IL PIANETA MARTE E LA SUA EVOLUZIONE CLIMATICA

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1 Dispensa n. 5 del corso di PLANETOLOGIA (Prof. V. Orofino) IL PIANETA MARTE E LA SUA EVOLUZIONE CLIMATICA Università del Salento Corso di Laurea Magistrale in Fisica A.A Ultimo aggiornamento: Agosto

2 1. Introduzione Marte è dopo Venere il pianeta più vicino alla Terra; tuttavia al contrario di Venere, nella cui atmosfera è perennemente presente una spessa coltre di nubi, Marte ha una superficie direttamente osservabile, il che ha fatto di questo pianeta quello meglio studiato dagli astronomi fin dagli albori delle osservazioni telescopiche. Sulla superficie di Marte è possibile osservare formazioni stabili che hanno permesso di determinare con grande precisione il periodo di rotazione assiale del pianeta pari a 24 h 37 m 22.6 s. L asse di rotazione marziano è inclinato sul piano dell eclittica di un angolo (circa 25 ) grosso modo uguale a quello formato dall asse terrestre. Su Marte esistono dunque delle stagioni analoghe a quelle della Terra. L anno marziano dura però 687 giorni terrestri, sicché le stagioni marziane durano circa il doppio di quelle terrestri. 2. Caratteristiche superficiali osservate dalla Terra I particolari osservati al telescopio sul disco del pianeta possono essere classificati come segue: 1) Nuvole - Sono dettagli temporanei localizzati nell atmosfera. Si distinguono due tipi di nuvole: le nubi bianche, come i cirri terrestri composte soprattutto da cristalli di ghiaccio, e le nubi giallastre che sono costituite da particelle di sabbia e polvere. 2) Calotte polari - Sono delle macchie bianche che si formano intorno ai poli in autunno per scomparire all inizio dell estate. Sono i dettagli più appariscenti visibili sulla superficie del pianeta. 3) Continenti (o Deserti) - Regioni brillanti che coprono i 2/3 della superficie marziana. Sono distese omogenee di un colore arancione chiaro. 4) Mari - Regioni oscure di colore ocra-marrone che occupano circa 1/3 della superficie del pianeta. Sono visibili sullo sfondo delle regioni chiare sotto forma di macchie di forme e dimensioni diverse. Le regioni oscure di piccole dimensioni vengono chiamate "laghi" o "oasi". Là dove i mari penetrano profondamente nei continenti, essi danno luogo ai cosiddetti "golfi" (indicati con il nome latino "sinus"). Naturalmente, proprio come i mari della Luna, anche i mari marziani non hanno niente a che vedere con l acqua. Attualmente sembra che le aree chiare siano formate da terreno relativamente liscio e livellato su cui si è accumulata una coltre di sabbia e polvere più o meno continua. Le regioni scure corrispondono invece ad aree molto scoscese o piene di crateri dove la coltre di polvere non è continua e lascia intravvedere lo strato sottostante di roccia più scura. Che il pianeta sia molto polveroso, lo si nota chiaramente in varie foto riprese dal suolo dai moduli d atterraggio di varie sonde che lo hanno raggiunto. Tra le rocce c è polvere e sabbia dappertutto, formando delle piccole dune di varie dimensioni. La 2

3 polvere è in sospensione anche nell atmosfera, conferendole un colore rosa-arancione ben diverso da quello del cielo terrestre. I mari, al pari delle calotte polari, sono interessati da cicli di variazioni stagionali. In inverno il contrasto tra regioni chiare ed oscure è minimo. In primavera i mari presentano la caratteristica di essere bordati da una frangia più oscura laddove essi confinano con le calotte polari. Questa frangia, inizialmente molto sottile, si estende progressivamente verso l equatore coprendo regioni sempre più vaste e producendo quel fenomeno noto con il nome di "onda di oscuramento". E' stato osservato che l onda di oscuramento si propaga ad una velocità di circa 30 km al giorno. In alcune regioni questi cambiamenti sono regolari e tornano a manifestarsi ogni anno; in altre, invece, ogni primavera sono diversi. Le regioni chiare non partecipano ai cicli stagionali ma possono subire cambiamenti secolari irreversibili. Prima dell era spaziale il fenomeno dell onda di oscuramento è stato per molto tempo interpretato come un indizio della presenza di vegetazione. In particolare si pensava che l acqua, proveniente dalla fusione delle calotte polari, diventasse disponibile a latitudini via via più basse. Oggi si sa invece che tale fenomeno è dovuto alla ridistribuzione della polvere causata da venti stagionali: in primavera le piccole particelle, trasportate da venti che spirano verso l equatore, sono allontanate dai mari che pertanto divengono più scuri; in autunno invece le particelle vengono trasportate in verso opposto. 3. Caratteristiche geofisiche osservate dalle sonde spaziali Evidentemente il maggior numero di informazioni su Marte sono giunte dalle analisi condotte dalle sonde spaziali russe e americane che hanno raggiunto il pianeta. Queste hanno appurato che Marte è un corpo celeste dalla topografia differenziata in modo spettacolare che mostra evidenti segni di un recente ed attivo passato geologico: oltre a grandi crateri d impatto, esistono lunghi canyon profondi anche 7 km ed enormi vulcani che si ergono fino a 27 km sulle pianure circostanti. Il dislivello di altezza tra i punti più elevati della superficie marziana e quelli più bassi è di circa 34 km; inoltre tra le regioni a bassa elevazione vi sono sia aree chiare che scure e lo stesso avviene per le regioni elevate. Dalle mappe altimetriche del pianeta, è facile rilevare che quest ultimo è nettamente diviso in due parti: una provincia settentrionale quasi priva di crateri e costituita da bassipiani ed una meridionale altamente craterizzata, costituita da altipiani. Quest ultima è sicuramente la parte più vecchia del pianeta. I bassipiani settentrionali costituiscono invece la parte relativamente più recente del pianeta e sono di origine vulcanica. In effetti la scarsità di strutture da impatto è comunemente attribuita ad una ricopertura del vecchio terreno craterizzato sotto una coltre di materiale magmatico fuoriuscito dall interno del pianeta. Occorre osservare che 3

4 sebbene Marte sia più piccolo della Terra (avendo un diametro che è poco meno della metà di quello terrestre), le più grandi strutture geologiche presenti sulla sua superficie (vulcani, canyon, crateri) hanno dimensioni molto maggiori delle corrispondenti strutture terrestri. Una decina di anni fa la sonda statunitense Mars Global Surveyor ha trovato che Marte, pur non possedendo un campo magnetico globale, presenta delle fasce, larghe un paio di centinaia di chilometri e presenti soprattutto nell emisfero meridionale, dove il campo magnetico locale assume valori non trascurabili con polarità alternate; tali zone (analoghe alle anomalie magnetiche osservate sul nostro pianeta nelle dorsali medio-oceaniche) rappresenterebbero ciò che rimane di un intenso campo magnetico che il pianeta possedeva nel passato e potrebbero essere indicative di antichi movimenti della crosta marziana simili a quelli che sulla Terra danno luogo alla deriva dei continenti. 4. Clima marziano Per quanto riguarda il clima, si può dire che attualmente Marte è molto freddo con una temperatura media di 60 C. All equatore durante il giorno le temperature estive possono raggiungere i 25 C, arrivando in casi eccezionali fino a 37 C; esse cadono, però, di 100 C o più durante la notte, con il risultato che anche in questi giorni particolarmente caldi la temperatura media giornaliera è ben al di sotto dello zero centigrado. Queste grandi escursioni termiche avvengono a causa della mancanza dell azione equilibratrice degli oceani e dell atmosfera. Quest ultima, costituita quasi esclusivamente di anidride carbonica, è molto tenue ed esercita al suolo una pressione di meno di 1/100 di quella terrestre. Anche la percentuale di vapore acqueo nell atmosfera è di gran lunga minore di quella terrestre; basti pensare che, se tutta l acqua contenuta nell atmosfera condensasse al suolo, essa formerebbe uno straterello spesso soltanto qualche decina di micron. Questo fatto, unito alle basse temperature, ha per conseguenza che l acqua non può esistere allo stato liquido sulla superficie di Marte, in quanto generalmente essa solidifica e poi sublima molto rapidamente (tranne che ai poli dove il ghiaccio è relativamente stabile). In effetti Marte presenta oggi una superficie molto secca ed estremamente fredda. L estrema rarefazione dell atmosfera è anche la causa della mancanza di importanti fenomeni meteorologici. Pioggia e neve, per quel che abbiamo visto, sono di fatto impossibili. Gli unici eventi atmosferici veramente imponenti su Marte sono le grandi tempeste di polvere, alcune delle quali giungono ad interessare l intera superficie del pianeta e non hanno uguali sulla Terra. Durante queste tempeste periodiche venti estremamente violenti sollevano fino a grandi altezze la polvere che poi, cessata la tempesta, torna a depositarsi molto lentamente (in numerose settimane) sulla superficie. Sono state determinate l altezza delle nubi di polvere (da 10 a 15 4

5 km), le dimensioni delle particelle (da 0.1 a 10 µm, con una grossa percentuale intorno a 1 µm) e la loro composizione (esattamente come nella sabbia terrestre, i silicati predominano). Sulla base di quanto fin qui esposto, appare evidente che Marte è, rispetto agli standard terrestri, un gelido deserto. Tuttavia è probabile che il pianeta non sia stato sempre caratterizzato da questo clima rigido e secco, ma che in passato la pressione atmosferica e la temperatura al suolo avessero valori sufficientemente alti da permettere la presenza di acqua allo stato liquido sotto forma di fiumi, laghi e forse anche oceani. Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono gli indizi osservativi che sembrano suggerire quest idea. 5. Geologia e paleoclimatologia del pianeta Uno dei risultati più notevoli della missione americana Mariner 9 del 1971 è stata la scoperta di parecchi canali, cioè solchi incisi nel terreno (simili a letti fluviali), che sembrano essersi formati in un passato più o meno lontano per l attività di qualche tipo di acqua corrente. Occorre subito precisare che queste strutture non hanno niente a che vedere con i famosi canali di Schiaparelli, ossia linee dritte e regolari diffuse a ragnatela sul pianeta che l astronomo italiano pensò di aver scoperto sul pianeta. In effetti, al contrario dei canali di Schiaparelli, che si credeva attraversassero tutto il pianeta seguendo percorsi quasi perfettamente rettilinei, i canali fotografati dal Mariner 9 e successivamente dalle altre sonde che hanno raggiunto il pianeta presentano andamenti irregolari, con sinuosità più o meno accentuate, e sono meno lunghi. Un importantissimo tipo di canali marziani è costituito dai cosiddetti canali dendritici, cioè ramificati. Essi sono costituiti da una serie di rami secondari che, man mano che si scende a valle, vanno a confluire in un unico ramo principale profondamente inciso nel terreno. Essi sono in genere di piccole dimensioni, avendo lunghezze di solito inferiori ai 300 km. L'acqua dovrebbe essere stata a lungo presente in questo tipo di canali. Infatti le modeste portate d acqua che si deducono dalla morfologia di queste valli sembrano richiedere un lungo intervallo di tempo (probabilmente dell ordine dei 100 mila anni) per produrre il volume di erosione osservato. La loro struttura è molto simile a quella dei canali di drenaggio che si trovano sulla Terra e che vengono alimentati dalle acque piovane. Quindi un origine dovuta a precipitazioni sembra molto plausibile. Occorre ricordare che le precipitazioni sono attualmente impossibili su Marte. Alla fine dei loro corsi diversi canali vanno spesso a sfociare in depressioni del terreno o crateri che un tempo ospitavano probabilmente dei laghi nei quali si raccoglievano le acque trasportate attraverso i canali. Sulla superficie marziana sono stati finora identificati più di cento bacini che nel passato avrebbero potuto ospitare 5

6 dei laghi, ovviamente oggi ormai in secca. Spesso sui bordi interni dei crateri si osservano ben sviluppati sistemi di terrazze a vari livelli che sembrano essere dovute a processi erosionali o deposizionali di natura meccanica prodotti dal moto delle onde. Le varie altezze delle terrazze suggeriscono che il livello dell acqua deve essere cambiato più volte nella vita di tali presunti laghi. Probabilmente i due più estesi laghi marziani erano ospitati negli enormi bacini d impatto di Argyre ed Hellas. Non si può neanche escludere che su Marte sia esistito un vero e proprio oceano. Alcuni gruppi di ricerca hanno infatti avanzato l ipotesi che tale oceano, cui è stato dato il nome di Oceanus Borealis, coprisse gran parte delle piane settentrionali del pianeta. Diversi indizi sembrano suggerire questa conclusione. Secondo alcuni ricercatori la bassa densità di crateri oggi osservata nei bassipiani settentrionali è dovuta alla deposizione di uno strato di sedimenti che ha ricoperto il vecchio terreno sul fondo. Ora, se tutte queste indicazioni geologiche non ci ingannano, tutto sembra suggerire che grandi quantità di acqua liquida siano state presenti nel passato su Marte, e, stante l estrema instabilità attuale, bisogna concludere che il clima passato di Marte doveva essere completamente diverso da quello odierno. 6. Evoluzione climatologica di Marte Diversi modelli climatologici sono stati sviluppati per studiare questo drastico cambiamento. Tutti questi modelli si basano sul cosiddetto effetto serra, ossia il riscaldamento della superficie di un pianeta ad opera di un atmosfera contenente sostanze come vapor acqueo, anidride carbonica, metano e ammoniaca (i cosiddetti gas serra). Secondo molti di questi modelli grosso modo nel primo miliardo di anni (il cosiddetto Periodo Noachiano, che durò tra 4.6 e 3.8 miliardi di anni fa) le frequenti eruzioni vulcaniche, immettendo nell atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, erano agevolmente in grado di compensare le perdite di questo gas dovute soprattutto alla sua fuga verso lo spazio esterno. Questa fuga è causata dal fatto che Marte, avendo una massa circa pari ad un decimo di quella terrestre, ha una gravità bassa rispetto a quella della Terra e non è in grado di trattenere un atmosfera così efficacemente come il nostro pianeta. Tuttavia in questo primo periodo della storia marziana tali perdite erano facilmente compensate dalle eruzioni vulcaniche e pertanto l atmosfera era sufficientemente densa da riscaldare per effetto serra la superficie di Marte al di sopra del punto di fusione dell acqua. Di conseguenza il clima era molto più caldo e umido di quanto non sia oggi. Successivamente (durante Periodo Esperiano, ossia tra 3.8 e 3 miliardi di anni fa) l atmosfera diventò rarefatta, a causa del fatto che la ridotta attività vulcanica non fu più in grado di compensare le perdite di anidride carbonica. Per questo nella terza era geologica marziana (il cosiddetto Periodo Amazzoniano, che dura tuttora) il pianeta divenne freddo e secco. 6

7 E così si è mantenuto fino ai nostri giorni, a parte però degli importanti episodi di clima relativamente mite, sia pure brevi (della durata inferiore ad un milione di anni) e isolati, forse causati da una recrudescenza dell attività vulcanica e da variazioni nell inclinazione dell asse di rotazione. A onor del vero occorre ricordare che l idea secondo cui Marte ha avuto in passato un clima molto diverso da quello attuale non gode dell unanimità dei consensi. Qualche ricercatore ritiene infatti che il clima marziano non abbia mai subito drastiche variazioni e che esso sia sempre stato abbastanza simile a quello attuale. Ora, come abbiamo già visto, con un clima simile a quello attuale l acqua non può esistere allo stato liquido sulla superficie del pianeta e non può quindi scavare canali o formare laghi o mari. Pertanto questi ricercatori pensano che i canali non siano stati incisi da acqua corrente ma debbano la loro origine ad un cedimento strutturale del terreno prodotto da affioramenti di acque sotterranee riscaldate da intrusioni magmatiche 1. Quanto poi alle terrazze, di cui abbiamo già parlato in precedenza, esse non sarebbero prodotte a causa dell azione del moto ondoso in un lago o in un mare, ma sarebbero invece dovute ad altre cause; per esempio potrebbero essere strati sovrapposti di lava solidificata. Quindi la questione di come fosse veramente il clima di Marte nel passato non può essere considerata del tutto chiusa. 7. Ricostruzione dell evoluzione climatica tramite studi mineralogici Per risolvere questo problema un ruolo importante potrebbe essere giocato da alcuni minerali, quali i fillosilicati (tra cui, in particolare, le argille) ed i carbonati. I primi sono un tipo di silicati (come ad esempio la nontronite, la saponite e la montmorillonite), caratterizzati da una struttura a strati di tetraedri SiO 4 all interno della quale sono spesso presenti ioni ossidrile (OH); i secondi (come ad esempio la calcite e la siderite) sono costituiti da sali dell acido carbonico e sono molto diffusi sulla Terra dove spesso danno origine a depositi presenti in forma compatta (rocce) o incoerente (sabbie) sul fondo dei laghi e dei mari. Pur essendo sempre di natura inorganica, talvolta i carbonati hanno un origine biologica (un tipico esempio è costituito dalla dolomite, molto abbondante nella catena delle Dolomiti). La recente scoperta in diverse aree marziane di depositi fillosilicatici e carbonatici, ottenuta tramite analisi spettroscopiche in situ o dall orbita, potrebbe indicare che tali aree siano state a lungo occupate da distese di acqua allo stato liquido (appunto perché questi depositi per aver origine hanno in genere bisogno di un ambiente acquoso in cui avvenga la lenta formazione dei carbonati e dei fillosilicati), anche se ipotesi alternative sono state proposte (quali ad esempio la formazione nel ( 1 ): Alternativamente l affioramento di tali acque termali potrebbe aver comportato l incisione del terreno ad opera di prolungati scorrimenti superficiali di queste acque, apparentemente in grado di percorrere grandi distanze prima di ghiacciare (a causa della loro elevata temperatura alla sorgente). 7

8 sottosuolo da liquidi idrotermali). Nel primo caso, stante l'attuale estrema instabilità dell'acqua allo stato liquido sulla superficie del pianeta, il paleoclima di Marte doveva essere molto diverso da quello attuale. E questa sarebbe una scoperta veramente importante, anche per le sue notevoli implicazioni esobiologiche. 8

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