L aggiornamento del canone nelle locazioni di immobili urbani ad uso non abitativo
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1 L aggiornamento del canone nelle locazioni di immobili urbani ad uso non abitativo Con la sentenza della Corte di Cassazione Sez. III, del 15 aprile 2011, n. 8733, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla clausola contrattuale di aggiornamento del canone di locazione, allineandosi al più recente orientamento espresso dagli interpreti, che appare condivisibile in quanto conforme alla ratio della disciplina della locazione. La clausola di aggiornamento. Occorre, anzitutto, ricordare che il principio della libera determinazione del canone nelle locazioni ad uso non abitativo deve essere coordinato con il limite fissato dall art. 32 l , n. 392, il quale stabilisce i criteri per l aggiornamento del corrispettivo in corso di rapporto. Per comprendere la ratio della norma occorre considerare che la durata molto lunga delle locazioni commerciali giustifica l esigenza del locatore di prevedere un incremento periodico del canone. Sebbene, infatti, per tale tipologia di locazioni la legge non abbia mai previsto limiti alle parti nella determinazione del canone, la mancanza della possibilità di prevedere un aggiornamento finirebbe per penalizzare il locatore che, alla fine del rapporto, si troverebbe con un corrispettivo inferiore, in termini reali, a quello originariamente pattuito. In particolare, l art. 32 consente alle parti di prevedere un adeguamento annuale del canone in misura non superiore al 75% dell indice dei prezzi al consumo delle famiglie di operai ed impiegati accertato dall Istat e calcolato su quello corrisposto nell anno precedente: detta possibilità, tuttavia, non opera in maniera automatica ma solo su necessaria richiesta del locatore. Il principio risulta oggi parzialmente temperato dalle recenti modifiche legislative: l art. 41, comma 16o duodecies, l , n. 14 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), prevede infatti che nei nuovi contratti di locazione ad uso non abitativo in cui venga pattuita una 1
2 durata superiore al minimo di legge, la variazione in aumento del canone è liberamente determinata dalle parti e quindi anche in misura superiore al 75% originariamente consentito. Tale modifica normativa resta comunque circoscritta al solo "aggiornamento" del canone pattuito nella misura integrale del 100% della variazione ISTAT, giacché eventuali patti di aumento del canone convenuto restano, come si vedrà meglio infra, nulli ex art. 79 l , n Fatta eccezione per questa novità legislativa, eventuali pattuizioni con le quali le parti dovessero stabilire in corso di rapporto un incremento del canone superiore al limite di cui all art. 32, sarebbero sempre nulle per violazione dell art. 79 l , n Tale norma, poi, oltre a determinare la nullità di clausole che siano apertamente in contrasto con l art. 32 l , n. 392, sancisce anche la nullità di ogni pattuizione diretta "ad attribuire al locatore altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge". Verranno, dunque, ritenute nulle eventuali clausole volte ad incrementare il valore reale del canone per diverse e successive frazioni del medesimo rapporto qualora essere siano semplicemente il mezzo per eludere il limite di cui all art. 32. Al riguardo la casistica è la più varia: è stata, ad esempio, dichiarata nulla la pattuizione del pagamento anticipato dell intero corrispettivo pattuito, giacché in questo modo si neutralizzano gli effetti della svalutazione (da ultimo Cass., , n , infra, sez. III;); parimenti nulla è la previsione di un aggiornamento automatico (Cass., , n , infra, sez. III) o di criteri diversi e più gravosi per l aggiornamento introdotti attraverso la rinegoziazione del canone originariamente pattuito (Cass., , n. 2932, infra sez. III). Il problema dell aggiornamento del canone durante il corso della locazione. Non sembra, invece, pacificamente risolto il problema dell incremento pattizio del canone durante il corso della locazione, il quale attribuisca al locatore un vantaggio maggiore di quanto dovuto. La Corte di Cassazione ha, infatti, inizialmente ritenuto che non incorre nella sanzione di nullità dell art. 79 il patto con il quale le parti di un contratto di locazione ad uso diverso dall abitazione convengano nel corso del rapporto un aumento del canone. 2
3 Secondo questa interpretazione, infatti, l art. 79 mirerebbe ad evitare un elusione di tipo preventivo dei diritti del conduttore, ma non escluderebbe, invece, che egli possa disporne nel corso del rapporto. In altre parole, qualora l aumento sia concordato successivamente al perfezionamento del contratto, la pattuizione della parti relativa all aumento del canone dovrebbe ritenersi legittima, giacché il conduttore non potrebbe subire alcun pregiudizio dalla mancata adesione alla richiesta di aumento del canone. Questa interpretazione della norma ha invece trovato, da subito, un prudente accoglimento in dottrina. È stato, infatti, sottolineato come la disponibilità del diritto alla limitazione degli aumenti del canone iniziale sia tutt altro che pacifica anche in corso di rapporto: l art. 79, infatti, autorizza il conduttore a ripetere quanto indebitamente corrisposto sino a sei mesi dopo la riconsegna dall immobile locato. Si verifica quindi una sorta di ampliamento del termine di prescrizione del diritto del conduttore alla ripetizione delle somme corrisposte in eccedenza con la conseguenza che, prima di tale evento (la riconsegna), il diritto non potrebbe essere ritenuto pienamente disponibile. La rinuncia dovrebbe, dunque, considerarsi "preventiva", anche se avvenuta nel corso del rapporto. A questa lettura si è più recentemente allineata con orientamento che può ormai definirsi consolidato la giurisprudenza, la quale, in contrasto con le pronunce precedenti, ha affermato la nullità di quelle pattuizioni, concernenti veri e propri aumenti del canone, e non già semplici aggiornamenti ai sensi dell art. 32, anche se intervenute nel corso del rapporto locativo (Cass., , n , infra, sez. III; confermata anche dalla giurisprudenza successiva: da ultimo cfr. Cass., , n. 2932, infra, sez. III). Se infatti sostiene la Corte il diritto in esame può essere fatto valere dopo la riconsegna dell immobile (art. 79, comma 2, l n. 392), non è prospettabile che di esso possa disporre il conduttore in corso di rapporto, accettando aumenti non dovuti. 3
4 Sulla legittimità di un aumento del canone in presenza di un effettiva causa giustificativa. La sentenza in commento precisa, poi, che la nullità della clausola relativa all aggiornamento del canone inserita nel contratto stipulato tra le parti deriva anche dal fatto che "vi è stato proprio ed esclusivamente l aumento del canone e non una transazione e neppure un accordo novativo dell originario contratto". Per comprendere tale puntualizzazione, occorre richiamare l orientamento che si è formato in giurisprudenza con riferimento alla previsione pattizia di canoni in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell arco del rapporto. È anzitutto necessario distinguere tra "aggiornamento del canone", che importa soltanto una variazione della quantità monetaria del corrispettivo, fermo restando il suo valore effettivo, e "aumento del canone" che implica, invece, un accrescimento anche del valore reale del corrispettivo dovuto dal conduttore. A questo proposito, e sia pure con qualche contrasto, la Cassazione propende per la legittimità di una previsione di aumento, che non si tramuterebbe in un elusione dell art. 79 l , n. 392, qualora essa sia ancorata ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull equilibrio economico del sinallagma contrattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del potere d acquisto della moneta. Deve dunque trattarsi di un aumento a fronte del mutamento della situazione di fatto sopravvenuto nel corso del rapporto che porti ad un ampliamento della controprestazione: in questi casi il maggiore onere per il conduttore trova giustificazione nei vantaggi che il godimento dell immobile locato presumibilmente gli assicurerà, in ragione dell evoluzione favorevole di vari fattori ritenuti tali da incidere sul valore dell immobile (es. sviluppo commerciale dell area; dotazione di maggiori servizi nella zona; concentrazione di immobili destinati ad uso concorrenziale; successiva apertura al pubblico dell attività condotta nell immobile locato). Questo filone interpretativo è giustificato anche dalla considerazione che se le parti sono libere di fissare un canone di qualsivoglia importo, deve ritenersi altresì possibile che nel contratto prevedano modifiche anche in aumento del canone medesimo nel corso del rapporto. La giurisprudenza di merito ha considerato che la previsione di canoni differenziati troverebbe riscontro nello stesso art. 32, che parla di "canone 4
5 nelle misure contrattualmente stabilite", lasciando così intendere (con l utilizzo del plurale) che tali misure possono essere, sin dall inizio, differenti. L unico divieto ricavabile dalla disciplina legislativa in esame ha, dunque, per oggetto la previsione di aumenti non predeterminati nel contratto ed ancorati al mutato potere d acquisto della moneta (l art. 32 parla infatti, più propriamente, di aggiornamenti) e pertanto ovviamente destinati ad avere una entità non prevedibile al momento della stipulazione di detto negozio giuridico. In sintesi, la clausola convenzionale che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati nel contratto (e del tutto diversi ed indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere di acquisto della moneta) deve ritenersi in linea generale legittima; solo nell ipotesi in cui costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria è invece illegittima e quindi nulla. In tale ultima ipotesi, poiché è il motivo che vizia l oggetto di un tale patto (i.e. l intento di compensare integralmente la progressiva perdita di potere d acquisto della moneta), occorre dare prova che esso sia stato l unica ragione, comune alle parti, determinante l accordo di crescita del canone (art cod. civ.). Si ritiene che in queste ipotesi spetti al conduttore dimostrare che la clausola è stata inserita nel contratto al solo fine di eludere la norma di cui all art. 32 l , n. 392 e compensare la svalutazione monetaria, anche se, in una pronuncia isolata, la Cassazione ha sostenuto che l onere di provare la conformità della pattuizione al sistema normativo incombe a chi se ne giova e cioè al locatore. In linea con il prevalente orientamento della giurisprudenza, si è espressa anche la sentenza qui in commento che ha ritenuto nulla ex art. 79, comma 1, l , n. 392, la pattuizione avente ad oggetto non già l aggiornamento del corrispettivo, bensì "veri e propri aumenti del canone" quand anche raggiunta dalle parti nel corso del rapporto (e non soltanto in sede di conclusione del contratto), ma priva di una causa giustificata diversa dall intento di compensare gli effetti della svalutazione. Con ciò facendo intendere che, qualora la clausola fosse stata inserita, ad esempio, per adeguare effettivamente il canone alla capacità produttiva di reddito dell immobile, essa sarebbe stata valida. 5
6 L atteggiamento della giurisprudenza confermata dalla sentenza qui in commento e del legislatore è dunque quello di svalutare i limiti dell aggiornamento del canone di cui all art. 32 l , n Detta tendenza sembra aver trovato recente conferma sia nelle sopra citate novità introdotte dalla l , n. 14, che, a certe condizioni, consente alle parti di determinare liberamente la variazione in aumento del canone, sia nella recente norma di cui all art. 3 del D. Lgs , n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) che dispone la sospensione della facoltà di chiedere l aggiornamento del canone (anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione dell indice nazionale dei prezzi al consumo accertata dall ISTAT) nel caso in cui il locatore abbia optato per l applicazione della cedolare secca. Sebbene, infatti, tale ultima previsione miri anzitutto a soddisfare ragioni di politica economica e fiscale, nondimeno essa conferma la tendenza del legislatore a svalutare i limiti dell aggiornamento del canone. Note I contenuti di questa scheda hanno come mero scopo quello di fornire informazioni generali circa le tematiche trattate dallo Studio M.PA. senza voler essere esaustiva né in alcun modo poter sostituire il contributo di un professionista qualificato. Ogni richiesta di approfondimento può essere proposta scrivendo all indirizzo area.legale@studiompasrl.it. Per maggiori informazioni potete contattarci al seguente indirizzo area.legale@studiompasrl.it o al numero di telefono
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