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1 Testo unico ambientale 1. D.L.vo 3 aprile 2006, n Norme in materia ambientale (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 88 del 14 aprile 2006) ( 1 ) ( 2 ) ( 3 ) ( 4 ) ( 5 ) ( 6 ) ( 7 ) ( 8 ). ( 1 ) A norma dell art. 1, comma 5, del D.L.vo 8 novembre 2006, n. 284, in seguito all abrogazione degli artt. 159, 160 e 207 di questo provvedimento, tutti i riferimenti all Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti in questo provvedimento sono soppressi. ( 2 ) A norma dell art. 1, comma 184, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall art. 1, comma 166, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni: a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l anno 2006 resta invariato anche per l anno 2007 e per l anno 2008; b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; c) il termine di cui all articolo 17, commi 1, 2 e 6 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, è fissato al 31 dicembre Tale proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex «2A», e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto. ( 3 ) A norma dell art. 28 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella L. 6 giugno 2008, n. 133, le funzioni precedentemente svolte dall APAT vengono ora svolte dall ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). ( 4 ) Le parole: «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» ovunque ricorrenti sono state così sostituite dalle attuali: «del Titolo III bis della parte seconda del presente decreto» dall art. 2, comma 31, del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 5 ) La parola: «APAT», ovunque ricorrente, è stata così sostituita dalla attuale: «ISPRA» dall art. 4, comma 2, del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 6 ) Le parole: «Agenzia per la protezione dell ambiente e per i servizi tecnici», ovunque ricorrenti, sono state così sostituite dalle attuali: «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» dall art. 4, comma 2, del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 7 ) Le parole: «Ministro dell ambiente e della tutela del territorio», ovunque ricorrenti, sono state così sostituite dalle attuali: «Ministro dell ambiente e della tutela del territorio e del mare» dall art. 4, comma 2, del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 8 ) Le parole: «Ministero dell ambiente e della tutela del territorio», ovunque ricorrenti, sono state così sostituite dalle attuali: «Ministero dell ambiente e della tutela del territorio e del mare» dall art. 4, comma 2, del D.L.vo 29 giugno 2010, n Parte Prima Disposizioni comuni e principi generali ( 1 ) ( 1 ) La precedente rubrica: «DISPOSIZIONI COMU- NI» è stata così sostituita dall art. 1, comma 1, del 16 gennaio 2008, n. 4. Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale) trae la sua fonte dalla legge 15 dicembre 2004, n. 308 recante la delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di detta applicazione. Il testo normativo ha operato un generale riordino delle disposizioni relative alla materia ambientale. Esso, infatti, ha uniformato e razionalizzato la normativa per le valutazioni ambientali (VIA, VAS e IPPC); le norme sulla difesa del suolo, per la tutela delle acque dall inquinamento e per la gestione delle risorse idriche; le norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati; la normativa sulla riduzione dell inquinamento atmosferico, nonchè quella in materia di tutela risarcitoria contro i danni all ambiente. Il codice è entrato in vigore il 29 aprile 2006, fatta eccezione per la Parte II in materia di VIA, VAS e IPCC, la cui entrata in vigore al 31 luglio 2007 era stata da ultimo disposta dall art. 5, comma 2, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito in L. 26 febbraio 2007, n. 17. L iter che ha condotto all approvazione del D.Lgs. n. 152 del 2006 è stato piuttosto tormentato. Basti pensare che l articolo 1, comma 6, della Legge n. 308 del 2004 sopra citata, prevedeva la possibilità di emanare disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo entro due anni dalla sua data di entrata in vigore. In 11

2 attuazione di tale disposizione sono stati, quindi, emanati due decreti correttivi che hanno profondamente modificato il Codice dell Ambiente: il D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 e il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Con il D.Lgs. n. 4/2008, sono stati introdotti alcuni principi generali del diritto ambientale nella Parte Prima; è stata totalmente riscritta la Parte Seconda sulle procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), la valutazione dell impatto ambientale (VIA) e l autorizzazione integrata ambientale (AIA, IPPC nell acronimo inglese) e sono state apportate alcune modifiche sostanziali alla Parte Terza sulle acque ed alla Parte Quarta sui rifiuti. Prima della emanazione del presente Codice non sono mancati interventi volti a coordinare e razionalizzare la produzione legislativa ambientale nazionale. Si pensi al D.Lgs. n. 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi) sulla gestione dei rifiuti, o al D.Lgs. n. 152/1999 sulla tutela delle acque dall inquinamento. Secondo parte della dottrina, con il D.Lgs. 152/2006 lo Stato si sarebbe appropriato della materia ambientale, anche se occorre considerare il fatto che l art. 117 Cost. da un lato assegna alla competenza esclusiva statale la tutela dell ambiente, dell ecosistema e dei beni culturali (lett. s); dall altro, ricomprende fra le materie di competenza condivisa la valorizzazione dei beni culturali e ambientali (comma 3). L attuale assetto della legislazione ambientale nazionale discende dalla qualificazione della tutela dell ambiente quale materia a carattere trasversale che interseca orizzontalmente i settori tradizionalmente investiti dall intervento del legislatore, ancorché le materie di tipo trasversale (tutela della concorrenza, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali e, per l appunto, tutela dell ambiente) paiono indicare una finalità piuttosto che delimitare un determinato settore della legislazione, e presentano l attitudine ad intrecciarsi con competenze affidate alle potestà legislative delle Regioni. Detto carattere trasversale della materia ambiente emerge, altresì, dalla legge n. 308 del 2004 che indica una serie di ambiti nei quali la delega deve essere esercitata. Quanto, poi, alle disposizioni del decreto legislativo, va osservato che si tratta di norme che recepiscono in massima parte la normativa comunitaria. Testo unico ambientale Invero, i numerosi richiami alle direttive comunitarie effettuati nel preambolo stanno ad indicare come, a dispetto della competenza concorrente tra Stati e Comunità vigente in materia, la grande rilevanza del tema ambientale e le ricadute che esso determina sul piano degli scambi e delle relazioni internazionali, impongono interventi centralizzati. Il decreto si articola in sei parti dedicate rispettivamente alle disposizioni comuni (artt. da 1 a 3 sexies), alla procedura per la valutazione ambientale strategica (V.A.S.), valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e per l autorizzazione ambientale integrata (I.P.P.C.) (artt. 4-52); alla difesa del suolo, tutela delle acque dall inquinamento e gestione delle risorse idriche (artt ) alla gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati (artt ) alla tutela dell aria e riduzione delle emissioni in atmosfera (artt ) e, per finire, al risarcimento del danno ambientale (artt ). Sono rimasti esclusi, invece, importanti settori quali la protezione contro l inquinamento acustico ed elettromagnetico, la gestione delle aree protette, la difesa e la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, l edilizia e l urbanistica. L art. 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) ha previsto la possibilità di adottare entro il 30 giugno 2010, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi dell art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308 nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla stessa legge tra i quali si segnalano: - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell ambiente, della protezione della salute umana, dell utilizzazione delle risorse naturali, della promozione sul piano internazionale delle norme destinate a risolvere i problemi dell ambiente; - maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali, nonché certezza delle sanzioni; - sviluppo e coordinamento degli incentivi e disincentivi volti a sostenere l adozione delle migliori tecnologie disponibili nonché il risparmio e l efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di tutela dell ambiente e di sostenibilità dello sviluppo; - affermazione dei principi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e ridu- 12

3 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 zione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio «chi inquina paga»; - coordinamento e integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale; - adozione di strumenti economici volti ad incentivare le piccole e medie imprese ad aderire ai sistemi di certificazione ambientale. Sulla base di tali disposizioni è stato emanato il D.Lgs. 28 giugno 2010, n. 128 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69). L articolo 1 del citato D.Lgs. n. 128 del 2010 modifica talune disposizioni della parte prima del Codice in commento. In particolare, l articolo 1, comma 1, interviene sull articolo 2 del Codice e, nello specifico, sostituisce il comma 1 inserendo la tutela dell ambiente quale finalità cui deve essere ispirata tutta l azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo (il cui riferimento viene ora omesso). Viene introdotto, altresì, lo sviluppo sostenibile tra gli obiettivi della tutela dell ambiente. Inoltre - qualora il Codice preveda poteri sostitutivi del Governo - la norma fa salvo il potere delle regioni di prevedere, nelle materie di propria competenza, poteri sostitutivi per il compimento di atti o attività obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell ente competente. Viene, infine, inserito un richiamo al rispetto del diritto internazionale. La novella al comma 2 prevede che il riordino delle disposizioni legislative in materia ambientale avvenga, oltre che in conformità ai principi e ai criteri direttivi della legge delega (legge 308 del 2004), delle norme comunitarie e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, anche nel rispetto del diritto internazionale rappresentando quest ultimo, anche storicamente, il primo piano di definizione di una politica mondiale di tutela dell ambiente. L articolo 1, comma 2, modifica, inoltre, alcuni commi dell articolo 3 del Codice dell ambiente sui criteri per l adozione dei provvedimenti successivi conseguenti al venir meno del termine per l esercizio della delega prevista dal Codice per la sua integrazione. Conseguentemente, vengono soppressi i commi 2, 4 e 5 e viene novellato il comma 3. Quanto al contenuto del comma 2, esso troverebbe una più appropriata collocazione nell art. 3-bis che elenca i principi sulla produzione del diritto ambientale. Viene inserito un espresso riferimento al fatto che i principi generali in materia ambientale sono adottati in attuazione, oltre che del dettato costituzionale, degli obblighi derivanti dal diritto comunitario e dal diritto internazionale. L articolo 1, comma 3, novella l articolo 3 bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 nel modo seguente: - al comma 1 si prevede che i principi generali in tema di tutela dell ambiente devono rispettare, altresì, gli obblighi internazionali ed il diritto comunitario in luogo del Trattato dell Unione europea; - si sostituisce il comma 3 prevedendo che le norme del Codice, anziché i principi ambientali, possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da leggi della Repubblica, purché sia comunque garantito il rispetto non soltanto del diritto europeo, ma anche degli obblighi internazionali e delle competenze delle regioni e degli enti locali. Al riguardo, si segnala che l attuale art. 3, comma 1, prevede che le norme del Codice non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute. Il comma 4, dell art. 1, del D.Lgs. n. 128 del 2010 incide, infine, sull articolo 3 quinquies relativo ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il codice è stato recentemente oggetto di numerosi interventi modificativi finalizzati, per lo più, ad adeguare la normativa vigente in materia ambientale alla disciplina comunitaria e ai cambiamenti generali dell assetto giuridico italiano. Si tratta, in particolare, dei seguenti provvedimenti normativi: D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55; D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 luglio 2011, n. 106; D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121; D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116; D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150; D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162; D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214; D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito in L. 24 febbraio 2012, n. 14; D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27; D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 28; D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in L. 4 aprile 2012, n. 35; D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito in L. 13

4 1 26 aprile 2012, n. 44; D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125; D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito L. 7 agosto 2012, n Ambito di applicazione. 1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della L. 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti: a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d impatto ambientale (VIA) e per l autorizzazione ambientale integrata (IPPC); b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall inquinamento e la gestione delle risorse idriche; c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati; d) nella parte quinta, la tutela dell aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera; e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all ambiente. Testo unico ambientale L articolo in commento apre la parte prima del D.Lgs. n. 152/2006 concernente le Disposizioni comuni e principali, delineando l ambito di applicazione e, conseguentemente, i limiti di applicabilità della legge delega 15 dicembre 2004, n Scopo della norma è quello di rappresentare lo spazio di operatività del nuovo testo normativo a fronte di norme preesistenti contenute in diversi testi di legge e, come tali, disorganiche. La materia dell ambienteera disciplinata, infatti, in tre leggi fondamentali: il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 in materia di tutela delle acque, il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 concernente la gestione dei rifiuti e la legge 18 maggio 1989, n. 183 in tema di difesa del suolo. L articolo in esame non fornisce una nozione giuridica di ambiente. Il Legislatore ha voluto evitare, infatti, di circoscrivere siffatta nozione in confini troppo angusti e tali da impedire, successivamente, una applicazione estensiva della norma anche in ossequio alle tesi contrapposte sorte in dottrina in ordine al concetto di ambiente ; vale a dire la tesi pluralista e la tesi monista. La tesi pluralista, in particolare, ha consentito di ravvisare almeno tre diverse nozioni di ambiente cui si è ritenuto, tuttavia, di poter rinviare indistintamente: 1) ambiente inteso come zona circoscritta del territorio di cui si vuole tutelare la conservazione (ambiente in riferimento al paesaggio); 2) ambiente quale unione di tutte le dimensioni spaziali contro le quali può esercitarsi un azione aggressiva dell uomo su elementi che compongono l ambiente stesso (suolo, aria ed acqua); 3) ambiente quale dimensione giuridica su cui si esercita l attività di pianificazione territoriale (ambiente urbanistico). Alla base della scelta effettuata dal Legislatore, si pone l attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di ambiente prevista dall art. 117, lett. s), della Costituzione. In tal modo, si è voluta riservare allo Stato medesimo la possibilità di adattare nel tempo i suoi interventi normativi sotto il controllo del giudice delle leggi. La Corte Costituzionale è stata più volte investita della questione di legittimità costituzionale della legge in commento, per violazione dell art. 117, ma ha rigettato i ricorsi per motivi procedurali (cfr., Corte cost., 18 aprile 2008, n. 104; ordinanza n. 12 del 26 gennaio 2007). Pienamente risolta risulta, invece, un ulteriore questione lungamente dibattuta in dottrina: l esistenza all interno del nostro ordinamento giuridico di una autonoma rilevanza giuridica della nozione di ambiente. Tale concezione sembra essere confermata, infatti, dagli artt. 2 e 3-bis del presente codice, novellati, da ultimo, dal D.Lgs. n. 128/2010. Dall analisi di tali norme, si evince che il Legislatore ha disciplinato la nozione di ambiente in modo da far acquistare al medesimo la consistenza di un vero e proprio valore. L art. 1 in commento, costituisce una norma di premessa e di orientamento. Ciò in quanto reca una schematica ripartizione degli ambiti di intervento della legge, i quali vengono distinti nella disciplina del processo delle valutazioni ambientali, nella difesa del suolo e nella tutela delle acque dall inquinamento, nella gestione del ciclo dei rifiuti; nella tutela dell aria con riguardo alle emissioni in atmosfera, nonché nella materia del risarcimento del danno ambientale. u L evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una materia in senso 14

5 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 tecnico qualificabile come tutela dell ambiente, dal momento che la stessa non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata. Al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. In particolare, dalla giurisprudenza della Corte antecedente alla formulazione del nuovo Titolo V della Costituzione è agevole ricavare una configurazione dell ambiente come valore costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia trasversale, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato, le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull intero territorio nazionale (Corte cost. 407/2002, conforme Corte cost. 54/2000; 507/2000; 382/1999, 273/1998). u La potestà di disciplinare l ambiente nella sua interezza è stata affidata, in riferimento al riparto delle competenze tra Stato e regioni in via esclusiva allo Stato, dall art. 117 comma 2, lett. s) Cost. e, perciò, pur se l ambiente costituisce una materia trasversale, e cioè una materia nella quale insistono interessi diversi quello alla conservazione dell ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni - la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, prevale su quella dettata dalle regioni o dalle province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi, operando come un limite alla disciplina regionale o provinciale che non può in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato. E ciò vale anche nel caso in cui vengano in considerazione le competenze delle regioni speciali o delle province autonome, dovendosi peraltro, in tali casi, tener conto degli statuti speciali di autonomia, alla luce del criterio per il quale tutto ciò che gli statuti non riservano all ente di autonomia resta attribuito alla competenza dello Stato, salvo quanto stabilito dall art. 10 L. cost. n. 3 del 2001 (Corte cost. 378/2007). u Il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (attuazione della delega di cui all art. 1 della l. 22 luglio 1975 n. 382) al capo VIII (tutela dell ambiente dagli inquinamenti), nell art. 101, ha disposto che sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative..in ordine all igiene del suolo e all inquinamento atmosferico, idrico, termico e acustico... Pertanto, può affermarsi, tenendo presente la corrispondenza tra funzione amministrativa e potestà legislativa delle regioni, che il legislatore nel trasferire le dette funzioni amministrative ha ridefinito le materie di cui all art. 117 Cost. e che, quindi, a seguito del decreto n. 616 del 1977 la tutela dagli inquinamenti è di competenza legislativa concorrente regionale, quale materia organicamente unitaria per la tutela dell ambiente e inerente alle materie dell urbanistica e della sanità di cui all art. 117 Cost., le quali, nel loro senso comune acquisito, sono congiuntamente riferibili all ambiente, considerato come spazio di vita dell uomo (Cass. pen. 24 novembre 1981). u In base alla giurisprudenza costituzionale il rapporto fra la legislazione nazionale e quella regionale in materia ambientale è nel senso che le regioni debbono rispettare la normativa statale, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze livelli di tutela più elevati, sicché la disciplina nazionale rappresenta il livello adeguato uniforme e non riducibile (Cons. Stato 9375/2010). 2. Finalità. 1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell ambiente e l utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. 2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all art. 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell art. 1 della L. 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli obblighi internazionali, ( 1 ) dell ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali. 3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ( 1 ) Le parole: «degli obblighi internazionali,» sono state inserite dall art. 1, comma 1, del D.L.vo 29 giugno 2010, n La norma in commento indica le finalità cui si ispira il decreto legislativo n. 152 del Il Legislatore prende in considerazione la tutela della qualità della vita umana, ispirandosi ai principi enunciati nella Dichiarazione di Stoccolma del 2 15

6 2 16 giugno 1972 secondo la quale: le risorse naturali del globo devono essere preservate nell interesse delle generazioni presenti e future, mediante una pianificazione e gestione oculate. Tale norma si caratterizza per il fatto che sembra accogliere una visione antropocentrica (ambiente inteso come ambiente salubre ) come si evince dall analisi del comma 1, laddove si legge che il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell ambiente e l utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali rispetto a quella ecocentrica (ambiente inteso come ambiente sano, ove anche le facoltà e le attribuzioni inalienabili della fauna ricevono considerazione e tutela) propria della delega (garanzia della salvaguardia, della tutela e del miglioramento della qualità dell ambiente, della protezione della salute umana, dell utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali). I compiti attraverso i quali questo dovere di salvaguardia va attuato ad opera di organi competenti all uopo individuati sono due, complementari fra loro. Il primo si concretizza in un doveroso rispetto dell ambiente che può attuarsi attraverso la salvaguardia delle condizioni ambientali, vale a dire attraverso un comportamento omissivo consistente nell astensione da interventi peggiorativi, o mediante un comportamento commissivo concretizzantesi nell astensione da interventi peggiorativi. Il secondo si realizza, invece, con un comportamento attivo, diligente ed il monito rivolto alle autorità competenti affinchè l inevitabile sfruttamento delle risorse umane avvenga secondo un principio di uso ragionevole ed accorto, sì da garantire la preservazione delle risorse. Ciò, in quanto, la logica che sta alla base della disposizione è - come detto - quella antropocentrica in forza della quale l ambiente va salvaguardato non in sé e per sé, ma piuttosto, in quanto luogo ove si svolge la vita umana. Si tratta, in buona sostanza, di principi già elencati negli artt. 191, 192 e 193 del Trattato U.E. (nel testo successivo al Trattato di Lisbona), principi cui il comma 2 della disposizione dichiara di volersi uniformare. In particolare i citati articoli del Trattato stabiliscono che la politica dell Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell ambiente, Testo unico ambientale - protezione della salute umana, - utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, - promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. La politica dell Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all ambiente, nonché sul principio chi inquina paga. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell Unione. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l Unione tiene conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili, - delle condizioni dell ambiente nelle varie regioni dell Unione, - dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall azione o dall assenza di azione, - dello sviluppo socioeconomico dell Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni. Nell ambito delle rispettive competenze, l Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese dall Unione per realizzare gli obiettivi sopra elencati. In deroga alla procedura decisionale citata e fatto salvi i principi dettati in materia di ravvicinamento delle legislazioni (art. 114 Trattato), il Consiglio, deliberando all unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo, del Co- 16

7 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 mitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, adotta: a) disposizioni aventi principalmente natura fiscale; b) misure aventi incidenza: - sull assetto territoriale, - sulla gestione quantitativa delle risorse idriche o aventi rapporto diretto o indiretto con la disponibilità delle stesse, - sulla destinazione dei suoli, ad eccezione della gestione dei residui; c) misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell approvvigionamento energetico del medesimo. Il Consiglio, deliberando all unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, può rendere applicabile la procedura legislativa ordinaria alle materie di cui sopra. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, adottano programmi generali d azione che fissano gli obiettivi prioritari da raggiungere. Le misure necessarie all attuazione di tali programmi sono adottate conformemente alle condizioni sopra prestabilite, a seconda dei casi. Fatte salve talune misure adottate dall Unione, gli Stati membri provvedono al finanziamento e all esecuzione della politica in materia ambientale. Fatto salvo il principio chi inquina paga, qualora una misura implichi costi ritenuti sproporzionati per le pubbliche autorità di uno Stato membro, tale misura prevede disposizioni appropriate in forma di deroghe temporanee e/o sostegno finanziario del Fondo di coesione appositamente costituito. In ogni caso i provvedimenti di protezione non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali provvedimenti devono essere compatibili con i trattati. Essi sono notificati alla Commissione. L articolo 2 in commentodelinea, pertanto, la sua portata di legge-quadro dichiarando espressamente che le norme in essa contenute vanno interpretate nel rispetto dei principi delle norme comunitarie, degli obblighi internazionali (come previsto dal D.Lgs. n. 128/2010), delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonchè delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, così come previsto dall art. 117 della Costituzione. Sotto il profilo delle relazioni tra l intervento statale ed il rispetto delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, la disposizione normativa sembra alludere al principio di sussidiarietà di cui all art. 118 della Carta Fondamentale, quale possibilità di ricorrere a strumenti di supplenza, con subentro nei compiti attribuiti agli enti ordinariamente competenti. Tale concetto, quale regola di azione per l intervento statale in materia di ambiente - previsto, altresì, espressamente dal primo comma dell art. 118 Cost. - è stato, successivamente, codificato nell art. 3-quinquies del presente testo normativo, dal D.Lgs. n. 4 del L art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 128/2010 rubricato Modifiche alla parte prima del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 interviene sull articolo 2 in oggetto e, nello specifico, sostituisce il comma 1 inserendo la tutela dell ambiente quale finalità di tutta l azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo (il cui riferimento viene ora omesso). Il comma 1 vigente aveva, quale obiettivo primario del presente decreto legislativo la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell ambiente e l utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Inoltre, qualora il Codice preveda poteri sostitutivi del Governo, viene fatto salvo, il potere delle Regioni di prevedere, nelle materie di propria competenza, poteri sostitutivi per il compimento di atti o attività obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell ente competente. Il comma secondo dell articolo in commento, è stato, anch esso novellato dall art. 1 del D.Lgs. n. 128 del 2010, il quale ha previsto che il riordino delle disposizioni legislative in materia ambientale avvenga, oltre che in conformità ai principi e criteri direttivi della legge delega (legge n. 308/2004), delle norme comunitarie e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, anche nel rispetto del diritto internazionale, rappresentando, quest ultimo, anche da un punto vista storico, il primo piano di definizione di una politica mondiale di tutela dell ambiente. Maggiori perplessità suscita, invece, il terzo comma, vale a dire la mancata introduzione di 2 17

8 3 nuovi impegni finanziari a carico dell erario per sostenere il riassetto della normativa ambientale. 3. Criteri per l adozione dei provvedimenti successivi. [1. Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute] ( 1 ). [2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell art. 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400, il Governo su proposta del Ministro dell ambiente e della tutela del territorio adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto] ( 2 ). 3. Per la modifica e l integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell ambiente e della tutela del territorio acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ( 3 ). [4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed all integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell art. 17, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l applicazione dell art. 13 della L. 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell ordinamento nazionale] ( 4 ). [5. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione Testo unico ambientale nei settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese] ( 4 ). ( 1 ) Questo comma è stato soppresso dall art. 1, comma 2, lett. a), del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 2 ) Questo comma è stato soppresso dall art. 1, comma 2, lett. b), del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 3 ) Questo comma è stato così sostituito dall art. 1, comma 2, lett. c), del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 4 ) Questo comma è stato soppresso dall art. 1, comma 2, lett. d), del D.L.vo 29 giugno 2010, n L articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 28 giugno 2010, n. 128 è intervenuto sull art. 3 del Codice dell Ambiente modificando i commi concernenti i criteri per l adozione dei provvedimenti successivi, conseguenti al venir meno del termine per l esercizio della delega prevista dal Codice per la sua integrazione. Conseguentemente sono stati abrogati i commi 2, 4 e 5 ed è stato novellato il comma 3 il quale, ai fini della modifica e della integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione concernenti la materia ambientale richiede l acquisizione da parte del Ministro dell ambiente e della tutela territorio e del mare, entro trenta giorni dalla richiesta, un parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L articolo in commento - nel testo antecedente la modifica operata dal D.Lgs. n. 128 del contemplava ai commi 2-5, la disciplina dell emanazione di atti attuativi di rango subprimario prevedendo, in particolare, il termine di due anni dalla data di pubblicazione del decreto (coincidente con il 14 aprile 2008) entro il quale: - il Governo poteva emanare regolamenti, anche di delegificazione (ai sensi dell art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988), per la modifica e l integrazione dei regolamenti vigenti; - il Ministro dell ambiente poteva modificare o integrare le norme tecniche in materia ambientale, con decreto ministeriale, ai sensi dell art. 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del In particolare, la norma prevedeva al primo comma una clausola abolitiva espressa, imponendo un vincolo di forma alla futura attività normativa che avesse potuto interessare la materia. Ciò, in quanto la norma che avesse voluto modificare, o abrogare le disposizioni contenute 18

9 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 nell articolato avrebbe avuto effetto solo laddove si fosse pronunciata espressamente in tal senso. Peraltro, siffatta clausola di abrogazione espressa risulta ripetuta dal comma 3 dell art. 3-bis introdotto dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ed abrogato, da ultimo, dal D.Lgs. n. 128/2010. Il secondo comma della disposizione normativa in commento, autorizzava il Governo ad emanare regolamenti ai sensi della legge 23 agosto 1988, n Tale disposizione, oltre a rispondere ad inevitabili esigenze di coordinamento della disciplina, si appalesava necessaria in ragione della delicatezza della materia. Analoga ratio ispirava il quarto comma della disposizione in commento, anch esso abrogatodal D.Lgs. n. 128/2010. Il comma 3 della norma di cui si discute è stato, invece, sostituito dal richiamato decreto n. 128 del La disposizione antecedente richiamava l art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante Norme generali sulla partecipazione dell Italia al processo normativo dell Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. Si trattava di un richiamo volto a sottolineare i limiti e le forme di intervento che il Governo deve rispettare nell esercizio dei poteri regolamentari che gli venivano riconosciuti negli abrogati commi 2 e 4 del presente articolo. 3 bis. ( 1 ) Principi sulla produzione del diritto ambientale. 1. I principi posti dalla presente Parte prima ( 2 ) e dagli articoli seguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela dell ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario ( 3 ). 2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente. 3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purchè sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali ( 4 ). 3 bis ( 1 ) Questo articolo è stato aggiunto dall art. 1, comma 2, del D.L.vo 16 gennaio 2008, n. 4. ( 2 ) Le parole: «dal presente articolo» sono state così sostituite dalle parole: «dalla presente Parte prima» dall art. 1, comma 3, lett. a), del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 3 ) Le parole: «del Trattato dell Unione europea» sono state così sostituite dalle parole: «degli obblighi internazionali e del diritto comunitario» dall art. 1, comma 3, lett. a), del D.L.vo 29 giugno 2010, n ( 4 ) Questo comma è stato così sostituito dall art. 1, comma 3, lett. b), del D.L.vo 29 giugno 2010, n L articolo 3-bis, aggiunto dall art. 1, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, contempla espressamente i principi generali operanti in materia di produzione del diritto ambientale. Tali principi costituiscono le regole generali nell ambito della materia ambientale, e sono raccordati con le norme della Carta Costituzionale concernenti la tutela dell individuo in quanto persona titolare di diritti sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità; l uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; la tutela del paesaggio e della salute; la tutela della proprietà privata e della libera iniziativa economica (articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, Cost.). La norma in commento ci ricorda altresì che i medesimi principi sono adottati, tra l altro, in attuazione dei commi 1 e 3 dell art. 117 Cost. (potestà legislativa dello Stato e concorrente delle Regioni). L articolo in commento è stato novellato dall art 1, comma 3, del D.Lgs. n. 128 del Il comma 1 nella sua versione attuale, stabilisce, infatti, che i principi generali in tema di tutela dell ambiente devono essere adottati nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario (e non più del solo Trattato dell Unione europea). Il secondo comma è rimasto invariato, laddove viene stabilito che i principi contenuti nella presente parte costituiscono regole generali della materia ambientale nell adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente. Quanto al comma 3, lo stesso è stato sostituito dal citato D.Lgs. 128/2010 in base al quale le norme del Codice - anziché i principi ambientali - possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da leggi della Repubblica, purché sia in ogni caso garantito il rispetto non solo del diritto europeo, ma anche 19

10 3 ter degli obblighi internazionali, nonchè delle competenze delle regioni e degli enti locali. u Nell attuale ordinamento non è dato riscontrare l esistenza di un bene-ambiente come autonoma categoria giuridica, direttamente tutelabile nella sua globalità (Cons. Stato, 257/1991, conforme, Cons. Stato, 605/1991). u L ambiente, inteso in senso unitario come bene pubblico complesso, caratterizzato dai valori estetico-culturale, igienico-sanitario ed ecologico-abitativo, assurge a bene pubblico immateriale, la cui natura non preclude la doppia tutela patrimoniale e non patrimoniale, relativa alla lesione di quell insieme di beni materiali e immateriali determinati, in cui esso si sostanzia e delimita territorialmente (5650/1996). u Il principio comunitario di proporzionalità non si applica alle misure nazionali di protezione ambientale che superano i requisiti minimi previsti da una direttiva comunitaria (Corte giust., 6/2005). 3 ter. ( 1 ) Principio dell azione ambientale. 1. La tutela dell ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all ambiente, nonchè al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale. ( 1 ) Questo articolo è stato aggiunto dall art. 1, comma 2, del D.L.vo 16 gennaio 2008, n. 4. La norma in commento elenca i principi regolatori dell intervento (rectius azione) in materia ambientale. Significativo, in proposito, si presenta il richiamo all art. 174, comma 2, del Trattato dell Unione Europea (oggi art. 191 a seguito delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona: v. commento sub art. 2 precedente) che delinea i principi attorno ai quali deve articolarsi detta azione di tutela: principio della precauzione e della azione preventiva; principio della correzione imputata, fondamentalmente alla fonte dei danni causati all ambiente; principio del chi inquina paga. Testo unico ambientale Si ricorda che i quattro principi comunitari dell azione ambientale sono stati espressamente introdotti con l articolo in commento (aggiunto dall art. 1, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) al fine di fornire un indicazione circa le attività conseguenti alla loro adozione. In particolare il principio di precauzione è definito in base a quanto affermato della dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 e dalla comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio La nozione di prevenzione, già conosciuta nel diritto positivo statale, richiama quella contenuta nella legge 225/1992 sulla protezione civile. Il principio di prevenzione offre, invece, una regola di condotta volta ad anticipare l intervento a difesa dell ambiente, evitando, quindi, che l azione difensiva delle amministrazioni competenti venga posta in essere nel momento in cui i danni si siano già verificati. In tal senso, ai fini della concreta operatività di siffatto principio, acquistano fondamentale rilievo le attività di monitoraggio e controllo delle iniziative che, anche indirettamente, siano suscettibili di produrre effetti negativi sull ambiente. In tale ottica si collocano, a puro titolo esemplificativo, le procedure di VIA e di VAS. Il principio di precauzione citato si riferisce ad una regola di comportamento da attivare in presenza di un rischio possibile anche se non ancora dimostrato nelle sua entità e conformazione. A tale principio si ispirano, peraltro, numerose norme del presente Codice e, segnatamente, quelle disciplinanti il danno ambientale. Tale principio è strettamente correlato al principio di precauzione che è diretto ad annullare il rischio del pericolo. Quanto ai principi del chi inquina paga e della correzione, va osservato che i medesimi individuano delle regole di imputazione con particolare riferimento alla produzione di danni all ambiente. Più precisamente, il principio del chi inquina paga giustifica le regole di diligenza dettate agli operatori economici pubblici e privati, contenenti standard quali-quantitativi che devono essere applicati alle attività da loro condotte con configurazione di responsabilità, patrimoniali e personali a carico dei trasgressori, una volta che queste ultime siano state violate. Il principio de quo opera, altresì nell ambitodegli incentivi e disincentivi economici. Il principio di correzione assume, infine, carattere complementare a quello del chi inquina paga, 20

11 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 implicando un onere di attivazione immediata in capo al soggetto che ha cagionato il danno. In particolare, per il principio di correzione, in via prioritaria alla fonte dei danni causati all ambiente, la definizione utilizzata prende spunto dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di inquinamento. Al contrario, il principio del chi inquina paga è definito in base all interpretazione proposta dalla dottrina, che individua, tra tutti coloro che svolgono attività potenzialmente idonee a ledere l ambiente, i soggetti che hanno l obbligo di farsi carico dei costi derivanti dall attività di prevenzione dei rischi ambientali, nonché di riparare ai danni eventualmente provocati, siano essi soggetti pubblici o privati. u L obbligo giuridico di assicurare un elevato livello di tutela ambientale, con l adozione delle migliori tecnologie disponibili tende a spostare il sistema giuridico europeo dalla considerazione del danno da prevenire (principio chi inquina paga ) e riparare, alla prevenzione (soprattutto con la Via, valutazione di impatto ambientale), alla correzione del danno ambientale alla fonte, alla precauzione (principio distinto e più esigente della prevenzione), alla integrazione degli strumenti giuridici tecnici, economici e politici per uno sviluppo economico davvero sostenibile ed uno sviluppo sociale che veda garantita la qualità della vita e l ambiente quale valore umano fondamentale di ogni persona e della società (informazione, partecipazione ed accesso) (Cass. pen. 494/1999). u Il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, necessariamente, il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti; la curatela fallimentare non subentra infatti negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell imprenditore fallito a meno che non vi sia una prosecuzione nell attività. Ne consegue l illegittima individuazione del curatore quale destinatario degli obblighi di cui all art. 242 d.lgs. n. 152/2006, poiché ciò, inoltre, determinerebbe un sovvertimento del principio chi inquina paga scaricando i costi sui creditori che non presentano alcun collegamento con l inquinamento (Cons. Stato, 3885/2009) (Tar Lombardia 408/2010). u Il principio di precauzione (ribadito anche ex art. 3 ter D.Lgs. 152/2006), - che, in tema 3 quater ambientale, trova immediata applicabilità ogniqualvolta sussistano incertezze riguardo all esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, non occorrendo attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi - è pacificamente applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, dovendo, peraltro, essere armonizzato, nella sua concreta attuazione, con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco. Ne discende che tutte le decisioni adottate dalle autorità competenti in materia debbono essere assistite da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimenti ineccepibile (Tar Liguria, Genova 9501/2010). u Per la corretta applicazione del principio di precauzione di cui all art. 3 ter comma 301, D.Lgs. n. 152 del 2006 occorre che le misure di prevenzione siano adottate in conformità alla migliore tecnica disponibile, che venga esattamente definito il livello di esposizione, ossia della misura della tollerabilità dell inquinamento e del canone di intervento dei pubblici poteri. In altri termini, il principio di precauzione non può essere invocato per fini meramente protezionistici perché invece implica la necessità di un accurata calcolata gestione del rischio in tutti quei casi in cui i dati scientifici disponibili non ne consentono una preventiva completa valutazione. Sul piano strettamente giuridico, ciò comporta, in pratica, la necessità di considerare non solo i vantaggi, ma anche gli svantaggi dell adozione di determinate misure di cautela e di studiare ed applicare misure di cautela proporzionate al rischio (Tar Trieste, Friuli Venezia Giulia, 506/2011). 3 quater. ( 1 ) Principio dello sviluppo sostenibile. 1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. 2. Anche l attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell ambiente e del patrimonio 21

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