LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA COME SAPERE TEORICO PRATICO L epistemologia della DSC

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1 SCUOLA DI DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA PER LA FORMAZIONE ALL IMPEGNO SOCIALE E POLITICO DIOCESI DI TRIESTE E OSSERVATORIO CARDINALE VAN THUÂN SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA PRIMA SESSIONE: LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, PROBLEMI DI FONDAZIONE E DI METODO TERZO INCONTRO LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA COME SAPERE TEORICO PRATICO L epistemologia della DSC L EPISTEMOLOGIA DELLA DSC Che tipo di sapere è la Dottrina sociale della Chiesa? Qual è il suo metodo, il suo oggetto, il suo linguaggio? Che tipo di sguardo getta sulla realtà? E una disciplina che entra in dialogo con altre discipline? (La teoria che fa da sfondo a questa lezione si può trovare in: G. Crepaldi-S. Fontana, La dimensione interdisciplinare della Dottrina sociale della Chiesa, Cantagalli, Siena 2006). E un sapere solo teorico? E un sapere solo pratico? E una tecnica? E una filosofia di vita? Questi non sono problemi solo per gli addetti ai lavori, gli esperti, ma chiunque voglia incarnare la Dottrina sociale della Chiesa dovrebbe averne una conoscenza di massima proprio per poter maneggiare la Dottrina sociale della Chiesa. Maneggiarla non si può fare senza sapere come essa funzioni e cosa essa sia come disciplina. Oltre a sapere che disciplina è bisogna anche vedere come si rapporta con le altre discipline, tenuto conto che: La Dottrina sociale della Chiesa ha un importante dimensione interdisciplinare. Per incarnare meglio in contesti sociali, economici e politici diversi e continuamente cangianti l unica verità dell uomo, tale dottrina entra in dialogo con le varie discipline che si occupano dell uomo, ne integra in sé gli apporti e le aiuta ad aprirsi verso un orizzonte più ampio, al servizio della singola persona umana, conosciuta ed amata nella pienezza della sua vocazione (Centesimus annus, 59).

2 Vogliamo trattare qui questo argomento fondamentale non in modo teorico o accademico (per questo basta sfogliare il libro sopra segnalato) ma mettendoci virtualmente nei panni di un politico che voglia maneggiare la Dottrina sociale nella sua attività. Fingiamo per esempio di essere un sindaco di una città come Trieste e che in particolare voglia realizzare delle politiche per la famiglia. Ci chiediamo quali approcci mentali questo sindaco deve fare per incarnare la Dottrina sociale della Chiesa. VEDERE, GIUDICARE, AGIRE Giovanni XXIII aveva coniato l espressione vedere, giudicare, agire per scandire le fasi del comportamento del cristiano nel mondo: Nel tradurre in termini di concretezza i principi e le direttive sociali, si passa di solito attraverso tre momenti: rilevazione delle situazioni, valutazione di esse nella luce di quei principi e di quelle direttive, ricerca e determinazione di quello che si può fare per tradurre quei principi e quelle direttive nelle situazioni, secondo modi e gradi che le stesse consentono o reclamano. Sono i tre momenti che si sogliono esprimere nei termini: vedere, giudicare, agire. (Mater et magistra, n. 217). Il sindaco dovrebbe prima di tutto raccogliere dati, statistiche, valutare le dinamiche sociali ed economiche; poi dovrebbe valutare questi dati alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e, quindi, dovrebbe agire. Lo schema non è del tutto soddisfacente (Vedi il libro sopra citato alle pagine 66-71). Prima di tutto perché sembra che possa esistere un vedere come semplice constatazione di fatti (come voleva il Positivismo) mentre invece anche il vedere avviene alla luce della fede e della ragione (Per vedere i poveri bisogna volerli vedere le dinamiche demografiche sono da anni davanti a tutti ma nessuno le vuole vedere). In secondo luogo perché dà all agire un significato solo applicativo finale mentre agendo anche si conosce. In terzo luogo perché se la DSC è strumento di evangelizzazione e annuncio di Cristo questo deve permeare tutte le sue fasi e non aggiungersi dopo. Con ciò non si vuole dire che non bisogna conoscere la situazione, ma che per conoscere non è necessario spogliarsi di fede e ragione e affidarsi alle scienze sociali o ai sondaggi che descrivono le aspettative e le tendenze dei cittadini.

3 LO SGUARDO TEOLOGICO La prima cosa da fare è collocare la stessa DSC al suo proprio livello di disciplina. Che tipo di disciplina è? Un chiarimento importante è venuto da Giovanni Paolo II: La Dottrina sociale della Chiesa non è una terza via tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un ideologia, ma l accurata formulazione dei risultati di un attenta riflessione sulle complesse realtà dell esistenza dell uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell insegnamento del Vangelo sull uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente: per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene perciò, non al campo dell ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale (Sollicitudo rei socialis, 41). La DSC è teologia morale. Questo non significa che riguardi solo i teologi e i teologi moralisti in particolare. Essa riguarda tutti, compreso il sindaco di Trieste che abbiamo preso come esempio. La DSC è teologia, ossia uno sguardo sulla realtà che nasce dalla fede e dalla riflessione sulla fede nella fede che è la teologia. All origine c è la fede, la quale, però, non è sentimento inconsapevole ma comprende la riflessione sui contenuti della fede, che devono appunto essere compresi e quindi è anche teologia. La teologia presuppone la fede di cui è approfondimento mediante la ragione nell orizzonte della fede stessa. Non si fa teologia cattolica se non dentro la fede cattolica. La teologia è Ricerca credente dell intelligenza della fede (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 1) E cosa vuol dire teologia morale? La parola morale vuol dire l agire umano visto dal punto di vista del bene e del male. Teologia morale allora vuol dire la teologia che riguarda l agire nel

4 mondo del cristiano come singolo e della Chiesa come corpo. La DSC è teologia morale perché concerne l agire della Chiesa nel mondo. Essa è Una dottrina indirizzata a guidare la condotta delle persone (Sollicitudo rei socialis, n. 41) Quel sindaco quindi dovrà porsi dal punto di vista del cristiano che agisce nel mondo per la sua organizzazione, portando con sé tutto il bagaglio della propria formazione teologica (Si rimanda a questo proposito al prossimo incontro di questa Scuola) in particolare per quanto riguarda il significato morale dell agire personale e collettivo. Lo sguardo metafisico e il bene comune Certamente la fede rivelata getta uno sguardo complessivo sull uomo e sulla società: La Parola di Dio rivela il fine ultimo dell uomo e dà un senso globale al suo agire nel mondo. (Fides et ratio, n. 81 Anche la ragione in quanto tale però è in grado di farlo. In questo caso si chiama metafisica, ossia la capacità di vedere il tutto dietro i frammenti, la sostanza dietro i fenomeni. Si deve riconoscere la capacità della ragione umana di raggiungere la verità; così come la sua capacità metafisica di conoscere Dio a partire dal creato (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 10) Concetti come persona umana, famiglia, bene comune sono tutti concetti metafisici: non risultano da una rassegna dei fenomeni che si possano constatare. La persona umana è più della somma dei suoi fenomeni. Se sottoponiamo una persona ad una serie di esami clinici da questi esami non deriverà la risposta a cosa essa sia, a cosa voglia dire essere persona. La spiritualità della persona, oppure la sua dignità non nascono da semplici constatazioni di fatto, ma richiedono uno sguardo

5 che vada sinteticamente a cogliere il che cos è di una persona. Per sapere cosa è la famiglia non posso limitarmi a registrare i fenomeni sociali della famiglia, altrimenti potrei anche pensare che sia famiglia anche quella costituita da una coppia omosessuale. Solo la ragione che va oltre la somma dei fenomeni e sa cogliere l intero, vedere il tutto, può conoscere la realtà nella sua profondità. Particolarmente importante è lo sguardo metafisico per sapere cosa sia il bene comune, che è lo scopo dell agire politico. Esso è la condizione in cui le persone possano raggiungere più facilmente possibile la loro realizzazione storica e trascendente. Il bene comune ha a che fare con l essenza della persona, l ordine naturale della società e con i fini della comunità politica. E l autorità si giustifica non perché è eletta ma perché sa coordinare la comunità politica verso quei fini (questi concetti verranno sviluppati nella Seconda Sessione). Ma questo ordine e questi fini della comunità politica non risultano da una constatazione, hanno bisogno di essere visti da uno sguardo particolare, lo sguardo metafisico. Esso sa cogliere l ordine delle cose (cosa sono) e da esso sa trarre come esse dovrebbero essere, quindi i loro fini. Senza sguardo metafisico non c è la morale, perché la bontà dell agire umano (o la sua malvagità) sono connessi con i fini delle cose e soprattutto della persona umana: se sono conformi al fine sono buoni, se distolgono dal fine sono cattivi. Breve digressione sulla laicità Oggi abbiamo giunte comunali che non sono d accordo su cosa sia la persona, cosa sia la famiglia e cosa sia il bene comune. Come possono fare politica? Amministreranno delle cose ma non ordineranno delle persone. Questo smarrimento della politica viene giustificato e perfino esaltato chiamandolo laicità e presentandolo come una valore, il valore della tolleranza rispetto a tutte le visioni di uomo, di persona e di bene comune. Oggi per laicità si intende la neutralità dello spazio politico non solo dalle religioni, ma anche dalle visioni metafisiche della realtà, dalle visioni secondo il tutto. Il contrario viene considerato intolleranza. In questo modo però la politica si separa non solo dalla religione ma anche dell etica, che o è assoluta ed universale o non è. Laicità allora è l indifferenza all etica. Ma come potrà la politica servire la società essendo indifferente all etica? Si ridurrà a recepire l etica prevalente, l etica del più forte. In nome della laicità, oggi la politica non vuol sentire parlare non solo di religioni ma nemmeno di sguardi complessivi sulla realtà. Così facendo si riduce alla sola ragione quantitativa, e con la motivazione lo vogliono i cittadini fanno passare di tutto.

6 Il rapporto con la Fides et Ratio e con la Veritatis Splendor E quindi di fondamentale importanza per la DSC il rapporto con queste due encicliche di Giovanni Paolo II. Esse dicono che la ragione umana è in grado di conoscere la realtà metafisica e i principi dell etica e non solo quella dei fenomeni registrati dalle scienze sociali: E necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace cioè di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante. (Fides et ratio, n. 83) Se la ragione non fosse in grado di fare questo non potrebbe interloquire con la fede che riguarda appunto qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante (FR 83). E proprio questo sguardo metafisico che consente di fondare il concetto di dignità della persona in forza della sua condizione spirituale (FR 83). E infine questo sguardo metafisico che rende noto alla coscienza il bene morale, il cui fondamento ultimo è il Bene assoluto (FR 83). La Dottrina sociale della Chiesa quindi presuppone che si possa conoscere oggettivamente la realtà e che si possa conoscere oggettivamente il bene da compiere. Ambedue le cose richiedono uno sguardo metafisico. Non si tratta di essere filosofi di professione, perché: Esiste un insieme di conoscenze in cui è possibile riscontrare una sorta di patrimonio spirituale dell umanità. E come se ci trovassimo di fronte ad una filosofia implicita per cui ciascuno sente di possedere questi principi, anche se in forma generica e non riflessa. (Fides et ratio, n. 4) L apporto delle scienze umane e sociali

7 Poiché l uomo di oggi ha perso in gran parte la convinzione che sia possibile quanto abbiamo appena visto, si affida esclusivamente alle scienze sociali. L unica autorità che (talvolta) i politici e gli amministratori rispettano è quella degli esperti in queste scienze. Le scienze sociali danno una loro valida conoscenza specifica, ma mancano di due elementi fondamentali: - Non sono normative ma solo descrittive. Dicono approssimativamente cosa succede ma non danno indicazione alcuna su cosa dovrebbe succedere e su cosa è bene che succeda e cosa invece è male. - Hanno uno sguardo settoriale e sono incapaci di vedere il tutto. Spezzettano la realtà e ognuna si chiude nel proprio recinto. Ma il senso appartiene originariamente al tutto. Per questo l apporto delle scienze umane e sociali non può pretendere per sé l equiparazione a quello dello sguardo metafisico e a quello della fede rivelata. Su questo il Magistero è chiaro: Le scienze umane e la filosofia sono di aiuto per interpretare la centralità dell uomo dentro la società e per metterlo in grado di capir meglio se stesso, in quanto essere sociale. Soltanto la fede, però, gli rivela pienamente la sua identità vera, e proprio da essa prende avvio la Dottrina sociale della Chiesa (Centesimus annus, n. 54) Affidarsi solo alle scienze sociali comporta la settorialità del sapere e l incapacità di avere una visione unitaria e organica della realtà. L uomo è capace di giungere ad una visione unitaria ed organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio dell era cristiana. La settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio parziale alla verità con la conseguente frammentazione del senso, impedisce l unità interiore dell uomo contemporaneo. (Fides et ratio, 85).

8 Il sindaco in questione, quindi, si avvarrà dei risultati di indagine della realtà forniti dalle scienze umane, ma li leggerà dentro il suo sguardo sulla persona, la famiglia e l ordine sociale che la ragione e il senso comune gli forniscono e dentro la visione teologica e di fede. La Dottrina sociale della Chiesa è al centro di tutto ciò, e perciò è interdisciplinare: La Dottrina sociale della Chiesa ha un importante dimensione interdisciplinare. Per incarnare meglio in contesti sociali, economici e politici diversi e continuamente cangianti l unica verità dell uomo, tale dottrina entra in dialogo con le varie discipline che si occupano dell uomo, ne integra in sé gli apporti e le aiuta ad aprirsi verso un orizzonte più ampio, al servizio della singola persona umana, conosciuta ed amata nella pienezza della sua vocazione (Centesimus annus, 59). Si noti, in questo passo, che la Dottrina sociale ne integra in sé gli apporti, ossia li inserisce in un quadro unitario e di senso e, così facendo, rende un servizio anche alle altre discipline in quanto ne ampia gli orizzonti, cioè le fa respirare e le fa uscire dalla loro settorialità. E chiaro che se la DSC parte dalla fede, se la fede stessa non fosse conoscenza, essa non potrebbe collegarsi con le altre conoscenze disciplinari. Siccome oggi non si ritiene più che la fede sia conoscenza ma si dice che è solo esperienza, il rapporto tra la fede e le altre discipline è interdetto e quindi la DSC non può svolgere nessuna funzione interdisciplinare. APPENDICE Indole pratica della Dottrina sociale della Chiesa Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo non deve essere considerato una teoria, ma prima di tutto un fondamento e una motivazione per l azione (Centesimus annus 57) Essenzialmente orientato verso l azione, questo insegnamento si sviluppa in funzione delle circostanze mutevoli della storia. Appunto per questo, pur ispirato a principi sempre validi, esso comporta anche giudizi contingenti (Libertatis conscientia n. 72).

9 Non dimentichiamo che la verità e l efficacia della dottrina sociale della Chiesa vanno dimostrate soprattutto offrendo un orientamento sicuro per la soluzione dei problemi concreti (Mater et magistra, n. 208) L utilizzo delle scienze umane nella Dottrina sociale della Chiesa Le scienze umane e la filosofia sono di aiuto per interpretare la centralità dell uomo dentro la società e per metterlo in grado di capir meglio se stesso, in quanto essere sociale. Soltanto la fede, però, gli rivela pienamente la sua identità vera, e proprio da essa prende avvio la Dottrina sociale della Chiesa (Centesimus annus, n. 54) La Chiesa è convinta che il lavoro costituisce un dimensione fondamentale dell esistenza dell uomo sulla terra. Essa si conferma in questa convinzione anche considerando tutto il patrimonio delle molteplici scienze dedicate all uomo: l antropologia, la storia, la sociologia, la psicologia ecc: tutte sembrano testimoniare in modo irrefutabile questa realtà. La Chiesa, tuttavia, attinge questa sua convinzione soprattutto dalla fonte della parola di Dio rivelata e, perciò, quella che è una convinzione dell intelletto acquista in pari tempo il carattere di una convinzione di fede. La ragione è che la Chiesa crede nell uomo; essa pensa all uomo e si rivolge a lui non solo alla luce dell esperienza storica, non solo con l aiuto dei molteplici metodi della conoscenza scientifica, ma in primo luogo alla luce della parola rivelata dal Dio vivente. (Laborem exercens, n. 4) Essa cerca così di guidare gli uomini anche con l ausilio della riflessione razionale e delle scienze umane. (Sollicitudo rei socialis, n. 1) Sollecitati dalla stessa esigenza scientifica e dal desiderio di conoscere meglio l uomo, ma pure illuminati dalla loro fede, i cristiani dedicati alle scienze dell uomo instaureranno un dialogo, che si preannunzia fruttuoso, tra la Chiesa e questo nuovo campo di scoperte. (Octogesima adveniens, n. 40) Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia buon uso non soltanto dei principi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e della sociologia (Gaudium et spes, n. 62).

10 La Dottrina sociale ha un carattere permanente ed uno che cambia Esso, da un lato è costante perché si mantiene identico nella sua ispirazione di fondo, nei suoi principi di riflessione, nei suoi criteri di giudizio, nelle sue basilari direttrici di azione, e soprattutto nel suo vitale collegamento col Vangelo del Signore; dall altro è sempre nuovo, perché è soggetto ai necessari ed opportuni adattamenti suggeriti dal variare delle condizioni storiche e dall incessante fluire degli avvenimenti, in cui si muove la vita degli uomini e delle società. [Si noti che qui viene detto che anche le direttrici d azione hanno valore costante]. (Sollicitudo rei socialis, n. 3). Essenzialmente orientato verso l azione, questo insegnamento si sviluppa in funzione delle circostanza mutevoli della storia. Appunto per questo, pur ispirato a principi sempre validi, esso comporta anche dei giudizi contingenti. Lungi dal costituire un sistema chiuso, esso resta costantemente aperto alle nuove questioni che si presentano di continuo ed esige il contributo di tutti i carismi, esperienze e competenze (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Libertatis conscientia, n. 72).

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