PILLOLE LINGUISTICHE NAPOLETANE 48- CURIOSITÀ NEL DIALETTO NAPOLETANO. Carlo Iandolo

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1 PILLOLE LINGUISTICHE NAPOLETANE 48- CURIOSITÀ NEL DIALETTO NAPOLETANO Carlo Iandolo

2 1) Di fronte al latino classico o scritto di Cicerone e Cesare, quello volgare o parlato mostra evoluzioni in ogni aspetto e in ogni età. Come nel settore delle declinazioni, anche il sistema verbale subí riduzioni di coniugazioni e di forme, cambi di desinenze e di luoghi d accento tonico. Non è inutile segnalare qui come gl infiniti della II coniugazione sia in fiorentino-italiano che nel nostro dialetto molto spesso denotano una ritrazione : ecco ardére > àrdere, ridére > rídere, napol. rírere, respondére > rispòndere, napol. rispònnere (con nd > nn per eco osca), mentre sèntere mostra accento iniziale accanto alla normale forma tronca per apocope sentí... Per giunta nella prima persona dell indicativo presente dei verbi classici della II (-eo) e IV (-io) si ha una frequente caduta di tali prime vocali tematiche anche nel dialetto partenopeo: ecco l irregolare exeo > i esco, poi appareo = io compaio > i apparo, misceo > i mmesco, moveo > i movo, sentio > i sento... accanto ad aperio = io apro > *apero, poi con cambio fonetico e metatesi dialettali fino alla definitiva forma fono-morfologica attuale i arapo (come indicheremo nel punto successivo).

3 2) Nel fiorentino-italiano l originario binomio interno -AR- è stato prevalentemente trasformato in -ER-, come testimoniano i due lemmi arabi zafaran > zafferano e sakkar (cfr. saccarina) > zucchero, il latino margarita-m > margherita e perfino il personale Lazzaro > Lazzero... Ben diversa e inversa la trasformazione nel nostro dialetto, ove gli originari - ER- risultano divenuti -AR- : ecco (aperio = io apro) > *apero > *aparo (e con metatesi sillabica) i arapo; la cameriera > a cammarera, i piccoli capperi > e chiapparielle, casereccio > casareccio, Caterina > Catarí, i maccheroni > e maccarune, la pasta tipica e gli schiaffoni maneschi > e paccare, il toponimo Mergellina > Margellina (anche per facile influsso linguistico di mare ), la piccola papera > a paparella, la porcheria > a purcaria, i peperoni > e puparuole, *(es)ser + habeo > *ser-r-habjo > sarraggio, venerdí > viernarí, ar. sakkar > o zzuccaro...e forse la forma alternativa starnutire di contro a quella latina e toscana sternutire (verbo intensivo di sternuere ) potrebbe rappresentare un meridionalismo. N.B. Circa la vocale dialettale u di puparuole nella prima sillaba rispetto all originaria e di peperoni, la trasformazione potrebbe esser giustificata dall accento secondario, come in la melanzana > a mulignana, la tellina > a tunninola, il terreno > o tturreno...

4 3) Alcune -s oppure x in parole monovocaliche (ma-g-i-s, se-x, po-s-t, nos vo-s) si trasformano nella semivocale -i di dittonghi discendenti; ora essi sono inconcepibili come forme assolute finali (come càpita a parole italiane o pseudoitaliane che nel dialetto nostro non finiscono mai con consonante), di modo che anch essi assumono la vocalina labile ed evanescente: *maie, *seie, *poie, *nuie - *vuie. A tal punto nasce un obbligatorio cambio fonetico, per cui la semivocale diventa graficamente una semiconsonante, con gli esiti definitivi maje, seje, poje, nuje- vuje. 4) Gli articoli determinativi singolari del napoletano nel maschile compaiono come o avanti a qualsiasi consonante ( o masto, o sciore, o zio...), come nel femminile è funzionale a ( a signora, a scigna, a zingara...); entrambi invece avanti a vocale ricorrono a ll...(ll ommo, ll uocchio..., l aria, ll uva). Come mai si registrano forme anomale come o uajo, o uaglione, o uanto, o uappo (con l apostrofo per l aferesi subíta come fra pochissimo chiariremo)... a uagliona, a uantiera..., con articoli insoliti? Innanzitutto come in a atta, che invece ad Ischia risulta normalmente a gatta va chiarito che il gruppo ua- contiene inizialmente una semiconsonante, che per trattamento longobardo si trasformò in gua- ; l apostrofo d avvio ai lemmi è poi giustificato dalla coesistenza delle forme collaterali ancora vivide con la consonante g-, onde le grafie e pronunzie o guajo, o guappo, a guantiera ecc.

5 5) Il napoletano nella pronunzia in casi particolari ha un accostamento con la fonetica del tedesco: un ipotesi? E se il fenomeno risalisse all influsso della pur breve dominazione austriaca dal 1707 al 1733? Si tratta della consonante s che avanti a particolari consonanti assume la pronunzia di sc palatale in sc-ena (o piú precisamente di fricativa prepalatale sorda ), cui segue il resto della parola. Ciò si verifica davanti a b (*sc-battere), c + a, o, u (*sc-cassà, *sc-cugnato, vasc-ca), f (*sc-fucà, *sc-fessato), g + a, o, u (*sc-gamà), m (*sc-mammà), p (*sc-pazzino, *sc-perí), qu (*sc-quarcio), v (*scvacantà, *sc-vità). 6) Le vocali atone piú stabili nel dialetto partenopeo risultano sia la a (sebbene con suono lievemente ridotto rispetto alla normale pronunzia tonica) che la u ; tuttavia quest ultima in taluni casi eccezionali assume un suono evanescente, per cui si accosta a quello della vocalina labile come la e atona. Ciò si verifica talvolta quando c è il trinomio vocale + l + consonante, per cui l si vocalizza in u e, dopo che s interpone il suono di transizione -v-, essa s indebolisce. Ess.: celsa (arbor = albero alto) > *celza > *ceuza > ce-v-uza / ce-ve-eza = gelsa; altu-m > *autu > a-v-uto / a-v-eto = alto; càlidu-m > *caldu-m > *cauru > ca-v-uro / ca-vero...invece in altri casi si ha il normale passaggio al suono pieno di u, senza ulteriori evoluzioni fono-morfologiche: es. siliqua > diminutivo *sil-i-quella > *sciu-ce-lla > sciuscella = carruba... Carlo Iandolo