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1 SULLA NATURA DELLA PAROLA POETICA Gaetano Chiappini Continua dal numero 1 Per un possibile approfondimento sulla base di 4 domande di un lettore (1) Come si compongono fra loro parole comuni ed elevate e quale è l esito che ne deriva? - IL LESSICO. Va detto che le ricercate (se ci sono) risaltano prima delle ordinarie che sembrano naturali... e dànno il tono alla composizione se in numero consistente. Genericamente parlando, le poesie presentano un livello linguistico lineare e coerente di forma e di tono: però, nei poeti piú antichi fino a Pascoli (in lui molto incide il lessico contadino, ma anche l inne - sto di parole che imitano la pronuncia di espressioni americane), a D Annunzio e al Carducci, si trovano delle riprese classiche latine, o medievali, come forma nobilitante ed elevata, per esprimere una sonorità che alza il tono del linguaggio. Il modello supremo è nello sperimentalismo e nelle mescidanze danteschi, nei gerghi (un poeta di oggi come De Signoribus usa forme dal suo dialetto marchigiano; come ci sono poeti che scrivono direttamente in dialetto o dei livornesi compiaciuti), tecnicismi (es. parole della botanica, dell ornitologia, della vita militare, della marineria, dell astronomia, ecc.). L uso fa anche parte del gusto della parola esatta, necessaria, persino competente dell ambito in cui il poeta si presenta come colto e raffinato. Cosí, l utilizzazione di arcaismi, di parole bibliche, latinismi immette nei testi una ricercatezza elegante. Naturalmente, queste spiegazioni non esauriscono l analisi, che deve tenere conto di tutti i fattori metrici, fonosintattici e stilistici, ecc. Alcuni esempi: Leopardi, La quiete dopo la tempesta, vv. 1-2 Passata è la tempesta: / odo augelli far festa, invece di uccelli piú comune, per dare un tono di vaghezza verbale, di meno realistico; Il sabato del villaggio, vv. 1-2 : La donzelletta vien dalla campagna / in sul calar del sole, stesso valore di parola non comune, non usata e straniante; v E intanto riede alla sua parca mensa, / fischiando, il zappatore riede dal lat. redit ( torna ), immette qualcosa di elevato e di sonoro, come se il zappatore assumesse un modo piú solenne, e il suo rientro a casa fosse quello di un protagonista. Oltretutto, da evidenziare con un intervento minimo come il latinismo. Pascoli: I puffini dell Adriatico: Tra cielo e mare (un rigo di carmino / recide intorno l acque marezzate) / parlano. È un alba cerula d estate: / non una randa in tutto quel turchino. // Pur voci reca il soffio del garbino / con ozïose tremule risate. Sono i puffini: su le mute ondate / pende quel chiacchiericcio mattutino. // Sembra un vociare, per la calma, fioco, / di marinai, ch ad ora ad ora giunga / tra l fievole sciacquío della risacca; // quando stagliate dentro l ora e il fuoco, / le paranzelle in una riga lunga / dondolano sul mar liscio di lacca: carmino è piú specifico e meno comune di rosso, scarlatto; marez- IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 1

2 zate è proprio dell ondulazione del mare che si rincorre e cambia colore; randa, garbino sono tecnicismi come paranzelle e puffini. Il Pascoli non amava, del resto, l indeterminatezza ed anzi criticava il mazzolin di rose e di viole... D Annunzio: Rondò: Come sorga la luna / da le cime selvose / e grave su le cose / sia l oblio de la luna, // amica, tu verrai / furtiva ne l verziere. / Hanno i consci rosai / ombre profonde e nere. // O amica, senz alcuna / tema verrai : le rose / avran latèbre ascose / per lor sorella bruna, / come sorga la luna. verziere è termine antico come latèbre (nascondigli). L esito è, poi, la costruzione di un lessico culto ed anche intertestuale; in piú, ne deriva una ricerca delle fonti possibili e un approccio piú ricco al mondo del poeta. (2) Cosa significa che il poeta fonda un ambiente linguistico nuovo? - IL SISTEMA Per sistema s intende un organismo, una entità linguistica nuova, mai organizzata da nessuno e che nessuno mai potrà rielaborare successivamente. Il titolo-tema, qui, è l infinito, che va studiato prima in senso storico-letterario-filosofico, appunto, per vederne le premesse e le differenze (o somiglianze) nell ambito culturale e nella storia della lingue e della poesia italiana (e straniera). Ogni poesia è un atto di lingua e questa va storicizzata, nel suo tempo e nella diacronia. Come atto di lingua occorre stabilire i punti di vista: quantità n di parole; secondo le parti del discorso (categoremi) sono presenti n articoli (determinativi e indeterminativi), n sostantivi, n verbi (attivi e passivi, secondo i rispettivi tempi e modi), n aggettivi (secondo le tipologie della grammatica), n avverbi... ecc. Insomma, prima si procede secondo la morfologia, poi secondo la sintassi della frase: n soggetti, n predicati... e del periodo n principali, n finali, n causali..., in ipotassi o paratassi, asindeto e polisindeto. Si colgono cosí le categorie che costruiscono il testo nella sua forma grammaticale, secondo i numeri in graduatoria e priorità, ed anche le tendenze che mostrano i numeri più alti. Ad ogni categoria spetta un significato: sostantivi astratti o concreti p.e. ed anche in relazione tra loro: prevalenza dei sostantivi indica stile nominalistico, dei verbi prevalenza dell azione, degli avverbi prevalenza della quantità e qualità delle modifiche del verbo, dell aggettivo e del sostantivo...ecc. Nell Infinito: sempre, avverbio di tempo che indica una perennità d una scelta e predilezione, unico quindi a modificare qualcosa, qui l aggettivo caro (modificare nel senso di qualificare un conto è dire caro e basta, un conto dire sempre di un amore che dura infinitamente come infinito nel tempo senza limiti, appunto... però a noi importa che ci sia una tendenza, più avverbi e più di tempo). Con l aiuto della grammatica occorre analizzare ogni parola e classificarla nel suo valore paradigmatico e poi il sintagmatico, cioè, sulla linea verticale e sul rapporto orizzontale... paradigmatico come avverbio tra gli altri categoremi; sintagmatico nel suo rapporto con la parola a cui si trova accanto e che riceve la modifica. Sempre modifica caro cioè gli dà il significato sintagmatico; come analisi logica è complemento di tempo; come periodo, introduce una proposizione temporale. IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 2

3 Importante è essere precisi nella classificazione. Con l aiuto della grammatica. Come sistema, la poesia si costituisce in quanto insieme di parole legate sul tema dell infinito, in base alle tendenze quantitative rivelate dalle percentuali delle strutture. G. Leopardi: L infinito Sempre caro mi fu quest ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s annega il pensier mio: e il naufragar m è dolce in questo mare. Fanno parte dell organismo-sistema anche i campi semantici... tutto quello che linguisticamente è significativo; anche le etimologie, che appoggiano il complesso dei significati delle parole (lessemi), che possono ripetersi lungo il testo-sistema. (Per la Divina commedia il sistema si divide in macro [l intero testo] e micro [sia il canto intero sia una sequenza, un episodio, un gruppo di versi o periodo ritmico]. [A proposito di etimologia, si cerchi la parola celebrare che vuol dire esaltare, glorificare, rendere famoso, festeggiare, ecc. ma anche essere frequente, numeroso come di chi è famoso perché il suo nome e la sua figura sono sulle bocche di tanti... quindi, doppio campo sem.: della fama e della numerosità, della molta diffusione, della diffusione presso molti... è famoso chi vede il suo nome frequentemente riportato dalla presenza di molti: se ci sono molti prima condizione e dicono il tuo nome, diventi famoso. Dunque, celebrare, prima di dare la fama, vuol dire essere in molti, molteplicità, esserci in tanti, essere nu - merosi... se siamo in molti + a dire il tuo nome - tu diventi celebre... Essere in molti è necessaria premessa di celebrità...]. Anche per fissare i campi semantici occorre tener conto anche delle etimologie p.e.: apretar = stringere (>ADPECTORARE, adeguare al petto la stretta della corazza ); vuol dire stringere e non respirare, asfissiare non solo lessico delle armi e della forza, ma anche del torace-polmoni-corpo che non respirano bene... lessico medico-pneumologico... IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 3

4 Comunque, il sistema verificato serve a vedere le reciproche relazioni dell apparato linguistico, dell invenzione ed anche dei moti d inerzia della scrittura, quando essa avviene per induzione da un suono all interrno del poema. Per Leopardi, la figura dell ermo (e+r+m+o da ritrovare nei testi), che è centrale per lui, in tutti i suoi significati ( solo, solitario, isolato, quieto, distante, tranquillo...). (3) Che cos è, in poesia, lo spazio occupato da una parola? - LA STRISCIA Sempre caro mi fu quest ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell ultimo orizzonte il guardo esclude. Vediamola da tutti i punti di vista: morfologico, sintattico della frase, del periodo (da aggiungere: il punto di vista fonosintattico, metrico ma ci vuole il tutto) : intanto, le parole sono 20; 1 avverbio di tempo; 3 aggettivi qualificativi + 3 (2 dimostrativi + 1 indefinito); 2 pronomi (1 personale atono; 1 relativo); 2 verbi (1 copulativo 1 transitivo attivo); 5 il numero piú alto su 20 è dei sostantivi impor - tanti!, lo vediamo subito, perché determinano lo spazio: colle siepe parte orizzonte guardo, anzi fissano già il quadro : il colle dell elevatezza, dall alto; siepe del limite; parte rispetto alla totalità; orizzonte del confine spaziale (ma orizzonte vuol dire proprio confine, termine estremo ); il guardo come atteggiamento del poeta. Come dire, che nei primi tre versi c è già l ambiente coi suoi punti nodali: il sempre caro è slancio ed atto di fede nella propria affettività per il colle (questo fa sí che il sem - pre risulta valido per tutto: sempre fu, sempre mi fingo, sempre è dolce, sempre sedendo e mirando, sempre s impaura, sempre odo ) ; il verbo esclude è terribile, perché chiude fuori o chiude dentro (tutto!) e la siepe conferma il suo rapporto negativo rispetto all infinito anche nella ripetizione tramite il pronome (il che relativo che spiega l azione della siepe vuol dire la quale [siepe]); la siepe è l orizzonte limitato-limitante come estremo dello sguardo che è recintato, chiuso, impedito, tenuto fuori. Ma la striscia ha bisogno sintatticamente di un ordine, da vedere secondo lo schema minimo: soggetto-predicato-complementi. La sintassi effettuale è complessa: questo ermo colle mi fu sempre caro, sintassi rovesciata per dare un ordine mentale-affettivo e d effetto alle parole. Si comincia dall avverbio, forte, perché indica una perennità senza tempo; è negativo il verbo principale che fa negativi anche i positivi (esclude sempre caro, ma la siepe sempre esclude; è dolce ma esclude). Il sempre è la qualità profonda e il significato generale della poesia, e indica una condizione del poeta che sempre fa quello che sta facendo, che sempre subisce qualcosa di senza limite nel tempo l infinito del tempo. Tutto quello che avviene nel sistema è tutto sempre, ha sempre una continuità. La quale passa attraverso l io ( mi ), che viene sempre coinvolto ed è il centro, in quanto tutto subisce e tutto avviene in lui; anche se l io appare al v. 7 e al v. 9; di nuovo mi al v. 7 e al v. 11; mio al v. 13 e poi ancora al 14 ( m è ). Non IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 4

5 c è dubbio che uno dei protagonisti è il forte io + i pronomi soggetti sottintesi. L esperienza sul senza tempo è tutta del soggetto centrale, la cui temporalità continuata è sempre in prima istanza ( sempre ). Subito dopo entra caro, una cosa amata, una cosa che costa, una cosa che è ricercata come preziosa e amata; e qui si vede la qualità propria del rapporto colle-io, che è di affettuosità e interesse. Caro è parte del predicato nominale e unisce senzatempo-caro-mi: fuori del tempo il colle è la cosa preziosa e amata, l eterno ( sempre ) è l infinito del tempo. Il colle è il segno dell affetto e l io ha riversato questa perenne amorevolezza su di esso. Ecco il perché di questa in contrasto con quello, sempre essendo la deissi il voler dire che il mondo del poeta è qui vicino a lui sia spazialmente sia affettivamente nell eter - nità infinita (distante ed impossibile nello spazio, invece). Il sostantivo colle viene ultimo: sempre-caro-colle, ultimo il referente locativo che si lega in enjambement con e questa, che è ripresa vincolante dell estensione eterna ed amorevole. Mentre il colle resta al suo posto, la siepe si protrae fino a esclude, il verbo terribile e inesorabile che la siepe percorre e che si estende senza limiti ( da tanta ): da è l inizio ed esclude è la fine... Fra l altro ex corrisponde a da, quindi esso è ripetuto e confermato ( esclude ). Il verbo tremendo poi è il primo ed unico verbo, come dire che il chiudere fuori (e dentro) è l azione principale durissima ed appunto esclusiva ed escludente che avviene: il caro del colle sembra perdersi davanti alla durezza del chiudi-fuori e chiudi-dentro, che sancisce la non pertinenza dell io rispetto allo spazio, malgrado sia presente la forza dell io stesso (forte per la sua frequente presenza e per quello che fa), ma che viene vinta dalla siepe. L infinito dello spazio e l infinito del tempo hanno diversa vicenda: sempre è il fuoritempo; ed esclude è il confine di spazio. Da questo viene l esclusione del guardo, materializzatosi il vedere e fattosi concretamente sostanza, tuttavia non in grado di opporsi alla siepe, il vero confine che separa sempre dall infinito. Ma il proseguimento dell analisi esige tutto il discorso! La siepe comunque, in lotta con sempre, è il soggetto piú decisivo. Ci sarà unica salvezza il rapporto degli estremi : sempre...mare... la terra no, ma sí il mare è l infinito possibile ( dolce = che rinvia a grembo l unico infinito possibile è il grembo!!) (4) Ci sono delle conclusioni possibili ad un discorso sulla natura della parola poetica? Non sembrano possibili : che cos è la poesia? e perché si scrive? forse, per una necessità quasi fisiologica (e il poeta non può sottrarvisi pena la sofferenza), per una urgenza fonica e pressione emozionale e del pensiero ( patema, e noema ) sulla base della occasione già trattata. Forse, c è una ne - cessità di ascoltare il sé stesso piú profondo (o il meno), di cogliere l invisibile (attraverso e oltre il visibile), di portare alla coscienza (e scrittura) qualche snodo prelinguistico, qualcosa che si va facendo parola e che spinge per finire sulla carta... come una idea o immagine poetica che vuole esprimersi, svelarsi, nell economia della parola-suono-idea... Tutto questo è probabilmente il principe poétique, come lo chiama Valéry, ciò che chiamiamo poesia? IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 5

6 Lo stesso avviene quando il poeta è stimolato ed anche pressato dalla variante e corregge ricorregge riprende ripete cancella e riscrive, richiama... come mai? chi studia le varianti si accosta di piú al mistero. Che però tale rimane, anche se il sistema funziona per apprezzare le varianti e collocarle e classificarle: il poeta corregge sempre in una certa direzione, per sua intenzione e finalità. Appendice, in omaggio ad Andrea Zanzotto Andrea Zanzotto, parlando a studenti di Parma, che gli chiedevano come mai la poesia del nostro tempo presenti spesso caratteri di non comprensibilità, elaborò queste definizioni della poesia: C è una comprensibilità che si realizza in modo immediato, ma è quella che può avere un articolo di giornale, anzi che è indispensabile in un articolo di giornale. Nella poesia non è cosí, perché qui si trasmette per una serie di impulsi sotterranei, fonici, ritmici, ecc. Pensate al filo elettrico della lampadina che manda il messaggio luminoso, proprio grazie alla resistenza del mezzo. Se devo trasmettere corrente a lunga distanza, mi servo di fili molto grossi, e la corrente passa e arriva senza perdite a destinazione. Se metto, invece, fili di diametro piccolissimo, la corrente passa a fatica, si sforza e genera un fatto nuovo, la luce e il colore. Cosí accade nella comunicazione poetica, nella quale il mezzo è costituito dalla lingua. L eccessivo addensarsi dei significati, dei motivi, il sovraccarico di informazioni può però provocare un cortocircuito, una oscurità da eccesso, non da difetto. IN PIMPIRIMPANA N. 2 DELL APRILE 2012 PAG. 6

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