2.3 COME INTERVENIRE SUI DISSESTI:INTRODUZIONE ALL INGEGNERIA NATURALISTICA

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1 2.3 COME INTERVENIRE SUI DISSESTI:INTRODUZIONE ALL INGEGNERIA NATURALISTICA L ingegneria naturalistica si interessa della realizzazione di opere di tipo territoriale e ambientale, quali la regimazione idraulica e il drenaggio delle formazioni, la difesa spondale ovvero la stabilizzazione di alvei e impluvi, la difesa passiva dal pericolo di caduta massi, la difesa dei terreni dall erosione superficiale, la ricostruzione strutturale dei versanti, ma anche di ecosistemi e habitat, attraverso la ricostruzione della compagine vegetale. La particolarità e la forza dell Ingegneria Naturalistica risiedono nel fatto che questa disciplina studia ed esegue questi interventi ponendosi, a differenza delle più conosciute tecniche di realizzazione, nell ottica della tutela ambientale. L attenzione dell uomo rispetto alla salvaguardia dell ambiente in cui vive cresce (o decresce, a seconda dei casi) in maniera proporzionale allo sviluppo scientifico e tecnologico. Se da una parte il progresso porta con sé benessere e ricchezza, dall altra crea pericoli e rischi sempre più gravi e sempre meno controllabili. Lo sviluppo tecnologico è in parte responsabile delle condizioni di rischio connesse alle problematiche di tipo ambientale che oggi ci troviamo a dover affrontare. Fermo restando che esistono dissesti di origine naturale, legati alle condizioni climatiche, all evoluzione continua dei suoli, agli eventi geodinamici ecc, è possibile affermare che spesso le attività antropiche favoriscono e scatenano i fenomeni di degrado che stanno alla base dei problemi connessi con la tutela ambientale e dei paesaggi. A fronte di problematiche originate dalla stessa attività umana, pertanto, diventa necessario un più attento approccio a quegli aspetti di integrazione con il territorio naturale che tanto spesso vengono trascurati. La tutela dell ambiente passa attraverso l uso di varie discipline: quella giuridica si prende carico della costituzione di leggi finalizzate alla tutela del paesaggio e dell ambiente in generale; quella scientifica studia e interpreta le regole della natura, i suoi comportamenti e le conseguenze che i danni all ambiente possono produrre; quella tecnologica (ingegneria) si occupa di studiare e mettere in atto interventi finalizzati al contenimento dei danni ambientali, ovvero al loro ripristino. È in quest ottica che si inserisce il concetto di Ingegneria Naturalistica: in essa confluiscono la volontà di rispetto ambientale, oltre che la capacità tecnica di intervenire su situazioni di degrado. Caratterizza questa disciplina il materiale vegetale vivo utilizzato come materiale da costruzione, da solo o, più spesso, abbinato ad inerti. L Ingegneria Naturalistica non introduce elementi alieni o non compatibili con il territorio naturale, impattanti e sempre disgiunti dal contesto ambientale, ma si delinea come una sorta di metodo alternativo di tipo naturale applicabile ovunque, laddove le caratteristiche delle formazioni interessate lo consentano e permettano la sua sostituzione alle soluzioni tradizionali di ingegneria civile. L Ingegneria Naturalistica, frutto di una concezione ben chiara del rapporto tra tecnica è ambiente, si propone di portare avanti un azione di ricucitura del territorio. Scopre nuove possibilità di intervento, in materia di stabilizzazione, volte a ottenere risultati strutturalmente analoghi, e esteticamente forse anche migliori rispetto a quelli tipici dell ingegneria civile tradizionale, non è dannosa o irrispettosa dei contesti naturali, ma anzi tende a valorizzarne le caratteristiche. Come detto l Ingegneria Naturalistica utilizza materiali inerti e nel particolare legname, pietrame, materiali ferrosi, goesintetici e fibre naturali, abbinati con materiale vegetale vivo. È proprio quest ultimo, a connotare, nello specifico, le diversità proprie delle tecniche naturalistiche se paragonate all ingegneria civile tradizionale; il materiale vegetale vivo è in alcuni casi la struttura stessa dell opera e, quando non lo è, fornisce comunque un importane contributo alla resistenza delle opere realizzate con materiali inerti. 50

2 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Tra gli elementi vivi si annoverano i miscugli di specie erbacee e piantine e talee di specie arbustive o arboree. Una talea è un segmento di fusto separato dalla pianta madre capace di produrre radici e in grado di rigenerare un altro esemplare, a volte con sviluppi considerevoli ed in breve tempo. I salici sono le specie arboree utilizzate per la stragrande maggioranza degli interventi. Le talee sono gli elementi di materiale vivo tra i più utilizzati nelle opere di Ingegneria Naturalistica, hanno capacità di rapido attecchimento e sviluppo, resistono a situazioni climatiche privative, venendo messe a dimora durante il periodo di riposo vegetativo. La dimensione della talea determina la capacità della pianta a resistere per un lungo periodo (se ben conservata prima della messa a dimora e se ben interrata nelle strutture) quasi senza irrigazione. Le talee possono presentarsi sotto diverse forme a seconda delle dimensioni: - talea piccola, fusto legnoso di cm di lunghezza ed un diametro < 1-2 cm, - talea grossa, fusto legnoso di 1-3 m di lunghezza ed un diametro di 2-5 cm. Tra i materiali vivi utilizzati, si enuncia poi l uso di ramaglia, cioè rami dai quali non vengono eliminate le ramificazioni secondarie e piote erbose (zolle), costituite da un insieme compatto di radici e fusti erbacei, di origine naturale o prodotti in vivaio che vengono commercializzati in elementi di dimensioni variabili (0,3-0,5 m x 0,5-2,5 m) e hanno spessore compreso tra gli 1-5 cm per un peso di kg/m2. Le figure seguenti mostrano interventi di rivegetazione con impiego di talee. Figg : talee utilizzate nella rivegetazione di strutture in legname. 51

3 Tra i materiali inerti, il legname è forse il più utilizzato, e viene impiegato con funzione di consolidamento. Si usano poche tipologie di legname, che devono risultare idonee per proprietà meccaniche e durabilità: larice e castagno sono i materiali più diffusi. Al fine di aumentarne la durabilità vengono scortecciati. Le dimensioni, sia in lunghezza che diametro, variano a seconda degli impieghi. In generale i parametri di cui tenere conto quando si realizzano strutture di sostegno in legname, sono il peso specifico, la resistenza meccanica e la durabilità. Il diametro dei pali non deve essere inferiore ai cm e tondame di minore diametro può essere impiegato solo per opere non di sostegno, mentre per opere idrauliche i pali possono avere diametro anche di 30 cm e oltre. I pali, oltre ad essere scortecciati, devono essere il più possibile rettilinei e non devono avere difetti di fusto, quali fessurazioni callosità e marcescenze. Nei giunti che si realizzano nel legno o tra legno e altri materiali è importante, se si rende necessaria la manipolazione dei tronchi (scavi di piccoli solchi per livellare il materiale e permettere l aggancio) porre la parte intaccata verso il basso e comunque non all esposizione diretta degli agenti atmosferici. Questi ultimi possono causare marcescenze e diminuire le proprietà di resistenza del materiale. Le giunzioni sono eseguite con acciaio da costruzione, in quanto le giunzioni con chiodi non sono compatibili con diametri tanto elevati. La lunghezza di approfondimento dell acciaio di giunzione deve essere almeno pari a 1,5-2 volte il diametro del tronco attraversato, in modo da garantire un attacco sicuro e resistente. Nelle giunzioni ad angolo, tutti i pali devono essere tra loro ancorati. Infine, sulle giunzioni non possono gravare carichi in grado di limitarne la resistenza, pertanto queste vengono realizzate in corrispondenza all incrocio degli appoggi. Figg : deve essere utilizzato legname scortecciato di specie idonee (larice o castagno) e di diametro idoneo (20-25) per la costruzione delle strutture di Ingegneria Naturalistica 52

4 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Figg : errori costruttivi e difetti nel materiale influiscono negativamente sulla durabilità delle opere naturalistiche. Il pietrame invece, viene spesso impiegato per opere di protezione, di consolidamento, di contenimento e di difesa spondale, per incrementare la possibilità di drenaggio delle acque e per la realizzazione di fondazioni di opere di strutture in legname. Infine può essere utilizzato in ambito idraulico per la realizzazione di opere trasversali quali le rampe di risalita per i pesci. Generalmente si utilizzano ghiaie, ciottoli o massi che sono reperiti in loco per la maggior parte dei casi. I pietrami idonei per gli utilizzi ingegneristici non devono contenere materiali dannosi per la salute (amianto), non devono essere teneri o facilmente frantumabili, ne essere troppo arrotondati o lisci. Quest ultima caratteristica è causa di problemi di instabilità delle opere di difesa e sostegno. Nell utilizzo in opere idrauliche (scogliere, soglie, rampe) il volume medio dei massi utilizzati non deve essere inferiore agli 0,3-0,6 m3. Figg : scogliere rivegetate con talee o inerbimento. I materiali ferrosi vengono utilizzati quali elementi accessori e di sostegno per gli elementi costituenti le opere di ingegneria naturalistica. In particolare, si usano per la giunzione di elementi strutturali nelle opere in legname, per l ancoraggio delle strutture, o come rivestimento delle scarpate sotto forma di pannelli, reti o funi. Le barre di acciaio per le opere in legname devono essere ad aderenza migliorata, e avere diametro compreso tra i mm (chiodi e staffe) e i mm (ancoraggi). Le reti in acciaio utilizzate per il rivestimento delle scarpate sono solitamente di dimensioni standardizzate 53

5 e poste a contatto con la superficie del pendio, vincolate con l aiuto di barre e funi, sono in grado di stabilizzare le coltri superficiali dei versanti, trattenendo ciottolame e piccoli volumi di roccia. Figg : materiali ferrosi impiegati per ancoraggio estensivo o puntuale. I geosintetici sono una famiglia di prodotti derivati dall industria tessile, della gomma, delle materie plastiche e dei materiali bituminosi. Nell ambito dell ingegneria naturalistica, svolgono diverse funzioni, tra cui filtro, drenaggio, protezione dall erosione, supporto allo sviluppo vegetazionale, rinforzo (incremento della capacità portante e incremento dei parametri geotecnici) dei terreni, contenimento dei fenomeni franosi. Volendo effettuare una disamina con criterio di semplificazione in questo vastissimo ambito di prodotti, si individuano: Geotessili tessuti, caratterizzati da filamenti di polipropilene, poliestere etc., intrecciati a formare strutture caratterizzate da trama e ordito, caratterizzati da elevata resistenza a trazione (da decine a centinaia di kn/m), sono impiegati per il rinforzo dei terreni e per l incremento della loro capacità portante (sottofondi stradali). Geotessili non tessuti, caratterizzati da filamenti di polipropilene, poliestere etc., formanti strutture prive di orditura, caratterizzati da non elevata resistenza a trazione (decine di kn/m), sono impiegati per l incremento della capacità filtrante dei terreni (trincee drenanti, sottofondo a scogliere spondali etc.). Georeti-geogriglie, caratterizzate da fili, nastri o bandelle di polipropilene, poliestere etc., intrecciati o saldati a formare strutture a rete con maglie aperte, caratterizzati da elevata resistenza a trazione (da decine a centinaia di kn/m), sono impiegati per il rinforzo dei terreni (tipico l uso delle geogriglie nella tecnica delle terre rinforzate) e per l incremento della loro capacità portante (sottofondi stradali). Geomembrane, caratterizzate da una struttura chiusa (teli) in HDPE o materiali bituminosi o bentonitici, svolgono azione di impermeabilizzazione. Reti in fibra naturale a maglie aperte di juta, agave o cocco, svolgono una funzione di difesa dall erosione che può esaurirsi nell arco di un anno (juta) o di alcuni anni (agave e cocco) ed una funzione di supporto allo sviluppo della vegetazione. Sono caratterizzati da ridotta resistenza a trazione (5-15 kn/m). La loro efficacia si riduce nel tempo ma viene sostituita dallo sviluppo vegetativo sottostante. Le reti in fibra naturale, sono spesso il supporto ottimale per lo sviluppo degli inerbimenti, trattengono le particelle più fini e riducono l evaporazione idrica a vantaggio del mantenimento del microclima utile allo sviluppo del verde. Esistono molte altre tipologie di geosintetici, che vanno dalle geostuoie in polipropilene, alle biostuoie e ai biofeltri, tutte impiegate a supporto dello sviluppo della vegetazione, ovvero ai geocompositi, impiegati nel drenaggio delle formazioni, ma si è preferito limitare la trattazione ai materiali di più semplice e affermato impiego nelle tecniche di Ingegneria Naturalistica. 54

6 Figg : materiali geosintetici con funzioni di rinforzo, filtrazione e drenaggio dei Figg : materiali geosintetici con funzioni di rinforzo (geogriglie), drenaggio (gabbioni drenanti), difesa dall erosione (reti in fibra naturale). Fig. 94: reti in fibra naturale di juta impiegati come antierosivi assieme con talee a chiodo per la rivegetazione. Fig. 94: tubazione spiraliforme in acciaio con corpo drenante costituito dall assemblaggio di geogriglie e geomembrane rivestite di geotessile nontessuto 55

7 Fig. 95: reti in fibra naturale in juta (grigie) e cocco (marrone chiaro) per la difesa dall erosione superficiale. Questi sono dunque i materiali più comuni utilizzati per gli interventi di Ingegneria Naturalistica. Nei successivi sottoparagrafi, si passa ad una presentazione delle principali tecniche di utilizzo, del loro funzionamento e delle loro caratteristiche. L Ingegneria Naturalistica è applicabile tanto in casi di erosione degli strati di terreno superficiale, quanto, entro certi limiti in quelli di instabilità più profonda; la suddivisione dei tipi di intervento, tiene conto delle profondità di terreno instabile che necessita di interventi per il consolidamento. 56

8 2.3.1 TECNICHE NATURALISTICHE PER LA DIFESA DALL EROSIONE: RIMODELLAMENTI, INERBIMENTI, RETI A CONTATTO, GRATE VIVE Diverse tecniche possono essere adottate nella sistemazione dei versanti al fine di ottenere la difesa dall erosione delle coltri superficiali, riportate sinteticamente nella tabella di figura 96. Ricostruzione strutturale dei versanti Rimodellamenti Riprofilature in roccia Movimento terra difesa dall erosione superficiale Inerbimento Reti a contatto Grate vive Semina manuale a spaglio Semina protetta Idrosemina Reti metalliche Reti in fibra naturale Grate vive Fig. 96: tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri superficiali Tra le operazioni primarie per poter conseguire la stabilità dei versanti, siano essi di terre o di rocce, occorre che siano sempre previsti lavori di rimodellamento. Questi consistono nella riprofilatura dei terreni, che sono stati oggetto di eventi franosi, realizzata mediante la movimentazione delle terre, o nel caso di roccia, il disgaggio e l asportazione di quelle parti fratturate che sono instabili. In taluni casi la riprofilatura dei terreni è eseguita solo come operazione preliminare alle fasi di cantiere. Più correttamente, la riprofilatura dovrebbe tener sempre conto dell inclinazione di progetto del pendio attraverso la determinazione dell angolo di attrito dei suoi materiali, pertanto dovrebbe conseguire le pendenze necessarie per sopportare le spinte agenti senza incorrere in nuovi eventi franosi. L angolo imposto ai pendii riprofilati dipende dunque dalle caratteristiche geotecniche del terreno. Le operazioni che sono fatte per realizzare una riprofilatura possono essere suddivise in fasi di scavo e riporto. I mezzi utilizzati per realizzare queste operazioni sono: escavatori cingolati, ragni meccanici ovvero, nel caso di lavori eseguiti a mano, personale specializzato e costituito da rocciatori e disgaggiatori. La riprofilatura dei terreni avviene per: - Asportazione del coronamento instabile della frana e ricolmatura della zona subissata sottostante; - Riporto di materiale esterno al cantiere, compattazione, consolidamento, gradonatura e drenaggio dei volumi importati; 57

9 Il primo dei due casi comporta l uso di mezzi di cantiere più specialistici, quali ragni meccanici, il secondo implica costi maggiori dovuti all approvvigionamento e al conferimento dei materiali da utilizzare. La scelta di una tecnica o dell altra dipende da svariati fattori tra cui i principali sono: la disponibilità e l idoneità dei materiali presenti in loco, accessibilità del sito di cantiere e le potenzialità offerte dai mezzi meccanici a disposizione, le caratteristiche del terreno di sito e l impatto ambientale legato all uno o all altro intervento. La riprofilatura dei versanti rocciosi può essere effettuata in attraverso: - Disgaggio manuale (per volumi rocciosi < 1m 3 ); - Disgaggio con ragno meccanico (per elementi di piccola cubatura); - Disgaggio meccanico con demolitore idraulico (per dislivelli mezzo-parete 6<d<10); - Disgaggio con microcariche - Smooth Blasting (per riprofilatura estensiva di pareti rocciose) Tra gli interventi di difesa dall erosione, la rivegetazione è un intervento di difesa del suolo di tipo estensivo. Effettuata su grande scala questa lavorazione consente di ottenere una copertura vegetale consolidante, per spessori da decimetrici (copertura erbacea) a metrici (copertura arbustiva e arborea), generalmente uniforme su ampie superfici o su linee prestabilite. La tecnica dell inerbimento si suddivide in tre sottocategorie che individuano le diverse modalità di intervento possibili. Queste sono: - la semina manuale a spaglio, - l idrosemina e - le semine protette. Tutte e tre le tecniche hanno lo scopo di stabilizzare il terreno sfruttando l azione consolidante degli apparati radicali, proteggendo il terreno dall azione battente delle precipitazioni di breve durata e forte intensità. L inerbimento protegge inoltre dal ruscellamento superficiale, ristabilisce i processi vegetazionali e le condizioni di fertilità del suolo al fine di pervenire allo sviluppo di specie vegetali di livello più evoluto, e si prefigge lo scopo di reinserire le aree nel loro contesto paesistico di origine e precedente il fenomeno dell erosione. Negli inerbimenti si utilizzano miscugli di specie erbacee adatte al tipo di terreno su cui si interviene, è necessario tenere presente le caratteristiche di altitudine, di esposizione e le altre specie vegetali presenti sull aree al fine di evitare il più possibile la contaminazione con specie alloctone. E inoltre molto importante tenere presenti le condizioni climatiche dell area su cui si vuole intervenire. Infine è bene tenere presente che anche di fronte a specie erbacee compatibili con le aree a cui queste sono destinate, è sempre necessario tenere presente i periodi dell anno migliori per procedere con la semina. Non è detto, infatti, che una semina scelta correttamente attecchisca e porti i risultati sperati, se questa è eseguita secondo criteri temporali non giusti. Altre fonti di errore possono essere l utilizzo di sementi scadute, oppure l uso di semi in qualità e numero di specie non corrispondenti alla certificazione, ovvero una quantità di sementi, misurata in grammi a metro quadrato, non sufficiente. La semina manuale a spaglio consiste nello spargimento manuale di miscele di sementi, di origine certificata, su superfici destinate alla rivegetazione. Laddove ve ne sia la necessità la semina è abbinata allo spargimento di concimanti organici e/o inorganici. La semina manuale a spaglio è indicata su superfici piane o con pendenze inferiori a 30, e produce come risultato un rinverdimento utile per evitare l erosione da ruscellamento o da vento. Le sementi utilizzate sono sementi di specie erbacee in composizioni strettamente legate alla località ed al contesto ambientale (suolo, roccia, microclima, situazione vegetazionale e floristica) e in quantità variabili da 15 a 50 g/m 2. Come già preannunciato, possono essere aggiunti alla composizione, concimanti organici e/o inorganici. In generale, la dose di seme da spargere è influenzata dalle condizioni di sito. 58

10 Si semina in giornate serene e senza vento, effettuando due passaggi ad angolo retto, a garanzia di maggiore uniformità. La semina manuale a spaglio richiede esperienza: per facilitare l operazione, è possibile mescolare ai semi un uguale quantità di sabbia. In genere il terreno viene preparato mediante allontanamento del materiale più grossolano: si procede dunque allo spargimento manuale a spaglio della miscela di sementi, che dovranno essere leggermente ricoperte da terreno; di solito è bene distribuire uno strato sottile di terriccio o torba e rastrellare delicatamente per coprire i semi. Se necessario si procede successivamente alla semina, allo spargimento manuale o con mezzo meccanico di sostanze concimanti e ammendanti in quantità tale da garantire nutrimento alle sementi nella prima fase di crescita. E importante innaffiare il terreno, e mantenerlo sempre umido per le successive tre settimane, in modo da favorire la germinazione. Non si devono mai creare condizioni di ruscellamento, che possono spostare i semi e non permettono un uniforme copertura. Se, dopo la crescita, rimangono zone rade, può rendersi necessario ripetere l operazione. Limiti di applicabilità del metodo risiedono nelle acclività troppo elevate, riguardano le stazioni sottoposte a forte rischio di ruscellamento, vento eccessivo, e i substrati troppo poveri che richiedono apporto di nutrienti, fibra organica, concimanti, ecc. I vantaggi sono essenzialmente dati da una copertura rapida, di facile realizzazione, ovvero di costi relativamente contenuti. Gli svantaggi, comuni a ogni tipo di inerbimento, risiedono ovviamente nel limitato effetto in profondità. Il reticolo radicale è approfondito nel terreno per una altezza che varia tra i 10 e i 30 cm. La crescita rapida delle specie vegetali può inoltre compromettere lo sviluppo di eventuali specie arboree e arbustive. Infine, come elemento comune a tutte le tecniche di Ingegneria Naturalistica, l applicazione di questa tecnica non consente un immediata azione di difesa ma è necessario un periodo di stabilizzazione dell intervento prima di ottenerne l efficacia. La tecnica denominata di semina con coltre protettiva è impiegata in presenza di superfici particolarmente povere di humus, e quindi dotate di bassa fertilità. In questi casi si distribuisce sul terreno, una miscela composta di paglia triturata, fieno e concime. È inoltre possibile aggiungere alla miscela, sementi di specie arbustive selezionate e, per evitare lo spargimento della paglia è possibile ricoprire la superficie del terreno trattato, con reti di polietilene biodegradabile che vengono fissate a terra mediante picchetti di legno o talee. Le sementi sono dunque distribuite sul terreno e poi ricoperte da materiale vegetale a funzione protettiva. Le figure mostrano immagini relative a tecniche di semina con coltre protettiva. 59

11 Fig : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri superficiali: semina con coltre protettiva L idrosemina prevede l aspersione di una miscela composta da acqua, sementi erbacee (idonee e compatibili con l intervento da eseguirsi, aventi certificazione di origine e in quantità di circa gr/m 2 ), concime, collanti, e sostanze miglioratrici del terreno. Il tutto viene distribuito sul terreno per mezzo di macchine preposte (idroseminatrici) che irrorano la miscela spruzzandola, a forte pressione, sulla superficie da trattare. La miscela deve venire applicata in maniera uniforme mantenendone la composizione omogenea: a tale scopo l'idroseminatrice deve essere dotata di un agitatore meccanico all interno della botte, nella quale vengono miscelate sementi, collanti, concimi, ammendanti e acqua, e di apposite lance per l'applicazione del prodotto. Queste ultime permettono la spargitura della miscela sulla superficie con pressione adeguata al fine di non danneggiare le sementi stesse. Spesso la miscela irrorata viene additivata con sostanze coloranti, cosicchè la superficie trattata presenta una colorazione evidente e caratteristica: ciò consente agli operatori di rendersi conto di dove, come e quanto prodotto sia stato già distribuito, rendendo possibile una maggiore uniformità di trattamento. Lo scopo della tecnica dell'idrosemina è quello di inerbire superfici di terreno nudo soggette a fenomeni erosivi. In genere si tratta di superfici caratterizzate da assenza o comunque scarsità di humus, superfici acclivi e aree di notevole sviluppo superficiale. Nella maggior parte dei casi, la presenza di tali fenomeni di erosione comporta la necessità di una protezione meccanica temporanea in grado di consentire alla vegetazione di svilupparsi ed assumere il ruolo antierosivo che le compete. Questo deriva dal fatto che, come per il caso della tecnica di semina manuale a spaglio, anche l idrosemina non è immediatamente efficace, ma necessita di un periodo di attecchimento, crescita e sviluppo delle sementi prima di poter dare il contributo strutturale per cui è pensata. Nel caso di idrosemina semplice, la miscela è composta da seme, fertilizzante e collante. Si crea un letto di germinazione ottimale su terreni in cui e presente abbondante frazione fine e colloidale, ma con inclinazioni non superiori a 20. Un componente essenziale delle miscele di idrosemina, oltre a quelli di base citati prima, è certamente il mulch: una coltre in grado di fornire protezione meccanica e di svolgere un'azione regolatrice nei confronti dell'umidità e dell apporto organico. Nella miscela potranno essere dunque presenti seme, collanti, fertilizzanti, paglia triturata, fibra di cellulosa, torba etc. L idrosemina con mulch è adatta a terreni fortemente erodibili con inclinazione fino ad oltre 45, mediamente poveri di materia organica e di frazione fine, ovvero alle situazioni in cui il substrato sia particolarmente povero di materiale organico, e sassoso o roccioso, oltre che sulle terre rinforzate. 60

12 La spargitura della miscela di idrosemina è effettuata previa ripulitura della superficie da idroseminare con conseguente allontanamento di sassi e radici, a cui segue lo spargimento della miscela. Questa è posta secondo strati di spessore variabile tra gli 0,5 e i 2 cm. Ogni miscuglio di sementi deve essere adeguatamente progettato con specie erbacee (ed eventualmente arbustive) autoctone e idonee al sito di intervento (per quota, umidità, ecosistema, esposizione al sole ecc.). Occorre limitare l uso di miscugli contenenti specie erbacee a rapido accrescimento ed effetto immediato, in quanto potrebbero esercitare una forte concorrenza nei confronti di quelle con ciclo vegetativo più lento. La tecnica dell idrosemina è poco conveniente se si intende inerbire piccole superfici, e quando vi siano problemi di totale inaccessibilità del cantiere, anche se per l inerbimento di piste da sci e di varchi disboscati è prevedibile anche l uso di irroratrici montate su elicottero. I vantaggi derivanti dall utilizzo di questa tecnica sono la rapida e più sicura rivegetazione di superfici anche quando queste sono ripide o difficilmente percorribili, poiché le lance irroratrici possono assicurare getti dell ordine della decina di metri. L effetto antierosivo attraverso il reticolo radicale è approfondito nel terreno per un altezza compresa tra i 10 e i 30 cm. Possibili errori, con conseguente non raggiungimento degli obbiettivi stabiliti si hanno per: semina fuori stagione, utilizzo di sementi scadute, qualità e numero di specie non corrispondenti alla certificazione, quantità in grammi di sementi a metro quadro non sufficiente, utilizzo di pompe o ugelli che possano danneggiare i semi. Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri superficiali: idrosemina 61

13 Nella stabilizzazione delle coltri superficiali di terreno si può intervenire con la posa in opera di reti a contatto, in acciaio a semplice o doppia torsione, con maglie di tipo esagonale o romboidale. Sono fornite in rotoli di lunghezza e dimensione standardizzata, assemblate con funi di collegamento e ancorate in roccia o al terreno con barre in acciaio. Molto spesso i pannelli di rete a contatto vengono armati con funi, tesate lungo linee diagonali attraverso i passa-cavo (golfare) posti sulla testata degli ancoraggi. Le maglie di ancoraggio sono solitamente 2m x 2m oppure 3m x 3m. Sono in grado di stabilizzare scarpate di pendii costituiti da terreni detritici, trattenendo il terreno superficiale contro il quale sono appoggiate, ma anche ciottolame e piccoli volumi di roccia, nel caso questi fossero presenti in scarpata e soggetti a possibili fenomeni di instabilità. Nella protezione dall erosione degli strati superficiali di terreno è utile considerare, nel campo dei materiali da utilizzare, le reti in fibra naturale che, oltre a svolgere la funzione appena descritta, sono anche in grado di fare da supporto al materiale vegetale di scarpata, migliorare il regime idrico (per via della loro capacità di trattenuta e rilascio dell acqua di pioggia) ed equilibrare le condizioni di temperatura del suolo. In più queste reti migliorano la coesione superficiale del terreno e, in fase di decomposizione, ne incrementano la fertilità del terreno poiché apportano sostanze nutritive per quest ultimo. La loro funzione antierosiva, infatti, è solo temporanea, perché, con il tempo, esse tendono a deteriorarsi e perdono di resistenza. Cionondimeno, a deterioramento avvenuto, la funzione antierosiva viene compensata dalla crescita del materiale vegetale precedentemente messo a dimora in corrispondenza delle rete stessa. Queste reti possono essere costituite di juta, cocco o agave. Posare correttamente reti di questo tipo, avendo cura di mantenere un contatto continuo con la superficie del suolo e un sicuro ancoraggio ad esso, equivale a dare al terreno di superficie una seconda pelle che lo protegge dall erosione in attesa che si completi l azione protettiva data dalla vegetazione. Prima della posa si rende necessario il trattamento del terreno, mediante profilature, livellamenti, spietramenti. Il piano di posa deve risultare privo di sporgenze e spuntoni, se esistono ceppi di legno troppo radicati per essere tolti questi andranno accerchiati, non ricoperti dalla rete. I teli, che hanno dimensione standard, vanno posizionati e leggermente sovrapposti gli uni agli altri, dopodiché vanno anche cuciti insieme mediante l utilizzo di cordame. I teli sono ancorati al terreno utilizzando dei picchetti, dei chiodi o delle graffe, oppure, nel caso di pendii sufficientemente terrosi e penetrabili, si possono utilizzare come ancoraggi le talee. In generale, i picchetti si posizionano procedendo lungo il pendio dall alto verso il basso per evitare fenomeni di rigonfiamento delle superfici dei teli. È possibile posare le reti a maglie d acciaio sopra le reti in fibra naturale, per favorire la maggiore stabilizzazione superficiale dei terreni. È chiaro che in gli ancoraggi delle reti metalliche non devono essere gli stessi utilizzati per le reti in fibra naturale, dal momento che le prime devono essere previste per contrastare potenziali sollecitazioni di molto maggiore entità: ciascuna rete ha perciò struttura di ancoraggio indipendente. La tecnica di uso combinato delle due reti si usa in zone di forte acclività. 62

14 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalisti ca per il ripristino delle coltri superficiali: reti a contatto in acciaio e reti in fibra naturale. 63

15 In relazione alla stabilizzazione delle coltri superficiali, è da menzionare la tecnica di sistemazione che viene denominata grata viva. Si tratta di struttura in tondame ottenuta mediante la posa di pali verticali e orizzontali di diamentro non inferiore ai 20cm disposti perpendicolarmente tra loro. I pali orizzontali sono sovrapposti a quelli verticali e sono chiodati ad essi con barre d acciaio. All interno dei riquadri ( camere ) così ottenuti, vengono messe a dimora, talee e/o piantine di specie arbustive ad alta capacita di radicazione e il tutto viene ricoperto con materiale terroso ed inerbito con idrosemina. Questa tecnica può essere applicata a sostegno di scarpate artificiali e versanti ad elevata acclività, anche di 40 60, che non può essere altrimenti ridotta. I materiali impiegati sono essenzialmente tronchi di larice o castagno con diametro di cm (maggiore per i montanti verticali) e lunghezza generalmente compresa tra i 2 e i 6 m. I picchetti di ancoraggio sono realizzati in ferro con diametro di circa mm, e lunghezza compresa tra 1 e 2 m. In taluni casi l ancoraggio al piede dell opera può essere realizzato con pali in legname, talvolta corrispondente all estremità terminale di opere sottostanti (ad esempio una palificata che fa da piede alla grata viva). All interno delle camere viene messo a dimora il materiale vegetale e ricoperto con inerte: su elevate acclività occorre disporre, per garantire la stabilità di tali materiali, reti in fibra naturale, reti metalliche, georeti sintetiche o rete elettrosaldata. Fig. 112: tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri superficiali: grate vive 64

16 Per eseguire l interevento, si procede alla formazione alla base della scarpata di un solco longitudinale nel quale è posato un tronco quale appoggio al piede, ovvero si realizza una palificata o di una scogliera in massi. Lo scopo è comunque quello di creare una base stabile allo sviluppo della grata. Segue la posa degli elementi verticali con interasse di circa m. Tutti gli elementi verticali della grata, devono essere posti non soltanto a contatto con il terreno, ma, ove possibile, inseriti in solchi scavati in quest ultimo. Tutto ciò al fine di garantire che la successiva posa dei pali orizzontali avvenga a contatto della superficie del pendio. Qualora la messa a contatto col terreno non fosse possibile si rende necessario l impiego di reti metalliche a tasche o spezzoni di rete elettrosaldata e geotessili, al fine di creare una superficie di appoggio per il terreno di riempimento tra i pali orizzontali e il piano di versante. È molto importante ottenere il contatto diretto tra l opera e il terreno sottostante: se ciò non fosse realizzato, gli inerbimenti e le piantumazioni non sarebbero in grado di attecchire, annullando la funzione di molte parti della struttura e diminuendo la resistenza strutturale dell opera. Gli elementi verticali sono poi fissati al substrato con picchetti in acciaio. In seguito si procede alla posa degli elementi orizzontali su quelli verticali, con interasse compreso tra i 1 e 2 m (in funzione della pendenza), fissati chiodandoli con barre. Con rispetto della stagionalità nella quale viene realizzata l opera, si inseriscono, nelle camere così ottenute, delle talee (generalmente di salice) e si procede al riempimento con inerte terroso locale e si semina o idrosemina l intera superficie della grata. Nel caso si renda necessario è possibile, in questa fase, procedere con la messa a dimora di eventuali piantine radicate di arbusti locali. La grata non deve essere realizzata in ambito idraulico dove possa verificarsi il contatto diretto con l'acqua, in quanto l opera è vulnerabile riguardo a possibili fenomeni di svuotamento. Le talee devono avere una lunghezza tale da raggiungere il terreno retrostante la grata. La sistemazione di pendii con le grate vive è limitata in relazione alle dimensioni e all acclività delle scarpate, le pendenze sfruttabili variano tra i 40 e i 60. Pendenze più elevate risultano assai rischiose per la stabilità dell opera stessa (ribaltamento). La realizzazione di queste opere è difficoltosa, per il fatto che il lavoro avviene in esposizione (occorre che gli operatori siano muniti di funi e imbragature), movimentando paleria di notevole lunghezza, che deve essere posta in posizione subverticale a contatto del pendio. D altro canto, l utilizzo delle grate vive consente un immediata stabilizzazione di scarpate anche alte, e l effetto di stabilizzazione aumenta una volta che le specie vegetali inserite hanno cominciato a radicare. Le specie vegetali svolgono anche un azione drenante in quanto assorbono l acqua necessaria al loro sviluppo. La stabilizzazione immediata è ottenuta mediante l armatura di legname della scarpata e quindi favorendo la possibilità per gli arbusti di svilupparsi. Una precauzione da prendere al fine di pervenire al corretto funzionamento dell opera è quella di intervenire con la messa a dimora di talee e arbusti solo nel periodo di riposo vegetativo. Possibili mal funzionamenti dell opera possono essere causati dalla scelta errata del periodo per la posa del materiale vegetale vivo, oppure quando i correnti orizzontali vengono posti sotto i verticali, vanificando l effetto di diminuzione della pendenza di ogni cella. Problemi di distacco, svuotamento o cedimento della struttura possono aversi quando la grata viva non venga adeguatamente o sufficientemente chiodata. Le figure seguenti riguardano l utilizzo di grate vive. Come si può osservare gli interventi possono essere diversificati nei particolari di costruzione e realizzati anche in zone a forte pendenza. 65

17 Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri superficiali: grate vive 66

18 2.3.2 TECNICHE NATURALISTICHE PER IL CONSOLIDAMENTO DI COLTRI DI POTENZA DECIMETRICA/METRICA Per quanto riguarda la stabilizzazione di coltri più approfondite di terreni di scarpata, fino a profondità superiori al metro, possono applicarsi alcune tecniche di Ingegneria Naturalistica, che corrispondono alla messa a dimora di specie vegetali con notevoli potenzialità di sviluppo dell apparato radicale, da sole o con il supporto di opere realizzate in paleria di legname. La tabella di figura 120 fornisce un elenco dei principali tipi di intervento possibili in questi casi e il presente paragrafo ne dona una presentazione delle caratteristiche e dei funzionamenti. difesa dall erosione superficiale, rinaturalizzazione dei versanti. Messa a dimora di specie arbustive e arboree Cespugliamenti consolidanti Palificate semplici Gradonate vive Palificate semplici Palificate semplici a pali sovrapposti Palificate semplici a piloti incrociati Ricostruzione strutturale dei versanti Palificate vive di sostegno Palificate vive di sostegno a una parete Fig. 120: tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri di potenza intermedia (da decimetrica a metrica) Tra gli interventi citati in tabella, il primo metodo consiste nel mettere a dimora specie arbustive e arboree di vario tipo, al fine di ripristinare la vegetazione di siti che - per cause antropiche - possono presentare scarsità o assenza di copertura vegetale. Questa tecnica può essere pensata come intervento a sé stante ma anche come parte di altri interventi, magari eseguiti per la stabilizzazione di coltri più profonde, quale completamento degli stessi. Le piantagioni di specie arboree o arbustive possono essere eseguite secondo metodologie diverse. La piantagione in buca con piante a radice nuda è eseguita scegliendo specie pioniere, utilizzabili in climi non aridi e in terreni possibilmente non privi di humus. Si sottolinea l importanza, in caso di utilizzo di questa tecnica, del trasporto del materiale vegetale onde evitarne il disseccamento. La pianta che non sia munita del contenitore di terra è molto fragile, se lasciata al sole si secca facilmente e trova più difficoltà nell attecchire. La piantagione in buca può adoperarsi in stazioni più difficili per aridità del clima e del suolo. Altre tecniche di rivegetazione, impiegate per incrementare la stabilità di pendii e scarpate, naturali o artificiali, in materiali sciolti, sono date dall utilizzo di cespugliamenti consolidanti: con questo termine si intende la messa a dimora di materiale vivo su parete di versante al fine di migliorarne la stabilità. Dei sistemi di questo tipo, i più utilizzati sono le gradonate vive. La realizzazione di gradonate permette di rivegetare le scarpate attraverso la formazione di piccoli gradoni lineari, che corrono lungo le curve di livello del pendio (ma non perfettamente orizzontali), in cui si interrano dei fitti "pettini" di talee e/o di piantine radicate. Lo sviluppo dell apparato radicale garantisce il consolidamento del terreno, mentre la parte aerea contribuisce a contenere l erosione superficiale. 67

19 Figg : tecniche per il ripristino delle coltri di potenza intermedia: schema di funzionamento gradonate vive Occorre richiamare alcuni concetti inerenti la messa a dimora di talee; questa è una parte di pianta, prelevata da individuo adulto, in grado di generare radici sia dal fusto che dalla sezione recisa, e come tale risulta molto utile al fine di ottenere la rivegetazione delle aree in tempi ristretti. È chiaro che l utilizzo esclusivo di talee non conferisce all area una grande pluralità di specie; inoltre, non da tutte le piante possono essere ricavate talee, ma solo da quelle che sono in grado di crescere e rigenerarsi secondo le modalità sopra descritte. Le piante utilizzabili a tal fine sono: il salice, il pioppo e alcune specie arbustive. Si devono utilizzare esclusivamente specie autoctone, poiché le specie alloctone costituiscono un fattore di inquinamento biologico. Le gradonate si realizzano mediante scavo di una banchina, profonda almeno 50 cm e con una contropendenza del 10% in cui vengono messe a dimora talee e/o piantine, in numero di almeno 20 al metro le prime, in numero di almeno 5 al metro le seconde. La banchina è coperta con terra di scavo fino ad ottenere la ricopertura quasi completa del materiale vivo inserito (le talee devono sporgere per non più di pochi centimetri). Generalmente si realizzano diversi ordini di gradonate, con interassi variabili in genere tra uno e tre metri. Per la realizzazione dell intervento si parte sempre dalla parte bassa del pendio e si procede a salire, utilizzando il materiale di scavo degli ordini superiori per ricoprire le banchine inferiori. La parte di talea che sporge dal terreno non deve essere superiore ai 5-10 cm. La parte interrata deve essere ben compattata, evitando che si formino sacche d aria attorno al fusto. 68

20 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri di potenza intermedia: gradonate vive 69

21 Per quanto concerne il consolidamento dei versanti, è possibile ottenerne la stabilizzazione di coltri da decimetriche a metriche anche ricorrendo a palificate semplici. La palificata semplice è una struttura realizzata in legname di larice o castagno, con diametro minimo di 20 cm che viene disposto perpendicolarmente alla linea di massima pendenza del pendio, legato e fissato al terreno del versante mediante ancoraggi con picchetti o piloti in legno o in acciaio. La profondità di infissione dei piloti è di circa 1-2 m. Quando vi sia un primo strato di terreno molto franoso a cui fa seguito, più profondo, uno strato più compatto, è bene infiggere i piloti fino a raggiungere un ancoraggio saldo nello strato più compatto inferiore. Di solito si rendono necessari un numero di piloti di circa 3 per ogni metro lineare di lunghezza della palificata. I piloti metallici consentono una maggiore profondità di infissione. Un ulteriore aumento della forza di ancoraggio si può ottenere con la realizzazione di ancoraggi trivellati, pali a rapida infissione o micropali. Mentre la cosiddetta palizzata semplice si costituisce di un unico elemento orizzontale in legname su cui si innesta una fila di talee, la palificata semplice a pali sovrapposti costituisce un incremento dell altezza della struttura che si realizza per contenere una maggiore quantità di terreno a monte. In questo caso, l incremento dell altezza dell opera deve comunque essere limitato ad un massimo di 50 cm, per non incorrere in problemi di stabilità legati alla flessione degli ancoraggi e alla durabilità dei pali in legname. Un ulteriore variante alla palificata semplice è la palificata a piloti incrociati. Qui l ancoraggio è realizzato non più da uno ma da due elementi posti inclinati l uno rispetto all altro e sistemati, uno a 90 rispetto all inclinazione di versante e l altro verticale. Quest ultima configurazione ha lo scopo di migliorare la resistenza strutturale dell ancoraggio e la sua funzione di contenimento delle terre. Tutte le palizzate possono essere disposte a formare linee continue sul versante, tuttavia si ottiene un risultato migliore disponendole a linee alterne. Le palificate che formano linee continue, infatti, possono dare vita a canali di ruscellamento delle acque meteoriche, mentre la disposizione sfalsata garantisce una maggiore separazione delle acque che non trovano vie preferenziali per lo scorrimento e garantisce una maggiore stabilità superficiale. Subito a monte della palificata, si forma una banchina di posa, su cui viene messo a dimora il materiale vegetale vivo. Questo di solito è costituito di talee del diametro di almeno 2 cm, che devono essere in numero di almeno 20 per metro lineare. In alternativa o in aggiunta - possono essere messe a dimora piantine radicate in numero di circa 5 soggetti per metro lineare. Sul terreno riportato a monte della palificata, è possibile stendere una rete in fibra naturale con funzione di trattenuta dello strato superficiale del terreno (antierosiva), e anche in grado di aiutare la radicazione del materiale vegetale. Il terreno di scarpata viene infine inerbito secondo le tecniche viste al paragrafo precedente. L inerbimento ha funzione antierosiva e l attecchimento è favorito anche dalla rete in fibra stesa al suolo. Le fasi esecutive per la realizzazione delle palificate semplici sono nell ordine: - realizzazione delle banchine, mediante scavo; - infissione dei piloti; - disposizione dei correnti (pali orizzontali); - fissaggio dei correnti ai piloti e tra loro, mediante bullonatura, chiodatura o legatura. Nel caso si preveda l utilizzo della rete in fibra questa deve essere posata facendo attenzione a farla aderire perfettamente al terreno e alla superficie della palificata. Le specie di materiale vivo sono messe a dimora in ultima fase e, una volta posati, i soggetti vegetali devono essere ricoperti per evitare la formazione di sacche di aria. Eventuale aggiunta di terreno fertile può essere doverosa nel caso di presenza di terreno di scarsa qualità, mentre altri concimi possono essere già inclusi nei materiali di inerbimento. L importanza della riuscita dell inerbimento e in generale delle tecniche di messa a dimora del materiale vegetale è sostanziale in questo tipo di opere, in quanto una mancata o mal riuscita sistemazione vegetale può procurare il distacco per erosione del terreno superficiale e lo svuotamento della palificata. Se questo si verifica, la palificata 70

22 perde la sua funzione strutturale e non è più in grado di soddisfare alle esigenze per cui è stata creata. Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri di potenza intermedia: palificate semplici 71

23 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Figg : palificate semplici disposte ad allineamento alternato su versante e particolare di piloti incrociati Tra le tecniche utili al consolidamento di versante si possono inserire le cosiddette palificate vive di sostegno. Possono essere ad una o a due pareti. Tra queste, la palificata viva di sostegno a una parete è in grado di sostenere coltri di potenza intermedia (metrica). Le palificate vive di sostegno a due pareti (dette anche comunemente palificate doppie o a cassone) sono più utili nella sistemazione e il consolidamento delle scarpate e dei pendii di coltri maggiori e saranno trattate nel paragrafo successivo. La palificata viva di sostegno ad una parete è, in pratica, un evoluzione della palificata semplice, data dall inserimento di pali trasversali tra i correnti (pali orizzontali) della palificata semplice. Questi pali trasversali sono infissi manualmente (con mazze) o meccanicamente (trivella + miniescavatore) fino a raggiungere una coltre di terreno stabile e, pertanto, conseguono con la resistenza ad attrito tra pali infissi e terreno indisturbato il contrasto a spinte moderate del pendio. Per questo motivo sono anche indicate come palificate a infissione. Queste opere sono fissate al piede mediante ancoraggi, che possono essere realizzati in legno o con barre in acciaio ad aderenza migliorata di diametro pari a 32 mm. Attraverso l uso della palificata viva di sostegno ad una parete si perviene alla stabilizzazione di coltri più approfondite rispetto a quelle ottenibili con la palificata semplice. Inoltre, con questo tipo di palificata, si ottiene il recupero di quote maggiori di pendio. Rispetto alle palificate doppie, invece, la palificata a infissione richiede uno scavo di sbancamento molto minore. Consegue però una minor resistenza alla spinta attiva del terreno retrostante. L opera è completata con l inserimento di talee o piantine arbustive negli interstizi tra i correnti, che vengono riempiti con terreno di riporto preso dallo scavo stesso. Le talee devono essere in numero di almeno 20 al metro quadrato, mentre se si utilizzano piante arbustive, queste devono essere in numero di almeno 5 al metro quadrato. Di solito, questa, è un opera che viene realizzata per consolidare scarpate a monte di tracciati stradali, oppure per il consolidamento spondale. Può essere integrata con opere di tipo tradizionale, e disposta al di sopra si massi da scogliera o muri. I limiti di utilizzo sono delineati dal fattore di intensità della spinta del terreno: quando la spinta è troppo elevata, e tale da superare la resistenza prodotta dall attrito fra i traversi infissi ed il terreno, l opera può muoversi e collassare. Il peso proprio della struttura non è elevato, pertanto non è in grado di offrire un buon contributo a controbilanciare la spinta attiva del terreno. Quest ultimo punto che, in relazione alle spinte, evidenzia uno svantaggio, in relazione ad altre considerazioni può essere considerato un fattore positivo: le palificate vive di sostegno ad una parete, essendo leggere, non gravano di ulteriori sovraccarichi il versante oggetto di sistemazione. Anche in questo caso, come nel caso delle palificate semplici, è importante evitare lo svuotamento dello spazio tra i pali, che può verificarsi quando, utilizzando la palificata in 72

24 ambito idraulico come opera di difesa spondale, le correnti veloci incidano sul materiale terroso posto negli interstizi dell opera. La tecnica di costruzione della palificata viva di sostegno ad una parete non è dissimile da quella utilizzata per le palificata semplice. Si procede allo scavo di sbancamento, per realizzare il piano di posa della struttura, questo deve avere una contropendenza verso monte compresa tra i 5 e i 20 ; lo scavo è limitato allo spazio necessario alla posa dei correnti, poiché i traversi sono posizionati per infissione. Successivamente si posa il primo strato di correnti in legname (castagno o larice) e la giunzione tra gli elementi si realizza mediante incastro e chiodatura con tondini di lunghezza pari a 1,5-2 volte il diametro da vincolare. Il diametro dei tondini e solitamente compreso tra i 12 e 16 mm. Il terzo passaggio e l infissione e la posa degli elementi trasversali, con pendenza verso monte anche questa volta, dell ordine di 5-20, l interasse tra i traversi deve essere di circa 1-2 m. La successiva operazione da eseguirsi è quella di giunzione tra gli elementi trasversali e i correnti. In taluni casi, come per il caso delle palificate semplici, è possibile, anche in questo caso porre in opera dei piloti incrociati alla base della struttura per conferirle stabilità ancora maggiore. Il riempimento della struttura non dovrebbe essere effettuato ad opera conclusa e tutto insieme ma deve essere realizzato per strati, al fine di garantire una maggiore compattezza del terreno e d evitare la formazione di vuoti d aria, che possono impedire la riuscita delle operazioni di rivegetazione. Il riempimento è fatto con terreno di riporto dallo scavo oppure, per terreni poco fertili, con terreno migliorato da apporti organici. Come per la palificata semplice si realizza la messa a dimora di talee o piante arbustive. La spuntatura delle talee è prevista per evitare il disseccamento della parte aerea, limitando la sporgenza del fusto a meno di 25 cm; deve essere fatta con un taglio netto, inclinato verso il basso ( faccia tagliata rivolta verso il terreno). Ciascuna delle operazioni appena descritte deve essere eseguita per ogni ordine di correnti e relativi traversi. La giunzione tra i correnti deve essere fatta sempre in corrispondenza di un traverso inferiore, per evitare punti di debolezza. Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri di potenza intermedia: palificate vive di sostegno a una parete 73

25 Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il ripristino delle coltri di potenza intermedia: palificate vive di sostegno a una parete 74

26 2.3.3 TECNICHE NATURALISTICHE PER IL CONSOLIDAMENTO DI SCARPATE E IL CONSOLIDAMENTO DI PENDII: PALIFICATE VIVE DI SOSTEGNO A DOPPIA PARETE E TERRE RINFORZATE Tra le opere di sostegno ove l approfondimento delle coltri da stabilizzare è notevole, si descrive l utilizzo di due tecniche, ascrivibili nell ambito dell Ingegneria Naturalistica. La tabella seguente classifica questi interventi, le cui caratteristiche di funzionamento sono presentate in questo paragrafo. Ricostruzione strutturale dei versanti Palificate vive di sostegno Palificate vive di sostegno a doppia parete Sistemi di palificate a gradoni Palificate vive di sostegno a doppia parete con ancoraggi profondi Ricostruzione strutturale dei versanti e opere di difesa passiva dalla caduta massi Terre rinforzate Con funzione di sostegno Con funzione di difesa passiva (paramassi e paravalanghe) Con funzione mista di contenimento e difesa passiva Fig. 137: tabella inerente le tecniche di Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii Fig. 138: palificate vive di sostegno a doppia parete per il consolidamento di scarpate e pendii 75

27 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Le palificate vive di sostegno a doppia parete costituiscono un evoluzione delle palificate vive a parete singola trattate nel paragrafo precedente e, tra le opere di consolidamento dei versanti, sono forse tra le più utilizzate nell ambito dell Ingegneria Naturalistica. Il loro principio di funzionamento non è dissimile da quello che è alla base dell utilizzo dei muri a gravità: queste opere sono infatti autoportanti, poiché costituite da una sorta di cassone in pali di legno, riempito di materiale inerte e di materiale vegetale. La profondità minima di queste strutture è dell ordine del metro, tipica di 1,5 2 m, l altezza non supera il doppio della base. Altezze maggiori possono essere raggiunte, ma solo utilizzando le cosiddette palificate a gradoni. Queste ultime, sono date dall unione di più palificate, disposte le une sulle altre e distanziate le une dalle altre di una certa profondità. Questo distanziamento (verso l interno del pendio) consente alla struttura di raggiungere altezze notevoli, senza però che queste altezze siano date dall elevazione di una struttura unica: questa condizione favorisce la resistenza al ribaltamento. La resistenza strutturale totale, può essere invece aumentata dall unione dei corsi di base del gradone superiore all ultimo livello di traversi di quello inferiore. In questo modo la struttura è in grado di lavorare come se fosse un unico elemento. La figura successiva mostra lo schema indicativo di costruzione. Schema di palificata viva a gradoni: sezione Schema di palifica viva a gradoni Fig. 139: funzionamento palificata doppia a gradoni I materiali impiegati per costruire le palificate doppie sono, ancora una volta, pali di castagno o larice scortecciati e di diametro minimo di cm. L ancoraggio al terreno, deve essere approfondito di almeno 1,5 m e i piloti possono essere in legno o acciaio a seconda dei casi e delle caratteristiche del terreno. In taluni casi è possibile prevedere l impiego di fondazioni profonde quali micropali trivellati, utili a migliorare la stabilità dell opera. Il materiale di riempimento è quello di riporto dello scavo, ma anche un materiale terroso più fertile di quello di scavo qualora quest ultimo non avesse le caratteristiche di idoneità atte a favorire il corretto sviluppo vegetale. Se necessario, al materiale di riempimento può essere aggiunto del materiale ghiaioso drenante, eventualmente avvolto in uno strato di geotessile non tessuto con specifica azione filtrante. Può essere previsto l utilizzo delle palificate doppie in ambito idraulico, tuttavia, per ragioni analoghe a quelle delle palificate a parete singola, nelle opere di difesa spondale possono verificarsi fenomeni di svuotamento a causa di forti correnti. Anche le palificate a doppia parete possono essere integrate con opere di tipo tradizionale come le scogliere in massi e i muri. 76

28 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Fig : struttura integrata palificata e muro Il peso relativamente basso incoraggia il loro posizionamento sulle testate dei pendii, anche a ricucitura delle nicchie di distacco delle frane, senza aggiungere sovraccarichi eccessivi. D altra parte, forti spinte alla base dei versanti possono provocare lo scorrimento fuori sede dell opera. Se ne deducono ovvie considerazioni sul posizionamento ottimale delle strutture nelle parti alte e mediane di pendii instabili. Tutte le considerazioni relative al materiale vegetale nelle palificate semplici e ad una parete rimangono valide anche per queste opere. I limiti di applicabilità delle palificate doppie risiedono, come si è detto, nell azione di spinta del terreno eccessiva e non compatibile con le resistenze fornite dalla struttura. Nell utilizzo quale sistema di difesa spondale, possono verificarsi problemi quando le correnti e la capacità di trasporto solido del corso d acqua siano in grado di provocare lo svuotamento del cassone. A fronte di quest ultimo problema si ricorre all infittimento dei traversi alla base delle palificate spondali e al rivestimento dei cassoni con georeti sintetiche per trattenere il materiale di riempimento. I problemi di contrasto delle spinte attive del versante possono invece essere ovviati adeguando le fondazioni e ricorrendo a intirantature. E il caso delle palificate a doppia parete con ancoraggi profondi. Per quanto riguarda l uso dei micropali, questi possono essere posati in opera in modo del tutto analogo a quello utilizzato per qualsiasi altra opera di ingegneria. Di solito vengono trivellati, secondo le caratteristiche geotecniche presentate dal terreno di sito. La perforazione viene eseguita utilizzando utensili che operano a rotopercussione o a rotazione. I micropali sono dunque posizionati nel terreno e una volta infissi, si procede con la costruzione della palificata che prende forma intorno ai micropali prima inseriti. Può essere anche adottato lo schema costruttivo inverso, realizzando la palificata con l accorgimento di lasciare dei tubi-guida posizionati agli interassi prestabiliti e all incrocio tra i correnti del paramento di monte e i traversi della struttura. La trivellazione viene quindi realizzata successivamente, posizionando e manovrando la sonda sopra la palificata. In pratica questo tipo di fondazione profonda va a sostituire i piloti che nelle palificate fondate superficialmente sono rappresentati da pali in legno o barre di acciaio. I micropali raggiungono profondità assai maggiori e consentono alla struttura di fondarsi sulla coltre di terreno resistente. 77

29 Figg : fondazioni su micropali Per quanto riguarda invece l uso dei tiranti, questi vengono posti in opera in direzione ortogonale alla parete della palificata, con inclinazione variabile rispetto all orizzontale di 30 o 45. Lo scopo del loro utilizzo è quello di aumentare la resistenza alle spinte dell acqua e del terreno impresse sull opera di sostegno e aiutare così la struttura a riprendere gli sforzi agenti. Nelle opere di Ingegneria Naturalistica, i tiranti, sono normalmente composti di barre in acciaio da costruzione che vengono infisse nel terreno a mano o con l ausilio di mezzi meccanici. All esterno essi vengono collegati ai correnti della palificata mediante sagomatura del profilato, che viene solitamente inclinato a formare una U di aggancio alla struttura. Dalle figure seguenti si delinea il tipo di risultato, strutturale ed estetico, che è possibile ottenere attraverso l uso di questo tipo di strutture. Come si può osservare, le palificate sono elementi molto utilizzati nell ambito dell Ingegneria Naturalistica: esse riescono in 78

30 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE genere a conseguire il miglioramento strutturale cercato per la stabilizzazione dei versanti e allo stesso tempo garantiscono un risultato estetico ottimale; le palificate sono infatti in grado di integrarsi alla perfezione all ambiente naturale circostante. 79

31 80

32 Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: palificate vive di sostegno a doppia parete 81

33 Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: palificate vive di sostegno a doppia parete 82

34 Figg : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: palificate vive di sostegno a doppia parete. 83

35 Tra le opere di ricostruzione strutturale dei versanti si descrivono infine le terre rinforzate. Queste strutture si basano sul fatto che è possibile migliorare le caratteristiche statiche di un pendio con il miglioramento delle caratteristiche meccaniche del terreno che lo costituisce, attraverso il suo rinforzo con materiali (geotessili o geogriglie), che gli conferiscono maggiore resistenza a taglio/coesione. Si effettua dunque l'inserimento nei terreni di elementi dotati di resistenza a trazione: se questi sono in grado di interagire con il mezzo in cui sono stesi, il risultato è un sistema composito dotato di caratteristiche meccaniche superiori rispetto a quelle del solo terreno. È questo il principio di funzionamento delle terre rinforzate che, grazie alla loro grande flessibilità, si adoperano per rispondere bene a problemi come il consolidamento strutturale, l azione di difesa passiva (paramassi e paravalanghe), la creazione di barriere antirumore, il sostegno per infrastrutture stradali soggette a carichi variabili elevati. L opera viene realizzata con la stesura di uno strato di materiale geosintetico, di solito geotessuto o geogriglia, che viene riempito con il terreno di riporto dello scavo (o inerte più idoneo rispetto alle specifiche richieste dalla normativa in materia), e che costituisce il componente strutturale dell opera. Il geotessuto infatti ha elevata resistenza a trazione (da diverse decine a diverse centinaia di KN/m) e conferisce al terreno di riempimento la capacità di resistenza cercata. Lo strato di geosintetico, viene steso sulla superficie di base dell opera, fino a raggiungere il limite del fronte del versante che si vuole realizzare. A questo punto il geosintetico viene tagliato, lasciando in posto una lunghezza L pari a: con L = l base + h strato + l risvolto L = lunghezza complessiva del geosintetico (geogriglia o geotessile) l base = lunghezza del geosintetico steso alla base dello strato di rilevato h strato = altezza del singolo cuscino di terra rinforzata (da calcolo statico e generalmente cm) l risvolto = lunghezza del risvolto di geosintetico (derivante da calcolo di verifica a sfilamento e dipendente dall altezza complessiva del rilevato in terra rinforzata), non inferiore a 1,5 m. Si procede con il posizionamento e la compattazione per strati successivi di ca 20 cm del materiale di riporto, che va a formare uno strato spesso dai 50 agli 80 cm. Raggiunta l altezza cercata, il geosintetico è risvoltato e steso lungo la direzione parallela alla prima stesura e traslata verso l alto per un altezza pari a quella del gradone realizzato. Arrivati ad una certa profondità di riporto, il geosintetico, viene piegato nuovamente e sulla piega su posa un ulteriore quantitativo di terreno di riporto. Quest ultimo serve a evitare lo scalzamento poiché mantiene il geosintetico in una posizione ottimale. La struttura cosi realizzata forma una sorta di cuscino di terreno rinforzato. Più strati di cuscini sovrapposti l uno all altro e sfalsati tra loro in maniera costante formano la struttura che prende il nome di terra rinforzata. Posto che l elemento strutturale dell opera è quello appena descritto, è comune l impiego di un cassero a perdere per la realizzazione di una precisa sagoma del paramento esterno: il cassero ha quindi la funzione di dare forma al cuscino di terra rinforzata mantenendo in posa l elemento in geosintetico e la terra. Il cassero è realizzato in rete rigida di acciaio elettrosaldata e rimane parte integrante della struttura. Un altro elemento presente nelle terre rinforzate, e di grande importanza per la buona realizzazione di queste ultime, è la rete in fibra naturale. Questa viene stesa sopra lo strato di materiale geosintetico e serve a favorire l attecchimento del materiale vegetale sulla superficie del paramento, che è fortemente inclinata (tipicamente 60 ). La superficie del pendio realizzato con terre rinforzate deve essere inerbito con la tecnica dell idrosemina. Il materiale vegetale ha il compito di proteggere l opera dall erosione superficiale, e dai raggi UV (che possono provocare un decadimento delle proprietà meccaniche del geosintetico di rinforzo). Inoltre, l apparato radicale delle piante, una volta sviluppato, contribuisce alla resistenza strutturale del terreno di superficie. 84

36 Le opere in terra rinforzata possono avere varie forme e dimensioni; più comunemente i cuscini sono posizionati in modo da creare una configurazione di versante naturale ma, in taluni casi è possibile realizzare l opera a gradoni. È ad esclusiva scelta del progettista, in funzione del risultato, anche visivo, che vuole ottenere, dare la forma alla propria opera. È però opportuno far notare che le specie vegetali crescono meglio su superfici meno inclinate rispetto a quelle che si possono osservare nelle terre rinforzate, pertanto la rivegetazione di queste necessita di particolari attenzioni, quali l uso di idrosemine potenziate e la ripetizione dei cicli di idrosemina fino all ottenimento di risultati certi. Le figure seguenti sono relative agli schemi costruttivi e ad interventi eseguiti con le terre rinforzate. Fig. 166: tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: terre rinforzate 85

37 CAPITOLO 2: TECNICHE DI SISTEMAZIONE Fig : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: terre rinforzate 86

38 Fig : tecniche di sistemazione Ingegneria Naturalistica per il consolidamento di scarpate e pendii: terre rinforzate 87

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