Interazione vegetazione in alveo e corrente: studi sperimentali e indirizzi operativi

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1 ACCORDO DI COLLABORAZIONE SCIENTIFICA TRA REGIONE TOSCANA E DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE DELL UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE PER ATTIVITA DI RICERCA PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO NELLA REGIONE TOSCANA Relazione Tecnica Finale Attività E1 Interazione vegetazione in alveo e corrente: studi sperimentali e indirizzi operativi Gruppo di Lavoro: Luca Solari (referente, UNIFI), Enio Paris (UNIFI), Pina Nicoletta De Cicco (UNIFI), Fabrizio Piccoli (UNIFI), Simona Francalanci (CERAFRI), Francesco Gabellini (RT) Firenze, Gennaio

2 INDICE PREMESSA LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI E SULL OCCLUSIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI DA PARTE DEI DETRITI ARBOREI LA RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI VEGETAZIONE ERBACEA FLESSIBILE SOMMERSA VEGETAZIONE ARBUSTIVA FLESSIBILE VEGETAZIONE ARBOREA RIGIDA VALUTAZIONE DELLA SCABREZZA EQUIVALENTE OCCLUSIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI DA PARTE DEI DETRITI ARBOREI NORME REGIONALI IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E DI ATTIVITA DI BONIFICA CON SPECIALE RIFERIMENTO AL TERRITORIO TOSCANO INTRODUZIONE QUADRO NORMATIVO NAZIONALE QUADRO NORMATIVO DELLA REGIONE TOSCANA QUADRI NORMATIVI DI ALTRE REGIONI LA MANUTENZIONE FLUVIALE LA VEGETAZIONE RIPARIALE NEI FIUMI DELLA TOSCANA INTRODUZIONE LA VEGETAZIONE RIPARIALE NELL ARNO LA VEGETAZIONE RIPARIALE NEL MAGRA CRITERI PER LA MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE: ASPETTI IDRAULICI CANALI A SEZIONE COMPATTA Vegetazione erbacea sulle sponde Vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde Vegetazione erbacea lungo l intero perimetro della sezione

3 4.1.4 Vegetazione erbacea lungo le sponde e arborea arbustiva in alveo CANALI A SEZIONE COMPOSTA Vegetazione erbacea sulle sponde e sulle golene Vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde e sulle golene Vegetazione erbacea lungo l intero perimetro della sezione Vegetazione arbustiva arborea in alveo ed erbacea sulle sponde e sulle golene CONFRONTO TRA I RISULTATI Sezione compatta Sezione composta CRITERI PER LA MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE: ASPETTI ECOLOGICI MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE RIPARIA LUNGO IL RETICOLO NATURALE DETRITI LEGNOSI MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE LUNGO I CANALI DI BONIFICA ED IL RETICOLO URBANO Vegetazione acquatica Vegetazione sulle sponde Distribuzione temporale e spaziale dei lavori di manutenzione LE FASCE TAMPONE BOSCATE L ombreggiamento LA RETE ECOLOGICA NELLE AREE DI INTERESSE NATURALISTICO OCCLUSIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI DA PARTE DEI DETRITI ARBOREI METODOLOGIA OPERATIVA PER VALUTARE IL RISCHIO DI OCCLUSIONE ESPERIMENTI DI LABORATORIO Progettazione del sistema sperimentale Metodologia sperimentale Risultati sperimentali Interpretazione OSSERVAZIONI RIASSUNTIVE BIBLIOGRAFIA

4 PREMESSA Nell ambito dell Accordo di collaborazione scientifica stipulato in data 19 dicembre 2012 tra la Regione Toscana e il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell Università degli Studi di Firenze e con riferimento alla relazione tecnico metodologica consegnata nel luglio 2013, in questa relazione viene presentato il lavoro relativo all attività E1: Interazione vegetazione in alveo e corrente: studi sperimentali e indirizzi operativi. In particolare, vengono qui elaborate delle metodologie e dei criteri di carattere operativo utili per la manutenzione della vegetazione da parte dei Consorzi di Bonifica. Le metodologie sono volte a stimare l effetto della vegetazione sull officiosità idraulica dei corsi d acqua con riferimento agli aspetti connessi 1) presenza di vegetazione in alveo e nelle zone riparie e conseguente variazione della scabrezza e della resistenza al moto, 2) all ostruzione degli attraversamenti e delle sezioni a causa del materiale flottante. Il presente lavoro trae beneficio dall esperienza maturata nell ambito di una collaborazione con il Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina su Studio di metodologie integrate per le attività di manutenzione e gestione del reticolo idrografico e delle opere idrauliche di difese del territorio ricadenti nel comprensorio consortile del 2009 con il supporto della Prof. Bruna Gumiero dell Università di Bologna per gli aspetti ecologici. Si noti che il tema dell interazione tra la vegetazione in alveo e la corrente è tutt oggi oggetto di ampia ricerca scientifica; diversi infatti sono gli aspetti non ancora del tutto noti, ad esempio la resistenza al moto prodotta dalla vegetazione flessibile e l influenza della chioma, la formazione di accumuli legnosi nelle ostruzioni. Su quest ultimo aspetto vengono qui presentati i primi risultati relativi a degli esperimenti di laboratorio volti a quantificare l interazione tra le ostruzioni in alveo e il trasporto dei detriti legnosi. 4

5 1. LETTERATURA SCIENTIFICA SULLA RESISTENZA AL MOTO NEGLI ALVEI VEGETATI E SULL OCCLUSIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI DA PARTE DEI DETRITI ARBOREI 1.1 La resistenza al moto negli alvei vegetati La scabrezza di un corso d acqua viene influenzata da numerosi fattori. I principali sono la composizione dei materiali d alveo (alvei artificiali o naturali a fondo fisso o a fondo mobile), la presenza di vegetazione in alveo e/o nelle golene, la presenza di forme di fondo (ripple and pool, step and pool, barre, dune ecc.), la regolarità della geometria (sezione, sponde ecc.), la sinuosità e infine la presenza di ostruzioni e singolarità (Arcement e Schneider, 1989). Quando si considera il deflusso della piena in alvei o golene vegetati si ha un coefficiente di scabrezza che varia, a causa della flessibilità della vegetazione, in funzione delle condizioni di deflusso (velocità e battenti), delle caratteristiche della vegetazione (densità e flessibilità) e della stagionalità, che può incidere anche in modo sostanziale. Questo vale anche in presenza di vegetazione di tipo rigido, in quanto anche con minore flessibilità, aumentando il battente si hanno gradi sempre maggiori di sommergenza delle piante fino ad arrivare al fogliame. Tipicamente, in una sezione idraulica dotata di piana inondabile, è possibile osservare lo sviluppo di vegetazione acquatica flessibile nel canale attivo, della vegetazione arbustiva flessibile sulle sponde e nella piana inondabile, mentre la vegetazione arbustiva rigida è presente nella piana inondabile (Figura 1.1). 5

6 Figura 1.1 Esempio di distribuzione delle diverse tipologie di vegetazione (erbacea, arbustiva, arborea) in una sezione idraulica. La Figura 1.2 mostra un esempio della possibile interazione della corrente con la vegetazione in alveo in funzione della curva di durata dei livelli idrici; è evidente che la vegetazione arbustiva tipicamente interagisce con la corrente quando la portata ha un tempo di ritorno significativo (tipicamente superiore ad 1-2 anni). Figura 1.2 Esempio schematico di distribuzione della vegetazione in una sezione e confronto con la curva di durata dei livelli idrici. 6

7 In letteratura sono presenti numerosi metodi analitici per determinare la scabrezza in alvei vegetati. I metodi analitici di calcolo della scabrezza dovuta alla vegetazione vengono distinti in base alle condizioni di flusso che si stabiliscono sulla vegetazione e alla tipologia della stessa, e quindi a seconda che la vegetazione sia completamente, parzialmente sommerso o non sommersa oppure che sia flessibile o rigida (Figura 1.3).. Figura 1.3 Esempi di interazione corrente con le diverse tipologie di vegetazione. Nel seguito verranno introdotte alcune delle metodologie proposte dalla letteratura scientifica per la stima della resistenza al moto nei seguenti casi: - vegetazione erbacea flessibile sommersa; - vegetazione arbustiva flessibile sommersa o parzialmente emersa. - vegetazione rigida emersa Vegetazione erbacea flessibile sommersa La vegetazione erbacea è caratterizzata in genere da elevata flessibilità; i suoi effetti sulla resistenza al moto vengono generalmente studiati attraverso modelli che valutano le modifiche indotte sul profilo logaritmico della velocità media e sullo strato limite in funzione delle caratteristiche della corrente liquida (Figura 1.4). Questi modelli si basano sulla flessibilità e sulla resistenza al flusso 7

8 offerta dagli steli. La tendenza delle vegetazione erbosa quando viene attraversata dalla corrente è quella di piegarsi riducendo la sua altezza. Piegandosi la vegetazione, la scabrezza tende a diminuire sensibilmente, quasi a raggiungere livelli tali da considerare la superficie su cui scorre l acqua completamente liscia. In particolare si possono distinguere tre diverse configurazioni geometriche: vegetazione eretta (stiff) quando la portata è molto ridotta, vegetazione flessa (bending) per portate intermedie, vegetazione prona (prone) per portate elevate (Figura 1.5). Figura 1.4 Esempio di interazione corrente vegetazione erbacea flessibile. Figura 1.5 Possibili configurazioni geometriche della vegetazione erbacea al variare della portata della corrente. 8

9 Nonostante la complessità dell interazione tra la vegetazione erbosa e le caratteristiche idrauliche, è stato mostrato, in modo empirico, che il coefficiente di Manning può essere espresso semplicemente come una funzione del prodotto della velocità media della corrente v e del raggio idraulico R, indipendentemente dai singoli valori. La dipendenza di tali valori è stata rappresentata nel grafico costruito da Whitehead (1976) attraverso l utilizzo della formula di Gwinn e Ree (1980) (si veda il grafico in Figura 1.6), USDA (1947). Il significato delle curve è ulteriormente approfondito dalla Tabella 1.1 che definisce le 5 classi in maniera specifica distinguendo tra resistenza, specie e stato vegetativo. Si noti che la resistenza al moto, ed in particolare il coefficiente di Manning, dipende, a parità di condizioni idrauliche, dalla specie erbacea e dallo stato vegetativo. Figura 1.6 Grafico Whitehead e formula di Gwinn e Ree per la stima del coefficiente di Manning nel caso di vegetazione erbacea (USDA, 1947). 9

10 Tabella 1.1 Classificazione del grado di resistenza della vegetazione erbacea. La curva riportata nella Figura 1.7 mostra invece l andamento del coefficiente di Manning in funzione del tirante idrico, per un erba di altezza media. Per bassi tiranti (portate basse) la vegetazione rimane abbastanza rigida e i valori di resistenza che assume sono intorno a m -1/3 s, associati alla distorsione delle linee di flusso intorno agli steli delle singole piante. All aumentare dell altezza d acqua gli steli cominciano ad oscillare ed a flettersi, disturbando maggiormente il flusso, ottenendo valori di scabrezza che aumentano fino ad un massimo pari a circa 0.4 m -1/3 s. A questo punto arriviamo ad una condizione in cui il coefficiente di resistenza diminuisce rapidamente all aumentare della profondità dell acqua, in quanto le piante assumono una forma totalmente flessa fino ad assumere una configurazione prona sul fondo generando una superficie totalmente liscia. 10

11 Figura 1.7 Relazione tra il coefficiente di Manning e la profondità del deflusso per un'erba di altezza media (Morgan e Rickson, 1995). Un'altra delle formulazioni più note applicate alla vegetazione erbacea, per determinare l altezza di uno stelo (K) sottoposto a flessione dalla corrente, è quella proposta da Kouwen (1992) e riportata di seguito: [( ) ( )] 1.1 dove h p [m] è l altezza eretta indisturbata dello stelo, M è la densità relativa o rapporto tra numero di steli ed un numero di riferimento di steli per unità d area, E [Pa] è il modulo di elasticità medio del singolo stelo, I [m 4 ] è il momento di inerzia della sezione trasversale del singolo stelo mentre τ 0 [N/m 2 ] è la tensione tangenziale media esercitata dalla corrente sul fondo. Il prodotto MEI è un parametro bio-meccanico di sintesi che rappresenta la stiffneess e viene 11

12 ricavato da prove di laboratorio. Lo stesso Kouwen fornisce per la vegetazione erbacea le seguenti formule empiriche di riferimento: per erba verde, in piena fase vegetativa 1.2a per erba morta o dormiente 1.2b Recentemente, Luhar e Nepf (2012) hanno proposto un schema razionale basato sull interazione idrodinamica tra la corrente e la vegetazione erbacea (Figura 1.8) per fornire un interpretazione fisicamente basata delle curve in Figura 1.6. Figura 1.8 Schema interpretativo nel modello di Luhar e Nepf (2012). Gli autori introducono un coefficiente definito blockage factor (B x ), che rappresenta la frazione della sezione trasversale del canale occupata dalla vegetazione. Per una generica porzione di vegetazione patch caratterizzata da altezza K e larghezza b, inserita all interno di un canale avente una profondità Y e larghezza B, tale parametro è espresso dalla seguente espressione: B x = (K b)/(y B)

13 Nel caso in cui la vegetazione risulti il quale per vegetazioni che riempiono tutta la larghezza del canale Bx = K/Y. Queste ricerche hanno evidenziato una importante relazione non lineare tra il blockage factor (Bx) e il coefficiente di scabrezza di Manning (n v ), mostrando come la resistenza al moto nei corsi d acqua vegetati è fortemente dipendente dalla sommergenza relativa Y/K, in accordo con le osservazioni già fatte da Wu (1999). Nel caso di vegetazione completamente sommersa e vegetazione che riveste l intero perimetro bagnato della sezione, il coefficiente di Manning n v prodotto dalla vegetazione risulta: 3 / 2 1/ 6 2 K 2 K Y n v 1 1/ C* Y C DaK Y g 1 in cui a rappresenta l area frontale occupata dalla vegetazione per unità di volume (m -1 ), K l altezza della vegetazione flessa, Y l altezza della corrente, il coefficiente complessivo di drag, e C* un coefficiente empirico adimensionale variabile tra 0.05 e Questa formula prevede un rapido decremento della resistenza al moto all aumentare della sommergenza relativa Y/K. Questo comportamento risulta in accordo con le curve di carattere empirico in Figura Si noti che l applicazione di questo metodo richiede la conoscenza dell altezza della vegetazione flessa K, tale parametro risulta di non semplice determinazione in quanto funzione delle caratteristiche biomeccaniche degli steli (Nepf, 2012). C D 13

14 1.1.2 Vegetazione arbustiva flessibile La stima della resistenza al moto offerta dalla vegetazione arbustiva tipicamente presente nella zona ripariale dei corsi d acqua risulta notevolmente complessa a causa della flessibilità delle piante e della presenza del fogliame. ecenti studi di carattere sperimentale (ad esempio stil et al., 2 11) hanno permesso di valutare il comportamento idrodinamico e la riconfigurazione (streamlining) delle piante quando investite dalla corrente (Figura 1.9). La presenza del fogliame risulta di fondamentale importanza per la resistenza al moto; in particolare per il pioppo nero, salice e ontano (Figura 1.10), risulta che essa può contribuire oltre al 75% della resistenza al moto totale. Figura 1.9 Esperimenti di laboratorio sulla riconfigurazione geometrica delle piante all aumentare della velocità media della corrente incidente; la % indica il rapporto tra l area frontale della pianta vista dalla corrente con quella indisturbata da Aberle e rvel Il metodo di rvel (2 ) si basa sull uso del Leaf Area Inde (LAI) definito come il rapporto tra l area del fogliame (su un solo lato) e la sua proiezione al suolo (si veda la Figura 1.11). Questa grandezza è di particolare interesse perché risulta un parametro distintivo per ciascuna specie di vegetazione 14

15 (Jalonen et al., 2013) ed inoltre è facilmente stimabile anche attraverso immagini satellitari. Figura 1.10 Rapporto tra la resistenza al moto offerta dal fogliame rispetto alla resistenza complessiva offerta dalla pianta in funzione delle velocità media della corrente per diverse specie arbustive da Aberle e rvel Figura 1.11 Il parametro LAI (Leaf Area Index) impiegato nel metodo proposto da rvel

16 Il coefficiente di Manning associato alla vegetazione in questo caso risulta: n v C u LAI u 2 m D 1/ 6 1/ 2 Y g 1.5 in cui C D rappresenta il coefficiente di drag per la specie in esame, tiene conto della capacità di streamlining delle piante a seguito dell impatto della corrente, u viene introdotto per motivi dimensionali. Si noti che la resistenza al moto diminuisce (nv diminuisce) in modo del tutto non lineare con la velocità di impatto della corrente a seguito del fenomeno dello streamlining della pianta (Figura 1.9). I parametri di input della formula possono essere desunti dalla Tabella 1. 2 desunta da Aberle and rvel (2 1 ). Tabella 1. 2 arametri di input nel metodo proposto da rvel 2 4 per diverse specie di piante Aberle e rvel

17 1.1.3 Vegetazione arborea rigida La resistenza al moto prodotta dalla vegetazione rigida è tipicamente associata ai tronchi (diametro e loro densità); mentre la copertura fogliare viene generalmente non messa in conto in quanto raramente investita dalla corrente (Figura 1.12). I tronchi vengono schematizzati come cilindri rigidi aventi un diametro assegnato e disposti in modo random secondo una assegnata densità. Petryk and Bosmajian (1975) proposero la seguente formula: n v CDD Y 1 2gn 4 / 3 vt nalveo alveo in cui n alveo rappresenta il coefficiente di Manning associato al suolo nudo (senza alberi), C D il coefficiente di drag, D vt la densità media (m -1 ). La densità degli alberi D vt (m -1 ) rappresenta il rapporto tra l area frontale vista dalla corrente e il volume d acqua nel tratto in esame; essa può essere stimata come segue: D vt D i i 1.7 BL ove Di (m) sono i diametri dei singoli tronchi degli n alberi che crescono sulla superficie d alveo in esame avente una lunghezza L (m) e larghezza B (m). Questo metodo richiede, dunque, che si eseguano dei sopralluoghi per contare e misurare le circonferenze degli alberi presenti nell area in esame. 17

18 Figura 1.12 Schema per lo studio della resistenza al moto offerta dalla vegetazione rigida. Un metodo più recente, e largamente utilizzato in software idrodinamici (ad es. Delft3D), è quello di Baptist et al. (2007) proposto dagli olandesi: mcddy Y 2 g 1/ 6 n v 1/ in cui m (m -2 ) è la densità espressa come numero di alberi per unità di superficie, C D il coefficiente medio di drag, D il diametro medio degli alberi. Il metodo di Baptist è sostanzialmente analogo, previe alcune semplificazioni, a quello di Petryk and Bosmajian (1975). 18

19 Si noti che per il metodo di Baptist risulta di facile applicazione poiché i vari parametri di input relativi alle diverse specie vegetali possono essere desunti da tabelle predisposte dagli olandesi (si veda la Tabella 1.3). Tabella 1.3 Valori dei parametri caratteristici di input nel modello di Baptist et al. (2007) Valutazione della scabrezza equivalente Nel caso di alvei naturali o anche di canali, la scabrezza non risulta costante lungo il contorno bagnato (Figura 1.13), pertanto, nell ambito di uno schema 1D, è necessario stimare un coefficiente di scabrezza equivalente che tiene conto dei singoli coefficienti di scabrezza pesati in funzione delle caratteristiche geometriche della sezione. Il metodo di composizione comunemente utilizzato si basa sull ipotesi che la portata totale che transita nella sezione è uguale alla 19

20 somma delle singole portate che defluiscono nelle sub-aree di scabrezza omogenea (teoria di Lotter del 1993 si veda l articolo di Yen del 2 2); in particolare il perimetro bagnato complessivo P viene suddiviso in N sotto- tratti P i ciascuno avente scabrezza omogenea pari a n i. 1.9 in cui R i rappresenta il raggio idraulico delle varie sottosezioni. La resistenza al moto associata alla sola scabrezza dei sedimenti costituenti il fondo alveo può essere stimata attraverso la classica formula di Strickler: 1 n alveo 1/ 6 D in cui D 50 rappresenta il diametro mediano della distribuzione granulometrica dei sedimenti presenti sulla superficie dell alveo e viene espresso in mm. Figura 1.13 Il metodo di Lotter (si veda Yen, 2002) per la composizione della scabrezza in una sezione idraulica. 20

21 1.2 Occlusione degli attraversamenti da parte dei detriti arborei La dinamica del trasporto di detriti arborei nei corsi d acqua è un fenomeno di rilevante importanza per la valutazione del rischio idraulico, in particolar modo in prossimità di infrastrutture e centri abitati. L accumulo di detriti arborei in prossimità di ponti e restringimenti di sezione, comporta la riduzione della sezione utile al deflusso delle portate con conseguente rischio di esondazione. Per anni i ricercatori e studiosi si sono focalizzati sulla dinamica del trasporto solido tralasciando l aspetto legato al trasporto di detriti arborei. Quest ultimo differisce dal trasporto solido sia in termini di dimensione degli elementi costituenti sia per densità. Il termine detrito arboreo identifica tutta la vegetazione, dai tronchi e rami all intero albero, che con modalità diverse termina all interno degli alvei fluviali e ne entra a far parte integrante del trasporto solido (Betti et al., 2006). L accumulo di detriti lungo un corso d acqua è un fenomeno casuale che è difficile da prevedere a causa della natura stocastica del processo di immissione e trasporto dei tronchi in corrente, tuttavia partendo dalla conoscenza della popolazione di alberi e del regime idrologico dell area di studio si può ricostruire una prima composizione di accumulo di detriti arborei lungo un corso d acqua (Manners, 2006). Il primo controllo di accumulo di detriti in un corso d acqua è rappresentato proprio dalla disponibilità di tronchi d albero in prossimità di fiumi e torrenti. Un fenomeno frequente durante gli eventi di piena è l erosione delle sponde vegetate che costituiscono un ulteriore input di detriti arborei in alveo. Braudrick (1997) ha esaminato la dinamica dei tronchi d albero trasportati dalla corrente attraverso una serie di esperimenti condotti in una canaletta e ha osservato tre diversi tipi di regime di trasporto: uncongested, congested and semi-congested. 21

22 Durante il trasporto uncongested i tronchi d albero fluttuano senza interagire tra loro e generalmente occupano una superficie inferiore al 10% dell area di campionamento pari a 1 m 2. Il trasporto si definisce congested quando i tronchi d albero si muovono insieme come un singolo ammasso e occupano più del 33% della superficie di campionamento. Il trasporto semi-congested è intermedio tra le due tipologie uncongested e congested e si manifesta quando i tronchi d albero occupano dal 1 al % della superficie di campionamento. Figura 1.14 Regimi di trasporto dei tronchi d albero Braudrick Le figure a sinistra rappresentano la disposizione dei tronchi d albero all istante iniziale e le figure sulla destra rappresentano gli stessi tronchi d albero all istante di tempo finale. I tre fattori che controllano il regime di trasporto dei tronchi d albero sono: - Il rapporto Q log /Q w tra la portata volumetrica dei tronchi in ingresso al corso d acqua e la portata liquida. - Il rapporto L log /w c tra la lunghezza dei tronchi e la larghezza della sezione fluviale. - Il rapporto D log /d w tra il diametro dei tronchi e il tirante idrico medio. 22

23 Il fattore che incide maggiormente sulla tipologia di regime è il primo rapporto. I corsi d acqua di ordine inferiore sono caratterizzati da un diverso tipo di trasporto di tronchi legato alle basse portate e ad elevati volumi di tronchi di albero in input, che si osservano soprattutto in occasione di eventi catastrofici. Un elevato rapporto tra portata di tronchi in input e portata liquida caratterizza un trasporto di detriti arborei di tipo congested. Al contrario valori bassi di questo rapporto sono caratteristici di corsi d acqua più grandi dove la larghezza della sezione e la portata prevengono l interazione tra tronchi d albero fluttuanti ( uncongested transport ). Braudrick ha inoltre evidenziato come i tronchi d albero in regime uncongested tendono ad orientarsi parallelamente alla direzione di flusso della corrente, mentre in regime congested i tronchi, entrando in contatto tra loro, si dispongono per lo più trasversalmente alla direzione della corrente. Altri studi (Ginanni et al., 2000) si sono concentrati sui meccanismi di interazione dei detriti arborei con la corrente, riproducendo in scala i detriti e il loro movimento in corrente per osservare il percorso seguito dai tronchi nel loro trasporto. L analisi delle traiettorie ha evidenziato una variabilità piuttosto ampia. Ginanni (2000) ha introdotto un indice di tortuosità IT% definito sulla base della lunghezza curvilinea D della traiettoria e della distanza d rettilinea tra i suoi estremi, per cui si ha: D IT % d 1.11 Definito inoltre il numero di Froude del detrito Fr dtr : Fr dtr v g L 1.12 Dove è le velocità media della corrente nella sezione di immissione dei detriti e è la lunghezza del detrito arboreo, le traiettorie hanno evidenziato un 23

24 andamento decrescente della tortuosità all aumentare del numero di Froude del detrito. I tronchi d albero tendono a depositarsi o rallentare quando incontrano barre, restringimenti di sezione e manufatti per cui la larghezza della sezione diventa minore della lunghezza dei tronchi innescando il fenomeno di ostruzione e accumulo. Un analisi relativa alla dinamica di accumulo dei detriti arborei è stata condotta da Betti et al. (2006). Lo studio si è basato su una preliminare campagna di rilevamento di accumuli di detriti arborei definendo l origine dei detriti costituenti l accumulo, la tipologia di accumulo, la tessitura, la dimensione e la configurazione planimetrica tramite GPS. Dai risultati dei rilevamenti emerge che la principale causa di accumulo di detriti è dovuta all impatto della corrente, durante un evento di piena, sulla vegetazione ripariale. Figura 1.15 Tipologia di accumulo riscontrata in seguito alla campagna di rilevamenti (Betti et al., 2006). La Figura 1.15 evidenzia la tipologia di accumulo prevalente ovvero quella che in letteratura è definita accumulo da piena. 24

25 Le prove di accumulo condotte simulando l immissione dei detriti ad intervalli regolari mediante un nastro trasportatore posto a monte della canaletta, considerando cinque diverse classi di lunghezza dei detriti, hanno permesso di valutare alcuni parametri significativi per descrivere il fenomeno di accumulo. Il coefficiente di cattura C c espresso come rapporto tra il numero di elementi transitati e il numero di elementi catturati: C c n transitati 1.13 n catturati Il coefficiente di presenza (o frequenza di transito) C P espresso come il rapporto tra il numero di elementi transitati per classe e il numero di elementi transitati totali: C p n transitati per classi n transitati totali 1.14 L indice di attitudine alla cattura: IAC C C c 1.15 p Lo studio evidenzia la presenza, a parità di portata, di una classe privilegiata per la cattura. Negli ultimi anni diversi studi sono stati condotti sulla struttura degli accumuli di detriti arborei e i processi idraulici collegati alla loro formazione. Manners (2006) ha analizzato diversi accumuli di detriti arborei lungo il Fiume Indiano, affluente del Fiume Hudson nello stato di New York, durante eventi di piena, allo scopo di determinare gli effetti delle dimensioni dei tronchi e degli accumuli di detriti arborei sui fenomeni idraulici localizzati. Partendo dall individuazione di quelli che vengono definiti elementi chiave, ovvero quei tronchi che innescano il fenomeno di formazione degli accumuli di 25

26 detriti arborei (Abbe and Montgomery 1996), Manners ha identificato tre classi di detriti arborei, small woody debris (SWD, diametro 1cm), medium woody debris (MWD, 1 cm < diametro < 10cm), and large woody debris (LWD diametro 10cm). Tutti gli accumuli di detriti osservati presentavano le stesse proporzioni in termini di percentuali di elementi di ciascuna classe presenti all interno di un accumulo. In media le percentuali di SWD, MWD e LWD sono rispettivamente 93%, 6%, 1%. Lo studio di Manners (2006) mostra un'altra interessante osservazione relativa all influenza dell accumulo di detriti arborei sulla velocità e sulla distribuzione delle tensioni tangenziali. L accumulo di detriti arborei induce un incremento della tensione tangenziale localizzata tale da innescare una potenziale erosione del fondoalveo. Questo fenomeno è correlato alla porosità dell accumulo, definita come il rapporto tra il volume dei vuoti all interno di un accumulo e lo spazio occupato da tronchi d albero: porosità V CJ V V CJ phase 1.16 Dove rappresenta il volume totale dell accumulo all interno del corso d acqua e è il volume dei tronchi d albero presenti all interno di un accumulo ad un certo istante di tempo (coincidente ad esempio con l istante finale di osservazione del fenomeno di accumulo durante l evento di piena). Dunque l evoluzione di un accumulo di detriti arborei in un corso d acqua è fortemente influenzato dalla presenza di elementi chiave e dalla distribuzione di tronchi di diverse dimensioni. La Figura 1.16 mostra le 4 fasi del processo di formazione di un accumulo di detriti arborei in un corso d acqua e l andamento nel tempo di porosità, volume dell accumulo e del coefficiente di forma (Manners, 2 6). 26

27 Figura 1.16 Evoluzione teorica di un accumulo di detriti arborei in un corso d acqua (Manners, 2006). Si osserva che all aumentare del numero di elementi costituenti l accumulo di detriti arborei, e dunque all aumentare delle dimensioni dell ostruzione, diminuisce la porosità e aumenta il coefficiente di forma dell accumulo. Per valori alti di porosità la corrente accelera attraverso gli spazi creati dai tronchi che costituiscono gli accumuli, causando erosione a valle dell accumulo. 27

28 Quando invece l accumulo di detriti arborei è costituito da un numero di elementi tale per cui la sua porosità è molto bassa, il fenomeno erosivo si manifesta all estremità dell accumulo (come mostra la Figura 1.17). Figura 1.17 Andamento dell incremento delle tensioni tangenziali nel caso di accumulo a bassa porosità (sinistra) e ad alta porosità (destra). Manners per riprodurre la bassa porosità dell accumulo lo ha rivestito con un telo di plastica. Lo studio di Manners ha evidenziato alcuni aspetti importanti: - Gli elementi chiave causano l accumulo di detriti arborei di dimensioni più piccole innescando la formazione di ostruzioni nel corso d acqua. - La vegetazione ripariale gioca un ruolo fondamentale nell evoluzione di un accumulo di detriti arborei. - Le condizioni di monte dettano l evoluzione di un accumulo. La scarsa manutenzione delle foreste e dei boschi incrementa la disponibilità di tronchi mobilitabili dalla corrente durante eventi di piena. - Se si considera un accumulo di detriti arborei come un singolo elemento chiave si rischia di sottostimare le spinte in gioco sulla struttura. Non considerare questo aspetto potrebbe significare trascurare effetti come quello dell erosione localizzata. - L evoluzione di un accumulo di detriti arborei si può prevedere. Conoscendo la popolazione di alberi e il regime idrologico dell area di studio si può prevedere l evoluzione di un accumulo di tronchi in alveo. 28

29 Studi più recenti hanno cercato di stimare la portata solida di detriti arborei fluttuanti durante un evento di piena mediante una serie di misure in campo (Kramer, 2013 ESPL in review). Lo studio di Kramer (2013) mostra tre risultati importanti: - L incipiente movimento dei detriti arborei si manifesta per valori di tirante idrico pari a circa 2/3 della profondità della sezione fluviale. - La portata di detriti arborei aumenta linearmente con l aumentare della portata liquida fino a quando l acqua raggiunge il livello di sponda, oltre il quale con l inondazione delle aree golenali, la portata solida diventa molto più variabile. - La portata di detriti arborei è quattro volte maggiore durante la fase crescente dell idrogramma di piena rispetto alla fase decrescente. Figura 1.18 andamento della portata di detriti arborei al variare della portata liquida durante il periodo di campionamento (Kramer, 2013 in review ESPL). Inoltre lo studio condotto da Kramer conferma i risultati ottenuti da Manning (2006) sulla composizione degli accumuli di detriti arborei il cui rapporto tra tronchi piccoli (SW), medi (MW) e lunghi (LW) è pari a 25:4:1. 29

30 Questo rapporto inoltre è simile al rapporto tra i tronchi transitanti attraverso il campo visivo e durante il tempo di campionamento osservato da Kramer (2013), pari a 20:3:1 (SW:MW:LW). Welber (2013) ha effettuato una serie di misure in campo relative alla tipologia e dimensione dei tronchi che caratterizzano la fascia vegetativa ripariale in prossimità delle sponde in erosione, e dei tronchi abbattuti e depositati invece nell alveo attivo del corso d acqua. Queste osservazioni di campo hanno permesso di poter stabilire che la produzione di detriti arborei causata da erosione di sponda è molto probabilmente la condizione più favorevole per il fenomeno di accumulo di detriti arborei in alveo, e che la composizione di accumuli decresce lungo il corso d acqua allontanandosi dalla zona di erosione. Mentre negli ultimi anni sono stati approfonditi studi relativamente alla quantità di detriti arborei fluttuanti in alveo durante eventi di piena, ben poco o quasi nulla si sa circa la frequenza di transito di tali elementi. 30

31 2. NORME REGIONALI IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E DI ATTIVITA DI BONIFICA CON SPECIALE RIFERIMENTO AL TERRITORIO TOSCANO 2.1 Introduzione L attuale quadro normativo inerente la difesa del suolo e la tutela della risorsa idrica risulta caratterizzato da una molteplicità di leggi che si sono sviluppate a partire dai regi decreti risalenti agli inizi del secolo scorso. Tali decreti, pur costituendo tuttora un valido supporto, mostrano chiaramente i segni del tempo e al fine di risolvere le attuali problematiche in merito alla progettazione e manutenzione dei corsi d acqua per una corretta difesa del territorio, sono state recepite alcune direttive europee che hanno aggiornato e modificato il quadro normativo della materia. Nel presente capitolo viene analizzato l attuale sistema giuridico della Regione Toscana confrontandolo con quello di alcune Regioni (Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Umbria) in modo da trarre una visione di più ampia scala delle competenze e delle finalità attuative in materia di difesa del suolo e di bonifica. 2.2 Quadro normativo nazionale Il quadro normativo statale si è sviluppato a partire dal R.D. n.523/1904 Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie, secondo il quale le opere che si trovano in corrispondenza delle acque pubbliche, ad esclusione di quelle aventi per unico oggetto la navigazione, sono distinte in cinque diverse categorie; appartengono alla prima categoria le opere che hanno come funzione quella di conservare l alveo dei fiumi di confine e si mantengono a carico dello Stato. Nella seconda rientrano invece tutte le opere lungo i fiumi arginati dal punto in cui le acque cominciano a scorrere dentro argini o difese continue, oltre che le nuove inalveazioni, rettificazioni che vengono 31

32 eseguite al fine di regolare i medesimi corsi d acqua; anche queste si mantengono a spese dello Stato. Alla terza categoria appartengono le opere, che non rientrano fra quelle precedenti, e che hanno uno dei seguenti scopi: difendere ferrovie, strade o altre opere di interesse pubblico, migliorare il regime del corso d acqua, o impedire inondazioni, straripamenti, corrosioni e altro materiale di alluvione che possa provocare danni al territorio o agli abitati. Quest ultime opere sono eseguite a cura dello Stato mentre la manutenzione successiva è a cura degli enti consortili. Rientrano invece nelle ultime due categorie le opere che hanno la funzione di sistemazione dell alveo per il contenimento delle piene e per la salvaguardia dei centri abitati; anche in questo caso le spese sono a carico dei consorzi. La legge che introduce nell ordinamento giuridico il concetto di difesa del suolo è la L. n.183/1989 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, oggi abrogata, con l obiettivo di assicurare il risanamento delle acque, la corretta fruizione e gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ed essi connessi. Tale norma sanciva la ripartizione dell intero territorio nazionale, comprese le isole minori, in bacini idrografici che vengono classificati, in funzione del grado del grado di importanza territoriali, in bacini di rilievo nazionale (11), interregionale (18) e regionale (tutti quelli che non rientrano nelle categorie precedenti); nella categoria di maggiore interesse rientrano per il versante adriatico l Isonzo (Friuli Venezia Giulia), il Tagliamento (Veneto e Friuli), il Livenza (Veneto e Friuli), il Piave (Veneto e Friuli), il Brenta-Bacchiglione (Veneto, Trentino Alto Adige), l Adige (Veneto, Trentino Alto Adige), e il Po (Piemonte, alle d Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Altro Adige, Veneto, Toscana ed Emilia omagna); per il versante tirrenico troviamo l Arno (Toscana, Umbria), il Tevere (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio ed Abruzzo), il Liri Garigliano (Lazio, Campania ed Abruzzo) e il Volturno (Abruzzo, Lazio e Campania). Nasceva la necessità di costituire un organismo misto tra Stato e Regioni, definita Autorità di Bacino e operante sui bacini nazionali stessi, che assicurasse il coordinamento di tutte le azioni sul territorio in 32

33 modo da superare le frammentazioni istituzionali e di competenza che non consentivano una razionale ed unitaria pianificazione e programmazione fisicoambientale e socio-economica. Nel territorio della Toscana oltre ai bacini nazionali (Arno, Serchio,Tevere, Po) sono presenti anche quattro bacini interregionali (Magra, Fiora, Conca Marecchia e Reno) e tre bacini regionali (Ombrone, Toscana Costa e Toscana Nord) come riportato all interno della Figura 2.2 Autorità di Bacino regione Toscana ai sensi del Legge n.183/1989 Figura 2.2 Autorità di Bacino regione Toscana ai sensi del Legge n.183/

34 Lo Stato ha completato il trasferimento alle Regioni delle competenze con il D.Lgs n.112/1998 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 conferendo a queste funzioni riguardanti la progettazione, l esecuzione e la gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura, i compiti di pulizia idraulica e di pronto intervento. Il quadro normativo è stato successivamente aggiornato in seguito all emanazione della direttiva 2000/60/CE, inerente l azione comunitaria in materia di acqua, e recepita a livello nazionale dal D.Lgs n.152/2006 Norme in materia ambientale arte terza in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque e di gestione delle risorse idriche, ai fini della tutela e della gestione delle risorse idriche quali le acque interne superficiali e sotterranee, le acque di transizione e costiere. Tale decreto istituisce l introduzione di un unità territoriale di riferimento, definiti distretti idrografici, intesi come l area di terra e di mare costituiti da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettiva acque sotterranee e costiere; il territorio nazionale è stato suddiviso in 8 distretti (Padano, Alpi Orientali, Appennino Settentrionale, Appennino Centrale, Appennino Meridionale, Sicilia, Sardegna e Serchio come impianto pilota). La direttiva prevede inoltre la definizione, per ciascuno di questi, del piano di gestione dove saranno riportate tutte le adeguate misure di miglioramento e tutela delle acque per quella porzione di territorio. Lo stesso territorio toscano sarà ripartita in quattro diversi distretti idrografici di appartenenza. L art. 64 del D.Lgs n.152/2006 che istituisce i distretti idrografici, è richiamato nel decreto di legge collegato alla legge di stabilità, Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di Green Economy e per il contenimento dell uso eccesivo delle risorse naturali modifiche alla Terza parte del D.Lgs n.152/2006 che dovrebbe entrare in vigore nel primo semestre del 2014 e comporterà la riduzione dei distretti idrografici da 8 a 7 in seguito all eliminazione dell impianto pilota del Serchio. 34

35 A tal proposito, trovandosi in fase transitoria, la Regione Toscana dopo aver abrogato le Autorità di Bacino regionali si predispone ad accogliere normativamente la nuova suddivisione del territorio in distretti. In merito invece alla bonifica, questa è intesa come l attività di progettazione, manutenzione ed esercizio della rete idrografica, dei manufatti avente la finalità di mettere in sicurezza i territori urbanizzati e produttivi e di rendere coltivabili i terreni. Tale attività riveste dunque due funzioni che si integrano in un delicato equilibrio: da una parte si pone a salvaguardia del territorio e dall altra consente uno sviluppo razionale del suolo sia a fini agricoli che produttivi. I soggetti che realizzano le attività sono i Consorzi di bonifica; essi sono persone giuridiche (o enti) di diritto pubblico a carattere associativo che concorrono alla gestione di sistemi volti alla sicurezza, alla difesa idraulica ed alla tutela delle risorse idriche a prevalente scopo irriguo. Data la sua importanza, la disciplina della bonifica è collocata anche all interno della Costituzione, all articolo 44, tra le norme relative ai rapporti economici ovvero le leggi attraverso le quali lo Stato promuove un economia mista che accoglie e sviluppa al suo interno elementi privatistici e pubblicisti. I consorzi sono infatti un sistema a rappresentatività settoriale costituito da soggetti che traggono beneficio dall attività di bonifica ma che allo stesso tempo contribuiscono alla salvaguardia ed alla realizzazione di finalità pubbliche. L origine della normativa in materia di bonifica è molto datata: la prima legge di riferimento a carattere nazionale è la Legge Baccarini n.869/1882, denominata anche Norme per la bonifica delle paludi e dei terreni paludosi, poi modificata nel Testo Unico n.195/1900 che riunisce le disposizioni della legge stessa con alcune integrazioni successive. Da questo Testo Unico deriverà un importante provvedimento tutt ora vigente: il R.D. n.368/1904 Regolamentazione sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi che attribuisce ai consorzi poteri statuari (ovvero adottano uno statuto proprio), regolamentari (emettere dei regolamenti con i quali funzionare), impositivi (imporre un tributo ai privati cittadini) e di polizia idraulica. Nel 1933, il sottosegretario per la bonifica, istituito 35

36 presso il Ministero dell Agricoltura, emana il R.D. n.215/1933 Nuove norme per la bonifica integrale ; tale decreto, tutt ora vigente, è da considerarsi alla base della normativa fondamentale della bonifica in quanto rappresenta una sintesi razionale di tutte le norme precedentemente emanate. 2.3 Quadro normativo della Regione Toscana Il quadro normativo a livello regionale si presenta di recente emanazione facendo riferimento alla L.R. n.79/2012 Nuova disciplina in materia di consorzi di bonifica che modifica alcune parti della L.R. n.91/1998 Norme per la difesa del suolo ad oggi ancora vigente, mentre abroga la L.R. n.34/1994 Norme in materia di bonifica. Il primo obiettivo della presente disciplina è quella di riconoscere l attività di bonifica di rilevanza pubblica al fine di garantire tra le quali la sicurezza idraulica, la difesa del suolo, la manutenzione del territorio e la tutela del patrimonio idrico (art.1). Tutto il territorio regionale è classificato di bonifica ed è suddiviso nei comprensori, definiti come unità idrografiche ed idrauliche omogenee ai fini della difesa del suolo e della gestione delle acque (art.5). Viene elaborata una nuova delimitazione e riduzione dei comprensori di bonifica che passano da 40 (di cui 7 interregionali), gestiti da 13 consorzi (Auser Bientina, Versilia Massaciuccoli, ValdiChiana Aretina, Area Fiorentina, Ombrone Pistoiese Bisenzio, Toscana Centrale, Paludi di Fucecchio, Ufficio Fiumi e Fossi, al d Era, Alta Maremma, Colline Livornesi, Grossetana, Osa Albegna), 12 Unioni dei comuni (Lunigiana, Media Valle del Serchio, Casentino, Pratomagno, Val di Chiana Senese, Valtiberina, Mugello, Val di Bisenzio, Alta al di Cecina, Colline del Fiora, al di Merse, al d Orcia) (riportati in Figura 2.2 Comprensori di bonifica prima del 2012 (osservare come più comprensori erano gestiti da un solo consorzio di bonifica o unione dei comuni)), a soli 6, con il riordino dei relativi enti gestori (per ciascun comprensorio viene istituito un solo consorzio di bonifica come riportato in Figura 2.3 Nuovi comprensori di bonifica ai sensi della L.R. n.79/2012) ottenendo di conseguenza anche una importante 36

37 riduzione dei costi, al fine di garantire una omogeneità di tutela su tutto il territorio (art.7). 3. Figura 2.2 Comprensori di bonifica prima del 2012 (osservare come più comprensori erano gestiti da un solo consorzio di bonifica o unione dei comuni) 37

38 Figura 2.3 Nuovi comprensori di bonifica ai sensi della L.R. n.79/2012 I sei nuovi consorzi (o comprensori) vanno a sostituire e raggruppare quelli già esistenti nel seguente modo: Toscana Nord (Auser Bientina, Versilia 38

39 Massaciuccoli, Lunigiana, Media Valle del Serchio e Casentino), Alto Valdarno (ValdiChiana Aretina, Pratomagno, ValdiChiana Senese e Valtiberina) Medio Valdarno (Area Fiorentina, Ombrone Pistoiese Bisenzio, Toscana Centrale, Mugello e Val di Bisenzio), Basso Valdarno (Paludi di Fucecchio, Ufficio Fiumi e Fossi, al d Era), Toscana Costa (Alta Maremma, Colline Livornesi e Alta Val di Cecina) e Toscana Sud (Grossetana, Osa Albegna, Colline del Fiora, Val di Merse e al d Orcia). Viene delimitato il perimetro di contribuenza che individua le proprietà immobiliari che ricevono i benefici dall attività del consorzio (art.8); la partecipazione al consorzio è obbligatoria, così come sancito dal R.D. n.215/1933 Nuove norme per la bonifica integrale che istituisce proprio la figura dei consorzi di bonifica. Tra le novità principali della L.R. n.79/2012 c è l individuazione del reticolo idrografico e di gestione, consistendo quest ultimo nel sottoinsieme del reticolo idrografico che necessita di manutenzione, sorveglianza e gestione per garantire il buon regime delle acque, prevenire e mitigare fenomeni alluvionali (art.4); tale reticolo è affidato in gestione ai consorzi di bonifica. Uno dei problemi maggiori fino ad oggi era dovuto al fatto che spesso le competenze venivano attribuite in base alla classificazione delle opere rendendo difficoltoso stabilire dove finissero le competenze di un ente e cominciassero quelle di un altro. All interno di tale L.R. vengono individuate chiaramente funzioni e responsabilità: nello specifico la Regione esercita funzioni di pianificazione, programmazione ed indirizzo e controllo sull attività dei consorzi oltre che occuparsi tra l altro dell individuazione del reticolo idrografico e di quello di gestione, del censimento di tutte le opere idrauliche e di bonifica sul territorio, della delimitazione delle aree a rischio idrogeologico e del monitoraggio degli interventi di difesa del suolo (art.22). La legge prevede inoltre una programmazione degli interventi di manutenzione e difesa del territorio, definito documento annuale per la difesa del suolo e contenente anche il piano generale delle attività di bonifica, proposto dai consorzi ed approvato dalla Regione, finalizzato ad una omogenea gestione della regione Toscana. 39

40 Il Consorzio di Bonifica provvede alla progettazione e alla realizzazione delle nuove opere di bonifica e delle nuove opere idrauliche di quarta e quinta categoria, se individuate nel piano generale e finanziate interamente con risorse pubbliche, oltre che occuparsi della manutenzione ordinaria del reticolo di gestione, delle opere di bonifica e di quelle idrauliche di terza, quarta e quinta categoria che vengono finanziate interamente con il contributo consortile. A questi andrà aggiunta la vigilanza e manutenzione straordinaria per le opere di bonifica ed idrauliche, pagate fino ad una percentuale massima del 30% con i tributi dei consorziati e per la restante parte con risorse pubbliche (art. 23 e 24). Per le opere idrauliche di seconda categoria la manutenzione ordinaria viene realizzata dai Consorzi sulla base di apposita convenzione stipulata con la Provincia (art. 23). A quest ultima resta invece di competenza la polizia idraulica, il servizio di piena e di pronto intervento su tutto il reticolo idrografico. Vengono riportate nel seguito due tabelle riassuntive (Tabella 2.1 e 2.2) contenente, ai sensi della classificazione delle opere secondo le categorie del R.D. n.523/1904, la suddivisione tra i vari enti dei compiti in merito alla realizzazione di nuove opere, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al servizio di pronto intervento e di piena; analogamente si riporta anche la suddivisione dei relativi incarichi in merito alle opere idrauliche ed al reticolo idrografico e di gestione. Infine viene evidenziato a chi spetta il pagamento delle mansioni. 40

41 Nuove Opere Manutenzione Ordinaria Categoria Fare Pagare Fare Pagare 2 PR 1 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) LR 91/1998 art. 14 comma 1a, art. 14 comma 3, art. 12 quinquies comma b documento annuale LR 91/98 art 12 quinquies CB (convenzione) LR79/2012 art. 23 comma 2 PR->CB (convenzione) LR79/2012 art. 23 comma 4 PR 1 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) documento annuale CB 2 (se nel Piano delle attività di bonifica) Contributo Consortile 3 LR 91/1998 art. 14 comma 1a, art. 14 LR 91/98 art 12 LR79/2012 LR 79/2012 comma 3, art. 12 quinquies comma b quinquies art. 23 comma 1 c art.24 comma 2 CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) Risorse pubbliche CB 2 (se nel Piano delle attività di bonifica) Contributo Consortile 4 LR 79/2012 art. 23 comma 1 b LR 79/2012 LR 79/2012 LR 79/2012 LR 91/1998 art. 12 quinquies comma b art. 24 comma 1 art. 23 comma 1 c art.24 comma 2 CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) Risorse pubbliche CB 2 (se nel Piano delle attività di bonifica) Contributo Consortile 5 LR 79/2012 art. 23 comma 1 b LR 79/2012 LR 79/2012 LR 79/2012 LR 91/1998 art. 12 quinquies, comma b art. 24 comma 1 art. 23 comma 1 c art.24 comma 2 41

42 bonifica CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) Risorse pubbliche CB 2 (se nel Piano delle attività di bonifica) Contributo Consortile LR 79/2012 LR 79/2012 LR 79/2012 LR 79/2012 art. 23 comma 1 a art. 24 comma 1 art. 23 comma 1 c art.24 comma 2 reticolo gestione CB 2 (se nel Piano delle attività di bonifica) LR 79/2012 Contributo Consortile LR 79/2012 art. 23 comma 1 c art.24 comma 2 reticolo idrografico Tabella 2.1 Suddivisione tra i vari enti dei compiti conseguenti alle Nuove Opere e alla Manutenzione Ordinaria, 1) tutte le competenze della PR individuate dalla LR 91/98 art.14 possono essere date ai consorzi per avvalimento tramite concessione; 2) art. 23 comma 3 LR 79/2012 nei territori montani i CB si avvalgono del personale dell'unione dei Comuni 42

43 Manutenzione Straordinaria Servizio di Piena, Polizia Idraulica, Pronto Intervento Categoria Fare Pagare Fare Pagare PR ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) documento annuale PR 1 o CB (se convenzione) PR 2 LR 91/1998 art. 14 comma 1a, art. 14 comma 3, art. 12 quinquies comma b LR 91/98, art 12 quinquies LR 91/1998 art. 14 comma 1 LR 91/1998 art. 14 comma 3 LR 91/1998 Art.14 comma CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) LR79/2012 art. 23 comma 1 e LR 91/1998 art. 12 quinquies comma b 30% Contributo consortile 70% risorse pubbliche LR 79/2012 art. 24 comma 3 PR 1 o CB (se convenzione) LR 91/1998 art. 14 comma 1 LR 91/1998 art. 14 comma 3 PR LR 91/1998 art. 14 comma 1 2 CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) 30% Contributo consortile 70% risorse pubbliche PR 1 o CB (se convenzione) PR 4 LR79/2012 art. 23 comma 1 e LR 91/1998 art. 12 quinquies comma b LR 79/2012 art. 24 comma 3 LR 91/1998 art. 14 comma 1 LR 91/1998 art. 14 comma 3 LR 91/1998 art. 14 comma

44 5 CB 2 ( o Altri Enti individuati dal Documento annuale ) LR79/2012 art. 23 comma 1 e LR 91/1998 art. 12 quinquies comma b 30% Contributo consortile 70% risorse pubbliche LR 79/2012 art. 24 comma 3 PR 1 o CB (se convenzione) LR 91/1998 art. 14 comma 1 PR LR 91/1998 art. 14 comma 1 2 bonifica CB 25% Contributo consortile 75% risorse pubbliche CB (PR per emissione atto) Contributo Consortile LR79/2012 LR 79/2012 LR 79/2012 LR.79/2012 art. 23 comma 1 d art. 24 comma 3 art 23 comma 1 f art.24 comma 2 reticolo gestione PR (in quanto sottoinsieme del reticolo idrografico) reticolo idrografico PR Tabella 2. 2 Suddivisione tra i vari enti dei compiti conseguenti alla Manutenzione Straordinaria e al Servizio di Piena, Polizia Idraulica, Pronto Intervento. 1) tutte le competenze della PR individuate dalla LR 91/98 art.14 possono essere date ai consorzi per avvalimento tramite concessione; 2) art. 23 comma 3 LR 79/2012 nei territori montani i CB si avvalgono del personale dell'unione dei Comuni 44

45 2.4 Quadri normativi di altre Regioni Regione Veneto (L.R. n. 12/2009 Nuove norme per la bonifica e la tutela del territorio ): in tale egione esiste un unica normativa di riferimento per la bonifica e per la difesa del suolo; come viene riportato, l esercizio delle funzioni in materia di bonifica si esplica in forma coerente e integrata con le attività di difesa del suolo e la gestione sostenibile del territorio, nel rispetto del minimo deflusso vitale e dell equilibrio del bilancio idrico (art.1). La superficie regionale viene delimitata in dieci comprensori di bonifica (art. 2) e viene affidata ai consorzi la predisposizione del piano generale di bonifica e di tutela del territorio (art. 23). Il documento contiene la ripartizione dei comprensori in zone distinte caratterizzate da livelli omogenei di rischio idraulico e idrogeologico, oltre che l individuazione di tutte le opere pubbliche di bonifica e idrauliche necessarie per la tutela e la valorizzazione del territorio. Il piano viene depositato dagli enti consortili presso la Regione che, sentita la competente commissione consiliare, lo approva. I consorzi devono inoltre predisporre il programma pluriennale di attività dove vengono riportati gli interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria delle opere pubbliche di bonifica (art. 33). Ai consorzi di bonifica, mediante apposita concessione con Stato, Regione o altri enti pubblici operanti nel Veneto, può essere affidata la progettazione, l esecuzione e la manutenzione delle opere pubbliche oltre che la progettazione, l esecuzione e la manutenzione degli interventi di bonifica previsti nel piano riportato in precedenza (art. 20). Per quanto riguarda altresì le opere pubbliche di bonifica e le opere idrauliche che fanno parte integrante del sistema di bonifica e irrigazione, la loro esecuzione è affidata al consorzio al quale spetta anche la gestione, l esercizio, la manutenzione e la polizia idraulica. In merito ai finanziamenti la legge concede contributi a favore del consorzio di bonifica concessionario, nella misura massima del 100% della spesa ammissibile (art. 29), per la realizzazione delle opere pubbliche di bonifica, per le 45

46 opere di sistemazione dei corsi d acqua connessi alla bonifica in un comprensorio e per le opere pubbliche di interesse regionale previste nel piano generale. Non è ammesso a contributo regionale la spesa derivante dalla mancata manutenzione a carico dei consorzi o al mancato esercizio della polizia idraulica. Stabilisce inoltre come almeno il 45% delle entrate derivanti dalla contribuenza consortile debba essere destinata alla manutenzione ordinarie e straordinaria delle opere pubbliche di bonifica prevista nel programma triennale da loro predisposto (art. 34). Regione Friuli Venezia Giulia (L.R. n. 28/2002 Norme in materia di bonifica e di ordinamento dei Consorzi di bonifica ): l attività di bonifica viene riconosciuta come strumento indispensabile alla difesa e alla conservazione del suolo, alla tutela delle risorse idriche, alla regolazione delle acque e alla salvaguardia dell ambiente (art. 1). Vengono delimitati dall Amministrazione Regionale i quattro comprensori di bonifica (art. 2) definiti come territori di convenienti dimensioni e funzionalità, tenendo conto della necessità di attuare interventi coordinati nell azione pubblica di bonifica e idraulica. Per ciascuno di questi viene previsto il piano generale di bonifica comprensoriale e tutela del territorio, attuato mediante un programma triennale di interventi, redatto secondo gli indirizzi comunitari e in armonia col piano di sviluppo economico regionale. La procedura di formulazione del piano prevede le osservazioni da parte dei Comuni e delle Province interessate, alle quali il consorzio dovrà adeguarsi prima dell approvazione da parte della egione. Tale piano contiene il censimento delle opere di bonifica e idrauliche presenti nel comprensorio, nonché le linee di intervento indicandone la priorità, la fattibilità tecnica ed amministrativa e i costi (art. 5). Ai consorzi può essere delegata dall Amministrazione Regionale (art. 4 e 8), la progettazione, l esecuzione, l esercizio, la vigilanza e la manutenzione sia ordinaria che straordinaria delle opere di difesa dalle acque e di sistemazione 46

47 idraulica, comprese la manutenzione e l esercizio delle opere pubbliche di bonifica. Competono ai consorzi stessi gli eventuali proventi derivanti dall utilizzo delle opere sopra descritte. Nel caso in cui nel territorio non siano operanti consorzi di bonifica, la Regione potrà avvalersi delle Province per l attuazione dei programmi regionali in materia di bonifica. Regione Piemonte: il Piemonte ha disciplinato le funzioni che lo Stato ha delegato alle Regioni in materia di difesa del suolo, all interno della L.R. n.44/2000 Disposizioni normative per l attuazione del D.Lgs. del 31 Marzo 1998, n.112, indicando come funzioni regionali la progettazione, la realizzazione, la gestione e la manutenzione delle opere idrauliche di qualsiasi natura, compresa la manutenzione degli alvei, e la polizia idraulica e il pronto intervento (art.59). Per la pianificazione e la programmazione in materia di difesa del reticolo idrografico e di difesa del suolo le Province concorrono attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale (art.60) mentre i Comuni (art.61) concorrono attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica. Per quanto riguarda invece la bonifica si fa riferimento alla L.R. n. 21/1999 Norme in materia di bonifica ed irrigazione, nella quale l attività di bonifica viene riconosciuta come mezzo permanente finalizzato allo sviluppo, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole con particolare riguardo alla qualità, alla difesa e conservazione del suolo, alla regolazione delle acque ed alla salvaguardia dell ambiente e delle risorse naturali (art. 1). Su proposta della Giunta è compito del Consiglio regionale approvare il piano regionale per le attività di bonifica e d irrigazione, che detta gli indirizzi generali e le linee fondamentali dell azione delle egione per la finalità di una gestione omogenea di tali attività in tutto il territorio. Questo piano, contenente la tipologia degli interventi e le principali opere di bonifica da realizzare, indicandone i tempi e le risorse da destinare, viene poi trasmesso alle Province ed ai consorzi di bonifica 47

48 (art.2); la sua realizzazione si verifica mediante approvazione della Giunta regionale, del programma triennale delle opere di bonifica e di irrigazione (art. 3). La delimitazione dei quattordici comprensori di bonifica spetta alla Regione; questi corrispondono ad unità omogenee sotto il profilo idrografico e funzionale in rapporto alle esigenze di organicità dell azione pubblica di bonifica e di difesa del suolo (art. 7). L attività di bonifica è svolta secondo quanto indicato all interno del piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale. Tale piano definisce le linee d intervento della bonifica nel comprensorio, individuando anche le relative opere da realizzare indicandone la priorità, la localizzazione, il progetto di massima, il costo presunto e specifica se si tratta di opera di competenza pubblica o del privato (art. 10). Anche in questo caso, la proposta di piano elaborata dal Consiglio dei delegati di ciascun consorzio di bonifica all interno del comprensorio di propria competenza, prevede le osservazioni da parte dei Comuni e delle Province interessate; quest ultime hanno poi il compito di trasmettere il piano definitivo alla Giunta Regionale la quale, acquisito il parere della Consulta regionale per la bonifica e l irrigazione, approva il documento (art. 11). I consorzi provvedono alla gestione delle opere di bonifica, la quale comprende la manutenzione ordinaria, l esercizio e la vigilanza; provvedono alla progettazione, all esecuzione ed alla gestione delle opere di bonifica di competenza dei privati ed esercitano inoltre le funzioni per la difesa del suolo. Su concessione da parte della Regione o di altri enti, possono effettuare anche la progettazione ed esecuzione di opere di bonifica di competenza pubblica (art.14). Una volta realizzate tali opere, spetta comunque ai consorzi la loro gestione nonché la riscossione dei contributi consortili relative alle opere di bonifica di competenza dei privati (art. 24). Regione Emilia Romagna (L.R. n.42/1984 Nuove norme in materia di bonifica aggiornato dopo le modifiche apportate dalla L.R. n.7/1992 e dalla L.R. n.5/2010): la egione promuove ed organizza l attività di bonifica come funzione 48

49 essenzialmente pubblica ai fini della difesa del suolo e di un equilibrato sviluppo del proprio territorio, con particolare riferimento alla tutela delle risorse idriche (art. 1). L intero territorio regionale viene suddiviso in otto comprensori di bonifica intesi come unità omogenee sotto il profilo idrografico (art. 5). La Regione in materia di bonifica (avente finalità montana e idraulica art.3) programma, organizza e realizza le nuove opere e gli interventi, di competenza sia pubblici che privati, contenuti all interno dei programmi poliennali di bonifica e irrigazione (art.6). Tale programma dovrà indicare le opere necessarie ai fini generali della bonifica, da realizzarsi a totale carico pubblico, oltre che quelle di interesse particolare dei singoli fondi ma che sono direttamente connesse alla finalità e funzionalità delle prime, di competenza dei privati che fruiscono del contributo regionale nella misura prevista dalla legge (art. 7). Tale misura prevede contributi da parte della Regione, fino ad un massimo del 70% della spesa riconosciuta ammissibile, se si tratta di opere di bonifica rese obbligatorie dal programma poliennale (art.8), altrimenti la percentuale si riduce al 30% o fino al 50% per le zone collinari e montane (art.9). Sono sempre a totale carico pubblico gli interventi di ripristino delle opere di bonifica che sono necessari non per carenza di manutenzione ordinaria (art.10). I consorzi provvedono, in concessione dalla Regione, alla progettazione, all esecuzione delle opere pubbliche previste nei programmi, inoltre si occupano dell esercizio, della manutenzione e della vigilanza delle opere e degli impianti di bonifica di cui sono consegnatari utilizzando i proventi derivanti dal contributo consortile. Partecipano alla redazione dei programmi poliennali di bonifica e di irrigazione attraverso la formulazione di proposte (art. 14). Nel territorio non esiste una legge regionale sulla difesa del suolo; la quasi totalità degli interventi in merito all argomento vengono realizzati attraverso i Servizi Tecnici di Bacino (STB) istituiti tramite delibera della Giunta regionale n.1260 del 22 Luglio Con la Determinazione del Direttore Generale all Ambiente Difesa del Suolo e della Costa n del 25/11/2 3 sono stati definiti e delimitati gli ambiti territoriali di competenza dei Servizi Tecnici di 49

50 Bacino della regione Emilia-Romagna che attraverso atti successivi sono stati ridotti da 8 a 4 (Affluenti Po, Po di Volano e della Costa, Reno, Romagna). Oltre che occuparsi della progettazione e dell attuazione degli interventi per la difesa del suolo e delle coste, i STB svolgono le funzioni di polizia idraulica e di protezione civile connesse ad eventi idraulici ed idrogeologici, la gestione del servizio di piena, e mediante rilascio di concessioni anche la gestione delle risorse idriche. Regione Umbria (L.R. n. 30/2004 Norme in materia di bonifica ): la Regione promuove e organizza la bonifica quale attività di rilevanza pubblica finalizzata a garantire la sicurezza idraulica e la manutenzione del territorio, la provvista, la razionale utilizzazione e la tutela della risorsa idrica, la conservazione e difesa del suolo (art. 1). Il territorio umbro viene suddiviso in sette comprensori di bonifica che costituiscono unità territoriali omogenee sotto il profilo idrografico, idraulico e morfologico, funzionali alle esigenze della pianificazione e alle attività consortili; nei comprensori in cui non sono istituiti e operanti i consorzi di bonifica le funzioni relative sono esercitate dalle comunità montane (art. 2). La Giunta regionale predispone il programma regionale pluriennale per la bonifica, nel rispetto degli indirizzi contenuti nel piano regionale di sviluppo e nel documento annuale di programmazione (DAP). Tale programma, con durata decennale ma soggetto a verifica triennale, indica le linee guida delle opere da realizzare attraverso i piani di bonifica oltre che stabilire gli interventi e le azioni degli enti locali territoriali di preminente interesse regionale da affidare ai consorzi di bonifica o alle comunità montane. Il programma ha, inoltre, le finalità di contenere il rischio idraulico, difendere il suolo e le infrastrutture produttive, promuovere la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere e territorio, assicurare l organizzazione efficace ed efficiente dei servizi per la difesa del suolo e la valorizzazione della risorsa idrica (art. 8). 50

51 Il piano di bonifica, tutela e valorizzazione del territorio, o più semplicemente definito piano di bonifica, individua le singole azioni e gli interventi di bonifica da realizzarsi in ciascun comprensorio. La sua proposta è predisposta e deliberata da ciascun consorzio (o dalle comunità montane) e, dopo il relativo parere da parte dei Comuni interessati, viene trasmesso alla Giunta regionale che provvede alla sua adozione (art. 9). Per ciascun intervento contenuto all interno viene definito il progetto di fattibilità e il costo presunto, specificando se di natura pubblica o privata. La legge definisce gli interventi di bonifica (art. 5). Tali interventi, se dichiarati di preminente interesse regionale dalla Giunta o se contenuti nel programma regionale, sono affidati ai consorzi o alle comunità montane; gli enti incaricati provvederanno alla progettazione e alla realizzazione di tali interventi, alla manutenzione ordinaria, straordinaria e ai compiti di tutela e vigilanza delle opere e degli impianti beneficiando dell intero finanziamento a carico pubblico (art. 6). I proprietari possono affidare ai consorzi, l esecuzione, la manutenzione e la gestione delle opere di competenza privata, così come previste dai piani di bonifica di cui all art. 9 (art. 7) La manutenzione fluviale La manutenzione fluviale è argomento assai delicato in quanto considera aspetti contrapposti come quello della sicurezza idraulica da un lato e dell impatto degli interventi sull ambiente sia floristico che faunistico che attengono al corso d acqua. Tale operazione deve essere considerata parte fondamentale per la buona riuscita di un progetto di sistemazione idraulica con l obiettivo di mitigare i rischi di esondazione, date le esigue sezioni spesso artificializzate, che molti corsi d acqua presentano nell attraversare territori fortemente antropizzati. E noto infatti come la scarsa o assente azione manutentiva fluviale è stata negli ultimi decenni una delle cause di danni alluvionali sul territorio nazionale e regionale. 51

52 Le sezioni idrauliche di progetto vengono spesso dimensionate utilizzando le portate di piena con elevati tempi di ritorno; tale modalità di esecuzione garantisce lo smaltimento della piena, ma allo stesso tempo riduce sensibilmente in tali sezioni, la capacità di trasporto della corrente, favorendo quindi il deposito dei sedimenti per regimi ordinari di portata (portate formative). Per questo motivo le sezioni di progetto sono soggette a sovralluvionamento nel tempo, inficiando quei benefici sulla capacità di smaltimento ottenuti in fase progettuale. Analogamente una particolare attenzione deve essere posta nei confronti della vegetazione che determina sia azioni benefiche sull ecosistema fluviale e sulla stabilità delle sponde, ma anche un aumento della pericolosità di esondazione soprattutto nel caso di un suo sviluppo incontrollato. La manutenzione fluviale è affrontata quindi come l insieme delle attività necessarie a mantenere in buono stato ed in efficienza un corso d acqua e le opere su essi presenti con l obiettivo di eliminare situazioni di pericolo per i centri abitati e per le infrastrutture; essa di distingue in attività ordinaria, ovvero svolta in maniera continuativa (ciclica) nel tempo, e straordinaria (non programmabile) eseguita senza una scadenza temporale. Per quanto riguarda le opere (puntuali, lineari ed areali), la manutenzione ordinaria (caratterizzata dalla continuità e dalla periodicità dell azione), è l insieme delle attività che mirano a conservare nel tempo l opera nella sua piena integrità funzionale, contrastando il deterioramento che l opera stessa subisce con l ordinario esercizio o per naturale degrado. iguarda la riparazione, il rinnovamento o la sostituzione delle parti deteriorate di difesa o il mantenimento in efficienza delle parti che compongono l opera. iguarda altresì il mantenimento delle sezioni originarie di deflusso, che abbiano subito alterazione. Tali interventi ripristinano, dunque, la primitiva funzionalità, senza alterare lo stato dei luoghi e la volumetria originaria dei manufatti e delle sezioni di deflusso. Negli interventi di riparazione, rinnovamento o di sostituzione sono compresi anche quegli interventi migliorativi, di scarso rilievo economico o complessità tecnica, che non incrementano il valore o le prestazioni dell opera. Tra questi 52

53 interventi rientra il taglio della vegetazione sugli argini e la rimozione delle alberature che ostacolano il deflusso. La manutenzione straordinaria (caratterizzata da interventi non periodici e non programmabili), è l insieme delle attività di ricostruzione, sistemazione, riparazione, risanamento, consolidamento, modifica o di sostituzione degli elementi di difesa necessarie per il rinnovamento degli elementi stessi o di qualche parte danneggiata da un evento inatteso o eccezionale; oppure quando si debba adeguare l opera ad una nuova ed ulteriore funzione, anche diversa da quella originaria ma compatibile e funzionale ai compiti di difesa idraulica alla medesima assegnati. Per quanto riguarda i corsi d acqua naturali, la manutenzione ordinaria, caratterizzata dalla periodicità dell azione con cadenza annuale/pluriennale di entità variabile in funzione delle caratteristiche geomorfologie ed antropiche del bacino di appartenenza del corso d acqua, è l insieme delle attività, che mirano al mantenimento in efficienza delle sezioni di deflusso o al recupero della conformazione originaria venuta a mancare per naturale decadimento, il tutto al fine di consentire un regolare deflusso della corrente, senza alterare lo stato dei luoghi. Tra queste attività rientra il taglio di quella parte di vegetazione presente sulle sponde e in alveo che si ritiene costituisca ostacolo al deflusso e che non offra vantaggio ai fini della stabilità delle sponde; l ostacolo operato dalla vegetazione al regolare deflusso deve essere valutato con l analisi delle piene ricorrenti sulla base di misurazioni e/o valutazioni di carattere idraulico e idrologico. La manutenzione straordinaria, caratterizzata da interventi non necessariamente periodici, puntuali o estesi, è l insieme delle attività non riconducibili a quelle proprie della manutenzione ordinaria, ma caratterizzate da una maggiore complessità e/o intensità, tale da compotare un miglioramento delle condizioni di deflusso e/o la modifica della risposta idraulica del tratto di corso d acqua oggetto di intervento. 53

54 3. LA VEGETAZIONE RIPARIALE NEI FIUMI DELLA TOSCANA 3.1. Introduzione Le formazioni vegetali che si sviluppano all interno degli ecosistemi fluviali, sono costituite da specie igrofile (seppur con livelli diversi di idrofilia) che hanno la peculiarità di formare, in linea di massima, aggruppamenti o fitocenosi (associazione di piante che instaurano un profondo legame di interdipendenza, costituendo una formazione vegetativa con precisi caratteri insediativi ed evolutivi) di tipo a corridoio, ovvero disposta parallelamente al corso d acqua in funzione del regime delle acque che lo caratterizzano (Paiero, 1991). Quest ultima caratteristica è proprio il fattore che maggiormente condiziona tali raggruppamenti vegetativi, rendendoli quindi indipendente dall effetto dell altimetria e della latitudine come avviene per gli ambienti collinari e montani, dove si sviluppano la gran parte dei nostri boschi. Ciò non toglie comunque che nella nostra penisola, caratterizzata da altitudini e latitudini assai differenziate e da fasce bioclimatiche diverse, si possano distinguere, secondo profili longitudinali ai corsi d acqua e in relazione alla regione fitoclimatica in cui ricadono, differenti associazioni vegetali ripariali (Pedrotti e Gafta, 1996). In merito a tale argomento non si ha a disposizione una bibliografia di riferimento. Verranno quindi riportati i risultati ottenuti da una serie di ricerche, compiuti sui fiumi Arno e Magra, in funzione delle diverse categorie di vegetazione già delineate in precedenza (erbacea, arbustiva e arborea). Per quanto riguarda l Arno, specificatamente alla zona fiorentina (Valdarno), si fa riferimento alle indagini effettuate nella fascia ripariale compiute dall Autorità Di Bacino del Fiume Arno ( Linee Guida per la caratterizzazione della biodiversità nelle fasce fluviali: casi di studio per l Arno, Galli, 2 6), mentre nel caso del Magra si utilizza una pubblicazione ( Il paesaggio vegetale delle Anpil del fiume Magra, Bertacchi, Bacci, Bocci, Lombardi, 2009) realizzata nell ambito del Programma Comune di Ricerca promosso dai Comitati di Gestione delle ANPIL (Aree Naturali Protette di Interesse Locale). 54

55 3.2. La vegetazione ripariale nell Arno L Arno ha da sempre caratterizzato con il suo paesaggio i terreni circostanti, modellando le forme naturali come pianure e valli determinando la presenza di città e attività umane di vario genere. L insieme di tutti questi fattori ha generato diverse tipologie di habitat caratterizzati da differenti distribuzioni di specie vegetali ed animali. L obiettivo dello studio è stato quello di valutare questa diversità in maniera tale di delineare una tavola sinottica che illustri le biodiversità lungo le sponde e nel territorio immediatamente circostante (zona ripariale). Nel suo percorso verso la foce, il fiume Arno modella ambienti diversi che vanno da quello appenninico, al collinare fino ad arrivare in pianura andando quindi ad attraversare paesaggi che si presentano in maniera diversa a seconda del grado di urbanizzazione, della presenza di attività agricole o da altri fattori antropici. Per questo motivo le indagini sono state compiuti all interno di due aree campioni, non troppo distanti tra loro; il primo tratto di studio è stato scelto nel Valdarno superiore, compreso tra Incisa e Rignano, mentre il secondo è ad ovest di Signa. Le principali differenze tra queste due aree consistono nel diverso grado di urbanizzazione che nel tratto a Signa è decisamente superiore all altro. Nelle zone campione sono stati censiti i principali modelli di vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea presenti; lo studio ha evidenziato un quadro abbastanza semplificato di tipi di vegetazione, dominato da quella arborea ripariale. Si tratta di associazioni, di formazioni lineari ripariali, con prevalenza di alcune specie tipiche dell ambiente umido come pioppo nero e bianco, salice bianco, ontano nero e sambuco. Oltre a queste si riscontrano altre cenosi meno evolute che si sono affermate quasi definitivamente come i boschi di robinia e stazioni a prevalenza di piante erbacee ed arbustive. Si riporta nel seguito una classificazione più dettagliata delle diverse classi di vegetazione. 55

56 Boschi ripariali misti a prevalenza di: - Pioppo nero: sono rappresentate da formazioni lineari igrofile, composte prevalentemente da vegetazione arborea matura, nelle quali prevale per copertura delle chiome il pioppo nero (Populus Nigra). Si tratta di una specie arborea originaria dell Europa centro meridionale e delle regioni asiatiche occidentali; è comune in tutto il territorio italiano in prossimità di fiumi e laghi, in terreni umidi anche periodicamente inondati e nelle aree golenali, suo habitat naturale. Può svilupparsi anche in suolo poveri sabbiosi e ghiaiosi purché le radici siano in grado di captare l acqua della falda. Il pioppo nero può raggiungere altezze fino a 30 metri con un diametro del fusto, di norma diritto e caratterizzato da una corteccia grigio brunastra, di circa 1 metro come riportato in Figura 3.1; le foglie hanno una forma triangolare (cfr. Figura 3.2), mentre la chioma presenta generalmente una forma molto ramificata in alto. Quali specie accompagnatrici è possibile trovare il salice bianco (Salix Alba), il pioppo bianco (Populus Alba) e specie arbustive meglio descritte di seguito all interno dei boschi misti; - Pioppo bianco (Populus Alba): specie con caratteristiche edafiche simili alla precedente con la quale divide spesso i terreni umidi. Tale specie arborea si estende dall Europa centro meridionale all Asia occidentale e all Africa mediterranea; e comune in tutta le regioni italiane. Il suo habitat naturale è in prossimità dei fiumi, laghi e in stazioni umide talvolta inondate. Può arrivare fino ad un altezza di metri con un fusto, spesso sinuoso, ramificato e di colore bianco grigiastro, che raggiunge i 120 centimetri di diametro come riportato in Figura 3.3. Le foglie hanno una forma ovale o ellittica, ma talvolta irregolarmente lobata; la parte superiore si presenta lucida di colore verde scuro, mentre quella inferiore è ricoperta da una fitta peluria biancastra, da cui il nome comune della 56

57 pianta (cfr. Figura 3.4 e Figura 3.5). La chioma si presenta ampia e largamente arrotondata; Figura 3.1 Albero di pioppo nero (Populus Nigra) 57

58 Figura 3.2 Particolare delle foglie a forma triangolare del pioppo nero Figura 3.4 Particolare delle foglie superiore di colore verde scuro Figura 3.3 Pioppo bianco (Populas Alba) Figura 3.5 Particolare delle foglie inferiori di colore biancastro 58

59 - Salice bianco (Salix Alba): le caratteristiche della formazione non differiscono dalla precedente formazione ma la copertura prevalente è data dal salice bianco. Questa specie arborea, sviluppata in tutta l Europa centro meridionale, si espande fino nell Asia occidentale e in parte dell Africa mediterranea, è presente in tutta Italia (ad esclusione della Puglia meridionale). Presenta delle dimensioni minori rispetto ai pioppi, raggiungendo un altezza intorno ai metri con un fusto, diritto e con corteccia di colore grigio più o meno chiaro, di diametro pari a 60 centimetri come riportato in Figura 3.6. I rami sono molto sottili ed estremamente flessibili con foglie di forma allungata caratterizzate da un bordo finemente dentato (cfr. Figura 3.7), mentre la chioma è solitamente ampia e leggera. Figura 3.6 Albero di salice bianco (Salix Alba) 59

60 Figura 3.7 Particolare delle foglie a forma allungata con bordo dentato del salice bianco - Salice delle capre o di montagna (Salix Caprea): arbusto o piccolo albero con dimensioni variabili tra 2 e 10 metri (cfr. Figura 3.8), caratterizzato da una corteccia grigio verdastra e con foglie di forma ovali o ellittiche, in alcuni casi leggermente acuminate, con superficie superiore verde opaca mentre quella inferiore è di vellutata di colore biancastra come riportato in Figura 3.9. Si tratta di una specie a larga distribuzione euroasiatica, diffusa in tutta l area alpina e appenninica, più rara in Pianura Padana, Puglia e Sicilia e assente in Sardegna. E una specie arbustiva arborea molto rustica che vegeta dalla pianura fino alla montagna in aree ripariali e ai bordi delle foreste e dei boschi. 60

61 Figura 3.8 Salice delle capre o di montagna (Salix Caprea) Figura 3.9 Foglie di forma ovale leggermente acuminate del salice delle capre o di montagna 61

62 - Robinia (o Pseudoacacia): specie originaria dell America nord orientale, dove cresce allo stato selvaggio, è stata importata in Italia come pianta ornamentale (1601) diffondendosi poi nell area sub mediterranea e colonizzando i boschi di tutto il territorio nazionale. Si tratta di una specie molto frugale e di estrema adattabilità, indifferente al substrato, purché ben drenato. Ama la luce e tende a formare dense boscaglie monospecifiche al punto tale di essere considerata una specie infestante e invasiva a causa della velocità di crescita che soffoca le piante autoctone. La capacità invasiva di tale pianta può costituire un problema; un esempio in tal senso sono vaste aree della pianura Padana, dove spesso essa ha sostituito i pioppi e i salici autoctoni che crescevano lungo le rive dei fiumi. La pianta può raggiungere una altezza estremamente variabile da 2 a 25 metri con fusti eretti con corteccia di colore grigio bruna, spesso biforcati, rami lisci con foglie ovali di colore verde pallido e fiori bianchi, con chioma ramificata (cfr. Figura 3.10 e Figura 3.11). Figura 3.10 Foglie di forma ovale della robinia (Pseudoacacia) 62

63 Figura 3.11 Albero di robinia con caratteristici fiori bianchi (Pseudoacacia) Boschi misti di Ontano Nero (Alnus Glutinosa), Platanus, Nocciolo (Corylus Avellana): sono delle formazioni lineari di piante legnose medio basse dove non prevale nessuna delle specie citate. Tuttavia la loro maggiore o minore presenza è legata al mutare delle condizioni edafiche locali. L ontano nero (Alnus Glutinosa) è un albero che può raggiungere anche i 25 metri, di altezza anche se in media non supera gli 8 metri, caratterizzato da un fusto diritto e slanciato. I rami primari sono ascendenti fino ad un certo punto oltre il quale si ripiegano verso il basso, con foglie semplici, cuneate o arrotondate alla base e smarginate all apice, con chioma densa e spesso 63

64 appuntita (cfr. Figura 3.12). Si tratta di una specie che si sviluppa quasi in tutta Europa con la sola esclusione della Scandinavia settentrionale e di parte della penisola iberica; in Italia è presente ovunque. L habitat naturale è costituito da boschi ripari e zone periodicamente sommerse o anche paludose dove forma popolamenti puri o misti con le specie sopra citate di pioppi e salici. Il nocciolo (Corylus Avellana) è un arbusto altro 3 4 metri con chioma densa e rami eretti, allungati e flessibili caratterizzati da foglie di forme tondeggiante, acuminate all apice e con doppia nervatura e dentatura, di colore verde intenso superiormente mentre leggermente più chiare in quella inferiore. I frutti sono le note nocciole di colore marrone che maturano in estate avanzata (cfr. Figura 3.13 e Figura 3.14). E presente su tutto il territorio nazionale e si tratta di una specie che facilmente si adatta a climi e suoli diversi. Può essere considerata sia specie colonizzatrice di terreni incolti e di pascoli abbandonati, sia arbusto di sottobosco associato particolarmente ad aree marginali di altre specie arboree quali latifoglie o aghifoglie dalla pianura alle montagne. Talvolta entra a far parte di queste cenosi l acero campestre o loppo (Acer Campestre), albero coltivato nel recente passato per maritarvi la vite. All interno di tale vegetazione vanno spesso ad insediarsi in modo casuale alcuni arbusti pionieri come: il rovo (Rubus), il sambuco (Sambucus Nigra e Sambucus Ebolus), la sanguinella (Cornus Sanguinea), la rosa selvatica (Rosa canina), il prugnolo selvatico (Prunus spinosa), l indaco bastardo o smorfia (Amorpha Fruticosa) ed altri che verranno analizzati nel paragrafo relativo. 64

65 Figura 3.12 Albero di ontano nero (Alnus Glutinosa) e particolare delle foglie Figura 3.13 Arbusto di nocciolo (Corylus Avellana) 65

66 Figura 3.14 Particolare delle foglie e dei frutti del nocciolo (Corylus Avellana) Boschi xerici e boschi igrofili di latifoglie: i boschi xerici rappresentano popolamenti forestali formati da latifoglie della flora mediterranea caratterizzati da specie quali il leccio (Quercus Ilex) o la roverella (Quercus Pubescens). I boschi igrofili sono invece caratterizzati dalla presenza di specie come la farnia (Quercus Robur), del frassino a foglie strette (Fraxinus Oxicarpa Bieb.) da pioppi e salici. Sempre al loro interno si sviluppano esemplari di olmo (Ulmus Minor) e di acero campestre (Acer Campestre). Ai margini del bosco possono fare la loro comparsa specie aggressive come l ailanto (Ailanthus). Fanno parte del corredo floristico anche in questo caso il sambuco, la sanguinella, l edera, il pungitopo ed i rovi. Arbusteti misti di Rovi (Rubus), Sambuco (Sambucus Nigra e/o ebulus), Rosa Selvatica (Rosa sp.), Prugnolo (Prunus Spinosa), Indaco Bastardo (Amorpha Fruticosa): costituiscono delle cenosi di piante pioniere legnose che, lungo il corso d acqua, occupano gli ambienti degradati, dovuti sia alla rocciosità delle sponde, che a fenomeni di erosione periodica. Sugli affioramenti rocciosi dell alveo e sulle sponde del fiume è possibile trovare anche alcune specie arboree quali il salice ripaiolo (Salix Eleagnos) e quello rosso 66

67 (Salix Purpurea). Andiamo adesso ad analizzare brevemente le singole specie arbustive. Il sambuco (Sambucus Nigra), come riportato in Figura 3.17, è un arbusto che può raggiungere un altezza massima di 1 metri caratterizzato da una chioma densa ed espansa, con un tronco eretto e molto ramificato fin dal basso, sinuoso e spesso biforcato; i rami hanno invece un andamento arcuato e ricadente con fiori di colore bianco avorio, talvolta rossastri, mentre i frutti sono piccole drupe globose di colore viola nerastro (cfr. Figura 3.15 e Figura 3.16). Occupano rapidamente ed aggressivamente tutti gli spazi lasciati liberi nelle schiarite, nelle radure e al margine di boschi umidi. Il prugnolo (Prunus Spinosa), riportato in Figura 3.18 è un arbusto cespuglioso di altezza massima pari a 3 metri con chioma rada e irregolare; i rami sono molto spinosi caratterizzati da fiori di colore bianco che fioriscono come gruppi di drupe sferiche di colore blu nerastro o viola azzurre (cfr. Figura 3.19 e Figura 3.20). E una specie pioniera originaria dell Europa e del Caucaso che si insedia nei terreni abbandonati di tutta la penisola. Si adatta a terreni poveri e sassosi, cresce comunemente al limite dei boschi e nei cespuglietti dove grazie alla facilità con cui radica, forma macchie spinose così impenetrabili da fornire protezione alle altre piante e agli uccelli che trovano rifugio ideale per nidificare. L indaco bastardo (Amorpha Fruticosa) è una pianta con portamento arbustivo alta 1 5 metri; presenta una chioma espansa ed un fusto irregolare, sinuoso e rami sparsi fin dalla base. Su questi si sviluppano fiori di colore violetto (cfr. Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Si sviluppa lungo le ponde di corsi d acqua e zone umide in tutte le regioni italiane ad esclusione della Sicilia. Per quanto riguarda i rovi questi possono essere di diverse specie arbustive caratterizzate da fusti alti fino a 2 metri e rami talvolta spinosi e appuntiti sui quali si sviluppano i frutti anche commestibili (more e lamponi) come riportato in Figura 3.21 e Figura Si sviluppano su tutto il territorio italiano generalmente sui rilievi del Nord e Centro Italia mentre è più rara nel Meridione e sulle Isole. 67

68 Nelle zone caratterizzato da un maggiore ristagno idrico troviamo la cannuccia di palude (Phragmites Australis), i canneti a canna comune (Arundo Donax) e la canna del reno (Arundo Plinii) che verranno trattati successivamente come classe distinta. Figura 3.15 Fiori del sambuco Figura 3.16 Frutti del sambuco Figura 3.17 Arbusto di sambuco (Sambucus Nigra) 68

69 Figura 3.18 Arbusto di prugnolo (Prunus Spinosa) Figura 3.19 Fiore del prugnolo Figura 3.20 Frutto del prugnolo 69

70 Figura 3.21 Arbusto di rovi selvativi (Rubus) Figura 3.22 Arbusto di rovi selvatici (Rubus Idaeus) 70

71 Canneti di Arundo Donax, Arundo Plinii e cannucceti a Phragmites Australis: formano cenosi sia antropiche che naturalizzate, ubicate spesso sia lungo gli argini che in prossimità dei corsi d acqua e negli stagni. La canna comune (Arundo Donax), è una pianta erbacea perennante sempreverde (il termine perennante si riferisce a piante che per particolari favorevoli condizioni prolungano per più anni il periodo vegetativo) simile ad una canna di bambù che può raggiungere un altezza fino 5 metri (la più grande delle graminacea d Europa) con dei culmi eretti, robusti e cilindrici con diametro di qualche centimetro (cfr. Figura 3.23). Probabilmente è originaria dell Asia occidentale ma viene coltivata da millenni nelle regioni mediterranee dove può essere talvolta invasiva; è presente su tutto il territorio italiano ad esclusione della alle d Aosta. Si sviluppa nei terreni umidi lungo gli argini dei fiumi, torrenti e zone sabbiose ripariali e viene spesso utilizzata dall uomo nella palatura di vigne e orti. Il genere è diviso attualmente in due specie nella quale rientra anche la canna del Reno (Arundo Plinii Turra); quest ultima ha la caratteristica di essere di dimensione minori rispetto alla precedente con culmi più snelli che arrivano ad una altezza massima di 2 3 metri. Anche questa specie è presente in gran parte del territorio italiano tranne la alle d Aosta, il Piemonte, la Lombardia, il Trentino Alto Adige, il Veneto e la Sardegna. La cannuccia di palude (Phragmitis Australis) è una pianta erbacea perennante caratterizzata da culmi eretti, lisci, cilindrici e robusti, alti fino a 3 metri. All apice del fusto è presente una pannocchia di colore bruno violaceo lunga fino a 40 centimetri (cfr. Figura 3.24). E una specie invasiva comune su tutto il territorio ed il suo habitat naturale è sempre nelle paludi, sponde dei laghi, stagni, fossi, in acque poco profonde; sviluppa densi fragmiteti spesso associati con Typha Latifolia (detta anche Mazzasorda). Quest ultima è una specie erbacea perennante caratterizzata da un particolare fusto sotterraneo allungato (rizoma) mentre la parte eretta può raggiungere anche i 2.5 metri di altezza. Le infiorescenze femminili sono formate da migliaia di piccolissimi fiori di colore bruno a forma di salsiccia lunghe fino a 30 centimetri come riportato in Figura 71

72 3.25. E presente su tutto il territorio italiano crescendo spontaneamente lungo gli argini dei fiumi e in zone umide di acque stagnanti dolci come le paludi. Figura 3.23 Canneti di canna comune (Arundo Donax) 72

73 Figura 3.24 Canneti di palude (Phragmitis Australis) Figura 3.25 Fragmiteti misti a Typha Latifolia 73

74 Formazioni erbacee a prevalenza di: - Artemisia (Artemisia Vulgaris): specie erbacea di notevoli dimensioni che ama colonizzare le aree degradate di sponda spesso con forte aridità nel periodo estivo. Essa forma densi consorzi che ricoprono completamente il suolo, tanto da precludere la crescita alla flora locale. L Artemisia si consocia spesso con l Ortica (Urtica Dioica) che colonizza, nell ambito degli argini, le zone a fianco di questa caratterizzate da una maggiore quantità di sostanza organica ed umidità; - Urtica (Urtica Urens): specie erbacea di notevoli dimensioni, con esigenze mesiche, che ama colonizzare ambienti ricchi di sostanza organica privi o quasi di copertura arborea. Essa, come la precedente, costituisce le fitte cenosi che precludono la vita alle specie della flora locale. Consorzi erbacei di specie igrofile: essi rappresentano le formazioni di sponda nelle quali non prevale quasi mai una singola specie. Tale complesso di piante rappresenta un misto di diverse piccole cenosi, mal districabili tra loro, che si diffondono senza continuità al macrovariare delle condizioni edafiche locali. Esse costituiscono una piccola fascia di sponda spesso a substrato sabbioso La vegetazione ripariale nel Magra L indagine qui illustrata è stata condotta per la creazione di due Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) lungo il corso medio alto del fiume Magra. L istituzione di queste aree ha lo scopo di salvaguardare e proteggere, soprattutto da trasformazioni antropiche, porzioni di territorio inserite all interno di contesti ambientali di pregio. Tali aree sono state individuate anche tenendo conto della sempre maggiore attenzione a livello nazionale che viene posta nei confronti della corretta gestione dei corsi d acqua. La conoscenza, il monitoraggio periodico, la conservazione e il ripristino della vegetazione naturale delle sponde e delle aree limitrofe, sono delle caratteristiche essenziali proprio per una ottimale gestione. Occorre inoltre evidenziare come il bacino del Magra 74

75 sia stato oggetto, nel corso degli ultimi anni, di una serie di problematiche che hanno portato più volte a mettere in pericolo la vita delle persone e in alcuni casi anche alla perdita di molte vite umane. La valutazione floristica vegetazionale lungo il fiume Magra in Lunigiana, ha interessato due aree di pertinenza fluviale ricadenti la prima nel comune più a nord di Filattiera (denominata Anpil Magra 2) e la seconda all interno di più comuni tra cui quello di Aulla (Anpil Magra Lunigiana); il contesto geografico in cui sono comprese le due Anpil riguarda il tratto medio alto del fiume per una lunghezza complessiva dell asta fluviale di circa 17 chilometri. Nell area settentrionale si osserva una scarsa urbanizzazione mentre scendendo verso sud si assiste ad un maggiore sviluppo di insediamenti urbani ed industriali che termina proprio in prossimità dell abitato di Aulla. I rilevamenti hanno permesso di individuare differenti tipologie di vegetazione; lo schema classico della zonazione trasversale di un area fluviale riscontrabile all interno delle Anpil è quello riportato in Figura E possibile quindi descrivere le varie fitocenosi che si sono sviluppate, attraverso una progressione dell asta fluviale verso l esterno, nel seguente modo: Vegetazione erbacea di greto: il primo elemento vegetazionale individuato comprende le specie prevalentemente erbacea, ma anche arbustiva o arborea, che riguarda quelle porzioni dell alveo che sono emerse durante la stagione primaverile estiva e sommerse in autunno; questo determina un carattere di grande temporaneità di queste comunità caratterizzate da un ciclo vegetativo che si confronta con l arco di tempo consentito dall emersione del substrato. A queste si aggiunge la presenza di specie perenni anche arboree, solitamente pioniere e quindi con grande capacità di diffusione e germinazione, che colonizzano le aree scoperte sino a quando si verifica una nuova sommersione (es. Inula Viscosa, Ailanthus, Salix Purpurea e Salix Eleagnos) come riportato in Figura

76 Figura 3.26 Zonazione delle principali tipologie vegetazionali di ambiente fluviale. A: vegetazione erbacea; B: saliceti di greto; C1: saliceti di greto e di ripa; C2: saliceti e pioppeti di ripa; D: vegetazione erbacea palustre Saliceti di greto: la vegetazione è caratterizzata dalla presenza di consorzi di salici prevalentemente a portamento arbustivo (Salix Purpurea e Salix Eleagnos) dominati, in termini di copertura, da salice bianco (Salix Alba) e pioppo nero (Populas Nigra). Queste fitocenosi presentano un ampia variabilità sviluppando delle altezze massime fino a 12 metri (cfr. Figura 3.28 e Figura 3.29). Spesso il pioppo nero, che presenta accrescimenti più rapidi dei salici e che tende a dominare durante la prima fase di sviluppo, viene nel tempo soppiantato dai salici arbustivi in conseguenza della loro alta capacità di resistere nei momenti di piena all azione sradicante della corrente. Questo avviene sia grazie alla maggiore elasticità dei fusti che al sistema radicale più profondo rispetto al pioppo. Nelle zone caratterizzate da terreni più stabili il pioppo nero assume invece un aspetto dominate assieme al salice bianco e talvolta all ontano nero (Alnus Gluticosa). 76

77 Figura 3.27 Vegetazione erbacea di greto in primo piano, saliceti a Salix Purpurea e Salix Eleagnos in secondo piano Figura 3.28 Fasce di saliceti di greto con pioppo nero (Populus Nigra) 77

78 Figura 3.29 Struttura di una sezione di saliceto di greto Saliceti di ripa con fitocenosi miste di salice bianco (Salix Alba) e pioppo nero (Populus Nigra): dove le condizioni geomorfologiche dell alveo e delle sponde fluviali lo consentono, si sviluppano fitocenosi floristicamente e fisionomicamente differenti dalle precedenti. Nelle zone ripariali, meno disturbate dall azione del flusso idrico e caratterizzate da minori sommersione e minore energia di scorrimento in caso di piena, ha la possibilità di svilupparsi fitocenosi pluristratificate con specie arboree di notevoli altezze (fino a 25 metri). Gli strati dominanti sono prevalentemente rappresentati dal pioppo nero (Populas Nigra), diverse specie di salici (Salix Alba, Salix Cinerea e Salix Fragilis), ontano nero (Alnus Gluticosa) e da specie invasive quali la robinia (Pseudoacacia) come riportato in Figura 3.30, Figura 3.31,Figura 3.32 e Figura

79 Figura 3.30 Saliceto di ripa in sinistra idrografica Figura 3.31 Sezione tipo di saliceto di ripa 79

80 Figura 3.32 Saliceti di ripa lungo il canale fluviale Figura 3.33 Saliceto di ripa ripario matura in destra idraulica e in evoluzione in sinistra 80

81 Vegetazione erbacea palustre: questo tipo di vegetazione, costituita soprattutto da entità erbacee, cresce in prossimità o dentro aree permanentemente sommerse da acqua a scorrimento lento o nullo (Figura 3.34). In merito a ciò in tutti i contesti interni e perimetrali all alveo dove si trovano canali rimasti isolati o a basso scorrimentosi sviluppano le suddette comunità palustri rappresentate da specie quali Typha Latifolia, Typha Angustifolia, Epilobium Hirsutum, Veronica Anagallis Aquatica, Mentha Aquatica ed altre. Figura 3.34 Stadio iniziale di sviluppo di vegetazione erbacea palustre (Typha Latifolia) in primo piano in un contesto a bassa velocità di scorrimento 81

82 Ontanete (Alnus Gluticosa): la seguente tipologia di vegetazione è il risultato dell evoluzione seriale della vegetazione erbacea palustre. Si può osservare lo sviluppo e il predominare di specie quale l ontano nero (Alnus Gluticosa) all interno sia dei canali abbandonati dove permangono delle condizioni di elevata umidità del terreno e di impaludamento temporaneo, con caratteristica tessitura dei terreni grossolana, oppure in contesti ripariali dove lo scorrimento delle acque è quasi nullo. Tale specie si diffonde in contesti arretrati rispetto all asta fluviale (Figura 3.35). Nel primo caso si presentano popolamenti in purezza di che seguono la disposizione spaziale dell area umida, nel secondo caso invece sono frequenti dei popolamenti misti a salici (Salix Purpurea e Salix Eleagnos) e robinia, accompagnati da uno strato erbaceo arbustivo di rovi (Rubus) come riportato in Figura Figura 3.35 Formazioni a tunnel di ontani 82

83 Figura 3.36 Sezione tipo a tunnel di ontano in purezza A e miste B Robinieti (Pseudoacacia): come già riportato nel caso della vegetazione del fiume Arno la robinia è una specie esotica che ormai da decenni, grazie alle sue caratteristiche di forte invasività, è andata a colonizzare ampie aree territoriali fluviali. Questa specie, nel colonizzare aree libere, tende a creare popolamenti monofitici mentre in situazioni di competizione con altre specie arboree, a causa della sua eliofilia, dopo una prima fase in cui tende a prevalere, è destinata invece al contrario in assenza di luce solare. Nelle aree analizzate tale specie, che arriva ad una altezza di circa 10 metri, è accompagnata alla presenza del pioppo nero e da arbusti quali rovi come riportato in Figura 3.37 e Figura

84 Figura 3.37 Formazioni di robinia all interno delle zone ripariali Figura 3.38 Sezione tipo di robinieto 84

85 4. CRITERI PER LA MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE: ASPETTI IDRAULICI La metodologia qui proposta consiste nella costruzione di alcuni abachi di rifermento che permettono di valutare l influenza della vegetazione i) sulla resistenza al moto complessiva, in termini di un coefficiente di Manning equivalente, della sezione in esame e ii) sulle scale di deflusso. Gli abachi sono stati elaborati per due diverse tipologie di sezione comunemente osservabili nei corsi d acqua e nei canali dei territori dei Consorzi di Bonifica. Le tipologie di canali presi in esame riguardano i canali a sezione compatta (sezione trapezia) e canali a sezioni composta (sezione trapezia con la presenza di zone golenali). Per ciascuna tipologia di sezione vengono considerate diverse combinazioni di classi di vegetazione (erbacea, arbustiva, arborea) sul contorno bagnato, ad esempio vegetazione arbustiva sulle sponde e sedimenti sul fondo. Viene poi calcolato un coefficiente di Manning equivalente nell intera sezione e vengono elaborate le scale di deflusso. In questo modo vengono valutati gli effetti della presenza di vegetazione sull officiosità idraulica delle sezioni. Questi risultati potranno costituire un supporto idraulicamente basato per le attività di manutenzione della vegetazione Canali a sezione compatta Si consideri una sezione d alveo di forma trapezoidale avente un inclinazione delle sponde pari a 30, si veda la Figura 4.1; la sezione presenta una pendenza dell alveo pari a.125%, un altezza delle sponde Y ed una larghezza del fondo pari a B. Il fondo della sezione è costituito da sedimenti aventi un diametro caratteristico D 50 = 4.9 cm (si veda la Tabella 4.1). Si noti che il parametro di Shields, nel caso di un tirante Y = 2.5 m, risulta pari a circa 0.05 che corrisponde alle condizioni di incipiente movimento di questi sedimenti. Lo studio della resistenza al moto è stato effettuato nei seguenti casi: 85

86 1) Sezione con sedimenti in alveo e vegetazione erbacea sulle sponde; 2) Sezione con sedimenti in alveo e vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde; 3) Sezione con vegetazione erbacea lungo l intero perimetro; 4) Sezione con vegetazione arbustiva e arborea in alveo ed erbacea sulle sponde. Per il calcolo della resistenza indotta dai sedimenti sul fondo è stata utilizzata la ben nota formula di Strickler; la resistenza prodotta dalla vegetazione è stata stimata utilizzando i vari modelli disponibili in letteratura (si veda il cap. 1). Successivamente è stato valutato il coefficiente di Manning equivalente complessivo nella sezione (n eq ) mediante il metodo di Lotter (paragrafo 1.14). Figura 4.1 Canali a sezione compatta: sezione trapezia di riferimento 86

87 VALORI CARATTERISTICI DELLA SEZIONE TRAPEZIA Grandezza Simbolo Valore di riferimento U.d.M. Pendenza fondo S [--] Altezza d acqua Y 2.5 [m] Parametro critico di Shields θ cr [--] Diametro caratteristico D [m] Scabrezza dell alveo n sedimenti [m -1/3 s] Inclinazione delle sponde α 30 [--] Tabella 4.1 Valori caratteristici per la sezione trapezia di riferimento Vegetazione erbacea sulle sponde La resistenza al moto associata alla vegetazione erbacea è stata stimata utilizzando sia la formulazione di Gwinn e Ree, a partire dal grafico di Whitehead, sia il più recente modello elaborato Nepf e Luhar (2012). Considerando dapprima le formule di Gwinn e Ree (si veda la Figura 1.6) si ricavano i valori dei coefficienti di Manning (n veg ) per le cinque diverse possibili classi di erba da molto alta (classe A) e molto bassa (classe E). La procedura di calcolo è di tipo iterativo poiché la resistenza al moto è funzione della velocità della corrente. I risultati sono illustrati nelle Figura 4.2 e 4.3 in cui si mostra il rapporto tra il coefficiente di Manning equivalente (n eq ) ed il coefficiente di Manning del fondo alveo (n sedimenti ) al variare del rapporto tra la larghezza del fondo alveo B e la profondità dell acqua Y per diverse specie erbacee lungo le sponde; i calcoli sono stati effettuati variando la larghezza del fondo alveo per assegnato tirante Y pari a 2.5 m. Si noti che nel caso di sezioni larghe (alti valori di B/Y), l aumento di resistenza prodotto dalla vegetazione risulta trascurabile; al contrario, nel caso di sezioni strette, la presenza della vegetazione sulla sponda dà luogo ad un incremento della resistenza al moto significativo soprattutto per le classi erbacee A e B. Si noti che nel caso della vegetazione erbacea della classe E (erba molto flessibile e corta), la resistenza spondale risulta inferiore a quella d alveo dove sono presenti i sedimenti. 87

88 n equivalente /n sedimenti B/Y Specie A entrambe sponde Specie B entrambe sponde Specie C entrambe sponde Specie D entrambe sponde Specie E entrambe sponde Figura 4.2 Manning equivalente / Manning fondo al variare del rapporto B/Y per sponde con stessa tipologia erbacea (Whitehead) n equivalente /n sedimenti Specie A sx Spedie B dx Specie B sx Specie C dx Specie C sx Specie D dx Specie D sx Specie E dx B/Y Figura 4.3 Manning equivalente / Manning fondo al variare del rapporto B/Y per sponde con diversa tipologia erbacea (Whitehead) 88

89 Si noti che le vegetazioni erbacee nelle classi C, D ed E, presentano un effetto praticamente trascurabile sul valore di resistenza equivalente in quanto i valori di scabrezza che le caratterizzano sono molto simili o addirittura più bassi di quelli dell alveo attivo. I risultati finali riassuntivi vengono riportati in Figura n equivalente /n sedimenti B/Y Specie A Specie B Specie C Specie D Specie E Specie A sx e B dx Specie B sx e C dx Specie C sx e D dx Specie D sx e E dx Figura 4.4 Manning equivalente / Manning fondo al variare del rapporto B/Y per i diversi casi analizzati (Whitehead) Si consideri ora il caso di un alveo avente una larghezza del fondo B pari a 10 m e si valutino i coefficienti di scabrezza di Manning al variare della profondità. 89

90 n veg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI nveg Specie A nveg Specie B nveg Specie C nveg Specie D nveg Specie E Y (m) Figura 4.5 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione al variare della profondità Y (Whitehead) La Figura 4.5 mostra, in accordo con i risultati di Whitehead, come la resistenza al moto associata alla vegetazione erbacea diminuisca all aumentare dell altezza d acqua che sommerge la vegetazione e che tende a piegarla (valori alti del prodotto VR). Nella Figura 4.6 vengono confrontate le scale di deflusso, sempre nel caso di una larghezza B della sezione pari a 10 m, ottenute per le due tipologie estreme di vegetazione erbacea (specie A ed E) per quella intermedia (specie C) e la curva relativa alla presenza di solo materiale d alveo su tutta la sezione (assenza di vegetazione). Dal grafico si osserva inoltre come la portata che transita per un assegnato tirante Y = 4 m si riduca di circa il 25% passando dall erba in classe E (resistenza molto bassa) all erba in classe A (resistenza alta). 90

91 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Specie C Specie E Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.6 Confronto tra le scale di deflusso con formulazione di Whitehead per le specie A, C ed E presenti solo sulle sponde e lascala di deflusso in assenza di vegetazione La resistenza al moto prodotta dalla vegetazione erbacea viene inoltre stimata mediante il recente modello proposto da Luhar e Nepf in cui il coefficiente di Manning (n veg ) risulta funzione del blockage factor (Bx) ovvero dell area occupata dalla vegetazione (prodotto tra il perimetro bagnato delle sponde e la relativa altezza dell erba) rispetto a quella totale idrica della sezione. Si noti che questo modello non discrimina le diverse possibili classi di resistenza erbacea; in pratica, esso risulta più idoneo per la stima di quella prodotta dall erba in classe A (alta resistenza). Nell applicazione di questo modello l altezza piegata degli steli K è stata stimata mediante la teoria di Kouwen, in cui il parametro biomeccanico MEI è stato valutato per il caso di erba verde in fase vegetativa I risultati di questa applicazione sono illustrati nella Figura 4.7 che mostra il rapporto tra il coefficiente di Manning equivalente (n eq ) ed il coefficiente di 91

92 Manning del fondo alveo (n sedimenti ) al variare del rapporto tra la larghezza del fondo alveo B e la profondità dell acqua Y n equivalente /n sedimenti Specie A B/Y Figura 4.7 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B/Y per sponde con stessa tipologia erbacea di classe A (moello Luhar e di Nepf, nei calcoli è stato adottato C * =0.06). Per quanto riguarda la scale di deflusso, la Figura 4.8 mostra l incremento degli tiranti idrici, a parità di portata, conseguenti alla presenza di erba sulle sponde nel caso di una larghezza del fondo B = 10 m. E utile infine effettuare un confronto tra le scale di deflusso ottenute per le due formulazioni qui discusse. La Figura 4.9 mostra questo confronto, appare evidente come le due formulazioni risultino in accordo in quanto forniscano risultati pressoché identici. 92

93 Portata (m 3 /s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Assenza di vegetazion e Y (m) Figura 4.8 Confronto tra la scala di deflusso nel caso di erba sulle sponde con la formulazione di Nepf per la specie A e la curva in assenza di vegetazione 200 Confronto scale di deflusso Specie A Specie A (Whitehead) Specie A (Luhar- Nepf) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.9 Confronto scale di deflusso per classe erbacea di specie A ottenute con i modelli di Whitehead e Nepf. 93

94 4.1.2 Vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde La presenza di vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde viene analizzata sia attraverso la formulazione di Petryk e Bosmajian (1975), sia con quella più recente elaborata da Baptist (2007) considerando i parametri nella Tabella 1.3 (elaborata da Van Velzen), per le diverse tipologie arboree ed arbustive che si possono presentare prevalentemente nelle aree spondali e golenali dei corsi d acqua; anche in questo caso è stimato inizialmente il coefficiente di Manning sulle sponde (n veg ), e successivamente il valore di resistenza al moto equivalente della sezione compatta (n eq ). Per poter applicare l espressione di Petryk e Bosmajian occorre conoscere il valore della densità di vegetazione (D veg ); questa può essere calcolata in sito a partire da delle misure delle circonferenze e dei tronchi, da cui si ricavano poi i rispettivi diametri, oppure più semplicemente dai dati contenuti in Tabella 1.3. Quest ultima fornisce inoltre i parametri di ingresso per la formulazione di Baptist.. Nello specifico sono state prese in esame le tipologie di vegetazione che tipicamente di trovano nel territorio toscano (si veda il capitolo 3); in particolare: cattail (nella quale rientrano le specie erbacee arbustive come la Typha Latifolia), reed (Arundo Donax canna comune - e la Phragmitis Australis), softwood shrub (piante arbustive maggiormente flessibili che hanno un altezza generalmente inferiore rispetto alla vegetazione arborea e comprendono specie quali il Sambucus Nigra, Prunus Spinosa, Amorpha Fruticosa, Rubus ma anche il Salix Purpurea e il Salix Eleagnos) e softwood forest (la vegetazione arborea di legno morbido, appartengono a questa tipologia alberi di latifoglie tra i quali il Populas Nigra, Polulas Alba, Salix Alba, Alnus Gluticosa). Nella Tabella 4.2 sono riassunti i valori dei coefficienti di Manning ottenuti, per le categorie di vegetazione presenti sulle sponde sopra citate, attraverso le due differenti formulazioni. 94

95 COEFFICIENTI DI MANNING PER LE SPECIE ARBOREE - ARBUSTIVE Specie Dvgt [m -1 ] n veg [m -1/3 s] Petryk Bosmajian n veg [m -1/3 s] Baptist Cattail Reed Softwood Shrub Softwood Forest Tabella 4.2 Coefficienti di scabrezza di Manning per diverse specie di vegetazione ottenute con i due modelli di Petryk Bosmajian e di Baptist nel caso di Y= 5 m. I risultati nelle Figure mostrano come la vegetazione arbustiva (reed, cattail e softwood shrub) offra dei valori di resistenza superiori a quella arborea (softwood forest). Questo comportamento è da associare ad una differente altezza della piante ed ai diversi coefficiente di drag (C D ) ; nel caso di vegetazione arborea la corrente investe il tronco (assimilabile ad un corpo rigido con coefficiente di drag C D = 1.5) mentre per gli arbusti può interessare anche l intera struttura incluse il fogliame (si assume un C D = 1.8). 95

96 1 Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 2 n equivalente /n sedimenti B/Y Cattail (Petryk- Bosmajian) Reed (Petryk- Bosmajian) Softwood Shrub (Petryk- Bosmajian) Softwood Forest (Petryk- Bosmajian) Figura 4.10 Manning equivalente / Manning fondo alveo al variare del rapporto B/Y (formulazione di Petryk Bosmajian) 2 n equivalente /n sedimenti Cattail (Baptist) Reed (Baptist) Softwood Shrub (Baptist) Softwood Forest (Baptist) 0.8 B/Y Figura 4.11 Manning equivalente / Manning fondo alveo al variare del rapporto B/Y (formulazione di Baptist) 96

97 nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Si considerino ora le scale di deflusso per la sezione in esame, nel caso di una larghezza fissa dell alveo (B) pari a 10 metri, facendo invece variare il livello dell acqua con incrementi di.5 metri fino ad una altezza massima pari a 5 metri. Nelle Figure 4.12 e 4.13 si mostra il coefficiente di Manning associato alle diverse tipologie vegetative al variare del tirante idrico per i due modelli in esame. Si osserva come Manning cresca all aumentare del tirante, inoltre l espressione di Baptist applicata agli arbusti (cattail, reed, softwood shrub) fornisce dei coefficienti di scabrezza molto più simili tra di loro e decisamente maggiori, rispetto a Petryk Bosmajian, per quanto riguarda la specie softwood shrub. Per le specie arboree (softwood forest) dall espressione di Baptist si ottengono dei Manning quasi doppi rispetto a quelli ottenuti con Petryk-Bosmajian. Si noti che entrambi le formulazioni attribuiscono la resistenza maggiore al reed (canneto) Cattail (Arbusto) Reed - Canneto (Arbusto) Softwood Shrub (Arbusto) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione 0.00 Y (m) Figura 4.12 Coefficiente di scabrezza di Manning al variare della profondità Y (modello di Petryk Bosmajian) 97

98 nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Y (m) Cattail (Arbusto) Reed - Canneto (Arbusto) Softwood Shrub (Arbusto) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione Figura 4.13 Coefficiente di scabrezza di Manning al variare della profondità Y (modello di Baptist) Nelle Figure 4.14 e 4.15 si ripotano le scale di deflusso ottenute con le due diverse formulazioni. Nonostante i valori diversi di scabrezza ottenuti in precedenza, i risultati mostrano come le curve possono essere ben confrontate tra di loro. Questo comportamento si spiega col fatto che a causa delle elevate resistenze al moto che si verificano nelle aree spondali per effetto della vegetazione arbustiva e arborea, la velocità in questa zona risulterà decisamente inferiore a quella dell alveo attivo privo di vegetazione, e di conseguenza anche la portata smaltita risulterà quasi trascurabile rispetto a quella totale della sezione (nel caso qui esaminato in cui la larghezza del fondo è pari a 10 m). 98

99 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Cattail Reed Softwood Shrub Softwood Forest Assenza di vegetazione 0 Y (m) Figura 4.14 Scale di deflusso per le specie arboree arbustive ottenute con la formulazione di Petryk Bosmajian Nelle Figure vengono illustrate le scale di deflusso per le singole specie vegetali (cattail, canneto, softwood shurb, sorftwood forest) ottenute con le due formulazioni di Petryk-Bosmajian e Baptist. Si osserva una perfetta sovrapponibilità tra le due formulazioni per le curve relative alle specie arbustive quali cattail, reed e softwood shrub mentre valori leggermente discostanti per quanto riguarda la specie softwood forest. Si osserva inoltre come la vegetazione arbustiva sulle sponde comporti, a parità di tirante, una riduzione della portata, seppur di lieve entità per la sezione in esame. 99

100 Portata (m 3 /s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Cattail Reed Softwood Shrub Softwood Forest Assenza di vegetazione 0 Y (m) Figura 4.15 Scale di deflusso per le specie arboree arbustive ottenute con la formulazione di Baptist 200 Confronto scale di deflusso (Cattail) Cattail (Petryk- Bosmajian) Cattail (Baptist) Assenza di vegetazione 20 0 Y (m) Figura 4.16 Confronto tra le scale di deflusso per categoria Cattail ottenute con Petryk Bosmajian e Baptist e curva in assenza di vegetazione. 100

101 Portata (m 3 /s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 200 Confronto scale di deflusso specie Reed (Canneto) Canneto (Petryk- Bosmajian ) Canneto (Baptist) Assenza di vegetazion e 0 Y (m) Figura 4.17 Confronto tra le scale di deflusso per categoria Reed (Canneto) ottenute con Petryk Bosmajian e Baptist e curva in assenza di vegetazione 200 Confronto scale di deflusso (Softwood Shrub) Softwood Shrub (Petryk- Bosmajian ) Softwood Shrub (Baptist) 20 0 Y (m) Figura 4.3 Confronto scale di deflusso per categoria Softwood Shrub (Arbusti) ottenute con Petryk Bosmajian e Baptist e curva in assenza di vegetazione. 101

102 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 200 Confronto scale di deflusso (Softwood Forest) Softwood Forest (Petryk- Bosmajian) Softwood Forest (Baptist) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.19 Confronto scale di deflusso per categoria Softwood Forest (Arborea) ottenute con Petryk Bosmajian e Baptist e curva in assenza di vegetazione Successivamente è stata inoltre valutata la resistenza al moto indotta dalla presenza di vegetazione arbustiva sulle sponde mediante la formulazione di Jarvela, con riferimento alle specie flessibili riportate in Tabella 1.2. Facendo riferimento alle specie presenti nei corsi d acqua in Toscana è stato scelto di analizzare il goat willow (salix caprea) il black poplar (populas nigra), ognuna delle quali caratterizzata dai suo parametri empirici di riferimento e nello specifico dal suo valore del LAI. L obiettivo è quello di effettuare un raffronto tra i risultati ricavati con la formulazione di Jarvela in funzione del LAI e quelli ottenuti con l espressione di Baptist; in particolare, trattandosi di vegetazione prevalentemente arbustiva arborea, il confronto avverrà con softwood forest nella quale rientrano appunto salici e pioppi. la categoria Il procedimento per il calcolo del coefficiente di Manning della vegetazione arborea mediante il LAI risulta complesso e di tipo iterativo e si base sulla classica suddivisione delle tensioni al fondo come somma di quelle dovute ai sedimenti sul fondo e di quelle associate alla vegetazione. 102

103 In particolare, occorre inizialmente calcolare il valore totale della tensione tangenziale τ 0 sulle sponde; tale sforzo andrà poi suddiviso nella componente dovuta alla presenza del fondo (τ 0 ) e quello per la presenza della vegetazione (τ 0 ); la prima componente può essere calcolata facilmente attraverso la formula di Darcy Weisbach e vale τ 0 = f dove il friction factor (f può essere ricavato dall espressione seguente, utilizzando i valori relativi della sponda caratterizzata dalla presenza dei sedimenti e dal suo raggio idraulico: = Analogamente la componente della tensione dovuta alla sola presenza di vegetazione sulle sponde vale: τ 0 = f dove il friction factor f viene ricavato dall espressione 1.5, da cui si ottiene τ 0 = ( ) Si osserva come l unica variabile incognita che permette di risolvere il problema è il valore della velocità U; viene quindi adottata una procedura iterativa (analoga a quella adottata per la formulazione di Gwinn e Ree) fino a soddisfare il bilancio delle tensioni al fondo: τ 0 = τ 0 + τ 0 Nella Figura 4.20 si illustra il coefficiente di Manning equivalente della sezione rispetto al valore di resistenza del solo alveo privo di vegetazione, al variare del rapporto B/Y. Si osserva come solo per bassi valori di questo rapporto si ottengono dei risultati debolmente distinti tra le specie. 103

104 2.0 n equivalente /n sedimenti B/Y Goat Willow (Salix Caprea) LAI=3.2 Black Poplar (Populas Nigra) LAI=1 Black Poplar (Populas Nigra) LAI=2 Black Poplar (Populas Nigra) LAI=3 Figura 4.20 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B/Y (Jarvela) Nella Figura 4.21 si mostrano i coefficienti di Manning associati alle diverse specie arbustive e per diverse valori del parametro LAI al variare del tirante Y. Si osserva come il salice (goat willow), in virtù dell alto valore dell indice di superficie fogliare LAI, dia luogo ad una resistenza al moto decisamente maggiore del pioppo (black poplar). Si noti come la resistenza diminuisca all aumentare del tirante. 104

105 nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Goat Willow (Salix Caprea) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Y (m) Figura 4.21 Coefficiente di scabrezza di Manning delle specie in esame al variare della profondità Y (modello di Jarvela) I risultati relativi alle scale di deflusso sono illustrati in Figura 4.22; si noti il notevole decremento di portata nella sezione, a parità di tirante, associato al salice. Il comportamento più flessibile del pioppo (black poplar) al passaggio della portata liquida, rispetto al salice (goat willow), è dovuto al diverso valore del parametro χ, che rappresenta anche il coefficiente di Vogel per la determinazione dell azione di drag della corrente. Più alto è il valore di χ e minore sarà il friction factor relativo alla vegetazione (f ) e il corrispondente coefficiente di scabrezza di Manning. Nella Figura 4.23 viene effettuato un confronto per tutti modelli presi in esame nel caso della vegetazione arbustiva; si osserva come risultino ben confrontabili. 105

106 Portata (m 3 /s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Y (m) Goat Willow LAI=3.2 Black Poplar LAI=1 Black Poplar LAI=2 Black Poplar LAI=3 Assenza di vegetazione Figura 4.22 Scale di deflusso per le specie arboree arbustive ottenute con l espressione di arvela Confronto scale di deflusso vegetazione arborea e arbustiva Goat Willow LAI=3.2 Black Poplar LAI= Y (m) Black Poplar LAI=2 Black Poplar LAI=3 Softwood Forest (Petryk-B.) Softwood Forest (Baptist) Assenza di vegetazione Figura 4.23 Confronto scale di deflusso per specie arbustive arboree ottenute con Petryk Bosmajian, Baptist, Jarvela e la curva in assenza di vegetazione 106

107 4.1.3 Vegetazione erbacea lungo l intero perimetro della sezione Un altro caso di interesse è quello in cui la vegetazione erbacea è disposta lungo tutto il perimetro della sezione del canale; in questo caso è possibile utilizzare le stesse formulazioni viste in precedenza ma con alcune accortezze. Per quanto riguarda l espressione di Gwinn e Ree, ricavati i valori dei coefficienti di Manning (n veg ) per le cinque diverse tipologie di erba da molto alta (A) e molto bassa (E) con la stessa procedura operativa adottata in precedenza, si costruiscono le curve del coefficiente di scabrezza equivalente relativo al variare del rapporto B/Y, per un tirante idrico fisso. Inoltre, poichè la tipologia di vegetazione presente sia la stessa sulle sponde e all interno dell alveo attivo, è evidente come il valore del coefficiente di Manning (n veg ) coincida con quello equivalente (n eq ); risulta quindi superfluo procedere all analisi del rapporto n eq /n alveo essendo questo pari all unità. Successivamente si passa alla costruzione delle scale di deflusso per la sezione in esame considerando sempre una larghezza fissa dell alveo (B) pari a 10 metri, e incrementi del livello dell acqua di.5 metri fino ad una altezza massima pari a 5 metri. I valori dei coefficienti di Manning per le diverse tipologie erbacee (n veg ) vengono riportati nel grafico in Figura Rispetto ai risultati ottenuti nel caso di vegetazione presente solo sulle sponde (Figura 4.5), si ottengono dei valori di resistenza al moto minori, ciò è dovuto dal fatto che in queste sezioni si considera un raggio idraulico totale che assume un valore maggiore rispetto a quello valutato solo sulle sponde; di conseguenza, in accordo con il grafico di Whitehead, il prodotto VR risulta sempre più elevato. 107

108 nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI nveg Specie A nveg Specie B nveg Specie C nveg Specie D nveg Specie E 0 Y (m) Figura 4.24 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione al variare della profondità Y (Whitehead) Nella Figura 4.25 si riporta la scala di deflusso per le due tipologie estreme di vegetazione erbacea (specie A ed E) e quella intermedia (specie C). La curva relativa alla specie C, che presenta dei valori di scabrezza di Manning molto simili a quella dell alveo dove sono presenti solo sedimenti, coincide con quella che caratterizza la sezione priva di vegetazione. Analizzando le scale di deflusso si osservano delle differenze sempre più significative tra le due specie erbacee estreme (A ed E). Rispetto al caso di vegetazione presente solo sulle sponde nel quale ricordiamo che la portata massima smaltita per Y = 4 m si riduce del 25%, le due curve tendono a distanziarsi sempre di più e la portata della sezione trapezia completamente vegetata si riduce fino a circa il 55%. 108

109 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A 200 Specie C 150 Specie E Assenza di vegetazione 0 Y (m) Figura 4.25 Confronto tra le scale di deflusso con formulazione di Whitehead per le specie A, C ed E e la curva in assenza di vegetazione per sezione completamente vegetata Si considerano ora i risultati che si ottengono utilizzando la recente metodologia elaborata da Nepf, calcolando il coefficiente di scabrezza di Manning dovuta alla presenza di vegetazione erbacea in funzione del rapporto di sommergenza tra la profondità dell acqua e l altezza flessa delle vegetazione H/h (questo parametro è un caso particolare del blockage factor per la sezione parzialmente occupata dalla vegetazione). Considerando sempre l alta flessibilità di questa categoria di vegetazione al passaggio della corrente, si utilizzano come altezza piegata della vegetazione per le due tipologie erbacee, i valori calcolati per gli steli ottenuti dall espressione di Kouwen a partire da quella originaria (si veda l eq. 1.1). Analizzando i risultati in Figura 4.26 si osserva come per alti valori di H/h, ovvero per tiranti idrici elevati, gli steli raggiungono la posizione di massima flessione fino a portarsi paralleli al fondo generando una resistenza al moto che diventa pressoché costante e indipendente dalla tipologia erbacea stessa. 109

110 nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Y (m) Figura 4.26 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione al variare della profondità Y (Nepf) La scale di deflusso che si ottiene per la vegetazione erbacee di specie A è illustrata in Figura Si noti anche in questo la notevole riduzione di portata, a parità di tirante idrico, che transita nella sezioni nel caso di vegetazione. Questi risultati possono infine essere confrontati con quelli ottenuti con la formulazione di Gwinn e Ree a partire dal grafico di Whitehead (Figura 4.28). Per quanto riguarda la specie A si osserva una differenza della portata defluita di circa 30 m 3 /s; nel caso di Y = 4 m. 110

111 Portata (m 3/ s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.27 Confronto tra le scale di deflusso con formulazione di Nepf per la specie A su sezione completamente vegetata e la curva in assenza di vegetazione 200 Confronto Scale di Deflusso Specie A Specie A (Whitehead) Specie A (Luhar- Nepf) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.28 Confronto scale di deflusso per classe erbacea di specie A ottenute con Whitehead e Nepf per sezioni completamente vegetate 111

112 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Appare utile infine effettuare un confronto tra le diverse scale di deflusso che si ottengono nel caso di vegetazione sulle sole sponde e sull intero perimetro della sezione trapezia di riferimento. Il confronto viene effettuato per la sola erba in classe A in quanto la formulazione di Nepf risulta idonea all interpretazione della resistenza di questa classe. I risultati in Figura 4.29 mostrano come, nel caso in esame, la presenza di vegetazione sul fondo dà luogo, rispetto al caso di vegetazione solo spondale, ad un notevole incremento dei tiranti Confronto Scale di Deflusso Specie A per Sezione Trapezia Vegetazione solo su sponde (Whitehead) Vegetazione solo su sponde (Luhar- Nepf) Vegetazione completa (Whitehead) Vegetazione completa (Luhar- Nepf) 20 0 Y (m) Assenza di vegetazione Figura 4.29 Confronto scale di deflusso per vegetazione erbacea di specie A presente sulle sponde o nel caso di sezione completamente vegetata (con Whitehead e Nepf) 112

113 4.1.4 Vegetazione erbacea lungo le sponde e arborea arbustiva in alveo L ultimo caso analizzato fa riferimento alla presenza di vegetazione a carattere arbustiva arborea in alveo ed erbacea sulle sponde della sezione del canale. Si tratta di una configurazione che si può ritrovare all interno di canali fluviali caratterizzati da scarsa manutenzione. In merito ai risultati ottenuti nei paragrafi precedenti, è stato scelto di calcolare la scabrezza offerta dalla vegetazione arbustiva arborea con l espressione di Baptist, mentre per quella erbacea, scelta di tipo intermedio e quindi di specie C, si adotta la formulazione di Gwinn e Ree, a partire dal grafico di Whitehead. Ai fini di costruire le scale di deflusso per la sezione in esame, considerando una larghezza fissa dell alveo (B) pari a 1 metri e facendo invece variare il livello dell acqua con incrementi di 0.50 metri fino ad una altezza massima pari a 5 metri, occorrerà stimare per la vegetazione arbustiva arborea la variazione del coefficiente di Manning col raggio idraulico dell alveo che si modifica in funzione della quota del pelo libero nella sezione, mentre per quella erbacea sulle sponde possono essere impiegati i risultati illustrati nel paragrafo I valori ottenuti sono riportati in Figura. ; si osserva sempre come l espressione di Baptist applicata alla vegetazione fornisca dei valori di Manning molto elevati per quanto riguarda le specie arbustive. Nella Figura 4.31 si presentano le scale di deflusso, i risultati ottenuti mostrano come la capacità di deflusso della portata liquida della sezione si riduca sensibilmente, con una riduzione delle portate rispetto alla sezione priva di vegetazione, a parità di tirante, di oltre il 60%. 113

114 Portata (m 3 /s) nveg (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Softwood Shrub (Arbustiva) Softwood Forest (Arborea) Vegetazione erbacea di Specie C 0.00 Y (m) Figura 4.30 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione arbustiva arborea in alveo (Baptist) e di quella erbacea sulle sponde (Whitehead) al variare della profondità Y Softwood Shrub (Arbustiva) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.31 Scale di deflusso ottenute per la sezione di riferimento 114

115 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Un ulteriore aspetto di rilievo riguarda il valore assunto per la densità di vegetazione; nella Tabella 1.3 impiegata nella formulazione di Baptist vengono riportati dei valori che fanno riferimento ad una condizioni di naturalità e vengono qui interpretati come dei valori massimi. Con la presente analisi si vuole indagare l impatto della variazione di questo parametro sulla resistenza al moto; in particolare vengono presi in esame dei valori di densità relativamente più bassi conseguenti ad esempio ad una manutenzione mediante un taglio selettivo volta ad un diradamento delle piante. I risultati sono espressi nelle Figura 4.32 e Figura Le curve dimostrano come la vegetazione arbustiva sia meno sensibile al variare della densità rispetto al caso della vegetazione arborea. Occorrerà comunque tenere conto di tali considerazioni nel caso della manutenzione dei corsi d acqua in merito ad eventuali azioni di disboscamento o di taglio selettivo della vegetazione, soprattutto se presente all interno dell alveo Y (m) Softwood Shrub (Dvgt=1) Softwood Shrub (Dvgt=2) Softwood Shrub (Dvgt=3) Softwood Shrub (Dvgt=3.8) Assenza di vegetazione Figura 4.32 Scale di deflusso per vegetazione arbustiva nel caso di diversi valori della densità 115

116 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Softwood Forest (Dvgt=0.01) Softwood Forest (Dvgt=0.04) Softwood Forest (Dvgt=0.1) Y (m) Softwood Forest (Dvgt=0.2) Assenza di vegetazione Figura 4.33 Scale di deflusso per vegetazione arbustiva nel caso di diversi valori della densità 116

117 h Y Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 4.2 Canali a sezione composta Vengono qui applicate le metodologie di calcolo per la stima della resistenza al moto dovuta alla presenza di vegetazione, a partire sempre da una sezione di riferimento del canale di forma trapezia con caratteristiche sedimentologiche fissate, ma caratterizzata in questo caso, dalla presenza di aree di espansione golenali. Sarà ipotizzata la presenza delle specie vegetali sia sulle sponde che nelle golene (erbacea, arbustiva ed arborea) e verrà calcolato inizialmente il coefficiente di Manning equivalente dell intera area trasversale utilizzando le formule di composizione per sezioni con scabrezze eterogenee. Tale coefficiente sarà poi soggetto ad una serie di considerazioni, tra cui lo studio del suo andamento, rapporto al coefficiente di scabrezza dell alveo privo di sedimenti, al variare del rapporto tra la larghezza delle golene e quella dell alveo. Successivamente, verranno individuate le scale di deflusso per una sezione di forma fissata e le modifiche a cui sono soggette in funzione della specie di vegetazione presente. La sezione presa in esame è illustrata nella Figura 4.34, anche in questo caso le sponde presentano un inclinazione pari a ed un altezza h = 2.5 m, larghezza del canale inciso B alveo è pari a 10 m, la pendenza del fondo 0.125%, il fondo risulta costituito da sedimenti aventi un diametro caratteristico pari a 4.9 cm (si veda la Tabella 4.3). Golena Sx Sponda Sx Sponda Dx Golena Dx Bgolena 30 Pendenza alveo attivo (S) Bgolena Balveo Figura 4.34 Canali a sezione composta: sezione trapezia con area di espansione laterale. 117

118 VALORI CARATTERISTICI DELLA SEZIONE DI FORMA TRAPEZIA CON AREA GOLENALE Parametro Simbolo Valore di riferimento U.d.M. Pendenza fondo S [--] Altezza d acqua Y 5.0 [m] Parametro critico di Shields θcr [--] Diametro caratteristico D [m] Scabrezza dell alveo n sedimenti [m -1/3 s] Inclinazione delle sponde α 30 [--] Altezza delle sponde b 2.5 [m] Larghezza alveo inciso B alveo 10 [m] Tabella 4.3 Valori caratteristici per la sezione trapezia con area golenale di riferimento Lo studio della resistenza al moto è stato effettuato nei seguenti casi: 1) Sezione con sedimenti in alveo e vegetazione erbacea sulle sponde e sulle golena; 2) Sezione con sedimenti in alveo e vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde e sulle golene; 3) Sezione con vegetazione erbacea lungo l intero perimetro; 4) Sezione con vegetazione arbustiva e arborea in alveo ed erbacea sulle sponde e sulle golene Per il calcolo del coefficiente di scabrezza sulle sponde (n veg,sponde ) e sulle golene (n veg,golene ) dovuto alla presenza di vegetazione, si fa sempre riferimento alle diverse formulazioni riportate in precedenza in funzione della suddivisione in tipologie erbacea, arborea e arbustiva. La scabrezza equivalente nella sezione viene determinata con il metodo di Lotter suddividendo l area totale in cinque sottosezioni (golena sinistra, sponda sinistra, alveo inciso, sponda destra e golena destra). Definito il calcolo della resistenza al moto dovuta alla vegetazione 118

119 e le formule da usare per il calcolo del coefficiente di Manning equivalente, è stato analizzato come varia, per un altezza d acqua fissa (Y), il rapporto tra il coefficiente di scabrezza equivalente e quello dei sedimenti (n eq /n sedimenti ) al variare della larghezza della golena B golena, avendo assunto Y = 5 m e B alveo = 10 m. Le scale di deflusso sono state costruite, in funzione delle diverse tipologie di vegetazione presente, considerando una larghezza fissa delle golene B golene e facendo invece variare il tirante idrico Y Vegetazione erbacea sulle sponde e sulle golene In virtù dei risultati già ottenuti nel caso di vegetazione erbacea presente solo sulle sponde, data la piena confrontabilità dei diversi metodi, questa tipologia è stato analizzata utilizzando la sola formulazione di Gwinn e Ree, a partire dal grafico di Whitehead. Sono stati stimati inizialmente sia il coefficiente di scabrezza delle sponde (n veg,sponde ) che quello delle golene (n veg,golene ) e di conseguenza è stato valutato il valore di resistenza al moto equivalente della sezione composta (n eq ). A partire dalle formule di Gwinn e Ree si ricavano i valori dei coefficienti di Manning (n veg ) per le cinque diverse tipologie di erba da molto alta (A) e molto bassa (E) utilizzando un calcolo di tipo iterativo che soddisfi l equazione di moto uniforme. I risultati nelle Figure mostrano l andamento del rapporto tra il coefficiente di Manning equivalente e quello relativo al solo alveo attivo costituito dai sedimenti, al variare della larghezza delle golene rapportata a quella dell alveo (assunta pari a 1 m) per un fissato battente idrico (pari a 1 metri). Si noti come la vegetazione di classe C (in aggiunta alle specie D ed E trovate già nella precedente casistica), dia luogo a valori di resistenza al moto simili o addirittura più bassi di quelli dell alveo caratterizzato solo da sedimenti. Tali considerazioni generano degli andamenti in cui all aumentare del rapporto B golena /B alveo, i valori del coefficiente di Manning hanno un andamento crescente (per le classi A e B) o decrescente (per le classi C, D ed E). Si noti inoltre che le 119

120 curve partendo da valori vicini all unità, tendono a differenziarsi tra loro all aumentare del rapporto B golena /B alveo ; tale comportamento è dovuto al fatto che per canali larghi diventa sempre maggiore il contributo offerto dal perimetro bagnato delle golene caratterizzate dal relativo valore di Manning n equivalente /n sedimenti B golena /B alveo Specie A su sponde e golene Specie B su sponde e golene Specie C su sponde e golene Specie D su sponde e golene Specie E su sponde e golene Figura 4.35 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B golena /B alveo per sponde e golene con stessa tipologia erbacea (Whitehead) 120

121 1.30 n equivalente /n sedimenti Specie A sx Spedie B dx Specie B sx Specie C dx Specie C sx Specie D dx Specie D sx Specie E dx B golena /B alveo Figura 4.36 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B golena /B alveo per sponde e golene con diversa tipologia erbacea (Whitehead) n equivalente /n sedimenti B golena /B alveo Specie A Specie B Specie C Specie D Specie E Specie A sx e specie B dx Specie B sx e Specie C dx Specie C sx e Specie D dx Specie D sx e Specie E dx Figura 4.37 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B golena /B alveo per i diversi casi analizzati (Whitehead) 121

122 Per quanto riguarda le scale di deflusso per la sezione in esame si considera una larghezza fissa sia dell alveo che della golena (B golena ) entrambe pari a 10 metri e facendo variare il livello dell acqua con incrementi di.5 metri fino ad una altezza massima pari a 5 metri. Per considerazioni analoghe al caso precedente la stima dei coefficienti di scabrezza di Manning, dovuti alla vegetazione presente sulle sponde e sulle golene, avviene utilizzando sempre la stessa procedura iterativa con la sola differenza che entrambi i raggi idraulici non hanno più valore costante ma variabile proprio in funzione della quota dell acqua nella sezione. E inoltre evidente come, solo per un battente idrico superiore ai 2.5 metri, possa essere considerata la resistenza al moto aggiuntiva per l effetto della vegetazione erbacea nelle aree golenale che verrà quindi valutata proprio in funzione dell altezza d acqua in golena (Y golena ). I valori di scabrezza di Manning ottenuti sia per le sponde che per le golene vengono riportati nei grafici in Figura 4.38 e Figura Sempre in accordo con quanto sperimentato da Whitehead, la resistenza al moto diminuisce all aumentare dell altezza d acqua che sommerge la vegetazione e che tende a piegarla (valori alti del prodotto VR). 122

123 n veg, golene (m -1/3 s) n veg,sponde (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Y (m) Specie A Specie B Specie C Specie D Specie E Figura 4.38 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione presente sulle sponde al variare della profondità Y (Whitehead) Specie A Specie B Specie C Specie D Specie E Y golena (m) Figura 4.39 Coefficiente di scabrezza di Manning della vegetazione presente nelle golene al variare della profondità Y golene (Whitehead) 123

124 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Nella Figura 4.40 vengono infine illustrate le scale di deflusso ottenute per le due tipologie estreme di vegetazione erbacea (specie A ed E) per quella intermedia (specie C) confrontate con la curva ottenuta per la presenza di solo materiale d alveo su tutta la sezione (assenza di vegetazione). E da osservare come anche le curve che rappresentano le scale di deflusso mostrano, per un valore dell altezza d acqua pari a 2.5 metri, una variazione della concavità per la presenza della golena che crea una discontinuità geometrica della sezione di riferimento. Si noti il cospicuo aumento dei tiranti idrici, a parità di portata, per il caso della specie A Specie A Specie C Specie E Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.40 Confronto tra le scale di deflusso con formulazione di Whitehead per le specie A, C ed E presenti su sponde e golene e la curva in assenza di vegetazione 124

125 4.2.2 Vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde e sulle golene In virtù dei risultati ottenuti nel caso di sezione trapezia, la presenza di vegetazione arbustiva e arborea sulle sponde e nelle aree golenali viene analizzata utilizzando la formulazione di Baptist (più recente e facile utilizzo rispetto a quella di Petryk Bosmajian) e quella del LAI di Jarvela. Sono state analizzate e confrontati i risultati ottenuti per le specie vegetali già riportate in precedenza. I valori dei coefficienti di Manning per le sponde e le golene ottenuti con Baptist sono riportati nella Tabella 4.4, mentre l andamento tra il rapporto tra il coefficiente di scabrezza equivalente e quello dei sedimenti (n eq /n sedimenti ) al variare del rapporto B golena /B alveo è illustrato in Figura Si noti la maggiore resistenza al moto è quella associata al Reed (canneto). COEFFICIENTI DI MANNING PER LE SPECIE ARBOREE - ARBUSTIVE Specie n veg,sponde [m -1/3 s] n veg,golene [m -1/3 s] Cattail Reed Softwood Shrub Softwood Forest Tabella 4.4 Coefficienti di scabrezza di Manning delle sponde e delle golene per le categorie di vegetazione ottenute con Baptist 125

126 3 2.8 n equivalente /n sedimenti Cattail (Baptist) Reed (Baptist) Softwood Shrub (Baptist) Softwood Forest (Baptist) B golena /B alveo Figura 4.41 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B golena /B alveo (Baptist). Le scale di deflusso ottenute per la sezione in esame, considerando una larghezza dell alveo e delle golene pari a 1 metri, vengono costruita tenendo conto della variazione di entrambi i coefficiente di Manning col relativo raggio idraulico all aumentare del livello dell acqua (ricordando che solo per un battente idrico superiore ai 2.5 metri si può considerare la resistenza al moto aggiuntiva per l effetto della vegetazione in golena). I valori di scabrezza ottenuti sia per le sponde che per le golene vengono riportati nei grafici in Figura 4.42 e Figura 4.43, osservando anche in questo caso come la resistenza offerta dagli arbusti sia superiore rispetto a quella arborea. Si riporta infine le scale di deflusso ottenuta (Figura 4.44), si noti il notevole incremento dei tiranti, a parità di portata, nel caso di presenza di vegetazione. Anche in questo caso i risultati mostrano come le curve possono essere ben confrontate tra di loro. Le elevate resistenze al moto che si verificano nelle aree 126

127 n veg, sponde (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI spondali e golenali per effetto della vegetazione arbustiva e arborea presente, comporta una velocità media nella sottosezione idraulica di competenza inferiore a quella dell alveo attivo privo di vegetazione, e di conseguenza anche la portata smaltita risulta, per il caso in esame, quasi trascurabile rispetto a quella totale della sezione Cattail (Arbusto) Reed - Canneto (Arbusto) Softwood Shrub (Arbusto) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.42 Coefficiente di scabrezza di Manning delle sponde al variare della profondità Y (Baptist) 127

128 Portata (m 3 /s) n veg, golene (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Y golena (m) Cattail (Arbusto) Reed - Canneto (Arbusto) Softwood Shrub (Arbusto) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione Figura 4.43 Coefficiente di scabrezza di Manning nelle golene al variare della profondità Y golena (Baptist) Cattail Reed Softwood Shrub Softwood Forest Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.44 Scale di deflusso per le specie arboree arbustive ottenute con la formulazione di Baptist. 128

129 Si analizza ora la presenza di vegetazione arbustiva sulle sponde e nelle golene mediante la formulazione di Jarvela facendo sempre riferimento alle specie flessibili, riportate in Tabella 1.2, presenti nei corsi d acqua regionali come quali il goat willow (salix caprea) e il black poplar (populas nigra), ognuna delle quali caratterizzata dai suo parametri empirici di riferimento e nello specifico dal suo valore del LAI. La finalità è sempre quella di effettuare un confronto tra questi risultati ricavati con la procedura operativa del LAI e quelli che ottenuti con la formulazione di Baptist utilizzando i valori della specie di vegetazione indicata con il termine softwood forest e nella quale rientrano salici e pioppi. Il procedimento per il calcolo del coefficiente di Manning della vegetazione arbustiva mediante il LAI risulta complesso e di tipo iterativo; vengono adottate le stesse operazione definite nel paragrafo con la sola differenza che la procedura andrà applicata sia alle sponde che alle golene. Occorrerà quindi inizialmente calcolare il valore totale della tensione tangenziale τ 0 sulle sponde e sulle golene; tale sforzo andrà poi suddiviso nella componente dovuta alla presenza dei sedimenti sul fondo (τ 0 ) e quello per la presenza della vegetazione (τ 0 ). Una volta ricavati i valori dei parametri di scabrezza per le sponde e le golene è possibile calcolare il coefficiente di Manning equivalente della sezione e riportare il suo andamento, rispetto al valore di resistenza del solo alveo privo di vegetazione, al variare del rapporto B golena /B alveo come riportato in Figura

130 3.0 n equivalente /n alveo Goat Willow (Salix Caprea) LAI=3.2 Black Poplar (Populas Nigra) LAI=1 Black Poplar (Populas Nigra) LAI= B golena /B alveo Black Poplar (Populas Nigra) LAI=3 Figura 4.45 Andamento del coefficiente di Manning equivalente adimensionalizzato al variare del rapporto B golena /B alveo (Jarvela) Per costruire le scale di deflusso è necessario, per ogni variazione del tirante idrico, applicare le stesse procedure di convergenza per le sponde e le golene. I risultati finali ottenuti sono riportati nelle Figura 4.46 e Figura Le scale di deflusso sono illustrate nelle Figure 4.48 e Il raffronto tra i due metodi risulta complessivamente soddisfacente. 130

131 n veg,golene (m -1/3 s) n veg,sponde (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Goat Willow (Salix Caprea) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Y (m) Figura 4.46 Coefficiente di scabrezza di Manning delle sponde per le categorie arbustive di vegetazione al variare della profondità Y (Jarvela) Goat Willow (Salix Caprea) LAI=3.2 Black Poplar (Popular Nigra) LAI=1 Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Black Poplar (Popular Nigra) LAI= Y golena (m) Figura 4.47 Coefficiente di scabrezza di Manning delle golene per le categorie arbustive di vegetazione al variare della profondità Y golena (Jarvela) 131

132 Portata (m 3 /s) Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Y (m) Goat Willow LAI=3.2 Black Poplar LAI=1 Black Poplar LAI=2 Black Poplar LAI=3 Assenza di vegetazione Figura 4.48 Scale di deflusso per le specie arboree arbustive ottenute con l espressione di Jarvela Confronto scale di deflusso vegetazione arborea e arbustiva Goat Willow LAI= Black Poplar LAI= Y (m) Black Poplar LAI=2 Black Poplar LAI=3 Softwood Forest (Baptist) Assenza di vegetazione Figura 4.49 Confronto scale di deflusso per specie arbustive arboree ottenute con Baptist, Jarvela e la curva in assenza di vegetazione. 132

133 4.2.3 Vegetazione erbacea lungo l intero perimetro della sezione Si analizza ora la condizione in cui la vegetazione erbacea sia disposta lungo tutta la larghezza della sezione trasversale del canale (alveo, sponde e golene). Considerando che si tratta di un canale caratterizzato interamente dalla stessa tipologia vegetale, risulta superfluo procedere all analisi del rapporto n eq /n sedimenti essendo questo pari all unità. Si passa quindi alla costruzione delle scale di deflusso, considerando una larghezza fissa dell alveo inciso (B alveo ) ed una larghezza delle golene (B golene ) entrambe pari a 1 metri, per incrementi del livello dell acqua di.5 metri fino ad una altezza massima pari a 5 metri. In questo caso, trattandosi di vegetazione erbacea che ricopre tutta la larghezza del canale, è possibile suddividere la sezione in due sotto-aree; per la prima, costituita da alveo e sponde, si introduce un raggio idraulico complessivo e calcolare il coefficiente di scabrezza di Manning utilizzando la procedura iterativa a partire dalla formula di Gwinn e Ree così come riportato in Figura 4.50; per la seconda area, costituita solo dalle golene, è possibile utilizzare i dati ricavati in precedenza e illustrati nella Figura In accordo con quanto mostrato per la sezione trapezia, i valori di scabrezza ottenuti risultano inferiori rispetto a quelli valutati in caso di vegetazione solo su sponde. 133

134 nveg, alveo e sponde (m -1/3 s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Specie B Specie C Specie D Specie E Y (m) Figura 4.50 Coefficiente di scabrezza di Manning al variare della profondità Y per la sezione completamente erbacea (Whitehead) La Figura 4.51 mostra le scale di deflusso; si evidenziano delle differenze sempre più significative tra le due specie erbacee estreme (A ed E). Rispetto al caso di vegetazione presente solo sulle sponde, nel quale la diminuzione della portata massima smaltita si riduce del 30%, per sezioni completamente vegetate questa differenza cresce fino a circa il 55 60%. Anche in questo caso la curva relativa alla tipologia erbacea di specie C, caratterizzata da valori di scabrezza di Manning simili a quella dell alveo dove sono presenti solo sedimenti, assume un andamento quasi coincidente con quella che caratterizza la sezione priva di vegetazione. 134

135 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Specie A Specie C 150 Specie E Assenza di vegetazione 0 Y (m) Figura 4.51 Confronto tra le scale di deflusso con formulazione di Whitehead per le specie A, C ed E e la curva in assenza di vegetazione per sezione completamente vegetata 135

136 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Vegetazione arbustiva arborea in alveo ed erbacea sulle sponde e sulle golene L ultimo caso analizzato è caratterizzata dalla presenza di vegetazione a carattere arbustiva arborea in alveo ed erbacea sulle sponde e sulle golene della sezione del canale. Data la geometria della sezione in esame non è necessario stimare la variazione del coefficiente di Manning in funzione del raggio idraulico dell alveo in quanto analogo a quello ricavato per la sezione trapezia e come riportato in Figura Per la vegetazione erbacea di specie C sulle sponde e sulle golene si possono utilizzare i valori già ricavati nel paragrafo Si riportano nel seguito le sole scale di deflusso ottenute per la sezione di riferimento (Figura 4.52). Si noti la notevole riduzione delle portate, a parità di tirante, smaltibili dalla sezione Softwood Shrub (Arbustiva) Softwood Forest (Arborea) Assenza di vegetazione Y (m) Figura 4.52 Scale di deflusso ottenute per la sezione di riferimento 136

137 4.3 Confronto tra i risultati Vengono qui illustrate delle considerazioni riassuntive con il fine di effettuare un confronto tra i vari casi esaminati Sezione compatta Viene effettuato un confronto tra i coefficienti di Manning e le diverse scale di deflusso ottenute, in modo tale da valutare come variando le specie vegetali sulle sponde o all interno dell alveo, a parità di geometria della sezione di riferimento, si modificano le portate liquide che defluiscono nella stessa porzione di area. Nello specifico vengono esaminati i vari casi riportati nella Tabella 4.5 dove sono indicate, per ogni specie vegetale, la formulazione scelta per il calcolo del coefficiente di scabrezza di Manning. 137

138 CASI DI STUDIO PER LA SEZIONE DI RIFERIMENTO TRAPEZIA PER IL CONFRONTO DELLE SCALE DI DEFLUSSO Casi Alveo Inciso Sponde Schema sezione Caso 0 Sedimenti Sedimenti (formula di Strickler) Sedimenti (D50, nsedimenti) Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione erbacea Caso 1 Sedimenti di specie intermedia C (modello Whitehead) Sedimenti 138

139 Vegetazione Arbustiva (Reed - Canneto, Cattail) Vegetazione Arbustiva (Reed - Canneto, Cattail) Vegetazione arbustiva Caso 2 Sedimenti canneto (reed cattail) (modello Baptist) Sedimenti Caso 3 Sedimenti Vegetazione arborea goat willows (modello rvel, Vegetazione Arborea (Goat Willow, Black Poplar) LAI=3.2) Vegetazione arborea Caso 4 Sedimenti black poplar Sedimenti (modello rvel, LAI=3) 139

140 Caso 5 Vegetazione erbacea di specie intermedia C (Whitehead) Vegetazione erbacea di specie intermedia C (modello Whitehead) Vegetazione Erbacea di Specie C su tutta la larghezza della sezione Caso 6 Vegetazione arborea (Softwood Forest) (modello Baptist) Vegetazione erbacea di specie intermedia C (modello Whitehead) Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione Arborea (Goat Willow, Black Poplar) Tabella 4.5 Casi di studio relativi alla sezione trapezia di riferimento per il confronto delle scale di deflusso 140

141 La Figura 4.53 mostra il confronto dell andamento del coefficiente di Manning relativo, al variare della larghezza dell alveo B per un tirante idrico di 2.5 metri per i primi cinque casi riportati in Tabella 4.5. Nella Figura 4.54 si riportano le scale di deflusso ottenute per i sette diversi casi scelte per la sezione trapezia di riferimento. Le curve dimostrano come la variazione della vegetazione influenza significativamente la portata liquida che la sezione riesce a smaltire. Passando, per esempio, da una sezione vegetata solo su sponde da erba di classe intermedia C ad una in cui sono presenti arbusti, la capacità di deflusso si riduce di circa il 30%; la situazione migliora lievemente nel caso in cui sulle sponde siano presenti delle specie arboree (salici e pioppi) dove la diminuzione si attesta intorno al 20 25%; queste considerazione sono effettuate in analogia a quanto già detto nel paragrafo in merito alla maggiore resistenza al moto offerta dalla vegetazione arbustiva rispetto all arborea. La situazione più critica si evidenzia infine nel caso in cui la vegetazione arborea e/o arbustiva sia presente nell alveo della sezione. La portata liquida smaltita subisce una consistente diminuzione fino a valori di circa il %. 141

142 2 Confronto Coefficiente di Manning relativo al variare di B/Y n equivalente /n sedimenti CASO 0 (Ass. veget) CASO 1 (Erba C su sponde) CASO 2 (Canneto su sponde) CASO 3 (Salici su sponde LAI=3.2) CASO 4 (Pioppo su sponde LAI=3) B/Y Figura 4.53 Andamento del coefficiente di Manning equivalente adimensionalizzato al variare del rapporto B/Y per le diverse casistiche analizzate 142

143 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 200 Confronto Scale di Deflusso Sezione Trapezia 180 CASO 0 (Ass. Veget) 160 CASO 1 (Erba C sponde) CASO 2 (Canneto sponde) 100 CASO 3 (Salici su sponde) CASO 4 (Pioppi su sponde) 40 CASO 5 (Erba C su tutta la sezione) 20 0 Y (m) CASO 6 (Veget. Arborea in alveo ed Erba C su sponde) Figura 4.54 Confronto finale delle scale di deflusso per le sette diverse casistiche analizzate della sezione trapezia 143

144 4.3.2 Sezione composta In analogia con quanto presentato nel caso della sezione compatta, si presenta un confronto tra i coefficienti di Manning e le scale di deflusso per le diverse configurazioni riportate nella Tabella 4.5 dove sono indicate, per ogni specie vegetale, la formulazione scelta per la stima del coefficiente di scabrezza di Manning. Nella Figura 4.55 si mostra l andamento, al variare del rapporto B golena /B alveo, del coefficiente di Manning relativo per un battente d acqua pari a 5 metri, analogamente al caso della sezione compatta, essendo quest ultimo parametro confrontato con la scabrezza dell alveo caratterizzato solo dalla presenza di vegetazione, sarà possibile rappresentare il relativo comportamento per i primi cinque casi riportati in Tabella 4.6. Si noti il notevole incremento di resistenza associato ai canneti e salici.. 144

145 CASI DI STUDIO PER LA SEZIONE DI RIFERIMENTO COMPOSTA PER IL CONFRONTO DELLE SCALE DI DEFLUSSO Casi Alveo Inciso Sponde Schema sezione Caso 0 Sedimenti Sedimenti (formula di Strickler) Sedimenti (D50, nsedimenti) Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione erbacea Caso 1 Sedimenti di specie intermedia C (modello Whitehead) Sedimenti 145

146 Vegetazione arbustiva (Reed - Canneto, Cattail) Vegetazione arbustiva (Reed - Canneto, Cattail) Vegetazione arbustiva Caso 2 Sedimenti canneto (reed cattail) (modello Baptist) Sedimenti Caso 3 Sedimenti Vegetazione arborea goat willows (modello rvel, Vegetazione Arborea (Goat Willow, Black Poplar) LAI=3.2) Vegetazione arborea Caso 4 Sedimenti black poplar Sedimenti (modello rvel, LAI=3) 146

147 Caso 5 Vegetazione erbacea di specie intermedia C (Whitehead) Vegetazione erbacea di specie intermedia C (modello Whitehead) Vegetazione Erbacea di Specie C su tutta la larghezza della sezione Caso 6 Vegetazione arborea (Softwood Forest) (modello Baptist) Vegetazione erbacea di specie intermedia C (modello Whitehead) Vegetazione Erbacea di Specie C Vegetazione Arborea (Goat Willow, Black Poplar) Tabella 4.6 Casi di studio relativi alla sezione composta di riferimento per il confronto delle scale di deflusso 147

148 Nella Figura 4.56 vengono illustrate le scale di deflusso ottenute delle sette diverse configurazione scelte per la sezione trapezia con aree golenali di riferimento. Le curve dimostrano come la variazione della vegetazione influenza significativamente la portata liquida in transito. Passando, per esempio, da una sezione vegetata solo su sponde e golene da erba di classe intermedia C ad una in cui sono presenti arbusti, la capacità di deflusso si riduce di circa il 50%; la situazione migliora lievemente nel caso in cui sulle sponde siano presenti delle specie arboree (salici e pioppi) dove la diminuzione si attesta intorno al 40 45%. La situazione più critica, che era stata già evidenziata nella sezione trapezia nel caso in cui la vegetazione arborea e/o arbustiva sia presente nell alveo, si ripresenta anche nel caso della sezione con golene ma con una lieve attenuazione; la portata liquida smaltita subisce comunque una diminuzione del 55% andando ad allinearsi al caso di vegetazione arborea sulle sponde e sulle golene. 148

149 3 2.8 Confronto Coefficiente di Manning relativo al variare di B golena /B alveo CASO 0 (Ass. Veget) n equivalente /n sedimenti B golena /B alveo CASO 1 (Erba C su sponde e golene) CASO 2 (Canneto su sponde e golene) CASO 3 (Salici su sponde e golene LAI=3.2) CASO 4 (Pioppi su sponde e golene LAI=3) Figura 4.55 Andamento del coefficiente di Manning equivalente relativo al variare del rapporto B golena /B alveo per le diverse casistiche analizzate 149

150 Portata (m 3 /s) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI Confronto Scale di Deflusso Sezione Composta CASO 0 (Ass. Veget) CASO 1 Erba C sponde e golene CASO 2 Canneto sponde e golene CASO 3 Salici su sponde e golene CASO 4 Pioppi su sponde e golene CASO 5 Erba C su tutta la sezione Y (m) CASO 6 Veget. Arborea in alveo ed Erba C su sponde e golene Figura 4.56 Confronto finale delle scale di deflusso per le sette diverse casistiche analizzate della sezione trapezia 150

151 5. CRITERI PER LA MANUTENZIONE DELLA VEGETAZIONE: ASPETTI ECOLOGICI Vengono qui illustrati gli aspetti ecologici di rilievo per le attività di manutenzione della vegetazione con riferimento alle diverse tipologie dei corsi d acqua presenti nel territori dei Consorzi di Bonifica. 5.1 Manutenzione della vegetazione riparia lungo il reticolo naturale Dal punto di vista ecologico, per i tratti montani (all interno di aree boscate) le criticità presenti sono tipicamente di tipo puntiforme: in prossimità delle opere idrauliche o legate a rimboschimenti con specie non idonee. In questi tratti si tratta più di conservare che di gestire, non solo la vegetazione riparia ma anche il detrito legnoso presente in alveo. Questi tratti inoltre sono particolarmente idonei come tratti di riferimento locali estendibili sia alla tipologia montana che ai tratti preurbani, per quest ultimi infatti essendo corsi idrici naturali, benché regimati ed artificializzati, il loro stato ottimale è da considerarsi lo stesso di quelli montani. Obiettivi ai fini di una manutenzione ecologicamente sostenibile: - favorire sistemi di lavorazione a basso impatto ambientale, sono quindi da preferire interventi condotti manualmente e, comunque, con macchine di ridotte dimensioni; - favorire la massima diversità di specie possibile, sia in senso longitudinale che trasversale; - mantenere più elevata possibile la diversificazione strutturale (età, dimensioni, ecc.); - favorire lo sviluppo di specie erbacee, arbustive ed arboree di origine autoctona. 151

152 Indicazioni operative: 1. L intervento di taglio si deve concentrare soprattutto sugli esemplari arborei pericolanti, malati o deperienti e preferibilmente sugli esemplari di specie esotiche piuttosto che autoctone, cercando di alterare il meno possibile la fisionomia strutturale della vegetazione e, quindi, il livello di biodiversità dell area. 1. bis Nelle aree di particolare pregio naturalistico e a basso rischio gli interventi di manutenzione dovrebbero prevedere il mantenimento d individui adulti anche deperienti e/o morti. Per favorire quest azione sarebbe opportuno effettuare dei monitoraggi dopo gli eventi di piena. 2. Effettuare tagli selettivi e diradamenti mirati, mantenendo le associazioni vegetali in condizioni "giovanili", con massima tendenza alla flessibilità ed alla resistenza alle sollecitazioni della corrente, limitando in sintesi la crescita di tronchi con diametro rilevante (le dimensioni dipendono dalla specie arborea) e favorendo invece le formazioni arbustive. 3. I tagli di vegetazione in alveo devono essere effettuati preferibilmente nel periodo tardo-autunnale ed invernale, escludendo preferibilmente il periodo marzo-giugno in cui è massimo il danno all'avifauna nidificante (D.C.R.T. n. 155/97) 4. Ridurre al massimo il taglio raso della vegetazione limitandolo ai casi di dimostrata necessità connessa a gravi motivi di sicurezza idraulica (ad es. tratti arginati, in presenza di manufatti quali ponti, centri abitati, ecc.). Nel caso che, ad esempio, la sezione del corso d acqua in certi punti sia più ampia, è opportuno non intervenire con la stessa intensità di taglio adottata per l asta principale, ma si deve modulare l intervento secondo il variare delle condizioni puntuali. 5. Nei tratti particolarmente problematici dal punto di vista idraulico per la ristrettezza dell alveo, sarebbe opportuno preservare almeno la vegetazione erbacea compreso il canneto ed arbustiva (salici) che durante gli eventi di piena risulta essere in grado di flettersi assecondando il deflusso della corrente. 6. Dilazionare i tagli nel tempo e nello spazio in modo tale da non interessare lunghi tratti fluviali che siano finalizzati anche al mantenimento di importanti ed 152

153 utili zone naturali, sempre preventivamente individuate, non interessate dai tagli (per es. aree di non taglio tra due lotti di intervento, tagli alternati sulle opposte sponde, ecc.). 7. A seguito di risagomature di sponde e, di conseguenza, di asportazione delle ceppaie, prevedere la piantumazione di talee e/o piantine di salice arbustivo. 5.2 Detriti legnosi Indicazioni per la manutenzione Lungo la rete idrica naturale, nei tratti con manutenzione meno intensa e con condizioni di rischio ridotto, si possono prevedere le seguenti azioni: a) preservare i detriti legnosi; b) prevedere periodici sopralluoghi, dopo eventi di piena di una certa eccezionalità o stagionalmente, a seguito dei quali individuare eventuali situazioni di pericolo; c) nel caso di individuazione di tronchi di lunghezza rilevante che possono essere trasportati a valle, effettuare dei tagli del tronco riducendolo in pezzi di dimensioni ridotte, in modo da facilitarne la fluitazione, anche se occorre prestare attenzione alle possibili occlusioni degli attraversamenti nei canali di dimensioni più ridotte; d) nel caso di accumuli di detriti che stanno inducendo situazioni di eccessiva sedimentazione localizzata, procedere anche in questo caso al taglio dei tronchi di dimensioni maggiori ed all eventuale spostamento di parte dei sedimenti accumulatisi. Anche nei tratti soggetti a interventi di manutenzione è comunque utile tenere in considerazione la possibilità di preservare tronchi di grandi dimensioni sulla base di questo tipo di valutazione: nei piccoli torrenti (larghezza del canale minore della lunghezza media degli alberi ripari locali), che scorrono all'interno di boschi, gli alberi che cadono in alveo sono spesso più lunghi dell'ampiezza del canale di conseguenza sono assai rare le portate in grado di muoverli e vengono quindi 153

154 trattenuti per lunghi periodi di tempo durante i quali il legno si decompone e si spezza. In questi tratti gli accumuli legnosi sono frequenti e di piccole dimensioni (Gurnell et al. 2002). Nei tratti che hanno priorità per una regolare manutenzione, posti all ingresso di aree critiche (a monte di ponti sensibili, a ridosso di aree fortemente urbanizzate), prevedere le seguenti azioni: a) taglio periodico dei tronchi isolati di rilevante lunghezza, in modo da facilitarne il transito attraverso i punti critici (luci dei ponti); b) rimozione delle situazioni più pericolose di accumulo di detriti legnosi; c) predisporre aree di accumulo con apposite barriere che intrappolano i tronchi di dimensioni maggiori. Un esempio di applicazione di questo ultimo tipo di interventi (barriere per intrappolare detriti legnosi) è quello relativo al piano di gestione del Fiume Drome (Figura 5.1) e quello relativo al Torrente Travignolo (TN) (Figura 5.2). Figura Esempio di gestione diversificata per tratti della vegetazione e dei detriti legnosi lungo il Bourbre River presso Bourgoin Jaillieu (Francia). sx) Tratto soggetto a taglio selettivo della vegetazione riparia; dx Tratto all ingresso di un area urbanizzata con predisposizione idi un area di accumulo con apposite barriere che intrappolano i tronchi di dimensioni maggiori. 154

155 Figura 5.2 Filtri a pettini per trattenere i detriti legnosi nel torrente Travignolo (TN) Foto fornita da Andrea Darra. Esempi di filtri a pettine sono riportati nella Figura 5.3, 5.4 e 5.5. Figura 5.3 Filtro a pettine sulla Gora di Quinto nel territorio del Consorzio. Figura 5.4 Strutture per trattenere il detrito legnoso di grosse dimensioni durante le piene. 155

156 Figura 5.5- Strutture atte a trattenere il detrito legnoso collocate in fregio al canale inciso. 156

157 5.3 Manutenzione della vegetazione lungo i canali di bonifica ed il reticolo urbano Il mantenimento della funzionalità idraulica della rete di bonifica rappresenta il fine principale dell attività di sistemazione e manutenzione dei canali. Tali obiettivi possono, tuttavia, essere raggiunti mediante tecniche e scelte progettuali, che tengano in considerazione le altre funzioni esercitate dalla rete di canali, ed in particolare quella ambientale Vegetazione acquatica La gestione della vegetazione acquatica deve essere attuata al fine di soddisfare esigenze di tipo idraulico, la limitazione dell interrimento e la riduzione del rischio di esondazioni, e di tipo ambientale, quali la qualità dell acqua, le opportunità ricreative e gli aspetti naturalistici e paesaggistici. All interno dell alveo può crescere una ricca vegetazione acquatica composta sia da specie radicate al fondo sia da specie natanti. Questa vegetazione da un lato crea habitat importanti ma dall altro in presenza di un battente d acqua modesto aumenta la sedimentazione agevolando il rapido interrimento e l eliminazione di habitat ad acqua corrente. Di conseguenza la manutenzione del fondo del canale impone una gestione equilibrata della vegetazione acquatica, con interventi di manutenzione che, dove possibile, tengano in considerazione anche le valenze ambientali. Ad esempio l eliminazione della vegetazione per un porzione della larghezza dell alveo potrebbe già consentire un consistente abbassamento del livello idrico, senza compromettere il significato ecologico del sito, mentre intensità di taglio maggiori portano a miglioramenti contenuti dell efficienza idraulica per portate di magra (si veda il capitolo 4). In presenza di elevato rischio di interrimento è opportuno prevedere la creazione, con escavatore, di pozze con funzione di trappole per i sedimenti. Nei bacini in cui sia presente vegetazione arborea ed erbacea, la frequenza dello svuotamento delle trappole tende a ridursi nel tempo, in conseguenza del 157

158 migliore controllo dell erosione, con evidenti vantaggi anche di tipo economico per gli enti gestori. Canale sinuoso Buona pratica è creare un corso d acqua sinuoso all interno di uno canalizzato, utilizzando la vegetazione acquatica: - realizzare un canale di corrente limitando lo sfalcio a una fascia centrale della vegetazione conferendogli un andamento sinusoidale (riproducendo un percorso che imiti le morfologie d alveo presenti nei corsi d acqua naturali), nella pratica è generalmente sufficiente creare un corridoio pari al 60-70% della larghezza del corso d acqua, e impegnarsi a realizzare da due a tre pulizie a intervalli regolari; - quando il fondo non è uniforme lo sfalcio deve seguire il punto di massima profondità; - per evitare erosioni, si deve risparmiare sempre una fascia, anche ridotta di vegetazione lungo il piede delle scarpate. Madsen (1995) propone un modello in cui la lunghezza d onda del meandro del canale di corrente è pari a 10-1 volte la larghezza del corso d acqua (Figura 7.6). L eventuale riduzione della sezione che può derivare dal deposito del sedimento lungo le rive può essere compensata, in buona parte, dal conseguente approfondimento naturale del canale di corrente dovuto alla maggiore velocità dell acqua, con la possibilità di avere un livello idrico elevato anche nei periodi di portate ridotte. Questo modello è adatto per canali con una larghezza minima di 2 m, i quali per motivi idraulici devono essere sfalciati più di una volta all anno. 158

159 Figura Caratteristiche di un alveo di magra meandriforme all interno di un canale rettilineo Accorgimenti tecnici per il taglio della vegetazione acquatica: 1. Eseguire il taglio della vegetazione tra fine agosto e ottobre, al fine di rispettare il periodo riproduttivo della fauna ittica ove presente che generalmente si concentra nei mesi febbraio-giugno. 2. Regolare in modo opportuno gli organi meccanici in modo da evitare il più possibile di rimuovere il fondo per limitare i rilasci di fosforo solubile causati dalla risospensione del sedimento. 3. Limitare il rilascio nel corso d acqua delle erbe sfalciate, per limitare il rilascio dei nutrienti immagazzinati nei tessuti vegetali. Le erbe sfalciate possono essere fermate tramite la costituzione di paratoie a griglia temporanee, comunemente dette ferme, realizzate con una serie di pali di legno posti in corrispondenza di ponti e con una estremità infissa nel fondo. 4. Se sono presenti alberi e arbusti all interno dell alveo, gli interventi di ripulitura possono essere di tipo radicale, avendo cura di asportare anche le ceppaie Vegetazione sulle sponde Analogamente alla vegetazione acquatica, le piante che vegetano lungo le sponde richiedono una gestione equilibrata. Gli interventi di manutenzione devono impedire l invasione dell alveo e contenere l eccessiva diffusione di 159

160 popolamenti monospecifici, ma allo stesso tempo non devono annullare i benefici che la presenza della vegetazione porta al corso d acqua: proteggere il piede della sponda evitando il cedimento e l erosione; arricchire di ossigeno le acque (ombreggiamento) ed i sedimenti di fondo (attraverso la rizosfera): creazione di habitat per un ampia varietà di vertebrati e invertebrati ed alla prevenzione di fioriture algali. Lo sfalcio degli argini ha la funzione prevalente di evitare l affermazione di vegetazione arborea ed arbustiva che può mettere a rischio la stabilità del corpo arginale ed ostacolare le ispezioni. Nei tratti dove il rischio idraulico è meno pressante si potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di inserire delle reti metalliche al di sotto del manto erboso al fine di evitare le escavazioni da parte di animali (nutrie, tassi ecc..) che spesso mettono a repentaglio la stabilità degli argini. In questi casi si può valutare la possibilità di lasciar crescere una vegetazione arbustiva composta da salici. Accorgimenti tecnici per il taglio della vegetazione di sponda 1. Salvaguardare la vegetazione al piede della sponda, salvo eseguire sporadici sfalci per contrastare la vegetazione arbustiva. 2. Un unico sfalcio annuale (eseguito preferibilmente in autunno per conservare le fioriture delle specie erbacee) è sufficiente ad impedire la crescita della vegetazione arbustiva. 3. In caso di sfalcio della vegetazione erbacea, effettuare l operazione mantenendo almeno cm di altezza dal livello del terreno e procedendo in direzione alveo-argine e non viceversa. In questo modo si consente una via di fuga alla fauna minore incapace di rapidi spostamenti. 4. La barra falciante dovrebbe essere preceduta da aste orizzontali provviste di sistemi di allontanamento e involo, per esempio una serie di catene pencolanti. 160

161 5. Regolare la frequenza di taglio dei canneti a Fragmites australis in funzione delle esigenze specifiche: o un taglio annuale per limitare l accumulo di lettiera ed il rallentamento dei deflussi (preservando alcune aree o adottando precauzioni per la salvaguardia delle specie selvatiche); o un taglio ogni due anni, quando le condizioni di rischio idraulico lo permettono, consente di preservare l habitat, se eseguito da novembre a marzo porta ad avere popolamenti meno densi ma più vigorosi grazie all effetto protettivo svolto dagli steli dell anno precedente nei confronti dei nuovi getti; o un taglio ogni anni o più, quando, non essendo a rischio l efficienza idraulica del corso d acqua, si vuole semplicemente evitare che la vegetazione arbustiva spontanea prenda il sopravvento su quella erbacea. I turni pluriennali permettono di preservare habitat di grande valore naturalistico; o si ricorda che turni superiori ai 5-6 anni comporta una riduzione della vitalità dei popolamenti che si presentano meno densi e vigorosi, a causa del maggior accumulo di lettiera; o per inibire lo sviluppo del canneto si può tagliare le piante al di sotto del livello dell acqua in quanto la sommersione prolungata delle stoppie priva i rizomi di ossigeno ed inibisce lo sviluppo del popolamento; ovviamente tale pratica è da evitare qualora si voglia tagliare ma preservare il canneto. Arundo donax specie invasiva, sistemi di controllo meccanico È tra le specie di piante terrestri a crescita più rapida al mondo (può arrivare a quasi 10 cm al giorno). Il fusto e le foglie di Arundo donax contengono numerose sostanze chimiche che possono risultare dannose; tra queste troviamo la silice e vari alcaloidi, il cui compito è quello di proteggere la pianta dalla maggior parte degli insetti erbivori e scoraggiare altri animali dal nutrirsene. Animali brucatori come le mucche, le pecore e le capre riescono a limitarne la diffusione ma difficilmente possono essere utili nel tenere la specie sotto controllo. 161

162 Le macchie di canna comune sono particolarmente esposte al rischio di incendio. La pianta infatti è altamente infiammabile durante tutto l'arco dell'anno e nei mesi più secchi la sua presenza può far aumentare la probabilità, l'intensità e la diffusione degli incendi nell'ambiente ripariale, producendo quindi una conversione delle comunità biologiche dalla tipologia regolata dalle inondazioni a quella regolata dagli incendi. Dopo l'incendio i rizomi di Arundo donax germogliamo rapidamente formano così grandi appezzamenti di terreno coperto da canna domestica lungo le rive dei fiumi o dei bacini dulciacquicoli. In pratica, il verificarsi di incendi spinge ulteriormente verso la costituzione di comunità vegetali monospecifiche di Arundo donax. Poiché la canna domestica cresce in macchie dense e possiede grosse radici, la rimozione manuale o meccanica delle parti sotterranee di ampie monocolture clonali risulta essere un processo lento, difficile e spesso inefficace. Pezzi di rizoma seppelliti sotto 1-3 m di terreno possono germogliare nuovamente e il disturbo arrecato dalla rimozione meccanica al suolo e alle comunità biologiche in esso presenti può essere forte. Tuttavia se necessario rimuovere le piante germogliate da poco o gli individui giovani fino a 2 m di altezza, il momento ideale è quello subito successivo a forti acquazzoni, quando il terreno è morbido. I fusti delle piante più grandi possono essere tagliati con una sega elettrica o con il decespugliatore, mentre per togliere le radici conviene usare una vanga oppure un piccone. Quando possibile, l'uso di equipaggiamento pesante come un escavatore, è consigliabile. Un altro metodo consiste nel soffocare le piante con una tela cerata. I fusti devono essere tagliati nel mese di maggio e quanto più possibile vicino al suolo e i monconi rimasti vanno coperti con una tela cerata molto spessa e lasciati così per un'intera stagione. In questo modo la luce non può raggiungere le piante che quindi vedono ridursi drasticamente la loro capacità di eseguire la fotosintesi. La mancanza di luce impedisce la crescita di nuovi germogli e infine costringe le piante a esaurire le loro riserve energetiche fino a provocarne la morte. 162

163 Ove crea meno rischio, limitarsi a contenerne lo sviluppo eccessivo con normali tagli annuali; poiché pur essendo specie invasiva può creare habitat importanti, soprattutto in zone molto deteriorate, per diverse specie faunistiche Distribuzione temporale e spaziale dei lavori di manutenzione Tempistica La tempistica delle operazioni di manutenzione è un aspetto estremamente importante ai fini di una gestione più sostenibile. A questo scopo è necessario tenere in considerazioni alcuni aspetti generali quali (si veda la Figura 5.7): gli anfibi s interrano nel fango dei canali prima del gelo invernale e dalla primavera utilizzano i canali per deporre le uova o come percorsi di migrazione; le piante devono poter completare il loro ciclo vitale fino alla disseminazione; gli insetti (vedi libellule, etc) utilizzano la primavera e l estate per deporre le uova e sviluppare le larve; per molti ciprinidi il periodo di frega si estenda da marzo a luglio; gli uccelli nidificano nei canneti dei canali. Di conseguenza è necessario che gli sfalci e gli spurghi del fondo dei canali (vegetazione acquatica) siano possibilmente limitati al periodo autunnale fino al primo gelo, quando le operazione di manutenzione dovrebbero essere sospese. Lo sfalcio della vegetazione erbacea sulle sponde può avvenire anche nei mesi invernali, ma preferibilmente nel periodo tardo estivo-autunnale, sfalsando di due o tre settimane gli interventi rispetto al taglio delle piante colturali nella campagna circostante, per consentire al canale di svolgere la sua funzione di habitat rifugio. Il taglio della vegetazione arborea ed arbustiva nella fascia spondale avviene di regola nel periodo di riposo vegetativo (autunno-invernale). Solo quando sia strettamente necessario effettuare due tagli annui, programmare quello primaverile il prima possibile (fine inverno/inizio primavera marzo/prima 163

164 settimana di aprile) onde evitare di arrecare danno alla fauna nidificante. Il secondo in autunno. Figura 5.7 Calendario ecologico (Da Land Baden-Wüttemberg). Distribuzione spaziale Per ridurre i danni all ecosistema e promuovere la molteplicità ecologica dell intera rete di canali, occorre concepire un attenta distribuzione spaziale e temporale dei lavori di manutenzione, che si riassume nell elaborazione di uno specifico piano. Secondo le dimensioni dei canali, i lavori di manutenzione possono essere spazialmente distribuiti secondo diversi modelli. Il modello deve essere scelto dopo attenta valutazione delle esigenze funzionali dei canali, e quelle ecologiche del territorio. 164

165 Il modello a isole. Nella manutenzione, si risparmiano modesti popolamenti vegetali, sulle scarpate e sulle fasce spondali dei canali, che formano così caratteristiche isole. Questo modello è adatto per i piccoli canali, che devono assicurare un alta capacità di deflusso, incompatibile con la conservazione d interi settori di vegetazione, come nel modello successivo. La formazione di isole vegetali consente di conservare un minimo di molteplicità strutturale nel canale e impedisce un eccessiva banalizzazione dell ecosistema dopo la manutenzione. Nel canale le isole promuovono condizioni di flusso variabile, con effetti favorevoli sugli organismi acquatici. Tuttavia possono essere accompagnati anche da fenomeni negativi quali il verificarsi di processi erosivi localizzati, a scapito della stabilità delle sponde. Per evitare erosioni, si deve risparmiare sempre una fascia, anche ridotta di vegetazione lungo il piede delle scarpate. Sfalcio delle scarpate per settori. Ogni anno alcuni settori longitudinali dei canali più grandi e lunghi sono sottoposti a misure di manutenzione bilaterali o unilaterali, mentre altri settori, alternati ai precedenti, sono risparmiati. Un approccio simile è stabilito anche per i canali più piccoli e corti, includendo o escludendo alternativamente dalle misure di manutenzione l intero canale. Di regola, i settori longitudinali sottoposti a misure alternate di manutenzione non dovrebbero superare i 100 m e il 20% della lunghezza totale del canale. Sfalcio da un solo lato del canale, interessando circa la metà del fondo ed una sola scarpata del canale. Questo modello è adatto per i canali più grandi, con larghezza minima sul fondo pari a 2 m, inoltre la capacità di deflusso richiesta non deve essere troppo alta. Il lato risparmiato nella manutenzione, con la sua vegetazione, consente di conservare una parte rilevante dei popolamenti faunistici. Esso inoltre ombreggia l altra metà del canale rallentando la crescita della vegetazione acquatica. Sono possibili anche combinazioni tra diversi modelli per es. sfalcio delle scarpate per settori e taglio del fondo risparmiando alcune isole. 165

166 Sfalci diversi nello stesso anno sullo stesso canale. Pur riconoscendo che non si tratta di una gestione sostenibile ai fini della biodiversità, in caso di zone ad elevato rischio idraulico in cui è necessario intervenire in maniera più radicale si possono suggerire i seguenti accorgimenti: procedere al taglio totale della vegetazione nel periodo autunnale-invernale avendo cura di lasciare l apparato radicale, il taglio primaverile (fine inverno-inizio primavera) deve interessare solo la parte sommitale della sponda, lasciando inalterata la vegetazione al piede per un estensione di circa 1 m dall alveo, mantenendo così un rifugio per la fauna. 5.4 Le fasce Tampone Boscate Le Fasce Tampone Boscate (nel seguito FTB) sono fasce di vegetazione arborea e/o arbustiva che separano i corpi idrici superficiali (scoline, fossi, canali, fiumi, laghi) dal territorio circostante che possono essere gestite con tecniche forestali integrate nel ciclo produttivo agrario, ad esempio promuovendo l utilizzo dei residui e cascami di lavorazione e di materiali di risulta derivanti dalla manutenzione della fascia riparia per la produzione di carta, pannelli, energia, calore, composti naturali per l agricoltura (Figura 5.8). Figura Esempio di fascia tampone boscata e sue funzioni potenziali. 166

167 Manutenzione delle Fasce Tampone Boscate. Per garantire l efficacia delle fasce tampone è necessario effettuare frequenti tagli a pochi cm dal terreno che hanno il ruolo di rinnovare il filare e stimolare il rapido ricaccio delle ceppaie, al contrario il taglio raso della fascia riparia provoca la perdita totale della capacità rigenerativa. Le tecniche tradizionali richiedevano molta manodopera, oggi sono disponibili nuove tecnologie che consentono di velocizzare il taglio delle fasce tampone, restituendo sostenibilità economica agli interventi di manutenzione. Per fare ciò è però necessario individuare la migliore strategia di meccanizzazione per ciascun caso specifico. La ceduazione delle FTB può produrre legna da ardere o cippato: nel primo caso pur ottenendo un prodotto di valore si riesce a sfruttare solo parte della biomassa; nel secondo invece si produce una materia prima molto meno pregiata, ma si può valorizzare tutta la biomassa disponibile e si impiegano cantieri molto più produttivi (vedi progetto LIFE Fasce Tampone di Veneto Agricoltura Manutenzione delle sponde compatibile con la presenza delle fasce tampone. Per lavorare sulle sponde in presenza di fasce tampone potrebbe essere impiegato un trinciasarmenti montato su braccio articolato portato da un trattore agricolo che consente passate di larghezza pari a 1 m e di accedere a zone altrimenti non accessibili, scavalcando una vegetazione che può giungere sino ad un altezza di 1-1,5 m. Altrimenti si possono utilizzare i macchinari a carreggiata ridotta che si prestano bene alla manutenzione dei corsi d acqua in presenza di fasce tampone o sistemi lineari di siepi, in cui lo spazio tra sponda e vegetazione è scarso. 167

168 5.4.1 L ombreggiamento L introduzione delle FTB lungo i corsi d acqua contribuisce non solo al miglioramento della qualità dell acqua e dell ambiente fluviale ma, in conseguenza della ritenzione dei nutrienti e dell ombreggiamento, permette di contenere lo sviluppo delle alghe e della vegetazione acquatica, riducendo la frequenza degli interventi di manutenzione. L efficacia dell ombreggiamento a sviluppo maturo della fascia è tale che per evitare la totale scomparsa delle piante acquatiche è consigliabile prevedere filari non continui o realizzare le FTB lungo un unico lato del corso d acqua. Nei primi anni quando l ombreggiamento è ancora scarso, dove le dimensioni del corso d acqua lo consentano, è conveniente impiegare la barra falciante montata su un imbarcazione. Effetto positivo dell ombreggiamento è quello di limitare lo sviluppo abnorme della vegetazione erbacea e delle alghe sulle sponde e nell alveo del canale. Questo fattore può essere sfruttato per ridurre la necessità di interventi di manutenzione meccanica, con notevoli vantaggi per gli Enti preposti alla gestione dei corsi d acqua. È evidente che l ombreggiamento può essere considerato di ostacolo alla crescita di altri organismi e quindi utile nei casi in cui riduca l eccesso di eutrofizzazione o limiti lo sviluppo di infestanti, dannoso nei casi in cui riduca completamente lo sviluppo della vegetazione spondale o acquatica laddove essa possa essere lasciata. Nella gestione dei canali di bonifica si possono presentare molteplici situazioni e delineare vari possibili scenari (Figura 5.9): 1. Canali in cui si può lasciare vegetazione in alveo (di scolo, poco rischio idraulico): a sezione stretta: alternare vegetazione in alveo e fuori alveo (Fig. O1) stando attenti che l ombreggiamento non precluda totalmente la possibilità di crescita alla vegetazione in alveo (Fig. O2), oppure tenere una fascia arborea continua nel lato posto a nord. 168

169 a sezione più ampia: comportarsi nuovamente come nel caso precedente (Fig.O1) oppure in alternativa tenere una fascia arborea continua lungo una sola riva ponendola sul lato sud in modo che l ombreggiamento ricada in alveo senza precludere la vegetazione lungo la sponda opposta (Fig.O3). 2. Canali in cui non è possibile lasciare la vegetazione in alveo (irrigui con acqua pompata controcorrente, alto rischio idraulico): sfruttare l effetto ombreggiamento della vegetazione fuori alveo con una fascia boscata orientata in direzione est-ovest e posta sul lato sud o una fascia boscata su entrambi i lati (Fig. O4 e O5) (CIRF Progetto LIFE ECONET). Figura Scenari di ombreggiamento nei canali artificiali 169

170 5.5 La rete ecologica nelle aree di interesse naturalistico Le aree di interesse naturalistico, ed in particolare nelle ANPIL hanno una doppia valenza: - sono aree di elezione per una gestione ecologicamente sostenibile del territorio così come i loro piani di gestione richiedono; - possono rappresentare il primo luogo in cui iniziare il coinvolgimento e la sensibilizzazione della comunità verso le problematiche ambientali. Di conseguenza è proprio in questa parte dei territori consortili che è possibile spingere verso azioni che muovono in direzione del miglioramento ambientale e quindi anche in direzione della realizzazione di reti ecologiche. Le reti ecologiche sono un sistema coerente di zone naturali e/o semi naturali strutturato e gestito con l obiettivo di mantenere o ripristinare la funzionalità ecologica per conservare la biodiversità e allo stesso tempo creare appropriate opportunità per l uso sostenibile delle risorse naturali. Sicuramente le sponde in vicinanza di aree agricole hanno una grossa potenzialità di miglioramento per quanto riguarda la vegetazione riparia incrementandone la naturalità e tutte le funzioni ad essa legate oppure usandola a scopo produttivo di biomassa. Fruizione La fruizione rappresenta tutte quelle azioni e strutture (cartellonistica, piste ciclabili,..) che possono facilitare la visita al territorio e consentire un primo approccio conoscitivo dell ambiente circostante. Le strutture fruitive possono essere utilizzate per attività di educazione ambientale, che permetta un cambiamento di approccio alla natura verso la scelta della sostenibilità (si veda l esempio illustrato nella Figura 5.10). 170

171 Figura Esempio di valorizzazione paesaggistica, sotto punto di osservazione per l avifauna.cave di Noale: Interventi di riqualificazione ambientale lungo il basso corso del Fiume Draganziolo. Attività silvicolturali La silvicoltura è una disciplina che si occupa dei problemi riguardanti la conservazione, la coltivazione e lo sfruttamento razionale dei boschi e delle foreste. All interno delle aree protette i Consorzi potrebbero incentivare la costituzione delle reti ecologiche, e quindi delle fasce tampone boscate, come esempio per eccellenza di corridoi ecologici, in cui uno o più habitat naturali permettono lo spostamento della fauna e lo scambio dei patrimoni genetici tra le specie presenti aumentando il grado di biodiversità, fatto salvo i casi in cui si manifestino particolari criticità legate al rischio idraulico 171

172 6. OCCLUSIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI DA PARTE DEI DETRITI ARBOREI 6.1 Metodologia operativa per valutare il rischio di occlusione Viene qui descritta la metodologia sviluppata per valutare i rischi di occlusione delle luci dei ponti e delle sezioni derivanti dal trasporto nei corsi d'acqua di detriti arborei galleggianti (Figura 6.1). La metodologia richiede la conoscenza delle dimensioni della vegetazione presente nei corsi d acqua in esame, oltreché le dimensioni delle sezioni e delle luci dei ponti, e quantifica il livello di interferenza con le dimensioni delle sezioni fluviali. In particolare, è ipotizzabile che l'ostruzione delle sezioni ed in particolare quelle dei ponti da parte dei detriti arborei flottanti avvenga quando le loro dimensioni risultano simili, mentre nel caso in cui le dimensioni della vegetazione siano molto inferiori si può supporre che il materiale transiti senza creare problematiche. I detriti legnosi di più ridotte dimensioni potrebbero dare luogo ad un rischio nel caso in cui andassero ad ingrossare delle accumuli già presenti da parte dei materiali più grossolani. Figura 6.1 Esempio di ostruzione di una luce di un ponte a causa dei detriti legnosi 172

173 Dal punto di vista applicativo, la metodologia richiede: i) una serie di campionamenti della vegetazione, che potranno essere effettuati dai Consorzi di Bonifica, relativi alle dimensioni e alla distribuzione delle piante sui diversi torrenti in esame. In particolare, i dati sulla vegetazione forniti potranno riguardare le specie, il numero e le circonferenze degli alberi in alcune aree di riferimento da cui si è potuto ricavare i diametri e successivamente le altezze delle piante. Questi campionamenti consentiranno di costruire delle curve delle distribuzioni in frequenza della lunghezza delle piante ii) un analisi delle larghezze delle sezioni e delle luci dei ponti sui torrenti in esame; anche in questo caso verranno elaborate delle distribuzioni in frequenza della larghezza delle sezioni e delle luci. iii) il confronto tra le curve in frequenza della lunghezza - piante e della larghezza sezioni; in particolare, il confronto sarà volto a quantificare l intervallo di sovrapposizione, indicando la presenza di possibili situazioni di rischio, mediante il calcolo di un indice del rischio (Ir). iv) Il calcolo dell indice di rischio (Ir) come il rapporto tra l area di sovrapposizione delle due distribuzioni in frequenza lunghezza-alberi e larghezza-attraversamenti (si veda la campitura nella Figura 6.2) e l area totale della distribuzione delle larghezza delle sezioni dell alveo in esame. In pratica, a seconda della sovrapposizione delle due curve, si può avere un livello di rischio diverso per ogni corso d acqua. L indice di rischio L indice di rischio può assumere un valore compreso nell intervallo [,1]. Nel caso in cui l area di sovrapposizione delle due distribuzioni risulti nulla Ir=0 il rischio è trascurabile; nel caso di completa sovrapposizione delle due curve, Ir=1 il rischio è massimo (si vedano i diversi possibili casi rappresentati in Figura 6.2). 173

174 Figura 6.2 Variazione dell indice di rischio per l occlusione dei ponti e delle sezioni; Av indica la distribuzione in frequenza della lunghezza dei detriti legnosi, A s la distribuzione delle larghezze delle sezioni e degli attraversamenti. 174

175 6.2 Esperimenti di laboratorio Viene qui presentata la metodologia sperimentale e i risultati delle prime prove di laboratorio volte ad analizzare il rischio di occlusione delle luci dei ponti ed il criterio esposto nel par Gli esperimenti sono stati svolti nel laboratorio di Idraulica del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell Università di Firenze Progettazione del sistema sperimentale LA CANALETTA DI LABORATORIO Gli esperimenti sono stati condotti in una canaletta rettilinea con pareti in Plexiglas (PMMA Polimetilmetacrilato) avente lunghezza totale di m, larghezza di 0.44 m e profondità di 0.30 m. La canaletta è suddivisa longitudinalmente in due canali separati da una parete di plexiglass. Per le prove è stato considerato solo il canale principale largo 0.30 m con altezza delle sponde pari a 0.18 m e fondo ghiaioso caratterizzato da un diametro D 50 = 6.81 mm (Figura 6.3). A distanza di 3.30 m dalla sezione di monte del canale è stato inserito un restringimento di sezione realizzato in plexiglass (per le cui caratteristiche geometriche si rimanda al punto successivo). L inclinazione del fondo della canaletta è stato posta pari a Nella parte terminale del canale è posta una paratoia, regolabile mediante manovella, che può funzionare sia come luce libera che rigurgitata in funzione anche del livello d acqua presente nel canale. E presente inoltre una striscia graduata solidale con il bordo del canale per agevolare l acquisizione delle misure di livello. 175

176 Figura 6.3 Geometria della canaletta utilizzata per le prove di laboratorio. Figura 6.4 Canaletta di laboratorio. 176

177 Ai fini di una corretta rappresentazione ed elaborazione dei dati, è necessaria l'introduzione di un opportuno sistema di riferimento, sia per il campionamento dei dati, in modo che a ogni punto di acquisizione del sensore sia attribuibile uno specifico punto sulla griglia definita, che per il salvataggio sul pc. E stato adottato un sistema di riferimento ortogonale solidale alla canaletta. Esso si compone di un asse X, che ipoteticamente coincide con la proiezione del bordo esterno destro della parete della canaletta sul fondo del canale (cioè lato opposto allo sfioratore), con direzione positiva verso valle. L'asse Y ortogonale a X, e posto orizzontalmente nel piano del fondo della canaletta con direzione positiva da destra verso sinistra. Infine l'asse Z posto in direzione verticale, ortogonale al piano individuato da X-Y, con verso positivo verso l'alto. Il sistema di riferimento adottato è visibile nella Figura 6.5 in cui tutte le misure sono in mm. Figura 6.5 Sistema di riferimento ortogonale solidale alla canaletta adottato per le prove (le misure sono in mm) 177

178 Figura 6.6 Sistema di riferimento nella canaletta. DIMENSIONAMENTO DEL RESTRINGIMENTO DELLA SEZIONE Ai fini di una valutazione del rischio associato al fenomeno di occlusione delle luci dei ponti o dei restringimenti di sezione a causa dei detriti arborei trasportati dalla corrente, è stato riprodotto un restringimento di sezione nella canaletta mediante inserimento di una sezione in plexiglass. Per valutare la percentuale di restringimento della sezione della canaletta sono state utilizzate le misure di larghezza di 901 sezioni fluviali e delle luci di 118 ponti relative ai corsi d acqua dei bacini ricadenti all interno del comprensorio del Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina ricavando le larghezze medie (si veda il rapporto finale della convenzione con il DICEA del 2012). Dal rapporto tra la larghezza media della luce dei ponti e la larghezza media delle sezioni è stata determinata la percentuale di occlusione della sezione. I dati sono riportati in Tabella 6.1. sezioni ponti % occlusione numero % 42% L media [m] Tabella 6.1 Determinazione della percentuale di occlusione della sezione in canaletta. 178

179 Nota dunque la percentuale di restringimento e nota la larghezza della canaletta è stato possibile riprodurre l occlusione nel canale di laboratorio. Nella prima serie di prove si è optato per un restringimento di sezione come quello rappresentato in Figura 6.7 Ulteriori prove e valutazioni verranno successivamente condotte per valutare l influenza della forma del restringimento (presenza di pile in alveo), sul fenomeno di occlusione. Figura 6.7 schema del primo restringimento (le misure sono in mm), a destra una foto del restringimento in canaletta. MODELLO DEI T ONCHI D ALBE O MATERIALE Per la scelta della tipologia di legno da utilizzare per riprodurre i detriti arborei si è considerato lo studio di Welber (2013) relativo alla distribuzione dei detriti arborei nei sistemi fluviali ramificati. Nello studio sono stati condotti molteplici test in canaletta utilizzando varie tipologie di bastoncini cilindrici di legno presenti in commercio (noce, frassino, ramino, balsa, castagno), sia in condizione di legno asciutto che bagnato, ai fini 179

180 di valutare sia la densità che la durabilità (intesa come la capacità del legno di conservare le proprie caratteristiche di resistenza nel tempo). Il materiale che ha fornito i risultati più soddisfacenti è il legno di castagno che presenta una densità pari a Kg/dm 3 (densità del legno bagnato pari a Kg/dm 3 ). Inoltre la tipologia di vegetazione censita da Welber per il suo studio è analoga alla tipologia di vegetazione presente nei bacini che ricadono nel Comprensorio del Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina. Come risulta da indagini condotte dall Autorità di Bacino del Fiume Arno principalmente nella fascia ripariale, ovvero la striscia di terreno che va dalla riva del fiume alla parte sommitale dell argine, o della sponda, le specie più diffuse sono il Salix (salice), Populus Nigra (Pioppo nero) e l Alnus Glutinosa (Ontano nero). Nel caso in esame, sulla base della disponibilità in commercio, sono stati adoperati bastoncini cilindrici di legno di faggio, appartenente alla stessa famiglia del legno di castagno (le Fagaceae) e simile a quest ultimo in termini di densità e durabilità, infatti il range di densità del faggio è pari a Kg/dm 3 contro il Kg/dm 3 del legno di castagno. DIAMETRI E LUNGHEZZE RAPPRESENTATIVE DEI TRONCHI La scala geometrica dei bastoncini cilindrici di legno, e dunque la misura relativa a lunghezza e diametro, è stata determinata sulla base dei campionamenti forniti dal Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina nell area del comprensorio (si veda lo studio condotto dal Dipartimento di Ingegneria Civile a Ambientale dell Università di Firenze in convenzione con il Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina, 2012). In questo studio viene messa in evidenza la percentuale di piante presenti sull area esaminata in relazione al diametro, il quale è stato successivamente correlato con l altezza dell albero, come mostrato nella tabella seguente: 180

181 Piante diametro [cm] % h [m] Tabella 6.2 Censimento delle caratteristiche delle piante non soggette a taglio presenti nell area del Consorzio di Bonifica dell Area Fiorentina (tratto dalla convezione con il DICEA del 2012). Dalla Tabella 6.2 si osserva che la percentuale maggiore di piante è costituita da tronchi con lunghezza e diametro minori. Per condurre le prove sperimentali in canaletta si è scelto di individuare tre classi di tronchi in base al diametro, alla lunghezza e alla percentuale di diffusione sul territorio e di associare a ciascuna di queste classi un diametro rappresentativo di bastoncini cilindrici. E importante sottolineare che nella riproduzione dei tronchi di albero nel modello si è trascurata la presenza delle radici e dei rami (che potranno eventualmente essere considerati nelle successive future prove). E stato individuato un indice definito come il rapporto tra il diametro del tronco D e la lunghezza del tronco L w. Per ogni classe è stato definito un valore R medio come mostra la Tabella 6.3. classi D [m] L w [m] R= D/ L w R medio per classi Tabella 6.3 Classi di tronchi individuate e corrispettivi valori dell indice R. 181

182 Sulla base dello studio condotto da Welber sono stati adottati tre diametri di bastoncini cilindrici di legno pari a φ= 2 mm, 4 mm, 6 mm rappresentativi rispettivamente delle classi 1, 2, 3. La lunghezze dei tronchi misurati nella realtà sono stati scalati nel modello in funzione del diametro φ e dell indice Lwmod secondo la seguente relazione: R 6.1 dove: L wmod è la lunghezza dei bastoncini cilindrici in cm, R è il rapporto tra il diametro e la lunghezza dei tronchi, φ il diametro dei bastoncini di legno in cm. In particolar modo si è fissata la lunghezza dei bastoncini di legno rappresentanti i tronchi appartenenti alla classe 2 in modo che la lunghezza fosse coincidente con la larghezza della sezione ristretta, ed in proporzione si sono scalate le lunghezze dei bastoncini rappresentanti i tronchi appartenenti alle classi 1 e 3 in modo tale da avere la seguente classificazione: MISURE REALI MISURE MODELLO Colore classe L tronco [m] D [cm] L tronco φ [mm] bastoncini [cm] di legno SWD 1 (L tronco < L sez ) rosso MWD 2 (L tronco = L sez ) giallo LWD 3 (L tronco > L sez ) verde Tabella 6.4 Classificazione dei tronchi d albero e confronto misure nel reale e nel modello (SWD=small wood debris, MWD= medium wood debris, LWD=large wood debris). I bastoncini di legno sono stati poi colorati a seconda della classe di appartenenza per facilitare la stima del numero e tipologia di elementi transitati attraverso il restringimento e il numero di elementi trattenuti. 182

183 Figura 6.8 Bastoncini cilindrici in legno di faggio di diverso diametro e lunghezza, utilizzati nelle prove in canaletta. DISTRIBUZIONE IN FREQUENZA DEI BASTONCINI CILINDRICI DI LEGNO Un problema che si presenta nel riprodurre il trasporto di tronchi d albero nel modello è rappresentato dalla scelta del numero e della frequenza di immissione dei cilindri di legno nella canaletta. Sulla base delle misure e degli studi condotti prima da Welber (2012), poi da Kramer (2013) e visti i risultati analoghi ottenuti, in termini di percentuali di elementi appartenenti a ciascuna classe che costituiscono gli accumuli di detriti arborei (si veda Capitolo 1), vista inoltre la somiglianza di specie arboree presenti nelle aree di studio indagate, sono state determinate le percentuali di elementi appartenenti a ciascuna delle tre classi precedentemente definite come segue: 183

184 classe % di presenza SWD 1 (L tronco < L sez ) 83 MWD 2 (L tronco = L sez ) 13 LWD 3 (L tronco > L sez ) 4 Tabella 6.5 Percentuali di elementi appartenenti a ciascuna classe immessi nella canaletta durante le prove Mentre negli ultimi anni sono stati approfonditi studi relativamente alla quantità di detriti arborei fluttuanti in alveo durante eventi di piena, ben poco o quasi nulla è noto circa la frequenza di transito di tali elementi. Kramer (2013) ha provato a quantificare il numero di elementi transitanti attraverso un campo visivo coincidente con l angolo di campo di una macchina fotografica installata sulla sponda di un corso d acqua. Successivamente ha contato il numero di elementi ricadenti all interno di ciascuno scatto catturato ad intervallo temporale di 1 minuto per 32 giorni. Quello che ha osservato, come già specificato nel Capitolo 1, è che c era una stretta analogia tra le percentuali di elementi di ciascuna classe transitanti e le percentuali di elementi appartenenti a ciascun accumulo misurato lungo il corso d acqua dopo l evento di piena, e che la maggior parte dei tronchi vengono mobilitati durante la fase crescente dell idrogramma di piena. Riproducendo il fenomeno nel modello fisico, in condizioni di moto permanente e dunque facendo transitare un valore fisso di portata, risulta più complicato stabilire la frequenza di immissione dei legnetti in canaletta. Per farlo è stato misurato il tempo che impiega un legnetto di medie dimensioni (MWD) a transitare dalla sezione posta a monte della canaletta alla sezione del restringimento. Il tempo misurato è pari a circa 20 secondi ed è stato assunto come intervallo di immissione dei legnetti nella canaletta. 184

185 6.2.2 Metodologia sperimentale STRUMENTAZIONE UTILIZZATA Le attrezzature presenti in laboratorio per lo svolgimento delle prove sono di seguito elencate: - Canaletta di laboratorio (carrello, supporti per sensori di livello e trasduttore ad ultrasuoni, paratoia, quadro elettrico, tubazioni, valvola a farfalla, bypass, pannelli di differenti dimensioni per variare l apertura, striscia graduata solidale con il bordo della canaletta) - Serbatoio di raccolta dell acqua - Elettropompa sommergibile - Misuratore di portata ad induzione elettromagnetica - Sensori di livello ad ultrasuoni - Sistema di alimentazione dei sensori - Scheda di acquisizione - Telecamera - Computer di laboratorio - Bastoncini cilindrici di legno di faggio - Rete per il rilascio dei legnetti - Telo per la raccolta dei legnetti - Cavi e connessioni - Metro Vengono di seguito descritti gli strumenti utilizzati durante le prove in laboratorio. CANALETTA DI LABORATORIO (si veda Paragrafo 6.2.1) 185

186 SERBATOIO DI RACCOLTA DELL ACQUA L acqua che fuoriesce dalla paratoia viene raccolta in un serbatoio cilindrico di acciaio senza copertura avente capienza pari a 1300 litri. Figura 6.9 Paratoia di valle e serbatoio di raccolta acqua. ELETTROPOMPA SOMMERGIBILE Sul fondo del serbatoio e presente un'elettropompa centrifuga sommergibile, per aspirare l'acqua, che attraverso una tubazione situata sotto la canaletta ricircola a monte del canale. Figura 6.10 Elettropompa sommergibile. 186

187 La tubazione si compone: di un bypass posto prima dell'ingresso nel canale che all'occorrenza devia l'acqua nel serbatoio, di un misuratore di portata ad induzione elettromagnetica, di una valvola a farfalla per controllare la portata che transita nella canaletta ed infine un quadro elettrico per controllare l'alimentazione degli strumenti collegati. MISURATORE DI PORTATA AD INDUZIONE ELETTROMAGNETICA Il misuratore di portata utilizzato e un Asametro ad induzione elettromagnetica ASAMAG modello AW prodotto da ASA Srl. Il misuratore di portata ad induzione elettromagnetica permette di misurare la portata volumetrica di un liquido elettricamente conducibile. Non ci sono organi meccanici in movimento, la sezione di passaggio è libera e quindi le perdite di carico sono minime. La misura è indipendente da pressione, temperatura e viscosità. Il principio di funzionamento dello strumento si basa sulla legge di induzione elettromagnetica di Faraday. Il misuratore e rivestito internamente da PTFE (Politetrafluoroetilene ovvero il Teflon) mentre esternamente da acciaio inossidabile. La parte elettronica è incorporata nello strumento ed ha la funzione di amplificare e convertire il segnale elettrico proveniente dal misuratore. Lo strumento e collegato tramite un cavo seriale direttamente al computer, presente in laboratorio, che analizza il segnale grazie al software LabView della National Instruments. 187

188 Figura 6.11 Misuratore di portata ad induzione elettromagnetica. STRUMENTI PER LA MISURA DEI LIVELLI Per la misura del livello d acqua presente nel canale sono stati utilizzati dei sensori di livello a ultrasuoni Honeywell 943-F4V-2D-1C0-330E. Sono presenti 4 sensori fissati su dei supporti in acciaio posizionati rispettivamente uno a monte e uno a valle del canale, e gli altri 2 posizionati a monte e a valle del restringimento inserito nel canale principale. Il sensore viene fissato in posizione verticale al di sopra del pelo libero, con la superficie di emissione del segnale rivolta verso il basso. Il funzionamento si basa sulla misura del tempo che impiega l onda ad ultrasuoni per viaggiare nel mezzo in cui è immersa e tornare indietro; lo strumento converte tale misura in un segnale elettronico rappresentativo del livello, che sarà poi convertito in una lunghezza grazie alle informazioni derivanti da un processo preliminare di calibrazione. Il sensore deve essere posizionato al di sopra del pelo libero ad una distanza minima di 6 cm, il mezzo in cui viaggia l onda ad ultrasuoni è quindi l aria e la superficie riflettente è rappresentata dall acqua. 188

189 Figura 6.12 Sensore ad ultrasuoni per la misura dei livelli (a sinistra) e disposizione del sensore sul supporto (a destra). E necessaria una preliminare operazione di taratura posizionando il sensore nel punto di misura con accanto una scala graduata e, nota la distanza fra sensore e fondo del canale, si effettua una serie di misure nel canale senza far scorrere l acqua. Lo strumento registra quindi un segnale elettrico (in tensione) che viene associato, tramite il software di controllo del sensore, alla distanza rispetto al fondo del canale, che rappresenta lo zero della scala di misura. Successivamente si effettua un altro campionamento inserendo una superficie riflettente più vicina al sensore, ad una quota leggermente superiore rispetto al livello massimo che è possibile misurare, in modo da tarare il campo di misura in relazione alle nostre esigenze. A questo punto il segnale minimo e massimo corrispondono ad un livello zero e ad un livello massimo di riferimento e, individuando la legge che lega il segnale elettrico registrato dallo strumento all altezza misurata, lo strumento può operare con precisione nel campo scelto. Secondo le specifiche dello strumento, il range limite di misura è pari a mm, come mostrato nella Figura 6.13: 189

190 Figura 6.13 Campo di funzionamento della misura dello strumento di misura dei livelli SCHEDA DI ACQUISIZIONE La scheda di acquisizione utilizzata fa parte della categoria di prodotti DAQ (Data Acquisition) della National Instruments. Comprende un CompactDAQ slot USB chassis, ovvero il telaio nel quale vengono alloggiati 2 moduli a 4 canali NI 9215 (Figura 6.14). Figura 6.14 Classic CompactDAQ slot USB (a sinistra) e modulo 4 canali NI 9215 (a destra). La scheda ha la funzione di acquisire correttamente il segnale elettrico in uscita dallo strumento di misura (in questo caso i sensori di livello) ed inviarlo al computer, dove può essere visualizzato in tempo reale, elaborato e registrato. Il software che si utilizza per controllare i segnali in arrivo sia dai sensori di livello e che dal misuratore di portata è Lab iew, anch esso prodotto dalla National Instruments. 190

191 SISTEMA DI ALIMENTAZIONE DEI SENSORI Deve essere presente anche un sistema di alimentazione dei sensori. Si utilizza un ATTEN APS3005S (Figura 6.15), unità di alimentazione in corrente continua che fornisce in uscita una tensione costante regolabile di 0-30 V ed una corrente costante di 0-5 A, per una potenza massima di 90 W. Nel nostro caso si impone una tensione di 15 V ed una corrente di 0.02 A. Figura 6.15 Unità di alimentazione DC. TELECAMERA Per le riprese è stata utilizzata una fotocamera Canon PowerShot SX230 HS con zoom ottico 14x e obiettivo grandangolare da 28 mm, montata su un supporto treppiede regolabile installato sulla canaletta in corrispondenza del restringimento di sezione. BASTONCINI DI LEGNO Per riprodurre i detriti arborei fluttuanti nel corso d acqua sono stati utilizzati dei bastoncini di legno di faggio di diverse dimensioni. I criteri per la scelta dei diametri e delle lunghezze utilizzati sono state specificate nel paragrafo

192 Figura 6.16 Bastoncini cilindrici in legno di faggio utilizzati per le prove in canaletta 4 IL MODELLO HEC-RAS La geometria della canaletta di laboratorio è stata importata in HEC-RAS per avere un riscontro tra il modello fisico e quello numerico. Come specificato in precedenza la canaletta ha una lunghezza totale di m, larghezza di 0.3 m e l altezza delle sponde è di.18 m. La pendenza del fondo è pari a. 1. Per l inserimento delle sezioni in HEC-RAS si è fatto riferimento allo schema riportato in Figura Figura 6.17 schema in pianta della canaletta con indicato il posizionamento del restringimento di sezione, delle sonde per la misura dei livelli e delle sezioni di riferimento inserite in HEC-RAS. 192

193 sez_cs4 sez_cs3 sez_restr... sez_cs2 sez_cs1 sez_monte Elevation (m) Elevation (m) Accordo Collaborazione Scientifica RT - UNIFI 0.20 modello canale Plan: modello canale+q=0.0174m3/s (p1-5) 23/1/14 sez_cs1.015 Legend EG PF 1 WS PF 1 Ground Bank Sta Station (m) Figura 6.18 Schema di una sezione trasversale della canaletta in HEC-RAS modello canale Plan: modello canale+q=0.0174m3/s (p1-5) 23/1/14 canale tratto Legend EG PF 1 WS PF 1 Crit PF 1 Ground Main Channel Distance (m) Figura 6.19 Schema del profilo longitudinale della canaletta in HEC-RAS. 193

194 Il programma HEC- AS richiede l inserimento di almeno tre valori del coefficiente di Manning in ogni sezione: uno per la golena destra, uno per il canale principale ed uno per la golena sinistra. In riferimento ai due coefficienti golenali si assume come scabrezza delle pareti in plexiglass del canale di laboratorio un valore di n [s/m 1/3 ] pari a 0.01 (Chow, 1959). Per quanto riguarda invece la stima del coefficiente di Manning relativo al canale principale, bisogna considerare che il canale presenta un rivestimento in ghiaia avente un diametro rappresentativo D 50 = 6,81 mm. Sono molte le formule proposte da diversi autori per la stima del coefficiente di Manning in funzione di un diametro significativo D s. Per stabilire con maggiore precisione il coefficiente di Manning sono state già condotte negli anni precedenti alcune prove con la canaletta chiusa con diversi valori di portata (14 valori compresi fra 0.5 l/s e 7 l/s) confrontando le misurazioni di livello registrate con i risultati di simulazioni in moto permanente. I risultati migliori sono stati registrati per valori del coefficiente di Manning n=0.015 s/m 1/3. La portata di riferimento e le condizioni al contorno sono state stabilite dopo una serie di prove effettuate in canaletta allo scopo di verificare che la portata circolante fosse tale per cui il livello medio di tirante idrico corrispondesse a circa 2/ dell altezza della sezione, rispettando così la condizione di incipiente movimento per i detriti arborei (Kramer, 2013), e in modo tale che la corrente fosse indisturbata e che l assetto idrometrico della corrente a monte e a valle non risentisse particolarmente della presenza del restringimento. Dal punto di vista idraulico si è rispettata la similitudine di Froude di corrente subcritica, vale a dire la modellazione in HEC-RAS ha permesso di verificare che il valore del numero di Froude fosse piuttosto basso (dell ordine di.2). Gli stessi valori del numero di Froude sono stati osservati da Kramer (2013), Welber (2012), Manners (2006) durante le loro osservazioni su campo in occasione di eventi di piena e trasporto di detriti arborei. 194

195 Dopo aver scelto la portata di riferimento pari a m 3 /s, sono state inserite le condizioni al contorno per la simulazione in moto permanente. Le condizioni al contorno inserite sono la profondità di moto uniforme a monte (Normal Depth, calcolata a partire dalla pendenza del fondo pari a 0.001) e un altezza d acqua nota a valle (fissata regolando l apertura della paratoia posta a valle). I parametri utilizzati nella simulazione di moto permanente mediante software HEC-RAS sono riportati nella Tabella 6.6. Portata Q[m 3 /s] Coefficiente di Manning alveo [s/m 1/3 ] Coefficiente di Manning sponde [s/m 1/3 ] Condizione al contorno di monte Condizione al contorno di valle Apertura paratoia a valle [cm] Normal depth (0.001) Y v = 0.07 m 0.5 Tabella 6.6 Parametri utilizzati nella simulazione con HEC-RAS. LE PROVE Le prove condotte nella canaletta sono finalizzate ad acquisire due tipologie di misure: - Il numero di elementi transitanti/trattenuti; - I livelli idrici a monte e a valle del restringimento. ACQUISIZIONE DEI LIVELLI Sono state effettuate misure di livello allo scopo di ricostruire la superficie idrica, e di valutare l influenza dell ostruzione causata dall accumulo di detriti sui livelli idrici in prossimità dell ostruzione. Sono state identificate 4 sezioni di misura, 2 poste a monte e a valle del restringimento e 2 a monte e a valle della canaletta (Figura 6.20). 195

196 I sensori sono stati fissati su supporti in acciaio ed è stata effettuata una nuova taratura dello zero a causa dell irregolarità della superficie riflettente del fondo della canaletta dovuta alla presenza di ghiaia sul fondo del canale. Quindi si è settato un nuovo valore dello zero con un tirante idrico sufficiente a ricoprire la ghiaia sul fondo. Figura 6.20 Sonde per la misura dei livelli, posizionate a monte (destra) e a valle (sinistra) del restringimento. Per l acquisizione dei dati si utilizza il software LabView. Il programma richiede due parametri in ingresso che sono il tempo di acquisizione del segnale e il numero di misure da acquisire in un unità di tempo (pari ad 1 s). In output restituisce un file di tipo txt costituito da 4 colonne rappresentanti le acquisizioni dei quattro sensori a ultrasuoni posti lungo la canaletta. In questo caso non è necessario acquisire il tempo perché è noto a priori sulla base dei dati inseriti in input, e la portata che resta costante durante tutta la simulazione. 196

197 Figura 6.21 Interfaccia grafica del programma LabView Il primo set di prove T1 è costituito da 5 prove per ciascuna delle quali è stato fissato un tempo di campionamento pari a 180 s e un tempo di acquisizione pari a 20 s, quindi in totale i dati di livello acquisiti da una sonda in ciascuna prova sono 3600 (180 x 20). Il numero complessivo di legnetti immessi nella canaletta durante ogni prova è 125, suddivisi per classi sulla base dei criteri descritti in precedenza (Kramer, 2013) e in gruppi di 5 impulsi di 25 legnetti immessi nella canaletta con frequenza di 20 secondi, simulando così un caso di trasporto solido di tipo congested (Braudrick, 1997). Le caratteristiche e i parametri adoperati per ciascuna prova sono riassunti nelle Tabelle 6.7, 6.8: 197

198 set prove T1 N data prova tipologia restringimento 1 23/1/14 restringimento di sezione 2 23/1/14 restringimento di sezione 3 23/1/14 restringimento di sezione 4 23/1/14 restringimento di sezione 5 23/1/14 restringimento di sezione upstream BC normal depth (i=0.001) normal depth (i=0.001) normal depth (i=0.001) normal depth (i=0.001) normal depth (i=0.001) downstrea m BC Y [cm] apertura paratoia a Q [l/s] valle 6,6-6,8 h= 0.5 cm ,6-6,8 h= 0.5 cm ,6-6,8 h= 0.5 cm ,6-6,8 h= 0.5 cm ,6-6,8 h= 0.5 cm 1.74 Tabella 6.7 Caratteristiche e parametri adottati per ciascuna prova set prove T1 N tempo di prova acquisizione [s] Numero di dati acquisiti al secondo N impulsi gruppi legnetti N elementi di un impulso N elementi totale frequenza immissione rossi gialli verdi rossi gialli verdi legnetti [s] Tabella 6.8 Caratteristiche e parametri adottati per ciascuna prova 198

199 legnetti: Si riporta inoltre la tabella riassuntiva con le caratteristiche delle classi di MISURE REALI MISURE MODELLO Colore classe L tronco [m] D [cm] L legnetto [cm] D [mm] bastoncini di legno 1 (L tronco < L sez ) rosso 2 (L tronco = L sez ) giallo 3 (L tronco > L sez ) verde Tabella 6.9 Lunghezza e diametro dei legnetti appartenenti a ciascuna classe, adoperati nelle simulazioni ACQUISIZIONE ELEMENTI TRANSITANTI E TRATTENUTI Al termine di ciascuna prova vengono prelevati dalla canaletta i legnetti trattenuti a monte del restringimento. Si conta il numero di elementi trattenuti per ciascuna classe e il numero di elementi che si arrestano in prossimità delle sponde nel tratto a monte del restringimento. Dalla differenza tra il numero di legnetti totali e quelli trattenuti si risale al numero di elementi passanti. Si considerano trattenuti tutti i legnetti che al termine della prova restano bloccati a monte del restringimento e quei legnetti che superano parzialmente in lunghezza il restringimento ma sono comunque fermi. Sulla base dello studio condotto da Betti et al. (2006) si sono determinati i seguenti parametri: - il coefficiente di cattura C c espresso come rapporto tra il numero di elementi transitati e il numero di elementi catturati (Equazione 1.13) - il coefficiente di presenza (o frequenza di transito) C P espresso come il rapporto tra il numero di elementi transitati per classe e il numero di elementi transitati totali (Equazione 1.14) - l indice di attitudine alla cattura come rapporto tra C c e C p (Equazione 1.15). 199

200 6.2.3 Risultati sperimentali Vengono di seguito riportati i risultati delle prove sperimentali condotte nella canaletta di laboratorio. MISURE DI ELEMENTI TRATTENUTI/PASSANTI Set di prove T1 N Classe 1 Classe 2 Classe 3 Somma prove passanti trattenuti arenati passanti trattenuti arenati passanti trattenuti arenati trattenuti media Tabella 6.10 Numero di elementi trattenuti e passanti in prossimità del restringimento in canaletta, per ciascuna classe. Figura 6.22 Numero medio di elementi passanti/trattenuti per classi per il set di prove T1 200

201 PROVA 1 PROVA 2 PROVA 3 PROVA 4 PROVA 5 Figura 6.23 Immagini del restringimento della canaletta all istante temporale finale della simulazione per ciascuna prova. 201

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