Regione Lazio. Atti della Giunta Regionale e degli Assessori 10/02/ BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE LAZIO - N. 12

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1 Regione Lazio Atti della Giunta Regionale e degli Assessori Deliberazione 3 febbraio 2015, n. 31 Regolamento regionale concernente: "Disciplina dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue", ai sensi della L.R. 23 dicembre 2006, n. 17

2 OGGETTO: Regolamento regionale concernente: Disciplina dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue, ai sensi della L.R. 23 novembre 2006, n. 17 LA GIUNTA REGIONALE Su proposta dell'assessore alle Infrastrutture, Politiche abitative e Ambiente, di concerto con l Assessore all Agricoltura, Caccia e pesca; VISTO lo Statuto della Regione Lazio; VISTA la legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6, relativa alla disciplina del sistema organizzativo della Giunta e de Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al personale regionale; VISTO il Regolamento Regionale del 6 settembre 2002, n. 1 e successive modificazioni ed integrazioni, di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta Regionale; VISTA la Deliberazione di Giunta Regionale 12 giugno 2013, n. 148 inerenti Modifiche al Regolamento Regionale 6 settembre 2002, n. 1 relativa al Regolamento di organizzazione degli Uffici e dei Servizi della Giunta regionale e successive modificazioni ; VISTA la Legge 7 agosto 1990 n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi e ss.mm.ii; VISTO il D. lgs 152/2006 Norme in materia ambientale e s.m.i. ed in particolare, la parte terza del suddetto decreto 152/06 riguardante Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall inquinamento e di gestione delle risorse idriche ; VISTO l articolo 112 della parte terza del citato decreto, riguardante l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione, delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c) del D.Lgs. 152/2006, e dalle piccole aziende agroalimentari, individuate con decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali 7 aprile 2006; VISTA la direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; VISTO il decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali 7 aprile 2006 Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152; CONSIDERATO che l art. 112 del D.Lgs. 152/2006, che riprende i contenuti dell art. 38 del D.Lgs. 152/99, abrogato dallo stesso D.Lgs. 152/2006, dispone che la Regione disciplini l utilizzazione agronomica dei suddetti reflui in conformità a specifici decreti ministeriali che dettano criteri e norme tecniche generali; VISTA la legge regionale del 23 novembre 2006, n. 17 concernente Disciplina regionale relativa al programma d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e all utilizzazione

3 agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e di talune acque reflue. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999 n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche ; CONSIDERATO che la suddetta legge regionale, all articolo 2, dispone che la Giunta regionale adotti regolamenti per disciplinare l intero ciclo di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue e dispone, all articolo 3, che tale materia deve essere disciplinata sulla base dei criteri e norme tecniche generali indicate dal D.M. 7 aprile 2006; VISTA la D.G.R. n.767 del 6 agosto 2004 Individuazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola in attuazione della direttiva 91/676/CEE e del D.Lgs. 152/99, successivamente modificato con il D.Lgs. 258/2000; TENUTO CONTO che il Programma d Azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, ai sensi dell art. 2, comma 1, della sopra citata l.r, n. 17/2006, è stato adottato dalla Giunta regionale con il regolamento n. 14 del 23 novembre 2007; CONSIDERATO che al fine di prevenire l inquinamento dei corpi idrici superficiali e profondi da nitrati di origine agricola è necessario adottare un regolamento che disciplini l utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici e delle acque reflue sopra indicate, sulla base dei criteri generali contenuti nel decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali 7 aprile 2006; TENUTO CONTO che il Regolamento regionale sulla disciplina dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue deve essere approvato con la massima urgenza per ottemperare alle disposizioni della legge statale ed inoltre, rappresenta interesse particolare sia in ambito agricolo che ambientale al fine di garantire in maniera preventiva la tutela dei corpi idrici dall inquinamento di nitrati di origine agricola; TENUTO CONTO che la presente proposta di regolamento regionale recepisce le recenti disposizioni, previste dal succitato D.P.R. n. 59/2013, in merito all autorizzazione unica ambientale; PRESO ATTO che il testo della proposta di regolamento regionale in oggetto è stato definito sotto il profilo tecnico-giuridico con l Area Affari Giuridici e legali della Direzione Regionale Infrastrutture, Politiche abitative e Ambiente; TENUTO CONTO che il testo della proposta di regolamento regionale in oggetto è stato trasmesso all Ufficio Legislativo che, ai sensi dell art. 65, comma 5-bis del Regolamento n. 1/2002 e successive modificazioni, ha comunicato con nota del , prot. n , che la natura prettamente tecnica del regolamento in questione non consente alcuna attività rilevante dell Ufficio Legislativo medesimo; VISTO il testo della proposta di regolamento regionale: Disciplina dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue si compone di n. 11 articoli, di 1 allegato A di 10 capitoli e di n.10 suballegati, che formano parte integrante e sostanziale della presente deliberazione; RAVVISATA la necessità di adottare il regolamento suddetto; PRESO ATTO che la presente deliberazione non comporta oneri a carico della Regione Lazio;

4 DELIBERA per le motivazioni di cui in premessa, che integralmente si richiamano, di adottare il regolamento regionale concernente: Disciplina dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e di talune acque reflue che consta di n. 11 articoli, di 1 allegato A di 10 capitoli e di n.10 suballegati, che formano parte integrante e sostanziale della presente deliberazione. La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio; Il Presidente pone ai voti, a norma di legge, il su esteso schema di deliberazione che risulta approvato all unanimità.

5 REGOLAMENTO REGIONALE CONCERNENTE: DISCIPLINA DELL UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO E DI TALUNE ACQUE REFLUE

6 Art. 1 (Finalità e oggetto del regolamento) 1. In attuazione della legge regionale del 23 novembre 2006, n. 17 (Disciplina regionale relativa al programma d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e all utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e di talune acque reflue. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche), di seguito denominata legge regionale, ed in particolare dell articolo 2, il presente regolamento, detta disposizioni attuative e integrative della stessa, al fine di garantire la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e successive modifiche. 2. Il presente regolamento, fatte salve le disposizioni cui al regolamento regionale 23 novembre 2007, n. 14 (Programma d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola), disciplina l intero ciclo dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, sulla base del decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali 7 aprile 2006 (Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152), di seguito denominato decreto MiPAF. 3. Ai fini del presente regolamento per acque reflue di cui al comma 2 si intendono quelle provenienti dalle aziende di cui all articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c) del D.Lgs. 152/2006 e successive modifiche, ad esclusione delle acque di vegetazione dei frantoi oleari ivi compresi i frantoi aziendali, e quelle provenienti dalle piccole aziende agroalimentari individuate dall articolo 17 del decreto MiPAF, contenenti sostanze naturali non pericolose ed utilizzate secondo i criteri di cui all articolo 11, comma 2, del decreto medesimo.

7 Art. 2 (Divieti, prescrizioni e norme tecniche) 1. Il presente regolamento, oltre a quanto disposto dai successivi articoli, contiene nell allegato A, ulteriori disposizioni relative a divieti, prescrizioni e norme tecniche e in particolare: a) i divieti di utilizzazione dei letami e dei materiali ad essi assimilati, descritti e regolati al capitolo 2 paragrafo 2.1; b) i divieti di utilizzazione dei liquami e dei materiali ad essi assimilati e delle acque reflue, descritti e regolati al capitolo 2, rispettivamente al paragrafo 2.2 e al paragrafo 2.3; c) le prescrizioni e le norme tecniche per l utilizzazione agronomica, descritte e regolate al capitolo 3; d) le prescrizioni e le norme tecniche per il trattamento e lo stoccaggio, descritte e regolate al capitolo 4; e) le prescrizioni e le norme tecniche per i cumuli temporanei dei materiali palabili descritte e regolate nel paragrafo 4.2 nonché nel capitolo Resta ferma la facoltà della Regione di prevedere, in ragione di particolari situazioni locali, misure più restrittive di quelle previste dal presente regolamento.

8 Art. 3 (Comunicazione dell utilizzazione agronomica) 1. L utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e/o delle acque reflue è soggetta a comunicazione presentata almeno trenta giorni prima dell inizio della gestione ai fini agronomici degli stessi, dal legale rappresentante dell azienda che produce ed intende utilizzare gli effluenti di allevamento e/o le acque reflue, allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) competente per il comune ove è sita l azienda, con modalità telematica di trasferimento dei dati, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo Sportello Unico per le attività produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). La comunicazione può essere inviata anche in forma cartacea, esclusivamente nel caso in cui il comune interessato non abbia ancora attuato il relativo processo di informatizzazione. Il SUAP provvede immediatamente alla trasmissione della comunicazione alla struttura comunale competente in materia ed al contestuale invio ad eventuali ulteriori comuni territorialmente competenti, nel caso in cui lo stoccaggio e/o lo spandimento siano effettuati in comuni diversi da quello dove è sita l azienda. L attività di gestione degli effluenti di allevamento e/o delle acque reflue ai fini dell utilizzazione agronomica può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte del SUAP. 2. Qualora le fasi di produzione, stoccaggio e spandimento degli effluenti di allevamento e/o delle acque reflue siano effettuate da soggetti diversi, il legale rappresentante dell azienda che produce o produce ed effettua lo stoccaggio degli effluenti di allevamento e/o delle acque reflue fa pervenire al SUAP competente territorialmente, in riferimento al luogo di produzione e stoccaggio, ed ai sensi del comma 1, la propria comunicazione con allegata la comunicazione o le comunicazioni sottoscritte dal legale rappresentante dell azienda o delle aziende riceventi che ne effettueranno lo stoccaggio e lo spandimento o solo lo spandimento. 3. La comunicazione di cui al comma 1 è compilata secondo le modalità descritte e regolate al capitolo 6 dell allegato A al presente regolamento ed è redatta in forma: a) completa, con indicazione dei dati dell eventuale utilizzazione agronomica delle acque reflue, nel caso di aziende di cui all articolo 19 del decreto MiPAF, nonché nel caso in cui l azienda produce e/o utilizza una quantità superiore a Kg/anno di azoto al campo di effluenti di allevamento, calcolata sulla base dell Allegato A, suballegato I, tabella 2 o, in alternativa, sulla base di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nel suballegato stesso;

9 b) semplificata, nel caso in cui l azienda produce e/o utilizza acque reflue e/o una quantità di azoto al campo di effluenti di allevamento superiore a Kg/anno e fino a kg/anno, calcolata sulla base dell Allegato A, suballegato I, tabella 2 o, in alternativa, sulla base di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nel suballegato stesso. 4. Nel caso di utilizzazione agronomica delle acque reflue la comunicazione di cui al comma 1 è corredata da una relazione tecnica la quale deve fornire i necessari elementi conoscitivi sulle caratteristiche generali del sito di spandimento e sulla compatibilità dei suoli a ricevere le acque medesime, redatta da un tecnico abilitato competente. 5. La comunicazione ha validità di cinque anni, salvo quanto previsto al comma 6, fermo restando l obbligo di dare informazioni scritte al comune o ai comuni interessati: a) tempestivamente in merito ad eventuali variazioni dei dati identificativi dell azienda o del suo legale rappresentante e dei dati identificativi dell azienda o delle aziende alle quali gli effluenti di allevamento e/o le acque reflue sono eventualmente ceduti; b) tempestivamente e comunque entro 15 giorni dalla data della variazione, delle variazioni riguardanti la consistenza dell allevamento, la tipologia, la quantità e le caratteristiche degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, le caratteristiche delle acque reflue di cui al punto 4 del paragrafo 3.2 dell allegato A, lo stoccaggio, il tipo di avvicendamento colturale riportato nel piano di utilizzazione agronomica (PUA) o nel piano di fertilizzazione di cui all articolo 4, nonché i terreni destinati all utilizzazione agronomica, allegando una planimetria aggiornata. 6. In deroga a quanto previsto al comma 5, le comunicazioni delle aziende tenute alla redazione del PUA o del piano di fertilizzazione hanno la medesima durata dei piani stessi e comunque non superiore a cinque anni. 7. I comuni redigono, con le modalità descritte e regolate al capitolo 10 dell allegato A, entro il 28 febbraio di ogni anno e con riferimento all annualità precedente, l elenco delle comunicazioni e delle informazioni pervenute di cui al comma 5, lettere a) e b), e lo trasmettono, in forma cartacea e digitale, alla Regione ed alle province per quanto di competenza ai fini delle attività di controllo, monitoraggio e verifica di cui agli articoli 8 e La comunicazione di cui al presente articolo rientra tra i titoli abilitativi che possono essere rilasciati nell ambito del provvedimento di autorizzazione unica ambientale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59 (Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35). Nel caso di presentazione di

10 richiesta di autorizzazione unica ambientale, fatto salvo quanto previsto dall articolo 6 del D.P.R. 59/2013, resta fermo l obbligo di fornire informazioni ai sensi del comma 5 da parte del legale rappresentante dell azienda richiedente la citata autorizzazione ai comuni competenti per il tramite del SUAP.

11 Art. 4 (Casi di esonero e dichiarazioni sostitutive) 1. Sono esonerate dall obbligo di effettuare la comunicazione di cui all articolo 3, comma 1, le aziende che producono e/o utilizzano una quantità inferiore o uguale a kg/anno di azoto al campo da effluenti di allevamento. Tali aziende sono, in ogni caso, tenute ad osservare le disposizioni del presente regolamento. 2. Qualora l azienda che produce o produce ed effettua lo stoccaggio di una quantità superiore a kg/anno di azoto al campo di effluenti da allevamento, cede gli stessi alle aziende esonerate di cui al comma 1, allega alla propria comunicazione la dichiarazione dell azienda o delle aziende riceventi gli effluenti di allevamento, redatta in conformità al suballegato IX. 3. Qualora l azienda utilizza una quantità superiore a kg/anno di azoto al campo da effluenti di allevamento ricevendola dalle aziende esonerate di cui al comma 1, allega alla propria comunicazione la dichiarazione delle aziende cedenti gli effluenti stessi redatta in conformità al suballegato X. 4. In ragione di particolari fattori locali, tra i quali l elevato carico zootecnico territoriale, la Giunta regionale può individuare areali nei quali, in deroga a quanto previsto dal comma 1, anche le aziende che producono e/o utilizzano una quantità inferiore o uguale a kg/anno fino a kg/anno di azoto al campo da effluenti di allevamento sono tenute alla comunicazione semplificata di cui all articolo 3, comma 4, lettera b).

12 Art. 5 (Piano di utilizzazione agronomica e piano di fertilizzazione) 1. Al fine di definire e giustificare una gestione razionale delle pratiche di fertilizzazione azotata, fermo restando quanto previsto rispettivamente al capitolo 3, paragrafo 3.1, punto 2, e paragrafo 3.2, punto 3, dell Allegato A, le aziende indicate alle lettere a) e b) redigono: a) il piano di utilizzazione agronomica (PUA), descritto e regolato dall allegato A, capitolo 7, paragrafo 7.1, con riferimento ad un periodo massimo di cinque anni, nel caso delle aziende di cui all articolo 19 del decreto MiPAF; tali aziende allegano il PUA alla comunicazione redatta nella forma completa di cui all articolo 3, comma 4, lettera a); b) il piano di fertilizzazione, descritto e regolato dall allegato A, capitolo 7, paragrafo 7.2, con riferimento ad un periodo massimo di cinque anni, nel caso di aziende che producono e utilizzano o soltanto utilizzano un quantitativo superiore a Kg/anno di azoto al campo da effluenti di allevamento ed eventuali acque reflue, fatta eccezione per le aziende tenute alla redazione del PUA di cui alla lettera a). Tali aziende allegano il piano di fertilizzazione alla comunicazione redatta nella forma completa o semplificata di cui all articolo 3, comma 4, lettere a) e b).

13 Art. 6 (Documentazione aziendale e trasporto) 1. Al fine di verificare la conformità delle modalità di utilizzazione agronomica a quanto previsto dal presente regolamento, le aziende tenute alla comunicazione di cui all articolo 3 e le aziende che effettuano l utilizzazione agronomica di una quantità di azoto da effluenti di allevamento superiore o uguale a Kg/anno e le aziende che effettuano l utilizzazione agronomica delle acque reflue curano la tenuta del registro aziendale, vidimato dal comune competente, descritto e regolato all allegato A, capitolo 8, dal quale risultano: a) i dati identificativi dell azienda; b) le movimentazioni degli effluenti di allevamento e delle acque reflue sia in ingresso che in uscita dall azienda; c) le operazioni effettive di spandimento degli effluenti di allevamento e delle acque reflue. 2. Il trasporto di effluenti di allevamento e delle acque reflue, ai fini dell utilizzazione agronomica, da effettuarsi con le modalità descritte e regolate all allegato A, capitolo 9, può essere effettuato al di fuori del corpo aziendale solo con il documento di accompagnamento. 3. Le aziende esonerate dalla tenuta del registro aziendale comunque conservano il documento di accompagnamento di cui al comma 2 che attesta la movimentazione degli effluenti di allevamento e/o delle acque reflue. 4. La documentazione aziendale prescritta dal presente regolamento è conservata per almeno cinque anni ed è tenuta a disposizione delle autorità preposte al controllo.

14 Art. 7 (Controlli dei comuni) 1. Ai sensi dell articolo 107, comma 1, lettera d) della l.r. 14/1999, il comune competente effettua i controlli cartolari sugli adempimenti amministrativi nonché i controlli nelle aziende tenute alla comunicazione di cui al articolo 3, con le modalità descritte e regolate all allegato A, capitolo 10, provvedendo ad impartire, in caso d inadempienza e qualora ritenuto opportuno, specifiche prescrizioni e norme tecniche, ferma restando l irrogazione delle sanzioni ai sensi di quanto previsto dall articolo 5 della legge regionale. 2. Nel caso in cui venga omessa la comunicazione di cui all articolo 3 o non vengano fornite le informazioni di cui all articolo 3, comma 5 ovvero non vengano rispettate le prescrizioni o le norme tecniche impartite ai sensi del comma 1, il comune competente, ovvero, su iniziativa dello stesso, l autorità competente al rilascio dell autorizzazione unica ambientale nei casi di cui all articolo 3, comma 8, emette un provvedimento di divieto o di sospensione a tempo determinato dell attività interessata. 3. Il comune comunica alla Regione le aziende nei cui confronti ha effettuato controlli e gli esiti degli stessi. 4. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, il comune effettua controlli a campione anche sulle aziende esonerate dall obbligo di comunicazione al fine di verificare il rispetto delle disposizioni contenute nel presente regolamento.

15 Art. 8 (Eventuali verifiche aggiuntive della Regione in materia di utilizzazione agronomica) 1. Ai sensi dell articolo 105, comma 1, lettera hbis), della l.r. 14/1999 la Regione, per verificare la conformità delle modalità di utilizzazione agronomica agli obblighi e ai dati contenuti negli elenchi di cui all articolo 3, comma 7, organizza ed effettua sul territorio regionale eventuali controlli, sia cartolari con incrocio di dati sia presso le aziende stesse, aggiuntivi a quelli effettuati dai comuni ai sensi dell articolo 6.

16 Art. 9 (Monitoraggio delle acque) 1. La Regione, al fine di verificare la concentrazione dei nitrati nelle acque superficiali, profonde e marino costiere, effettua, avvalendosi dell Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (ARPA), il monitoraggio dei corpi idrici, nei punti di campionamento individuati con apposite deliberazioni della Giunta regionale, tenendo conto anche del monitoraggio dello stato eutrofico causato dall azoto delle acque interne e costiere, di competenza della Provincia ai sensi dell articolo 106, comma 1, lettera m), della l.r. 14/ Sulla base dei dati risultanti dal monitoraggio, dai controlli e dalle verifiche o comunque acquisiti, la Regione valuta la necessità di designare eventuali ulteriori zone vulnerabili da nitrati di origine agricola. 3. La Regione provvede a comunicare al Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, secondo le modalità da questo indicate, i risultati dei monitoraggi effettuati.

17 Art. 10 (Rinvii normativi) 1. Per quanto non previsto dal presente regolamento, si rinvia alle disposizioni regionali statali e comunitarie vigenti in materia in quanto compatibili. 2. Resta fermo, in particolare, quanto previsto: a) dalla disciplina vigente sulle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano; b) dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell ambiente, in particolare del suolo, nell utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura); c) dall articolo 29 sexies del decreto legislativo 152/2006 e s.m.i. in materia di autorizzazione integrata ambientale per quanto attiene gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 del relativo allegato VIII alla parte seconda del citato decreto; d) dal regolamento (CE) n. 1069/2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale); e) dal codice di buona pratica agricola (di seguito denominato CBPA ), approvato con decreto del Ministro per le Politiche Agricole, di concerto con il Ministro dell Ambiente, del 19 aprile 1999;

18 Art. 11 (Entrata in vigore) 1. Il presente regolamento entra in vigore dopo sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione. 2. Il presente regolamento regionale sarà pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. E fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come regolamento della Regione Lazio.

19 ALLEGATO A E SUBALLEGATI DISPOSIZIONI TECNICHE SULL UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DA ALLEVAMENTO E DELLE ACQUE REFLUE

20 Sommario 1. DEFINIZIONI 2. DIVIETI DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 2.1 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LETAMI E DEI MATERIALI AD ESSI ASSIMILATI 2.2 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LIQUAMI E DEI MATERIALI AD ESSI ASSIMILATI 2.3 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DELLE ACQUE REFLUE 2.4 DIVIETO TEMPORALE MINIMO DI SPANDIMENTO DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO 3. PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 3.1 PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE SPECIFICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO 3.2 PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE SPECIFICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DELLE ACQUE REFLUE 3.3 TECNICHE DI GESTIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO E DELLE ACQUE REFLUE 4. PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE PER IL TRATTAMENTO E LO STOCCAGGIO 4.1 CRITERI GENERALI 4.2 STOCCAGGIO DEI MATERIALI PALABILI 4.3 STOCCAGGIO DEI MATERIALI NON PALABILI 4.4 STOCCAGGIO DELLE ACQUE REFLUE 5. PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE PER L ACCUMULO TEMPORANEO DI MATERIALI PALABILI 6. COMUNICAZIONI 6.1 COMUNICAZIONE COMPLETA 6.2 COMUNICAZIONE SEMPLIFICATA 7. PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA (PUA) E PIANO DI FERTILIZZAZIONE 7.1 PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA (PUA) 7.2 PIANO DI FERTILIZZAZIONE 8. REGISTRO AZIENDALE 9. TRASPORTO 10. CONTROLLI SUBALLEGATO I SUBALLEGATO II SUBALLEGATO III SUBALLEGATO IV SUBALLEGATO V SUBALLEGATO VI SUBALLEGATO VII SUBALLEGATO VIII SUBALLEGATO IX SUBALLEGATO X

21 1. DEFINIZIONI 1. Ferme restando le definizioni di cui all articolo 74 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ed in particolare quella di utilizzazione agronomica (intendendosi per tale la gestione di effluenti di allevamento, acque reflue dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute), ai fini del presente programma s intende per: a) cumuli o accumuli temporanei di letami o lettiere esauste degli allevamenti avicunicoli, fatta eccezione per i cumuli di cui al paragrafo 4.2: deposito temporaneo di letami o lettiere esauste degli allevamenti avicunicoli idonei all'impiego, effettuati sugli appezzamenti destinati all'utilizzazione agronomica. Ai fini del presente regolamento sono idonei all impiego per l utilizzazione agronomica i letami e le lettiere esauste degli allevamenti avicunicoli che hanno subito un periodo di stoccaggio di almeno 90 giorni e di maturazione adeguato; b) annata agraria : periodo di tempo che intercorre tra l 11 novembre di un anno ed il 10 novembre dell anno successivo; c) area aziendale omogenea : porzione della superficie aziendale uniforme per caratteristiche quali, ad esempio, quelle dei suoli, avvicendamenti colturali, tecniche colturali, rese colturali, dati meteorologici; d) consistenza dell allevamento : numero di capi mediamente presenti nell allevamento e dichiarati dall allevatore, considerati anche eventuali incrementi previsti; e) corpo aziendale : una porzione continua di terreno facente parte di un unica azienda non interrotto da fattori di discontinuità quali strade, corsi d acqua etc. Non costituiscono fattori tali da configurare l esistenza di due o più corpi, piccoli canali, sentieri poderali, muriccioli, siepi, nonché aree di servizio delle coltivazioni. Il numero di corpi fa riferimento alla superficie totale dell azienda; f) corsi d acqua superficiali : corsi d acqua superficiali, naturali o artificiali, riportati nel reticolo idrografico della Regione Lazio; g) azienda destinataria utilizzatrice : azienda che riceve gli effluenti di allevamento e le acque reflue, ai fini dell'utilizzazione agronomica degli stessi sui terreni della propria azienda; h) effluenti di allevamento palabili/non palabili o effluenti zootecnici palabili/non palabili o materiale palabile/non palabile o letami/liquami : miscele di stallatico e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque di veicolazione delle deiezioni animali e/o materiali lignocellulosici utilizzati come lettiera, in grado/non in grado, se disposti in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad essi conferita; i) fertilizzante azotato : qualsiasi sostanza, naturale o di sintesi, contenente uno o più composti azotati applicati al suolo per favorire la crescita delle colture, compresi gli effluenti di allevamento di cui all art. 112 del D.Lgs. 152/2006, le acque reflue, i fanghi disciplinati dal decreto legislativo n. 99/1992, nonché i fertilizzanti di cui al decreto legislativo n. 75/2010; l) fertirrigazione : applicazione al suolo effettuata mediante l'abbinamento dell'adacquamento con la fertilizzazione, anche attraverso l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame; m) liquami : effluenti di allevamento non palabili. Sono assimilati ai liquami, se provenienti dall attività di allevamento:

22 1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio; 2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame; 3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera; 4) le frazioni non palabili, da destinare all utilizzazione agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti di allevamento di cui al suballegato I tabella 3; 5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati. Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici, fermo restando il rispetto delle vigenti norme igienico-sanitarie, ambientali ed urbanistiche, se mescolate ai liquami definiti al presente punto e qualora destinate ad utilizzo agronomico, sono da considerare come liquami, ai sensi dell articolo 2, comma 1, del decreto MiPAF; qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono assoggettate alle disposizioni di cui al Titolo III del medesimo decreto MiPAF; n) letami : effluenti di allevamento palabili, provenienti da allevamenti che impiegano la lettiera. Sono assimilati ai letami, se provenienti dall attività di allevamento: 1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli; 2) le deiezioni di avicunicoli, anche non mescolate a lettiera, rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all interno sia all esterno dei ricoveri; 3) le frazioni palabili, da destinare all utilizzazione agronomica, risultanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui al suballegato I, tabella 3; 4) i letami, i liquami e/o i materiali ad essi assimilati, sottoposti a trattamento di disidratazione e/o compostaggio; o) stallatico : escrementi e/o urina di animali di allevamento, con o senza lettiera, oppure guano, trattati/non trattati, come da regolamento CE1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002 (recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento Ce n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale)) p) stoccaggio : deposito di effluenti di allevamento palabili /non palabili nonché delle acque reflue; q) trattamento : qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio, atta a modificare le caratteristiche degli effluenti di allevamento, al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire a ridurre i rischi igienico-sanitari;

23 2. DIVIETI DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 2.1 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LETAMI E DEI MATERIALI AD ESSI ASSIMILATI 1. L'utilizzo agronomico dei letami e dei materiali ad essi assimilati, è vietato almeno nelle seguenti situazioni: a) sulle superfici non interessate all attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale come definite dalla normativa vigente; b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali nell'allevamento brado; c) entro 5 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali, fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino; d) entro 5 metri di distanza dall inizio dell arenile per le acque lacuali e per le acque marinocostiere non individuate come aree sensibili dagli specifici atti regionali, fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino; e) entro 25 metri di distanza dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere, acque di transizione e lacuali individuate come aree sensibili dagli specifici atti regionali, nonché entro 25 metri dalle doline, dagli inghiottitoi e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971 fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino; f) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto, saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; g) in tutte le situazioni in cui l'autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 lettere c) e d), non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati. 2.2 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LIQUAMI E DEI MATERIALI AD ESSI ASSIMILATI 1. L'utilizzo dei liquami e dei materiali ad essi assimilati, oltre che nei casi previsti al paragrafo 2.1, punto 1, lettere a), b), f) e g) è vietato almeno nelle seguenti situazioni e periodi: a) su terreni con pendenza media superiore al 10% ; b) entro 10 metri dalle sponde dei corsi d acqua superficiali fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino; c) entro 10 metri di distanza dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere e quelle lacuali non individuate come aree sensibili dagli specifici atti regionali, fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino;

24 d) entro 30 metri di distanza dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere, acque di transizione e lacuali individuate come aree sensibili dagli specifici atti regionali, nonché entro 30 metri dalle doline, dagli inghiottitoi e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, fatte salve disposizioni e prescrizioni più cautelative comunali, provinciali, regionali o di atti di pianificazione regionale o di bacino; e) in prossimità di strade e di centri abitati secondo le distanze indicate nella Delibera del Comitato Interministeriale per la Tutela delle Acque del 4 febbraio 1977, fatte salve le disposizioni delle autorità competenti, a meno che i liquami siano distribuiti con tecniche atte a limitare l emissione di odori sgradevoli o vengano immediatamente interrati; f) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano; g) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante; h) dopo l impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico; i) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento. 2. Le disposizioni di cui al punto 1 lettere b) e c), non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati. 2.3 DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DELLE ACQUE REFLUE Alle acque reflue si applicano le disposizioni di cui al paragrafo 2.2 del presente capitolo. 2.4 DIVIETO TEMPORALE MINIMO DI SPANDIMENTO DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO 1. fatto salvo quanto è previsto al paragrafo 2.2, punto 1, lettera i) ed al capitolo 4, paragrafo 4.1, punto 1 e punto 4, è previsto un periodo minimo di divieto di spandimento per i liquami e i materiali ad essi assimilati compreso tra il 15 novembre e il 30 gennaio.

25 3. PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 3.1 PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE SPECIFICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO 1. L utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento è consentita allo scopo di apportare al terreno sostanze nutritive e per l effetto ammendante degli stessi, purché siano garantiti: a) la produzione, da parte degli effluenti, di un effetto concimante e/o ammendante sul suolo nonché l adeguatezza della quantità di azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione ai fabbisogni delle colture; b) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche, con particolare riferimento alle norme di tutela dei corpi idrici. 2. La quantità di azoto totale al campo apportato da effluenti di allevamento non deve superare il valore di 340 kg per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale; tale quantità di azoto, comprensiva degli effluenti depositati dagli animali stessi quando sono tenuti al pascolo, deve essere distribuita e frazionata in base ai fabbisogni delle colture, al loro ritmo di assorbimento, ai precedenti colturali. Per le diverse colture si deve fare riferimento alle asportazioni unitarie di azoto che sono indicate nel suballegato II, tabella 1 e per colture non riportate in tale tabella si deve fare riferimento al fabbisogno complessivo di azoto indicato nella Tabella 1 allegata al CBPA. La quantità di azoto di cui al presente punto è calcolata sulla base dei valori del suballegato I, tabella 2 o, in alternativa, sulla base di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nel suballegato stesso. La quantità di effluente di allevamento relativa alla quantità di azoto di cui al presente punto è calcolata sulla base dei valori del suballegato I, tabella 1 e 2 o, in alternativa, sulla base di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nel suballegato stesso. Per le aziende ricadenti in parte anche in zone vulnerabili, il quantitativo medio aziendale di azoto sopraindicato deve intendersi riferito esclusivamente alla superficie aziendale ricadente in zona non vulnerabile. 3.2 PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE SPECIFICHE PER L UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DELLE ACQUE REFLUE 1. L utilizzazione agronomica delle acque reflue è finalizzata al recupero dell acqua e/o delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute nelle stesse ed è consentita purché siano garantiti: a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e successivi del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. ; b) l effetto concimante e/o ammendante e/o irriguo sul suolo e la commisurazione della quantità di azoto efficiente e di acqua applicata ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture; c) l esclusione delle acque derivanti dal lavaggio degli spazi esterni non connessi al ciclo produttivo; d) l esclusione, per il settore vitivinicolo, delle acque derivanti da processi enologici speciali come ferrocianurazione e desolforazione dei mosti muti, produzione di mosti concentrati e mosti concentrati rettificati;

26 e) l esclusione, per il settore lattiero-caseario, nelle aziende che trasformano un quantitativo di latte superiore a litri all anno del siero di latte, del latticello, della scotta e delle acque di processo delle paste filate; f) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche. 2. Per le acque reflue si possono prevedere forme di utilizzo agronomico diverse da quelle fino ad ora considerate, quali la veicolazione di fertilizzanti. 3. Le dosi di applicazione delle acque reflue non devono essere superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle colture. Tali dosi devono essere indicate nella comunicazione di cui all articolo 3. Fermo restando quanto previsto dal CBPA, ai fini dell utilizzazione irrigua e fertirrigua delle acque reflue la dose consentita deve essere frazionata in base ai fabbisogni quantitativi e temporali di ogni coltura, al fine di limitare le perdite dal sistema suolo-pianta. Le epoche di distribuzione e le dosi delle acque reflue devono essere finalizzate a massimizzare l efficienza dell acqua e dell azoto in funzione del fabbisogno delle colture, così come definito al punto 2 del paragrafo 3.1 ed alla lettera b) del punto 1, paragrafo 3. 2 del presente capitolo. 4. Le acque reflue, ai fini dell utilizzazione agronomica, devono contenere sostanze naturali non pericolose e devono essere caratterizzate, al fine della valutazione della compatibilità dei suoli, in relazione ai parametri di ph, SAR, conducibilità elettrica, azoto totale, fosforo totale e potassio. Tale valutazione della compatibilità dei suoli è contenuta nella relazione tecnica di cui all articolo 3, comma 3. La caratterizzazione in base ai suddetti parametri è a carico dell azienda che produce le acque reflue. Qualora lo spandimento delle acque reflue è effettuato da soggetto diverso dal produttore delle stesse, quest ultimo deve fornire copia dei dati analitici dei parametri suddetti al soggetto che effettua lo spandimento, il quale dovrà conservarne copia. 3.3 TECNICHE DI GESTIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO E DELLE ACQUE REFLUE 1. Al fine di contenere le dispersioni di sostanze nutrienti nelle acque superficiali e profonde: 1. la scelta delle tecniche di distribuzione degli effluenti di allevamento e delle acque reflue deve tenere conto: a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del sito; b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo; c) del tipo di effluente e di acque reflue; d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa; 2. le tecniche di distribuzione degli effluenti di allevamento e delle acque reflue devono assicurare: a. il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attività agricola, comprese le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare; b) l'effettiva incorporazione nel suolo dei letami e loro assimilati, liquami e loro assimilati simultaneamente allo spandimento ovvero dopo le operazioni di spandimento entro e non oltre le ventiquattro ore successive, fatti salvi i casi di distribuzione in copertura ed in presenza di condizioni atmosferiche avverse, al fine di valorizzare le proprietà fertilizzanti, ridurre le perdite di ammoniaca per volatilizzazione, il rischio di ruscellamento, la lisciviazione e la formazione di odori sgradevoli; c) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi idrici sotterranei; d) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;

27 e) l'uniformità di applicazione dell'effluente e delle acque reflue; 3. deve essere assicurata la conformità delle pratiche irrigue alle disposizioni del CBPA 2. La fertirrigazione deve essere realizzata, ai fini del massimo contenimento della lisciviazione dei nitrati al di sotto delle radici e dei rischi di ruscellamento di composti azotati, attraverso una valutazione dell'umidità del suolo, privilegiando decisamente i metodi a maggiore efficienza, come previsto dal CBPA. 3. In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di utilizzazione agronomica degli effluenti da allevamento e delle acque reflue, al di fuori del periodo di durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura dei suoli tramite vegetazione spontanea, colture intercalari o colture di copertura o, in alternativa, altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati come previsto dal CBPA.

28 4. PRESCRIZIONI E NORME TECNICHE PER IL TRATTAMENTO E LO STOCCAGGIO 4.1 CRITERI GENERALI 1. I trattamenti degli effluenti di allevamento e delle acque reflue e le modalità di stoccaggio sono finalizzati, oltre che a contribuire alla messa in sicurezza igienico-sanitaria, a garantire la protezione dell'ambiente e la corretta gestione agronomica degli stessi, rendendoli disponibili all'utilizzo nei periodi più idonei sotto il profilo agronomico e nelle condizioni adatte per l'utilizzazione. Nel suballegato I, tabella 3, è riportato in via esemplificativa, con riferimento agli effluenti di allevamento, l elenco dei trattamenti funzionali a tale scopo; rendimenti diversi da quelli riportati nella citata tabella dovranno essere giustificati secondo le modalità precisate nel suballegato IV relativamente alle attività di stoccaggio. 2. I trattamenti non devono comportare l'addizione agli effluenti di allevamento e alle acque reflue di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le colture, gli animali e l'uomo, per la loro natura e/o concentrazione. 3. In relazione all ubicazione dei contenitori di stoccaggio e di trattamento dei materiali palabili e non palabili nonché delle acque reflue è vietata la nuova localizzazione dei contenitori stessi nelle zone ad alto rischio di esondazione, così come individuate dalle autorità competenti, e devono essere rispettate le ulteriori disposizioni vigenti in materia. Per l ubicazione delle nuove platee di stoccaggio dei materiali palabili devono essere rispettate le norme igienico-sanitarie e urbanistiche vigenti e almeno le seguenti distanze: - 30 metri dalle sponde dei corsi d acqua superficiali; - 40 metri dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere, acque di transizione e lacuali, nonché dalle doline, dagli inghiottitoi e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio Per l ubicazione dei nuovi contenitori di stoccaggio dei materiali non palabili e delle acque reflue devono essere rispettate le norme igienico-sanitarie e urbanistiche vigenti e almeno le seguenti distanze: - 30 metri dalle sponde dei corsi d acqua superficiali; - 50 metri dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere, acque di transizione e lacuali, nonché dalle doline, dagli inghiottitoi e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio Gli effluenti da allevamento destinati all'utilizzazione agronomica devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacità sufficiente a contenere gli effluenti prodotti nei periodi in cui l'impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, e tali da garantire almeno le capacità di stoccaggio indicate al punto 2 del paragrafo 4.2 ed al punto 6 del paragrafo Lo stoccaggio degli effluenti di allevamento palabili e non palabili e delle acque reflue può essere effettuato solo ed esclusivamente alle seguenti condizioni: a) ad opera dell azienda di produzione di detti effluenti ed acque reflue affinché li utilizzi a fini agronomici sui propri terreni; b) oppure, in alternativa, in azienda agricola non zootecnica affinché li utilizzi a fini agronomici, dopo il tempo di maturazione prescritto, sui propri terreni. In tale ipotesi devono essere rispettate le specifiche disposizioni in materia di trasporto, di cui al capitolo Per motivi igienico-sanitari, l azienda agro-zootecnica che non produce sufficienti effluenti per le proprie necessità agronomiche può effettuare lo stoccaggio di effluenti di allevamento o di acque

29 reflue provenienti da altre aziende, sempre a condizione che questi non siano sottoposti a misure restrittive di polizia veterinaria, solo in contenitori separati, in modo tale che la provenienza degli effluenti di allevamento e delle acque reflue sia sempre identificabile. In mancanza di tale condizione, è consentito esclusivamente ricevere effluenti già maturati e spanderli direttamente sul campo. 7. I contenitori devono essere realizzati e gestiti in modo tale da evitare rischi di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee. 4.2 STOCCAGGIO DEI MATERIALI PALABILI 1. Lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea impermeabilizzata, fatto salvo quanto precisato al successivo punto 5, avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni, il peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per la movimentazione. In considerazione della consistenza palabile dei materiali, la platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo cordolo o di muro perimetrale, con almeno un'apertura per l'accesso dei mezzi meccanici per la completa asportazione del materiale e deve essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento, verso appositi sistemi di raccolta e stoccaggio, dei liquidi di sgrondo e/o delle eventuali acque di lavaggio della platea. 2. La capacità di stoccaggio, fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, calcolata in rapporto alla consistenza dell allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame non è al pascolo, non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90 giorni. Per il dimensionamento della platea di stoccaggio dei materiali palabili si fa riferimento al suballegato I, tabella 1. Qualora sussistano esigenze particolari di una più analitica determinazione dei volumi stoccati, questi dovranno essere giustificati secondo le modalità riportate nello stesso Suballegato I. Per gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni le lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sotto forma di cumuli temporanei in campo, per un periodo minimo di tre mesi ed un periodo massimo di sei mesi, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie e di altre autorità competenti, a condizione che siano adottate misure atte ad evitare ruscellamento ed infiltrazioni nel terreno dei liquidi di sgrondo. Il periodo di accumulo ha inizio il giorno del primo trasferimento in campo delle lettiere. Tale materiale palabile stoccato sotto forma di cumuli temporanei è idoneo all impiego per l utilizzazione agronomica dopo un periodo di stoccaggio di almeno 90 giorni e di adeguata maturazione. Tali cumuli possono essere praticati ai soli fini dell utilizzazione agronomica sugli appezzamenti utilizzati per lo spandimento ed in quantitativi non superiori al fabbisogno di letame dei medesimi e devono rispettare le ulteriori prescrizioni di seguito indicate: a) non possono essere ripetuti sulla stessa porzione di superficie agricola per più di una annata agraria; b) non sono ammessi a distanza inferiore a 5 metri dalle scoline, a 20 metri dalle sponde dei corsi d acqua superficiali, a 25 metri dall inizio dell arenile per le acque marino-costiere, acque di transizione e lacuali, nonché dalle doline, dagli inghiottitoi e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio Inoltre non sono ammessi a distanza inferiore a 10 metri dalle strade pubbliche e a 100 metri dalle abitazioni, fatte salve disposizioni e prescrizioni specifiche più cautelative emanate dalle autorità competenti; c) devono essere di forma e dimensioni tali da garantire una buona aerazione della massa; d) devono essere coperti, al fine di evitare infiltrazioni di acque meteoriche all interno dei cumuli stessi; e) deve essere effettuato il drenaggio del percolato prima del trasferimento in campo;

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