COSTITUZIONE E DEMOCRAZIA IN EUROPA. VERSO (E DOPO) IL REFERENDUM IRLANDESE.

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1 COSTITUZIONE E DEMOCRAZIA IN EUROPA. VERSO (E DOPO) IL REFERENDUM IRLANDESE. di Renzo Dickmann (Consigliere della Camera dei Deputati) 23 settembre 2009 Il 2 ottobre si terrà in Irlanda l atteso nuovo referendum sul Trattato di Lisbona. Per incoraggiare la popolazione irlandese a partecipare alla consultazione e per sollecitarne una risposta positiva, il governo irlandese ha spiegato ai suoi cittadini in modo dettagliato le novità del Trattato e le garanzie che l Irlanda ha ottenuto dopo l esito contrario del primo referendum al Vertice di Bruxelles di giugno Sono in attesa dell esito referendario irlandese Polonia e Repubblica Ceca, le cui perplessità sul Trattato sono note. Nonostante le iniziative assunte e la pressione delle cancellerie europee, i sondaggi non sembrano incoraggianti. In vista di questa scadenza la sentenza del BVerfG del 30 giugno scorso (commentata nel n. 14 di questa Rivista) permette di rilanciare alcune questioni fondamentali per il futuro dell Unione. In Germania ha portato il Parlamento a mettere rapidamente a punto alcuni testi legislativi per definirne in modo efficace il ruolo comunitario alla luce della sentenza: naturalmente occorre ora attendere cosa pensa il BVerfG di tali novità legislative. La sentenza ha generato un dibattito molto intenso sul piano dottrinale e politico, nell ambito del quale le maggiori perplessità sono state manifestate proprio all interno dei confini tedeschi, dove il BVerfG è stato accusato, anche in modo netto, di antieuropeismo. La pronuncia presenta dei contenuti di grande interesse in relazione alla questione della realizzazione di un autentica democrazia in Europa nella prospettiva di una sua costituzionalizzazione, tema al quale sono dedicate queste pagine. Il dibattito sul punto lascia intravedere un Europa che da un lato desidera rafforzarsi, articolando in maniera sempre più complessa le proprie azioni verso nuovi fini, di cooperazione non solo commerciale ma anche economica e politica, mentre dall altro non sembra preoccuparsi troppo del fatto che i popoli dei paesi membri stentano a integrarsi. La questione della democrazia in Europa è essenzialmente ed esemplarmente una questione costituzionale: poiché non c è un popolo europeo che avverta e prospetti il bisogno di una costituzione europea, sulla base della quale poter costruire un ordinamento sovranazionale di tipo federale, c è il rischio di fraintendimenti circa i fini e i metodi federalismi.it n. 18/2009

2 decisionali dell Europa unita, a seconda che li si valuti dal punto di vista dell Europa stessa o degli Stati membri. Tuttavia non si può nemmeno sostenere che la costruzione europea che risulta dal Trattato di Lisbona sia priva di quello che si potrebbe definire un contesto costituzionale di riferimento, una sorta di costituzione in fieri che permetta di guardare all ordinamento europeo come ad un ordinamento giuridico costituzionalmente limitato. Questo contesto costituzionale risultava già dal Trattato che adotta(va) una Costituzione per l Europa, dove si delineava un sistema imperniato sul rispetto della Carta dei diritti da parte delle istituzioni comunitarie e sul ruolo di custode della Corte di giustizia. In questo senso può intendersi ora il riferimento alle tradizioni costituzionali comuni ai Paesi membri, che risulta esplicitamente dall art. 6, paragrafo 3, del trattato sull Unione definito a Lisbona, dove si legge: I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'unione in quanto principi generali. Inoltre, nella Dichiarazione relativa alla Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea annessa al Trattato di Lisbona, si legge: La Carta dei diritti fondamentali, che ha forza giuridicamente vincolante, conferma i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Questa matrice ricorre anche nell art. 67 del Trattato sul funzionamento dell Unione europea, dove si legge: L'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. La questione è dunque capire dove si origina questo contesto costituzionale, che al momento presenta i caratteri dei principi generali del diritto dell Unione. Non si origina nei Trattati, che sembrano piuttosto riconoscerne l esistenza e l efficacia limitativa rispetto al diritto comunitario. Più verosimilmente se ne possono rinvenire le origini negli ordinamenti costituzionali dei Paesi membri, come del resto dimostra il fatto che la stessa Carta dei diritti, che di questo contesto è l espressione al momento più organica, pur senza essere costituzione in senso formale, è stata modellata (in Convenzione) all insegna del confronto, anche implicito, tra le parti delle Carte costituzionali nazionali che disciplinano i diritti e le libertà fondamentali, che sono tra loro convergenti ed a loro volta si sono originate sulla base di matrici comuni, ispirate dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell Uomo e da altre importanti Carte internazionali. Una questione costituzionale in termini autenticamente europei in definitiva non è stata ancora affrontata dalle istituzioni delle Unione. Un risultato fallimentare del referendum irlandese, che nessuno auspica, potrebbe tuttavia generare una riflessione di respiro europeo su tale questione. Il BVerfG ha dimostrato di averne coscienza, sostenendo che la Germania, nel procedere dell integrazione europea, non può rinunciare a verificare che gli atti europei destinati a produrre effetti al proprio interno siano rispettosi del principio democratico come attuato nel proprio ordinamento, sulla base di istituzioni imperniate sulle funzioni costituzionali del Bundestag e del Bundesrat. In Germania - chiarisce il BVerfG - la legittimazione dei poteri pubblici si fonda per costituzione sul diritto di voto, considerato un diritto fondamentale. Tale diritto è correlato alla dignità della persona, quindi appartiene ai principi della Costituzione che non sono emendabili ai sensi dell art GG, in combinazione con l art GG. Il diritto di voto esprime il diritto all autodeterminazione democratica e alla partecipazione libera ed eguale ai poteri statali ed è svolgimento del principio per il quale la democrazia include la garanzia del potere costituente del popolo. Sotto questo profilo si correla all identità costituzionale del 2

3 popolo tedesco, che partecipa all esercizio dell autorità pubblica sulla base del principio politico maggioritario, che consente all esito di elezioni il conferimento di un mandato a un esecutivo responsabile al quale si contrappone un opposizione libera, che ha la possibilità di diventare a sua volta maggioranza. Ne deriva l inviolabilità del principio democratico anche nello svolgimento del potere costituente. Nel procedere dell unificazione europea non può derogarsi al principio per il quale i popoli degli Stati membri sono i detentori del potere costituente. E un dato storico prima che giuridico: le costituzioni nazionali lo riconoscono, non possono mutarlo. L identità costituzionale è dunque un elemento inalienabile del diritto di autodeterminazione democratica dei popoli e si fonda sull esercizio del diritto di voto come diritto fondamentale. I poteri nazionali - legislativo, esecutivo, giudiziario - non possono disporne. In questi termini le indicazioni del BVerfG esprimono principi validi per tutti gli ordinamenti nazionali, Italia compresa. Allo stato può ritenersi che l identità costituzionale degli Stati membri sia anche un limite costituzionale implicito dell Europa unita in quanto discende dal suo contesto costituzionale. Sul punto il BVerfG ha giustificato il proprio potere di controllo del rispetto dell identità costituzionale, che rappresenta il potere costituente del popolo tedesco, asserendo che la Legge fondamentale, in corrispondenza dell evoluzione internazionale che ha avuto inizio soprattutto con la comparsa delle Nazioni Unite, ha un fondamento universale che non può essere emendato dalla legge positiva (punto 218 della sentenza), rappresentato dai principi costituzionali essenziali che compongono tale identità costituzionale. Badate - sembra dire il BVerfG - che se si vuole costruire un Europa più efficiente non per questo i singoli Paesi membri devono rinunciare alle proprie identità costituzionali, intese come patrimoni di valori e principi, diritti e libertà: questi sono riconosciuti in costituzioni la cui affermazione ha seguito un processo di legittimazione politica e democratica, all esito del trauma rappresentato per i Paesi europei dalla seconda guerra mondiale, la cui fine ha implicato anche la fine dei regimi totalitari che l avevano provocata, fondati sull assolutizzazione dell idea di stato. Se l Europa dei governi nazionali desidera articolare il proprio futuro sulla base di un sistema di competenze capaci di ampliarsi a prescindere dal consenso dei parlamenti nazionali e svincolandosi dal rispetto del principio di attribuzione (principle of conferral), che ne contraddistingue la natura di comunità giuridica (Herrschaftsverband) fondata sul diritto internazionale e di associazione fra Stati sovrani (Staatenverbund), permanentemente supportata dalla volontà degli Stati membri, questo obiettivo non può essere realizzato con il consenso della Germania, che - allo stato delle cose, e quanto meno nelle parole del BVerfG - considera l Unione costituzionalmente incapace di evolversi come stato federale. Quali sono le indicazioni sulle quali occorre riflettere? L Unione non è né può diventare uno stato (federale) non già per mancanza di potenzialità sul piano degli strumenti, ma perché non esiste un popolo che ne legittimi l evoluzione come stato democratico e costituzionale, modello nel quale si sono evoluti gli stati europei che prima hanno conosciuto una strutturazione non democratica dell autorità pubblica. In sostanza in Europa non può porsi una questione costituzionale negli stessi termini in cui si è posta ed è stata risolta dagli Stati membri perché l Europa non è uno stato e in Europa non c è un popolo unitario che senta il bisogno di una costituzione, cioè, in definitiva, non c è un potere costituente che ponga una questione costituzionale. Sarebbe paradossale (e incostituzionale dal punto di vista interno) se i Paesi europei, dopo aver conquistato la democrazia con il sangue e aver consentito l affermazione di costituzioni nazionali antitotalitarie, accomunate dal rispetto dei principi e dei valori, dei diritti e delle libertà della persona, intendessero rinunciare sul palcoscenico europeo a tutto questo, per favorire una autorità europea non democraticamente legittimata ma definita da 3

4 trattati che sono nella signoria degli Stati membri (il BVerfG li definisce signori dei trattati ). Il fallimento del Trattato che adotta(va) una Costituzione per l Europa non sembra aver insegnato agli autori del Trattato di Lisbona che non si possono perseguire obiettivi costituzionali senza assicurare che le decisioni di governo siano assunte con modalità autenticamente democratiche, nel rispetto del principio politico (il BVerfG parla di political rule per evidenziare un sistema che si caratterizza per la dialettica e le prospettive di alternanza tra una maggioranza e le opposizioni), coinvolgendo un Parlamento europeo realmente capace di condizionare le decisioni del Consiglio e della Commissione all insegna di tale dinamica in quanto capace di iniziativa politica. Dalle indicazioni del BVerfG si desume la preoccupazione che l Unione europea si muova quasi costringendo gli stati membri a sacrificare le proprie garanzie costituzionali, in primis il ruolo dei parlamenti democratici, congegnati nelle costituzioni nazionali per garantire i popoli dagli eccessi di governo dei pubblici poteri. Il Trattato di Lisbona coinvolge tali parlamenti nazionali nella ponderazione degli atti normativi e delle decisioni comunitarie, riconoscendone un ruolo paracomunitario, ma continua ad incardinare lo schema decisionale del proprio sistema di governo sull asse Consiglio-Commissione, con la partecipazione non propositiva del Parlamento europeo. In sostanza il Trattato presuppone che se i parlamenti nazionali vogliono avvalersi di tale ruolo fino in fondo, devono organizzarsi al loro interno. Se ciò comporta la soluzione di questioni costituzionalmente rilevanti sul piano nazionale, questo non può essere eccepito come limite al ruolo europeo di singoli parlamenti nazionali, che infatti è per tutti lo stesso, a prescindere dalla differenziazione delle relative competenze nel quadro delle costituzioni di riferimento. Spetta dunque ai parlamenti nazionali rivendicare il proprio ruolo europeo esercitandolo, il che implica l elaborazione di strumenti che vincolino i governi nazionali a esprimere la propria posizione in sede europea sulla base delle previe indicazioni parlamentari, come ha appena fatto la Germania. In Italia, dove la Corte costituzionale non ha la possibilità di pronunciarsi sulla questione in assenza di accesso diretto, si rileva un forte impegno delle Camere e del Governo nel mettere a punto soluzioni funzionali a rendere effettivo il ruolo europeo del Parlamento, che la pronuncia del BVerfG ha in qualche modo reso urgenti. I principi sui quali questa riflessione si va articolando sono, in sintesi, la necessità di: mantenere uno stretto raccordo tra Parlamento e Governo e tra le Camere nelle relazioni reciproche, coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali italiani che a vario titolo partecipano ai processi decisionali comunitari (parlamentari europei, componenti italiani del Comitato delle Regioni, ecc.); creare uno stretto raccordo tra Camere e Parlamento europeo; sviluppare il controllo parlamentare di sussidiarietà, preservandone il collegamento con l esame del merito degli atti comunitari, in modo da non concepirlo solo con funzione interdittiva delle decisioni europee; interpretare il ruolo parlamentare come proprio delle singole assemblee e quindi non delegabile a sedi di cooperazione interparlamentare. Si può dunque dire che il ruolo europeo dei parlamenti nazionali deve essere riconducibile al contesto costituzionale europeo, dove può rilevare in funzione limitativa dei poteri comunitari, solo a condizione di ricondurlo alle Costituzioni nazionali in quanto fonti della tradizione democratica europea quale tradizione costituzionale comune. Questa lettura conforta quanti, nella consapevolezza dell assenza di un popolo europeo, vedono tuttavia affermarsi una popolazione di europei, giovane, dinamica, in reciproco contatto tramite le innovazioni tecnologiche nella comunicazione e nell informazione, plurilingue, che concepisce un curriculum di studi integrato con esperienze all estero, ad 4

5 esempio dalla partecipazione ad Erasmus, che cerca impiego non più solo entro i confini nazionali, e via dicendo, e dove si stanno formando i leader europei di domani. E per questa ragione che si prova una certa sofferenza nel rilevare come, dopo decenni di pace garantiti all Europa dal grande progetto comunitario, sul piano funzionale si sia ancora lontani da un autentica costituzione dell Unione : sia il Trattato che adotta(va) una Costituzione per l Europa sia il Trattato di Lisbona sono in sostanza codici del diritto comunitario di origine pattizia integrati dall acquis communautaire, nell ambito dei quali l unico contenuto autenticamente costituzionale è rappresentato dalla Carta dei diritti. Da tale punto di vista leggendo il Trattato di Lisbona non si riesce a dissolvere completamente l impressione che in Europa la via costituzionale sia ancora quella dell antico modello della codificazione iure imperii, usata dalle monarchie assolute illuminate del XVIII e del XIX secolo per unificare anche dal punto di vista amministrativo i propri regni, e non quella delle assemblee costituenti delle democrazie più vivaci. E invece matura la percezione di una costituzione per l Unione che sovrasta i codici comunitari perché non ne esprime la stessa funzione. Nella Carta dei diritti, che ne rappresenta ma non ne esaurisce la sostanza, non si vede infatti uno strumento di consolidamento dell Europa amministrativa ma il portale attraverso il quale si aderisce all Europa e ci si convince che occorre mantenersi fedeli al suo progetto. Per giungere ad una costituzione per l Unione seguendo tale modello è indispensabile trovarne condizioni essenziali di legittimazione democratica, partendo dalle tradizioni comuni che si originano dalle costituzioni delle democrazie nazionali fondate sulla political rule. Allo stato essa è solo un insieme di principi costituzionali nazionali condivisi per il fatto di coesistere in testi costituzionali dal tenore convergente, la cui forza si deve alla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo. Sia che l Irlanda respinga il Trattato di Lisbona sia che il Trattato entri finalmente in vigore, il futuro dell Europa non potrà prescindere da un dibattito politico-istituzionale che consenta di verificare, con il coinvolgimento dei parlamenti nazionali, se l Unione presenti una propria originale vocazione costituzionale e democratica corrispondente alle ambizioni degli europei. 5

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