Le cause che decretarono il fallimento dei negoziati

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1 PANORAMA INTERNAZIONALE Il negoziato tra Israele ed ANP: la questione di Gerusalemme e dei luoghi santi ed il problema dei profughi palestinesi Rodolfo Bastianelli Giornalista articolista di Ideazione Le cause che decretarono il fallimento dei negoziati di Camp David vanno ricercate essenzialmente nel mancato accordo sulla percentuale di territorio della Cisgiordania da attribuire al futuro Stato palestinese, sullo status di Gerusalemme e dei suoi luoghi santi e sul numero di rifugiati palestinesi a cui sarebbe stato concesso di far ritorno in Israele. Mentre in precedenza si sono analizzate le implicazioni politiche e militari del ritiro israeliano da Gaza, insieme alla questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e del muro difensivo eretto da Israele lungo la Linea Verde, in questa seconda parte si cercherà di far luce sul problema di Gerusalemme e dei luoghi santi della città vecchia e dei profughi palestinesi, due questioni di estrema importanza che per le parti rivestono una notevole rilevanza dal punto di visto religioso e simbolico. Il problema di Gerusalemme e dei luoghi santi La questione più difficile dell intero negoziato è sicuramente quella sul futuro di Gerusalemme e dei suoi luoghi santi, vista soprattutto la loro valenza religiosa. Per inquadrarla, è necessario ricostruire brevemente le vicende storiche avvenute nell ultimo mezzo secolo. Poco prima della scadenza del mandato britannico in Palestina, la United Nations Special Commis- 10

2 Gerusalemme: i luoghi santi della città vecchia I campi profughi palestinesi sion on Palestine (UNSCOP) propose che sul territorio nascessero due distinte entità statali una ebraica e l altra palestinese con Gerusalemme trasformata in un corpus separatum amministrata dalle Nazioni Unite e sottoposta ad uno speciale regime internazionale. La città sarebbe dovuta rimanere neutrale ed essere smilitarizzata, mentre alla sicurezza dei luoghi santi vi avrebbe provveduto una speciale forza di polizia composta da effettivi esterni ai territori palestinesi (1). La proposta della commissione venne sottoposta al voto dell Assemblea Generale, che il 29 novembre 1947 approvava la Risoluzione 181 con 33 voti favorevoli, 13 contrari e 10 astensioni. Il conflitto esploso subito dopo la proclamazione d indipendenza d Israele tra lo Stato ebraico ed i Paesi arabi, provocò la divisione della città che venne occupata dagli israeliani nella sua parte occidentale e dai giordani in quella orientale, atti non riconosciuti dalle Nazioni Unite per le quali continuava a restare valido lo status previsto nella Risoluzione 181. Conquistando la parte orientale della città, la Giordania poteva controllare anche la città vecchia ed i luoghi santi ebraici per i quali venne istituita una speciale commissione congiunta incaricata di assicurare il libero accesso ai fedeli ma che, tuttavia, non riuscì mai a riunirsi in quanto i giordani rifiutarono sempre di sottostare all impegno e di consentire l ingresso ai cittadini israeliani, abbandonandosi in alcuni casi anche ad atti vandalici contro i siti religiosi. In seguito al conflitto del 1967, Israele unificava nelle sue mani il controllo dell intera Gerusalemme entrando quindi in possesso dei siti religiosi ebraici e musulmani. Ma allo stesso modo di quanto avvenne dopo la guerra del 1949, la comunità internazionale non riconobbe né l annessione israeliana né la Legge Fondamentale approvata dalla Knesset il 30 luglio 1980 che dichiarava Gerusalemme capitale indivisibile dello Stato d Israele, come dimostra il fatto che le Ambasciate dei Paesi accreditati continuano tuttora a risiedere a Tel Aviv. La città diventava quindi parte integrante del Paese e vi sarebbe stata applicata la legge civile israeliana, al contrario degli altri territori conquistati durante il conflitto che invece rimasero sottoposti alla legislazione militare di occupazione. Da parte sua, la Giordania continuò a rivendicare il possesso della parte orientale della città e della Cisgiordania fino al 1988, data in cui il governo di Amman, in segno di solidarietà con la protesta palestinese esplosa l anno precedente, abbandonò ogni pretesa sui territori persi dopo la guerra del 1967 (2). Ma il nodo più intricato che Israele si trovò ad (1) Questo regime doveva rimanere in vigore per dieci anni per poi essere riesaminato dalle Nazioni Unite. Israele comunque ha sempre affermato che non esistono le basi giuridiche per l internazionalizzazione della città, in quanto la Risoluzione 181 non aveva un valore vincolante. Inoltre, si fa notare come siano stati gli stessi Stati arabi a respingerne i contenuti, e quindi ad invalidarla, attaccando lo Stato ebraico. (2) Nel novembre del 1988, l Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), proclamò unilateralmente la nascita dello Stato palestinese sul territorio della Cisgiordania con Gerusalemme capitale. 11

3 Washington, 13/9/1993. Rabin, Clinton e Arafat. (White House photo) Distribuzione di aiuti umanitari in un campo profughi ( affrontare subito dopo l occupazione riguardava lo status dei luoghi santi della città. La parte sovrastante il Muro del Pianto che costituisce i resti del Tempio ebraico distrutto dai romani nel 70 d.c è chiamata dagli ebrei Monte del Tempio e dai musulmani Spianata della Moschea (Haram Al - Sharif) in quanto vi sorgono la Cupola della Roccia e la Moschea di Al - Aqsa che è considerato il terzo luogo sacro islamico. Il governo del Primo Ministro Levi Eshkol emanò quindi una legge con cui Israele garantiva la tutela dei luoghi santi e ne assicurava il libero accesso a tutti i fedeli, lasciando però allo stesso tempo il controllo dei siti islamici alle autorità religiose musulmane anche per timore di eventuali provocazioni da parte di estremisti ebraici (3). Esisteva infatti il rischio che gruppi legati agli ambienti religiosi ultraortodossi potessero tentare di ricostruire sulla spianata il Tempio ebraico o, più verosimilmente, compiere un attentato contro le moschee finendo così per scatenare la reazione dell intero mondo musulmano. Lo stesso rabbinato vietò l accesso degli ebrei alla spianata in quanto camminandovi avrebbero potuto violare il Sancta Sanctorum, che costituiva la parte più sacra dell antico Tempio e di cui risultava sconosciuta la collocazione. Questo pronunciamento venne in seguito confermato nel 1976 dalla Corte Suprema israeliana che tuttavia attribuì al governo il potere decisionale sulle questioni riguardanti la libertà di culto, anche se tutti gli esecutivi via via succedutisi hanno sempre confermato quanto stabilito a suo tempo dalle autorità religiose ebraiche. Uno degli effetti più importanti dell annessione israeliana fu comunque il cambiamento dell equilibrio demografico della città. Se nel 1967 a Gerusalemme vi risiedevano cittadini ebrei, negli anni seguenti, grazie alla politica dei governi israeliani tesa a favorire la costruzione di insediamenti nelle adiacenze cittadine, il loro numero è cresciuto fino ad arrivare ai attuali. Considerato di rilevanza internazionale data la sua valenza religiosa, il problema di Gerusalemme è stato spesso affrontato in diversi progetti avanzati nel corso degli anni per risolvere il contenzioso esistente sulla città. Tra queste, vanno ricordate la proposta formulata nel 1992 da Re Hussein di Giordania che prevedeva di affidare l amministrazione della parte vecchia di Gerusalemme alle autorità religiose ebraiche, musulmane e cristiane attribuendo allo Stato palestinese il controllo della zona orientale della città nuova e ad Israele di quella occidentale, ed il piano presentato l anno seguente dallo Israeli Palestine Center for Research and Information (IPCRI) in base al quale i quartieri cittadini a maggioranza araba sarebbero stati amministrati dai palestinesi e quelli a prevalenza ebraica da Israele, mentre alla giustizia ed all ordine vi avrebbero provveduto dei tribunali ed una forza di polizia composti paritariamente da israeliani e palestinesi. Una posizione particolare è poi quella espressa dalla S. Sede, che propone per Gerusalemme uno speciale statuto internazionale in modo da preservare le sue caratteristiche storiche e religiose, assicurare il libero accesso ai luoghi santi e riconoscere il carattere sacro ed universale dell intera città. Sul piano diplomatico, Israele ha invece sempre affermato come Gerusalemme costituisca la capitale indivisibile del Paese e di essere disposta a cedere solo il sobborgo di Abu Dis quale sito dove edificare la capi- (3) Dopo la conquista della città, Israele decise che i luoghi santi musulmani sarebbero stati amministrati autonomamente dal Waqf attraverso un muftì oggi nominato dall ANP ma in precedenza designato dai giordani. La sicurezza veniva affidata alla polizia israeliana, ma questa avrebbe stazionato all esterno della Spianata della Moschea lasciandone così il controllo alle autorità religiose islamiche. Di fatto, pur facendo formalmente parte dello Stato d Israele ed essendo soggetti alle sue leggi, i siti musulmani godono di un implicita extraterritorialità che limita il ruolo del governo israeliano ad un attività di controllo sugli scavi archeologici, le costruzioni e le pratiche di culto. 12

4 Aqaba Bush incontra Sharon e Abbas (White House photo) Tracciato Muro Difesa nel 2005 tale del futuro Stato palestinese. Anche dopo la firma degli accordi di pace del 1993, le autorità israeliane hanno escluso Gerusalemme dal regime previsto per gli altri territori ed impedito all ANP di stabilire i suoi uffici di rappresentanza nella città, affermando come il suo status sarebbe stato definito solo al termine dei negoziati. Nei colloqui di Camp David si registrò tuttavia una svolta nella linea fino ad allora seguita da Israele. Davanti alla proposta formulata da Clinton di cedere all ANP i sobborghi a maggioranza araba situati a nord-est ed a sud-est insieme ad i villaggi posti al di fuori del perimetro urbano, che avrebbero formato la nuova città palestinese di Al-Quds (4), ad esclusione però di quelli posti al centro della città sui quali l ANP avrebbe avuto solo una competenza di tipo amministrativo, il Premier israeliano Barak, pur non esprimendosi in favore della proposta americana, si dichiarò comunque disposto ad accettarla se anche Arafat l avesse presa in considerazione. La risposta palestinese fu però negativa, sottolineando come i sobborghi ed i villaggi situati all esterno di Gerusalemme non rientravano nei confini municipali esistenti prima del Analoghe difficoltà emersero sul negoziato riguardante la città vecchia. Se nelle intenzioni di Barak gli israeliani avrebbero dovuto conservarne il controllo garantendo un regime speciale ai palestinesi, nella proposta formulata dalla Casa Bianca ad Israele veniva attribuito il controllo dei quartieri armeno ed ebraico della città ed Gerusalemme, Esiti di un attacco suicida. GPO all ANP di quello arabo e cristiano, mentre era previsto che i luoghi santi restassero sotto sovranità israeliana ma la loro custodia sarebbe stata affidata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed al Marocco, con il diritto per l ANP di innalzare la bandiera palestinese sui siti religiosi islamici. Pur sapendo che un apertura sulla questione di Gerusalemme avrebbe avuto delle notevoli ripercussioni politiche sul piano interno la maggioranza degli israeliani era ed è tuttora contraria a fare delle concessioni Barak non rigettò il piano di Clinton, affermando di essere pronto a negoziare a condizione però che anche il leader palestinese accettasse la proposta americana. Un secondo piano avanzato dalla Casa Bianca prevedeva di dividere verticalmente la sovranità sui luoghi santi, attribuendo agli israeliani il controllo del Muro del Pianto ed ai palestinesi della Spianata della Moschea, la quale sarebbe stata collegata ad Abu Dis da un ponte o da una strada speciale privi di posti di controllo israeliani. Lo stesso Clinton si dichiarò inoltre disposto a prendere in esame la richiesta israeliana di costruire un sito di preghiera ebraico posto sul Monte del Tempio. Ma, nonostante le aspettative, Arafat respinse l offerta, affermando come l intera città vecchia doveva considerarsi a norma di diritto internazionale territorio occupato rivendicando quindi implicitamente anche il controllo del quartiere ebraico di Gerusalemme, una posizione che ovviamente risultava inaccettabile per i negoziatori israeliani. Gli esponenti palestinesi giustifi- (4) Questo è il nome con il quale gli arabi indicano la città di Gerusalemme. 13

5 Roma, Prodi con il vicepremier Shimon Peres carono il loro rifiuto asserendo come a nessun musulmano fosse permesso di cedere la città di Gerusalemme e che il Monte del Tempio era da considerarsi un luogo santo islamico, essendovi quindi proibito il culto per gli appartenenti alle altre fedi religiose, aggiungendo poi come non esistesse alcuna prova dell esistenza dell antico Tempio ebraico e sul fatto che questo sorgesse nel punto indicato dagli israeliani. Durante le trattative, alcuni dirigenti dell ANP arrivarono a contestare anche per la religione ebraica, la sacralità del Muro del Pianto dichiarandolo invece un sito religioso islamico, in quanto il profeta Maometto vi avrebbe poggiato il suo cavallo (Al-Buraq) durante il viaggio compiuto da La Mecca a Gerusalemme, allegando in proposito la dichiarazione del muftì di Gerusalemme secondo il quale solo nel XIX Secolo gli ebrei avrebbero iniziato a pregarvi, ed un documento della Commissione Britannica del 1929 dove si affermava che il Muro del Pianto o Muro di Al-Buraq secondo i musulmani era parte integrante dei luoghi santi islamici. Poco dopo il vertice di Camp David, Barak affermò in un intervista di essere disposto a riconoscere Al-Quds come capitale del futuro Stato palestinese a patto che ad Israele fosse consentito di incorporare gli insediamenti di Givat Ze ev, Ma ale Adumim e Gush Etzion, soluzione che venne però rigettata dai palestinesi. Allo stesso modo vennero rifiutate dagli israeliani prima la proposta avanzata dagli Stati Uniti di affidare il controllo dei luoghi santi ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e poi quella suggerita dal Presidente egiziano Mubarak di rimandare ogni decisione di cinque o dieci anni, creando nel frattempo una città unita ma con due distinte amministrazioni municipali. Su Gerusalemme ed i luoghi santi la linea espressa da Israele e dall amministrazione Bush è di escludere la questione da un eventuale negoziato, mentre dal punto di vista territoriale, l incorporazione entro il Gerusalemme. Veduta del Muro del Pianto (freestockphotos.com) perimetro della barriera difensiva israeliana degli insediamenti ebraici presenti nei dintorni della città rende ormai improponibili le soluzioni presentate sei anni fa. Il nodo dei rifugiati palestinesi L altro problema su cui a Camp David non si riuscì a raggiungere un intesa riguardava il numero di profughi palestinesi ai quali sarebbe stato consentito di ritornare in Israele. Il conflitto esploso tra i Paesi arabi e lo Stato ebraico nel provocò, secondo stime allora effettuate dalle Nazioni Unite, l esodo di almeno palestinesi che si dispersero principalmente tra Siria, Egitto, Giordania e Libano, mentre in base ad una nuova valutazione compiuta nel 2003 dalla United Nations Relief and Works Agency (UNRWA), l agenzia incaricata dell assistenza ai profughi palestinesi, il numero dei rifugiati arriverebbe ad oltre quattro milioni, includendo tra questi anche i discendenti di quelli fuggiti dopo la prima guerra arabo-israeliana. Su questo, però, esiste un notevole disaccordo tra le parti, in quanto se gli israeliani ridimensionano la cifra a soli due milioni, i palestinesi, al contrario, affermano che il numero dei rifugiati ammonterebbe addirittura a quasi sei milioni. Il dato più importante che emerge, tuttavia, è un altro. Stando sempre alle stime dell UNRWA, circa un terzo dei rifugiati vive tuttora in 59 campi profughi ed il 60% non dispone della cittadinanza di alcuno Stato, visto che i Paesi arabi hanno sempre rifiutato di concedergliela adducendo il pretesto che in tal modo si sarebbe dimenticata la tragedia allora accaduta. Fa eccezione in questo la Giordania e, paradossalmente, lo stesso Israele, che ha attribuito la propria nazionalità ai cittadini arabi rimasti sul suo territorio dopo il conflitto. Negli altri Stati arabi, la cittadinanza viene concessa con criteri selettivi come in Egitto oppure dietro presentazione dei datori di lavoro quale è il caso del- 14

6 l Arabia Saudita e dei Paesi del Golfo, mentre il Libano nega tuttora l accesso ai palestinesi ad oltre settanta professioni (5). Nel vertice di Camp David, le parti si accordarono sul diritto dei profughi a rientrare in numero illimitato nella Cisgiordania, mentre il Premier israeliano Barak si dichiarò disposto a consentire il ritorno in Israele per ragioni umanitarie di circa rifugiati, ribadendo però come il suo Paese non portava la responsabilità degli eventi visto che furono le autorità palestinesi a rifiutare nel 1948 la proposta di divisione avanzata dalle Nazioni Unite. Ma Arafat contestò questa posizione ricordando che la Risoluzione 194 dell Assemblea Generale dell ONU sanciva il diritto dei profughi a rientrare non nel territorio del futuro Stato palestinese ma nelle loro zone d origine in Israele, una richiesta ovviamente improponibile per gli israeliani, in quanto un simile afflusso di rifugiati arabi avrebbe messo a rischio la stessa identità ebraica dello Stato. In seguito, altri esponenti palestinesi hanno avanzato anche delle soluzioni più fantasiose, come quella di accogliere i profughi nelle aree disabitate di Israele o di farli ritornare negli originari luoghi di residenza creando un nuovo Stato israelo-palestinese d ispirazione laica e secolare (6). La mancata intesa sulla questione di Gerusalemme e dei rifugiati decretò sei anni fa il fallimento dei negoziati. La prospettiva di un ritorno al tavolo delle trattative appare oggi molto lontana. Dopo la vittoria di Hamas il clima già negativo si è infatti ulteriormente deteriorato ed il nuovo Premier palestinese Ismail Haniyah ha dichiarato di non essere intenzionato a riconoscere lo Stato d Israele, un affermazione a cui il governo israeliano ha replicato affermando di voler congelare i fondi destinati all ANP, non escludendo inoltre l eventualità che si possa procedere ad un suo arresto o ad una sua eliminazione mirata come accaduto in precedenza con gli altri leader del movimento. Nei mesi seguenti, il rischio di un sempre maggiore isolamento internazionale e la prospettiva di un blocco degli aiuti internazionali che avrebbero ulteriormente aggravato la situazione economica di Gaza e dei territori, spingevano il Presidente dell Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen a prospettare la convocazione di un referendum popolare per il 26 luglio sulla creazione di uno Stato palestinese entro i confini esistenti prima del Aspramente criticato da Hamas che lo considerava come un implicito riconoscimento d Israele accusando tra l altro il Presidente di essere andato oltre le sue prerogative istituzionali nell indirlo, il documento causava l esplosione di violenti scontri tra i militanti del movimento fondamentalista e quelli di Al-Fatah avvenuti a Gaza nello scorso mese di giugno. La crisi si acuiva ulteriormente in seguito al rapimento del caporale Gilad Shalit, che a detta di alcuni osservatori sarebbe stato compiuto da esponenti delle fazioni più radicali proprio per impedire lo svolgimento della consultazione proposta da Abu Mazen. Il sequestro del sottufficiale israeliano provocava così una delle più gravi crisi apertesi in Medio-Oriente negli ultimi anni. Se in risposta il governo Olmert decideva alla fine di giugno di avviare un operazione militare a Gaza allo scopo di porre in salvo l ostaggio, pochi giorni dopo l uccisione di otto militari di stanza al confine libanese per mano di Hezbollah, che in questo modo, secondo gli analisti, intendeva esprimere il suo sostegno ad Hamas, spingeva Israele ad avviare un operazione su vasta scala in Libano per colpire le basi del movimento sciita ed indebolirne la capacità di portare a compimento azioni contro il territorio israeliano. Si apriva un conflitto che sarebbe terminato solo ai primi d agosto dopo il varo della Risoluzione 1701 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dal lato dei rapporti israelo-palestinesi, dopo la crisi libanese la comunità internazionale sta spingendo affinchè Hamas ed Al-Fatah raggiungano un intesa per un governo di unità nazionale, anche se i contrasti esistenti in merito al riconoscimento dello Stato d Israele rendono l obiettivo di non facile realizzazione. Non aiuta poi la debolezza dell esecutivo presieduto da Ehud Olmert, al centro di forti critiche da parte dell opinione pubblica per la conduzione della campagna militare in Libano e che a detta di molti potrebbe presto entrare in crisi. Lo scenario resta quindi quantomai incerto e la sua evoluzione in positivo od in negativo verrà dagli sviluppi che nei prossimi mesi prenderanno le vicende libanesi. (5) I residenti palestinesi a Gaza, appartenuta all Egitto fino al 1967, non disponevano della nazionalità egiziana. Al contrario quelli della Cisgiordania hanno avuto la cittadinanza giordana dal 1950 al 1988, anno in cui Amman rinunciò a qualsiasi rivendicazioni sul territorio. Dal 1995 gli abitanti di Gaza e della Cisgiordania, esclusi i residenti a Gerusalemme Est, dispongono di un documento emesso dall ANP che è considerato un passaporto dai Paesi che riconoscono formalmente lo Stato palestinese e come un documento di viaggio da tutti gli altri. (6) La proposta sosteneva che gli ebrei abitavano solo il 14% del territorio israeliano, appartenendo il resto in massima parte ai profughi palestinesi. Tra le soluzioni avanzate vi era anche quella di assistere i rifugiati negli attuali Stati di residenza attraverso un fondo assicurato dalla comunità internazionale. 15

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