MARCO CURSI -CARLO PULSONI

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1 MARCO CURSI -CARLO PULSONI NUOVE ACQUISIZIONI SULLA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 1 I, 1. Seppure in mancanza di uno spoglio esaustivo della tradizione, risulta ormai acclarato che i codici dei Rvf che rispettano la poetica grafico-visiva dell autografo Vaticano latino 3195 (= V) sono riconducibili nella maggioranza dei casi agli ultimi trent anni del Trecento: «la loro fedeltà ai modelli petrarcheschi di trascrizione ed organizzazione dei testi non solo sembra suggerire che copie dei Fragmenta dovettero essere prodotte anche quando il poeta era ancora in vita, proprio sulla base dell impostazione del cod. Vat. lat. 3195, ma può fornire ulteriori informazioni importanti circa la ricezione da parte dei primi lettori della poetica visiva del Petrarca». 2 Solo con i primi codici umanistici riconducibili all inizio del XV secolo si viene a delineare una crescente incomprensione dell aspetto grafico-visivo dei Rvf che comporta anche il mutamento della disposizione dei versi, come testimonia in maniera paradigmatica la famosa nota del ms. Riccardiano 1088, c. 27r: «Non mi piace di più segui- 1 Il presente saggio nasce dalla stretta collaborazione dei due autori: all interno di tale concezione unitaria, i paragrafi I. 1 I, 3 sono da attribuire a Carlo Pulsoni, i paragrafi II, 1 II, 3 a Marco Cursi. 2 H. WAYNE STOREY, All interno della poetica grafico-visiva di Petrarca, inrerum vulgarium fragmenta. Codice Vat. lat Commentario all edizione facsimile (da qui in avanti Commentario), a cura di G. Belloni, F. Brugnolo, H. Wayne Storey e S. Zamponi, Roma-Padova 2004, pp : p Si veda anche D. DEL PUPPO, Remaking Petrarch s Canzoniere in the fifteenth century, «Medioevo letterario d Italia», 1 (2004), pp ; M. PA- CIONI, Visual poetics e mise en page nei Rerum vulgarium fragmenta, «Letteratura italiana antica», 5 (2004), pp

2 216 MARCO CURSI - CARLO PULSONI re di scrivere nel modo che ò tenuto da quinci a dietro, cioè di passare da l uno colonnello all altro; anzi intendo di seguire giù per lo cholonello tanto che si compia la chançone o sonetto che sia». 3 Il copista abbandona infatti «la tipologia ormai démodé del passaggio laterale da una colonna all altra (che arieggia appunto, sia pure con qualche lassismo, quella delle parti autografe dell originale petrarchesco), e passa alla disposizione più moderna, a versi incolonnati». 4 Al corpus finora noto dei codici con impaginazione nobile, ho il piacere di aggiungere un nuovo testimone. Si tratta del manoscritto Italiano 551 della Bibliothèque Nationale de Paris (= P). 5 All importanza del ritrovamento che va a incrementare lo scarno numero dei manoscritti che riflettono la mise-en-page di V, 6 va aggiunto il fatto che P si rivela gemello del ms. Laurenziano XLI. 10, ben noto agli studiosi della tradizione dei Rvf perché, come ha scritto Gino Belloni, testimonia una fase dell opera molto avanzata ma non quella finale, per intenderci una sorta di penultima redazione rispetto all assetto ultimo di V. 7 P e L presentano infatti la stessa disposizione dei testi di V (336, 350, 355, , , 354, 353, , 366), prima del riordinamento tramite numeri arabi posti accanto ai componimenti. Inoltre a margine dei sonetti I mi soglio accusare et or mi scuso (296), E mi par d or in hora udire il messo e Vago augelletto che cantando vai vi sono come in V tre cifre romane, nell ordine CCL, CCC e CCCXII, che computano il numero dei 3 Cfr. A. PETRUCCI, in Letteratura italiana. Storia e geografia, a cura di A. Asor Rosa, vol I. L età medievale, Torino 1987, ta F. BRUGNOLO, Libro d autore e forma-canzoniere. Implicazioni grafico-visive nell originale dei Rerum vulgarium fragmenta, in Commentario cit., pp : pp Al riguardo cfr. anche infra. 5 Una prima segnalazione del ritrovamento in C. PULSONI M.CURSI, Sulla tradizione antica dei Rvf: un gemello del Laurenziano XLI. 10 (Paris, Bibliothèque Nationale, It. 551), «Studi di Filologia italiana», 67 (2009), pp Cfr. WAYNE STOREY, All interno cit., pp Un ulteriore tassello, finora poco considerato, è fornito dal ms. P II 10 della Biblioteca del Real Monasterio de El Escorial, che a c. 1rv presenta otto sonetti secondo un ordine extracanonico (120, 102, 103, 134, 148, 297, 302, 304), vergati forse dalla medesima mano che esempla il resto del codice («Antonius de Roma» nel 1388, come egli stesso si sottoscrive a c. 122v). Sul manoscritto ci ripromettiamo di tornare in altra sede (per il momento si veda la scarna descrizione in M. VILLAR, Códices petrarquescos en España, Padova 1995, pp ). 7 È la redazione che definisco «Pre-Vaticana» nel mio Il metodo di lavoro di Wilkins e la tradizione manoscritta dei Rerum vulgarium fragmenta, «Giornale italiano di filologia», 61 (2009), pp : pp

3 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 217 sonetti della raccolta, prima dell inserimento in V degli ulteriori cinque componimenti da Rvf 259 a Con l eccezione della ballata Donna mi vene attestata solo in P, P e L si rivelano pertanto identici a partire già dalle misure del foglio, per continuare con lo specchio di scrittura utilizzato (cfr. II.2): ogni foglio in entrambi i codici presenta la stessa impaginazione, gli stessi componimenti, lo stesso numero di versi, ecc. e, nel caso delle sestine, la stessa riga verticale posta nell intercolumnio a indicare il cambiamento di strategia di lettura da orizzontale a verticale dei versi in questo genere di componimenti. 9 In entrambi i codici «questo accorgimento doveva impedire al copista che iniziava a trascrivere il testo di sbagliare, passando, com era abituato, da sinistra a destra, e obbligandolo invece, come quella barra verticale induceva a fare, a leggere e dunque trascrivere un verso dopo l altro». 10 I componimenti vengono trascritti secondo «l uso antico ; essi riproducono la disposizione dei testi tipica di V, anche nei casi il cui l illustre autografo offre una falsa forma del repertorio graficovisivo dei Fragmenta». 11 L unica differenza rispetto a V riguarda il numero di righe di scrittura: 12 in P L possono essere 31, laddove la pagina riporti 4 sonetti (28 righe più tre interspazi), o 32 nel caso in cui siano trascritte canzoni, mentre in V le righe di scrittura sono sempre 31, con conseguente perdita di corrispondenza fra i due codici a partire dal verso 24 della sestina Rvf 22: mentre in V esso viene trascritto come primo verso della colonna di destra, in P L, verosilmilmente per ragioni estetiche, chiude quella di sinistra (è l ultimo verso della IV strofe). I due codici si rivelano pertanto fedeli al modello petrarchesco sia nella trascrizione che nell organizzazione dei testi E.H. WILKINS. The Making of the «Canzoniere» and Other Petrarchan Studies, Roma 1951, pp BRUGNOLO, Libro d autore cit., pp ; C. PULSONI, Petrarca e la codificazione del genere sestina, inla sestina, Roma 1996, pp G. BELLONI, Nota sulla storia del Vat. lat. 3195, incommentario, pp : p. 84, n. 38. Nell ottica del lettore, si tratta di un meccanismo che suggerisce la continuità di lettura indicando il punto dove riprendere correttamente il testo, nel passaggio da una colonna all altra. 11 WAYNE STOREY, All interno cit., p. 162; G. SAVOCA, Il Canzoniere di Petrarca tra codicologia ed ecdotica, Firenze 2008, pp Non considero ovviamente nel computo l inserimento successivo dei numeri romani in testa al foglio righe di scrittura sono anche in un altro codice con impaginazione nobile, il ms. Morgan 502, alla luce di quanto scrive H. WAYNE STOREY, Il codice Pierpont Morgan M. 502

4 218 MARCO CURSI - CARLO PULSONI In entrambi i codici inoltre, almeno all inizio (f. 1-2r), vengono inseriti dei punti sottostanti per indicare l incontro tra vocali di parole contigue e la relativa sinalefe, secondo un uso ben attestato in Boccaccio copista di Dante. 14 Si veda a titolo esemplificativo quanto avviene in P: 1, 9 «ma ben veggio hor»; 1, 13 «el pentersi el»; 1, 14 «al mondo è»; 2, 3 «celatamente amor»; 2, 4 «come huom ch a nocer luogo et tempo aspecta»; 4, «et hor di picciol borgo un sol n à dato, / tal che natura e l luogo si ringratia / onde sí bella donna al mondo nacque»; 6, 7 «né mi vale spronarlo o dargli volta»; 8, 11 «un sol conforto e della morte avemo»; 10, 9 «levan di terra al ciel nostr intellecto». Non comprendendo forse appieno il significato di tale uso, il copista di L trascrive in 6, 1 «Si traviato el» sottoscrivendo il punto alla vocale seguente, mentre P verga correttamente «Si traviato el». Alle caratteristiche finora evidenziate, va aggiunto il fatto che P L condividono anche l accento, rappresentato a forma di mezzaluna con la convessità volta a destra (cfr. infra II.2). Si tratta di un segno diacritico senz altro innovativo per l epoca: secondo Tanturli esso appare solo a partire dal 1397, con il passaggio da Firenze del Crisolora, il quale potrebbe aver influenzato con la presentazione dello spirito dolce, la scelta compiuta da Salutati di un originale contrassegno per distinguere gli omografi nelle lettere volgari. 15 e i suoi rapporti con lo scrittoio padovano di Petrarca, inla cultura volgare padovana nell età del Petrarca, Atti del Convegno (Monselice-Padova 7-8 maggio 2004), Padova 2006, pp p C. PULSONI, Il Dante di Francesco Petrarca: Vaticano latino 3199, «Studi petrarcheschi», n.s., 10 (1993), pp : p. 163, n. 23. Questo uso si ritrova anche nel ben noto codice della Commedia, ms. Laur. Pluteo 26 sin. 1 (cfr. da ultimo G. TANTURLI, scheda n. 11, in Coluccio Salutati e l invenzione dell Umanesimo, a cura di T. De Robertis, G. Tanturli, S. Zamponi, Firenze 2008, pp : p. 76). 15 G. TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati, incoluccio Salutati e l invenzione dell umanesimo. Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, ottobre 2008), in corso di stampa (ringrazio vivamente l autore per avermi dato la possibilità di leggere il testo della sua comunicazione). Questo il passo in questione: «Ma neanche è da trascurare il momento in cui la prima volta con certezza il segno d accento s è potuto rilevare: il 30 marzo del 97, intanto e in ogni caso perché da un riferimento cronologico preciso che dai codici di Non bene o d altri non si trae [...]; ma anche perché pare difficile non mettere in relazione a quella data due fatti troppo evidenti: che Emanuele Crisolora s era presentato alla Signoria fiorentina il 2 febbraio e aveva cominciato l insegnamento in quei giorni, che quel segno d accento è fatto esattamente come uno spirito dolce del greco. Si può anche rammentare che un trattatello sugli spiriti il Crisolora dedicò al Salutati». Al riguardo cfr. anche infra.

5 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 219 Sono circa duecento gli accenti di tale foggia che P e L hanno in comune: essi sono posti nella quasi totalità su parole tronche terminanti per vocale, pur se va rilevato che in un paio di casi l accento è collocato su forme che si chiudono per consonante, divenute ossitone per l apocope della vocale finale. Mi riferisco, in particolare, all accento sopra «uom» (I, 4), trasmesso in realtà solo da L, e a quello su «parer» (III, 12). 16 Il fatto che siano posti entrambi proprio all inizio del codice potrebbe dipendere dal fatto che chi li appose (o forse chi li fece trascrivere dal copista) era ancora incerto sui loci in cui questo nuovo segno diacritico avrebbe dovuto esser collocato, conseguenza forse del fatto che L e P potrebbero essere coevi all uso iniziale dell accento nei testi volgari. 17 Tornando comunque all uso maggioritario dell accento, esso si disloca sulle parole tronche o sulle forme verbali, tipo «è» «à» per distinguerle dagli omografi, ecc. In alcuni casi resta incomprensibile il motivo per cui venga apposto l accento solo su una forma e non sulle altre occorrenze della stessa poste poco prima o dopo: troviamo, ad esempio, «pietà» accentato in 1, 8; 3, 2; 22, 28, ecc., ma non in 23, 132; 26, 3, 28, 18 ecc. Nel caso della canzone 206 l accento è presente su «pietà» del v. 29, ma non sull omografo al v In altre circostanze si dà evidentemente per scontata l interpre- 16 L accento che in P pare collocarsi in un paio di casi sulla «r» piuttosto che sulla vocale precedente (cfr., ad esempio, «parer», così anche in L), va letto come un tratto semplicemente più spostato a destra rispetto alla norma, salvo supporre, pur con tutti i dubbi che l ipotesi comporta, che sia il riflesso di un erronea interpretazione dell apice che sovrasta la «r» in alcune pagine autografe del poeta (devo l osservazione a Patrizia Rafti che qui ringrazio). 17 Un caso affine è individuato da TANTURLI, Filologia del volgare cit., in un registro della Cancelleria del 24 gennaio 1406, dove l accento è collocato su «singular». 18 Per giustificare l alternanza delle due forme si può prendere a livello puramente indicativo quanto scriverà CRISTOFORO LANDINO, Comento sopra la Comedia di Danthe Alighieri poeta fiorentino, Firenze, Nicholo di Lorenzo, 1481, c. 17r: «Pieta: Lamento. E prima da notare che in lingua fiorentina si truova pietà chon accento grave nell ultima syllaba et significa compassione; onde disotto: qui regna la pietà quando è ben morta. Item pieta con accento acuto nella penultima, et significa lamento apto a commuovere compassione, et in questa significatione la pone el poeta. Né è sanza ragione che lui dica la nocte ch io passai chon tanta pieta, perché vuole dimostrare che quando s accorse havere smarrita la strada se ne dolse». Come ho avuto modo di dimostrare in altra sede, questo passo è con ogni verosimiglianza alla base di quanto afferma PIETRO BEMBO nelle sue Prose della volgar lingua, Vinegia, Giovan Tacuino, 1525, c. 34v: «Noi comunemente osserviamo altresì, come osservano i Greci et Latini, il non porre più che tre sillabe sotto l governo d un solo accento. È il vero che, perciò che gli accenti appo noi non possono sopra sillaba, che brieve sia, esser posti, come possono appo loro; et se posti vi sono la fanno lunga, come fecero in quel verso del

6 220 MARCO CURSI - CARLO PULSONI tazione verbale di «e» o «a», in modo da evitare la riproposizione dell accento; si veda, a titolo esemplificativo, 22, 3: «tempo da travagliare è quanto è l giorno», con l accento solo sulla prima «e»; 336, 7: «ch i grido: Ell è ben dessa; anchor è in vita», dove il segno diacritico è sulla seconda «e»; oppure 350, 2 «ch è vento et ombra, et à nome beltate», con l accento posto solo sulla «e» e non sulla successiva «a». In caso di unità grafica di scrittura la forma verbale è evidenziata con l accento sulla vocale finale: «toltà» andrà pertanto sciolto in «tolt à» (327, 4), «chè» con «ch è» (119, 6; 203, 3); «lò» con «l ò» (86, 12); «ovè» con «ov è» (145, 3 e 4; 173, 2, ecc.), «ondiò» con «ond i ò» (214, 23), «fattò» con «fatt ò» (360, 2), ecc. Interessante anche la presenza dell accento su «sè» (119, 58; 125, 78; 215, 9; 264, 28), forma verbale del verbo essere, 19 per differenziarla dalla congiunzione. Restano comunque dei casi ambigui: «vo» riporta l accento sia quando vale come prima persona presente del verbo andare (13, 14: «sì ch i vò già de la sperança altero»; 209, 6: «ch i pur vò sempre et non son anchor mosso»), sia quando intende la prima persona presente del verbo volere (291, 8: «che se l vò riveder, conven ch io mora»). Lo stesso discorso riguarda «fè»: in 298, 5 forma apocopata per fede («rotta la fè degli amorosi inganni»), e in 344, 7 terza persona del perfetto di fare («fe mia requie a suoi giorni et breve et rara»). Un accento evidenzia il troncamento anche nel caso di ondì» (75, 1: «I begli occhi ond i fui percosso in guisa») e di lacciuò» (214, 10: «ché v eran di lacciuo forme sì nove»). Gli accenti di P L rappresentano dunque una delle prime attestazioni di questo nuovo segno diacritico in testi poetici, fatta salva l unica occorrenza finora nota reperibile nel ms. Chigiano L. VIII. 305, guardacaso appartenuto al Salutati; 20 ma la loro importanza è accresciuta dal fatto che grazie ad essi Paradiso: devoto quanto posso a te supplico ; et come fecero nella voce PIÉTA, quasi da tutti i buoni antichi poeti alcuna volta così detta in vece di PIETÀ» (II, 16). Nel passo Bembo si distacca però dalla distinzione semantica fra piéta e pietà proposta da Landino (cfr. C. PULSONI, Il Comento sopra la Comedia di Cristoforo Landino e Pietro Bembo, in Miscellanea di studi linguistici offerti a Laura Vanelli, Udine 2007, pp : p. 420). 19 A. CASTELLANI, Da sè a sei, «Studi linguistici italiani», 25 (1989), pp. 3-15: p. 3: «La forma sei (seconda persona sing. del pres. di essere ) non esiste in italiano antico. In italiano (toscano) antico si ha sempre e soltanto, sia all interno di frase sia in fin di frase, se, che mi par chiaro si debba trascrivere sè». 20 Si tratta dell aggiunta, attribuita alla mano di Coluccio, della canzone di Cino da Pistoia, La dolce vista. Al v. 27 compare il segno in questione su «chè» da leggersi pertanto come «ch è». G. BORRIERO, «Intavulare». Tavole di canzonieri romanzi (serie coordinata da A. Ferrari). III. Canzonieri italiani. 1. Biblioteca Apostolica Vaticana. Chigiano L.VIII.305, Città del Vati-

7 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 221 si ha una diversa lettura dei versi dei Rvf rispetto a quella presente nelle edizioni correnti: se da un lato non si può ovviamente essere certi della sua correttezza, dall altro testimonia nondimeno come questi versi fossero letti a Firenze, a fine Trecento, nella cerchia del Salutati. Si prendano i seguenti casi: 90, 6: P L presentano un accento sulla e di «se». La prima parte del verso 6 andrebbe pertanto letta come una parentetica: «e l viso di pietosi color farsi, / non so s è vero o falso, mi parea», diversamente da quanto appare nella vulgata a stampa, dove «se» è interpretato come sola congiunzione. 96, 4: P L registrano il verso con un accento sopra la e di «core», alludendo evidentemente al fatto che andava letto come verbo: «et ogni laccio onde l mio cor è avinto». Secondo Savoca questa lettura era procano 2006, p. 135, rimanda al lavoro di M. SIGNORINI, Il Canzoniere chigiano L.VIII.305: scrittura e storia, insegni. Per Armando Petrucci, a cura di L. Miglio e P. Supino, Roma 2002, pp , dove l inserimento è datato «alla seconda metà dell ottavo decennio del Trecento o primissimi anni 90, periodo in cui Coluccio progressivamente perdeva interesse per la minuscola cancelleresca» (p. 233). Questa datazione va però spostata in avanti sulla base del terminus post quem indicato da Tanturli per l avvento dell accento (al riguardo cfr. anche infra). Tanturli segnala anche la presenza di altri due accenti, apposti su parole ossitone nelle parti originarie del codice (metà sec. XIV), probabilmente da un altra mano della cerchia salutatiana. Per restare nell ambito petrarchesco, alla testimonianza del Chigiano va ora aggiunta quella del ms. 4 della Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova, codice databile tra la fine del XIV secolo e l inizio del XV. All altezza di 361, 12, riporta un segno sotto forma di barretta acuta sulla «e» di «che», da interpretarsi come «ch è» («di lei ch è hor dalle sue membra sciolta»). Nel codice l accento non è presente quando non si genera ambiguità: a livello esemplificativo e facendo riferimento a casi già discussi per P L, in 327, 4 esso registra «tolto ha» e in «360, 2 Fatto ho». Questo manoscritto merita senz altro d essere studiato a fondo, sia per via d una serie di varianti marginali, sia per la chiusa del testo «Explicit liber fragmentorum francisci petrarce» che pare rimandare da un lato all intitolazione di V (un richiamo analogo e perfino più vicino a V è nel ms della Biblioteca Nacional de Madrid, c. 34v «Francisci Petrarche laureati poete Rerum vulgarium fragmenta expliciunt», cfr. VILLAR, Códices cit., p. 178), dall altro a quanto scrive Coluccio Salutati nell epistola a Pellegrino Zambeccari (cfr. infra), dove appare evidente l allusione al titolo dell opera secondo una forma reperibile dalla redazione Chigiana in poi. Il manoscritto non presenta però un impaginazione nobile: i testi sono infatti trascritti in maniera verticale con due colonne per ogni carta. Al codice ha dedicato la sua tesi di dottorato M. ROSSI, Sulla prima diffusione del testo dei Rerum vulgarium fragmenta. Il ms. 4 della Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova e il ms. Correr 1494 della Biblioteca del Museo Civico Correr di Venezia, Venezia, Università Ca Foscari, Dottorato di ricerca in Italianistica e Filologia classico-medievale, 20 ciclo (A.A. 2004/ A.A. 2006/2007), tutore Prof. Gino Belloni. Ci si augura che questo lavoro possa venire al più presto pubblicato.

8 222 MARCO CURSI - CARLO PULSONI pria anche d una fase anteriore di V, sulla base del fatto che «la e di core è scritta su rasura con molta probabilità [...] dallo stesso Petrarca, il quale cancellando la e dopo core, ha fatto arretrare la è verbo (ricavabile ora da ondel = ond è l), normalizzando così il ritmo di un verso che nella prima stesura sarebbe stato di difficile pronuncia» , 3: P L riportano un accento sulla «e» di «che»: «ch è sovr ogn altra, et ch i sola, vorrei». Si tratta di una lezione che non trova riscontro nelle edizioni dei Rvf. 231, 10: P L hanno un accento sulla «e» di «ondè», fornendo quindi il seguente testo: «O Natura, pietosa et fera madre / ond è tal possa?» (vv. 9-10). 22 Questa lettura è stata presa in considerazione solo recentemente da Savoca. 360, 2: P L trasmettono un accento sopra il participio passato iniziale («fattò ), leggendo evidentemente «Fatt ò citar dinançi a la reina». La lezione, assente nelle edizioni Contini, Santagata e Bettarini, è stata ora adottata da Savoca. In P L va inoltre rilevato un secondo accento sotto forma di trattino diagonale, analogo all accento acuto moderno: esso si trova sempre sulla lettera «o» (cfr. infra II.2), dove assolve una duplice funzione: può servire infatti per rimarcare la congiunzione disgiuntiva o valere come segno di interiezione. Resta da chiarire la genesi degli accenti a mezzaluna in P L: considerato che, salvo qualche sporadica eccezione, essi si pongono in entrambi i codici negli stessi loci e che la ratio della loro presenza risulta difficilmente determinabile (cfr. supra), si dovrà ritenere che L o P abbia funto da modello per il gemello nella trascrizione degli accenti, a meno che non si voglia supporre che i due manoscritti li trovassero, come si è dimostrato in altra sede, 23 nei loro rispettivi antecedenti, ma quest ultima ipotesi è certamente da respingere per due ragioni: a) perché bisognerebbe ipotizzare che già negli antecedenti vergati in casa del Petrarca fossero presenti gli accenti, accenti di cui però non si trova traccia in V (ma neanche in V1), sempre che non si accetti l ipotesi dei co- 21 F. PETRARCA, Rerum vulgarium fragmenta, ed. critica di G. Savoca (da qui in avanti SA- VOCA seguito dall indicazione della pagina), II, Firenze 2008, p Originario anche il «punctum interrogationis» trascritto nel testo. 23 PULSONI CURSI, Sulla tradizione cit., pp

9 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 223 siddetti accenti ritmici segnalati da Savoca. In realtà come ha dimostrato Patrizia Rafti «il Petrarca (...) non sembra aver sentito la necessità di un segno specifico per segnalare peculiari situazioni ritmiche all interno dei suoi versi, bensì risulta piuttosto aver utilizzato con grandissima duttilità funzionale quei segni distintivi che la tradizione gli aveva consegnato»; 24 b) per ragioni cronologiche, visto che questo segno appare solo dal 1397, secondo quanto rilevato da Tanturli. Nello stabilire quale dei due codici abbia preso a modello l altro nell apposizione degli accenti, risulta ovviamente fondamentale stabilire la cronologia dei codici stessi. Partendo proprio dal terminus post quem determinato dalla presenza degli accenti, si può aggiungere che entrambi i codici devono essere necessariamente posteriori al Qualsiasi altra supposizione in merito alla datazione risulta al momento arbitraria: nonostante la recente ipotesi di attribuzione alla mano del Niccoli della copia di L, non si può infatti avere la certezza che L preceda cronologicamente P o viceversa (cfr. infra II.2). Come giustificare allora la presenza in entrambi i codici degli stessi accenti, dal momento che essi derivano da antigrafi diversi? Le ipotesi da prendere in considerazione sono essenzialmente due: a) un antecedente corredato di accenti, usato come modello solo per la copia di questi ultimi da P L; b) un lavoro di équipe di persone riconducibili all ambiente del Salutati, che pur trascrivendo i Rvf dai rispettivi modelli, abbiano lavorato di conserva nell apposizione degli accenti; o in alternativa due antecedenti già provvisti di accenti, in quanto confezionati nell atelier del cancelliere fiorentino, sotto la direzione di qualcuno che dava disposizioni sui loci dove collocarli. Pare infatti poco verosimile la possibilità che gli accenti siano stati inseriti in maniera indipendente nei due codici, visto che sono rarissimi i casi in cui solo uno dei due testimoni trasmette singolarmente l accento a mezzaluna: partendo da L, il primo, già menzionato, è sulla «o» di «altr uom» (1, 4): il segno diacritico è assente in P, dove si trova però aggiunta una «h» interlineare prima di «uom», responsabile forse di questo mancato inserimento; il secondo caso è sulla vocale finale di «ncontro» (5, 5); qualche dubbio invece sulla «a» di pietà (121, 7), dal mo- 24 P. RAFTI, Accenti ritmici nel Canzoniere del Petrarca? Note paleografiche a margine di una nuova edizione, «L Ellisse», 4 (2009), pp : p. 46.

10 224 MARCO CURSI - CARLO PULSONI mento che in P non si vede la parola, trattandosi di un verso aggiunto in margine. Venendo al caso opposto si constata solo un accento in P assente in L: si tratta di «volò» (81, 7), ma il tratto è molto sottile, quindi potrebbe non essere un accento, ma un semplice danno della membrana. Nuova luce sull intera vicenda potrà venire dall individuazione dei personaggi della cerchia del Salutati che nel trascrivere i testi volgari vi introdussero anche gli accenti. Per il momento si è a conoscenza solo del copista che si suole firmare col motto «Non bene pro toto libertas venditur auro», la cui mano però non corrisponde a quella di P (cfr. infra II.2). I, 2 L unica differenza sostanziale tra P e L riguarda la presenza in P della ballata Donna mi vene, alla fine della prima parte, per la precisione dopo Rvf 263. Questo testo, come è noto, presenta una vicenda redazionale travagliata : trascritto in V, c. 26r, tra Rvf 120 e 122 fu di seguito eraso e su tale spazio venne copiato il madrigale 121, dislocato in precedenza altrove. 25 Questo passaggio è documentato da un lato nei codici riconducibili alla cosiddetta forma Malatesta, 26 dove Donna mi vene è posta tra , e 121 tra ; 27 dall altro da una postilla vergata al suo margine nel ms. Casanatense 924, c. 25 Un riflesso di questo processo di riordinamento testuale potrebbe essere dato un segno di richiamo «./.», presente in L dopo 121, utilizzato solitamente per indicare uno spostamento o un inserimento, (cfr. PULSONI CURSI, Sulla tradizione cit., p. 99). A livello prettamente esemplificativo, la duplice collocazione di questo madrigale è testimoniata dal ms. Quiriniano B. VII. 21, dove esso è stato copiato due volte: una prima nella sua posizione attuale, una seconda dopo 242, luogo nel quale figurava nella forma «malatestiana». Evidentemente il copista era ancora indeciso sulla collocazione da assegnare al testo, o quanto meno lo riproduce senza avvedersene perché così lo trova nel suo antecedente. Anomala si rivela la posizione di 121 nel ms. 4 della Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova, dove risulta relegato dopo l ultimo sonetto delle rime in vita, prima insomma di 264, pur se va sottolineato che nel codice non vengono distinte le due parti della raccolta. In questo codice Rvf 121 ha insomma la stessa posizione di Donna mi vene in P, mentre quest ultima risulta copiata tra 122 e 123. Non sarà forse del tutto casuale che questi due componimenti, così interconnessi tra loro, chiudano in alcuni testimoni la prima parte del Canzoniere. 26 C. PULSONI, Appunti sul ms. E 63 della Biblioteca Augusta di Perugia, «L Ellisse», 2 (2007), pp ; A. PANCHERI, Ramificazioni malatestiane. 1. Due discendenti del Laurenziano XLI. 17, «Studi di filologia italiana», 66 (2008), pp In precedenza M. FEO, In vetustissimis cedulis. Il testo del postscriptum della senile XIII 11 y e la forma Malatesta dei Rerum vulgarium fragmenta, «Quaderni petrarcheschi», 11 (2001), pp Un eccezione significativa, vista l importanza del testimone, è però in Morgan 502, dove Donna mi vene è posta dopo 120 e prima di 122, mentre 121 è trascritta fra 129 e 130 (WAYNE STOREY, Il codice cit., p.492). Nel ms. L del Victoria and Albert Museum di Londra si assiste invece all inversione dei due testi rispetto alla redazione «malatestiana»: 121 è copiato tra 122 e 123 mentre Donna mi vene tra 242 e 243 (desumo i dati da N.

11 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA v: «Questa ballata non è in lo originale de messer Franc. Petrarcha, et in luogo di questa vole esser una che comenza Or vedi amor che giovenetta donna, la quale è a carte 91 segnada di questo segno». 28 Si aggiunga che l edizione Valdezoco, derivata da V, 29 riporta nell indice l incipit della ballata, assente poi ovviamente nel corpo del Canzoniere. 30 Comunque sia, la posizione di Donna mi vene in P risulta anomala nella tradizione manoscritta dei Rvf. A livello di mera ipotesi e considerata l anteriorità dal punto di vista testuale del modello di P rispetto a L evidenziata in altra sede, 31 si potrebbe perfino supporre che la presenza di Donna mi vene alla fine della prima parte possa dipendere dal fatto che questa ballata fosse ancora reperibile nel suo antigrafo, testimoniando forse di una fase di indecisione del Petrarca sulle sorti di questo componimento, salvo ammettere un interesse prevalentemente antiquario dell antecedente di P nella conservazione della ballata (cfr. infra). Pur nella sostanziale incertezza di queste congetture, va però segnalato che un altro codice di nobili origini e finora poco studiato, presenta Donna mi vene alla fine della prima parte. Si tratta del ms della Biblioteca Trivulziana di Milano (da qui in avanti T), databile tra la fine del XIV secolo e l inizio del XV, che si caratterizza, come ha recentemente ribadito la Brambilla, «per una forte vicinanza all impaginazione dell originale», 32 perfino nel numero di righe di scrittura coincidente con quello di V. 33 MANN, Petrarch manuscripts in the British Isles, Padova 1975, p. 329). Un ulteriore elemento che testimonia dei perturbarmenti nell ordine dei testi nel passaggio tra redazioni differenti. 28 Per una visione d insieme del codice cfr. P. VECCHI GALLI, Il manoscritto. Il Canzoniere. Le Rime disperse, inpetrarca, Opere italiane, Ms. Casanatense 924, Modena 2006, pp. 30 e 44; si vedano ora i contributi di M. CECCONI, Nota per un nuovo manoscritto attribuibile alla mano di Bartolomeo Sanvito: il Casanatense 924, «Culture del testo e del documento» 25 (2008), pp ; EAD., Bartolomeo Sanvito copista del Casanatense 924, inscrivere il volgare fra Medioevo e Rinascimento. Atti del Convegno di Studi (Siena, maggio 2008), a c. di N. Cannata, M. A. Grignani, Pisa 2009, pp BELLONI, Nota sulla storia cit., p Cfr. F. PETRARCA, Rerum vulgarium fragmenta, anastatica dell edizione Valdezoco Padova 1472, a cura di G. Belloni, Venezia PULSONI CURSI, Sulla tradizione cit., pp S. BRAMBILLA, I Rerum vulgarium fragmenta con impaginazione arcaica e i Triumphi in un codice scritto da tre mani, inil fondo petrarchesco della Biblioteca Trivulziana. Manoscritti ed edizioni a stampa (sec. XIV-XX), a cura di G. Petrella, Milano 2006, pp. 6-14, p. 8. In precedenza N. ZINGARELLI, Un codice mal noto del Petrarca e uno frammentario dell Ottimo commento a Dante nella Biblioteca Trivulziana, «Rendiconti dell Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», 59 (1926), pp : p A f. 18r T si distacca però a sua volta da V, perché riporta nella sua interezza il sonet-

12 226 MARCO CURSI - CARLO PULSONI Diversamente da P, in T Donna mi vene risulta preceduta da altre due Disperse, Quella ghirlanda che la bella fronte (XXXII) e Stato foss io quando la vidi im prima (CXLVI), trascritte dopo Rvf 263, 34 solo a seguito d uno spazio bianco atto ad accogliere due sonetti. 35 Questa caratteristica pare richiamare quanto avviene in V, dove talvolta Malpaghini lascia dello spazio sul quale Petrarca trascriverà successivamente di sua mano i componimenti (cfr. Rvf 179 a f. 37r). Qui di seguito riporto la ballata secondo il testo di P, riproducendo in apparato le varianti di T: Donna mi vene spesso nella mente altra donna v è sempre ond io temo si stempre il cor ardente. Quella il notrica in amorosa fiamma con un dolce martir pien di desire 5 questa la strugge oltra misura e nfiamma tanto ch a doppio è força che sospire. né val perch io m adire et armi il core ch i non so come amore di ch io forte mi sdegno gliel consente. 10 nella] ne la. 3) ond io] und io. 4) notrica] notricha. 5) di] de. 6) la strugge] lo strugie. 8) il] el. 9) ch i ] ch io. 10) ch io] che; gliel consente] lel conscente. to 76 nel foglio, mentre V ne trascrive solo i primi 12 versi. Questo intervento nell impaginazione del componimento, dettato verosimilmente da ragioni estetiche, causa «nel Trivulziano un graduale progressivo slittamento dei testi, che si manifesta fino a f. 49r, sempre tuttavia nel rispetto della misura di 31 righe (= 4 sonetti) per foglio» (BRAMBILLA, I Rerum vulgarium fragmenta cit., p. 9). 34 Una successione analoga si riscontra, a giudicare dal censimento registrato da Wilkins, nel ms. Hamilton 497 della Staatsbibliothek di Berlino, dove Donna mi vene è posta prima di Rvf 264, ed è preceduta dalle stesse due Disperse di T. Qui risulta però anticipata la disposizione di Questa la successione: , XXXII, CXLVI, Donna, 264. Si aggiunga inoltre che in questo codice è presente prima di Rvf 366 la dispersa CXXI che in T si trova trascritta invece dopo la canzone alla Vergine (cfr. nota seguente). Una fitta trama di relazioni che merita pertanto d essere indagata a fondo. Qui ci si limita a segnalare che nel caso di Donna mi vene c è ovviamente corrispondenza tra il testo di T e quello del codice berlinese. 35 Si aggiunga che T riporta alla fine dei Rvf anche un altra Dispersa, Poi ch al Factor de l universo piacque (CXXI), separata da 366 da uno spazio però superiore a quello di un sonetto (sono undici righe). Sull importanza dello «spazio bianco» dal punto di vista testuale mi permetto di rimandare al mio Un Ur-buch di tenzoni?, in XX e Congrès International de Linguistique et Philologie Romanes (Zürich 6-11 Aprile 1992), Tübingen-Basel 1993, vol.v, pp ; ID., Considerazioni a margine d un recente contributo dedicato alla filologia materiale, «Anticomoderno», 2 (1996), pp

13 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 227 Se si escludono le varianti grafiche, le differenze tra P e T riguardano sostanzialmente i vv. 6 e 10. Nel primo caso P registra una lezione palesemente erronea (il pronome «la» riferito al cuore), mentre nel secondo fornisce una lezione ben attestata nella tradizione manoscritta («di ch io»). A livello esemplificativo, segnalo che essa è presente nei mss. Chigiano L. VI. 176 e Riccardiano All opposto la lezione di T la troviamo nei codici: Laurenziano XLI. 17, E 63 della Biblioteca comunale Augusta di Perugia, Morgan 502, Laurenziano Segni 2, 4 della Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova, della Staatsbibliothek di Berlino, ecc. Senza entrare nel merito della ricostruzione testuale della Dispersa, qui interessa rilevare se possa definirsi poligenetica la collocazione di Donna mi vene alla fine della prima parte dei Rvf inpet,oseessa dipenda da un modello riconducibile alla casa del Petrarca, e in particolare agli ultimi anni della sua vita, considerato che entrambi i codici, oltre a riprodurre la mise-en-page di V, paiono riflettere anche alcune sue lezioni primitive: trasmettono infatti alcune lezioni attestate con ogni verosimiglianza in V prima della sua ultima revisione, corrispondente all inserimento di alcune lettere nell interlinea nonché nella rasura o nell espunzione di altre nel corpo del testo. Scopo delle pagine seguenti sarà proprio quello di verificare tale assunto. Resta scontato che le tracce di cui trattiamo possiedono una qualche significatività solo in ragione della presenza dell originale petrarchesco, mentre sarebbero in altra tradizione declassate a fenomeni di convergenza e dettagli non rilevanti. Per ragioni di chiarezza porremo sopra ogni caso preso in considerazione il numero del componimento, in cifre romane, da cui sono tratti gli esempi, trascrivendo il numero del verso accanto alle lezioni analizzate. Dopo la lezione di P, segue il testo di L T e quello di V, e, nei casi in cui sia disponibile, quello del codice degli abbozzi, Vat. lat (= V1). 37 Il lavoro di verifica testuale è stato svolto direttamente sui codici, tranne che nel caso di V e V1, per i quali, a causa dell attuale chiusura della Biblioteca Apostolica Vaticana, si è fatto ricorso a riproduzioni fotografiche: quella del 1941 per V1, 38 e quelle del 1905 e del 2004 per 36 Nell interlinea la lezione «che» viene però corretta in «cui». 37 Abbiamo adottato la trascrizione diplomatica nel riprodurre le lezioni dei codici, distinguendo solo le «u» dalle «v». Le lettere di V erase sono evidenziate con il grassetto sottolineato. 38 Il codice Vaticano latino 3196, autografo del Petrarca, a cura di M. Porena, Roma 1941.

14 228 MARCO CURSI - CARLO PULSONI V. 39 Per quest ultimo codice ci si è avvalsi anche dell edizione diplomatica curata da Modigliani, recentemente rivista da Wayne Storey, 40 nonché del minuzioso lavoro sul manoscritto eseguito da Savoca. 41 In caso di divergenze di letture saranno registrate le lezioni alternative proposte, seguite, tra parentesi, dal nome dello studioso a cui si devono. Le lezioni dei codici sono state riprodotte in forma diplomatico-interpretativa con relativo scioglimento delle abbreviature, tranne nei casi dubbi dove esse vengono lasciate inalterate. L ordine dei componimenti riflette la sequenza originaria di V e quindi quella di di PLT. XVII 9 agghiaccian] L a g ghiaccian T a g hiaccian V a g ghiaccian Si tratta d una lezione particolarmente significativa che permette di creare una sorta di cronologia relativa sull uso della forma scempia o geminata del verbo non solo in questo verso. Già Belloni aveva richiamato l attenzione su questa oscillazione scrivendo: «Un caso con varie implicazioni interne riguarda una oscillazione dello stesso Petrarca sul verbo aghiacciare, oscillazione del tutto confermata dalle Concordanze (ma meglio, appunto, dall esame delle rasure sul codice), verbo che il Petrarca si può dimostrare coniugava o con la scempia o con la geminata. Questa oscillazione petrarchesca è testimoniata nell originale dalla trascrizione del Malpaghini nello stesso foglio (3r) in 17 9 e in 20 8 con due aggiunte interlineari di una g nel primo caso una finale e problematica abrasione dell inserto interlineare non è attestata nel Laurenziano che tenta di livellare una diversità di scrittura visibile sullo stesso foglio, ma è implicata anche, poco più in là, dove a resta sul rigo, senza inserti interlineari, un maghiaccia con la seconda g scritta su rasura (già Modigliani), che io congetturo sostituisca un g depennata con frego verticale. Ora, questa situazione correttoria è rappresentata fedelmente dal Laurenziano, con interventi interlineari dove ci sono nell originale, e confermando a il pentimento finale che, dopo un ultimo ripensamento, riporta maghiaccia (con una seconda g depennata) a magghiaccia, ma non facendo seguito, come abbiamo anticipato, all ultimo pentimento 39 [M. VATTASSO], L originale del Canzoniere di Francesco Petrarca, codice Vaticano latino 3195 riprodotto in fototipia, Milano 1905; Rerum vulgarium fragmenta: Codice Vat. lat. 3195, Roma Si cita infatti dalla ristampa anastatica apparsa all interno del Commentario cit. Da qui in avanti MODIGLIANI seguito dall indicazione della pagina. 41 SAVOCA, Il Canzoniere cit.

15 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 229 dell originale in Questo dettaglio dimostra che il Vaticano subì un successivo ritocco abrasivo, anche se a sfavore di un conguaglio delle tre forme diciamo, topograficamente vicine (due nello stesso foglio). Qui il Petrarca non sapeva proprio decidersi». 42 In aggiunta a quanto rilevato da Belloni, il ritrovamento di P contribuisce alla ricostruzione della genealogia dell oscillazione: P riproduce quanto era presente in V, dove, come si è visto, la seconda «g» era nell interlinea, ma mentre L ha voluto riproporre mimeticamente la situazione del modello soprascrivendo una «g», P si limita a inserirla a testo. Diverso il discorso per T che riporta la forma scempia: se da un lato essa può considerarsi un riflesso della primissima redazione di V «aghiaccian», anteriore all inserimento della g nell interlinea e alla sua successiva abrasione, dall altro potrebbe trattarsi della lezione finale dell autografo, visto che il lemma appare trascritto su rasura. Esaminiamo ora i casi limitrofi di 20, 8 e 23, 50: XX 8 agghiaccia] L a g ghiaccia T s agghiaccia V a g ghiaccia XXIII 50 aghiaccia] L aghiaccia T agghiaccia V agghiaccia V1 agghiaccia Nel primo caso in V la prima «g» è trascritta «dalla stessa mano nell interlinea superiore»; 43 lo stesso avviene in maniera identica in L, mentre P e T registrano normalmente la forma geminata. Nel secondo caso V riporta a testo «magghiaccia» con la seconda g «della stessa mano su rasura»: 44 all opposto P L hanno la forma scempia «maghiaccia», contro quella geminata di T BELLONI, Nota sulla storia cit., p MODIGLIANI, p MODIGLIANI, p Esprime perplessità sulla presenza della rasura SAVOCA, p. 37, secondo il quale «non si vede traccia di rasura e la seconda g sta normalmente al suo posto». La sostanza comunque non cambia, visto che sia Modigliani che Savoca registrano la forma geminata «agghiaccia». 45 Così anche in V1 («agghiaccia»), dove si ha sempre la forma geminata del verbo, anche nell occorrenza del Triumphus Cupidinis. Cfr. C. MUSSARI, Concordanze del codice degli abbozzi di Francesco Petrarca: ms. Vaticano latino 3196, Tesi di laurea discussa presso l Università di Perugia, a.a , relatore C. Pulsoni (consultabile online al sito

16 230 MARCO CURSI - CARLO PULSONI Grazie a questa serie di pentimenti si può stabilire una cronologia relativa di P L T rispetto a V: essi riflettono il momento in cui era già stata aggiunta nell interlinea la seconda «g» in 20, 8, ma mentre P L sono testimoni anteriori all ultima revisione petrarchesca per 17, 9, e 23, 50, T si adegua a V in quest ultimo caso. Questa coincidenza fra T e V induce a pensare che anche nel caso sopra menzionato di 17, 9, T riproduca la redazione finale di V e non una sua arcaica lezione. Variegata, ma soprattutto senza il conforto delle rasure o delle aggiunte interlineari di V, si rivela la situazione anche per le altre occorrenze del verbo nei Rvf: se da un lato si ha concordanza fra P L T V nella forma geminata in 224, 12 e 298, 3, con la prima attestazione di pugno di Petrarca; dall altro sono preponderanti le divergenze quando P L trasmettono la forma scempia: 68, 10; 71, 35; 105, 90; 152, 11; 171, 5; 178, 2; e 264, 60, reperibile in T solo in 68, 10; 152, 11 e 171, 5. Vanno distinti i casi di 335, 11 e 363, 7 in quanto copiati in V da Petrarca: nel primo tornano a coincidere le testimonianze di P L T V («maghiaccio»); nel secondo solo P continua ad avere la forma scempia contro la testimonianza concorde di L T V («agghiacci»). In quest ultimo caso però abbiamo la convergenza fra P L nel pronome che precede il verbo «gli contro «li» di T V, 46 dove quest ultima forma rispecchia senza alcun dubbio «le ultime vedute dell autore». 47 XXVIII 44 qua figli mai qual donne] L qua figli mai qual donne T qua figli mai qual donne V qua figli mai qua donne Modigliani annota a margine del primo «qua»: «Dopo questa parola e dopo l altro qua dello stesso verso sono rasure di una l». 48 La lezione unanime di P L T riflette pertanto la fase in cui Petrarca aveva già eraso la «l» del primo «qua», ma non la seconda, pur se va precisato che secondo Savoca non è reperibile rasura in V dopo il primo «qua» arrichir] L arrichir T arrichir V arri c chir In V la prima «c» è aggiunta nell interlinea ed è pertanto riconducibile a una fase di revisione del codice: inizialmente il Petrarca aveva 46 Una situazione analoga in 284, 14 (cfr. infra). 47 L. PETRUCCI, La lettera dell originale dei Rerum vulgarium fragmenta, «Per leggere», 3 (2003), pp : p MODIGLIANI, p SAVOCA, p.47.

17 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 231 scritto il verbo con la forma scempia, come testimoniano compattamente PLT. XLVI 10 ond el] L ond el T ond el V ond ei V1 ond el In V «superiormente alla i è una rasura: certo la i è corretta da l». 50 L intuizione di Modigliani trova conferma da un lato nella testimonianza diplt,dall altro in quella del codice degli abbozzi. 51 LIII 106 tutti et septe] L tutti et septe T tutti et sette V tutti sette Modigliani osserva che «Dopo tutti è nell interlineo superiore una i rasa con richiamo, raso, nell interlineo superiore». 52 Tale lettura è stata però ora corretta da Savoca che scorge in luogo della i una «nota tironiana (7)». 53 Quest ultima lezione è perfettamente compatibile con quanto trasmesso da P L T, che registrerebbero pertanto una lezione anteriore a quella definitiva di V. 54 LIX 9 d ogn altra] L d ogn altra T d ogni altra V d ogni altra Il testo di P L presenta elisione, diversamente da T V. Nell autografo va però rilevato che la parte finale dell aggettivo indefinito («gni») è scritta su rasura: non si può pertanto escludere che in precedenza ci potesse essere la forma elisa come in P L. Va però aggiunto che in questi due codici è costante l elisione vocalica della «i» davanti a parola cominciante per «a» (cfr. 23, 18, ecc), rarissima invece in V, dove si conserva la vocale finale, salvo che nel caso di 184, 2. LXX 15 sancti] L sancti T santi V santi P L registrano una forma latineggiante assente in T V, con V che presenta inoltre la sillaba finale del lemma scritta su rasura. Si potrebbe 50 MODIGLIANI, p Esprime un opinione diversa SAVOCA, p MODIGLIANI, p SAVOCA, p Si allinea invece a V la lezione del ms. Laurenziano XLI. 17, considerato da Wilkins come il testimone principale di questa forma, anche se il suo valore va drasticamente ridimensionato (PULSONI, Appunti cit., pp ; PANCHERI, Ramificazioni cit.).

18 232 MARCO CURSI - CARLO PULSONI pertanto supporre una correzione del poeta per eliminare un nesso latineggiante, 55 peraltro ben registrato in V sia per mano del copista che del poeta. Certo è che in P e spesso anche in L vengono riprodotte forme latineggianti assenti in V. LXXI 21 aguagli] L aguagli T aguagli V avagli Il passaggio da «aguagli» di P L T ad «avagli» di V, derivante dall abrasione di una «g» inserita nell interlinea, rappresenta certamente uno dei cambiamenti più ostici da spiegare; come nota Gino Belloni, si tratta infatti di un «apax in Petrarca e ignoto (avagliare per agguagliare ) nella tradizione toscana antica». Pur non escludendo che possa essere un aggiustamento altrui, lo studioso ritiene che «bisogna provvisoriamente accettarlo come originale e petrarchesco, anche se risulta difficile spiegare questa forma del tutto eccezionale nel Petrarca, e fuori (per i dati che abbiamo) dalla tradizione poetica del Trecento». 56 Di diverso avviso Savoca secondo cui «la parziale obliterazione della g (in seguito a rasura od altre cause) è molto antica, ma non tanto da risalire agli antigrafi (o all originale, dopo l integrazione della g e prima della corruzione) da cui discendono i codici». 57 Sulla base di queste considerazioni, con l aggiunta del fattore linguistico già preso in considerazione da Belloni, egli restaura la forma «aguagli». Nell impossibilità di stabilire una cronologia relativa della correzione su V, ci sembra più ragionevole considerare con Belloni l anomalo «avagli» come originale, aggiungendo comunque che la tradizione anteriore, testimoniata da P L T, trasmette in maniera compatta «aguagli». 73 stratio] L stratio T stratio V stratio (<stracio) Come aveva già messo in luce Modigliani V «ha indubbiamente stracio, ma sulla c a sinistra un piccolo segno che potrebbe essere o una macchietta della pergamena o un tentativo di correzione della c in t». 58 L esistenza di questo segno orizzontale per trasformare la c in t è stato ora confermato da Savoca. 59 In V si recupererebbe pertanto la lezione «stratio» registrata in maniera unanime da P L T. 55 Dello stesso avviso anche SAVOCA, p BELLONI, Nota sulla storia cit., p SAVOCA, pp MODIGLIANI, p SAVOCA, p. 130.

19 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 233 LXXII 78 aparechiarsi] L apparechiarsi T apparechiarsi V apparechiarsi (Modigliani) appare c chiarsi (Savoca) P presenta una lezione isolata rispetto a L T V a causa del mancato raddoppiamento della «p» a inizio parola, caratteristica del resto ben presente in tutto il codice spesso in comune con L. 60 In realtà l aspetto più interessante riguarda la seconda parte del lemma. In V si ravvisa infatti «tra la e e la c (...) nell interlineo superiore una lettera rasa, forse una c, e nell inferiore un segno di richiamo raso». 61 Si discosta da questa lettura Savoca, secondo cui «la lettura ai raggi ultravioletti mostra chiarissimi la c aggiunta e il segno di richiamo in basso, che non sono stati rasi, bensì hanno subito un processo di deterioramento e svanimento imputabile all esposizione della carta, ma anche al fatto che in quel luogo si ha perfetta corrispondenza di macchia speculare con la carta 16v». 62 La lettura di Savoca è forse preferibile perché ha il vantaggio di essere compatibile coi dati offerti da P L T. Questi codici riflettono infatti una fase in cui Petrarca doveva ancora inserire una seconda c nell interlinea superiore, verosimilmente per uniformarsi alla grafia che aveva usato in 23, 131 «apparecchia» (P L «aparecchia», T «apparecchia»). 63 LXXXVII 7 ch enterne]l ch enterne T ch eterne V ch ēterne (Modigliani) ch eterne (Savoca) L identità fra P L V è frutto di un processo elaborativo della lezione in V così sintetizzato da Modigliani: «Ms. chetterne con segno trasversale d abbreviazione sulla prima e e con la prima t espunta e cancellata con due segmenti verticali, dallo stesso inchiostro, che ne sbarrano l asta trasversale. L amanuense aveva scritto prima chetterne, lezione accettata comunemente, e sembra abbia voluto correggere la lezione in chēterne». 64 Distaccandosi 60 I casi di «consonante semplice dopo a-» non sono però indicativi per un eventuale localizzazione del manufatto (cfr. G. FROSINI, Petrarca in Tavola. L indice dei capoversi nel Vaticano latino 3195, «Studi di filologia italiana», 64 (2007), pp : p. 113, ma soprattutto A. CASTELLANI, Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza ( ), Roma 1980, vol. II, pp e ). 61 MODIGLIANI, p SAVOCA, p Accettando l ipotesi di lettura di Modigliani, dovremmo supporre che la lezione di P L T rifletta la redazione finale di V, successiva all abrasione o allo svanimento dell inchiostro della seconda «c» dall interlinea. 64 MODIGLIANI, p. 265.

20 234 MARCO CURSI - CARLO PULSONI da quanto sostenuto dall editore diplomatico, Savoca ha apportato nuove considerazioni sulla vicenda: «In realtà Modigliani non rileva che oltre al taglio verticale c è sotto la t un segnetto che può essere di espunzione, mentre quello che egli crede segno trasversale d abbreviazione sembra solo un piccolo segno accidentale (o anche un punto, posto tra h ed e, di memoria per ritornare sul luogo e correggere). Appare probabile che Malpaghini, magari su segnalazione del Petrarca, abbia voluto far capire che eterne era da leggersi con una t sola (solo due casi, uno per mano, su ventiquattro ricorrono nel Canzoniere di etterno)». 65 Senza entrare nel merito delle letture proposte, non si può escludere che la lezione proposta da P L possa essere un riflesso d un titulus o di qualcosa interpretato come tale in V, mentre T riproduce il testo di quest ultimo. XCVI 4 onde l mio cor è avinto] L onde l mio cor è avinto T ondel mio cor e avinto V ondel mio core avinto Abbiamo già fatto riferimento a questo verso in precedenza, segnalando che in P L la lezione «core» presenta un accento a mezzaluna sopra la «e», motivo per cui va letto «cor è». Questa lezione deve essere propria anche di T dove la «e» risulta separata nella scrizione da «cor». Rappresenta pertanto una fase anteriore rispetto all ultima redazione di V, dove Petrarca «ha fatto arretrare la è verbo (ricavabile ora da ondel = ond è l)». 66 CIV 10 o Paolo od affricano fossin cotali] L affricano T african V affrican In P L il verso risulta ipermetro per via della mancata espunzione della «o» finale, situazione ravvisabile anche in V prima di questo intervento. Al contrario T si allinea all ultima redazione di V fornendo una forma apocopata. CXIII 6 fogorar] L folgorar T fo l gorar VTfo l gorar P presenta una lezione palesemente erronea, che corrisponde a quella trasmessa da V prima dell inserimento d una «l» nell interlinea. L ante- 65 SAVOCA, pp SAVOCA, p.164.

21 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 235 cedente di P riflette pertanto una fase di V anteriore alla sua revisione interlineare, diversamente da L, dove tale intervento risulta già effettuato nel corpo del testo, e da T, che riproduce mimeticamente quanto avviene in V. P sembra pertanto precedere dal punto di vista testuale sia L che T. CXXVII 55 appreça] L appreça T apprezza V apreçça P L T registrano una forma geminata della prima parte del verbo diversamente da V, dove è visibile però «tra la a e la p (...) nell interlineo superiore una lettera rasa cui corrisponde un segno di richiamo nell inferiore». 67 Pare altamente verosimile che sotto tale rasura dovesse esserci una «p», così come testimoniano P L T. Secondo Savoca essa fu «eliminata forse per uniformità con la scempia che direttamente Petrarca usa in 260, 5 (uniche due occorrenze di questo verbo)». 68 CXXVIII 115 tra] L tra T tra V fra 128 tra] L tra T tra V fra In entrambi i versi P L T leggono «tra» mentre V ha «fra». Nell autografo si evidenziano però tracce di correzioni sulla «f» iniziale di entrambi i versi, motivo per cui non si può escludere un oscillazione del poeta nella forma della preposizione da utilizzare. CXXXIII 6 contra cui non mi vale tempo né loco] L vale T val V val Come in 104, 10 (cfr. supra), P L presentano un verso ipermetro a causa della presenza della «e» finale del verbo. La situazione era proprio anche di V dove la vocale fu successivamente espunta: altrettanto accade in T che riproduce mimeticamente quanto avviene in V. CXXXVI 11 mantaci] L mantaci T mantici V mantici Secondo Modigliani l ultima parte del lemma sarebbe stata scritta in V su rasura, 69 ipotesi che permetterebbe di supporre una fase anteriore «mantaci», come trasmesso da P L. Si tratta di una forma ben attestata 67 MODIGLIANI, p SAVOCA, p MODIGLIANI, p. 290.

22 236 MARCO CURSI - CARLO PULSONI all epoca, e reperibile, sulla base degli spogli del TLIO, in Restoro d Arezzo, Guittone, Dante, ecc. Senza entrare nel merito della rasura, Savoca si limita a dire che la lettura di Modigliani sia un tentativo «di trasformare la prima i in a in modo da scrivere mantaci». 70 CLXV 14 nocturno] L nocturno T nocturno V notturno P L T trasmettono una forma latineggiante del nesso ct-, diversamente da V dove si ha un assimilazione regressiva. Considerato che nell autografo l aggettivo appare «scritto dal ritoccatore su rasura», 71 è ipotizzabile che in precedenza potesse esservi la forma con conservazione del gruppo «ct», ben attestata del resto in V sia per mano del copista che del poeta. 72 CLXXVIII 8d errore sì novo la mia mente è piena] L errore T errore V error P L T sono accomunati da un ipermetria grafica, presente anche in V prima che Petrarca espungesse la vocale finale del lemma «error». Ne consegue e si conferma che i testimoni menzionati riflettono una fase anteriore all intervento del poeta aretino. CLXXIX 9 se ciò] L se ciò T se ciò V eccio (Modigliani) se cio (Savoca) La lezione trasmessa da V dell inizio di questo verso ha creato vari problemi agli studiosi: nelle note di commento all edizione Modigliani Wayne Storey ha scritto: «Modigliani conferma che la E è scritta sui residui di una S rasa inferiormente, congetturando che il P. volle mutare un se cio in Eccio, ma lasciò intatta (forse volutamente, per la somiglianza della e con la c) la e di Se e dimenticò di congiungere la seconda e la terza lettera con un tratto d unione [...]. Egli indica, però, volto e Che (vv. 10 e 11) quali interventi della stessa mano con inchiostro più scuro su rasura : al contrario, l inchiostro e la mano di volto risultano diversi rispetto alla mano e all inchiostro degli interventi di 70 SAVOCA, p MODIGLIANI, p M. VITALE, La lingua del Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta) di Francesco Petrarca, Padova 1996, pp

23 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 237 E e Che ; sia E che C e h non paiono infatti rispecchiare il ductus petrarchesco (essendo lo svolazzo tipicamente petrarchesco della e di Che il residuo di una e fuori dallo spazio della rasura). Per quanto riguarda la tradizione di questo sonetto, la lez. Eccio non è inoltre attestata né dai codici trecenteschi, né dall ediz. Valdezoco (1472). 73 Di diverso avviso Savoca, secondo il quale non si tratta di «rasura della S, ma è invece solamente rasura (o pulitura) di una macchia accidentale [...]. Il caso dunque a me sembra chiuso con l accettazione senza problemi della lezione tradizionale Se cio nô fusse». 74 Nell impossibilità di esprimere una valutazione sulle due posizioni citate, qui ci si limita a dire che P L T testimoniano in maniera concorde «se ciò». CLXXXVIII 3 l adorno] L l adorno T l adorno V l a d dorno La lezione di P L T riflette una prima stesura del testo di V, visto che ivi la prima «d» è aggiunta nell interlinea superiore. In Petrarca, come è noto, si alternano le due forme del verbo, anche se quella geminata risulta minoritaria, con sole cinque occorrenze, di cui tre di mano del poeta (208, 10; 228, 7; 325, 15). 75 CXC 7 thesoro] L thesoro T thesoro V tesoro Come nel caso precedente, P L T forniscono una lezione anteriore alla stesura definitiva, visto che in V solo in un secondo momento Petrarca espunge la «h» da «tesoro». 76 CCXII 12 Così venti anni o grave et lungo affanno] L o To Vventi anni grave (Modigliani) venti anni o grave (Savoca) La testimonianza compatta di P L T, insieme alla presenza di una rasura, certamente per una o, su quest ultimo lemma in V, fanno supporre che la lezione di P L T possa ricondursi al Petrarca stesso, e in particola- 73 WAYNE STOREY, L edizione diplomatica di Ettore Modigliani, incommentario cit., pp : p SAVOCA, Il Canzoniere cit., pp Cfr. C. PULSONI G.BELLONI, Bembo e l autografo di Petrarca. Ancora sulla storia dell originale del Canzoniere, «Studi petrarcheschi», 29 (2006), pp : pp MODIGLIANI, p. 304: «Tra la t elae vedesi nell interlineo superiore una h rasa e nell inferiore un segno di richiamo».

24 238 MARCO CURSI - CARLO PULSONI re a una fase predefinitiva. Per Savoca al contrario la o in V «risulta sbiadita per evaporazione dell inchiostro», 77 motivo per cui la reintegra nella sua edizione dei Rvf. CCXXXI 6 vogl una] L vogl una T voglio una V voglio una Come nota Modigliani, la seconda parte dell emistichio del verso (men nō ne voglio u) risulta trascritta in V su rasura. 78 Se da un lato si potrebbe pertanto supporre che P L registrano una redazione anteriore, dall altro non si può trascurare la tendenza di questi codici all elisione in esempi analoghi, come testimoniano i casi di 37, 65 e 115, 3: nel primo P L hanno «gl umani» contro «gli umani» di T V, pur se va precisato, a favore della testimonianza di P L, che Wayne Storey scorge «un punto di espunzione, nello stesso inchiostro del resto del testo, sotto la i di ne gli». 79 Nel secondo caso P L leggono «gl uomini», mentre T V «gli uomini». Nell incertezza relativa all eventualità che P T trasmettano una lezione anteriore di 231, 6, si può solo aggiungere che in V è rarissima l elisione vocalica: in ogni caso quando «il Petrarca scrive glianni o gliocchi , ma anche glio gli ho , la i che segue gl è un mero segno diacritico (...); quelle grafie stanno insomma per [l anni], [l kki], [l ], non per [l anni], [l kki], [l ], e non c è quindi modo né di supporre sinalefe né, eventualmente e allo stesso titolo, di supporre dialefe: il fatto, più che probabile presso la generalità degli antichi scriventi toscani, è provato nel caso del Petrarca dalla costante assenza della i avanti parola iniziante per [e]: in V95 [NdA = Vat. lat. 3195], dove l articolo gli è rarissimo, se ne danno solo due esempi relativi al pronome (ridotto a gli nell ed.), glempie e glempia 363.8; in V96 [NdA = Vat. lat. 3196] si danno i già citati glelementi 26.1, (ripetuto in due redazioni distinte del verso) e il notevolissimo gli esce 56.3 dove la i risulta scritta e contestualmente espunta». 80 CCLVI 7 e n sul cor quasi un fero leon rugge] L quasi un fero T quasi un fiero V quasi fiero (Modigliani) quasi un fiero (Savoca) 77 SAVOCA, p MODIGLIANI, p WAYNE STOREY, L edizione diplomatica cit., p PETRUCCI, La lettera cit., pp

25 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 239 Scrive Modigliani: «Tra quasi e fiero fu aggiunto nell interlineo superiore un un della stessa mano e nell inferiore un segno di richiamo, ma la parola fu poi rasa». 81 Di diverso avviso Savoca che, negando l abrasione dell articolo, lo considera come parte integrante del testo. Pare tuttavia preferibile la lettura di Modigliani: in tal caso la lezione di P L T rifletterebbe la fase in cui Petrarca aveva inserito l articolo indeterminato nell interlinea, anteriore insomma alla sua successiva cancellazione. CCLXIV 33 balia] L bailia T bailia V baiilia Come si può notare, P conserva la forma priva del dittongo protonico «ai», attestato invece come «cultismo di antica tradizione poetica» 82 in L T e in V, dove la prima «i» è trascritta però solo nell interlinea («baiilia»). Ne consegue pertanto che il testo di P riflette una fase in cui il Petrarca non aveva ancora aggiunto tale lettera. 89 innançi agli] L innançi agli T inanzi agli V inançi gli (Modigliani) inançi agli (Savoca) Il testo di P L T rappresenta certamente una lezione anteriore rispetto alla definitiva, visto che in V Petrarca erase una a prima della g («agli»). 83 Di diverso avviso Savoca secondo il quale non ci sarebbe abrasione, ma una semplice macchia della carta: motivo per cui restaura la lezione «agli», sulla base di un occorrenza analoga di mano di Petrarca in 329, 12, senza tenere però in conto le frequenti oscillazioni nella grafia di Petrarca. 126 piacteggiar] L pacteggiar T patteggiar V patteggiar In P il verbo è registrato come piacteggiar, diversamente da L T che trasmettono una forma analoga (L «pacteggiar» - T «patteggiar»). In V Modigliani rileva che «la p è su rasura di un altra p scritta più vicina all a di cha». 84 Anche in tal caso la lezione di P parrebbe pertanto essere anteriore a quella di L T, se si ipotizza che la rasura di V avesse per oggetto una «i». 81 MODIGLIANI, p VITALE, La lingua cit., p MODIGLIANI, p MODIGLIANI, p. 337.

26 240 MARCO CURSI - CARLO PULSONI CCLXVIII 16 rotta] L rotta T rotto V rotto V1 rotta P e L riportano «avem rotta la nave»: rotta è anche nelle due redazioni del testo presenti in V1, invece T e V hanno «rotto», con «o» scritto su rasura in V. Anche in tal caso la lezione di P L (e in aggiunta di V1) precede quanto trasmesso da T, che si allinea al testo di V. 36 tra] L tra T tra V fra V1 fra Annota Modigliani: «La parte superiore della f è d altra mano su rasura; si tratta evidentemente di una f ridotta a t e poi mutata di nuovo in f». 85 La ricostruzione citata non convince Savoca il quale si basa «sulla testimonianza univoca del Codice degli abbozzi, che scrive fra», 86 asserendo che i codici relatori di «tra» non leggevano bene V. La svista nella lettura di Modigliani sarebbe data dalla mancata intuizione del ruolo delle macchie speculari in V. Pur non escludendo questa possibilità in altri loci di V, nel caso in questione la tradizione unanime di P L T pare convalidare quanto proposto da Modigliani, permettendo inoltre di ricostruire la genealogia della variazione della preposizione: da un iniziale «fra» di V1 si passa a una fase intermedia «tra» di P L T, per poi tornare a «fra» di V. CCLXXII 5 e l rimembrare et l aspectare m accora] L l aspectare T l aspettar V l aspectar Il testo di P L presenta un ipermetria grafica, sanata da V con l espunzione della e finale del verbo («l aspectare» ). T si adegua a quest ultima lezione, collocandosi quindi in una fase successiva rispetto a P L. CCLXXV 6 ov è] L ov è T ove e V ove e (Modigliani) ove (Savoca) Al verso ha dedicato una lunga nota di commento il Savoca: «Al v. 6 Modigliani trascrive ove e, annotando che la seconda e è su rasura, ma nulla dice sulla mano che avrebbe riscritto questa lettera. In realtà la e è senza dubbio di un altra mano (che non quella di Malpaghini o Petrarca), forse la stessa (caratterizzata, tra l altro, da un più sottile spessore dei tratti) attiva nella carta affiancata su alcune lettere in 277, 5 e in 280, MODIGLIANI, p SAVOCA, p. 430.

27 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 241 Per decidere sul punto, occorre richiamarsi alla tradizione che, con K ed L, qui dà ove (senza la e successiva, implicita come verbo nello stesso ove, com è implicita nell Ove di due versi dopo), mentre altri codici (come Q e i Laur. Segni 1 e Redi 118) hanno ove e. Il Laur. XLI 10 ha ovè, senza la seconda e ma con il caratteristico accento diacritico per dire che in ove è contenuta la e verbo. Penso che, paleograficamente, abbia ragione quest ultimo codice, e che l intero processo possa essere immaginato supponendo che Malpaghini avesse scritto per svista la seconda e, e che qualcuno (egli stesso o Petrarca) dopo l abbia rasa un po malamente. In seguito qualcun altro, un ritoccatore fra i tanti, ripristinò la seconda e, che per me va di nuovo omessa». 87 La visione di V pare dar ragione a Savoca. Va però considerato che la lezione «ove e» è trasmessa anche da T, pur se non è dato sapere in questo caso se rifletta una lezione anteriore dell autografo, visto che P L registrano «ov è». CCLXXXIV 14 gli occhi] L gli occhi T gli V li occhi Segnala Modigliani che li di V «è preceduto immediatamente da una rasura; la lettera abrasa è sostituita da una lineetta». 88 Questa lettera erasa va certamente identificata con una g, come testimoniano in maniera unanime P L T. La forma li di V rispecchia senza alcun dubbio, sulla base delle osservazioni di Petrucci, «le ultime vedute dell autore». 89 CCXCVII 1 aggiunte] L agiunte T aggiunte V agiunte V1 aggiunte In V si scorge tra l a e la g «nell interlineo superiore una lettera rasa, cui corrisponde nell inferiore un segno di richiamo». 90 Doveva trattarsi evidentemente di una seconda g, successivamente cancellata dal poeta, ancora indeciso sull uso della doppia o della scempia nella trascrizione del lemma, pur se va segnalata una probabile preferenza verso la forma scempia nella fase finale della raccolta, come conferma proprio il caso in questione: P T V1 che tramandano una redazione anteriore, corrispondente all aggiunta di una seconda g nell interlinea di V, hanno «aggiunte», mentre L V «agiunte». Si consideri inoltre che anche L presenta una macchia, residuo forse di 87 SAVOCA, pp MODIGLIANI, p PETRUCCI, La lettera cit., p MODIGLIANI, p. 348.

28 242 MARCO CURSI - CARLO PULSONI una rasura, sopra la prima parte del lemma. Se si trattasse dell abrasione di una g, L riprodurrebbe in maniera mimetica, come aveva già fatto in precedenza (cfr. supra), la situazione di V. 11 accenna] L accenna T accenna V acēna (Modigliani) a c cēna (Savoca) V1 accenna Scrive Modigliani: «Tra l a e la c è nell interlineo superiore rasura di una c e nell inferiore rasura di un segno di richiamo». 91 Di diverso avviso Savoca secondo il quale la c, tuttora visibile, non sarebbe stata abrasa, motivo per cui restaura la lezione «accenna». In questo caso pare tuttavia più verosimile la lettura di Modigliani: in una prima fase Petrarca avrebbe insomma scritto il lemma con la forma geminata, come testimoniano in modo unanime P L T, con l aggiunta di V1, decidendo solo in seguito di passare a quella scempia, eradendo la seconda c che aveva trascritto nell interlinea. CCCXI 1 quel rosignu o lo che sì soave piange (sic!) 92 ] L rosignuolo - T rosigniuol V rosigniuol P L registrano un ipermetria grafica, presente anche in V prima dell ultima revisione quando venne espunta la o finale. T si allinea a quest ultima lezione. 5 tucta] L tutta T tutta V tutta Solo P presenta il nesso ct. Dovrebbe trattarsi quindi di una lectio singularis del codice, che spesso indugia su forme latineggianti non sempre presenti in V. Resta però il sospetto d una eventuale lezione anteriore, visto che nell autografo si segnala sopra la prima t «un segno dello stesso inchiostro: forse principio di altra lettera». 93 CCCXIII 6 maffissi] L maffissi T mafissi V mafissi P L trasmettono una forma geminata del lemma, diversamente da T V. Nell autografo va però notata la presenza di una rasura «tra l a ela 91 Ibidem. 92 L errore nella trascrizione del rimante è propria solo di P. L scrive correttamente «piagne». 93 MODIGLIANI, p. 351.

29 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 243 f», da interpretarsi certamente come abrasione di una prima f. I codici gemelli forniscono quindi una lezione anteriore rispetto a quella di T, che riproduce il testo di V. CCCXVI 9 aveva a ndugiar] L aveva a ndugiar T avea a ndugiar V avev a ndugiar (Modigliani) aveva a ndugiar (Savoca) Per Modigliani si avrebbe un segno di espunzione sotto la a finale di «aveva», che darebbe luogo alla lettura «avev a ndugiar». 94 Di diverso avviso Savoca, secondo il quale si tratta di un punto accidentale, motivo per cui restaura il verso «aveva a ndugiar», così come P L. Nell impossibilità di valutare la questione, si può solo segnalare che in T appare chiaramente una rasura dopo «avea». CCCXXIII 24 nullaltre] L nulaltre T nulaltre V nulaltre Anche in questo caso la lezione di P concorda con quella di V, prima che Petrarca decidesse di eradere una l, inserendo «nello spazio tra l e a un trattino di riempimento» («nullaltre» > «nulaltre»). 95 Sulla base di tali dati, si può pertanto proporre una sorta di cronologia relativa dei mutamenti: P riflette il momento in cui in V era ancora presente la l geminata, tolta da Petrarca in una successiva revisione del codice. A tale fase va ricondotta la lezione di L T, successiva pertanto dal punto di vista testuale a P. CCCXXIV 3 onde] L onde T ond V ond P L presentano la forma intera dell avverbio, mentre in V la e finale risulta «espunta con lo stesso inchiostro e incominciata a radere». 96 Tsi allinea a questa lettura, situandosi quindi, anche in questo caso, posteriormente apl. CCCXXV 39 come] L come T com V com Situazione analoga alla precedente con P L che registrano la forma intera del lemma, così come V, prima dell espunzione della e finale. T rispecchia l ultima redazione di V. 94 MODIGLIANI, p SAVOCA, p MODIGLIANI, p. 355.

30 244 MARCO CURSI - CARLO PULSONI CCXXVIII 3 fatto] L fatto T fatto V facto Diversamente dai casi finora esaminati, stavolta è V a registrare una forma latineggiante assente negli altri testimoni, in primis P, dove quest uso risulta prevalente. Va però rilevato che in V il lemma (ma anche il segno tironiano precedente) risulta trascritto su rasura, e non si può pertanto escludere che in origine potesse esserci una forma analoga a quella di P L T. CCCXXXI 37 ove] L ove T ov V ov Come nei casi di 324, 3 e 325, 39, P L registrano la forma intera del lemma, rispecchiando pertanto la situazione di V, prima dell espunzione della e finale. Si attiene a quest ultima lezione T. CCCLII (= 356) 4 stato oso] L stato oso T stato oso V stat oso La lezione unanime di P L T corrisponde alla fase in cui Petrarca non aveva ancora espunto la o finale di «stato». CCCLIV (= 358) 3 bisogna a (...) bene]l bisogna a...bene T bisogna (...) ben V bisogna (...) ben P L riflettono una fase anteriore di V, visto che ivi Petrarca espunse la a finale di «bisogna», verosimilmente perché posta prima di un altra a, che poteva essere letta all uopo sia come finale di parola che come preposizione. Il testo di T si distacca da P L, riproducendo l ultima redazione di V. Situazione analoga anche nel caso del lemma «bene»: trascritto per intero in P L e in forma tronca in T V. CCCLVI (360) 125 vergōgnoso in atto] L vergognoso in atto T vergognoso in acto V vergognoso in acto La lezione «vergôgnoso» di P si distingue da L T V per la presenza di un titulus posto sopra la o. Esso era attestato con ogni verosimiglianza anche in V, visto che ivi si scorge una macchia di rasura su «gog». CCCLIX (= 363) 4 spenti] L spenti T fatti V spenti Solo T trasmette «fatti son i miei lauri or querce et olmi», mentre P L aprono il verso con «spenti», seguendo la lezione che fu apposta solo

31 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 245 su rasura in V, dove era con ogni verosimiglianza registrato «spenti», come testimoniano i codici riconducibili alla forma «Malatestiana». 97 CCCLXII (= 351) 14 er ita] L er ita T er ita V era ita Come ha notato Modigliani, in V sotto la a di «era» Petrarca inserì un punto di espunzione poi rimosso. 98 Quest ultimo intervento è evidentemente successivo alla redazione trasmessa da P L T,con L che trasmette in maniera mimetica («erȧ ita»), come già in 17, 9, la situazione di V, espungendo la menzionata a, mentre P T la elidono direttamente. CCCLXIII (= 352) 6 mover qui i piè] L mover qui i piè T mover qui i piè V mover i piè Scrive Modigliani: «Dopo mover è nell interlineo superiore una parola rasa e nell inferiore un segno di richiamo raso». 99 Si tratta evidentemente dell avverbio qui, attestato in maniera unanime in P L T, che riflettono pertanto una fase anteriore all abrasione di V. I, 3. Come si è avuto modo di vedere, sono circa una cinquantina i loci in cui il testo iniziale di V, contrassegnato da una serie di ripensamenti (inserimento di alcune lettere nell interlinea, rasura o espunzione di altre nel corpo del testo), corrisponde in toto o parzialmente a quello di P L T. Prescindendo dai casi dubbi, si può comunque notare che in una ventina di casi vi è coincidenza tra la lezione originaria di V e quella di tutti e tre i testimoni chiamati in causa (28, 44 e 76; 46, 10; 53, 106; 71, 21; 72, 78; 117, 55, ecc.), motivo per cui anche T rientra a tutti gli effetti, come aveva supposto la Brambilla, tra i codici che riflettono una fase anteriore dell autografo, non solo nell ordinamento dei componimenti ma anche a livello testuale. In una quindicina di casi, invece, sono P L a offrire una lezione «precedente» rispetto a quella registrata da T V (59, 9; 70, 15; 104, 10; 133, 6; 136, 11, ecc.). In sei casi è P a proporre un testo analogo a quello originario di V (113, 6; 264, 33 e 126; 311, 5; 323, 24; 360, 125). Solo in un caso, infine, T registra una lezione singolare che, assente negli altri testimoni (363, 4), rimanda a una fase antica di V, anteriore alla rasura sulla quale è stato trascritto un nuovo lemma. 97 PULSONI, Appunti cit., p MODIGLIANI, p Ibidem.

32 246 MARCO CURSI - CARLO PULSONI Per giustificare queste oscillazioni si dovrà verosimilmente far riferimento a una serie di apografi di V non sempre aggiornati nel seguire le variazioni testuali che Petrarca continua ad apportare sui componimenti 100. Si prendano, ad esempio, i casi in cui P tramanda una lectio singularis: esso fornisce alcune letture riconducibili a una prima fase di V, successivamente «corrette» o riviste dal poeta aretino, come registra da un lato V stesso, dall altro L e T. Resta da stabilire il numero degli eventuali apografi posti a monte della tradizione. Senza la pretesa di fornire una soluzione al problema, bisogna rilevare che, nonostante la stretta affinità fra P L data da errori congiuntivi (25, 11: P L «trovasti» vs. T V «trovaste»; 27, 8: P L «vedrai» vs. T V «vedrà», ecc.) nonché da ipermetrie grafiche (19, 9: «Ch i non son forte ad aspectare la luce»; 272, 5: «e l rimembrare et l aspectare m accora», 101 ecc.), affinità non reperibile in T, è inevitabile supporre che tali codici, per quanto vicini, derivino da apografi diversi di V in movimento: il modello di L, infatti, pare necessariamente essere più recente di quello del gemello, dato che immette ripensamenti di V mancanti appunto in P. Altrettanto complessa appare la situazione di T: se da un lato si allinea in una ventina di casi alla vetustà testuale P L, dall altro, in un altra quindicina, riflette l ultima redazione di V, salvo poi fornire in un caso una lezione antichissima assente in tutti e tre i relatori. Si dovrà pertanto supporre un nuovo apografo, frutto di un ulteriore movimento di V, che al contempo però si arresta a una fase arcaica, forse per dimenticanza nell aggiornamento testuale in 363, Certo è che se l esistenza di più apografi di V negli ultimi mesi di vita del Petrarca si rivelasse fondata, andrebbe presa in serie considerazione la possibilità che in una fase imprecisata Donna mi vene potesse chiudere la prima parte dei Rvf, come testimoniano al riguardo P e T, pur se va precisato che in quest ultimo codice sono copiate prima della ballata due disperse. Come giustificare la presenza di questi componimenti in codici così importanti della tradizione? Se da un lato si potrebbe pensare che siamo in presenza d un gusto antiquario di P e T nel recuperare il 100 Metodologicamente interessante quanto scrive V. FERA, Ecdotica dell opera incompiuta: varianti attive e varianti di lavoro nell «Africa» del Petrarca, «Strumenti critici», 25 (2010), pp La lezione ipermetra di P L coincide con quella di V, dove però viene espunta la e di fine parola. Il testo di P L riflette pertanto la fase anteriore all espunzione finale di V. 102 Penso, ad esempio, a una variante marginale non recepita nel testo per distrazione o perché ritenuta probabilmente riconducibile a una redazione anteriore.

33 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 247 maggior numero possibili di testi del poeta, cosa che avviene anche in altri codici antichi dei Rvf, 103 dall altro non si può forse escludere che all epoca lo stesso Petrarca non avesse ancora deciso l entità del suo canzoniere. Se questa ipotesi si rivelasse fondata e considerato quanto emerso dall anteriorità dal punto di vista testuale del modello di P e T rispetto a V, si potrebbe supporre che in una prima fase corrispondente al modello di P Petrarca avesse inserito solo la ballata, aggiungendo in seguito le due disperse prima di essa, sulla base della testimonianza di T. Solo successivamente e qui vale quanto riporta V l autore avrebbe deciso di omettere questi componimenti, pur lasciando quasi quattro fogli in bianco dopo Rvf Si tratta insomma di un problema ermeneutico relativo al modo di valutare V: va considerato come un prodotto finito 103 È quanto accade, ad esempio, ad opera della stessa mano che copia il Canzoniere nel ms della Biblioteca Riccardiana, se si considera come di Petrarca il sonetto Allexandro lasciò la signoria, trascritto dopo Rvf 263 (c. 46v). Si tratta in realtà di un sonetto di un corrispondente di Petrarca, Antonio da Ferrara (cfr. L. BELLUCCI, Maestro Antonio da Ferrara (Antonio Beccari), Rime, ed. critica, Bologna 1967, pp. XVI e 44-45; EAD., Le rime di Maestro Antonio da Ferrara, Bologna 1973, p. 71), ma non si può escludere che per l estensore del codice potesse essere ascritto all aretino, come induce a supporre la mancanza di rubriche prima del testo (il sonetto è successivamente riproposto attribuito a «Dante Alleghieri» a c. 61r; cfr. Dante Alighieri, Rime, a c. di D. De Robertis, 1. I documenti*, Firenze 2002, p. 355). Forse nell ottica del manoscritto esso poteva fungere da punto di svolta, a giudicare dal suo contenuto, tra le rime in vita e quelle in morte. Parzialmente diversa la situazione nel Quiriniano D. II. 21, ritenuto da Wilkins come uno dei testimoni più significativi della cosiddetta forma Quiriniana. In questo codice si alternano tre mani: alla prima ( a ) si deve la trascrizione dei testi, salvo le lacune, e di seguito il sonetto estravagante O monti alpestri o cespogliosi mai; e la sequenza finale 342, 340, 350, 351, 352, 354, 353, 355, 366. Alla seconda ( b ) mano va ascritta la copia dei testi e delle prime quattro strofi della canzone 359, posta dopo 366. Infine all ultima ( c ) va attribuita la trascrizione del sonetto responsivo Per utile per dilecto e per honore, che chiude la prima parte dei Rvf, seguendo 263 (questi due sonetti delle Disperse sono presenti, nella stessa posizione, nel ms. Ambrosiano I 88 sup.). Tutti i componimenti «aggiunti» dalla mano b non fanno parte di fogli avventizi, essendo trascritti negli stessi fascicoli vergati dalla mano a. All opposto nel ms. Laur. XLI. 17 le aggiunte di sonetti a seguito di Rvf 360 sono opera di altre mani, verosimilmente quattrocentesche. 104 Come è noto, questi fogli lasciati in bianco sono ricordati in alcuni codici del Quattrocento, tra i quali vale la pena di menzionare il ms. Reginense 1110 della Biblioteca Apostolica Vaticana, c. 107v: «Que sequuntur post mortem dominae Laureae scripta sunt. Ita enim proprio codice domini Francisci annotatum est, et chartae quattuor praetermissae vacuae». Come è stato già più volte osservato, essa pare alludere proprio a V, anche se non per filiazione diretta (cfr. [VATTASSO], L originale del Canzoniere cit., p. XXXIII; R. PINTAUDI, Un commento quattrocentesco a Petrarca (ms. Laur. Acquisti e doni 715), «Rinascimento», 19 [1979], pp ).

34 248 MARCO CURSI - CARLO PULSONI che riflette l ultima volontà d autore, oppure come un libro «non concluso», 105 dato che gli apografi, immediatamente anteriori ad esso, trasmettono alla fine della prima parte alcuni testi ritenuti estravaganti - secondo il canone stabilito in funzione dello stesso V laddove V lascia dello spazio in bianco? 106 Nuova luce sull intera questione potrebbe venire dal ritrovamento degli antecedenti di P e T, dal momento che la loro compilazione risale all ultima fase della vita del poeta: in tal modo si potrebbe scoprire se essi siano ascrivibili al poeta stesso pur se l ipotesi appare poco economica, oppure ad alcuni suoi copisti nonché ammiratori, responsabili pertanto della prima fortuna del Canzoniere petrarchesco, seppure in una forma predefinitiva. Certo è che le opere di Petrarca, subito dopo la sua morte, iniziarono a stimolare gli appetiti di letterati e studiosi del tempo, 107 tra cui in primis il cancelliere fiorentino Coluccio Salutati. 108 Se sono ben noti, grazie ai lavori di Fera, i suoi contatti con l ambiente padovano per avere il testo dell Africa, 109 meno esplo- 105 La cosiddetta conclusione sarebbe data solo dalla morte del poeta. Certo è che nell ultimo periodo della sua vita il Petrarca era intento alla revisione di V, come dimostra la rinumerazione dei testi della sequenza finale. Cfr. anche WAYNE STOREY, All interno cit., p Non entro nel merito della dispersa Poi ch al Factor de l universo piacque (CXXI) presente in T dopo 366: qui si potrebbe infatti parlare d un interesse antiquario da parte del copista, dal momento che l inserimento di componimenti estravaganti alla fine dei Rvf appare molto frequente nella tradizione manoscritta del Canzoniere. Solo per fare un esempio in Ricc. 1097, codice a impaginazione nobile, dopo il sonetto 365 che chiude i testi canonici dei Rvf (PULSONI, Appunti cit., p. 54), si ha la stessa dispersa di T (CXXI), seguita a sua volta da Stato foss io quando la vidi en prima (CXLVI), che in T chiudeva la prima parte. Come già detto in precedenza, lo spazio in T tra la fine di Rvf 366 e l inizio della dispersa consiste di undici righe: si tratta di uno spazio superiore a quello occupato da un sonetto, sebbene nel caso in questione esso risponda a criteri di impaginazione in modo che la dispersa possa chiudere il foglio. 107 Una posizione di primo piano occupa certamente Pasquino Capelli, alla luce della lettera scoperta da A. SOTTILI, Wege des Humanismus: Lateinischer Petrarchismus und deutsche Studentenschaften italienischer Renaissance-Universitäten, mit einem Anhang bisher unedierter Briefe, infrom Wolfram and Petrarch to Goethe and Grass. Studies in literature in Honour of Leonard Forster, Baden Baden 1982, pp Il Capelli dichiara infatti solennemente nella chiusa dell epistola di voler raccogliere tutte le opere del poeta aretino «e farsi ardente divulgatore della sua fama» (A. PIACENTINI, scheda n. 6, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 64). 108 Si ricordi che Salutati fu anche uno dei pionieri nel tradurre alcuni testi dei Rvf in latino (cfr. F. BAUSI, Coluccio traduttore, «Medioevo e Rinascimento», 22 (2008), pp : pp ). 109 V. FERA, Antichi editori e lettori dell Africa, Messina 1984, pp Si veda anche G. TANTURLI, Coluccio Salutati e i letterati del suo tempo, incoluccio Salutati e l invenzione

35 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 249 rati sono i rapporti grazie ai quali egli riuscì a entrare in possesso di uno o più codici dei Rvf. Certo è che nella lettera a Pellegrino Zambeccari (27 febbraio ) egli sembra alludere all intitolazione dell opera data dal poeta aretino, a partire dalla redazione Chigiana: «Nec, ut me ad amorem horteris aut te excuses, Petrarcam nostrum ponas in exemplum. amavit ille, nec, ut arbitraris, honeste, imo ad libidinem et furiose; hoc ipse fatetur in principio suorum Fragmentorum, ubi se apud amantes veniam reperturum esse confidit ex iuvenilibus suis erroribus». 110 Il richiamo a fragmentorum pare infatti echeggiare l intitolazione leggibile in Chig. L.V.176 «Viri illustris atque poete celeberrimi Francisci Petrarce de Florentia Rome nuper laureati fragmentorum liber incipit feliciter», parzialmente rivista, come è noto, in V. Ad aprire uno spiraglio di luce sui codici passati tra le mani del cancelliere fiorentino soccorre una nota leggibile in due testimoni del Canzoniere, nell ordine Vat. lat e Vat. lat Qui di seguito la trascrizione interpretativa fornita da Vattasso: Gentile spirto, il quale, cupido di sapere, con giocondità leggendo, il fine ài cerco di questa opera leggiadra, benché al presente forse altra cura ti stringa di partire, questi brievi e pochi versi affectuosamente ti preghiamo che, arrestato alquanto, ad intellecto gli guardi et quanto in essi si contenga con diligençia consideri sì che poi, oçioso, un altra volta non minor desiderio a llegger questa opera t inviti. Queste rime ad licteram furono sumpte da l originale del Petrarca et con quello fedelmente scontrate, del quale, a tua informatione, sì come di felice e richo thesoro, rimase herede il magnanimo et gradito signore di Padova, il quale di poi per sua humanità, come gratioso signore, si degnò mandarlo per dono singulare et grande al facundissimo poeta messer Coluccio Salutati, cancellieri in que tempi della magnifica comunità di Firençe. Questo partendoti, amico karo, assa molesto c era che tu non lo dovessi o nol volessi sapere. Va sano. 111 Al Tanturli si deve un recente commento del testo: «La nota, che con la sua prolissità e affettazione può provocare qualche moto di fastidio e diffidenza, non andrà presa alla lettera, come altre consimili, perché nessuna traccia conferma che l originale, inteso come Vaticano lat. 3195, dei Rerum vulgarium fragmenta, fosse mai in mano di Coluccio Salutati, ma nemmeno può essere irrisa come fantasiosa millanteria per cit., pp : pp Si ricordi inoltre che agli inizi del 1381 erano arrivati al Salutati ben tre codici da Padova grazie al discepolo del Petrarca, Lombardo della Seta (T. DE RO- BERTIS S. ZAMPONI, Libri e copisti di Coluccio Salutati: un consuntivo, incoluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 345). 110 Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. Novati, Roma 1896, vol. III, p [VATTASSO], L originale del Canzoniere cit., p. XX.

36 250 MARCO CURSI - CARLO PULSONI quello che nella sostanza adombra, che un testo riconducibile in modo stretto a quell originale il Salutati avesse. E questo è appoggiato da altre constatazioni, cioè: che anche il Laurenziano XLI 10, così prossimo e simile per impaginazione e testo al Vaticano lat. 3195, effettivamente per scrittura e per i particolari d interpunzione, l uso del punto ammirativo, e per particolari ortografici, gli accenti di cui siamo in caccia, converge sul suo circolo e su di lui; che il Vaticano lat. 4786, depositario, se non primo, più antico della nota ora riportata, sia per assetto testuale vicino al Laurenziano XLI 10, anzi, secondo il Vattasso e la conferma del Belloni, suo derivato e che anche in questo compaiano, rari e saltuari e qualche volta anche a sproposito, ma compaiano, gli accenti a forma di spirito dolce. Basterebbero, forse, questi per orientarlo verso il Salutati; attraverso quali e quanti intermediari è impossibile dire, anche se la datazione del Vattasso al secolo XV in. non ne farebbe presumere troppi». 112 Come si può notare, se da un lato Tanturli afferma che non c è alcuna certezza che Coluccio abbia posseduto V, dall altro dimostra senza alcun dubbio che L è riconducibile nell orbita del cancelliere (sempre ammesso che non facesse parte della sua biblioteca), 113 per via della presenza di una serie di segni paragrafematici propri del suo modus scribendi. Considerato che questi ultimi, con l eccezione del punto ammirativo (cfr. infra), si trovano anche in P, dovremo presupporre che anche questo codice sia passato tra le mani del Salutati, se non perfino commissionato da lui. Va infatti ricordato che il testo (o i testi) di Petrarca di cui disponeva non doveva soddisfarlo, visto che se ne lamenta in merito alla correttezza nella lettera a Niccolò da Tuderano: Così continua lo studioso: «Si vuol precisare, semmai che l orientamento del Vaticano lat è principalmente verso il Salutati e secondariamente verso il Laurenziano XLI 10, perché, posto come almeno probabile che il Cancelliere avesse un esemplare dei Rerum vulgarium fragmenta, riconducibile in modo stretto all originale, anche si deve constatare che ciò non sarebbe stato deducibile da questo codice, almeno come ora si presenta (la legatura laurenziana del tardo Cinquecento ne eliminò la primitiva e eventuali carte di guardia). E sopra s è dovuto indurre fra l originale Vaticano lat e il Laurenziano un interpositus. La discendenza del Vaticano lat da questo, riconosciuta dal Vattasso, potrebbe anche risolversi in collateralità». Si veda anche S. ZAMPONI - G. BELLONI, scheda n. 96, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p ZAMPONI, scheda n. 96, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., p. 304, ha recentemente messo in dubbio l appartenenza del codice alla biblioteca del Salutati, dal momento che «non risulta suffragata da alcun dato grafico sicuro. In conclusione, il ms. non presenta alcun segno esplicito di appartenenza a Salutati». 114 Analoghe rimostranze riguardano i codici di Dante e di Boccaccio. Si ricordi a tale

37 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 251 ut minus admirere si tam ardenter me cuncupiscere videas aliquem textum reperire correctum. dici quidem non potest quam molesta michi sit ista corruptio, que libros omnes invasit. vix enim invenitur iam ex Petrarce Boccacciique libellis codex fideliter scriptus quique non multum ab exemplaribus degeneraverit: sunt quidem non exempla, sed exemplorum similitudines. vera quidem exempla vestigia sunt exemplarium atque sigilla: que vero pro exemplis habemus adeo dissident ab exemplaribus, quod plus ab eis deficiant quam statue deficere soleant ab hominibus, quorum simulacra sunt. hec quidem, liceat habeant ora, nichil dicunt; illa vero, quod deterius est, contraria suis exemplaribus sepe dicunt; que cum communis calamitas est, in hoc libro latius obrepsit et copiosius, quoniam vulgares et imperiti perite non possunt que periti fecerint exemplare. 115 Non si può pertanto escludere che Coluccio, una volta valutata la scarsa affidabilità testuale di L o P, abbia fatto di nuovo ricorso, come nel caso dell Africa, alle sue amicizie venete per avere una seconda trascrizione dei Rvf, discendente anch essa da materiali riconducibili alla casa del Petrarca. Anzi se si conferma l origine settentrionale se non perfino veneta del copista di P (cfr. infra II,2), si potrebbe anche supporre che il codice inviato dal «magnanimo et gradito signore di Padova» a Coluccio, possa corrispondere a P o al suo modello. In tal caso l amanuense andrebbe cercato nella cerchia di umanisti settentrionali vicini al Salutati, come ad esempio Antonio Loschi, 116 Pietro Paolo Vergerio, 117 autore anche di una Vita del Petrarca (cito dal ms. proposito quanto scrive C. BIANCA, Coluccio Salutati scrittore, incoluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 50: «La necessità, invocata dal Salutati, di costituire biblioteche pubbliche, con a capo un bibliotecario filologo che si facesse custode della correttezza testuale dei codici e che di fatto costituisse gli archetipi della tradizione da cui trarre exemplaria fidei digna, ha trovato, per così dire, un campo di applicazione nella diffusione dei propri scritti». 115 Epistolario di Coluccio cit., vol. III, pp La lettera è priva di datazione, ma come rileva Novati, è da assegnarsi al 1399, un periodo insomma successivo e pertanto compatibile col terminus post quem indicato da Tanturli per l apposizione dell accento a mezzaluna nei testi volgari. 116 P. VITI, Loschi, Antonio, indizionario biografico degli Italiani, 66, Roma 2006, pp : pp ; TANTURLI, Coluccio Salutati cit., pp Al Vergerio fu affidata, come è noto, la prima «edizione» dell Africa che concluse nel Egli portò pertanto a compimento il progetto al quale aveva lavorato lo stesso Salutati. Si veda al proposito quanto scrive A. PIACENTINI, scheda n. 7, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 66: «Non sappiamo come si siano evolute le trattative tra i Padovani e Salutati: certo è che quest ultimo rinunciò a farsi editore del poema ed il suo progetto editoriale venne accantonato dagli eredi di Petrarca che, molti anni dopo, morto ormai anche Lombardo della Seta, affidarono la pubblicazione al Vergerio, che la portò a termine nel Il Vergerio accolse e realizzò in parte il progetto di Salutati componendo una sorta di epistola prefatoria, il Sermo de publicatione Africe, egliargumenta metrici». Il Vergerio fu poi a Firenze, nella cerchia del cancelliere fiorentino, per seguire le lezioni di greco del Crisolora (Epistolario di Pier Paolo Vergerio, a cura di L. Smith, Roma 1934, pp. XVIII-XX).

38 252 MARCO CURSI - CARLO PULSONI Laur. Rediano 184, c. 27r «Vita domini Francisci Petrarche per Petrum Paulum Vergierium de Iustinopoli incipit»), 118 ecc. Si tratta di un indagine ancora da svolgere e dalla quale si spera giungano delle conferme all ipotesi. 119 Comunque sia la totale specularità di P L, rarissima nei codici del periodo, 120 rafforza l opinione che essi tendano a riprodurre in maniera fedele degli antecedenti particolarmente significativi, rimontanti al Petrarca stesso o a qualcuno molto vicino a lui. Un intricata vicenda editoriale, insomma, corrispondente agli ultimi anni della vita del poeta, che deve presupporre l esistenza di più apografi, vergati a distanza di poco tempo l uno dall altro, dappresso allo scrittoio del poeta aretino, secondo quanto aveva già finemente intuito Gino Belloni: «Per le ragioni che bene si possono evincere da quanto Zamponi [...] sottolinea su ciò che il Vat. lat era diventato alla fine della vita del Petrarca, ora, appunto nel 74, il Petrarca aveva qualche motivo in più per farsi scrivere una copia in pulito della redazione che aveva sul suo scrittoio, e cioè del testo iniziato dal Malpaghini». 121 II, 1. Il principale motivo di interesse offerto dal manoscritto Italiano 551 della Bibliothèque Nationale di Parigi un testimone finora mai posto al 118 Nella lista delle opere composte dal poeta aretino, Vergerio allude ovviamente anche a quelle volgari: «Duoque volumina ad maternam sive vulgarem linguam conpilavit.scilicet.librum sonectorum et librum triumphorum» (c. 28r; il testo della vita nella sua interezza si può leggere in A. SOLERTI, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, Milano 1904, pp ). Sul codice si veda ora A. DECARIA, scheda n. 54, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp Si ricordi inoltre che il Vergerio aveva scritto in nome di Cicerone un epistola al Petrarca (Epistolario cit., pp ). Egli è ricordato come il primo dei commentatori del poeta aretino da G.F. TOMASINI, Petrarcha redivivus, Patavii 1635, pp : «In quorum numero Latina dictione primam laudem meretur Petrus Paulus Vergerius Iustinopolitanus Carrariensibus Principipus domestici Historiographi titulo familiaris, a Poete obitu non adeo remotus, quin plurima de ipso ex fide consignare potuerit». 119 Si ricordi in ogni caso che «fra i libri databili dalla metà del Trecento al 1406 ovviamente solo una parte sono stati scelti su commissione di Salutati e da copisti da lui scelti: alcuni volumi sono sicuramente confezionati su mandato di Salutati, ma per cura di suoi corrispondenti, come Pasquino Capelli o Lombardo della Seta, e furono quindi scritti da copisti non scelti da Salutati, anche se talvolta seguendo sue indicazioni [...], altri libri furono indubbiamente acquistati già pronti [...], altri ancora gli furono donati» (DE ROBERTIS ZAMPONI, Libri e copisti cit., p. 347). 120 Cfr. G. OUY, Manuscrits jumeaux et copies en facsimilé: deux couples de manuscrits gersoniens, «Codices manuscripti», 11 (1985), pp BELLONI, Nota sulla storia cit., p. 87.

39 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 253 centro dell attenzione di contributi critici riguardanti la più antica tradizione dei Rerum vulgarium fragmenta 122 è costituito dalla sua specularità non solo nella resa testuale 123 ma anche nella struttura dell impaginato e in alcune significativi aspetti di carattere paleografico-codicologico con uno dei codici più rilevanti della più antica tradizione del Canzoniere, il cod. Laurenziano Pluteo XLI.10 (tavole I e II). Il manoscritto fiorentino è un esemplare ben noto agli studiosi, fin dai primi anni del Novecento; Marco Vattasso nella sua introduzione alla riproduzione fototipica del Vaticano latino 3195, ne offriva una descrizione piuttosto accurata, osservando che esso doveva essere stato trascritto prima del 1374 da un copista «intelligente e dotto», che probabilmente ebbe la possibilità di accedere allo scrittoio dell autore e di servirsi di un antigrafo d eccezione, l autografo Vaticano latino 3195, «anteriormente all abrasione dell avverbio qui che occorreva nell interlineo al v. 6 del sonetto Spirto felice»; 124 il codice fu brevemente descritto anche dall Ullmann, secondo il quale sarebbe appartenuto al Salutati, visto che presenterebbe al f. 1r l indicazione, poi erasa, «car(te)» e al f. 68r una nota di possesso di mano di Coluccio, ugualmente erasa e in seguito modificata da un nipote. 125 In tempi più recenti Albinia De la Mare ha assegnato il manoscritto al «late 14th or early 15th cent.», ipotizzando con molta cautela il nome di un possibile copista nel giovane Poggio Bracciolini, 126 mentre qualche anno dopo Maddalena Signorini ha riproposto la tesi di una datazione anteriore 122 Notizie bibliografiche relative al manoscritto sono fornite dalle brevi o brevissime descrizioni che si leggono in A. MARSAND, I manoscritti italiani della Regia Biblioteca Parigina, Parigi 1835, pp ; G. MAZZATINTI, Inventario di manoscritti italiani delle biblioteche di Francia. I. Manoscritti italiani della Biblioteca Nazionale di Parigi, Roma 1886, p. 108; E. PELLEGRIN, Manuscrits de Pétrarque dans les bibliothèques de France, Padova 1966, pp A proposito della quale cfr. supra. 124 [VATTASSO], L originale del Canzoniere cit., p. XXIV (una descrizione del manoscritto alla p. XXIV n. 5). 125 Vedi B.L. ULLMAN, The Humanism of Coluccio Salutati, Padova 1963, p Per quel che riguarda la datazione, essa è riportata al «s. XIV» (ibidem). 126 «Written in black ink in a hand showing the influence of Petrarch, but developing from gothic into early humanistic, which might conceivably be the very early hand of Poggio Bracciolini» (A. C. DE LAMARE, Cosimo and His Books, in Cosimo il vecchio de Medici, Essays in Commemoration of the 600 th Anniversary of Cosimo de Medici s Birth including Papers Delivered at the Society for Renaissance Studies Sexcentenary Symposium at the Warburg Institute (London, May, 1989), edited by F. Ames-Lewis, Oxford 1992, pp : p Agli ultimi due decenni del secolo ha rimandato pure D. DEL PUPPO, Remaking Petrarch s «Canzoniere» cit., p. 121: «Ms. Pluteo is a close copy of Petrarch s holograph that was made during the last two decades of the fourteenth century in the Vene-

40 254 MARCO CURSI - CARLO PULSONI alla morte del Petrarca: la copia sarebbe avvenuta in un lasso di tempo compreso tra l introduzione di alcune cifre romane apposte dall autore nel codice Vaticano latino 3195 per contare, di cinquanta in cinquanta, i soli sonetti contenuti nel Canzoniere presenti anche nel Pluteo XLI.10 e quella delle cifre arabiche con le quali Petrarca ordinava nel Vaticano gli ultimi componimenti, che invece sono assenti nel manoscritto laurenziano (e dunque tra il gennaio del 1373 e il luglio del 1374). 127 Pochi mesi fa, infine, Stefano Zamponi, rilevava che «anche alla più paziente analisi» le due note colucciane segnalate dall Ullman non risultano presenti nel manoscritto; quanto alla datazione del codice, esso sarebbe da collocare negli ultimi anni del Trecento o all inizio del secolo successivo, visto che il copista che adotta usi interpuntivi e ortografici risalenti a Coluccio si serve di una «littera textualis semplificata, con singoli elementi della littera antiqua restaurata» (tra cui la presenza regolare dell & umanistico). 128 Il manoscritto, pur non presentando «alcun segno esplicito di appartenenza al Salutati», sarebbe stato confezionato nella cerchia del cancelliere della Repubblica di Firenze; per quel che riguarda l identità dello scrivente, sebbene nella forma di una prima proposta, lo studioso rimanda al Niccoli, con un attribuzione che «potrebbe trovare conforto nelle cure che egli aveva prestato (forse anche su richiesta di Salutati) alla copia e diffusione delle opere del Petrarca». 129 *** II, 2. Torniamo, dunque, al codice parigino e ai suoi rapporti con L; un primo dato da evidenziare riguarda la piena rispondenza nelle misure e nell impaginato del testo, che nel corso di tutta la copia risulta quasi perfettamente sovrapponibile tra i due manoscritti: 130 P: mm. 282x209 = 57 [188] 37 x 23 [66 (03) 71] 46 to, the region where Petrarch lived the last years and where the poet s holograph was preserved». 127 Cfr. M. SIGNORINI, Fortuna del modello-libro Canzoniere, «Critica del testo», 6/1 (2003), pp : pp Per una ricostruzione degli studi riguardanti il Laur. Pluteo XLI. 10 cfr. BELLONI, Nota sulla storia cit., pp Cfr. S. ZAMPONI, Scheda n 96, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp Ibid., p Con una sola eccezione, riguardante l aggiunta della rima dispersa Donna mi vene spesso nella mente, per la quale supra.

41 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 255 L: mm. 280x200 = 64 [187] 28 x 20 [65 (07) 61] Entrambi i codici condividono la strategia di copia attuata da Francesco Petrarca nel Vaticano latino 3195, che prevede una disposizione di due versi per riga «come nella scrittura a piena pagina (e difatti a piena pagina è la rigatura che guida la scrittura), ma [...] separati da uno spazio codificato e perciò regolare, cosicché l impressione che se ne ricava è invece quella di una disposizione a due colonne, dove però il senso di lettura non segue l ordine normale colonna sinistra + colonna destra, ma r. 1 sinistra + r. 1 destra, ecc.»; 132 si noti, però, che tale risultato è evidente soltanto nelle pagine di mano del Petrarca, mentre quelle del Malpaghini non contemplano la rigida giustificazione a sinistra dei versi pari, appena separati da quelli dispari da un intercolumnio mobile, «a serpentina». 133 Tale opzione con ogni probabilità trovò il suo modello nella grande tradizione dei canzonieri toscani nella variante «fiorentina» (il rimando obbligato è a due dei tre più importanti testimoni della nostra lirica antica Laurenziano Redi 9 e Vaticano latino 3793 e anche al canzoniere Chigiano L.VIII.305, appartenuto a Coluccio Salutati e databile alla metà del sec. XIV), 134 ma venne estesa dal Petrarca anche alla presentazione grafica delle canzoni e degli altri generi minori, tanto da poterne concludere che l architettura di base della pagina petrarchesca nasce «sotto il segno del sonetto». 135 L unica, rilevantissima, eccezione a tale norma è costituita dalle sestine, per le quali Petrarca opta per una lettura incolonnata, con 131 Le rilevazioni sono state effettuate rispettivamente ai ff. 14r. (P) e 13r. (L). 132 Cfr. SIGNORINI, Fortuna del modello-libro cit., p Al riguardo vedi anche G. CA- POVILLA, Un sistema di indicatori metrici nell originale del Canzoniere petrarchesco, inil libro di poesia dal copista al tipografo, a cura di A. Quondam e M. Santagata, Modena 1989, pp ; F. BRUGNOLO, Libro d autore cit., pp ; H. WAYNE STOREY, All interno della poetica grafico-visiva di Petrarca, ibid., pp : pp ; PACIONI, Visual poetics e mise en page cit., pp BRUGNOLO, Libro d autore cit., pp Al riguardo vedi anche SAVOCA, Il Canzoniere di Petrarca cit., pp Cfr. SIGNORINI, Fortuna del modello-libro cit., pp Si noti, però, che secondo l autrice in quei canzonieri antichi «la disposizione si presenta con due versi per rigo separati da un punto, ma, proprio l assenza di quello spazio quasi un intercolumnio indica piuttosto un aderenza al modello a piena pagina, che non a quello petrarchesco, del quale comunque costituisce il necessario presupposto». Al proposito cfr. pure BRUGNOLO, Libro d autore e forma-canzoniere cit., p S. ZAMPONI, Il libro del Canzoniere: modelli, strutture, funzioni, inrerum vulgarium fragmenta cit., pp : p. 22.

42 256 MARCO CURSI - CARLO PULSONI i versi disposti uno sotto l altro, probabilmente per mettere in evidenza la particolare struttura del componimento, garantendo così una distinzione immediata rispetto agli altri generi metrici del Canzoniere. 136 Tale anomalia poteva essere fonte di potenziali errori per chi si era abituato a trascrivere il testo passando dalla colonna di sinistra a quella di destra e in questo caso era obbligato a copiare lungo un asse verticale; forse per questo i copisti di L e P ricorrono ad un particolare accorgimento: in corrispondenza delle sestine aggiungono un rigo che corre lungo tutto l intercolumnio, formando una sorta di parentesi quadra con i tratti brevi contrapposti (tavole IIIa, IIIb). La comune presenza di tali segni, tanto intrusivi da sconvolgere la pulizia della trascrizione, 137 mi pare costituire un forte argomento a favore di una strettissima parentela tra i due manoscritti, 138 peraltro testimoniata anche da altri particolari di minor evidenza: in margine ad entrambi i codici sono state apposte tre cifre romane CCL (P: f. 56r; L: 55r), CCC (P: f. 64r; L: f. 65r), CCCXII (P: f. 68r; L: f. 67r) (tavole IVa, IVb), che riproducono le analoghe postille petrarchesche presenti nell autografo vaticano con cui l autore contava il numero complessivo dei sonetti trascritti fino a quel punto; 139 nel codice parigino il miniatore incaricato di inserire le iniziali filigranate commise alcuni errori, 140 poi corretti con l integrazione di iniziali in inchiostro bruno da parte della mano B, cui si deve la tavola alfabetica finale e i numeri romani che precedono ciascun componimento (tavole Va, Vb). 141 Tali sviste solitamente non trovano riscontro nel Pluteo XLI. 10, se non in un caso di particolare interesse: laddove il miniatore del codice parigino, in testa al sonetto 238 (f. 45v), tracciò una S, poi corretta dalla mano B in R, il miniatore del manoscritto laurenziano (f. 44v) lasciò uno spazio in bianco, poi integrato da una R di mano coeva (tra l altro singolarmente vicina nella morfologia a quella della mano B); tale 136 Cfr. BRUGNOLO, Libro d autore e forma-canzoniere cit., pp ; PULSONI, Petrarca e la codificazione cit., pp : pp Al proposito cfr. BELLONI, Nota sulla storia cit., p Accomunati anche dal numero di linee di scrittura: 31 (quando sono trascritti sonetti) o 32 (quando sono trascritte canzoni). Nell autografo Vaticano latino 3195 le linee di scrittura sono sempre 31, all interno di una griglia da 32 righe: ZAMPONI, Il libro del Canzoniere cit., pp. 14, Al riguardo, cfr. ibid., p Al riguardo cfr. la successiva descrizione del codice al II Tale numerazione presenta alcuni errori, riflessi anche nella tavola finale, per i quali cfr. PULSONI -CURSI, Sulla tradizione antica cit., p. 94.

43 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 257 coincidenza appare difficilmente casuale e potrebbe attestare la mancanza della letterina di guida in un antecedente comune. Oltre agli elementi messi finora in evidenza, tutti orientati a favore di una stretta parentela tra i due manoscritti, ve ne sono anche altri che invece testimoniano scelte diverse, di carattere codicologico e interpuntivo: il codice parigino è rigato a secco, con la prima linea di testo che corre al di sotto della prima riga; il laurenziano, al contrario, presenta una rigatura a colore, con prima linea di testo posta al di sopra della prima riga; 142 nel codice Laurenziano, in sei casi, ad inizio di canzone, sono aggiunti leggeri tratti di penna di andamento orizzontale che uniscono «da sinistra a destra il primo e il secondo verso, quasi a condurre l occhio del lettore o del lettore-copista nella giusta direzione». 143 Tale segno, certamente introdotto per distinguere il differente senso di lettura rispetto alla sestina, compare una sola volta nel Parigino, a marcare l inizio della prima canzone Nel dolce tempo de la prima etade (Rvf 23 [f. 5r]), posta immediatamente di seguito alla sestina A qualunque animale alberga in terra (Rvf 22 [f. 4v]); nel manoscritto parigino è adottato un sistema interpuntivo costituito da cinque segni, tutti presenti nel sistema petrarchesco: virgola, punto, comma, virgola forte, punto interrogativo. 144 Il codice laurenziano ha un usus interpungendi diverso, poiché aggiunge un sesto elemento, formato da due punti sormontati da virgola, il cosiddetto «punto sospensivo ammirativo». Colui che ideò e utilizzò per primo tale segno, secondo quanto si legge in una nota apposta da un anonimo revisore che intervenne in margine alla Commedia trascritta dalla mano di Filippo Villani nel cod. 142 Cfr. ZAMPONI, scheda n 96 in Coluccio Salutati e l invenzione cit., p Riguardo all uso della scrittura al di sopra («above») o al di sotto («below») della prima rettrice nel libro umanistico italiano vedi A. DEROLEZ, Codicologie des manuscrits en écriture humanistique sur parchemin, I, Turnhout 1984, pp ; M. A. CASAGRANDE MAZZOLI - E. ORNATO, Elementi per la tipologia del manoscritto quattrocentesco dell Italia centro-settentrionale, in P. BUSONERO M.A. CASAGRANDE MAZZOLI L. DEVOTI E. ORNATO, La fabbrica del codice. Materiali per la fabbricazione del libro nel tardo medioevo, Roma 1999, pp : p BELLONI, Nota sulla storia cit., p. 84 n. 38. I tratti orizzontali di congiunzione dei versi si trovano in testa alle seguenti canzoni: Rvf 23, 28, 70, 71, 72, 73. Un analogo marcatore (linea tratteggiata orizzontale) «ricorre nel Vat. lat a legare i primi due versi (mano del Petrarca) della canzone Standomi un giorno solo alla fenestra (f. 62v [Rvf 323])»: ibidem. 144 Al proposito vedi la successiva descrizione del codice al II.3.

44 258 MARCO CURSI - CARLO PULSONI Laurenziano Pluteo 26 sin. I, fu Coluccio Salutati; 145 in effetti esso si ritrova di frequente in copie di sue opere da lui controllate (ad esempio nel De seculo del Riccardiano 872) o in sue copie di classici (come le Epistole di Plinio nel Laur. S. Marco 284). 146 Il punto ammirativo compare 9 volte nel codice laurenziano, 147 mentre ne ce n è alcuna traccia nel manoscritto parigino, che in quei luoghi mostra l uso del comma o del punto. *** L ignoto personaggio cui si deve la nota in margine alla Commedia trascritta da Filippo Villani si sottoscrive in fine al codice Pluteo 26 sin. I con l esametro Non bene pro toto libertas venditur auro (f. 200v [tavola VIb]); nei primissimi anni del 400 questo anonimo revisore sottopose il manoscritto ad un attento controllo ortografico, 148 integrando l interpunzione del Villani, costituita dai soli punti, con virgole, commi, punti interrogativi e punti ammirativi, ma soprattutto aggiungendo sulle parole tronche e su è un accento a forma di mezzaluna. La mano di Non bene, 145 Al f. 2r. (Inf. I, 82) esso è definito «Ammirativo secondo messer Coluccio»; al f. 36r. (Inf. XVIII, 35), la medesima mano specifica: «Secondo messer Coluccio questo punto si chiama sospensivo [la parola è depennata] ammirativo» (tavola VIa). Al riguardo vedi G. TANTURLI., L interpunzione nell autografo del «De origine civitatis Florentie et eiusdem famosis civibus» di Filippo Villani rivisto da Coluccio Salutati, instoria e teoria dell interpunzione. Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze maggio 1988), a cura di E. Cresti N. Maraschio L. Toschi, Roma 1992, pp : p. 67. Cfr. pure ID., Scheda n 11, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p Cfr. ID., Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s.. Il segno è menzionato dal Salutati nella sua Ratio punctuandi (per la quale cfr. Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp ). 147 Cfr. ff. 27r. (Rvf 128, 11); 37v (Rvf 192, 3,4); 49r. (Rvf 264, 23); 51r. (Rvf 269, 14); 51v (Rvf 270, 48, 53); 55v (Rvf 300, 3, 4). 148 La revisione fu effettuata prima che il manoscritto della Commedia venisse in possesso di Fra Tedaldo della Casa, visto che due suoi interventi si sovrappongono alla scrittura di Non bene, e dunque entro il primo decennio del sec. XV; al proposito vedi U. MARCHESINI, Due manoscritti autografi di Filippo Villani, «Archivio storico italiano», s. V, 2 (1888), pp : pp ; A. CASTELLANI, Sulla formazione del sistema paragrafematico moderno, «Studi linguistici italiani», 21/1 (1995), pp. 3-47: pp L ultima testimonianza lasciata da Tedaldo risale al dicembre del 1410, secondo quanto mostrato dalla sottoscrizione apposta al cod. Laur. Pluteo 16 sin. 9 (per il quale vedi L. AMATO, Scheda n 10, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 73), ma «il francescano [...] nato nella prima metà del Trecento, non può essere vissuto molto più a lungo»: TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c.s..

45 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 259 certamente legata alla cerchia di Coluccio, trascrisse pure interi codici, tutti contenenti testi volgari, servendosi di una corsiva di base mercantesca piuttosto abile: tra di essi basterà ricordare quattro volumi di un volgarizzamento toscano delle Vite parallele di Plutarco; 149 un Giustino volgarizzato 150 e un Etica di Aristotele volgarizzata da maestro Taddeo e Arrighetto da Settimello. 151 Il sorgere di un forte interesse per le tematiche legate all uso degli accenti nella Firenze di primo 400 peraltro confermato da un ulteriore manoscritto, segnalato qualche anno fa da Luisa Miglio, il cod. Palatino 321 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, contenente la Commedia (tavola VII), 152 in cui si fa ampio uso di accenti a forma di spirito dolce sulle ossitone, sui monosillabi tonici, sulla tonica di parola piana e sull ultima sillaba di parole apocopate per esigenza metrica (camìn, pensièr etc.) 153 e nel quale compare anche il «punto sospensivo ammirativo» 154 è per noi di particolare rilevanza, poiché i due testimoni petrarcheschi di cui ci stiamo occupando sono dotati di un ricco apparato di accenti a forma di mezzaluna, utilizzati prevalentemente su ossitone e sui monosillabi tonici; tale accenti sono certamente da ascrivere alle mani dei due copisti e non a quelle di revisori successivi. 155 Anche in relazione a questa abitudine grafica così caratte- 149 Laurenziani Plutei 36 sin. 7, 9, 10 e cod. II.I.52 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Descrizioni dei quattro volumi, «unitari per formato, impaginazione, mano», e dunque costituenti con ogni verosimiglianza un insieme organico, in ID., Scheda n 13, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp (la citazione è tratta dalla p. 81). 150 Cod della Biblioteca Riccardiana di Firenze; per una descrizione del manoscritto vedi ID., Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, cod. II.IV.274 (cfr. ibid., pp. 0000). Da ricordare pure un frammento di due carte, provenienti da un codice della Commedia (Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, serie 131, filza 92); due miscellanee di poesie e prose volgari dei secoli XIII e XIV (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, cod. Panciatichiano 24 e Londra, British Library, cod. Additional 26772); una terza Deca di Livio in volgarizzamento (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Palatino E.B.9.2 [Striscia 1375]); un miscellaneo, contenente, tra l altro il dialogo ciceroniano Laelius de amicitia volgarizzato e una serie di testi retorici (Firenze, Biblioteca Riccardiana, cod. 1642). Tutti i testimoni qui nominati sono descritti in TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s L. MIGLIO, Lettori della Commedia: i manoscritti, in Per correr miglior acque.... Bilanci e prospettive degli studi danteschi alle soglie del nuovo millennio. Atti del Convegno internazionale (Verona-Ravenna, ottobre 1999), Roma 2001, pp : p. 306 n Cfr. TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s Ibidem. 155 A testimoniarlo la tonalità degli inchiostri. Non è condivisibile, dunque, quanto sostenu-

46 260 MARCO CURSI - CARLO PULSONI rizzante, la vicinanza tra i due manoscritti è impressionante: ben 203 occorrenze di accento a forma di mezzaluna in P corrispondono a quelle di L (tavole VIIIa, VIIIb); in un solo caso si registrano accenti a mezzaluna in P ma non in L 156 e in tre casi gli accenti sono in L ma non in P. 157 Si noti, peraltro, che la morfologia del segno utilizzato è piuttosto diversa: se il copista di P traccia un tratto ricurvo che presenta il massimo spessore al punto d attacco e poi diviene sempre più sottile, il copista di L fa ricorso ad un tracciato uniforme e sembra prediligere un esecuzione più angolosa. 158 Resta da notare che in L e in P compare anche un altro segno diacritico, un apice simile all accento acuto moderno; ne ho annotate quattro occorrenze nei medesimi luoghi in P e in L, sempre per la lettera o (in un caso utilizzata con valore di congiunzione disgiuntiva e negli altri tre con valore di interiezione); 159 in tre casi il segno è utilizzato solo da L 160 e in cinque è apposto solo dal copista di P. 161 Spiegare la ratio che guida questi interventi è difficile; tale segno, attestato di frequente in manoscritti databili tra i secoli X e XII ad indicare prevalentemente la sillaba tonica nella lettura ad alta voce o apposto per la distinzione degli omografi, 162 vide il suo utilizzo rarefarsi progressivamente dai primi decenni del sec. XIII. 163 Ripercorrere le vie attraverso le quali esso trovò progressivamente un nuovo spazio tra gli usi dei copisti trecenteschi non è agevole; quel che è certo è che, fin dalla metà del secolo, se ne serviva un amanuense d eccezione, Giovanni Boccaccio; egli, infatti, appose accenti acuti sulla preposizione interiettiva in almeno due delle sue tre coto da Arrigo CASTELLANI, Sulla formazione cit., p. 29, che attribuisce l aggiunta degli accenti nel Laurenziano Pluteo XLI. 10 alla mano di Non bene. 156 Cfr. Rvf 81, 7 (volò, f. 19v [P], f. 18v [L], per il quale, però, cfr. supra) 157 Cfr. Rvf 1, 4 (altr uom, f. 2r. [P], f. 1r. [L]); Rvf 5,5( incontrò, f. 2v [P], f. 1v [L]); Rvf 121, 7 (pietà, f. 26r. [P], f. 25r. [L], riguardo al quale cfr. supra). 158 Ancora diversa la morfologia dell accento nella mano Non bene, che traccia un segno simile ad una virgola moderna rovesciata, piuttosto vicino all accento utilizzato dall anonimo copista del Palatino Rvf, 40, 1 (s amore ó morte, f. 10v [P], f. 9v [L]). Rvf, 37, 14 (ó spirto ignudo, f. 10r. [P], f. 9r. [L]); Rvf, 71, 37 (o poggi ó valli, f. 16v [P], f. 15v [L]); Rvf, 212, 12 (ó grave e lungo affanno, f. 42r. [P], f. 41r. [L]). 160 Rvf, 23, 76 (ó senso umano, f. 4v [in P è apposto un accento a mezzaluna]); Rvf, 38, 10 (ó per argoglio, f. 9r.); Rvf, 43,6(ó di lontano, f. 10r.). 161 Rvf, 5,5 (é d altri homeri soma, f. 2v); Rvf, 5,11(ó d ogni reverença, f. 2v); Rvf, 6, 5(che n fuga é volta, f. 2v); Rvf, 65,8(ma così vá, f. 15r.); Rvf 70,2(la speme, ch è tradita, f. 15v). 162 CASTELLANI, Sulla formazione cit., pp Ibid., p.21.

47 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 261 pie della Commedia, 164 come pure nel Canzoniere Chigiano L.V e nel tardo autografo decameroniano Hamilton Un primo, provvisorio, sondaggio compiuto su manoscritti della Commedia non mi ha consentito di trovarne altre attestazioni in copisti operanti entro la fine del sec. XIV; 167 in compenso esso compare, in un solo caso e con la medesima funzione, anche nel Vaticano latino 3195, nella sezione di testo di mano di Giovanni Malpaghini. 168 Resta da segnalare che anche Niccolò Niccoli aveva l abitudine di servirsi di tali accenti, per la trascrizione di testi latini; se ne registra un gran numero nel Laurenziano San Marco 649, contenente il De musica di Agostino (trascritto intorno al 1400), 169 nel San Marco 612 (databile al 1403 circa), 170 e in altri nove testimoni, 164 Firenze, Biblioteca Riccardiana, cod (circa 1360); Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Chigi L. VI. 213 (circa 1365). Per le datazioni qui proposte vedi A. C. DE LAMARE, The handwriting of italian humanists, Oxford 1973, pp ; Mostra di manoscritti, documenti ed edizioni (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 22 maggio-31 agosto 1975), I, Certaldo 1975, pp ; P. G. RICCI, Studi sulla vita e sulle opere del Boccaccio, Milano-Napoli 1985, p Non ho ancora potuto verificare l eventuale presenza di accenti acuti nella più antica tra le Commedie di mano del Boccaccio: Toledo, Archivo y Biblioteca Capitulares, cod. Zelada 104, 6 (circa 1355). 165 Come era logico aspettarsi, visto che in origine il manoscritto costituiva un unità con l altro Chigiano L.VI.213 e che i due codici «rimasero uniti per un certo lasso di tempo, certamente fin dopo che il miniatore (magari il Boccaccio stesso) ebbe disegnato e colorito le nelle iniziali»; al proposito vedi D. DE ROBERTIS, Introduzione, in Il codice Chigiano L.V. 176 autografo di Giovanni Boccaccio. Edizione Fototipica, Roma-Firenze 1974, pp. 7-72: p. 21. Sulla datazione del codice alla metà degli anni 60 vedi anche RICCI, Studi sulla vita e sulle opere cit., pp ; DE LAMARE, The handwriting cit., pp Pier Giorgio Ricci già nel 1962 segnalava, a proposito dell autografo berlinese, l abitudine boccacciana di apporre «un accento sulla o del vocativo, per distinguerla dalla o disgiuntiva», ritenendo tale uso tardo, tanto da essere presente anche «in alcune estreme scrizioni della Genealogia e del De mulieribus»: V. BRANCA -P. G. RICCI, Un autografo del Decameron (codice Hamiltoniano 90), Padova 1962, p. 63. Quanto rilevato a proposito dei codici della Commedia e del Canzoniere Chigiano sembra anticipare almeno all inizio degli anni 60 l impiego di tali accenti da parte del Boccaccio. Mi riprometto di effettuare una verifica sistematica di tale uso in tutti i manoscritti integralmente autografi o contenenti postille attribuibili al Boccaccio. 167 La verifica è stata compiuta su 21 manoscritti trecenteschi integralmente digitalizzati a cura della Società Dantesca Italiana nel sito Cfr. Rvf 23, 76 (ó senso humano, f. 4v); al riguardo cfr. SAVOCA, Il Canzoniere di Petrarca cit., p Cfr. A C. DE LAMARE, Humanistic script: the first ten years, indas Verhältnis der Humanisten zum Buch, a cura di F. Krafft e D. Wuttke, Boppard 1977, pp : pp ; CASTELLANI, Sulla formazione cit., p. 21; Coluccio Salutati e l invenzione cit., p Cfr. T. DE ROBERTIS, I percorsi dell imitazione. Esperimenti di littera antiqua in codici

48 262 MARCO CURSI - CARLO PULSONI compresi tra il 1423 e il Nella scrittura del Niccoli essi sono utilizzati soprattutto per i monosillabi (innumerevoli sono le occorrenze di á, ma l accento viene apposto anche su é e ó) e per la distinzione degli omografi (nell avverbio uná e eó); 172 si noti, peraltro, che tali scrizioni sono sconosciute a Poggio Bracciolini, mentre si ritrovano in molti manoscritti di alcuni dei più abili e prolifici copisti in antiqua della prima generazione, come Giovanni Aretino 173 o Antonio di Mario. 174 *** La presenza di accenti acuti e a mezzaluna nel codice Italiano 551 ci introduce all ultima, difficile, questione, quella riguardante la datazione e localizzazione del manoscritto parigino. Nella scheda di descrizione alla già menzionata Commedia trascritta nel cod. Laurenziano Pluteo 26 sin. I, Giuliano Tanturli, soffermandosi sulla profonda azione di revisione testuale, ortografica e interpuntiva compiuta dalla mano che si sottoscrive con il distico Non bene pro toto libertas venditur auro, concludeva che l accento a forma di mezzaluna crescente in funzione diacritica su è e à (voci verbali), sulla tonica di parole ossitone, sui monosillabi, e, benché più di rado, sulla tonica delle proparossitone e persino delle parossitone, è da ritenersi «nuovo sia nella forma sia, ch io sappia, in assoluto alla data fra Tre e Quattrocento»; l uso di tale segno innovativo per l epoca ma non esclusivo di Non bene pro toto congiungerebbe in modo «implicito ma univoco questo codice e generalmente Non bene pro toto fiorentini del primo Quattrocento, ini luoghi dello scrivere da Francesco Petrarca agli albori dell età moderna. Atti del Convegno internazionale di studio dell Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti (Arezzo, 8-11 ottobre 2003), a cura di C. Tristano, M. Calleri e L. Magionami, Spoleto 2006, pp : p CASTELLANI, Sulla formazione cit., p Ibid., pp In un caso il Niccoli utilizza un accento acuto anche scrivendo in volgare, nella lettera a Michelozzo del 28 dicembre 1432, in cui è accentata la a nella forma áogni tuo piacere, presumibilmente per l abitudine all uso di á in latino. La lettera è riprodotta integralmente in DE LAMARE, The handwriting cit., tav. XIII (a), con edizione e traduzione in inglese. La segnalazione dell accento sulla á è presente in CASTELLANI, Sulla formazione cit., p Ad esempio nel Pluteo 63.4, della fine del 1411 o dell inizio del 1412: ibid., p Fin dal primo testimone noto di sua mano, il Laurenziano Conventi Soppressi 287, datato al 1417; ibid., p. 26.

49 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 263 al Salutati e al suo circolo». 175 Di recente, inoltre, lo stesso Tanturli ha rilevato molte occorrenze dell accento a mezzaluna in istruzioni e lettere in volgare per ambasciatori e commissari del Comune, attribuibili alla mano del Salutati, datate a partire dal 30 marzo del 1397; 176 tale uso potrebbe essere correlato con l arrivo a Firenze di Emanuele Crisolora, giunto il 2 febbraio di quell anno per tenere un corso di greco «che segnò una tappa fondamentale per gli studia humanitatis». 177 Si potrebbe ipotizzare, dunque, una possibile suggestione esercitata dalla morfologia dello spirito dolce greco sulla scelta compiuta dal Salutati nel momento in cui aveva il bisogno di isolare un segno distintivo non ambiguo ma chiaramente distinguibile per l indicazione dell accento tonico in testi volgari. 178 Tali considerazioni consentono a mio parere di stabilire un termine post quem ragionevolmente sicuro agli ultimi anni del sec. XIV anche per i codici di cui ci stiamo occupando; del resto, proprio il 1397 è ormai riconosciuto come data d inizio per i primi esperimenti grafici nella rinnovata littera antiqua; di essi si colgono chiari echi nelle scrittura del Pluteo XLI. 10 (in cui la presenza dell ampersand è del tutto regolare e vi sono numerose maiuscole di forma capitale) e soprattutto del Parigino Italiano 551 (nel quale oltre all ampersand ricorrono la d diritta, una g di impronta poggiana, la s diritta in posizione finale di parola e varie iniziali al tratto di forma capitale). Fissato, dunque, un più che probabile termine post quem, a quali anni potrebbe risalire la confezione del nostro Parigino? Il modo più semplice per risolvere la questione sarebbe quello 175 G. TANTURLI, Scheda n 13, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp Tali documenti sono conservati in stato di minuta o di copia nei registri della cancelleria fiorentina che ora costituiscono il fondo Signori dell Archivio di Stato di Firenze; al riguardo cfr. TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s T. DE ROBERTIS, Motivi classici nella scrittura del primo Quattrocento, inl ideale classico a Ferrara e in Italia nel Rinascimento, a cura di P. Castelli, Firenze 1998, pp : p Cfr. TANTURLI, Filologia del volgare intorno al Salutati cit., in c. s.. Si noti che un accento a forma di mezzaluna compare anche nella trascrizione della canzone di Cino da Pistoia La dolce vista e l bel guardo soave (v. 27: Lo gran contrario ch è dal bianco al negro, cfr. Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, vol. II, p. 632) attribuita alla mano di Coluccio da Maddalena Signorini (Il Canzoniere Chigiano L.VIII.305 cit., pp , tav. 15); secondo la ricostruzione qui proposta, l ipotesi di datazione della studiosa, fissata «alla seconda metà dell ottavo decennio del Trecento o primissimi anni 90», andrebbe spostata leggermente in avanti, ad un periodo posteriore al 1397 (sempre che l analisi della tonalità degli inchiostri confermi che l accento sia stato aggiunto contestualmente alla copia del testo della canzone di Cino). Per una descrizione del Canzoniere Chigiano, vedi «Intavulare». Tavole di canzonieri romanzi. III. cit., pp

50 264 MARCO CURSI - CARLO PULSONI di identificare la mano del copista, ma una verifica da me compiuta su diversi testimoni in antiqua attribuibili a copisti della prima generazione non ha dato alcun riscontro soddisfacente. Passando in rassegna i saggi, datati o recentissimi, che si sono occupati dell antiqua delle origini, dal celebre contributo di Albinia de la Mare sui first ten years, 179 a quelli di Armando Petrucci e di Stefano Zamponi, dedicati al problema della formazione del canone, 180 fino allo studio di Teresa De Robertis sui Percorsi dell imitazione, 181 si rilevano solitamente due situazioni grafiche contrapposte: da una parte la dominante presenza di copisti che confezionano codici «copiati interamente e compiutamente all antica»; 182 dall altra, i casi (a dire il vero piuttosto rari) di scriventi intenti ad un processo di trasformazione dalla propria scrittura quasi sempre di base gotica nella nuova tipologia umanistica, colti mentre quel processo è in atto e per così dire fissato nel vivo della pagina. Quando si realizza questa seconda condizione, assistiamo ad operazioni segnate da frequenti e prevedibili resistenze grafiche, da interferenze di elementi dissonanti rispetto al nuovo sistema che andava prendendo forma, che compaiono spesso in momenti in cui l esecuzione è più rilassata, a rivelare «l ancora fortissimo attrito esercitato da una pregressa educazione moderna o gotica». 183 Se osservata da questo punto di vista, la scrittura di P, sorprendentemente, sembra sfuggire a possibili classificazioni, non trovando una sua collocazione né nell uno né nell altro insieme: il Parigino non è di certo un codice eseguito «compiutamente all antica», ma d altra parte la sua tipologia grafica mostra una continua giustapposizione delle vecchie e delle nuove forme, un evidente coesistenza di sintomi riconducibili all antiqua da un lato e alla gotica dall altro, che parrebbe dipendere da consapevoli scelte operata dal copista; così la d tonda e quella diritta, la g a 9 o con schiena ondulata e quella umanistica, la r diritta e quella a 2, l ampersand e la nota tironiana per et si susseguono le une accanto alle altre per tutta la trascrizione, in molti casi nella stessa carta, o addirittura nello stesso rigo. Questa forte tendenza alla variazione si coglie anche nel si- 179 DE LAMARE, Humanistic script cit. 180 A. PETRUCCI, Anticamente moderni e modernamente antichi, in Libri, scrittori e pubblico nel Rinascimento. Guida storica e critica, a cura di A. Petrucci, Roma - Bari 1979, pp ; S. ZAMPONI, La scrittura umanistica, «Archiv für Diplomatik», 50 (2004), pp : DE ROBERTIS, I percorsi dell imitazione cit. 182 Ibid., p Ibid., p. 117.

51 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 265 stema delle iniziali al tratto, che mostrano un alternanza di forme molto maggiori rispetto, ad esempio, a quelle utilizzate dal copista del Pluteo XLI. 10. Tale tendenza ad un così marcato ibridismo a mio avviso può essere interpretata secondo due linee di giudizio molto diverse: A) il nostro codice è attribuibile ad una mano fiorentina, ma deve essere collocato non nella prima fase (per così dire sperimentale) di sviluppo dell antiqua, ma in un periodo più avanzato, in cui la ormai consolidata acquisizione di un canone poteva consentire al copista di operare un artificiosa commistione tra due sistemi grafici, sentiti come diversi ma non più come irriducibilmente contrapposti; B) la copia del manoscritto va collocata ai primi anni del secolo, ma il copista appartiene ad un area grafica non fiorentina e probabilmente neppure toscana; i codici in antiqua prodotti a Firenze e in Toscana nel primo quarto del secolo, infatti, pur essendo più aperti allo sperimentalismo grafico rispetto a quanto si è ritenuto per molto tempo (basterebbe pensare alla mano di Sozomeno da Pistoia 184 o a quelle di copisti poco noti che stanno emergendo in questi ultimi anni), 185 non sembrano ammettere una tendenza alla variazione così marcata come quella che si riscontra nel testimone parigino. *** A) Una collocazione cronologica del manoscritto Italiano 551 ad un periodo posto oltre il limite dei primi venti-venticinque anni del sec. XV non pare ragionevolmente sostenibile, a partire da almeno tre considerazioni: 1) la sua natura di codice gemello nei confronti del Pluteo XLI. 10 rende poco probabile un esecuzione troppo lontana nel tempo rispetto a quella del codice laurenziano, da porre allo scorcio del sec. XIV o al massimo ai primissimi anni del sec. XV. 186 Si consideri, ad esempio, l e- 184 Cfr. E. CASAMASSIMA -G.SAVINO, Sozomeno da Pistoia: un irregolare della renovatio grafica umanistica, «Medioevo e Rinascimento», 9/n.s. 6 (1995), pp Mi riferisco in particolare a copisti all antica «non normalizzati sui modelli di Poggio e Niccoli», come Piero Nerucci e Niccolò Chianigiani, per i quali vedi ZAMPONI, La scrittura umanistica cit., p. 470 e Luigi di ser Michele, per il quale cfr. DE ROBERTIS, I percorsi dell imitazione cit.; BERTELLI, La Commedia all antica cit., pp ; L. MIGLIO, Un copista carneade?, inin uno volumine. Studi sul libro e il documento in età medievale offerti a Cesare Scalon, a cura di L. Pani, Udine 2009, pp Cfr. al riguardo la precedente nota 129 e contesto.

52 266 MARCO CURSI - CARLO PULSONI lemento di giudizio più significativo che attesta la vicinanza tra i due manoscritti, vale a dire la fortissima attenzione manifestata da entrambi i copisti nei confronti degli accenti in un testo volgare; tale cura, dopo aver trovato ampio spazio negli ambienti che ruotavano intorno alla figura di Coluccio, sembrerebbe essere stata sostanzialmente accantonata, almeno fino alla metà del secolo ) La decorazione del manoscritto come del resto quella del gemello Pluteo XLI sembrerebbe da collocare in un periodo non successivo al primo quarto del sec. XV. Se Elizabeth Pellegrin faceva riferimento all inizio del Quattrocento, proponendo una localizzazione all Italia del Nord, 189 Ada Labriola e Francesca Manzari richieste di un parere informale si sono dette entrambe favorevoli ad una datazione al primo quarto del 400; la prima, però, ha optato per un attribuzione a Firenze, segnalando analogie con le miniature di Bartolomeo di Fruosino, 190 la seconda si è espressa a favore di un ambito senese per l uso dei colori e della particolare tipologia di acanto. 191 Quanto, poi, alla decorazione dei richiami posti a fine di fascicolo, se è vero che l abitudine di servirsi di disegni al tratto era piuttosto diffusa in area italiana a questa altezza cronologica basterà ricordare al riguardo le celebri figurine di mano del Boccaccio che illustrano tutte le ultime carte di fascicolo dell autografo decameroniano Hamilton o i motivi decorativi che sembrano alludere a signa notarili in un manoscritto recentemente attribuito alla mano del Salutati da Teresa De Robertis, 193 la presenza di veri e propri fregi 187 Al proposito cfr. CASTELLANI, Sulla formazione cit., pp Riconducibile ad un miniatore della scuola del monastero fiorentino di Santa Maria degli Angeli, per la quale il Salutati abituato a scegliere non solo il copista, ma anche il livello e lo «stile» dell apparato decorativo dei manoscritti che commissionava aveva una particolare predilezione: T. DE ROBERTIS -S. ZAMPONI, Libri e copisti di Coluccio Salutati: un consuntivo, incoluccio Salutati e l invenzione cit., pp : p. 346; C. CABY, Coluccio Salutati e Santa Maria degli Angeli. Nuovi documenti, nuovi approcci, «Medioevo e rinascimento», 22/n.s. 19 (2008), pp PELLEGRIN, Manuscrits de Pétrarque cit., p. 336: «Décoration (même les réclames son ornées de guirlandes) du style de l Italie du Nord, du début du XV e s. ou du XIV e -XV e s.». 190 A proposito del quale, cfr. Dizionario biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp Con rimando a A. LABRIOLA -C.DE BENEDICTIS -G.FREULER, La miniatura senese , Milano 2002, tavole XCVII e ss. Ringrazio vivamente Ada Labriola e Francesca Manzari per la loro preziosa expertise. 192 Al riguardo cfr., da ultimo, M. CURSI, Il Decameron: scritture, scriventi, lettori. Storia di un testo, Roma 2007, pp Faccio riferimento al cod. Laurenziano San Marco 165, contenente i Commentarii, in

53 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 267 in cui si riprende lo stesso motivo decorativo che arricchisce la carta incipitaria, quali quelli che contraddistinguono il manoscritto parigino (tavola IXa), è molto rara. Al riguardo, ancora a Francesca Manzari devo la segnalazione di un interessantissimo Offitium beatae virginis Mariae, conservato presso la Biblioteca Estense (cod. a.g.9.25 [Lat. 831]), in cui si fa uso di tali fregi, apposti da una mano che sembra molto vicina a quella di colui che curò la decorazione del manoscritto Parigino (tavola IXb). In attesa di ulteriori verifiche, per ora mi limito a notare che esistono solo due studi in cui ci si è occupati delle miniature del codice modenese: Domenico Fava e Mario Salmi le hanno localizzate a Firenze, riportandole «ai primi del sec. XV» e attribuendole alla Scuola degli Angeli o a decoratori laici come Bartolomeo di Fruosino; 194 Bronwyn Stocks le ha collocate (con punto interrogativo) a Siena, datandole all inizio del sec. XV. 195 Si noti, peraltro, che l apposizione di tali decorazioni nel codice parigino non era stata prevista dal copista, che aveva approntato intorno ai richiami una comunissima decorazione con motivo ad S, affiancate da due punti, poste al di sopra, al di sotto, alla destra e alla sinistra del testo, alle quali in seguito furono sovrapposti i fregi. 3) La scelta di ricorrere ad un impaginato a versi affiancati che caratterizza il nostro manoscritto riflette limpidamente la forma-libro maturata dall autore durante gli anni della progressiva messa in pagina del progetto-canzoniere; secondo Wayne Storey l effetto di tale esperimento grafico-visivo «a conti fatti durò materialmente dalle prime copie dell opera [..] fino alla fine del Trecento o ai primi del Quattrocento, coprendo quindi un arco di non più di trentacinque anni». 196 Tale affermazione mi pare sostanzialmente condivisibile, anche alla luce dei primi risultati di un sondaggio da me compiuto sull impaginazione dei codici della tradizione; 197 sono stati identificati, infatti, una decina di manoscritti che si af- Ciceronis Topica eilde differentiis topicis di Boezio, per il quale T. DE ROBERTIS -A. DA- NELONI, Scheda n 103, in Coluccio Salutati e l invenzione cit., pp D. FAVA -M.SALMI, I manoscritti miniati della Biblioteca Estense di Modena, II, Milano 1973, pp B.C. STOCKS, The Illustrated Office of the Passion in Italian Books of Hours, inthe Art of the Book. Its Place in Medieval Worship, ed. M.M. Manion, B.J. Muir, Exeter, 1998, pp WAYNE STOREY, All interno della poetica, cit., p Al riguardo, cfr. pure ID., Voce e grafia nei Triumphi, in I Triumphi di Francesco Petrarca, a cura di C. Berra, Bologna 1999, p. 233 n. 7; PACIONI, Visual poetics cit., p Le nostre conoscenze sulla tradizione dei Rerum Vulgarium fragmenta sono assai ridotte, non soltanto quanto alle caratteristiche materiali dei testimoni o ai loro ambienti di diffusione, ma

54 268 MARCO CURSI - CARLO PULSONI fiancano ai testimoni già noti caratterizzati da una simile scelta di mise en page tra i quali paiono particolarmente notevoli i codici laurenziani Redi 118 e Segni 1, 198 il newyorkese Morgan M e il Trivulziano e tutti risultano databili entro il primo quarto del sec. XV. *** B) Una volta scartata la possibilità che il manoscritto sia da porre in un contesto grafico pienamente umanistico, resta da verificare la seconda ipotesi: il codice è da collocare nei primi anni del 400 (o addirittura nell estremo Trecento), ma il copista non è assegnabile ad area toscana. A questo riguardo, l analisi della scrittura di uno dei codici caratterizzati dalla messa in pagina «nobile», vale a dire affine a quella che si riscontra nell autografo vaticano, può fornire elementi utili alla soluzione della questione. Faccio riferimento al codice Laurenziano Segni 1, un testimone cartaceo di particolare rilevanza, segnalato all inizio del Novecento da Marco Vattasso quale discendente «o per via immediata o per mezzo di una buona copia» dall originale; 201 il manoscritto, giunto a noi con gravi lacune, reca un titolo, in parte reso illeggibile da una pesante cassatura, in cui si legge: «Francisci Petrarce laureati poete R[erum]... / scripto ipsa manu decti poete i(n)...» (tavola X). Il codice è impaginato al modo del Malpaghini, con intercolumnio mobile, senza giustificazione a sinistra persino al loro stesso numero; le uniche notizie al riguardo vengono dagli studi di Maddalena SI- GNORINI, Fortuna del modello cit., p. 141, che in un sondaggio compiuto qualche anno fa, ha isolato 228 unità e di Michele FEO, Rerum vulgarium fragmenta, inpetrarca nel tempo. Tradizione lettori e immagini delle opere. Catalogo della mostra (Arezzo, Sottochiesa di San Francesco, 22 novembre gennaio 2004), a cura di M. Feo, [s.l.], 2003, pp : 63, che rimandava ad oltre cinquecento codici nelle sole biblioteche fiorentine. Mi riprometto di presentare i risultati del mio sondaggio in un contributo di prossima pubblicazione. 198 A proposito dei quali vedi rispettivamente I manoscritti datati del Fondo Acquisti e doni e dei Fondi minori della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, a cura di L. Fratini es. ZAMPONI, Firenze 2004, p. 77, tav. 101 (per il Rediano 118]); BELLONI, Nota sulla storia cit., pp ; SAVOCA, Il Canzoniere di Petrarca cit., pp (per il Segni 1). 199 New York, Pierpont Morgan Library M 502, per il quale cfr. almeno SIGNORINI, Fortuna del modello cit., pp ; WAYNE STOREY, Il codice cit A proposito del quale vedi S. BRAMBILLA -M.ROSSI, Scheda n 2, in I Rerum vulgarium fragmenta con impaginazione arcaica cit., pp Cfr. [VATTASSO], L originale del Canzoniere cit., p. XXIII; BELLONI, Nota sulla storia cit., p. 89.

55 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 269 dei versi della seconda colonna; notevole il fatto che siano messi in maggiore evidenza, rispetto all originale, le componenti metriche del sonetto (gli spazi bianchi destinati alle iniziali per il miniatore, che non vennero mai aggiunte, sono tanto estesi da provocare lo spostamento a destra oltre che della prima anche della seconda coppia di versi; il punto d attacco delle terzine è caratterizzato da una iniziale al tratto di grande misura, fuori allineamento); 202 inusuale è anche la puntualissima ripresa delle maiuscole di metà verso operata da parte del copista, che fu quasi certamente in grado di avere accesso all originale di mano del Petrarca o ad un esemplare a questo estremamente vicino. 203 La scrittura, pur mostrando una forte patina all antica (le lettere sono ben staccate tra di loro, vi sono d diritte dalle aste molto sviluppate, g di tipo umanistico con occhiello inferiore, aperto o chiuso, schiacciato e spostato verso destra), mantiene una fortissima componente di tradizione gotica (la d tonda è utilizzata con grande frequenza, la r a 2 è prevalente rispetto a quella diritta, la s in posizione finale di parola è tonda, la congiunzione et è resa con nota tironiana a forma di 7). Nel Segni 1, dunque, sembra tornare, seppure in una tipologia grafica dalla qualità esecutiva decisamente inferiore rispetto alla scrittura del Parigino Italiano 551, la consapevole commistione di lettere appartenenti al sistema grafico umanistico e a quello gotico. A quando deve essere datato il codice laurenziano? Negli studi in cui ci si è occupati di questo manoscritto, esso è stato collocato alla prima metà del sec. XV. 204 L analisi delle filigrane consente, però, di circoscrivere tale termine; siamo dinanzi, infatti, a quattro tipi diversi, compresi tra il 1363 e il 1390; 205 ciò consiglia una collocazione cronologica che difficilmente potrà andare oltre gli anni 10 del 400. Il ms. Segni 1, dunque, deve essere ritenuto sostanzialmente coevo all unico codice con il quale, a detta del Vattasso, condivideva il vanto di poter discendere 202 Cfr. ibid., pp n WAYNE STOREY, All interno della poetica cit., p Cfr. Mostra di codici petrarcheschi laurenziani. Firenze (maggio-ottobre 1974), Firenze 1974, p. 44 («sec. XV»); BELLONI, Nota sulla storia cit., p. 89 («prima metà del sec. XV»); SAVOCA, Il Canzoniere di Petrarca cit., p. 112 («prima metà del sec. XV»). 205 Aquila (fasc. 1, 2), mm. 75x50, simile a Briquet 66 (Lione 1363); basilisco (fasc. 2), mm. 70x40, simile a Piccard, vol. X, tipo II, n 952, Mechelen 1369; tre monti sormontati da una croce (fasc. 3), mm. 90x40, Briquet 11718, Genova 1390; testa di unicorno (fasc. 4, 5, 6), mm. 80x80, Briquet 15820, Genova Al riguardo cfr. C. M. BRIQUET, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques de papier dès leur apparition vers 1282 jusqu en 1600, I-IV, Paris 1907; G. PICCARD, Wasserzeichen Fabeltiere: Greif, Drache, Einhorn, Stuttgart 1980.

56 270 MARCO CURSI - CARLO PULSONI dall originale, il Laurenziano Pluteo XLI Occorre però tracciare una linea di discrimine molto netta tra i due codici: se L è sicuramente attribuibile ad una mano fiorentina, la copia del Segni 1 a mio parere deve essere assegnata ad un copista settentrionale, molto probabilmente veneto. Tale ipotesi è fondata principalmente sull osservazione delle iniziali inserite in testa al verso, che mostrano un indubbia adesione a modelli ampiamente diffusi in quell area grafica. Si notino al riguardo le forme della A con traversa spezzata in due elementi obliqui, già segnalata come tratto di ispirazione bizantina nella scrittura di Guarino Veronese, 207 della B, con occhielli ben separati tra loro (tavole XIa, XIb), della E a forma di epsilon, della H minuscola sovramodulata, della M e della T, con aste verticali dotate di un punto a metà dell altezza (tavole XIc, XId); gli stessi tipi si ritrovano senza alcuna difficoltà nelle scritture utilizzate da copisti veneti operanti nella prima metà del sec. XV studiati da Elisabetta Barile, come Ruggero Cataldo, Sebastiano Borsa, Bartolomeo Fasolo e Michele Salvatico (tavole XIIa, XIIb). 208 Del resto, è ben nota la tendenza della produzione manoscritta veneta ad accogliere «elementi della maiuscola d apparato bizantina inserendola in contesti grafici di diversa natura»; 209 sappiamo, al proposito, che la presenza di lettere greche o grecizzanti è un abitudine di copisti che «spesso sembrano giudicare queste maiuscole alla greca sufficienti, da sole, a garantire un adeguata patina d antico ad una produzione che rimane ancora profondamente legata alla tradizione medievale» 210 e che è caratterizzata proprio da un uso sempre piuttosto libero delle lettere diacritiche della tradizione fiorentina, forse per la mancanza di «un modello forte, imitato, condiviso, antagonista al canone fiorentino». 211 Una delle iniziali al tratto che compaiono all interno del Segni 1 ha attirato in particolare la mia attenzione: la d nella forma minuscola diritta sovramodulata (tavola XIIIa). Mi pare 206 VATTASSO, Introduzione cit., p. XXIV. 207 Cfr. DE ROBERTIS, Motivi classici cit., p. 70; ZAMPONI, La scrittura umanistica cit., p Cfr. E. BARILE, Littera antiqua e scritture alla greca. Notai e cancellieri copisti a Venezia nei primi decenni del Quattrocento, Venezia 1994, pp Al proposito vedi anche ZAMPONI, La scrittura umanistica cit., pp A. PETRUCCI, Scrivere alla greca nell Italia del Quattrocento, inbisanzio fuori di Bisanzio, a cura di G. Cavallo, Palermo 1991, pp : 125; BARILE, Littera antiqua cit., pp Cfr. DE ROBERTIS, Motivi classici cit., p ZAMPONI, La scrittura umanistica cit., p. 477.

57 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 271 notevole il fatto che tale morfologia, a mia conoscenza non rintracciabile in esempi fiorentini coevi, torna anche nel Parigino Italiano 551 (tavola XIIIb); nel sistema delle iniziali al tratto del codice parigino, inoltre, si ritrova anche un altra lettera dalla forte connotazione veneta, la A con traversa spezzata (tavola XIIIc). Questi tratti di settentrionalità trovano ulteriore riscontro, tra le minuscole, in una curiosa r con tratto verticale discendente al di sotto del rigo che compare sporadicamente, forse allo scopo di conferire alla scrittura un carattere arcaizzante, accostabile ad un tipo segnalato per la scrittura di Guarino (tavola XIIId), 212 e soprattutto nella particolare g con occhiello inferiore aperto, molto staccato da quello superiore, che compare soltanto in alcune carte, 213 in una morfologia che pare rimandare proprio ad esempi di origine nord-orientale (tavola XIVa). La presenza di tali forme, unita alla comune tendenza alla variatio nella morfologia delle iniziali al tratto e alla commistione tra sistemi grafici differenti che si ritrova in entrambi i manoscritti, mi sembrano elementi di giudizio significativi per supporre un origine non fiorentina, ma settentrionale del nostro copista. Anche la sorprendente scrittura distintiva utilizzata per il colophon, del resto, con la sua ricerca di soluzioni estrose, di sapore arcaizzante, sembra riconnettersi ad una linea grafica veneta (tavola XIVb); più difficile da valutare, invece, la presenza di lunghi apici ornamentali aggiunti in testa alle aste alte ma soltanto in alcune carte, di cui non ho trovato riscontro in testimoni coevi (tavola XIVc), o di alcune e cedigliate, usate senza una logica apparente (tavola XIVd). Resta da aggiungere che anche la mano B del codice parigino, cui si deve la tavola finale (tavola XV) e le cifre arabiche che precedono i componimenti, può essere assegnata ad uno scrivente nord-orientale (a provarlo, oltre alla scrittura, una cancelleresca semplificata che rimanda genericamente all Italia del Nord, le iniziali miniate ad inchiostro bruno in cui ricorrono modelli segnalati in precedenza come la A dalla traversa spezzata o la B con gli occhielli separati). 214 La possibile origine settentrionale del copista non risolve i dubbi riguardanti il luogo di copia, per il quale due mi paiono le ipotesi più probabili: la prima è orientata verso Padova allo stesso scrittoio cui si recò il Niccoli?, 215 e potrebbe tro- 212 In Guarino con tratto di andamento ricurvo, cfr. DE ROBERTIS, Motivi classici cit., p Cfr., ad esempio, miglior, alla r. 4 della col. A del f. 42v. 214 Rispettivamente ai ff. 69v e 70r. 215 «Franciscum vero Petrarcham tanti semper feci, ut usque in Patavium profectus sim, ut ex proprio exemplari libros suos transcriberem [...] Cum igitur Patavium, ut supra dixi, profectus essem inquit Nicolaus, ut libros Petrarchae nostri transcriberem, non multos annos post mortem

58 272 MARCO CURSI - CARLO PULSONI vare un importante riscontro nelle registrazioni di vendite immobiliari, in cui si fa menzione più volte del «Communis Padue», che si leggono nella carta di guardia membranacea iniziale, apparentemente coeva alla copia del manoscritto (tavola XVI); la seconda guarda a Firenze e più specificamente alla biblioteca di Coluccio, cui lo scrivente (che forse si servì di un interposto riconducibile allo scrittoio del Petrarca) potrebbe aver avuto accesso in virtù di rapporti di amicizia personale maturati con il Salutati, e parrebbe avvalorata dalle considerazioni riguardanti la decorazione del codice, 216 anche se non si può escludere che essa sia stata apposta in tempi successivi alla trascrizione e in luoghi diversi rispetto a quelli in cui avvenne la copia. Resta il fatto, però, che soltanto la presenza di una mano non toscana ma settentrionale potrebbe risolvere in modo soddisfacente l apparente aporia paleografica determinata dalla cosciente contaminazione tra le numerose forme di matrice «moderna» e gli altrettanto frequenti marcatori inequivocabilmente orientati in direzione della rinascente littera antiqua. *** II, 3 Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551 Membranaceo. Le condizioni del supporto scrittorio sono buone; sono visibili macchie di umidità nel margine esterno, specialmente nelle carte finali. Il manoscritto, databile al sec. XIV ex. - XVin., è composto di ff. I (cart.) + I (membr.) I (cart.). La guardia iniziale, in membrana, drasticamente rifilata, è di riuso e conteneva originariamente un testo in latino in una corsiva di base cancelleresca abile, piuttosto contrastata, probabilmente di mano notarile, databile al sec. XIVex.-XVin. Il f. 49v è bianco. È presente una numerazione ottocentesca, in cifre arabiche poste nel margine superiore destro del recto. Il codice è costituito da 9 quaternioni, cui si aggiunge un foglio singolo (I 8 [2r- 9v], II 8 [10r-17v], III 8 [18r-25v], IV 8 [26r-33v], V 8 [34r-41v], VI 8 [42r-49v], VII 8 [50r-57v], VIII 8 [58r-65v], IX 8 [66r-74v], X 2 [75r-76v]), 217 non numerati. I richiami, eius, solebam crebro convenire eos homines quibus ille, dum viveret, familiarissime utebatur»: L. BRUNI, Dialogi ad Petrum Paulum Histrum, a cura di S. U. Baldassarri, Firenze 1994, pp. 264, 270. I passi citati si leggono anche in Maddalena SIGNORINI, Fortuna del modello libro cit., p. 134 e in Stefano ZAMPONI, Coluccio Salutati e l invenzione cit., p Al proposito, vedi supra. 217 Di seguito all attuale f. 74 era presente una carta che è stata poi tagliata; di essa restano due lacerti, uno inferiore, misurante mm. 170x16, e uno superiore, misurante mm. 25x10.

59 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 273 presenti regolarmente 218 collocati al centro del margine inferiore del verso dell ultima carta di ciascun fascicolo, erano stati originariamente inseriti all interno di un semplice motivo decorativo a forma di S, di mano del copista, posto al di sopra, al di sotto, alla destra e alla sinistra di ciascuno di essi, poi reso solo parzialmente visibile dalla sovrapposizione di fregi ad opera del miniatore, per i quali vedi oltre. Le carte misurano mm. 282x209 = 57 [188] 37 x 23 [66 (03) 71] 46; rr. 33/ ll. 29 (la rilevazione è stata effettuata al f. 14r). La rigatura è eseguita a secco fino al f. 69r; il verso della medesima carta, che segna l inizio della tavola, e il recto della carta seguente (70r) presentano una rigatura a colore sovrapposta a quella a secco; dal f. 71v al f. 76v è visibile soltanto una rigatura a colore. Nella sezione rigata a secco non sono presenti tracce di foratura; in quella rigata a colore si contano 11 fori (4 nel margine superiore, 3 in quello esterno, 4 in quello inferiore). Nella sezione a secco il testo corre al di sotto della prima rettrice, in quella rigata a colore corre al di sopra di essa. La copia è attribuibile ad un unica mano che scrive in una antiqua con forti influenze della gotica, moderatamente contrastata, dal tratteggio posato. La a è testuale (piace alla r. 7 della col. B). 219 La b presenta spesso un elemento di ritocco in testa all asta verticale (ebbe alla r. 12 della col. B); talvolta l asta assume una forma leggermente clavata (ben alla r. 8 della col. B). La d alterna la forma diritta eseguita in quattro tempi, con asta verticale ritoccata in alto (perdono alla r. 4 della col. B) e quella tonda in due tratti (del alla r. 19 della col. A), in qualche caso con tratto obliquo leggermente ripiegato verso destra in alto (madonna alla r. 8 della col. B del f. 4r). La e è eseguita in tre tempi, con l ultimo tratto costituito da un sottile filetto che va a chiudere l occhiello e viene tracciato da destra in alto a sinistra in basso (che alla r. 4 della col. B); talvolta il filetto si allunga formando un ricciolo (sovente alla r. 5 della col. B). La f è diritta, eseguita in tre tempi (facti alla r. 9 dal fondo della col. A), in qualche caso dotata di empattement apposto al termine dell asta discendente (fructo alla r. 6 della col. B); talvolta l asta verticale discende al di sotto del rigo (fui alla r. 5 della col. B). La g alterna quattro forme differenti: a nove in quattro tempi (vergogna alla r. 6 della col. B); con schiena ondulata e testa della lettera diritta (luogo alla r. 9 della col. B); eseguita in tre tempi, con il secondo tratto a forma di s (oggi alla r. 14 della col. B); di forma umanistica, con breve tratto di congiunzione tra l occhiello superiore e quello inferiore (magistero alla r. 7 dal fondo della col. B). La m e la n presentano l ultimo tratto costituito da un piedino d appoggio ricurvo (mondo alla r. 7 della col. B; perdono alla r. 4 della col. B). La p presenta trattino obliquo d attacco ed empattement al termine dell asta discendente (piace alla r. 7 della col. B). La r è solitamente di forma diritta, eseguita in due tempi (vaneggiar alla r. 6 della col. B), spesso con piedino d appoggio sul rigo di base di scrittura (legaro alla r. 16 della col. B); talvolta, anche senza rispettare rigorosamente la regola del Meyer, è a Nel margine inferiore del recto del primo è scritto «Domi [...]», di mano quattrocentesca, in antiqua. 218 Ad eccezione di quello posto in calce al sesto fascicolo; si tenga presente, però, che il f. 49v, nella quale doveva essere apposto, è bianca, poiché segna il termine della prima sezione del Canzoniere. 219 Qui e di seguito, salvo diversa indicazione, ci si riferirà ad esempi tratti dal f. 2r. (tavola I).

60 274 MARCO CURSI - CARLO PULSONI forma di 2 (amor alla r. 19 della col. A). La s è diritta, eseguita in tre tempi, con trattino aggiunto posto sulla sinistra dell asta verticale (aspecta alla r. 9 della col. B); nei rari casi in cui la lettera è finale di parola è di forma diritta (es alla r. 7 dal fondo della col. A del f. 15v). La u/v è sempre di forma tonda, eseguita in quattro tempi (vaneggiar alla r. 6 della col. B). La z alterna tre forme diverse: a ç, con cediglia congiunta al corpo della lettera da un sottile trattino obliquo (straçio alla r. 14 della col. A); ugualmente a c cedigliata, ma con cediglia data da un tratto ondulato (mezol alla r. 3 dal fondo della col. B del f. 4r); 220 di forma moderna in tre tempi (innanzi alla r. 3 della col. B del f. 10v). La congiunzione et è resa con ampersand umanistico (un esempio alla r. 10 della col. B) o con nota tironiana a forma di 7, con testa della lettera ondulata (un esempio alla r. 2 dal fondo della col. A del f. 3r). Il gruppo ct è spesso reso con la falsa legatura umanistica (fructo alla r. 6 della col. B). La tavola finale, contenente gli incipit dei componimenti disposti secondo un ordine alfabetico, è attribuibile ad una mano B, che scrive in una cancelleresca semplificata, dal tracciato moderatamente contrastato. La a è di forma corsiva, eseguita in quattro tempi (anno alla r. 5); 221 la d è tonda, con asta obliqua molto allungata (di alla r. 4); la e è eseguita in due o tre tempi, a seconda che venga aggiunto o meno un sottile tratto di chiusura dell occhiello (et alla r. 4, chiuder alla r. 6); la f elas discendono desinenti a chiodo al di sotto del rigo (fresche alla r. 8); la g è eseguita in cinque tempi, con occhiello superiore piuttosto angoloso ed inferiore di ampie dimensioni (languir alla r. 4); la h presenta l ultimo tratto che discende ampiamente al di sotto del rigo diminuendo progressivamente il suo spessore (chiuder alla r. 6); la p è eseguita in tre tempi, con asta che discende al di sotto del rigo a fuso (passar alla r. 3); la r alterna la forma diritta, con piedino d appoggio sul rigo (passar alla r. 3), e quella a 2, utilizzata costantemente di seguito a d, e, o, p (drieto alla r. 18; versi alla r. 6; amore alla r. 17; presto alla r. 7 del f. 70v); la u/v è tonda, anche in posizione iniziale di parola (versi alla r. 6); la z è a forma di 3 (dolceza alla r. 12); la congiunzione et è resa per esteso. A questa seconda mano debbono essere attribuite anche le cifre romane aggiunte per numerare i componimenti poetici che si susseguono nel corso della trascrizione. Le correzioni sono attribuibili al copista stesso che si serve di punti di espunzione, 222 depennature 223 e rasure. 224 Si utilizzano cinque diversi segni di interpunzione: un tratto trasversale posto tra una parola e l altra (virgola), un punto posto all altezza del rigo di base di scrittura o poco più in alto (punto), un tratto trasversale con un punto sottostante (comma), un punto tagliato da un tratto trasversale (virgola forte), 225 un punto sormontato da un tratto ondulato (punto interrogativo). 220 Si tratta di una morfologia che ricorda quella della z boccacciana degli anni per la quale cfr. De La Mare, The handwriting cit., p. 22; P. G. RICCI, Studi sulla vita cit., pp Qui e di seguito ci si riferirà ad esempi tratti dal f. 70r. 222 Cfr. vergo, alla r. 14 della col. B del f. 6r. 223 Cfr. giù, alla r. 18 della col. B del f. 22r. 224 Cfr. faticoso, alla r. 13 della col. B del f. 2r. 225 Cfr. P. RAFTI, «Lumina dictionum». Interpunzione e prosa in Giovanni Boccaccio. I,

61 LA TRADIZIONE ANTICA DEI RERUM VULGARIUM FRAGMENTA 275 L iniziale incipitaria, al f. 2r, è ornata, arricchita da motivi fitomorfi in verde, rosa e turchino, su sfondo a foglia d oro; lungo il margine superiore, interno e inferiore corrono fregi a motivi a foglie d acanto che formano volute, con dischetti cigliati in oro. Una seconda iniziale ornata è posta all inizio della seconda sezione, al f. 50r; il corpo della lettera è in turchino, con motivi decorativi fitomorfi in verde e rosso su sfondo oro, e fregio che corre lungo i margini superiore e interno. Le iniziali minori, munite delle rispettive letterine di guida, sono filigranate, di altezza variabile tra i 10 e i 15 mm., di colore rosso e turchino alternativamente, con racemature rispettivamente indaco e rosso. Talvolta il miniatore inserisce iniziali errate (A per D, al f. 6r; H per G, al f. 37r; S per R, al f. 45v; A per N, al f. 53v; O per T, al f. 63v), in tutti i casi accompagnati dalle iniziali corrette, in inchiostro bruno, attribuibili alla mano B (che ha aggiunto la tavola alfabetica finale e la numerazione che precede ciascun componimento). Al centro del margine inferiore della carta incipitaria era stato apposto uno stemma, che è stato eraso. Al miniatore si deve anche la decorazione dei richiami posti a fine di fascicolo (ai ff. 9v, 17v, 25v, 33v, 41v, 57v, 66v), inquadrati all interno di fregi in rosso, verde, rosa, turchino, che assumono forme a voluta, a circoscrivere interamente o parzialmente il testo. La legatura è seicentesca, con piatti in cartone ricoperti di marocchino rosso, decorati con una cornice a triplice filetto dorato; al centro del campo i tre gigli di Francia sormontati da una corona, inserito all interno di un doppio festone di forma ellittica, recante motivi fitomorfi. 226 Il dorso, a cinque nervature, presenta decorazioni dorate che raffigurano i gigli di Francia. Nel secondo compartimento dall alto è scritto il titolo: Canzon Italia ; nell ultimo compartimento è stato incollato il tassello cartaceo recante la segnatura del manoscritto. I tagli sono dorati. Non sono presenti note di possesso. Una mano coeva alla copia del testo, che scrive in un antiqua caratterizzata da apici di completamento obliqui molto pronunciati posti in testa alle aste verticali, ha effettuato alcune integrazioni in corpo testuale (f. 12v: posta a bagnar un leggiadretto velo [52, 5], f. 17v: Aparechiarsi ond io più carta vergo [72, 78]) o in margine (f. 13r: le voglie che si mostran si infiam [...] / onde fien l opre tue nel ciel lau [...] [53, 70-71]). Nelle prime carte compaiono alcune note in margine, tutte databili al sec. XV, che possono essere ricondotte a sei mani differenti, che si servono di una corsiva di base umanistica dal tracciato uniforme (mano a), di cancelleresche semplificate dall andamento semicorsivo (mani b, g, d, e) edi un antiqua posata (mano h): mano a ( Licona est flu[men] musis consecr[atum], f. 2v; Mirto è arbore consacrato ad Venere, f. 2v; Fa miser Francesco una comparatione dal sole alla sua donna dicendo che com el sole è nello segno del thauro che è d aprile che oltra li fiori et l erbette che produce che fa la terra gravida di verdi humori così è, f. 3r); mano b ( descrive il luogo essere aptissimo ad poetizare ben che sia in contado ma per che il suo signor cardinale «Studi sul Boccaccio», 24 (1996), pp ; R. COLUCCIA, Teorie e pratiche interpuntive nei volgari d Italia dalle origini alla metà del Quattrocento, instoria della punteggiatura in Europa, a cura di B. Mortara Garavelli, Roma-Bari 2008, pp Per la definizione di virgola forte, cfr. TANTURLI, L interpunzione nell autografo cit. p Cfr. Bibliothèque Nationale, Catalogue général des manuscrits latins. Tables des tomes IIIaVI(n 2693 à 3775b), I.Table analytique, Paris 1981, tav. XXIV/2 e p. 482.

62 276 MARCO CURSI - CARLO PULSONI si partiva dice ogni soavità di luogo troncarsi, f. 3r; terra cioè huomo solo in apparenza di sensi ma terreo in existenza, f. 4v; morosa cioè tardissima noiosa, f. 4v; l alba cioè il conforto di lei avanti il tramontar de miei giorni mi può felicitare, f. 4v; storia di Jove e Damnes [?] che si convertì in lauro verde perseguitata da Giove, f. 4v); mano g ( Que tunc futura sunt vobi[s], f. 3r); mano d ( Nam visus clauditur et intermedio aliquo interrumpitur sensus vero et animus [?] non potest claudi quando semper cogitet si vult de amica ideo dixit meno interi, f. 3v; cupit tacitus amare, f. 4r); mano e ( [.]ianco [.] es (?) pro toto, f. 3v); mano h ( comparatio, f. 4r). Una mano quattrocentesca ha aggiunto l indicazione nota, con le quattro lettere unite in nesso, ai ff. 16v (in riferimento a Rvf 71, 52-55), 20r (Rvf 84, 11-14), 43r (Rvf 221, 11-14), 45v (Rvf 245, 3-6), 67v (Rvf 352, 1-4); la medesima indicazione, di altra mano coeva, è inserita al f. 22v (in margine a Rvf 104, 1-4). Poco più in basso è presente una manicula quattrocentesca, ad evidenziare i versi di Rvf 104, 12-14; una seconda manicula di altro annotatore, con ogni probabilità intervenuto prima della legatura del codice, è posta nel margine interno del f. 47v (Rvf 252, 14). Ai ff. 4v (Rvf 22), 8r- 8v (Rvf 30), 15r (Rvf 66), 19r-19v (Rvf 80), 32r (Rvf 142), 42r-42v (Rvf 214), 45r-45v (Rvf 237), 62r-63r (Rvf 332), una mano identificabile con quella del copista ha aggiunto una linea di separazione nell intercolumnio, per segnalare l andamento verticale della lettura delle sestine. F. Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta (ff. 2r-69r); tavola alfabetica (ff. 69v- 75r). INCIPIT (f. 2r): «Voi ch ascoltate in rime sparse il suono...». EXPLICIT (f. 69r): «... ch accolga l mio spirto ultimo in pace. Explicit feliciter». APPENDICE La nota in cui si fa riferimento al codice di Petrarca donato dal signore di Padova a Coluccio Salutati è tramandata, come detto, dai mss. Vat. lat e 4786, ma mentre per il primo non si constatano affinità con P L (la disposizione dei testi risulta diversa ed è riconducibile alla redazione Malatesta), nel caso del Vat. lat (databile al primo quarto del sec. XV) le convergenze sono notevoli: quest ultimo non si limita a riprodurre la stessa sequenza dei componimenti di P L, ma trasmette anche gli accenti (a mezzaluna e acuti) posti negli stessi loci, con qualche sporadica eccezione. Nei rari casi di divergenza tra P L, Vat. Lat si allinea alla testimonianza di L (cfr. 1, 4: uom; 5, 5: ncontro; ecc.). Tale affinità appare confermata anche a livello testuale; ci limitiamo a segnalare il caso di 20, 8 dove Vat. Lat registra «agghiaccia», con la prima «g» trascritta nell interlinea, come L (e V). Ripromettendoci di tornare in altra sede sulla fitta trama di relazioni tra codici riconducibili al cancelliere fiorentino, segnaliamo infine un altro manoscritto provvisto di accenti a mezzaluna e acuti analoghi a quelli di P L, finora mai preso in considerazione. Si tratta del ms. Chigiano L. V. 170: databile, secondo la Pellegrin (Manuscrits de Pétrarque à la Bibliothèque vaticane: supplément au catalogue de Vattasso, Padova 1976, p. 25), ai primi decenni del sec. XV secolo, esso presenta una disposizione dei testi analoga a quella di P L, con l eccezione del sonetto 244 trascritto dopo 366 e seguito da Donna mi vene. Come nel caso di Vat. Lat. 4786, anche in questo codice gli accenti sono di norma dislocati negli stessi luoghi di P L.

63 M. CURSI - C. PULSONI TAV. I Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 2r.

64 TAV. II M. CURSI - C. PULSONI Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 41.10, f. 1r.

65 M. CURSI - C. PULSONI TAV. III a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 15r (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 41.10, f. 14r (particolare).

66 TAV. IV M. CURSI - C. PULSONI a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 68r (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 41.10, f. 67r, particolare.

67 M. CURSI - C. PULSONI TAV. V a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 45v (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 41.10, f. 44v (particolare).

68 TAV. VI M. CURSI - C. PULSONI a - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 26 sin. I, f. 36r (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 26 sin. I, f. 200v (particolare).

69 M. CURSI - C. PULSONI TAV. VII Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, cod. Palatino 321, f. 11r.

70 TAV. VIII M. CURSI - C. PULSONI a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 2r (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Pluteo 41.10, f. 1r (particolare).

71 M. CURSI - C. PULSONI TAV. IX a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 25v (particolare). b - Modena, Biblioteca Estense e Universitaria, cod. a. G.9.25 (Latino 831), f. 36v (particolare).

72 TAV. X M. CURSI - C. PULSONI Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 1r.

73 M. CURSI - C. PULSONI TAV. XI a - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 47v (particolare). b - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 26v (particolare). c - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 1v (particolare). d - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 1v (particolare).

74 TAV. XII M. CURSI - C. PULSONI a - Escorial, Biblioteca del Monasterio, ms. T III 19, f. 66r (particolare) (mano di Sebastiano Borsa). b - Escorial, Biblioteca del Monasterio, ms. T III 19, f. 67v (particolare) (mano di Sebastiano Borsa).

75 M. CURSI - C. PULSONI TAV. XIII a - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, cod. Segni 1, f. 7v (particolare). b - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 2r (particolare). c - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 7r (particolare). d - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 10v (particolare).

76 TAV. XIV M. CURSI - C. PULSONI a - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 42v (particolare). b - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 69r (particolare). c - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 11r (particolare). d - Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 9r (particolare).

77 M. CURSI - C. PULSONI TAV. XV Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. 69v.

78 TAV. XVI M. CURSI - C. PULSONI Parigi, Bibliothèque Nationale de France, cod. Italiano 551, f. IIr (particolare).

INDICE. digitalisiert durch: IDS Basel Bern

INDICE. digitalisiert durch: IDS Basel Bern AVVERTENZA pag. VII Capitolo I - L'ORIGINALE DEL CANZONIERE» 1 1. L'originale dallo scrittoio di Petrarca a oggi» 1 2. Descrizione sintetica» 3 3. La scrittura di Petrarca e quella di Malpaghini» 6 4.

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