Macroeconomia dell Unione Economica e Monetaria europea
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- Emanuele Moro
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1 Macroeconomia dell Unione Economica e Monetaria europea
2 Euro: la moneta unica Il cammino verso l euro. Le tappe salienti sono: Sistema monetario europeo (SME) fino al 1992; Piano Delors (1989) e preparazione dell Unione Economica e Monetaria europea (UEM); 1 gennaio 1999: undici Paesi europei adottano l euro come moneta comune; 1 gennaio 2014: con l entrata della Lettonia nell UEM i Paesi dell area dell euro salgono a 18.
3 1979: nasce lo SME (Sistema Monetario Europeo) Sistema di cambi fissi con bande di fluttuazione rispetto all ECU (European Currency Unit) con possibilità di riallineamenti; ECU: paniere con quantità fisse delle valute degli Stati membri. Obiettivi dello SME: Creare una zona di stabilità monetaria a bassa inflazione; Migliorare la cooperazione economica fra i Paesi aderenti; Adozione di politiche comuni verso i Paesi terzi; Preparare l unione monetaria e valutaria vera e propria.
4 Crisi dello SME Funzionamento difficile sin dal principio: Tra il 1979 e il 1987 ci furono 11 riallineamenti di valute soggette a deprezzamento; Nel 1992 lo SME fallisce sotto il peso della German dominance e del ruolo preminente del marco tedesco. Fattori di instabilità dello SME: Asimmetria degli aggiustamenti delle Banche Centrali; Problema della sovranità monetaria in regime di cambi fissi; Prevalere di soluzioni egemoniche su quelle cooperative; Mobilità internazionale dei capitali e aspettative: insidie per la capacità di mantenimento delle parità.
5 Asimmetria dello SME Il rispetto degli accordi di cambio comporta un diverso livello di cogenza in caso di tensioni sul mercato dei cambi: per un Paese la cui valuta è soggetta a deprezzamento la perdita di riserve valutarie impone l avvio di politiche monetarie restrittive; per un Paese la cui valuta è soggetta ad apprezzamento l incremento di riserve valutarie non comporta la necessità di politiche monetarie espansive.
6 Soluzioni egemoniche vs. soluzioni cooperative In un sistema a cambi fissi: soluzione cooperativa: gli n Paesi concordano la politica monetaria dell area; Il tasso di interesse dell area è una sorta di media ponderata dei tassi di interesse dei Paesi membri. soluzione egemonica: un Paese leader (Germania nello SME) mantiene l indipendenza della propria politica monetaria e gli altri n-1 Paesi determinano un offerta di moneta coerente con la decisione del Paese leader. Il tasso di interesse è quello del Paese leader e lo stock di moneta dei Paesi non leader è endogeno.
7 Nel 1992, in seguito all unificazione, il governo tedesco per finanziare lo sviluppo dell Est e non far esplodere l inflazione applica un mix di politica fiscale espansiva e monetaria restrittiva. Questo determinò un forte aumento dei tassi tedeschi.
8 L aumento del tasso tedesco si riflette in un aumento indesiderato del tasso di interesse degli altri Paesi dello SME. Due opzioni: a) difendere il cambio tramite una stretta monetaria (E 1 ); b) uscire dallo SME svalutando il tasso di cambio (E 2 ).
9 Situazione post-unificazione tedesca I punti E 1 e E 2 rappresentano le due opzioni a disposizione degli altri Paesi dello SME all indomani dell unificazione tedesca: restare nello SME e difendere la parità del cambio (E 1 ) Cessione valuta estera e politica monetaria con effetti restrittivi sul reddito (LM verso sinistra): caso della Francia; uscire dallo SME e lasciar deprezzare il cambio: E 2 L offerta di moneta resta inalterata e la valuta interna viene svalutata in seguito all uscita dallo SME (IS verso destra): caso dell Italia e del Regno Unito;
10 Attacchi speculativi alle valute dello SME La convenienza al passaggio a situazioni del tipo E 2 era nota agli speculatori sui mercati finanziari; Il mantenimento dell accordo di cambio è divenuto sempre meno credibile; si svilupparono pressioni speculative sulle valute dello SME diverse dal marco con forza sempre maggiore via via che le Banche Centrali cercavano di mantenersi su un equilibrio del tipo E 1 le aspettative di un passaggio all equilibrio E 2 ha reso sempre più probabile il verificarsi di tale possibilità; le aspettative di svalutazione si sono auto-realizzate (selffulfilling prophecies) e molti Paesi sono stati costretti da pesantissimi attacchi speculativi ad uscire dallo SME.
11 Dal piano Delors all UEM Il 17 aprile 1989, prima della fine dello SME, la Comunità Europea approva il Rapporto Delors che si propone di creare un Unione Economica e Monetaria (UEM) in tre fasi: 1. 1/7/ /12/1993: abolizione delle restrizioni alla circolazione dei capitali e approvazione di un trattato sull Unione Europea che istituisca la BCE e il SEBC; 2. 1/1/ /12/1998: creazione dell Istituto Monetario Europeo (IME), nuova denominazione della valuta comune ( euro ), Patto di Stabilità e Crescita (PSC); 3. 1/1/1999: inizio UEM con tassi di cambio irrevocabilmente fissi fra l euro e le valute degli Stati membri.
12 Trattato istitutivo dell Unione Europea (o Trattato di Maastricht) Il 7 febbraio 1992 viene approvato a Maastricht dai Paesi membri della Comunità europea il Trattato istitutivo dell Unione Europea (detto appunto Trattato di Maastricht) che modifica il Trattato di Roma e stabilisce i fondamenti dell Unione Economica e Monetaria; L UEM nasce il 1 gennaio 1999 con 11 Paesi che saliranno a 16 entro il 2010, a 17 nel 2011 con Estonia e a 18 nel 2014 con la Lettonia.
13 Rapporto di conversione per l Italia: 1 euro = 1936,27 lire
14 I criteri di convergenza economica L articolo 121 del Trattato di Maastricht stabilisce i Criteri di convergenza economica che è necessario rispettare per l ingresso nell UEM: alto grado di stabilità dei prezzi; sostenibilità della finanza pubblica; rapporto fra disavanzo pubblico e PIL non superiore al 3%; rapporto fra debito pubblico e PIL non superiore al 60%; rispetto per almeno due anni dei margini di fluttuazione del cambio previsti dallo SME; bassi tassi di interesse a lungo termine. Il PSC, firmato nel 1996 e rivisto nel 2010, mira a garantire la disciplina di bilancio dei Paesi già entrati nell UEM: prevede deroghe (in caso di recessione) ma anche sanzioni per il non rispetto degli obiettivi di deficit e debito pubblico.
15 Dal 2002 alcuni Paesi dell UEM, anche di grandi dimensioni, hanno sforato il limite del 3% fissato dal PSC per il disavanzo pubblico. Nel biennio lo sforamento è generale. L Italia ha subito una prima procedura per deficit eccessivo (PDE) nel 2005 (rapporto deficit/pil pari al 4,5%). Procedura chiusa nel 2008 senza sanzioni in seguito al rientro nei parametri. Una seconda PDE è stata aperta nel 2009 e chiusa nel 2013.
16 Debito pubblico e politiche di rientro Avanzo/disavanzo del bilancio pubblico: grandezza flusso pari alla differenza tra le entrate e le uscite del settore pubblico; Debito pubblico: grandezza stock (indicata con B) pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle Pubbliche Amministrazioni; somma dei disavanzi (al netto degli avanzi) dei bilanci pubblici degli anni precedenti. Indichiamo il rapporto Debito pubblico/pil con b = B/pY e il rapporto disavanzo/pil con d = B/pY. Con rientro del debito pubblico si intende la politica di riduzione di b entro i limiti del Trattato di Maastricht.
17 Il debito pubblico italiano è esploso tra la seconda parte degli anni 70 e l inizio degli anni 90. Dal 1994 l Italia ha iniziato un percorso virtuoso di rientro del rapporto debito/pil che è stato interrotto dalla crisi economica del
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19 Il rapporto debito/pil (b) Per misurare l entità del peso che il debito pubblico può avere sul sistema economico si usa rapportarlo al PIL: b B py dove B è il valore nominale del debito pubblico cumulato negli anni, Y è il PIL reale, p è il deflatore del PIL e quindi py è il PIL nominale (o a prezzi correnti).
20 L andamento del rapporto debito/pil La variazione percentuale di b è approssimata dalla seguente formula: Δb b ΔB B Δp ΔY p Y ΔB B dove B rappresenta il disavanzo pubblico da finanziare con l emissione di nuovi titoli di Stato, π = p/p è il tasso d inflazione e g = Y/Y è il tasso di crescita del PIL reale. Si ricordi che B è pari al disavanzo del bilancio pubblico: g π g ΔB G TR ib TA dove G è la spesa per consumi e investimenti pubblici, TR sono i trasferimenti pubblici, ib è la spesa per interessi sul debito pubblico, TA sono le entrate fiscali dello Stato.
21 L andamento del rapporto debito/pil Per far scendere b ovvero per rendere b/b negativo è necessario che sia B B π Esistono due categorie di politiche di rientro: quelle dirette e quelle indirette; Le prime riguardano il contenimento di B, le seconde riguardano invece g, ossia l insieme delle politiche di stimolo allo sviluppo economico (vedi Capitoli 16 e 17 sulla crescita). g
22 Politiche dirette di rientro del debito pubblico Le politiche dirette passano attraverso la riduzione del rapporto di indebitamento (d), ossia del rapporto tra il disavanzo della PA e il PIL: d B py Per studiare gli effetti delle variazioni di d su b riscriviamo la precedente espressione nel seguente modo: b b b b B B g d / b g B py py B d 1 b g ovvero
23 Politiche dirette di rientro del debito pubblico (continua) Da cui si ricava b d b g Esempio basato su dati italiani: π = 2%, g =1% per cui π + g = 3% (tasso di crescita del PIL nominale); Se il rapporto debito/pil è b = 130% = 1,3, il rapporto di indebitamento d dovrà essere inferiore al 3,9% per avere un b negativo, ossia per far diminuire b, ossia il rapporto debito/pil.
24 Politiche dirette di rientro del debito pubblico II Le variabili in gioco possono essere riconsiderate tenendo conto dell avanzo primario e della spesa per interessi. Riscriviamo il disavanzo pubblico come segue: ΔB ib TA - G - TR ib AP dove l espressione tra parentesi rappresenta il cosiddetto avanzo primario (AP), ossia l eccedenza delle entrate sulle spese della Pubblica Amministrazione (PA), esclusa la spesa per interessi sul debito pubblico.
25 Politiche dirette di rientro del debito pubblico II (continua) Dividendo per py ambedue i lati della precedente espressione, si ottiene: ΔB py d B i py b AP py d ib a P dove a P = AP/(pY) rappresenta l avanzo primario in rapporto al PIL.
26 Politiche dirette di rientro del debito pubblico II (continua) Sapendo che b=d-b(π+g) otteniamo b ib a P d b π g bi π g ap ovvero la variazione del rapporto debito pubblico/pil è correlata positivamente con il tasso di interesse nominale e negativamente con tasso di inflazione, tasso di crescita del PIL reale e avanzo primario in rapporto al PIL. Si ha rientro del debito pubblico, cioè il rapporto debito pubblico su PIL diminuisce ( b negativo), se a P bi g br g ossia se l avanzo primario è maggiore della differenza (moltiplicata per b) tra il tasso di interesse reale (i - π) e il tasso di crescita g.
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