Il rapporto fra lingue e religioni

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1 Il rapporto fra lingue e religioni L'esercizio delle pratiche religiose secondo formule e riti utilizzati collettivamente ha bisogno di una lingua comune che permetta ai praticanti di sentirsi partecipi dello stesso rito. L e lingue liturgiche si distinguono in genere dalle lingue di uso comune per la loro staticità. Le liturgie infatti hanno bisogno di formule non modificabili ma, anzi, gelosamente conservate nella loro versione originaria da chi le pratica, in quanto ogni religione è portata a vedere nella rottura della tradizione un momento di pericolo e di scisma.

2 Inoltre la lingua liturgica, se è di forma arcaica e non più comunemente praticata, può essere accettata senza troppi problemi da tutti coloro che a quella religione aderiscono anche se parlano lingue diverse. L'esempio più evidente di questo caso è quello del latino che, usato normalmente al momento della formulazione della prima liturgia della Chiesa cristiana, si è conservato come lingua liturgica comune ai cristiani fino al 1970, anche dopo la decadenza della sua importanza letteraria. Il latino è stato riconosciuto come elemento unificante di tutta la Chiesa di Roma, che lo ha mantenuto in uso proprio per trovare in esso un motivo pratico di coesione fra tutti i fedeli.

3 Così gli scismi religiosi che hanno intaccato la Chiesa romana sono stati anche scismi linguistici. Lutero scrisse le sue 95 tesi, che affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg nel 1517, usando la lingua latina. Ma quando lo scisma da Roma divenne completo dopo la bolla papale del 1520, Lutero scrisse in tedesco un testo indirizzato alla nazione tedesca, dando inizio all'uso della lingua tedesca nell'ambito della chiesa protestante evangelica, uso che divenne comune dopo la traduzione della Bibbia in tedesco, fatta da Lutero stesso, e la sua stampa, nel 1534.

4 Con l'abbandono del latino Lutero rafforzava la rottura dal papato e affermava l'autonomia della nazione tedesca di fronte a Roma, portando l'uso della lingua tedesca anche negli ambienti della cultura. Anche la riforma anglicana venne evidenziata con una rivoluzione linguistica, perché introdusse nell'uso liturgico il Book of common prayer and Administration of the Sacraments (1549) e la Bibbia, tradotta in inglese nella Authorized Version nel 1611, interrompendo così l'uso del latino nella liturgia e favorendo anche a livello popolare la diffusione di un testo codificato in lingua inglese (Wood, 1969; Wrenn, 1970). È interessante notare come l'inglese liturgico abbia mantenuto ancora oggi forme linguistiche del XVI secolo, per cui a sua volta la Chiesa anglicana è diventata motivo di conservazione dell'espressione linguistica.

5 La politica linguistica è stata praticata molte altre volte durante le complesse vicende che hanno portato alla suddivisione della Chiesa cristiana. Un esempio è quello della distinzione fra serbi e croati: i primi sono prevalentemente ortodossi e i secondi cattolici, e questa differenziazione ha contribuito a creare quella particolare situazione per cui una stessa lingua è scritta dai primi con i caratteri cirillici e dai secondi con quelli latini. Un altro esempio è quello della chiesa metodista che, diffusasi nel Galles a partire dal 16 esimo secolo, volendo differenziarsi dalla Chiesa anglicana, adottò la lingua celtica del Galles, continuando un'opera di rivalutazione di questa lingua già iniziata nel 1674 dai Puritani attraverso il Welsh Trust.

6 La chiesa metodista ebbe un'importanza straordinaria nella difesa della lingua gallese proprio nel momento in cui la Rivoluzione industriale introduceva anche nel Galles in maniera massiccia la cultura inglese (Barbina, 1974). Per reazione i cattolici della vicina Irlanda, temendo che il Metodismo potesse mettere piede anche nella loro isola, favorirono la lingua inglese a scapito della parlata locale. Sul territorio italiano per lungo tempo al clero cattolico venne impedito di usare per la celebrazione della messa e la predicazione le parlate locali, tanto più se esse appartenevano a nazioni confinanti.

7 Ci sono in Europa e nel resto del mondo molti esempi di relazioni fra lingua e religione, derivati dal fatto che una comunità religiosa che per qualche motivo si trova minacciata da un'altra fede, cerca di rafforzare la propria identità anche attraverso l'uso di una lingua diversa da quella della comunità che la minaccia. Così in Polonia la Chiesa cattolica ha sempre difeso l'uso del polacco anche durante i momenti in cui la nazione era spartita fra russi (ortodossi) e tedeschi (luterani), e questa difesa congiunta della lingua e della fede cattolica ha contribuito grandemente a tenere unita la popolazione. È bene però osservare che l'appartenenza a una fede religiosa permane anche dopo la perdita della lingua originaria (gli italiani immigrati negli Stati Uniti rimangono cattolici anche dopo essere diventati anglofoni), in quanto quello linguistico e quello religioso sono due fenomeni dello spirito umano corrispondenti a due esigenze completamente differenti.

8 L'islamismo si è rivelato un formidabile veicolo di diffusione della lingua araba perché Maometto stesso stabilì che il Corano doveva essere letto e insegnato nella lingua originaria, e l'espansione dell'islamismo contribuì alla diffusione della lingua araba su uno spazio molto vasto, dando così a un gran numero di popolazioni diverse una identità linguistica, oltre che religiosa. Ancora oggi, nelle scuole coraniche di tutta l'africa del nord, dove la lingua veicolare è sempre una lingua locale e la lingua ufficiale è in genere il francese, il Corano viene insegnato in arabo e le preghiere vengono fatte in questa lingua, e se si considera che le scuole religiose sono quasi sempre quelle più diffuse, si capisce come la lingua araba sia compresa, almeno sommariamente, in tutti gli strati sociali. Bisogna inoltre ricordare l'importanza che la religione cristiana ha avuto nello studio delle lingue poco note o nel passaggio alla forma scritta di lingue solo parlate.

9 È noto il caso delle regioni di lingua slava che hanno avuto un alfabeto solo perché l'esigenza della diffusione dei testi sacri richiedeva una scrittura: l'evangelizzazione del popolo serbo da parte dei santi Cirillo e Metodio ha diffuso l'uso dell'alfabeto cirillico in tutta l'area che, per influenza bizantina, è rimasta legata alla chiesa ortodossa. Il rapporto fra lingua e religione è dunque molto profondo e antico e a volte è stato così stretto e immediato da permettere una influenza reciproca fra le due espressioni culturali nella creazione di una regione linguistico-religiosa. L'analisi delle vicende religiose di un popolo e di una regione ci può permettere a volte una maggiore comprensione delle vicende linguistiche, la lingua rimane l'elemento fondamentale per individuare una regione culturale, in quanto è attraverso la comune espressione linguistica che sono stati formulati tutti gli atti organizzativi, nella loro varietà e complessità, che hanno determinato la specificità di un territorio organizzato secondo un progetto culturalmente omogeneo.

10 Lingua, economia e sviluppo sociale Oltre alla lingua e alla religione gli uomini trovano altri motivi di aggregazione sociale durante la loro continua attività nello spazio terrestre. Uno di questi motivi è quello economico, l'uomo per sopravvivere deve produrre i beni e i servizi di cui necessita, e questa azione è tanto più redditizia quanto più è fatta in modo collettivo attraverso una razionalizzazione e una coordinazione delle azioni produttive di ciascun appartenente allo stesso sistema economico. E pertanto essenziale che l'uomo, per sopravvivere e per migliorare il suo tenore di vita, si organizzi insieme ad altri in un certo sistema produttivo che, quanto più è socialmente ampio, quanto più spazio riesce a controllare, quanto più è efficiente (riuscendo a ridurre al minimo gli sprechi di risorse e a massimizzare la produzione) tanto più rende ricchi coloro che lo controllano.

11 È abbastanza evidente che il sistema produttivo ha bisogno di continui scambi di informazioni al suo interno (prezzi, quantità, qualità, caratteristiche, tempi, distanze, difficoltà ecc.) e che se queste informazioni sono trasmesse e comprese celermente tutto il sistema ne trae vantaggio. Ne deriva che il rapporto fra economia e lingua è molto stretto e che i mercanti sono quelli che probabilmente per primi, nella storia umana, hanno studiato le lingue altrui. La necessità di comunicare, almeno sommariamente, con un gran numero di persone ha fatto nascere le lingue franche, cioè le lingue mercantili, ma ha prodotto anche un gran numero di codici di comunicazione talmente semplificati da non poter essere considerati di per sé come espressioni linguistiche.

12 Ma a parte questi problemi di informazione elementare (il listino della borsa di Tokyo viene redatto in modo tale da poter essere compreso anche da chi non conosce il giapponese) la comunione linguistica è certamente un motivo di sviluppo sociale e di crescita dell economia, in quanto al suo interno lo stesso modo di parlare unifica i modi di pensare e di comportarsi e rende più omogeneo il mercato. Il processo di estensione dei mercati avvenuto negli ultimi 40 anni ha certamente dato un contributo alla progressiva perdita di importanza delle lingue minori. Oggi la diffusione a livello mondiale della lingua inglese è dovuta anche al fatto che i principali centri motori dell'economia sono situati in aree di lingua inglese, e le conoscenze scientifiche, le industrie, le grandi organizzazioni di mercato trovano nella lingua inglese lo strumento per raggiungere il più alto numero di persone possibile.

13 Stiamo assistendo oggi a un processo di omogeneizzazione dei mercati (e dunque di standardizzazione dei modelli comportamentali e dei sistemi di vita) su dimensioni molto superiori a quello di gran parte delle aree linguistiche esistenti: le multinazionali si allargano su territori di lingue molto diverse e devono produrre e vendere beni e servizi omogenei a persone che parlano (e dunque pensano) in modo diverso. Questo, per chi controlla i mercati, è un problema che viene risolto solamente in parte fornendo l'oggetto venduto di manuali di istruzione in più lingue (oggi una macchina fotografica o un calcolatore elettronico hanno manuali scritti anche in dieci o più lingue), e che si cerca di ridurre favorendo in tutti i modi la diffusione delle lingue già di per sé più diffuse e danneggiando così, fatalmente, i patrimoni linguistici e culturali propri delle comunità linguistiche minori.

14 Il rapporto fra lingua e sviluppo economico ha posto notevoli problemi ai paesi afroasiatici al momento della loro decolonizzazione. Infatti questi paesi avrebbero volentieri fatto a meno della lingua coloniale, una volta ottenuta l'indipendenza, ma rinunciare al francese o all'inglese significava anche rinunciare agli aiuti economici, ai legami commerciali, agli apporti culturali con i paesi ricchi. La formazione dei tecnici e della classe dirigente, la disponibilità di manuali e di testi solamente nelle lingue europee, la necessità di avere continue informazioni da parte del paese già colonizzatore, la mancanza di scuole, di maestri, di testi nella lingua locale hanno impedito a quasi tutti questi paesi la decolonizzazione linguistica, che, dove è avvenuta, è diventata immediatamente un motivo di freno nello sviluppo sociale (ma anche un grande motivo di orgoglio nazionale).

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