LA STORIA DEL KARATE

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1 LA STORIA DEL KARATE ARTI MARZIALI «Se mi accorgo che qualcuno mi guarda con odio, non reagisco. Mi limito a fissarlo negli occhi, avendo cura di non trasmettergli alcuna sensazione d'ira o di pericolo. E il combattimento, prima ancora di cominciare è già finito. Il nemico da battere è dentro di noi. Le arti marziali non significano violenza, ma conoscenza di sé stessi e degli altri.» (Wang Wei, Maestro di Kung Fu e Tai Chi; 1996 ) Con arte marziale si intende una disciplina legata al combattimento che raccoglie al suo interno determinate pratiche e tecniche codificate fondate a loro volta su particolari principi fisici, culturali e filosofici. Il termine è entrato nell'uso agli inizi degli anni sessanta quando vennero introdotte in occidente le arti marziali orientali e talvolta viene associata solo a queste ed in particolare alle arti marziali cinesi, arti marziali giapponesi e coreane. Oggi, le arti marziali vengono studiate per varie ragioni: ottenere abilità di combattimento, autodifesa, sport, salute fisica, autocontrollo, meditazione, acquisire confidenza col proprio corpo, sicurezza nelle proprie capacità e consapevolezza dei propri limiti. Ma come nascono le arti marziali? La scarsa presenza di fonti storiche riguardanti le arti marziali in Asia non ci permette di stabilire con esattezza la nascita e l'evoluzione di queste arti. Si sa però che la maggior parte di esse deriva per lo più da alcune tecniche di lotta della Cina del nord sviluppatesi durante la dinastia Zhou. Da queste presero forma una serie di tecniche di combattimento, già allora considerate un'arte e che venivano chiamate Chi Ch'iao, che significa "abilità e talento", o Shou Po, ossia "mano che colpisce a pugno". Le tecniche di lotta diffuse in Cina entrarono in contatto con i principi filosofici del Buddhismo Chán intorno al 500 d.c.; questo incontro si fa tradizionalmente risalire all'arrivo del leggendario Monaco Bodhidharma (foto sopra) del tempio di Shaolin (foto sotto), anche se questo avvenimento si confonde con la leggenda. La storia narra che il Monaco, notò la difficoltà per raggiungere la perfezione del fisico fine a se stessa, tant è che per tale motivo penso di unire l utile al dilettevole, creando una nuova arte in cui fondare i principi di vita, filosofici, religiosi, con la cultura del fisico, rendendolo forte e resistente per avere prontezza in caso di ogni eventuale situazione combattiva. I principi filosofici del buddhismo influenzarono moltissimo le arti marziali in Cina e in Giappone, elevandole da semplici metodi di combattimento ad arti per la ricerca della perfezione fisica e spirituale. Con la successiva diffusione di queste elaborate arti marziali per tutta la Cina, avvenne una gran differenziazione dovuta all'incontro con altre filosofie come il Taoismo e il Confucianesimo e alle condizioni geografiche in cui andarono a svilupparsi. Fu forte l'influenza che queste arti marziali provenienti dalla Cina ebbero sulle nascenti arti marziali nel resto dell'asia. L'insegnamento delle arti marziali in Asia ha storicamente seguito il tradizionale principio insegnante-discepolo, comune ad ogni tipo di apprendimento. Gli studenti apprendono attraverso uno stretto sistema gerarchico al cui vertice sta il Maestro: Sensei ( 先生 ) in giapponese. In alcune arti marziali influenzate dal confucianesimo, gli studenti più anziani sono considerati come fratelli e sorelle maggiori, quelli più giovani come fratelli e sorelle minori. Tali intime relazioni servono per formare un buon carattere, pazienza e disciplina.

2 DALLE ARTI MARZIALI AL KARATE L'evoluzione del KARATE ha inizio più di duemila anni fa. Si hanno notizie di una violenta forma di combattimento senza armi che risale al 700 d.c., di origine greco-romana, chiamata PANCRAZIO, che fece anche parte di prestigiosi giochi dell'epoca. Questa forma di combattimento passò dall'india alla Grecia e da lì a Roma, fino ad arrivare in Persia; per poi tornare, con ulteriori evoluzioni, nuovamente in India. L arte orientale del combattimento a mani nude risale al VI secolo d.c., prima in Cina e poi in Giappone. Si dice che la scoperta dell utilizzo del proprio corpo come unico mezzo di combattimento, risale a Bodhidharma (India, 483 d.c. - Tempio di Shaolin 540 d.c.), un monaco buddhista indiano, il 28 patriarca indiano del Buddhismo Chan. Originario dell'india e di nobile casata, da lui sarebbe nato anche, secondo alcune tarde leggende, lo stile di combattimento di Shàolín quán. Nonostante le diverse agiografie che si susseguirono nel corso dei secoli, sulla figura di Bodhidharma possediamo una sola testimonianza contemporanea della sua esistenza: La storia narra di un "un persiano dagli occhi blu sui 150 anni di età" che praticava la recitazione del nome del Buddha e che aveva espresso parole di elogio per alcuni templi cinesi da lui visitati. Un brahmano originario dell'india meridionale che arrivò in Cina per diffondervi le dottrine del Mahāyāna. Giunto per mare a Nanyue, raggiunse la capitale Luoyang, dove cercò di raccogliere, ma senza successo, dei discepoli, incontrando persino maldicenze. Solo in due lo seguirono, Huìkě e Dàoyù. A loro trasmise la dottrina che riteneva più adatta ai cinesi e la tecnica della meditazione del bìguān e del principio. Così, attraverso i suoi sistematici insegnamenti finalizzati al rafforzamento del corpo e dello spirito, prese corpo una nuova disciplina di combattimento, o arte marziale, che rese poi famoso il tempio stesso ed i suoi monaci. Con la sua diffusione, il fondatore Bodhidharma acquisì conseguentemente le sue caratteristiche leggendarie. In realtà le origini del karate risultano alquanto oscure e ben poco di certo si conosce sulla sua evoluzione fino alle prime notizie certe pervenuteci dall' ISOLA DI OKINAWA. KARATE Il KARATE (pronuncia italianizzata in caràte o caratè) è un arte marziale che ha origine in Giappone nel 1700, precisamente presso l isola di Okinawa (arcipelago Ryukyu) - foto -esclusivamente come arte di combattimento difensiva. Descrivere in modo dettagliato l'evoluzione del karate risulta difficile per mancanza di fonti storiografiche certe. Si possono solo formulare ipotesi riguardo alla nascita e alla diffusione iniziale di quest'arte marziale, utilizzando rare fonti costituite perlopiù da racconti e leggende trasmessi oralmente. Dal XIX secolo in poi, la storia risulta più chiaramente documentata.

3 Non è possibile affermare con certezza se esistesse già una forma di combattimento autoctona; tuttavia, si crede che fosse già praticata un'arte "segreta": l'okinawa-te. L'ideogramma te ( 手 ) letteralmente indica la parola "mano", ma per estensione può anche indicare "arte" o "tecnica"; il significato di Okinawa-te, quindi, è "arte marziale di Okinawa". Essa era praticata esclusivamente dai nobili, che la tramandavano di generazione in generazione, di padre in figlio. La storia narra che alla fine del 15 secolo, l imperatore Sho Shin (foto a sinistra), senza dare alcuna spiegazione, decise di eliminare dall isola ogni tipo di arma esistente, vietandone ovviamente anche l importazione. Questo non è certo, ma è sicuramente una delle tante credenze popolari giapponesi, ciò in cui credono i karateca. Ma la storia continua, e nei secoli XVII e XVIII le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente; l'improvviso impoverimento delle classi alte fece si che gli esponenti di quest'ultime iniziassero a dedicarsi al commercio o all'artigianato. Fu grazie a questo appiattimento tra i due ceti che l'arte "segreta" iniziò a penetrare anche al di fuori della casta dei nobili. La conoscenza del te restava uno dei pochissimi segni di appartenenza passata a un'elevata posizione sociale. Per questo motivo i nobili, ormai divenuti contadini, tramandavano quest'arte a una cerchia ristrettissima di persone, quasi in modo esoterico. Così facendo si è avuta una dispersione dell'arte originale e furono gettate le basi per i vari stili di karate. Ovviamente anche questa continuazione non è sicura In ogni caso, resta certo che in quei secoli Okinawa restò priva di armi e, il fatto che un popolo potesse sopravvivere disarmato in quegli anni sembrava pura follia, tant è che, nel 1816 Napoleone, nell'udire che vi era un piccolo Paese di nome Okinawa dove il popolo girava disarmato esclamò: "Non riesco a capire come possa esistere un popolo disinteressato alla Guerra..." Ma oggi, ad Okinawa, i più grandi Maestri di Karate ritengono che il divieto per le armi posto dal loro primo Re fu atto di grande saggezza e non di oppressione probabilmente l uso delle armi non li avrebbero resi tali! Per come lo conosciamo oggi, il karate è il risultato di una fusione tra l'antica arte cinese Te ( 手 letteralmente: "mano vuota"), le antiche arti cinesi nate nel Tempio di Shaolin, ed altri stili praticati nel sud della Cina come il Tode (mano cinese) e il Kenpo cinese. Le arti marziali cinesi si basano su concetti filosofici e su un'elaborata concezione del corpo umano; era quindi impossibile imparare le arti cinesi nello spazio di un solo viaggio. I viaggiatori giapponesi appresero quel che potevano. Si pensa quindi che sia stata possibile una sorta di fusione tra le arti arrivate dalla Cina, che comunque costituivano uno stile non metodico, e il te okinawese. Una prova di questo importante scambio culturale tra Okinawa e Cina è fornita da un maestro vissuto in epoca successiva, Ankō Itosu. Esponente di spicco di questo periodo fu Kanga Sakugawa, signore di Okinawa ed esperto di te. Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione delle arti diffuse ad Okinawa. Tuttavia trascorse ancora qualche decennio prima dello sviluppo di una vera e propria scuola di tode. Il fondatore di questa scuola fu Sōkon Matsumura. Il suo stile di tode era chiamato Shuri-te (arte marziale di Shuri, città di Okinawa) in quanto Matsumura era residente proprio nella città di Shuri. Egli basò il proprio insegnamento su tre punti fondamentali: la pratica dell'arte autoctona di Okinawa, l'arte giapponese della spada (Jigen-ryū) e la pratica delle arti cinesi. Nacque così il vero e proprio tode. Sottolineiamo il fatto che tutte queste arti marziali sono il risultato di uno studio in cui il corpo umano si allena per trasformarsi in qualsiasi arma per l'autodifesa. Tuttavia lo stile di Okinawa è unico e tutto ciò che provenisse da altre parti del mondo è stato sempre ritrasformato in modo da amalgamarsi ai principi di combattimento di Okinawa.

4 Alla sua nascita il karate servì ai nativi dell isola per potersi difendere da possibili prepotenti attacchi aristocratici. Ma i contadini non furono i soli a preparare colpi di autodifesa. Infatti, nell isola sorsero diversi stili, tutti nati e praticati in gran segreto: i nobili impararono e svilupparono l'arte del combattimento a mano nuda, il cosiddetto Te, mentre i contadini ed i pescatori iniziarono a sviluppare l'uso di armi che nascevano dal loro mondo del lavoro; falci, falcetti, bastoni per la mietitura e la pulitura delle sementi, briglie per cavalli, attrezzature come l attuale nunchaku, e persino remi da barca divennero ben presto armi letali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama). Inizialmente lo studio del karate era un privilegio degli uomini, ma col passare del tempo (secoli) anche le donne riuscirono ad avvicinarsi allo studio della disciplina. Oggi lo studio del karate viene effettuato senza l ausilio di armi, proprio come suggerisce il nome, ma a questa disciplina ne è strettamente legata un altra di nome Kobudo, anch esso originario di Okinawa e simile al karate, ma contrariamente prevede l'ausilio delle armi tradizionali sopra descritte (foto). Attualmente il karate viene praticato in versione sportiva (privato delle sua componente marziale e finalizzata ai risultati competitivi tipici dell'agonismo occidentale) e in versione arte marziale tradizionale con lo scopo della difesa personale. CENNI STORICI ACCERTATI E DOCUMENTATI: Karate fu sviluppato nel Regno delle Ryūkyū prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo. Fu portato sul continente giapponese durante il periodo degli scambi culturali fra i nipponici e gli abitanti delle Ryukyu. Una volta che il karate si diffuse, nel 1800, nacquero le varie scuole di pensiero, da cui, nel 900 i grandi maestri proposero i loro molteplici stili. Nel 1922 il Ministero dell'educazione Giapponese invitò il Maestro Gichin Funakoshi a Tokyo per una dimostrazione di karate. Nel 1924 l' Università Keio istituì in Giappone, il primo club universitario di Karate e nel 1932, tutte le maggiori università avevano i loro clubs. In un'epoca di crescente militarismo giapponese, il nome fu modificato da mano cinese a mano vuota, ad indicare che i nipponici svilupparono una forma di combattimento di stile giapponese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Okinawa divenne un importante sito militare statunitense ed il Karate popolare tra i soldati stanziati sulle isole. I film sulle arti marziali degli anni 1960 e 1970 incrementarono notevolmente la popolarità del karate nel Mondo, cominciando ad essere usato in modo generico per riferirsi a tutti i colpi basilari delle arti marziali orientali. Le scuole di Karate iniziarono ad apparire in tutto il Mondo, facendo conoscere quest'arte sia ai semplici curiosi, sia a coloro che cercarono uno studio più approfondito dell'arte. Ciò che studiamo oggi è tutto merito di quattro grandi Maestri: Kanga Sakugawa Sōkon Matsumura Anko Itosu Gichin Funakoshi Shigeru Egami, capo istruttore del Dojo Shotokan, riteneva che la maggior parte dei sostenitori del karate dei Paesi oltre mare vedeva questa disciplina solo come una tecnica di combattimento. Film e televisione rappresentano il karate come un modo "misterioso" di combattere, capace di causare la morte o il ferimento dell'avversario con un singolo colpo. I mass media lo rappresentano come una pseudo arte lontana dalla realtà. Shōshin Nagamine disse: "Il Karate può essere considerato come il conflitto in se stessi, o come una maratona lunga tutta la vita che può essere vinta solo attraverso l'auto-disciplina, il duro allenamento e i propri sforzi creativi."

5 Nato come arte marziale che insegna il combattimento e l'autodifesa, con il tempo il Karate si è trasformato in filosofia di vita, in impegno costante di ricerca del proprio equilibrio, in insegnamento a "combattere senza combattere", a diventare forti modellando il carattere, guadagnando consapevolezza e gusto nella vita, imparando la capacità di sorridere nelle avversità e di lavorare con determinazione e nel rispetto degli altri. Solo quando questo insegnamento verrà compreso appieno, sostengono i suoi estimatori, l'allievo potrà essere veramente libero e realizzato. Per tale motivo, il termine karate venne rimodellato ed un comitato di Maestri giapponesi decise di aggiungere il suffisso DO al nome KARATE, per far riconoscere quest arte non solo nel campo delle arti da combattimento, ma per dimostrare il suo significato filosofico e rimarcarne la forma disciplinare. KARATE-DO significa la Via della Mano Vuota oppure l Arte della Mano Vuota Perché mano e non arma? Proprio per il fatto di essere un arte fondata sul combattimento a mani libere, vuote, disarmate. Il termine vuoto nel karate indica, oltre allo stato di disarmo del karateca, anche il proprio stato mentale, libero da ogni pensiero, completamente concentrato sull attività che si sta affrontando. Kara : aperto, spazio prodotto da un certo lavoro, spazio vuoto, immagine del vuoto. Te : è la rappresentazione di una mano visto di mezzo profilo, ma è anche il fonema di attività, di tecnica e di arte. Do : è la via, l arte, il termine che ne richiama la cultura e la filosofia. La parola giapponese kara-te, nel complesso, si compone di vuoto e pugno, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè mettersi all'opera per fare il vuoto. Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l'accezione Karate, più spesso si adoperavano altre parole: te obushi no te (mano di guerriero). Nagashige Hanagusuku, maestro di Okinawa, usò il carattere giapponese per "mano vuota" nell'agosto del Ciò richiama anche il fatto che questa forma di autodifesa non fa necessariamente uso di armi. Questi concetti suggeriscono che il praticante di Karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale, ma anche nella vita. Si può quindi riassumere che il karate è un'arte: una disciplina che si applica a mani nude, di origine giapponese e che rafforza il corpo e lo spirito. "Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateka deve rendere vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe incontrare." G. Funakoshi Successivamente la II Guerra Mondiale, grazie al Maestro Gichin Funakoshi, fondatore del Karate stile Shotokan, il Karate viene diffuso in tutto il mondo, sino ad arrivare ai giorni nostri. Il Karate oggi è una vera e propria disciplina sportiva, che prevede l'uso degli arti superiori e inferiori senza l'ausilio di armi, seguendo esattamente la finalità per la quale è stata creata. Escludendo il lato sportivo-agonistico, lo scopo del karate non è la vittoria nel combattimento, ma il raggiungimento del perfezionamento sia della tecnica esecutiva sia di un equilibrio interiore della persona. Karategi = 空手着 oppure 空手衣 KARATE-GI o KEIKO-GI è la divisa utilizzata per la pratica del Karate. Talvolta si denomina Kimono, ma in realtà quest ultimo è l abito tradizionale giapponese. Il karategi si è sviluppato dal Judogi. Quando Gichin Funakoshi tenne una dimostrazione di karate in Giappone al Kodokan vestiva ancora il tradizionale judo gi. In origine, prima che si diffondessero le scuole di karate, non esisteva una vera e propria uniforme, ma ognuno si vestiva come preferiva, con gli indumenti quotidiani o anche solo con la biancheria intima.

6 Così, il Maestro Funakoshi riprese la divisa dei praticanti di Judo, gli allievi del suo amico il Maestro Jigoro Kano, dando così un uniformità e una marzialità all abbigliamento dei suoi allievi karateka. Il Karate-gi deve essere bianco a rappresentazione della purezza. La giacca si chiama Uwagi, i pantaloni Zubon, la cintura Obi; e le ciabatte tipiche giapponesi sono Zoori. I gradi del karate: La gerarchia dei gradi di cintura nelle arti del budo è detta kyudan e si suddivide nel seguente sistema: allievi (kyu o mudansha) cinture nere (dan: yudansha e kodansha). Nel budo si considera il kyu come un grado di scuola o di apprendimento e il dan come un grado di autoperfezionamento. Prima dell'arrivo in Giappone del maestro Funakoshi non esistevano gradi nel karate, fu lui ad inserirli nel 1926, ispirato dal fondatore del Jūdō moderno, Jigoro Kano, che a sua volta si richiamò ad un uso proprio degli antichi sistemi marziali giapponesi. Kyu o mudansha 10 kyu (juu kyu) : cintura bianca 9 kyu (ku kyu) : cintura gialla 8 kyu (hachi kyu) : cintura gialla 7 kyu (shichi kyu) : cintura arancione 6 kyu (roku kyu) : cintura verde 5 kyu (go kyu) : cintura blu 4 kyu (shi kyu) : cintura blu 3 kyu (san kyu) : cintura marrone 2 kyu (ni kyu) : cintura marrone 1 kyu (ichi kyu) : cintura marrone Questo è il periodo che permette di costruire e rafforzare autodisciplina, volontà, pazienza, comprensione e convivenza con altri, elementi senza i quali non è possibile progredire. Durante questo primo periodo lo sviluppo della tecnica è l'unico criterio di misurazione utilizzabile. Originariamente il mudansha era rappresentato dalla sola cintura bianca, simbolo della "non conoscenza, della purezza e della libertà della mente"; in seguito fu introdotta la suddivisione tra cintura bianca e cintura marrone, cui si aggiunse poi quella dei colori intermedi. Yudansha - Il guerriero : gradi di maestria tecnica 1 dan: grado dell'allievo che cerca la via (dopo almeno un anno dal 1 kyu); 2 dan: grado dell'allievo all'inizio della via (dopo almeno 2 anni dal 1 dan); 3 dan: grado degli allievi riconosciuti (dopo almeno 3 anni dal 2 dan); 4 dan: grado degli esperti tecnici (dopo almeno 4 anni dal 3 dan). Il livello yudansha giunge sino al quarto dan e corrisponde al livello della "libertà della forma" (ha), il livello del guerriero. Il praticante può divenire un esperto di quella stessa tecnica utilizzata ai livelli kyu e la comprende nel suo significato reale. Il 1 dan (shodan) nel karate consente di indossare la cintura nera ed è il primo passo dell'allievo lungo la Via (do): in questo momento comincia il vero karate. Lo studio si raffina e l'arte marziale viene valutata anche dal punto di vista psico-fisico: l'allievo è in grado di capire che dietro l'esercizio fisico c'è la ricerca di uno stato mentale più appagante, così i gradi si evidenzieranno solo quando il praticante avrà superato il livello della dipendenza dalla forma. Nel 2 dan (nidan) e nel 3 dan (sandan) si uniscono la comprensione dell'importanza dell'atteggiamento mentale e la maggiore efficacia delle tecniche. Il 4 dan (yondan) è il "livello dell'esperto" e del combattente completo. Il confine della tecnica puramente corporea viene raggiunto e chi lo acquisisce sa che per poter migliorare dovrà cercare e percorrere nuove vie. Egli interiorizza gli aspetti spirituali dell'arte vivendoli nel dojo e nel quotidiano. A questo livello si forma il legame tra la filosofia dell'arte

7 marziale e tecnica. Si possono controllare lo spirito, il respiro e l'energia (Ki) con l'esercizio fisico, legarli alla tecnica e svilupparli al massimo: nella ricerca della perfezione interiore l'esperienza e la maturità offriranno un fondamentale aiuto. Kodansha - La maestria spirituale : gradi di maestria spirituale 5 dan : renshi kokoro (dopo almeno 5 anni dal 4 dan) 6 dan : renshi (dopo almeno 6 anni dal 5 dan, si acquisisce per merito come i gradi successivi) 7 dan : khioshi (dopo almeno 7 anni dal 6 dan) I gradi kodansha sono propri del vero maestro di budo: solo essi permettono di condurre un allievo al di là degli aspetti puramente formali della tecnica preparandolo alle conoscenze della Via (do). Kokoro è colui che raggiunge questa capacità tra il 5 e il 6 dan, ad una età minima di trent'anni perché tale stato presuppone oltre all'esperienza di budo anche quella di vita. Questi dan vengono chiamati anche renshi ed indicano la maturità spirituale di un uomo: sono perciò i gradi dei maestri autonomi. Generalmente fino al 5 dan è possibile ottenere il grado per mezzo di un esame dopo aver studiato un programma prestabilito, oltre al 5 dan i gradi vengono conferiti solo per meriti conseguiti nell'insegnamento, per comprovata dedizione all'arte e per la diffusione del Karate e dei suoi valori (anche se il modo in cui vengono rilasciati i più alti gradi dan può variare da federazione a federazione). Irokokoro - La maturità : grado della maturità 8 dan : khioshi (dopo almeno 8 anni dal 7 dan); 9 dan : hanshi (dopo almeno 9 anni dal 8 dan); 10 dan : hanshi (dopo almeno 10 anni dal 9 dan). I gradi di maestria più elevati nel budo si chiamano irokokoro e sono espressioni della maturità, legati ai titoli khioshi (7 e 8 dan) e hanshi(9 e 10 dan). Hanshi vive in totale armonia esteriore e interiore: ha superato ogni ostacolo interno (satori) abbandonando la dipendenza dal possesso e dal prestigio ed anche la paura della morte: sua missione sarà il trovare un degno successore. Renshi e khioshi rappresentano la cima della piramide dell'insegnamento mentre hanshi ne resta al di fuori: il suo compito non è quello di insegnare a tutti ma di indirizzare i già esperti verso l'ultimo gradino. Egli apre le porte segrete a quanti siano cresciuti oltre la sola tecnica. Questi gradi sono i più elevati raggiungibili in vita e solo pochissimi uomini li hanno ottenuti. Questi sono i tipici gradi dello stile Shotokan, altri stili (ryū), associazioni, scuole (dojo), possono avere variazioni sia sui colori delle cinture, sia sui tempi che devono intercorrere tra i diversi gradi o livelli. GLI STILI DEL KARATE Le origini Molti generi di karate hanno avuto origine dal te o tode di Okinawa, alcuni sono scomparsi mentre altri si sono sviluppati sino ai giorni nostri, divenendo stili. Nel XIX secolo le arti marziali di Okinawa si separarono in due principali correnti: Shuri-te, Naha-te e in una terza prossima allo Shuri-te, il Tomari-te. Questi sistemi di lotta differiscono nella tecnica e nelle origini geografiche, anche se le loro differenze non sono radicali perché radice comune a tutte resta l'arte marziale cinese. Lo Shuri-te prese il nome dalla capitale di Okinawa, Shuri, veniva praticato dalla classe nobile ed era caratterizzato da movimenti rapidi ed offensivi. Il Naha-te, praticato attorno alla grande città commerciale di Naha, presentava movimenti poderosi, finalizzati alla difesa. Il Tomari-te, dal nome della regione di Tomari (porto di Okinawa), era praticato da contadini e pescatori. Queste differenze spontanee rappresentarono l'unica evoluzione dell'arte marziale sino all'avvento di carismatici maestri che seppero modernizzare il karate tra cui Sokon Matsumura, allievo di Sakugawa. È negli anni venti che gli stili, ormai ben differenziati, cominciano a diffondersi presentati in Giappone al pubblico durante i festival di arti marziali o di educazione fisica e vennero codificati con nomi differenti dai differenti maestri. Lo stile dello Shotokan creato dal Maestro Gichin Funakoshi, significa la casa del fruscio dei pini (lo vedremo meglio dopo).

8 Lo stile dello Shito Ryu è stato fondato dal maestro Kenwa Mabuni (foto) nel Il grande maestro Mabuni incentrò il suo nuovo metodo di insegnamento sulle basi dei suoi due maestri più importanti: il maestro Kanryu Higashinna di Naha e Ankoh Itosu di Shuri. Kenwa Mabuni chiamò questo nuovo stile del Karate Shito Ryu dandogli le iniziali dei loro nomi, Higaonna e Itosu Shito Ryu significa scuola di Itosu e Higaonna. Il Goju Ryu, unico stile mantenuto tale dalle origini ed unico stile di karate ad essere inserito tra le "arti marziali antiche" del Giappone; attualmente praticato ad Okinawa (Shotokan, Wado-ryu e Shito-ryu non sono presenti), in Giappone e nel resto del mondo. Fu fondato dal M Kanryo Higahonna con il nome di "Naha-te"; il termine Go-ju fu tratto dal M Chojun Miyagi da un passaggio del Kempo Hakku, in un capitolo del Bubishi, che recita: 'Ho goju don to', ovvero 'la legge dell'universo respira dura e morbida' Goju-Ryu significa scuola dello stile duro e morbido Altri stili meno praticati e conosciuti: Sankukai Nanbudo Shotokai Wado Ryu Seido Juku Kyokushinkai Ashihara Enshin Shidokan Seidokaikan Ten Ryu Kai Shinseikai Koryu Uchinadi GICHIN FUNAKOSHI Gichin Funakoshi (nato a Shuri il 10 novembre 1868 muore a Tokyo il 26 aprile 1957) è stato un karateka e maestro di karate giapponese. Fu tra i più conosciuti e apprezzati maestri di arti marziali; fu il fondatore dello stile Shotokan. Gichin Funakoshi comincia la sua carriera di karateka, sotto la guida di uno dei più illustri maestri del tempo: Anko Asato. La sua passione per il karate, comincia quando da piccolo, verso i 12 anni, va spesso a giocare dal figlio più grande di Asato, e si stupisce delle tecniche che il padre eseguiva in giardino. L'allenamento con il maestro era sempre durissimo, e molto spesso si svolgeva di notte, al solo chiarore di una lanterna; qui Asato insegna a Funakoshi tutti i segreti del karate con grande rigidità. I primi tempi Funakoshi doveva eseguire centinaia di volte il singolo kata o la singola tecnica, al fine di raggiungerne la perfezione. Funakoshi praticò due stili di karate, shorei-ryu e shorin-ryu, sin da bambino. In età adulta trova un lavoro da insegnante alla scuola di Okinawa, e continuerà a farlo per oltre 30 anni. Agli inizi del suo lavoro come insegnante, Funakoshi conosce Anko Itosu, amico di Asato, che acconsente ad insegnarli la pratica del karate, sempre sotto la guida di Asato. Le idee dei due maestri sono però piuttosto diverse, cosi come lo erano al tempo quelle di tutti gli altri maestri; non esisteva un sistema unificato di karate, ed ognuno personalizzava il proprio stile in base alle proprie esigenze. Nel 1921 il re del Giappone è in viaggio verso l'europa, e decide di far visita al piccolo distretto di Okinawa; qui durante la festa tenutasi per lui, incontra Funakoshi, che esegue delle tecniche dimostrative. L'anno dopo a Kyōto è in corso una esposizione di arti marziali ed educazione fisica, e Funakoshi viene mandato per rappresentare l'isola. Qui incontra Jigoro Kano, il fondatore del Judo, che lo invita a tenere una dimostrazione nel suo dojo a Tokyo; Kano è entusiasta dello stile mostratogli da Funakoshi, e rivestendo un importante carica all'interno del ministero dell'educazione, lo invita a rimanere per divulgare la sua arte. Funakoshi sentendo le parole di Kano, decide di rimanere a Tokyo per divulgare il karate; all'inizio alloggia in una camera di 5 mt per 2, e fa il portinaio all'interno dello stesso palazzo. Il palazzo in questione è in realtà un pensionato per studenti, e quindi le possibilità di trovare allievi erano molte di più.

9 Non riuscendo a vivere esclusivamente con lo stipendio di base, decide di chiedere in prestito una sala del palazzo inutilizzata e cominciare cosi i primi corsi di karate. All'inizio gli studenti sono molto pochi, ma nel giro di 2-3 anni, il numero aumenta considerevolmente, e si cominciano a creare molti club di karate, soprattutto fra le università. Nacque cosi il dojo Shotokan, costruito ad Okinawa, che significa "la casa nel fruscio della pineta": Shoto era infatti uno pseudonimo usato da Funakoshi quando, da giovane, scriveva poesie. Per essere più precisi, il M Gichin Funakoshi adorava trascorrere il suo tempo nei giardini nei prezzi del palazzo reale, recandosi spesso sia durante il giorno sia durante la notte. Un dì, si trovò nella pineta e l unico rumore che gli parve di sentire fu quello del fruscio del vento tra i rami di pino da qui diede il nome alla nostra arte. Il dojo verrà distrutto nel corso della II Guerra Mondiale, e molti allievi moriranno. Nel dopoguerra però, alcuni degli allievi sopravvissuti tornano e ricostruiscono il dojo, così che Funakoshi possa ricominciare ad insegnare. In quegli anni Funakoshi scrive molti libri sulla filosofia del karate, ma il suo libro più importante sarà "Karate jutsu". Dopo la morte della moglie, torna a Tokyo all'età di 81 anni e scopre che molti suoi allievi lo aspettavano per conferirgli la carica di presidente delle Japan Karate Association: è il Agli inizi del 1951 però, cominciano a nascere le prime divergenze di opinioni all'interno della federazione e alcuni maestri la lasciano. Il numero degli allievi continua comunque ad aumentare. Gichin Funakoshi muore nell'aprile del 1957, all'età di 89 anni; sulla sua tomba fu scritto: "Nel karate non attaccare mai per primo". Niju kun : i 20 precetti del Maestro Gichin Funakoshi Niju kun è un termine proveniente dall'arte marziale di Okinawa che si traduce letteralmente come Le venti (niju) regole (kun). Create da Gichin Funakoshi, esprimono i venti principi ai quali tutti gli studenti di Karate Shotokan sono incoraggiati ad ispirarsi nella vita, a praticarli e ad insegnarli agli altri, un modo per guidare i suoi karateka nel loro allenamento. Mentre si crede che i precetti fossero scritti intorno al 1890, essi furono pubblicati per la prima volta nel 1938 nel libro The Twenty Guiding Principles of Karate nella forma che segue: 1. Il Karate comincia e finisce col saluto. Karate-do wa rei ni hajimari rei ni owaru koto a wasaru na 2. Il Karate non è mai attaccare per primi. Karate ni sente nashi 3. Il Karate è rettitudine, riconoscenza, perseguire la via della giustizia. Karate wa, gi no taske 4. Il Karate è prima di tutto capire se stessi e poi gli altri. Mazu onore o shire, shikashite ta o shire 5. Nel Karate lo spirito viene prima; la tecnica è il fine ultimo. Gijitsu yori shinjitsu 6. Il Karate è lealtà e spontaneità; sii sempre pronto a liberare la tua mente. Kokoro wa hanatan koto o yosu 7. Il Karate insegna che le avversità ci colpiscono quando si rinuncia. Wazawai wa ketai ni seizu 8. Il Karate non si vive solo nel dojo. Dojo nomino karate to omou na 9. Il Karate è per la vita. Karate-do no shugyo wa isssho de aru 10. Lo spirito del Karate deve ispirare tutte le nostre azioni. Ara yuru mono o karateka seyo; sokoni myomi ari 11. Il Karate va tenuto vivo col fuoco dell'anima; è come l acqua calda, necessita di calore costante o tornerà acqua fredda. Karate Wa Yu No Gotoku Taezu Netsu O Atae Zareba Motono Mizuni Kaeru 12. Il Karate non è vincere, ma è l'idea di non perdere. Katsu kangae wa motsuna; makenu kangae wa hitsuyo 13. La vittoria giace nella tua abilità di saper distinguere i punti vulnerabili da quelli invulnerabili. Tekki ni yotte tenka seyo 14. Concentrazione e rilassamento devono trovare posto al momento giusto; muoviti e asseconda il tuo avversario. Tattakai wa kyo-jitsu no soju ikan ni ari 15. Mani e piedi come spade. Hi to no te-ashi wa ken to omoe 16. Pensare che tutto il mondo può esserti avversario. Danshi mon o izureba hyakuman no teki ari

10 17. La guardia ai principianti, la posizione naturale agli esperti. Kamae wa shoshinsha ni atowa shizentai 18. Il kata è perfezione dello stile, la sua applicazione è altra cosa. Kata wa tadashiku, jisen wa betsumono 19. Come l'arco, il praticante deve usare contrazione, espansione, velocità ed analogamente in armonia, rilassamento, concentrazione, lentezza. Chikara no kyojaku tai no shinshuku waza no kankyu 20. Fai tendere lo spirito al livello più alto. Tsune ni shinen ku fu seyo Dojo kun : le regole del dojo Il karate si basa sul principio della difesa personale. L allenamento consiste nello studio del corpo e dello spirito che hanno lo scopo di formare l individuo fino a renderlo sublime ed umile allo stesso tempo. Funakoshi ha scritto il seguente Dojo-kun: DOJO-KUN 1. Cerca di perfezionare il carattere 2. Sii corretto, leale e puntuale 3. Astieniti dalla violenza ed acquisisci autocontrollo 4. Cerca di superarti 5. Rispetta gli altri 松 濤 館 STILE SHOTOKAN Lo Stile Shotokan è uno stile di karate, nato dall'incontro di varie arti marziali, codificato dal Maestro Gichin Funakoshi e da suo figlio, il Maestro Yoshitaka Funakoshi ( ); è uno degli stili tradizionali del karate. Shoto significa "fruscio nella pineta" (o più precisamente "onda di pino") ed era lo pseudonimo che il Maestro Funakoshi utilizzava per firmare le sue poesie ed i suoi scritti. La parola giapponese kan significa invece "casa" o "abitazione", ed è riferita al dojo. In onore del loro Maestro, gli allievi di Funakoshi crearono un cartello con la scritta Shoto-kan che posero sopra l'ingresso del dojo in cui egli insegnava. In realtà il Maestro Funakoshi non diede mai un nome al suo stile, chiamandolo semplicemente "karate". La pratica dello Shotokan è in genere divisa in tre parti: kihon (i fondamentali) kata (forme o sequenze di movimenti, ovvero un combattimento reale contro uno o più avversari immaginari) kumite (combattimento).le tecniche eseguite nel kihon e nei kata sono caratterizzate, in alcuni casi, da posizioni lunghe e profonde, che consentono stabilità, permettono movimenti forti e rinforzano le gambe. Le tecniche del kumite rispecchiano queste posizioni e movimenti al livello base, ma con maggior esperienza diventano più flessibili e fluide. La figura a fianco rappresenta il simbolo dello stile SHOTOKAN. Il Maestro Gichin Funakoshi espose i Venti Principi del Karate (o Niju kun), che costituirono le basi della disciplina prima che i suoi studenti fondassero la JKA. In questi principi, fortemente basati sul bushido e sullo zen, è contenuta la filosofia dello stile Shotokan. Essi contengono nozioni di umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma sia interiore che esteriore. Il Maestro Funakoshi riteneva che attraverso la pratica del karate e l'osservazione di questi principi, il karateka era in grado di migliorarsi. Molte scuole Shotokan recitano tuttora il Dojo Kun alla fine di ogni allenamento, per trovare e aumentare sia la motivazione che lo spirito.

11 Lo stesso Maestro Funakoshi scrisse: "Lo scopo ultimo del karate non si trova nella vittoria o nella sconfitta, ma nella perfezione del carattere dei partecipanti". Nella prima metà degli anni sessanta, i responsabili della Japan Karate Association, in primis il maestro Masatoshi Nakayama, decisero che era giunto il momento di portare il "loro" karate nel mondo. A tale scopo inviarono negli Stati Uniti e in Europa alcuni giovani maestri che sarebbero diventati nel tempo pietre miliari del karate internazionale: Hidetaka Nishiyama Hirokazu Kanazawa Taiji Kase Hiroshi Shirai E MOLTI ALTRI Nulla fu lasciato al caso; stages, competizioni, seminari e una organizzazione perfetta, fecero si che in pochi anni il karate Shotokan ebbe sotto la sua egida milioni di praticanti in tutto il mondo. IL SALUTO REJ (saluto): Dimostrazione di rispetto nei confronti di se stessi degli altri e del dojo. E di norma che sia fatto all inizio e alla fine dell allenamento. Ne esistono di due tipi: in posizione Shizen-tai, in piedi con lo sguardo fisso davanti, chinati verso terra Za-rei, stessa procedura ma in ginocchio. Quest ultimo saluto segue una sequenza di movimenti che deriva da un antico rito dei Samurai. Dovendo inginocchiarsi ed avendo sul fianco sinistro del corpo le spade, trovarono il modo di farlo piegando per primo il ginocchio sinistro. "Sapere che non si sa è un sapere molto alto; credere che si sa ciò che non si sa, è malattia mentale e chi la riconosce non la soffre OSU (che si pronuncia oss) lo utilizza chi pratica karate ed ha più significati: - in risposta al saluto; - per dire grazie o prego - per indicare comprensione durante una spiegazione del maestro IMPORTANTE TANDEN: È l area dietro l ombelico. Nella cultura orientale si credeva che vi fosse situato lo spirito umano quindi la base dell equilibrio. La concentrazione della forza di tutte le parti del corpo nasce dal centro (Tanden) e si sviluppa attraverso i muscoli più importanti verso le estremità terminando nella mano o nel piede.

12 KIAI: è la canalizzazione dell energia interna (nata nel Tanden) che fluisce nel corpo e che viene spinta fuori attraverso un espirazione diaframmatica. È lo sprigionamento dell energia accumulata. KIME: è l essenza delle tecniche di Karate, fatta con movimenti esplosivi, veloci e con la massima potenza nel minor tempo possibile. Si ottiene facendo una contrazione addominale, espirando velocemente. HIKI-TE: per arrivare alla massima efficacia è importante che le braccia si muovano simultaneamente ed è la mano che si ritira a dirigere la rotazione dell anca. È il pugno che si pone sul fianco e simboleggia la katana dei samurai. YOI: è uno stato mentale di concentrazione che precede ogni movimento, corrisponde a prontezza e a motivazione nella tecnica che si sta per eseguire. Significa sono pronto! ZANSHIN: corrisponde ad uno stato di vigilanza psico-motoria che ci permette di essere contemporaneamente rilassati e allo stesso tempo pronti ad un possibile attacco. JODAN: zona del volto; si indica tutta l'area dalle spalle in su. CHUDAN: zona del tronco; si indica tutta l'area dalle spalle al bacino. GEDAN: zona delle gambe; si indica l'area dal bacino ai piedi. LE POSIZIONI DEL KARATE Heisoku Dashi Musubi Dashi Heiko Dashi o Hachi Dachi Piedi e gambe restano paralleli e insieme Piedi e gambe rimangono parallele, talloni uniti con le punte rivolte all esterno per un angolo di 45 gradi Piedi e gambe rimangono paralleli, distanti dalla larghezza delle spalle Hachigi Dashi Uchi-Hachiji Dashi Teigi Dashi Le gambe rimangono in posizione verticale e distanza dalle spalle. I piedi sono aperti su un angolo di 45 È l esatto opposto di Hachigi Dashi. I piedi sono rivolti all interno Essa si basa principalmente sul piede posteriore, centrando il piede anteriore con un angolo di novanta gradi (piedi a L)

13 Renogi Dashi Sanchin Dashi Sochin Dashi Simile a Teigi Dashi, però il piede posteriore è ad angolo di 45 gradi Un piede più avanti dell altro. Il tallone della gamba anteriore è sulla stessa linea della punta del piede posteriore. Le punte sono rivolte all interno e le ginocchia sono piegate verso il centro. Conosciuto anche come Fudo Dashi è la posizione principale del kata Sochin. Come Zenkutsu Dachi con il ginocchio posteriore piegato verso l esterno. Zekutsu Dashi Kokutsu Dashi Kiba Dashi Peso sulla gamba anteriore per il 60%, ginocchio piegato a formare un angolo di novanta gradi con il piede, la gamba posteriore è dritta Struttura simile a Zekutsu Dachi ma in senso inverso; il peso è per il 70% sulla gamba posteriore Mettere i piedi in parallelo alla stessa distanza dalla posizioni Kokutsu Dashi Piegare le ginocchia verso la punta dei piedi mantenendo il busto dritto Shiko Dashi Nekoashi Dashi Kokutsu Dashi Shito Ryu Simile a Kiba Dashi ma i piedi sono rivolti all esterno per 45 gradi. Conosciuto anche come Sumo Dashi La posizione in piedi è simile a Renogi Dashi, ma il piede anteriore poggia sulle dita e le ginocchia sono flesse rivolte in avanti Chiamato anche Kokutsu Dashi di Okinawa Essa si basa prevalente gamba posteriore, i piedi piantati in linea retta, però allineato perpendicolarmente sulla stessa apertura Kiba Dashi

14 Hangetsu Dashi Moto Dashi Si basa su entrambi i piedi, le ginocchia piegate verso l'interno, la distanza tra i piedi è poco più larga delle spalle Stesso principio della posizione Zenkutzu Dachi ma più corta con il peso ancor più sulla gamba anteriore Nel Karate ogni tecnica di pugno, percossa, parata o calcio può essere associata ad una o più posizioni degli arti inferiori. SHIZEN TAI Le SHIZEN TAI sono le cosidette "posizioni naturali", ossia posizioni "comode e composte" che si attuano normalmente durante l'arco della giornata senza neppure accorgercene. Esse sono così suddivise: HEISOKU DACHI: piedi uniti; MUSUBI DACHI: talloni uniti e punte aperte (come a simulare la lettera V); UCHI HACHIJI DACHI / UCHI HACHINOJI DACHI: gambe leggermente aperte con i talloni rivolti verso l'esterno e le punte verso l'interno (senza toccarsi); HACHI DACHI / HEIKO DACHI: gambe aperte pari alla misura del proprio bacino, piedi paralleli (tipica posizione che si attua al comando "YOI" ossia alla richiesta di "attenzione" da parte dell'insegnante); HACHIJI DACHI / HACHINOJI DACHI: gambe aperte pari alla misura del proprio bacino, punte ricolte verso l'esterno.

15 TSUKI : PUGNO Nel karate e nelle sue varianti, il vocabolo "tsuki" significa "pugno". Ma non può essere utilizzato singolarmente, altrimenti indicherebbe "una qualsiasi tecnica di pugno", quindi deve essere usato sempre come un suffisso parte di una parola composta, per permettere di indicare la tipologia di pugno. Quando il termine viene associato ad un prefisso, che ne determina la tipologia, varia nella sua forma scritta, tramutandosi in "zuki". Di seguito qualche tecnica di pugno: Choku-zuki: pugno dritto Oi-zuki: pugno lungo, portato in avanzamento con la gamba corrispondente al braccio Gyaku-zuki: pugno opposto alla gamba in avanzamento Sanbon-zuki: tre pugni portati consecutivamente su due livelli (il primo come oi-zuki in zona jodan - il secondo come gyaku-zuki in zona chudan - il terzo come oi-zuki in zona chudan) Ren-zuki: due pugni consecutivi su due livelli (il primo come oi-zuki in zona jodan - il secondo come gyaku-zuki in zona chudan) Kizami-zuki: pugno improvviso che colpisce effettuando un suriashi con spinta dalla gamba posteriore Nidan-zuki: due pugni consecutivi portati con lo stesso braccio prima in zona jodan e poi in zona chudan Age-zuki: pugno portato dal basso verso l'alto Ura-zuki: pugno rovesciato dal basso all'alto (corto raggio) Morote-zuki: pugno portato con due mani Yama-zuki: doppio pugno portato su due livelli (combinazione di ura-zuki e jodan oi zuki) contemporaneamente Mawashi-zuki: pugno circolare UKE : PARATE Nelle arti marziali giapponesi, uke è colui il quale "riceve" una tecnica. L'esatto ruolo di uke varia nelle differenti arti e spesso anche all'interno di una stessa arte marziale, a seconda dalla situazione. Ci sono diversi termini usati per descrivere il"contrario" di uke, sempre a seconda della situazione, esso può essere nage, tori o shite. L'azione di uke è chiamata ukemi. Letteralmente: "corpo ricevente"; quest'arte insegna a saper ricevere correttamente, ed in tutta sicurezza, un attacco. Per esempio si impara a "rotolare" a seguito di una proiezione, sia per evitare danni fisici, sia per allenare il fisico. Ma per quanto riguarda la tecnica il termine UKE indica la "parata" ovviamente attuata da colui che riceve una tecnica di attacco. Ci sono diversi tipi di parata; le principali sono: AGE UKE: parata che sale (difende un jodan zuki) UCHI UKE: parata laterale dall'interno all'esterno (difende un chudan zuki) SOTO UKE: parata laterale dall'esterno all'interno (difende un chudan zuki) GEDAN BARAI /GEDAN UKE: parata bassa (dall'alto al basso in diagonale - difende un geri, ossia un calcio) SHUTO UKE: parata con mano a coltello con posizione laterale (difende un qualunque pugno) MOROTE UKE: parate rinforzata ponendo entrambe le braccia in difesa TATE SHUTO UKE: come shuto uke ma in posizione frontale JUJI UKE: parata con l'incrocio dei polsi per afferrare il pugno ed effettuare una presa in rotazione In genere le parate effettuate in coppia sono sempre seguite da un contrattacco e quelli più utilizzati sono GIAKU ZUKI o MAWASHI GERI.

16 UCHI : PERCOSSE Le percosse sono delle tecniche di attacco o contrattacco che si possono eseguire sia a mano aperta che di pugno, come la percossa col dorso del pugno (uraken-uchi), il pugno a martello (kentsui-uchi), la percossa col taglio della mano (shutouchi), e così via. Anche il gomito può essere impiegato per colpire. Col braccio completamente piegato, è il gomito a giungere al bersaglio. Ciò può costituire una preziosa alternativa nel combattimento a distanza ravvicinata, quando braccia, gambe e corpo hanno ormai perso libertà di movimento, o nel caso di una presa da dietro. Il punto fondamentale nelle tecniche di percossa è costituito dall'impiego della forza di scatto del gomito. La spalla dev'essere rilassata, mentre dev'essere contratto il pugno o la mano aperta che colpisce. La tecnica deve seguire un'ampia traiettoria circolare alla massima velocità. Ecco alcune tecniche di percossa: URAKEN-UCHI : colpo col dorso del pugno KENTSUI-UCHI o TETSUI-UCHI : colpo col pugno a martello MAE EMPI UCHI : gomito frontale AGE EMPI UCHI : gomito in salita MAWASHI EMPI UCHI : gomito circolare YOKO EMPI UCHI : gomito laterale UCHIRO EMPI UCHI : gomito all'indietro per colpire l'avversario retrostante SHUTO UCHI : mano a coltello, colpisce con la parte esterna della mano HAITO UCHI : mano a coltello, colpisce con la parte interna della mano GERI : CALCI Di seguito elenchiamo alcune tecniche di calcio: MAE GERI : calcio frontale colpisce con il koshi (parte della pianta del piede posta sotto alle dita) MAWASHI GERI : calcio circolare colpisce con haisoku (dorso del piede) YOKO GERI : calcio laterale - colpisce con il sokuto (parte esterna del piede) YOKO GERI KEAGE : calcio laterale slanciato YOKO GERI KEKOMI : calcio laterale spinto URA MAWASHI GERI : calcio circolare opposto colpisce con il koshi (parte della pianta del piede posta sotto alle dita) USHIRO GERI : calcio all'indietro colpisce con il kakato (tallone) USHIRO URA MAWASHI GERI : calcio all'indietro circolare opposto colpisce con il koshi (parte della pianta del piede posta sotto alle dita) MIKA ZUKI GERI : calcio circolare dall'esterno all'interno che serve per parare un pugno e colpire sul ginocchio durante la discesa. KIZAMI GERI: calci che colpiscono utilizzando la gamba anteriore. Tutti i calci possono avere l'alternativa del KIZAMI, ad esempio KIZAMI MAE GERI....qualche nozione in più... KARATE OGGI Il KARATE è EDUCAZIONE PSICOLOGICA, SOCIOLOGICA, MOTORIA E SPORTIVA! Il Karate è uno Stile di Vita

17 Grazie alla nascita della sportività del karate, e grazie alla fusione tra il mondo orientale e quello occidentale riportata all interno della disciplina, quest arte è in continuo sviluppo. L Italia è uno dei primi Paesi ad essere riconosciuto al mondo nel settore Karate, grazie ai suoi ex campioni: SETTORE KATA: Luca Valdesi - Lucio Maurino - Vincenzo Figuccio - Sara Battaglia - Viviana Bottaro SETTORE KUMITE: Davide Benetello - Salvo Loria - Selene Guglielmi - Stefano Maniscalco Tant è che è nata una nuova forma di karate, sportiva, vivace e divertente, che appassiona tutti: Sound Karate. Il Sound Karate è il cosiddetto karate con la musica, un nuovo metodo per semplificare l apprendimento del Karate, migliorare la propria condizione psico-fisica e divertirsi a tempo di musica. E la nuova frontiera di un arte antica, basata sull armonia tra mente e corpo, un arte che oggi trova nella musica un nuovo metodo per diffondersi ed evolversi...praticamente è ARTE IN MOVIMENTO! Ma come nasce il Sound Karate? L invenzione di tutto ciò è merito di Lucio Maurino. Il Pluricampione europeo e mondiale di karate, l inventore del Sound Karate, nonché colui che ci ha creduto e che ha permesso che esso si evolvesse tanto da diffondersi in tutto il mondo. Maurino era alla ricerca di nuovi metodi di lavoro efficaci e divertenti che dessero a qualsiasi praticante, bambino o adulto, la possibilità di seguire senza alcun problema una lezione di Karate musicale. Nonostante lo scetticismo di numerose persone, la sperimentazione è andata avanti sino a creare un programma di lavoro soddisfacente che è stato modellato su vari livelli di difficoltà ed intensità. Essi si sviluppano seguendo rigorosamente il tempo ed il ritmo della musica. Coreografie, Kata musicali, esercizi di combattimento a vuoto e a coppie, esercizi di respirazione e di rilassamento sono gli elementi fondamentali di questa elegante evoluzione del Karate moderno. Il Sound Karate è stato, inoltre, motivo di interesse da parte dei grandi mass-media. La musica, infatti, è la chiave di lettura che gli ha permesso, insieme ad altri campioni della Nazionale italiana e del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle, di poter proporre spettacolari esibizioni sulle più importanti reti televisive italiane come RAI e Mediaset. Questa specialità è semplicemente la combinazione tra la tecnica del Karate e quella della Musica. Dal punto di vista comunicativo, l esecuzione delle tecniche con l ausilio della musica assume ancor più efficacia e risulta più piacevole e decifrabile dallo spettatore. " Lo scopo è ricercare in se stessi la volontà di miglioramento e di equilibrio psico-fisico" Lucio Maurino Speriamo che questa lettura sia stata utile a tutti per approfondire le proprie conoscenze in merito al cammino che si è scelto di percorrere... Un abbraccio I Vostri Tecnici Angelo Pisoni, Ilaria Pisoni, Daniele Bugatti, Federico Tirnetta, Fabrizio Bonaguro

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