Aikidō & Nihon. Quasi 200 notazioni curiose, istruttive e un po didascaliche.

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1 ppe Bissanti & L essenza dell Aikidō è di mettersi in armonia col funzionamento dell Universo, divenire uno con l Universo. Quelli che hanno afferrato il significato dell Aikidō possiedono l Universo in se stessi. Ueshiba Morihei, Aiki Kaiso. Stampato in proprio - Seconda Edizione, novembre 2009.

2 Prima Parte. Aikidō. Notizie utili sulla pratica: Glossario, Nomenclatura, Concetti. Terminologia, Etichetta, Esami. Seconda Parte. Piccolo Dizionario Enciclopedico. Oltre voci su: Armi, Arti e Discipline Marziali. Personaggi mitici, famosi, curiosi. Cenni sulla Civiltà Nipponica: arte, storia, cultura e non solo!. Terza parte. Per approfondire un poco di più. Quasi 200 notazioni curiose, istruttive e un po didascaliche. Chiara come il cristallo, affilata e luminosa, la mia mente non offre aperture perché il male possa attaccarsi. 1 La presente opera può essere riprodotta e diffusa tra i praticanti d Aikidō e Discipline Marziali in genere, sia integralmente sia parzialmente, senza preventiva autorizzazione, con qualsiasi mezzo ed in ogni forma, purché in modo gratuito e citando fonte ed autore. Sarò grato a chiunque, riscontrando errori od imprecisioni, omissioni ed anche strafalcioni, vorrà segnalarmeli attraverso il Centro Sportivo La Comune - Via Novara Milano; la.comune@libero.it. Giuseppe Bissanti 1 Quando non altrimenti indicato, le parole riportate in carattere corsivo a centro pagina, qui e nei fogli seguenti, sono del Fondatore, l Aiki Kaiso Ueshiba Morihei. 2

3 INDICE PRIMA PARTE Notizie utili sull Aikidō INDICE 3 PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE 5 L AIKIDŌ 6 PRIMA DI COMINCIARE 7 Cuore, Amore, Aikidō 8 Nota Bene 8 Pronuncia, eufonia, grafia 9 GLOSSARIO ED INFORMAZIONI 10 Nota 10 Nel Dojo 10 Etichetta e comportamento: il Dojo 10 Equipaggiamento 11 Etichetta e comportamento: l abbigliamento 11 Etichetta e comportamento: lo spogliatoio, la pulizia personale 12 Etichetta e comportamento: sedersi, alzarsi 12 Etichetta e comportamento: il saluto (senz armi) 12 Etichetta e comportamento: la lezione 13 Gli esercizi di preparazione (1) 14 Esercizi di preparazione 15 Gli esercizi di preparazione (2) 16 Parti del corpo Posizioni Aggettivi Numeri 17 Colori Concetti primari 18 Unione 19 Altri termini tecnici 19 La pratica, la tecnica 20 I Maestri e gli Aiutanti. I principi del Bujutsu 21 Concetti interiori dell Aikidō 22 Aikidō: principi e modi d essere 22 TERMINOLOGIA 23 Elenco delle principali NEUTRALIZZAZIONI 24 Elenco delle principali APPLICAZIONI delle neutralizzazioni 25 Elenco delle principali AZIONI AGGRESSIVE 25 Le cadute, le tecniche 27 Essere Aikidō: la pratica serena e i tre mondi 28 IL METODO D ALLENAMENTO 30 I quattro metodi di allenamento 31 Considerazioni sul KI 32 Il controllo del ki secondo il Fondatore. 34 Addestramento all Arte Marziale 35 Il cammino, il viaggio, il Maestro 35 Trova il tempo 36 ESAMI 37 I requisiti per gli esami 37 3

4 Etichetta e comportamento: durante gli esami 42 Cerca il Costruttore 42 A proposito di esami 43 SECONDA PARTE Piccolo Dizionario Enciclopedico sull Aikidō e sul Giappone PICCOLO DIZIONARIOI ENCICLOPEDICO 45 Cronologia: periodi storici del Giappone, fatti importanti 45 Antiche arti da guerra 52 Tabelle comparative per misure e monete (dal XII all'xvi secolo) 54 Note per la consultazione 55 LEMMI, dalla A alla Z 56 Aikidō, filosofia della vita 261 TERZA PARTE Per approfondire un poco di più PER APPROFONDIRE UN POCO DI PIÙ 262 Elenco dei LEMMI 262 LEMMI, dalla A alla Z 263 La Vita L Artista L Aikidō 322 Io sono l universo Io non sono niente 323 BIBLIOGRAFIA 324 ALLA FINE 329 Nota autobiografica. 330 Non interessarti di ciò che gli altri fanno di giusto o sbagliato. Tieni la mente luminosa e pulita come il cielo senza fine, l oceano profondo e le montagne più alte. Non calcolare o agire innaturalmente. Mantieni la mente nell Aikidō e non criticare altri Maestri o le Tradizioni. L Aikidō non reprime, non restringe, non ostacola. L Aikidō abbraccia tutto e purifica ogni cosa. 4

5 PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Ho concepito questo lavoro alla fine del 2001, come un semplice sussidiario per la Disciplina: un altro dono per agli allievi del Corso Aikidō Biss al Centro Sportivo La Comune di Milano. L intenzione era di proporre qualche concetto di base, nomi di tecniche, un po di consigli, alcune informazioni utili; un piccolo glossario. In corso d opera però, il lungo ed impegnativo, ancorché discontinuo, lavoro di ricerca bibliografica mi ha portato a consultare - oltre agli appunti personali, accumulati in tanti anni di pratica un sempre maggior numero di testi, spazianti in campi non solo specificatamente aikidoistici, la cui lettura ha vieppiù stimolato curiosità ed interessi vari, spero condivisi dai lettori. Ho quindi sviluppato l idea d offrire non solo una più ampia panoramica su di un Paese grande e diverso, distante da noi nello spazio e, talvolta tuttora nel tempo, sulla sua millenaria storia, la sua cultura, la sua mitologia, ma anche su concetti e termini attinenti o correlati all opera nel suo complesso. Idea forse ingenua, magari pretenziosa; certo un po vanitosa: pensare di lasciare, come accade a tutti gli autori una traccia di sé Senza dubbio alcuno, un idea assai temeraria! Il frutto di questo lungo lavoro artigianale, continuamente aggiornato, non può certo essere esaustivo degli argomenti esposti, talvolta appena accennati o sfiorati. Il testo, quindi, è soltanto un elementare sommario di termini, concetti e nomi di posizioni e tecniche che riguardano l Aikidō. In più, è uno zibaldone di notizie anche su altre Discipline ed Arti Marziali e su oggetti, idee, curiosità, storia, cultura ed armi del Giappone, soprattutto feudale, con cenni alla vita del Fondatore (ed un florilegio di sue citazioni) e la menzione di alcuni altri personaggi, storici e mitologici, favolosi o reali. È, se si vuole, una dispensa ad uso interno, destinata a tutti quelli che stanno seguendo il lungo cammino di questa seducente Disciplina, per aiutarli a districarsi anche nel mondo della fascinosa cultura giapponese e della sua (per noi) complicata lingua. Quest opera non è, non vuole, non può essere esaustiva, assolutamente! L intento è quello di stimolare il lettore ad approfondire. Chi, così invogliato, vorrà davvero approfondire i temi trattati, potrà leggere sia i testi utilizzati durante la stesura sia altri libri di argomento correlato (nella Bibliografia sono riportate oltre 14 dozzine di titoli) o navigare nel mare magnum d internet, dove tutto si può pescare, magari anche qualche Enciclopedia dell Aikidō, cosa che questo mio lavoro NON È! Numerosi ed eccellenti libri sono stati scritti su questa Disciplina, testi che sarebbe ben utile consultare: dalle biografie del Fondatore e dei Maestri suoi allievi ai lavori sulla loro filosofia fino alle pubblicazioni più prettamente tecniche. Ricordo, però, che neppure la lettura di tutto ciò che è stato pubblicato sarà mai in grado rendere la sensazione di equilibrio, di serenità, di bellezza e sì, anche d amore, che solo una pratica costante saprà sviluppare. Attenzione: solo la frequentazione (assidua, paziente ) di un corso, tenuto da un I- struttore qualificato o, ancor meglio, se possibile, da un Maestro riconosciuto, potrà a- prire la mente ed il cuore all Aikidō! Tutti possono praticare l Aikidō ed i corsi delle varie Scuole, in numerose palestre, di solito sono aperti a chiunque, indipendentemente da età, sesso, esperienze precedenti. Inoltre, fatto non trascurabile, non è previsto di portare colpi a segno e pertanto questa è un Arte, una Disciplina, sì Marziale, ma davvero poco pericolosa. 5

6 Milano, novembre (Prima edizione: giugno 2002) Giuseppe Bissanti 6

7 L AIKIDŌ Scopo dell Aikidō è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere. L Aikidō è la più recente Arte del Budo del Giappone, sviluppata nel corso del secolo XX il primo Dojo, dove l Aikidō è tuttora insegnato, apre nel 1927 da Ueshiba Morihei (Tanabe, 14/12/1883 Iwama, 26/4/1969). Questa Disciplina è informata da tutte quelle Arti Marziali giapponesi tradizionali che il Fondatore (Aiki Kaiso) dell Aikidō, sempre chiamato O-Sensei, Grande Maestro, studiò a lungo, traendone poi spunto per un Arte davvero unica. Non solo: Ueshiba Morihei nasce in un Distretto, Kumano, conosciuto come la porta verso il divino, ricco di santuari e importante centro della religiosità Shinto; egli quindi vive immerso in un atmosfera esoterica e misteriosa, mistica e divina (al 1925 risale la sua Illuminazione, satori), e nella sua creatura infonde una spiritualità senza pari. Il nome deriva dall unione di tre caratteri, ai, ki e dō, che, come molti i caratteri della lingua giapponese, possono sia avere numerosi significati, sia comparire da soli o in parole composte. AI è armonia e unione. È la forza vitale che governa l universo. La medesima pronuncia di altro ideogramma significare amore. KI è l energia interna del corpo ed anche il fiato originale o la forza dello spirito. È il soffio vitale, la respirazione. È la vita. DŌ è la Via. È il metodo che indica la strada da percorrere per armonizzare corpo e spirito. Una buona traduzione del termine Aikidō è LA VIA DELL ENERGIA E DELL ARMONIA. Pure LA VIA DELL ARMONIA SPIRITUALE rende bene il concetto, anche se io preferisco LA VIA DELL AMORE UNIVERSALE. O-Sensei sosteneva che «( ) l Aikidō è un Arte in cui i principi dell universo sono rivelati da Dio. Do è la Via attraverso la quale Dio esprime la Sua volontà: ogni do deve essere uno con la volontà divina. Distaccandosene, non è più una Via». «L Aikidō non è una tecnica per attaccare e sconfiggere un nemico: il suo segreto sta nell armonizzarsi con l universo, nel farsi uno, cioè nel diventare parte dell universo stesso, raggiungere l unità con l universo. ( ) Non è importante la velocità con cui io posso essere aggredito, in quanto non posso essere mai sconfitto. ( ) Chi tenta di opporsi a me si oppone all universo, ne infrange l armonia; perciò, quando un avversario mi assale, in quello stesso istante è già sconfitto. ( ) L Aikidō si fonda sul principio della non-resistenza: poiché non c è resistenza, ho vinto prima di combattere. ( ) Il vero Budo non conosce sconfitta: mai sconfitto significa mai in combattimento». «Fate che il cuore di Dio sia il vostro cuore: è un grande amore sempre presente in ogni parte ed in ogni tempo dell universo. Nulla esiste senza amore: l amore è il principio protettore di tutte le cose. L Aikidō è la realizzazione dell amore.». Per alcuni l Aikidō è un arte di difesa puramente riflessiva, attivata eticamente da un attacco violento non provocato, come recita una famosa definizione. Taluni affermano che l Aikidō è una non-arte marziale. Secondo molti l Aikidō è filosofia della vita, meditazione in movimento, via d autoconoscenza profonda, immediatezza intuitiva, attività sportiva non competitiva. Altri, ancora, vedono l Aikidō come l equilibrio tra il pieno e il vuoto. Io voglio anche credere nell Aikidō inteso come via ascetica che indica il cammino verso la perfezione dell umanità, per mezzo del ki-iku, tuku-iku, tai-iku: formazione e sviluppo (iku) dell essenza (ki), della saggezza e virtù (tuku) e del corpo (tai). È attraverso questo metodo educativo, che unisce corpo e spirito, che si superano le nozioni di frontiera, i pregiudizi razziali, le miserie dell egoismo e si formano dei veri esseri umani. 7

8 PRIMA DI COMINCIARE L Aikidō visto da fuori e ad uno sguardo superficiale può apparire come un metodo di difesa personale elegante ed efficace, a- datto per neutralizzare uno o più aggressori, armati o no, mediante proiezioni, leve articolari e bloccaggi a terra. Pur traendo origine da numerose Arti Marziali tradizionali, delle quali Ueshiba Morihei è stato attento studioso e praticante, l Aikidō si dimostra comunque originale ed efficace in tutta una serie di principi basati sulla rotazione sferica, cioè movimenti circolari il cui perno è chi si difende (effettua la tecnica) [tori]. Tori, stabilizzato il proprio baricentro, squilibra chi l aggredisce o afferra [uke, o meglio aite, colui che rompe l armonia ], sottraendosi alla linea d attacco. Con movimenti centripeti attira quindi aite nel proprio centro, sfruttando l energia sviluppata nell aggressione a proprio vantaggio, senza arrestarla, fino a neutralizzarla e mette aite nelle condizioni di non nuocere. L Aikidō non è un arte di combattimento a corpo a corpo, fondato sull uso della forza muscolare: il lavoro tecnico si compie utilizzando pienamente l energia mentale e razionalmente la forza fisica. Ciò significa che chiunque può praticare questa Disciplina, naturalmente dopo averla ben capita. Nella pratica del Dojo, non si hanno combattimenti, competizioni o gare, come di solito accade in altre Arti Marziali. Le tecniche sono provate più e più volte, con un continuo scambio di ruoli fra aite e tori, a prescindere dalla loro rispettiva anzianità. L allenamento dell Aikidō si propone di e- ducare al mutuo rispetto e si prefigge un progresso fisico, spirituale, psichico e morale: non esiste un nemico da abbattere, un avversario da sconfiggere. Non ci sono vincitori e vinti, eroi o superuomini, ma soltanto persone che, nell infinito processo d apprendimento, vogliono progredire insieme, fino a giungere alla totale coordinazione fra mente e corpo, senza che intervenga il pensiero cosciente. Ciò darà luogo, nella vita di tutti i giorni, al pieno e perfetto controllo di noi stessi, delle nostre azioni, dell ambiente che ci circonda e, sul tatami alla perfetta esecuzione delle tecniche, perché, come ben dice Angelique Arnauld: «La perfezione non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare delle cose ordinarie straordinariamente bene» e, secondo quanto scritto dalla mistica S. Giovanna Maria Bonomo ( ), «La santità consiste nel fare con perfezione le cose di tutti i giorni». Non possiamo dimenticare, infine, quanto afferma Ueshiba Kisshomaru (27 giugno gennaio 1999), figlio ed erede spirituale del Fondatore, primo Doshu (Guida) del movimento aikidoistico mondiale e padre dell attuale, Ueshiba Moriteru: «Aikidō significa andare incontro ad una forza ostile con il cuore di Dio, avvolgendola come in un abbraccio ed attirandola a noi. ( ) Non serve a farci diventare forti, ma deve aiutarci a capire meglio gli altri ( ) non è per correggere gli altri, ma per correggere noi stessi.». Mostra il tuo cuore, non la tua spada. 8

9 Cuore, Amore, Aikidō La vita nasce in un mondo sferico, di forza e armonia. In un bimbo tutto è equilibrio e centralità nel sentire intuitivamente. Tutto è CUORE. Il tempo fa crescere, in noi, il nostro io: pensiamo di essere! Ci allontaniamo sempre più dall armonia e dal sentire con il cuore. Diventiamo confusi e squilibrati. Oggi possiamo iniziare a ricercare, in noi, quel bambino, attraverso la VIA tracciata da O- Sensei. Egli ha saputo trasformare un Arte Marziale, il cui fine era uccidere, nell Aikidō, che è armonia con la natura e con l universo. Che è AMORE. Un augurio a tutti: l inizio della pratica dell Aikidō sia anche il principio di una vita fatta di sentire ed intuire la profondità del cuore e dell AIKIDŌ, per tornare bambini con la semplicità del fare. Sandro, aikidoka 1 Nota Bene. 1 Nelle pagine che seguono si può trovare il termine avversario, anche con riferimento alle tecniche d Aikidō. In questa Disciplina, però, indica solamente il ruolo aggressivo di chi spezza l armonia, aite, ma nell allenamento è una parte assunta, di volta in volta e reciprocamente, dai praticanti. 2 Anche il termine attacco appare ripetutamente. Nelle Arti Marziali tutte le diverse forme che assume un azione violenta e distruttiva sono attacco, mentre nell Aikidō, più semplicemente, si tratta di una forma di contatto, senza alcun intento aggressivo. 3 Non sempre mi è stato possibile proporre nel testo (principalmente per la mia scarsa competenza informatica!) la corretta grafia dei termini giapponesi sia pure nella forma latinizzata soprattutto alla presenza di caratteri tipografici peculiari. 4 - Per i misteri della lingua giapponese [meglio: della traslitterazione adottata dai diversi autori. Si veda anche la voce Giapponese, nella Terza Parte dell opera], potrebbe accadere di trovare grafie non identiche per i medesimi termini. Le sillabe che compongono quest idioma, infatti, nella traslitterazione possono risultare separate, tutte unite, alcune unite ed altre no, unite da trattini. Ad esempio la Cerimonia del Tè si può trovare trascritta Cha-no-yu oppure Chanoyu ed anche Cha no Yu. Lo stesso vale, ad e- sempio, per O Sensei O-Sensei ; Tanto Tanto ; Shiho Nage Shi-ho-nage Shi Ho Nage Shihonage ; Kata Te Tori Katate Tori Kata-te-tori e così via. Pure lo stesso Aikidō si può trovare anche nelle forme Aiki-dō Aiki Dō. In quest opera ho cercato di mantenere una medesima grafia per gli stessi termini. 5 Nel testo, per quanto riguarda i nomi delle persone, ho seguito la regola anagrafica giapponese: prima il cognome del soggetto, poi il nome proprio [si veda anche la voce Nomi, nella Terza Parte]. 1 Sandro Peduzzi (Milano, 16 aprile 1937) inizia la pratica dello Judo agonistico nel 1959, a 22 anni, con ottimi risultati. Nel 1963 si avvicina all Aikidō e segue gli insegnamenti dei Maestri Suchiyama, Mochizuki, Nakazono, Kawamukai, pionieri di quest Arte in Europa ed in Italia. Dal 1964 è allievo di Tada Hiroshi il quale, nel 1968, gli conferisce il 1 dan (Sho-Mokuroku, Cintura Nera di Primo Grado): è la seconda Cintura Nera d Aikidō in Italia, dopo il compianto M Bosello. Insegna Aikidō dal 1986 e non ha alcuna intenzione di smettere! 9

10 Pronuncia, eufonia, grafia. Le parole giapponesi sono qui riportate nella loro forma latinizzata ( romanizzata : RŌ- MA-JI). La traslitterazione (sistema Hepburn), vale a dire la trascrizione in caratteri a, i, e, o - come in italiano u - sempre ü (come tünnel, pronunciato alla lombarda); quando segue la s, a fine o dentro una parola, si perde (tsuki = zki; desu = des). ch - c dolce (cesto). f - sempre spirata (come wh dell inglese whu). g - sempre g dura (gara). h - h aspirata (come in casa, pronunciato alla toscana). j - g dolce (gemma). k - c dura (come in casa). s - s dura (come in subito). sh - sc dolce (come in sciare). ts, tz - z doppia e dura (come in tazza). tsu - così com è a inizio di una parola, come z di zucchero se al suo interno. w - u aperta (come in uovo) e rapida. y - come la i di ieri (yamè = iamè). z - dura (arazzo) se iniziale o dopo n, altrimenti dolce (rosa). Non esistono né la lettera l né la v. Quando le vocali sono sormontate dal segno, la durata si allunga, senza raddoppiare (aa, oo); la ē, nondimeno, è trascritta ei e la ī ii. Proprio la regola che vuole le consonanti pronunciate (e, per questa ragione, trascritte) all inglese fa sì che, ad esempio, la sillaba giapponese si venga pronunciata sc (dolce, come sciare) e trascritta sh ; troviamo quindi sushi il tipico piatto della cucina nipponica anche se, in effetti, dovrebbe essere scritto susi. La lettera m non esiste fuori del composto sillabico, quindi non si può usare davanti alle labiali b, m e p ; non si scrive quindi Hombu, Jimmu, shimbun, tempura ma Honbu, Jinmu, shinbun, tenpura. latini, si basa sul principio generale che le vocali siano pronunciate come in italiano, le consonanti come in inglese, con alcuni casi particolari, di seguito riportati. L apostrofo che talvolta compare in una parola, serve a dividerla, nel caso vi sia la possibilità di equivocare nella divisione delle sillabe, cioè quando la n, ad esempio, può appartenere sia alla sillaba che precede sia a quella che segue; si scrive quindi Man y Oshu e non Many Oshu, Jun ichirō e non Junichirō. Pur non esistendo, nella lingua giapponese, maiuscolo e minuscolo, né genere né numero, ho applicato le regole di scrittura occidentali, adoperando la maiuscola per i nomi propri e considerando di genere femminile alcuni termini che tali suonano al nostro o- recchio (quale, ad esempio, katana: la katana). La particella no, che spesso compare nei termini giapponesi, si riferisce al caso genitivo [«di», in italiano] ed esprime il possesso o altri rapporti fra due nomi. La curiosità sta nel fatto che, contrariamente all italiano, l ordine dei nomi è invertito ( A di B diventa B no A ; ad esempio: Takeda Takumi-no-Kami Soemon significa Takeda Soemon Signore di Takumi). Inoltre, dato che con l uso di altrettanti no si possono connettere parecchi nomi, a catena (per e- sempio: Ama-no-Murakumo-no-tsurugi, Spada che Taglia l Erba,), l ordine va dal generale allo specifico. Per maggior chiarezza, ho utilizzato sempre un trattino ad unire la particella no alle altre parti delle parole giapponesi. Nei termini composti, l iniziale di suono puro [si veda la voce Giapponese, nella Terza Parte] della seconda parola componente è sostituita con l omologo suono impuro. Ad e- sempio: te-katana diventa te-gatana, hiji shime diventa hiji jime [procedimento che, semplificando rozzamente, ho indicato come suffisso nel Piccolo Dizionario Enciclopedico]. 10

11 Nota. GLOSSARIO ED INFORMAZIONI Tutti i termini in lingua giapponese che ricorrono in questa Prima Parte sono poi presenti, per un maggior approfondimento, nel Piccolo Dizionario Enciclopedico. o Nel Dojo. AIKIDOKA - chi pratica Aikidō AITE, UKE - chi subisce la tecnica DAN - livello, grado superiore DOHAI - con la stessa anzianità di pratica DOJO - palestra, luogo dove si pratica HAI-REI - saluto da seduti, leggero JOSEKI - lato d onore della sede allievi KAMIZA - sede del Maestro, sul tatami KOHAI - tra due, il meno anziano di pratica KYO - gruppo, principio KYU - classe, grado inferiore REI-GI - l Etichetta RITSU-REI - saluto secondo le regole SENSEI - Insegnante, Maestro SEMPAI - tra due, il più anziano di pratica SHIMOSEKI - lato inferiore della sede allievi SHIMOZA - sede degli allievi sul tatami TACHI-REI - saluto in piedi TATAMI - stuoia, materassina TORI, NAGE, UCHI, SHITE - chi esegue la tecnica ZA-REI - saluto da seduti, profondo Etichetta e comportamento: il Dojo. Nel Dojo ( Il Luogo della Via ) si entra per incontrare se stessi. Dal punto di vista e per la mentalità occidentale riesce difficile considerarlo un vero e proprio spazio sacro, ma, in ogni caso, resta il luogo dove, in armonia e serenità, con passione e letizia, si cammina insieme verso la conoscenza. Solo se chi tiene la lezione (Maestro, I- struttore o allenatore che sia) è già presente nel Dojo si sale sulla materassina (tatami). A lezione in corso, si può salire o scendere solo con il permesso dell insegnante. Per salire, volte le spalle al tatami, ci si sfilano i sandali, che rimangono ordinatamente con le punte verso l esterno (o sono riposti in appositi scaffali, se disponibili). Si sale movendo per primo il piede sinistro, mentre si discende con il destro. Ogni volta che si sale o si scende dal tatami così come entrando ed uscendo dal Dojo si esegue un saluto secondo le regole (ritsu-rei): un leggero inchino, in posizione eretta (tachi-rei), rivolti al kamiza, il muro alto, la cosiddetta sede superiore (d onore) del Sensei. Dare le spalle al tatami, per salire, ha un valore simbolico ed una funzione psicologica: significa gettare l ultima occhiata al mondo esterno per abbandonarlo e per immergersi, poi, in una realtà diversa, con parametri, regole, tempi differenti. Nel Dojo dobbiamo abbandonare preoccupazioni e tensioni, pensieri e desideri; soprattutto dobbiamo lasciare fuori l attaccamento alle nostre idee (che spesso sono solo preconcetti): sul tatami pratichiamo per imparare a vivere in perfetta armonia con noi stessi, con la natura e con l universo, senza cercare profitti e ricompense, indifferenti a 11

12 scopi e obiettivi (con spirito mushotoku, quindi). Quando possibile, il kamiza, è orientato a nord (e, in ogni caso, dovrebbe collocarsi sul lato opposto all entrata). Al centro del kamiza, in Occidente, trova sempre posto una fotografia di O Sensei, a simboleggiare la trasmissione dell insegnamento e, quasi sempre, l insegna del Dojo. Gli allievi si dispongono sulla sede inferiore (shimoza), di fronte al Sensei, partendo dalla sua destra con quelli di grado meno elevato. Eventuali ospiti, gli assistenti del Sensei e le cinture nere, si collocano sul lato superiore (joseki) del tatami (a sinistra, visto dal kamiza), che è la parte più onorifica. Il lato opposto ( inferiore ) è chiamato shimoseki. Durante cerimonie o manifestazioni il kamiza è il posto destinato alle autorità, alla bandiera, alla presidenza ecc. o Equipaggiamento. KEIKOGI - abito per l allenamento GI, UWA- - giacca, casacca GI ZUBON - pantaloni OBI - cintura ZORI - sandali HAKAMA - gonna-pantalone BO - bastone lungo BOKKEN - spada (di legno) JO - bastone medio KATANA - spada TAM-BO - bastone corto TAN-TO - coltello Etichetta e comportamento: l abbigliamento. Per l esercizio (keiko) nel Dojo, s indossa l aikidogi, costituito dal keikogi (abito d allenamento) e dal tipico pantalone dei samurai, l hakama, quando prevista. Il keikogi comune a numerose Discipline giapponesi è formato da giacca, gi e pantaloni, zubon, senza null altro sotto (le donne portano una maglietta e possono aggiungere un laccio, ad evitare che il gi s apra). La cintura (keiko obi), annodata in vita, serve non solo a mantenere stretto il gi, ma anche a centrare la quadratura del corpo; è portata bassa sui fianchi cosicché il nodo corrisponda al tanden (la regione addominale, in prossimità dell hara, il centro della vita). Il nodo della cintura rappresenta la decisione di proseguire nel cammino della conoscenza, materiale e poi spirituale, per giungere all armonia con l universo. Le due estremità della cintura volgono al basso, a significare la flessibilità dell Aikidō. L aikidogi deve essere bianco come anche la biancheria intima e, se possibile, con tessuto a grano di riso, che è resistente ed agevola la traspirazione (quindi non si appiccica all epidermide). La tinta ha un significato simbolico: il colore bianco indica la purezza, che comprende anche il non attaccamento alle cose terrene, l assenza d ego (muga). Inoltre, poiché in Oriente il bianco è il colore del lutto, della morte, vestire di bianco indica che, durante la pratica, non si ha timore di morire e, soprattutto, si è disposti ad uccidere (ma, ovviamente, soltanto il nostro io, il nostro ego!). Dal momento, però, che ancora non si è defunti, il bavero sinistro deve coprire il destro, perché in Giappone solo i morti sono vestiti col bavero destro sul sinistro, per distinguerli dai vivi. Oltre che bianco, l aikidogi deve essere sempre pulito ed integro, per rispetto ai nostri compagni d allenamento, all insegnante, alla Disciplina ed a noi stessi. Sopra il keikogi è indossata l hakama che, facendo parte dell aikidogi, dovrebbe essere 12

13 portata da tutti gli aikidoka (normalmente bianca i principianti, nera o blu scuro gli allievi avanzati, gli Istruttori ed i Maestri, ancora bianca i Maestri di grado elevato), ma di solito è concesso d indossarla agli allievi dal 3 grado (kyu) in avanti o dal 1 livello (dan) in poi, secondo le Scuole, anche ad evitare fastidiosi intralci nei primi tempi dell apprendimento. Il nodo centrale anteriore, che chiude questo capo, simboleggia il punto del ki ed è posto al centro del basso ventre. Etichetta e comportamento: lo spogliatoio, la pulizia personale. È utile rammentare che lo spogliatoio del Dojo non è luogo dove fare conversazione o tenere salotto : un tono di voce moderato ci consente, concentrandoci, di prepararci alla lezione che ci aspetta e, non di meno, è rispettoso per chi già si sta allenando. Altrettanta importanza rivestono alcune banali norme di comportamento, come essere rapidi nel cambiarsi ed essere ordinati nel riporre gli abiti, senza occupare troppo spazio con le nostre cose e la nostra borsa piuttosto che usare la doccia per il tempo strettamente necessario, senza sprechi e senza ridurre il pavimento dello spogliatoio ad un pantano. Indispensabile, poi, è la pulizia, sia personale sia dell aikidogi: non è infatti ammissibile salire sul tatami con i piedi sporchi o l abito in non buone condizioni. Ugualmente importante è un accurata toeletta: le unghie lunghe di mani e di piedi possono inavvertitamente ferire chi si allena con noi, mentre non rimuovere i cosmetici, soprattutto dal viso, può macchiare il suo aikidogi. Etichetta e comportamento: sedersi, alzarsi. Dalla posizione eretta, con i piedi uniti, si allargano e piegano leggermente le ginocchia (chi indossa l hakama, ne apre le pieghe con un rapido movimento della mano destra). Scende a terra prima il ginocchio sinistro poi il destro; si distendono i piedi incrociando gli alluci (sinistro sopra destro); il peso grava sui talloni, tra i quali ci si siede in posizione seiza. È consentito, per ragioni di comodità e per ovviare alla mancanza d allenamento in un modo di sedere, per noi occidentali, estraneo (e faticoso!), variare la posizione dei piedi od incrociare le gambe davanti, sedendo direttamente sul tatami (in posizione agura) quando l Istruttore spiega le tecniche. Per alzarsi dalla posizione seiza, si solleva il corpo puntando le dita dei piedi, quindi si solleva il ginocchio destro, cui segue il sinistro, fluidamente e senza perdere l equilibrio. Etichetta e comportamento: il Saluto (senza le armi). All'inizio ed alla fine d ogni lezione, badando di essere ben in ordine (nell aikidogi e nella posizione del corpo), tutti occupano i posti loro destinati e scendono in posizione seiza: colonna vertebrale diritta e spalle rilassate, mani poggiate sulla parte alta delle cosce con dita e gomiti non allargati. Tra le ginocchia lo spazio di due pugni, uno per le donne. Gli occhi sono aperti, l'espressione del viso serena, con mascella non serrata e lingua appoggiata al palato. Con il respiro calmo, lungo, profondo, il ki concentrato nel tanden, realizziamo un ponte fra cielo e terra. 13

14 Dopo alcuni istanti di rilassamento e concentrazione (mokso), ad occhi chiusi, c è un primo ritsu-rei di tutti verso il kamiza (in ginocchio, za-rei). Vi è poi un reciproco saluto za-rei tra Istruttore ed allievi ed anche verso eventuali ospiti, se presenti prima di iniziare gli esercizi di preparazione. La stessa procedura si osserva alla fine della lezione, con l aggiunta di un ultimo, reciproco, ritsu-rei in posizione eretta (tachi-rei). In alcune Scuole è d uso accompagnare lo za-rei iniziale con un per favore, onegaishimasu, e quello finale con domo arigatō gozaimashita (abbreviato spesso in arigatò gozaimashita), molte grazie. Ci si scambia un saluto za-rei anche quando l Istruttore ha completato la spiegazione di una tecnica, prima di invitare un compagno d allenamento a praticarla con noi. Per eseguire il saluto za-rei, si piega in a- vanti il tronco e le mani (la sinistra prima, poi la destra ) scivolano al suolo, finché pollici ed indici, toccandosi, formano un triangolo, a cm dalle ginocchia, con i gomiti che restano vicini alle ginocchia senza allargarsi troppo. Tronco e testa s inclinano in un solo movimento (la testa rimane allineata al corpo: non è un inchino servile) ed i fianchi non si sollevano. Salutando l Istruttore, un Maestro o persona di rango più elevato (per anzianità di pratica, per grado, per età ), ci s inchina per primi, si attende che l altro si raddrizzi e ci si solleva poi. L inclinazione del busto nel saluto varia, da una leggera inclinazione del busto (hai-rei) fino a toccare le mani con la testa (za-rei), secondo il rispetto che s intende dimostrare. Un altro ritsu-rei in piedi (tachi-rei) è scambiato anche ogni volta che s invita un compagno a praticare (ed in alcune Scuole è d uso scambiarsi anche un reciproco onegaishimasu). Identico ritsu-rei è scambiato quando si lascia il compagno, al termine della pratica insieme. Il saluto tachi-rei si esegue dalla posizione normale (shizen hontai), con i piedi ravvicinati e le mani aderenti al corpo, piegando testa e busto verso l oggetto del nostro rispetto. L inchino è leggero quando scambiato tra compagni, prima e dopo un allenamento; il movimento è più accentuato allorché si entra e si esce dal Dojo, quando si saluta un Sempai nella pratica o l Istruttore. L inchino è profondo e si lasciano scivolare le mani fino alle ginocchia quando di tratta di un Maestro o di personaggio importante. Nel ritsu-rei il massimo del rispetto è riservato nel saluto ai simboli della Patria ed agli emblemi dello Stato, all altare ed agli o- spiti particolarmente importanti. La tradizione marziale prescrive che nessun guerriero nell eseguire il saluto abbassi la testa fino a perdere di vista le mani di chi gli sta di fronte, per non esporsi ad attacchi improvvisi. In Aikidō, invece, proprio a significare l assoluta fiducia riposta nelle persone che praticano con noi, questa regola non è seguita. Il ritsu-rei dimostra rispetto e gratitudine per: l Aikidō; O-Sensei, il Fondatore; il Dojo, dove si pratica la Via; il Maestro, che mostra la Via; gli altri aikidoka, lavorando con i quali possiamo progredire nella Via. Etichetta e comportamento: la lezione. Ogni lezione inizia con gli esercizi di preparazione che non sono unicamente movimenti ginnici di riscaldamento muscolare cui fa seguito la spiegazione d alcune tecniche e l allenamento, con gli allievi che assumono, di volta in volta, il ruolo di aite e di tori. Gli allievi si dispongono sullo shimoza durante la spiegazione d ogni tecnica. Nel caso 14

15 l Istruttore, per altre spiegazioni, interrompe l allenamento, tutti vanno in seiza sul posto o mettono a terra il solo ginocchio sinistro posizione tate-hiza), così come deve fare ogni allievo invitato dall Istruttore ad e- seguire un esercizio o una tecnica con lui (accorre, saluta, attende in posizione tate-hiza). Ogni allievo, di qualunque anzianità, durante la lezione ha l obbligo di accettare con leggerezza di spirito (junan shin, ovvero con umiltà e letizia), ma anche serietà e concentrazione, ogni insegnamento e consiglio di chi conduce la lezione stessa: sul tatami non vige la democrazia! Anche se abbiamo anni d esperienza sulle spalle, è opportuno evitare la tentazione di voler insegnare ai nostri compagni d allenamento: durante la lezione c è sempre e solo un insegnante! Solo se questi così indica, un sempai può dare suggerimenti al kohai od al dohai con cui pratica. In alternativa, è possibile che l allievo anziano guidi il giovane nella esecuzione della tecnica. I compagni d allenamento, prima e dopo ogni esercizio, si scambiano un ritsu-rei. A meno che l Istruttore, dopo aver mostrato una tecnica, non dia indicazioni diverse, è opportuno che sia l allievo più giovane a proporsi rapidamente a quello più anziano, al fine di praticare: dalla sua esperienza non può che apprendere. Ancora, è utile che sia l allievo più anziano ad assumere per primo il ruolo di aggressore (aite): non solo è quello più difficile, ma così facendo si rende conto di come tori si muove e dei suoi eventuali errori, in modo da poterlo poi aiutare, guidare. Altra tentazione cui resistere è quella di voler controllare il nostro compagno di allenamento o bloccarlo, soprattutto quando siamo aite: oltre a non fargli capire (e non capire noi stessi) la modalità d esecuzione della tecnica in cui siamo impegnati, bloccando e controllando entriamo, anche non volendolo, in una situazione di competitività, di imposizione della forza, di egoismo. Non si impara, non si cresce, non si pratica Aikidō. Ognuno deve disporsi mentalmente a vivere la lezione ed a viverla positivamente e con amore, verso se stesso e gli altri. L egoismo, la presunzione, il proprio IO restano fuori del Dojo. Sul tatami si persegue l unità tra Universo, Natura e Uomo e si lavora per aiutare a progredire il nostro compagno d allenamento, perché solo così anche noi potremo crescere: nella padronanza delle tecniche, nello sviluppo fisico, nello spirito. Ricordiamoci sempre quanto scritto da Ralph Waldo Emerson [ , pastore protestante statunitense, poeta, saggista e filosofo vicino alla filosofia orientale, esponente di quel movimento intellettuale noto come trascendentalismo]: «È una delle più belle compensazioni della vita: nessuno può veramente aiutare un altro senza anche aiutare se stesso». Gli esercizi di preparazione (1). Potrà sembrare un affermazione strampalata o curiosa, ma la vera lezione di Aikidō è costituita dalla fase preliminare, dagli esercizi preparatori, compiuti prima che le tecniche siano spiegate e quindi provate e riprovate sul tatami. Questa affermazione appare meno stravagante quando ci si rende conto che l insieme degli Aikitaiso e dei tai sabaki, esattamente intesi e correttamente eseguiti, consente di raggiungere importanti obbiettivi, quali: - verificare, mantenere ed incrementare assialità ed equilibrio, aumentando la nostra percezione dello spazio; - avvertire dapprima, per poi, sempre più, sentire l energia, il ki, che sgorga dal nostro hara e scorre nel corpo; - addirittura incrementare a volontà il ki, per guidarlo dove e come vogliamo. 15

16 Ma non è tutto. Eseguendo gli esercizi con attenzione, intensità, concentrazione e sincerità, infatti, riusciremo a renderci sempre più conto del nostro essere centro : noi siamo il centro di una sfera dinamica che può diventare invalicabile, se lo vogliamo. Ciò non significa, naturalmente, che in questa sfera ci si debba rinserrare, anzi! Allorquando il nostro centro individuale è totalmente coordinato (quando, cioè, siamo Aikidō), abbiamo la possibilità d incontrare, riconoscendoli, altri centri individuali, come noi coordinati (altri esseri umani consapevoli) e con loro ricercare un nuovo centro comune (sociale) espanso, armonicamente equilibrato, dove collaborare per il reciproco bene comune (essendo Aikidō). Centralizzando il punto del bene reciproco, possiamo allargare la nostra sfera fino a farle raggiungere la dimensione cosmica: il nuovo centro sarà il punto di massima integrazione, d armonia ed equilibrio tra l umanità, l ordine naturale sulla terra e nell universo. Saremo, cioè, come scrive O-Sensei, uno con l Universo (con Dio?). E le tecniche? Riguardo alle tecniche, si veda, più avanti, La pratica, la tecnica. o Esercizi di preparazione (JUMBI DOSA). AIKITAISO Insieme degli esercizi fisici specializzati TANDOKU DOSA Esercizi di base, si praticano da soli FUDO-NO-SHISEI - esercizio dell immobilità TAMA-NO-IREBURI - rilassamento di collo e spalle (respirazione) TEKUBI UNDO - gruppo d esercizi per i polsi USHIRO TEKUBI DORI KOTAI UNDO - estensione rovesciata dei polsi in basso IKKYO - 1 gruppo: compressione del polso UNDO NIKYO - 2 gruppo: torsione esterna e compressione del polso UNDO SANKYO - 3 gruppo: torsione e stiramento del polso UNDO KOTE GAESHI - torsione interna e compressione del polso UDE FURI UNDO - esercizio della giravolta (come una trottola) UDE FURI CHOYAKU UNDO - come sopra, ma con movimento avanti e indietro IKKYO UNDO - parata alta, estendendo il ki IKKYO UNDO IRIMI TENKAN - passo, ikkyo undo e rotazione ZENGO UNDO - ikkyo undo e rotazione in 2 o 4 direzioni HAPPO UNDO - ikkyo undo e rotazione in 8 direzioni SHO MEN UCHI IKKYO TSUGI ASHI - passo seguito, parata alta e rotazione SAYO UNDO - oscillazione laterale (con o senza passo) USHIRO DORI UNDO - estensione frontale (semicaduta) TORI FUNE o FUNAKOGI UNDO - movimento della voga, esercizio del remare FURITAMA - mani unite a coppa (sinistra sopra destra) davanti al tanden: vibrano le mani e vibra il corpo TEKUBI KOSA UNDO - guida dell energia nei polsi, da fermo (mani unite davanti al tanden) TEKUBI JOHO KOSA UNDO - guida dell energia nei polsi, in alto (mani unite davanti agli occhi) TEKUBI SHINDO UNDO - scuotimento dei polsi SHIHO-GIRI - colpire nelle 4 direzioni 16

17 TAI SABAKI Insieme dei movimenti del corpo, circolari e diretti TENKAN - rotazione sul piede avanzato (di guardia) IRIMI TENKAN - passo avanti e tenkan USHIRO TENKAN - rotazione sul piede arretrato AYUMI ASHI - passo alternato: si sposta per primo il piede arretrato, che si porta avanti, verso l esterno del corpo e si punta; i piedi non si sollevano TSUGI ASHI - passo seguito: scivola in avanti il piede anteriore, mentre il posteriore segue, ma senza mai toccare l anteriore e senza mai superarlo; i piedi non si sollevano OKURI ASHI - prima che il piede anteriore completi il passo, il piede posteriore scivola avanti; i talloni quasi si toccano; i piedi non si sollevano SHIKKO - passo del samurai: camminare in ginocchio SOTAI DOSA esercizi di base, si praticano in coppia, senza caduta TENKAN HO - gruppo di movimenti circolari TENKAN, IRIMI TENKAN, U- - come nel tandoku dosa, ma con il compagno che tiene o SHIRO TENKAN afferra il polso UKEMI Caduta controllata MAE UKEMI - in avanti, frontale USHIRO UKEMI - indietro JUJI UKEMI - incrociata YOKO UKEMI - laterale ZEMPO UKEMI (KAITEN) UNDO - rotolamento continuato e controllato in avanti KOHO UKEMI (KAITEN) UNDO - rotolamento continuato e controllato indietro KOHO TENTO UNDO - cadere indietro e rialzarsi proiettando il ki avanti Gli esercizi di preparazione (2). Posto che gli esercizi di preparazione Aikitaiso e tai sabaki sono essenziali per costruire consapevolmente e consolidare nel tempo l atteggiamento naturale di corpo e spirito, occorre sottolineare l importanza degli esercizi praticati da soli, tandoku dosa. L Aikitaiso rappresenta una sorta di viaggio in noi stessi, un percorso durante il quale possiamo osservarci, fare esperienza e concentrarci prima del lavoro di coppia, quando saremo chiamati ad aprirci ad un compagno, a lui unendoci. Il tai sabaki ci aiuta ad immaginare, a sentire il movimento insito nelle tecniche che poi eseguiremo; possiamo quindi assimilarlo ad una serie di kata che favoriscono e facilitano concentrazione ed unione con noi stessi, con il nostro respiro, con il nostro centro. In poche parole, durante gli esercizi che si praticano da soli abbiamo quasi l obbligo di essere egoisti, di pensare solo a noi stessi, per acquisire quella percezione dello spazio, quell assialità e quell equilibrio che saremo poi in grado di condividere con i nostri compagni di allenamento, tanto negli esercizi praticati in coppia quanto nell esecuzione delle tecniche. 17

18 Parti del corpo. ASHI - gamba, piede CHUDAN - media (petto, addome) GEDAN - bassa (ventre, gambe) HARA, - ventre, addome TANDEN HIJI, EMPI - gomito HIZA, HI- - ginocchio TSUI JODAN - alta (testa, collo) KANSETSU - articolazione, giuntura KATA - spalla KOSHI, GOSHI - anca KUBI, ERI - collo MEN, ATAMA - testa MUNE - petto SHIN - mente TAI, MI - corpo TE, SHU - mano TE-GATANA o - taglio della SHUTO mano TEKUBI, KOTE - polso UDE, KOTE, - avambraccio ZEN-WAN WAN - braccio YUBISAKI - punta delle dita o Posizioni [kamae, quando suffisso, si dice anche gamae]. AGURA - seduto (non protocollare) AI HANMI - posizione simmetrica CHUDAN KAMAE - in guardia media GEDAN KAMAE - in guardia bassa GYAKU HANMI - posizione opposta HANMI - posizione HIDARI HANMI - posizione naturale sx HIDARI KAMAE - in guardia sinistra JODAN KAMAE - in guardia alta KAMAE - guardia MIGI HANMI - posizione naturale dx MIGI KAMAE - in guardia destra SANKAKU KAMAE - guardia con i piedi a T SEIZA - seduto (protocollare) SHIZEN HONTAI - posizione eretta di base SUWARI - in ginocchio TACHI - in piedi o Aggettivi. AI - simmetrico GYAKU - opposto, contrario HA - normale HIDARI - sinistra IRIMI, OMO- - lineare, entrante, di fronte TE JO - lento JU - flessibile JUJI - incrociato, a croce JUYU - libero KATA - singolo, con uno KO - piccolo KYU - rapido MAE - davanti, frontale MIGI - destra O - grande RYO - doppio, con due SHIHO - quadrato, a 4 lati SOTO - esterno TENKAN, URA - circolare, opposto, di schiena UCHI - interno USHIRO - dietro, dorsale YOKO - laterale o Numeri. Esistono due modi per contare, in giapponese, così come esistono due sistemi di scrittura (cinese e giapponese). I due sistemi di numerazione sono in parte omologhi: in entrambi i numeri scritti sono cinesi, ma se si aggiunge al grafema cinese la lettera hiragana tsu ai primi nove numeri, si forma un insieme che si legge con pronuncia giapponese. Inoltre, come accade in altre lingue asiatiche, in Giappone il numero è seguito da un classificatore, un segno grafico, un suffisso che varia a seconda della natura degli oggetti contati o menzionati. Ad esempio: 18

19 ri e nin per contare le persone. dai per oggetti meccanici (radio, computer, macchine fotografiche ), auto. hon per cose strette e lunghe (sigarette, matite, bottiglie, alberi, ombrelli, pali ). satsu per giornali, libri, quaderni eccetera. -hiki per contare piccoli animali (cani, gatti, rane, serpenti, insetti, pesci ). tou per animali grandi (cavalli, balene, mucche, tigri ). mi per oggetti sottili (stoffa, carta, piatti ). Poi ci sono altri classificatori per l età, per le scarpe, per gli uccelli, per tazze e bicchieri Quando il numero non è riferito ad oggetti specifici, si usa il nome giapponese del numero. I numeri dall uno al dieci, compresi quelli cinesi, sono i seguenti: N > cinese < > sino-giapponese < > giapponese < > persone (nin) < > cose lunghe (hon) < 1 - YÎ - ICHI - HITOTSU - HITORI - IPPON 2 - ÈR - NI - FUTATSU - FUTARI - NIHON 3 - SÀN - SAN - MITTSU - SANNIN - SAMBON 4 - TSI - SHI (o YON) - YOTTSU - YONNIN - YONHON 5 - WÛ - GO - ITSUTSU - GONIN - GOHON 6 - LIÙ - ROKU - MUTTSU - ROKUNIN - ROPPON 7 - QÎ - SHICHI (o NANA) - NANATSU - SISHININ - NANAHON 8 - BĀ - HACHI - YATTSU - HACHININ - HICHIHON 9 - JIU - KU (o KYU) - KOKONOTSU - KYUNIN - KYUHON 10 - SHI - JU - TO - JUNIN - JIPPON Combinando tra loro questi primi dieci numeri, si ottengono le altre cifre, così 11 è 10 e 1 (ju ichi), 25 è 2 (volte) 10 e 5 (ni ju go), 58 è 5 (volte) 10 e 8 (go ju hachi), 100 è 10 (volte) 10 (ju ju) eccetera. o Colori. AKA - rosso AOIRO - blu DAIDAIIRO - arancione o Concetti primari. KRO - nero KURIIRO - marrone KURO - giallo MIDORI - verde SHIRO - bianco KOKORO O AME TSUHI-NO-HAJIMÈ NI OITE KUDASAI - poni la tua mente all inizio del cielo e della terra AIKI-NO-SEN - opportunità GO-NO-SEN - dopo di prima: contrattacco JO-HA-KYU - lento, normale, rapido: progressione nell esercizio KEN-NO-SEN - prima di prima: iniziativa nell attacco KIAI - espressione dell energia KIME - estensione dell energia KI-NO-NAGARE - corrente dell energia KOKYU - centralizzazione dell energia KOKYU RYOKU - la potenza del respiro MOKSO - concentrazione e rilassamento MU - vuoto 19

20 MUSHIN - stato mentale: non pensiero SEIZA, ZA-HO - pratica spirituale SEN-NO-SEN - prima di prima: preparazione all attacco TAI-NO-SEN - prima di prima: prendere l iniziativa sull altrui attacco TANREN - allenamento dell energia contro la forza USHIN - stato mentale: pensiero fisso ZANSHIN - estensione dell energia Unione Nel momento del contatto (presa, colpo) tra noi e chi ci aggredisce, la nostra mente/corpo può reagire in modi diversi. I più comuni sono: CON LA FORZA CON LA VIOLENZA CON L AFFERMAZIONE DEL PROPRIO IO. Il nostro mondo e quello di uke vanno all urto frontale, permangono due o tre assi, non c è u- nione: vince la forza, perde l uomo Oppure possiamo reagire CON LA PACE CON LA NON VIOLENZA CON L ABBANDONO DEL PROPRIO IO, SOSTITUITO DALL AMORE. Ci uniamo con uke sull asse unico che creiamo; deviamo la forza in alto, in basso, a destra, a sinistra e poi la annulliamo. Entriamo e facciamo entrare uke in un mondo d armonia, dove i nostri gesti sono simboli spaziali d energia e d amore: perde la forza, vince l uomo Sandro, aikidoka o Altri termini tecnici. ASHI, SHINTAI - passo, avanzamento ATE - colpire ATEMI - colpo al corpo GAESHI - torsione HAISHIN UNDO - rilassamento della colonna vertebrale HAJIMÈ - iniziare, cominciate! IRIMI - entrare nella guardia del compagno KA - inspirazione KAITEN - lancio, caduta rotolata KANSETSU - leva KATA - modello, forma KATA TE - con una mano KATAME - controllo KOKYU HO - gruppo d esercizi di respirazione KOKYU HO - guida dell energia nei polsi, UNDO con rotazione KOKYU NAGE - proiezione dell energia centralizzata MA-AI - giusta distanza MI - espirazione MOCHI - prendere con le mani NAGE - proiezione ORENAI TE - braccio inflessibile OSAE - immobilizzazione OSHI - spingere, premere RYO TE o MORO TE - con due mani SABAKI - spostamento 20

21 SHIHO NAGE - proiezione su 4 lati SHIME - strangolamento TAISO - ginnastica TORI, DORI - prendere TSUKI - pugno, colpo diretto TSUKURI - rottura di posizione UCHI - fendente URAKEN - pugno rovesciato WAZA - tecnica YAMÈ - fermarsi, fermi! La pratica, la tecnica. Praticare l Aikidō significa vivere una e- sperienza educativa che non ha paragoni. È, però, necessario salire sul tatami non per fare Aikidō, ma per essere Aikidō. Dobbiamo, in altre parole, allenarci tenacemente per assimilare le tecniche, i movimenti e gli atteggiamenti senza starci a pensar su troppo, lasciandoci andare, per così dire finché giungerà il momento in cui la coordinazione fra mente, corpo e spirito sarà istintiva e totale: non useremo più la mente e sapremo muoverci senza che intervenga il pensiero cosciente. Potremo così eseguire le tecniche in modo perfetto, seguendo la via naturale. Il progresso, nel continuo procedere dell apprendimento, si ottiene anche grazie alla riflessione (intima, privata). Dopo aver agito, nell eseguire una tecnica, è necessario riflettere sull azione compiuta (hangyo waza). È indispensabile costruire una sequenza di comprensione/riflessione/azione/riflessione. Solo così i progressi sono costanti. Eseguire una tecnica vuole dire neutralizzare l attacco di aite applicando la giusta e- nergia, nella giusta direzione ed eseguendo il corretto movimento. Non basta proiettare o immobilizzare il nostro compagno d allenamento: troppo spesso ciò è possibile grazie alla superiore capacità fisica. Non si tratta di battere aite, di vincere l avversario, perché da sconfiggere ci sono le nostre paure e c è il nostro orgoglio, il desiderio di affermazione e la tentazione di usare la forza. Ognuno, semplicemente, deve vincere se stesso, senza dimenticare che la vera forza, nell Aikidō come nella vita, sta in una mente acuta e flessibile ed in un corpo plasmato da una pratica costante. È illusorio pensare di poter imparare tutte le tecniche dell Aikidō: O-Sensei sosteneva che «In Aikidō vi sono tremila mezzi d azione, ai quali s aggiungono ura waza ed henka waza, ciò che dona altri diecimila mezzi». La Disciplina, in effetti, prevede tecniche (waza) eseguite in piedi (tachi waza) e da seduti (suwari waza), uno in piedi e l altro in ginocchio (hanmi hantachi waza), dal davanti (mae waza), da dietro (ushiro waza) ed in risposta ad un attacco laterale (yoko waza). A queste si aggiungono le tecniche a mani nude contro un avversario con o senza un arma; con arma contro arma; di uno contro uno e di uno contro parecchi Se poi si volessero conteggiare anche le tecniche eseguite in entrata (omote waza) od in assorbimento (ura waza) e le variazioni sulle tecniche (henka waza), dovremmo convenire che, in Aikidō, le tecniche sono infinite! Quando tutte le Discipline (Do) erano ancora solamente Arti (Jutsu) Marziali, [Jutsu sta per tecnica, esprime l idea di metodo e sistema intimamente legati all apprendimento ed è il termine ancora applicato alle Arti Marziali da combattimento ], altro esse non erano che pratica costante, lungo esercizio: era perciò sufficiente padroneggiare le tecniche per essere efficaci. Oggi, nell Aikidō, le tecniche consistono nella corretta applicazione di tutto ciò che concorre all armonica neutralizzazione di un attacco, ma la loro e- secuzione non è lo scopo della pratica dell Aikidō, perché esse sono soltanto un mezzo, uno strumento: lo strumento che ci permette di crescere. 21

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