costituzionale, per (non manifestamente infondata) violazione dell art. 32 della Costituzione. Domenico Chindemi ( Danno biologico nel nuovo codice delle assicurazioni, in La pratica forense ) evidenzia in proposito diversi profili di possibile incostituzionalità della normativa in esame, con particolare riguardo ai limiti relativi all aumento della liquidazione del danno. Per Patrizia Ziviz ( Il danno alla persona nel nuovo codice delle assicurazioni ) gli artt. 138 e 139 del Codice determinano una quantificazione dei pregiudizi conseguenti alla lesione psico-fisica la quale risulta comprensiva delle compromissioni standard della sfera esistenziale della vittima. Rimane così preclusa la possibilità di ricondurre le compromissioni peculiari della vittima sotto diverse etichette: in particolare attraverso la corresponsione di un pregiudizio definito nei termini di danno esistenziale. Tute le ripercussioni negative patite dalla vittima in questa sfera trovano riscontro attraverso il ristoro del danno biologico, per cui l attribuzione di un ulteriore voce di danno qualificata come danno esistenziale rappresenterebbe una duplicazione risarcitoria. La particolare attenzione del legislatore agli aspetti dinamico-relazionali del danno impedisce alla vittima il recupero di quanto non viene risarcito come biologico, atteso che più elevati sono i criteri risarcitori delle tabelle giurisprudenziali. Da tali strettoie, per la Ziviz si può uscire solo sollevando la questione di illegittimità costituzionale della disciplina in esame. Pertanto la parte danneggiata, che intenda chiedere il risarcimento del danno alla salute personalizzato, ha l onere di allegare nel processo specifici aspetti dinamico-relazionali o particolari condizioni soggettive del danneggiato, entro il termine di cui all'art. 183, 6 comma, n. 2 c.p.c. (fino al quale può ancora modificarsi il thema decidendum): tutti i fatti e le circostanze significative che consentano una completa personalizzazione del danno, sia in relazione al periodo di durata della malattia (danno biologico temporaneo) sia in relazione ai postumi permanenti (danno biologico permanente). 9

10 Sulla controparte graverà l'onere di prendere posizione ed eventualmente contestare tali allegazioni, nel termine predetto. La parte danneggiata avrà altresì l'onere di provare le allegazioni contestate e, conseguentemente, nel temine perentorio di cui all'art. 183, 6 comma, n. 3 c.p.c. (entro cui viene fissato il c.d. thema probandum), dovrà produrre i documenti e chiedere l'ammissione dei mezzi di prova. Una volta comprovata la condizione soggettiva rilevante, il giudice potrà eventualmente richiedere al C.T.U. la valutazione medico-legale, al fine di acclarare se quella specifica attività esistenziale sia in tutto o in parte preclusa per effetto della menomazione psicofisica; con l avvertenza che il C.T.U. dovrà limitarsi ad esprimere una valutazione tecnica e fornire al giudice tutti gli elementi necessari per chiarire la situazione di fatto, ma non dovrà aumentare l entità percentuale del danno biologico (eventualmente già accertato). Spetta, infatti, solo al giudice, con equo e motivato apprezzamento, aumentare l entità del risarcimento nei limiti predetti. Concludendo su questo punto vorrei osservare che, sebbene le tabelle milanesi abbiano sempre consentito la personalizzazione del danno alla salute, raramente gli avvocati hanno allegato particolari condizioni soggettive e, quindi, altrettanto raramente, i giudici hanno finora proceduto ad aumenti degli importi tabellari. 9. Qual è il criterio di liquidazione del danno biologico temporaneo? Per il danno biologico temporaneo conseguente a lesioni di non lieve entità, il Codice non indica alcun valore monetario, ma rinvia alla emananda tabella, con l indicazione del seguente principio direttivo: e)il danno biologico temporaneo inferiore al cento per cento è determinato in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno (art. 138). Per il danno biologico temporaneo conseguente a lesioni di lieve entità si afferma lo stesso criterio, ma si conferma il valore monetario di 39,37, per ogni giorno di inabilità assoluta (art. 139); con il Decreto del Ministero dello sviluppo economico , tale valore, a decorrere dal , è stato aumentato ad 40,16. La tabella milanese ha invece fissato, per l anno 2007, in 67,36 l importo liquidabile per il danno biologico temporaneo, conseguente ad ogni tipo di lesione, per ogni giorno di inabilità assoluta. Si spera che, nell emananda tabella, il legislatore colga l occasione per aumentare congruamente, per tutte le ipotesi di inabilità temporanea assoluta, l importo liquidabile, richiamando tuttavia l attenzione dei medici legali ad attenersi a criteri più rigorosi nell individuazione del danno in esame (talora si riconoscono giorni di inabilità assoluta, in conseguenza di un banale colpo di frusta!). 10. Gli artt. 138 e 139 del Codice consentono la liquidazione del danno morale? Non può sostenersi che gli artt. 138 e 139 del Codice liquidino l intero danno alla persona. Calogero Lo Giudice ( La svolta nel codice delle assicurazioni private in tema di danno non patrimoniale, in Com)ha invece ritenuto che il profilo soggettivo del danno morale è recuperato, sempre all interno del unica figura del danno biologico, dalla considerazione della condizioni soggettive del danneggiato, così escludendo facili ed ingiustificati automatismi, ai fini del risarcimento dela componente sofferenza, come è finora avvenuto. Anche Sara Landini ( Il risarcimento del danno biologico nel codice delle assicurazioni ) ha sostenuto che con il risarcimento del danno biologico il legislatore abbia voluto delimitare l ambito della risarcibilità dei danni alla persona nel suo complesso. Ammettere la liquidazione di altri danni non patrimoniale significherebbe lasciare irrisolti tutti i problemi di gestione tecnica del rischio nell assicurazione della responsabilità civile. 10

11 E, invece, certamente ammessa, anzi doverosa la liquidazione del danno morale. La fine della liquidazione del danno morale, sempre ammessa dal diritto vivente, avrebbe richiesto un esplicita volontà legislativa. Per Patrizia Ziviz (op. cit.) bisogna respingere qualsiasi opzione interpretativa volta a sostenere che il risarcimento della vittima di un incidente stradale possa esaurirsi attraverso la corresponsione delle voci di danno biologico espressamente menzionate dal Codice. Spetta dunque alla vittima anche il ristoro del danno morale, ed in relazione a quest ultimo il giudice è libero d stabilire la relativa quantificazione. Vorrei evidenziare, altresì, che, nel nuovo assetto giurisprudenziale, in presenza di lesione biologica, il danno morale soggettivo deve essere sempre liquidato anche nelle fattispecie di colpa presunta; quindi il giudice, liquidando il danno morale soggettivo, potrà più agevolmente adeguare il risarcimento complessivo all entità delle sofferenze ed a tutte le rinunce collegate alle sofferenze provocate dal fatto lesivo, costituente (anche solo in astratto) reato (v. sentenza CASS. n. 8827/03). Il danno morale soggettivo è stato inteso dalla giurisprudenza della Suprema Corte e della Corte Costituzionale come sofferenza contingente, transeunte turbamento dello stato d animo della vittima (così la Corte Costituzionale nella sentenza n. 233/2003), determinati dal fatto illecito. Come è stato recentemente osservato, il pretium doloris si identifica con la reazione emotiva immediata che cagiona l illecito: un misto di spavento, di dolore, di angoscia e di fastidio. Il danno morale soggettivo va sempre riconosciuto in tutte le ipotesi in cui venga applicato l art c.c.. Pertanto laddove l illecito comporti la lesione di un interesse costituzionalmente protetto, il pregiudizio consequenziale integrante il danno morale soggettivo (patema d animo) è risarcibile anche se il fatto non sia configurabile come reato (così la Cassazione, sentenza n. 8827/2003). La Suprema Corte inoltre ravvisa (sempre in quest ultima sentenza) l interesse all integrità morale, la cui tutela, agevolmente ricollegabile all art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo. Devesi tuttavia precisare che il danno morale soggettivo trova un suo supporto nella Costituzione solo nell ipotesi in cui tale danno sia conseguenza della lesione di un diritto fondamentale; altrimenti, si ritorna ad una valutazione di incostituzionalità dell art c.c., e ad una confusione dei contenuti del danno non patrimoniale, come invece ribaditi non solo dal nuovo corso giurisprudenziale, ma anche dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 37/1994, 372/1994 e l ordinanza 293/1996. Dalla giurisprudenza milanese, invece, il danno morale è stato sempre considerato come sofferenza non solo contingente (c.d. pretium doloris), ma anche correlata alle rinunce successive, conseguenti alle menomazioni psico-fisiche permanenti; pertanto appare congruo, per la vittima primaria, confermare l adottato criterio di liquidazione da ¼ ad ½ della somma dell importo liquidato a titolo di danno biologico temporaneo e permanente. Anche in questo caso, per evitare deprecabili automatismi, è onere della parte allegare e provare, anche mediante presunzioni, particolari situazioni di sofferenza; è compito del giudice sottoporre al C.T.U. specifici quesiti, per evidenziare patologie temporanee e permanenti particolarmente dolorose. Anche nella citata sentenza n /2006, la Cassazione ha ribadito che, nella liquidazione del danno morale soggettivo, il giudice di merito deve tener conto delle sofferenze patite dall offeso, della gravità dell illecito di rilievo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere la somma liquidata adeguata al particolare caso concreto (CASS 6 ottobre 1994, n. 8177). Il giudice può anche tenere conto di criteri predeterminati, come base di partenza per procedere a questa liquidazione, ma deve dare atto di aver, in ogni caso, provveduto alla personalizzazione di tale liquidazione, con riferimento alle specifiche circostanze del caso concreto e di non aver applicato i valori tabellari con mero automatismo. Nella fattispecie il giudice di appello ha ritenuto.. che il tribunale (di Roma), adottando la frazione più alta di liquidazione del danno morale (nella misura della metà del danno biologico) ha apprezzato 11

12 appieno, in relazione alla giovane età ed al sesso (ragazza di anni 25) della danneggiata, le sofferenze conseguenti al danno fisico subito. La Cass. ha quindi rigettato il ricorso. Lo stesso principio è stato da ultimo riaffermato dalla Cass. nella sentenza n. 394/2007 (in Guida al diritto, n. 6/2007, p. 22 e ss., con nota critica di Giovanni Comandé). 11. Cosa si intende per il nuovo danno non patrimoniale? Con la liquidazione con le esposte modalità del danno biologico, permanente e temporaneo, e del danno morale, si possono e/o devono liquidare altre voci di danno alla persona? In particolare, si deve liquidare il cd. danno esistenziale? La risposta non può essere data da un arbitraria ed immotivata scelta di campo, ma deve essere il risultato di un ragionamento (il più possibile) rigoroso. Ed allora non può non farsi una sia pure breve disamina delle sentenze della Corte di Cassazione del maggio 2003 e della Corte Costituzionale n. 233 del luglio successivo. Con queste sentenze il danno alla persona è stato radicalmente modificato sia nei contenuti che nei riferimenti normativi: - Alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex artt c.c. e 185 c.p. (nella restrittiva accezione di danno morale soggettivo e prescindendo dalla circostanza che sia o meno conseguenza di danno biologico) non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell autore del danno se essa, come nei casi di cui agli artt e 2054 c.c., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (così CASS. n. 7281/03, 7282/03, 7283/03; tale interpretazione è stata avallata dalla sentenza n. 233/2003 della Corte Costituzionale); - Le novità legislative ed il nuovo indirizzo giurisprudenziale hanno fatto assumere all art c.c. una funzione non più sanzionatoria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi di risarcibilità del danno non patrimoniale (così la Corte Costituzionale nella sentenza n. 233/2003); - Nel vigente assetto dell ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione - che all art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo -, il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona.. e non solo come danno morale soggettivo. Circa la riserva di legge contenuta nell art c.c., la Suprema Corte ha ritenuto che una lettura della norma costituzionalmente orientata impone di ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato valori della persona costituzionalmente garantiti, costituendo la riparazione mediante indennizzo la forma minima di tutela che non è assoggettabile a specifici limiti. D altra parte il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale. Questa lettura costituzionalmente orientata dell art c.c. riconduce la tutela risarcitoria della persona al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale: quest ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto (v. CASS. sentenze n. 8827/03 e 8828/03). Su quest ultimo punto ancora più chiaramente la Corte Costituzionale (nella citata sentenza n. 233/2003) ha concluso: deve essere ricompreso, nell astratta previsione dell art c.c., ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell interesse costituzionalmente garantito, all integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il 12

13 danno (spesso definito in dottrina e giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona La sentenza della Cassazione Sez. U. n del ha consacrato in via definitiva il danno esistenziale? Questa sentenza ha per oggetto un ipotesi di demansionamento e dequalificazione del lavoratore che aveva chiesto al datore di lavoro il risarcimento del danno professionale, biologico ed esistenziale. La Cassazione ravvisa la violazione dell art c.c. che tutela l integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, norma che inserisce i diritti costituzionali nell ambito del rapporto di lavoro. L inadempimento contrattuale è regolato dagli artt e 1223 c.c., e l art c.c. assicura anche l accesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali ex art c.c., senza necessità, per superare i limiti di applicazione di questa norma, di ravvisare l interesse costituzionale protetto, perché la protezione è già accordata dalla disposizione del codice civile. Dall inadempimento, tuttavia, non deriva automaticamente il danno, ma occorre la prova che sia derivato un pregiudizio, una perdita di tipo analogo a quello indicato dall art c.c., costituita dalla diminuzione di un valore personale (sentenza Corte Costituzionale n. 372/1994). Il lavoratore ha dunque innanzitutto l onere di allegare le circostanze che pone a fondamento della domanda risarcitoria. Mentre per il danno biologico non può prescindersi dall accertamento medicolegale della lesione dell integrità psicofisica, il danno non patrimoniale all identità professionale sul luogo di lavoro, all immagine o alla vita di relazione o comunque alla lesione del diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro tutelato ex artt. 1 e 2 Cost. integra un danno c.d. esistenziale: per danno esistenziale si intende ogni pregiudizio che l illecito datoriale provoca sul fare areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Peraltro il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l evento dannoso. Dunque il danno esistenziale non consiste in meri dolori e sofferenze, e deve essere verificato mediante la prova testimoniale, documentale o presuntiva, che dimostri nel processo i concreti cambiamenti, che l illecito ha apportato, in senso peggiorativo, nella qualità di vita del danneggiato. Queste circostanze devono essere allegate e provate con tutti mezzi offerti dall ordinamento processuale e quindi anche mediante presunzioni (art c.c.), cui il giudice può fare ricorso anche in via esclusiva; il giudice potrà altresì avvalersi delle nozioni generali derivanti dall esperienza (art. 115 c.p.c.). Con l avvertenza che, in mancanza di specifiche allegazioni, non è neppure consentita la liquidazione in forma equitativa La sentenza n del (rel. Scarano) ha confermato il nuovo indirizzo delle Sez. Unite? La sentenza ha per oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale subito iure proprio dal prossimo congiunto di una vittima, poi deceduta, di un incidente stradale. La sentenza in esame parte dalla premessa che con le sentenze del maggio 2003 la Cassazione ha rimarcato il carattere interiore e privo di obiettivizzazione all esterno del danno morale, espressamente qualificato come soggettivo, ma hanno precisato che esso non esaurisce il danno non patrimoniale. Seguendo il nuovo indirizzo delle Sezioni Unite, afferma che il danno esistenziale è una figura di danno alla salute in senso lato che, pur dovendo diversamente dal danno morale soggettivo (v. Cass , n ) obiettivarsi, a differenza del danno biologico rimane integrato a prescindere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale. 13

14 La perdita del rapporto parentale determina uno sconvolgimento delle abitudini di vita del prossimo congiunto, che deve trovare comunque obiettivizzazione nell alterazione del modo di relazionarsi del soggetto sia all interno del nucleo familiare che all esterno di esso nell ambito dei comuni rapporti della vita della relazione (v. Cass., , n. 8827; Cass., , n. 8828). Esso si sostanzia invero in una modificazione (peggiorativa) della personalità dell individuo, che si obiettiviza socialmente nella negativa incidenza sul suo modo di rapportarsi con gli altri Così come quello patrimoniale anche il danno non patrimoniale ha natura di danno-conseguenza, quale danno che scaturisce dal fatto-evento... Si è infatti escluso che tale tipo di danno sia configurabile in re ipsa, precisandosi che deve essere allegato e provato da chi vi abbia interesse, senza rimanere tuttavia precluso il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni (sulla base di elementi obiettivi forniti dall interessato) Quando il danneggiato chiede il risarcimento del danno non patrimoniale la domanda va cioè intesa come estesa a tutti gli aspetti di cui tale ampia categoria si compone, nella quale vanno d altro canto riassorbite le plurime voci di danno nel corso degli anni dalla giurisprudenza elaborate proprio per sfuggire agli angusti limiti della suindicata restrittiva interpretazione dell art c.c Ma con quali conseguenze sul danno biologico nella sentenza n del (rel. Segreto)? La fattispecie esaminata in questa sentenza è il risarcimento da liquidare a giovane donna danneggiata da inadeguato intervento chirurgico per enucleazione di adenoma mammario. La ricorrente aveva impugnato la sentenza perché aveva liquidato il danno biologico ed il danno morale, ma non il danno esistenziale, conseguente alla menomazione subita nel contesto sociale (famiglia, lavoro, ecc.). La sentenza riafferma i principi delle sentenze del maggio 2003 e la tipicità del danno non patrimoniale, che, oltre ai casi di cui all art. 185 c.p. e a quegli altri minori previsti dalla legge, attiene solo alle ipotesi specifiche di valori costituzionalmente garantiti (la salute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero, ecc.), ma in questo caso non v è un generico danno non patrimoniale esistenziale, ma un danno da lesione di quello specifico valore di cui ad un individuato referente costituzionale (così anche Cass , n ). Si ribadisce che occorre che la lesione attenga a valori della persona umana che la Costituzione dichiari inviolabili, e, come tali, oggetto almeno della tutela minima, che è quella risarcitoria. Né quanto sopra si pone in contrasto con quanto hanno statuito le S.U. con la sentenza , n Quest ultima nulla ha innovato rispetto all indirizzo di questa Corte, inaugurato nel 2003, e quindi che tale tutela non è accordata ad una categoria generale di danno, ma alla lesione di specifici interessi protetti a livello costituzionale. La sentenza delle Sez. U. ha per oggetto un ambito contrattuale, ed un danno non patrimoniale previsto dalla legge (art c.c.), che punisce i comportamenti datoriali che ledano la personalità morale del lavoratore. Ma la clausola contrattuale ex lege, di cui all art c.c. (che ha consentito alla Corte di dirimere il contrasto in merito agli oneri processuali), non è esportabile fuori dall ambito suo proprio contrattuale e conseguenzialmente non può sostenersi che il suddetto arresto delle S.U. abbia inciso sulla struttura del risarcimento del danno non patrimoniale ex art c.c. e cioè nell ambito diverso della responsabilità aquiliana, affermando che essa investa anche la lesione del cd. danno esistenziale Nella fattispecie concreta, esaminata nella sentenza n /2006, la generica richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale esistenziale, ex art c.c., fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, deve essere rigettata. Non v è dubbio che l integrità psicofisica della persona sia un valore costituzionale ex art. 32 Cost. che tutela il diritto alla salute. Tuttavia Il danno alla salute (o danno biologico ) comprende ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito che la 14

15 lesione del bene salute abbia provocato alla vittima, e non è concettualmente diverso dal danno estetico o dal danno alla vita di relazione, che rispettivamente rappresentano, l uno una delle possibili lesioni dell integrità fisica e l altra la impossibilità o difficoltà di reintegrarsi nei rapporti sociali e di mantenerli ad un livello normale.. ma la perdita subita sotto questi profili integra il danno biologico nelle sua varie componenti. Tale danno (come quello morale soggettivo) è stato liquidato nelle sue varie componenti dal giudice di merito e non è possibile una duplicazione liquidatoria della stessa voce dei danno, sotto la categoria generica del danno esistenziale. La Cass. ha quindi rigettato il ricorso E nella sentenza n del (rel. Petti)? Tuttavia con la recentissima sentenza , n (rel Petti), la Cassazione sembra rifare un passo indietro perché ad una vittima di un incidente stradale, cui era stato liquidato sia il danno biologico che quello morale, viene riconosciuto, altresì, il danno esistenziale, per la perduta capacità di avere rapporti sessuali per la conseguita impotenza coeundi, con conseguente sindrome ansiosa depressiva. Argomenta la Corte di Cassazione: che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che il danno esistenziale era stato ritenuto assorbito e liquidato nel danno biologico, riconosciuto nella misura del 20%; che il diritto alla sessualità è dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 561/87) inquadrato tra i diritti inviolabili alla persona (art. 2 Cost.); che i diritti inviolabili della persona non si confondono con i danni esistenziali né restano assorbiti nella globalità e complessità del danno biologico, ove abbiano una lesione propria, giuridicamente configurata come lesione del diritto. Il danno del ricorrente, pur costituendo anche un danno biologico, integra altresì un danno esistenziale, la cui rilevanza deve essere autonomamente apprezzata e valutata equitativamente in termini non patrimoniali e con una congrua stima dell equivalente economico del debito di valore Quali conclusioni trarre sul danno non patrimoniale e sul recente indirizzo delle Sez. Unite? Alla fine di questo complesso iter giurisprudenziale, si possono dunque prospettare le seguenti conclusioni. Ai fini di una corretta liquidazione del danno alla persona, è necessario: - individuare esattamente il nomen iuris dell interesse di rango costituzionale della persona: ad es. danni da lesione del bene salute (cd. danno biologico), da lesione del diritto parentale, da lesione della dignità della persona, etc.; - conservare la tabellazione specifica del danno biologico, se non altro perché, come si è detto, anche il legislatore ha seguito questa direzione. Resistere, quindi, alla tentazione che, nell ottica della concezione unitaria della persona.. la valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione tra quanto riconosciuto a titolo di danno biologico, di danno morale soggettivo e quanto a titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica (così la sentenza della Cassazione n. 8827/2003); - non duplicare la liquidazione del medesimo pregiudizio; - tener presente che il danno non patrimoniale non è danno-evento, danno in re ipsa che coincide con la lesione dell interesse, ma è danno-conseguenza; - allegare e provare (per il danneggiato) anche mediante presunzioni le circostanze di fatto da cui risulti il proprio danno non patrimoniale; - raccogliere e valutare (per il giudice) i precedenti giurisprudenziali specifici, che hanno per oggetto l accertamento e la liquidazione del danno non patrimoniale specificamente in esame, in modo da valutare con maggiore ponderazione il principio equitativo applicato nella fattispecie concreta. 15

16 In particolare, dopo la liquidazione alla vittima primaria del danno biologico e di quello morale, è possibile liquidare altri pregiudizi non patrimoniali a titolo di danno esistenziale? Di regola, il risarcimento del danno biologico - inteso nella predetta ampia accezione, sia negli aspetti non personalizzati che in quelli personalizzati - e del danno morale soggettivo esauriscono il danno non patrimoniale complessivamente risarcibile alla vittima primaria, a meno che non sia provato nel processo la lesione di altri interessi di rango costituzionale della persona (in adesione all indirizzo espresso con la sentenza n /2006). Quindi, v è certezza di duplicazione risarcitoria del medesimo danno se - sventolando la bandiera del danno esistenziale - si procede alla ulteriore liquidazione di altre (asserite) voci di danno: - il danno alla capacità lavorativa generica; - il danno alla vita di relazione; - la perdita (totale o parziale) della possibilità di praticare particolari hobbies o altre specifiche attività non reddituali; - il danno alla qualità della vita; - il danno estetico; - il danno alla sfera sessuale; - il danno alla salute inteso come diverso dalla citata (ampia) nozione di danno biologico. E appena il caso di osservare che la contrapposizione tra questi termini si giustificherebbe solo se per danno alla salute si intendesse la lesione del bene giuridico salute e per danno biologico la naturalistica condizione d integrità psico-fisica del soggetto (come del resto già rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 184/1986); ma anche la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2003 ha definito il danno biologico come lesione dell interesse costituzionalmente garantito, all integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.). Ha avvertito la Suprema Corte che la lettura costituzionalmente orientata dell art c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi) ; in ogni caso non appare proficuo ritagliare all interno della generale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo: ciò che rileva, ai fini dell ammissione a risarcimento, in riferimento all art. 2059, è l ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica (così la citata sentenza n. 8827/2003) Si può liquidare il danno biologico senza distinguerlo dagli altri danni non patrimoniali della persona? Allorché si liquida il danno biologico va sempre liquidato altresì il danno morale soggettivo, inteso come transeunte (ma, nella prassi giudiziaria, talora ineluttabilmente permanente) turbamento dello stato d animo della vittima; se si comprova anche la lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona, devono essere risarciti anche i conseguenti pregiudizi diversi ed ulteriori (nelle sentenze della Cass. n. 8827/03 e 8828/03 la lesione dell interesse tutelato dall art. 29 della Cost., è ravvisata, rispettivamente, nella riduzione o nella perdita - delle positività - del rapporto parentale). La Cassazione (in quelle sentenze) ha avvertito che - allorché il danno morale soggettivo venga liquidato congiuntamente al risarcimento dei pregiudizi diversi ed ulteriori (quali conseguenza di lesione di un interesse costituzionalmente protetto) - il giudice di merito deve considerare nel liquidare il danno morale soggettivo la più limitata funzione di ristoro della sofferenza contingente che gli va riconosciuta, poiché, diversamente, sarebbe concreto il rischio di duplicazione del risarcimento. In altri termini, dovrà il giudice assicurare che sia raggiunto un giusto equilibrio tra le varie voci che concorrono a determinare il complessivo risarcimento. 16

17 Inoltre, per la Cassazione (sentenza n. 8827/03) la concezione unitaria della persona non impedisce che la valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione - bensì opportuna, ma non sempre indispensabile - tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica, ovvero quanto deve essere liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico in senso stretto.. e quanto per il ristoro dei pregiudizi in parola; ovvero, ancora, che la liquidazione del danno biologico, di quello morale soggettivo e degli ulteriori pregiudizi risarcibili sia espressa da un unica somma di denaro, per la cui determinazione si sia tuttavia tenuto conto di tutte le proiezioni dannose del fatto lesivo. Per i giudici milanesi appare di gran lunga preferibile la tesi di liquidare il danno biologico (temporaneo e permanente) distintamente dal danno morale soggettivo. Aggiungo che, di regola, non residuerà spazio per altre voci di danno risarcibile, attesa la lata nozione accolta di danno biologico e la propensione dei giudici di merito a considerare il danno morale soggettivo quale patema d animo permanente e non transeunte. Se, in concreto, nel processo venga provata altresì la lesione di un (ulteriore) interesse costituzionalmente protetto diverso da quello alla salute, da cui siano scaturiti e provati pregiudizi diversi ed ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla lesione biologica e dal patema d animo, per i giudici milanesi appare preferibile la tesi di liquidare, a parte, il danno biologico ed invece, congiuntamente con un unica somma di denaro, il danno morale soggettivo e gli altri danni non patrimoniali. A tal fine, per evitare duplicazioni risarcitorie del medesimo danno, bisogna verificare attentamente tutti i pregiudizi non patrimoniali ed il complessivo peggioramento della qualità della vita del soggetto. Ha avvertito infatti la Suprema Corte che, effettuate le liquidazioni del danno biologico e del danno morale soggettivo, vi possano essere se non residuali spazi ulteriori per indennizzare i consequenziali pregiudizi non patrimoniali da lesione di interessi costituzionalmente protetti.. pregiudizi che, pur ontologicamente diversi tra loro, concernono ambiti che tendono talora a sovrapporsi (CASS. sentenza n. 8827/03; contra Cass. 2311/2007). Si noti, infine, che la lesione dell interesse costituzionalmente protetto comporta il risarcimento del danno morale soggettivo (patema d animo transeunte) anche se il fatto non sia configurabile come reato (Cass. sentenza n. 8827/03); per cui i pregiudizi diversi ed ulteriori devono essere risarciti tenendone debitamente conto. 12. La surroga dell assicuratore sociale ed il c.d. danno differenziale. Premessa Il sistema risarcitorio fa capo all'art c.c. ed obbliga colui che ha commesso il danno a risarcirlo integralmente, previa prova della colpa o del dolo, salve le ipotesi di colpa presunta. Il sistema indennitario delle assicurazioni sociali, come l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, detto anche previdenziale, fa riferimento alle sole modalità dell'evento pregiudizievole e delle circostanze nelle quali si è verificato, attribuendo al danneggiato un indennizzo forfettario. Il sistema delineato dal T.U. n. 1124/1965 ha funzionato bene per gli infortuni che avvengono per caso fortuito o comunque senza responsabilità di terzi. Ma il problema si è posto nelle ipotesi di responsabilità penale del datore di lavoro oppure di responsabilità civile di terzi. In questi casi l'istituto funzionava come anticipatore di cassa, con facoltà di proporre azione di regresso nei confronti del datore di lavoro ex artt. 10 e 11, oppure di surrogarsi nei diritti del lavoratore, ex art c.c., in caso di responsabilità del terzo; il lavoratore, oltre al ristoro del danno operato dall'inail. aveva il diritto a percepire il danno differenziale dai soggetti responsabili. 17

18 13.1. Lo stato della giurisprudenza prima della riforma introdotta con l art. 13 del D.Lgs. N. 38/2000: le sentenze della Corte Costituzionale La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 319/1989, ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art 28, commi , della legge n. 990/1969, nelle parti in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali possano esercitare l azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell assistito al risarcimento del danno alla persona che non sia stato altrimenti risarcito. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 87/1991, dichiarava inammissibile la questione di legittimità Costituzionale degli artt , D.P.R n. 1124, nella parte in cui non prevedono il risarcimento del danno biologico patito dal lavoratore in relazione agli artt Cost.. Rilevava la Corte che le norme impugnate considerano oggetto della copertura assicurativa soltanto le ipotesi in cui il lavoratore, a seguito di infortunio o malattia professionale, abbia subito una riduzione di capacità lavorativa, escludendo i casi in cui la menomazione dell integrità psicofisica non abbia alcuna incidenza sull attitudine al lavoro. Le regole della responsabilità civile spettano al legislatore che la Corte invitava a provvedere sul punto. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 356/1991, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 1124/1965, concernente l'esonero da responsabilità civile del datore di lavoro, in relazione al danno alla salute sofferto, a cagione del suo comportamento colpevole, ma non rilevante penalmente, dal lavoratore. Con la sentenza n 485/1991, la Corte Costituzionale, richiamando la citata sentenza 356/91, ha ritenuto la equivalenza delle norme (art 11 D.P.R. 1124/1965 e art 1916 c.c. - sebbene trattasi di regresso e surroga -) ed ha rilevato: non spetta alla Corte decidere se la perdita o riduzione della capacità lavorativa (generica o specifica) rappresenti un danno risarcibile anche quando non determini in concreto alcuna perdita di reddito. Va ribadito che l integrale e non limitabile risarcibilità del danno biologico implica che l I.N.A.I.L. non può avvalersi, ai fini dell azione di regresso, delle somme che il responsabile deve all infortunato a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato alla riduzione o perdita della capacità lavorativa generica. Le norme impugnate vanno dichiarate costituzionalmente illegittime, per violazione dell art. 32 Cost., nella parte in cui non salvaguardano il diritto del lavoratore all integrale risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica Le sentenze della Corte di Cassazione A seguito delle sentenze della Corte Cost. nn. 87, 356 e 485 del 1991, l esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni subiti dal lavoratore infortunato e la limitazione dell azione risarcitoria di quest ultimo al cosiddetto danno differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità di rilevo penale, a norma dell'art. 10 del D.P.R. n. 1124/1965, non riguardano quelle componenti del danno che non formano oggetto di copertura assicurativa (cioè il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica), quali il danno alla salute ed il danno morale di cui all art c.c., l integrale risarcimento dei quali può sempre essere richiesto autonomamente, e non a titolo di danno differenziale, indipendentemente dall entità dell indennizzo assicurativo, a nulla rilevando che quest ultimo, in conseguenza di peculiari criteri di determinazione sulla base di coefficienti predeterminati, superi il risarcimento astrattamente ottenibile secondo i criteri civilistici di liquidazione del danno patrimoniale, e restando esclusa, per la diversità del titolo e dei soggetti debitori, qualunque compensazione fra le somme dovute per l uno e per l altro dei titoli suddetti (CASS , n. 9761; CASS , n. 3944; CASS , n. 4218; CASS , n. 8182). L'I.N.A.I.L. non ha azione diretta di regresso e non può surrogarsi nei diritti dell'assicurato al risarcimento del danno alla persona - e cioè senza possibilità di scindere, all'interno, di questo, la 18

19 varie componenti - né a norma dell'art c.c. né ai sensi degli artt. 10 e 11 del D.P.R. n. 1124/1965, atteso che la copertura assicurativa prevista dall'attuale sistema di assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pur non avendo per oggetto il danno patrimoniale in senso stretto - posto che la prestazione dell'i.n.a.i.l. spetta a prescindere dalla sussistenza o meno di un'effettiva perdita o riduzione dei guadagni dell'assicurato -, non ha per oggetto né il danno morale né il danno biologico, poiché le indennità previste dal citato D.P.R. sono collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi pregiudizievoli che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti ed agli altri modi in cui il soggetto svolge la sua personalità nella vita di relazione, tra cui la stessa capacità di lavoro generica (CASS , n ; CASS , n ). Normalmente le micropermanenti non incidono sulla capacità di guadagno del soggetto, ciò non esclude tuttavia che talora vi possono essere pregiudizi patrimoniali. Anche recentemente la Suprema Corte ha statuito che i postumi permanenti di modesta entità non si traducono di regola in una proporzionale riduzione della capacità lavorativa specifica, ma resta tuttavia ferma la possibilità per il danneggiato di provare che il danno, sia pure lieve, abbia avuto una concreta incidenza sulle sue possibilità di guadagno futuro (CASS , n ). L'esame di questi aspetti rende opportuna l'analisi e le correlazioni del danno biologico come disciplinato dalla novella n. 57/2001 (che ignora del tutto il danno patrimoniale) ed il danno biologico e patrimoniale disciplinati invece dal D. Lgs. n. 38/ Il danno biologico nell'art. 13 del d. lgs. n. 38/2000: norma generale o speciale? Dopo un iter faticoso e dibattiti protrattisi per tutti gli anni 90, con Legge n. 114 del , art. 55, comma 1, lett. s), il Governo, accogliendo anche le menzionate sollecitazioni della Corte Costituzionale (v. la citata sentenza n. 87/1991), è stato delegato ad emanare, entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge, un decreto legislativo nel rispetto (tra gli altri) del seguente principio e criterio direttivo: "Previsione, nell'oggetto dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e nell'ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale, di un'idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi". Con il D. Lgs. n. 38/2000 è stato quindi introdotto l'art. 13: "In attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il danno biologico". Tutti gli incisi dell'art. 13 primo comma portano a ritenere che la volontà del legislatore sia stata espressamente quella di non estendere la disciplina in esame fuori dall'ambito degli infortuni I.N.A.I.L. e malattie professionali. Altrimenti che valore avrebbero gli stessi richiamati incisi nella legge in esame? Inoltre anche la delega aveva ad oggetto "l'ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale, di un'idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico" e pertanto si colloca nell'alveo del sistema previdenziale e non risarcitorio. L'interpretazione letterale è confortata dalla stessa Circolare 4 agosto 2000 n. 57 sul D. Lgs. n. 38/2000: la nuova normativa indennitaria del danno biologico di origine lavorativa ha "carattere sperimentale... pure essendo comune l'oggetto e cioè il danno biologico e pur in presenza di alcune analogie tra il sistema indennitario dell'art. 13 ed il sistema risarcitorio civilistico, tuttavia notevoli differenze derivano dalla diversa finalità dei due sistemi e dalla conseguente diversa strutturazione del meccanismo di ristoro del danno. L'indennizzo I.N.A.I.L. infatti assolve ad una funzione sociale ed è finalizzato a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del 19

20 lavoratore, secondo quanto previsto dall'art. 38 Cost., mentre il sistema civilistico è finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato" Ulteriori differenze tra normativa I.N.A.I.L. e quella della responsabilità civile Ulteriori differenze tra la normativa I.N.A.I.L. e quella della R.C. sono le seguenti: - il danno biologico non è indennizzato per menomazioni da 1 al 5%: franchigia totale - non si applica al danno biologico temporaneo; - dal 6 al 15% l'indennizzo è erogato in capitale, dal 16% in poi in una rendita, in base alla tabella indennizzo danno biologico; - il danno patrimoniale è presunto dal 16% in poi con una tabella dei coefficienti, che dà un indennizzo in forma di rendita vitalizia, che, pur essendo corrisposta in forma unitaria, è composta di due quote in relazione all'indennizzo del danno biologico ed a quello per le conseguenze patrimoniali delle menomazioni. La retribuzione non viene considerata per intero (salvi casi eccezionali), ma viene assunta in misura percentualmente ridotta, in funzione della gravità della menomazione della sua incidenza sulla capacità del lavoratore di produrre reddito attraverso il lavoro, attraverso parametri fissati per legge, non "essendo possibile la prova caso per caso, né essendo il sistema finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato". - non si forma il giudicato, essendo possibile la revisione ai sensi dei commi dell'art. 13; - la tabella dei coefficienti contiene una determinazione della percentuale di retribuzione, da prendere a base dell'indennizzo, in relazione a fasce di gradi di menomazione; ciò sulla base della presunzione che, con il crescere della gravità della menomazione, aumenti l'incidenza della menomazione stessa sulla capacità dell'infortunato di produrre reddito. Tale presunzione può essere superata con adeguata motivazione medico-legale; è consentito attribuire coefficienti indicati in una fascia superiore ma non inferiore; - la tabella delle menomazioni contempla elettiva attenzione a quelli di origine lavorativa; - la tabella è adatta alla valutazione medico-legale del danno biologico dell'assicurato INAIL; certamente non è contemplata la menomazione dello studente o del bambino. 15. La tabella delle menomazioni e la tabella indennizzo danno biologico Come si è innanzi accennato, dal tenore del secondo comma lett. a) dell'art. 13, si evince che la "tabella delle menomazioni comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali", la tabella comprenda anche gli aspetti dinamico-relazionali del danno biologico. Per Poletti, la tabella non comporta il rischio di una supplenza giudiziaria del medico legale, atteso che la discrezionalità della tabella avrebbe riguardo solamente alla sfera interna all'accertamento della patologia (v. D. Poletti, in "Danno e Responsabilità", n. 11/2000, p e ss.). La tabella indennizzo danno biologico risponde ai seguenti tre principi: - è areddituale, prescinde dalla retribuzione del danneggiato; - l'indennizzo è crescente in funzione della gravità della menomazione, in misura più che proporzionale; - l'indennizzo è variabile in funzione dell'età, (decresce al crescere dell'età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile = ). Come si è già esposto, sono i criteri del punto variabile adottati nelle tabelle dei Tribunali. La tabella si applica per la liquidazione degli indennizzi conseguenti ad infortuni sul lavoro o malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale 12 luglio 2000 e quindi dal 25 luglio Anche laddove alla fattispecie non sia applicabile ratione temporis l'art. 13 in esame, la liquidazione del danno conseguente ad infortunio sul lavoro va operata sostituendo al tradizionale 20

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