Le parole di cui ci nutriamo. L italiano fra tradizione e modernità



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Le parole di cui ci nutriamo. L italiano fra tradizione e modernità

IMPARARE SEMPRE 1 La forza delle parole Nell intervista che apre questo numero, la presidente della Camera Laura Boldrini racconta il suo percorso formativo e professionale, insistendo sul ruolo che vi ha giocato il carattere multiculturale e multilinguistico della sua esperienza presso l ONU. Più oltre, un fisico e un filosofo, Giorgio Parisi e Mauro Ceruti, ci spiegano che cosa sia la complessità e come essa abbia bisogno di un linguaggio che la possa descrivere e concettualizzare. Mentre è chiaro che l educazione economica e finanziaria, nella quale è ormai impossibile non riconoscere una competenza-chiave di cittadinanza, si traduce innanzitutto nella padronanza di un lessico che è tecnico ma al tempo stesso, nell èra dello spread, parte del linguaggio quotidiano. Dunque: il linguaggio e la parola come strumenti di comprensione del mondo e di comunicazione interpersonale. Proprio qui si apre un problema, che un linguista non certo facile ai sensazionalismi come Tullio de Mauro denuncia in preoccupante crescita in Italia (oltre che in Europa): sempre di più sono quelli che sanno decifrare un testo ma non capirlo. Sono, con termine tecnico, analfabeti funzionali. Periodicamente, quando si pubblicano i dati delle indagini nazionali e internazionali sulle competenze linguistiche dei giovani (INVALSI e PISA) si alzano querimonie e lamenti: sul banco degli accusati, naturalmente, la scuola, le nuove tecnologie, la televisione Poi non è che succeda granché. Forse perché accrescere le competenze linguistiche non è percepito davvero, nella pubblica opinione, come un grande obiettivo nazionale. Ricette non ce ne sono; ma certo non si faranno passi avanti senza creare un contesto in cui la straordinaria importanza e ricchezza della parola - dentro la società moderna, non contro di essa siano comprese e diffuse. La scuola e l educazione vi possono e devono giocare un ruolo decisivo. Perciòabbiamo dedicato alla Lingua salvata il dossier che fa da perno a questo numero is. L editore

Imparare è un verbo ricco di significati. Imparare vuol dire migliorarsi, crescere, vivere senza barriere. Non solo a scuola ma ovunque, e a qualunque età. Il nostro sogno? Un mondo dove la scuola sia di nuovo considerata maestra, perché i buoni insegnanti aiutano a crescere. Un mondo dove anche chi è adulto possa continuare a imparare per realizzare i propri desideri. Noi di Pearson ci crediamo. A questo lavoriamo. direzione Massimo Esposti comitato editoriale Marika De Acetis Luciano Greco Elena Grossi Marina Loffi Randolin Paolo Magliocco Valentina Murelli grafica Antonella Regina ricerca iconografica Cecilia Lazzeri correzione bozze Elisa Manera immagine di copertina Manuela Boldi Rivista aperiodica distribuita gratuitamente nelle scuole, pubblicata da Pearson Italia S.p.A. Si autorizza la riproduzione dell opera purché parziale e a uso non commerciale. L editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali non volute omissioni in merito a riproduzioni grafiche e fotografiche inserite in questo numero. is è un marchio di proprietà di Pearson Italia S.p.A. Corso Trapani 16 10139 Torino RI651800103M Stampato per conto della Casa Editrice presso Arti Grafiche DIAL, Mondovì (CN), Italia Tutti i diritti riservati 2013 Pearson Italia S.p.A. www.pearson.it impararesempre@pearson.it

Portfolio Intervista Laura Boldrini, L'inquietudine e la costanza Una vita alla continua ricerca del nuovo, senza perdere di vista i propri punti fermi di Farian Sabahi 12 Esperienze: la scuola si confronta Maghi dei numeri per un giorno. Torino Toccare il cielo con un dito. Nus, Valle d'aosta Osha, mikono! 6 Nairobi, Kenya La scommessa economica Il punto sull'alfabetizzazione economico-finanziaria nelle scuole italiane. E l'esigenza di un progetto unitario di Paolo Prati 18 Dialogo In viaggio nella complessità Giorgio Parisi, fisico e matematico, incontra Mauro Ceruti, filosofo della scienza di Paolo Magliocco 25 Esperienze: la scuola si racconta La matematica non convenzionale Studenti, docenti e ricercatori universitari insieme per trasformare una materia astratta in un'avventura di Eleonora Viganò 32

4 sommario 36 La lingua salvata Dossier Otto riflessioni sull'importanza di conoscere e padroneggiare la lingua italiana ITALIANO > pag. 39 Se 2000 parole posson bastare di Luca Serianni Tecnologia della comunicazione > pag. 42 La miniera digitale, intervista a Gino Roncaglia di Nicola Tramontana Sociolinguistica > pag. 48 Gioventù creativa, intervista a Michele Cortelazzo di Paolo Panella LETTERATURA MIGRANTE > pag. 53 Io, venditore di italiano di Pap Khouma ITALIANO > pag. 59 Una lingua sempre più amata di Giuseppe Patota Linguaggio scientifico > pag. 64 Nessuna è come la madre di Maria Luisa Villa Linguistica computazionale > pag. 69 Matematica, bit e parole di Mirko degli Esposti ENIGMISTICA > pag. 75 Parlare è un po' giocare di Ennio Peres Eppur si muove is continua: - online, sul sito is.pearson.it - con la newsletter is espresso: scopri sul sito come iscriverti - nei social network: twitter.com/is_pearson www.facebook.com/ispearson www.youtube.com/user/ispearsonvideo Benchmark Quel buco che riempie un vuoto Un modo nuovo di apprendere, 80 dalle periferie urbane dell'india di Donato Ramani La difficile arte di valutare l'istruzione La difficoltà di preparare prove standardizzate valide per tutti di Roberto Ricci Che cosa significa saper leggere L'allarme per l'analfabetismo funzionale Silvia Paris 86di

IMPARARE SEMPRE sommario 5 Cittadinanza Esperienze: oltre la scuola Il valore della conoscenza Perché la conoscenza è diventata 96 il bene più prezioso e come si può metterla a frutto di Isabella di Nicola Piccoli cittadini crescono Educare alla cittadinanza attiva, uno studio comparativo in Europa di Erica Cimò 101 Focus Tech Uniti si impara Idee per sfruttare al meglio le nuove tecnologie nella scuola di Filippo Bonaventura Dalla tavoletta al tablet Miti e realtà della tavoletta elettronica e del modo in cui può essere usata in classe di Marco Meschini 107 Laboratorio Pearson E tablet sia! Viaggio in un liceo laboratorio che ha deciso di mettere i tablet alla prova di Davide Coero Borga L'aiuto che vale L'importanza delle tecnologie assistive per i DSA di Stefano Federici e Cristina Gaggioli 4C per disegnare il futuro Quali sono i concetti chiave per la formazione dei giovani? di Donato Ramani 116

6 abcdefghilmno PORTFOLIO MAGHI DEI NUMERI PER UN GIORNO Torino Il mondo magico della matematica può aprire le porte all improvviso ai bambini delle scuole elementari e rivelare, almeno per un giorno, i suoi tesori e i suoi misteri. Così è successo a Torino, grazie alla collaborazione tra la Fondazione Agnelli, l associazione culturale CentroScienza, l Ufficio scolastico regionale e le facoltà di matematica e fisica dell Università, che hanno organizzato il primo workshop La matematica conta, dedicato a 400 allievi delle scuole primarie del Piemonte. Nelle grandi sale del Museo dell auto i bambini hanno potuto giocare con la logica, i calcoli e la statistica aiutati dai ricercatori universitari e dal fatto di trovarsi in un ambiente così diverso da quello dell aula di una scuola. L obiettivo è trasmettere non tanto conoscenze quanto, proprio come nel libro di Hans Magnus Enzensberger, Il mago dei numeri, lo stupore e il fascino del contatto quotidiano con una materia così rigorosa da apparire fredda, ma in grado di aiutare grandi e piccoli a tentare di comprendere e dominare l incertezza del mondo. P.M. Foto: Pasquale Juzzolino/FGA

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8 abcdefghilmno PORTFOLIO TOCCARE IL CIELO CON UN DITO Nus, Valle d Aosta Il telescopio punta dritto su Saturno, il gigante gassoso che, con i suoi anelli, è una delle meraviglie del Sistema solare. All'Osservatorio astronomico della Regione autonoma Valle d'aosta di Lignan, nel comune di Nus (www.oavda.it) è una delle tante serate dedicate alle scuole. In questo caso una scuola superiore, ma sulla terrazza didattica si alternano bimbi e ragazzi di ogni età, dai 3 ai 18 anni. E anche curiosi ormai fuori dalle aule scolastiche, che affollano le serate divulgative. In un incontro si imparano a riconoscere le costellazioni, si ascoltano esperti raccontare di pianeti, evoluzione stellare o buchi neri e, grazie ai 7 telescopi disponibili, si possono guardare immagini spettacolari di solito confinate nei libri di testo. Anelli di Saturno compresi. Un'occasione unica perché, a differenza di quanto accade con altre discipline scientifiche, l'astronomia è davvero difficile da toccare con mano. All'Osservatorio ci si riesce, anche perché qui non si fanno solo didattica e divulgazione, ma pure ricerca, quella vera, con progetti che spaziano dallo studio della corona solare a quello degli asteroidi, dalle indagini sulle emissioni luminose delle galassie attive a quelle sui pianeti extrasolari. E così si può scoprire dal vivo in che cosa consista davvero il lavoro solitario, notturno e spesso misterioso dell'astronomo. V.M. Foto: Fondazione Clément Fillietroz - ONLUS/ Osservatorio Astronomico

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PORTFOLIO OSHA MIKONO! (lavati le mani) Nairobi, Kenya Ebbene sì, da qualche anno c è anche la giornata mondiale del Lavarsi le mani, messa a calendario il 15 di ottobre. Verrebbe da sorridere, senonché in questo caso la faccenda è di non poco rilievo e i dati sono drammatici. Oltre due milioni di bambini sotto i cinque anni, per fermarsi ad un unico impressionante esempio, muoiono ogni anno di diarrea e polmonite, una cifra che potrebbe drasticamente abbassarsi se si diffondesse l abitudine di lavarsi le mani con il sapone. Il CDC (Center for Diseases Control) di Atlanta, sulla base di studi e ricerche rigorose ha valutato che questa forma di vaccino fai-da-te ridurrebbe fino al 50% la mortalità da infezioni gastroenteriche e dal 20 al 40% quella da gravi affezioni polmonari. Senza contare che queste malattie sono massimamente responsabili delle assenze a scuola, con quel che ne segue di ritardi difficilmente recuperabili. La promozione di una simile pratica con qualunque mezzo, per ingenuo che sia, è dunque un imperativo e può diventare una pietra miliare per il miglioramento delle condizioni di salute di moltissime persone, non solo nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Si tratta inoltre di una pratica molto meno costosa di altri possibili presidi e di relativamente facile attuazione. M.L.R. Foto: Xinhua/Eyevine/Contrasto

INTERVISTA di Farian Sabahi L inquietudine e la costanza

IMPARARE SEMPRE intervista 13 La presidente della Camera Laura Boldrini racconta sé stessa, tra la smania di conoscere e viaggiare e un impegno che dura da sempre a favore delle persone svantaggiate, l importanza dello studio e quella dell esperienza sul campo, la necessità delle regole e la capacità di cambiare idea. Una vita alla continua ricerca del nuovo senza mai perdere di vista la necessità di trovare una sintesi. E una mediazione Sono cresciuta in provincia di Ancona e ho trascorso l'infanzia nella campagna di Jesi. Quell'ambiente provinciale ha stimolato la mia curiosità, il desiderio di conoscere e andare oltre. In un certo senso il percorso che ho intrapreso nasce da queste esperienze giovanili». Così racconta se stessa, sorridendo, Laura Boldrini, nella penombra del suo ufficio a palazzo Montecitorio in un caldo pomeriggio estivo. Cinquantadue anni, marchigiana, presidente della Camera dei deputati dal marzo 2013 dopo più di quattordici anni come portavoce dell'alto commissariato dell'onu per i rifugiati. «Tanti anni di impegno nelle agenzie delle Nazioni Unite mi stanno tornando utili in politica. L'esperienza di mediazione maturata all ONU, diversa rispetto a quella di coloro che hanno una formazione di partito, è importante per chi deve essere super partes». Laura Boldrini sul suo seggio di Presidente della Camera: è stata eletta il 16 marzo 2013. Foto: Augusto Casasoli/A3/Contrasto Presidente, nella sua storia emerge l intreccio tra lo studio e i viaggi, i libri e l'esperienza sul campo. Che peso dà alla formazione? La formazione fornisce gli strumenti essenziali per interpretare la realtà ed è alla base della consapevolezza: difficilmente si è consapevoli senza una formazione adeguata. Quando la scuola forma bene, fornisce gli strumenti per diventare buoni cittadini. Lo stesso vale per le istituzioni: quando sono buone, suscitano rispetto e facilitano il compito di diventare buoni cittadini. In questo senso, gli insegnanti svolgono un ruolo di fondamentale importanza perché sono il baluardo della legalità, anche nei contesti più difficili. Un ruolo non sempre riconosciuto. Per questo sarebbe opportuno dar loro un riconoscimento materiale e sociale, affinché si sentano essenziali nella formazione dei giovani. Vedere gli insegnanti lavorare con poche risorse deve far riflettere. In tempo di crisi la scuola non andrebbe penalizzata. Al contrario, è nei periodi di maggior incertezza che la scuola e la cultura dovrebbero essere sostenute come fanno tanti Paesi emergenti investendo nella ricerca, nell'educazione

14 intervista e nell'innovazione, riuscendo così a far decollare l'economia. Come è stato il rapporto con i suoi genitori, l'uno avvocato e l'altra insegnante d'arte e antiquaria? Quanto hanno contato nelle sue scelte? Come la scuola, anche la famiglia è fondamentale. Mio padre era severo, poco incline alla modernità, nel tempo libero amava studiare e non era granché disponibile a relazionarsi con noi figli. Se da mia madre ho imparato l empatia con gli altri, a socializzare e a entrare in contatto con le persone, da mio padre ho acquisito il rigore, il senso delle regole, il rispetto dell'impegno preso, che per me diventa un imperativo. Lei ha una figlia, studentessa in un ateneo inglese. Quanto conta dare delle regole, anche severe, ai figli? O forse imporre dei limiti è un modo superato di porsi? I genitori devono saper ascoltare i figli e avere un rapporto aperto con loro, ma devono anche essere normativi e quindi dare delle regole. Talvolta può essere pesante, ma è un atto d'amore perché solo così i figli diventeranno adulti, facendosi carico delle loro responsabilità. Porre dei limiti, per esempio nelle uscite, è assolutamente positivo e sotto sotto i ragazzi lo apprezzano. Le regole si possono anche non rispettare, ma se questo accade bisogna sapere dare delle motivazioni ed essere all'altezza della sfida: una sfida che rafforza i giovani. C è un momento in cui ricorda di aver deciso quale sarebbe stato il Laura Boldrini parla con alcuni rifugiati palestinesi e iracheni durante una visita come portavoce dell'unhcr a Riace (Reggio Calabria). Foto: Antonio Zambardino/Contrasto

IMPARARE SEMPRE intervista 15 suo futuro? Oppure il suo impegno si è definito passo dopo passo? Durante il mio primo viaggio in America centrale ho capito che non avrei trattenuto la curiosità: come si fa a vivere tutta una vita senza sapere che cosa c'è oltre? È scattata la frenesia di conoscere altre dimensioni, culturali e religiose. Ho capito che quello che è assoluto in un luogo non lo è altrove, e ho relativizzato. È successo, per esempio, quando ho notato che una religione così sentita in un paese è invece demonizzata in un altro. Viaggiando si ha uno sguardo talmente diverso che si è obbligati a realizzare una sintesi. E nella sintesi c'è la maturità di chi riesce a prendere il meglio delle cose. Oggi questa conoscenza mi porta ad avere una maggiore capacità di mediazione rispetto a chi è cresciuto e ha vissuto con le stesse convinzioni di sempre, le stesse idee dei genitori e dei nonni. Come è cominciata la sua avventura nelle agenzie dell ONU? Ho fatto il concorso per JPO, Junior Professional Officer, sono stata selezionata, da lì ho iniziato a lavorare prima alla FAO e al World Food Programme, l'agenzia delle Nazioni Unite per i programmi alimentari di emergenza, poi all'alto commissariato per i rifugiati. Volevo dare un senso alla mia vita. Mi piaceva scrivere e raccontare, ma non mi bastava. Allora ho pensato che lavorare al servizio di una causa umanitaria potesse darmi più motivazione rispetto al solo scrivere. Per questo ho lavorato ventiquattro anni in varie agenzie delle Nazioni Unite. Dare delle regole talvolta può essere pesante, ma è un atto d'amore perché solo così i figli diventeranno adulti Laura Boldrini

16 intervista Un lungo impegno nella cooperazione Nata a Macerata nel 1961, Laura Boldrini è laureata in Giurisprudenza ed è giornalista pubblicista. Si è sempre occupata di cooperazione e nel 1989 ha cominciato a lavorare per le Nazioni Unite. Dal 1998 al 2003 è stata portavoce dell UNHCR, l Alto commissariato dell ONU per i rifugiati. Su questa sua esperienza ha scritto un libro, Tutti indietro (Rizzoli). È stata sposata e ha una figlia, Anastasia, nata nel 1993. Nel 2013 è stata eletta alla Camera dei deputati nelle liste di Sinistra, ecologia e libertà. Libro preferito. Negli ultimi tempi ho letto con piacere Chicago dell'egiziano Ala al-aswani e Il fondamentalista riluttante di Mohsin Hamid. Tornando indietro con gli anni, sono stati determinanti Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, Il diario di Anna Frank, Il barone rampante di Italo Calvino. Film. Viva la libertà di Roberto Andò. E soprattutto Lincoln di Steven Spielberg, una bella rappresentazione di come la politica debba talvolta essere un po' cinica per ottenere grandi traguardi di civiltà (e per me solo in questi casi). Brani musicali. Tutti i cantautori e i Radiodervish, un gruppo italiano di world music. Un luogo in cui tornare. Vorrei tornare in tutti i Paesi in cui sono stata per vedere come sono cambiati, ma non credo che ci riuscirò! È necessario rivoluzionare l'immagine femminile, perché incide sul rispetto nei confronti delle donne Cosa vuol dire essere dipendenti di un organismo così complesso come le Nazioni Unite? E come si impara a collaborare in ambito internazionale? È un esercizio di convivenza tra più culture: i miei superiori sono sempre stati stranieri e quindi ho lavorato in lingue diverse dall'italiano. Quasi sempre in inglese, francese, spagnolo. Certo, in Italia si usa anche l'italiano, ma la nostra non è una lingua ufficiale delle Nazioni Unite. In un ambiente del genere bisogna avere la flessibilità per confrontarsi con persone di formazione diversa, è un esercizio di convivenza. Un esercizio a doppio senso: si impara e si insegna. Ci sono cose che ha imparato sul campo e che dovrebbero invece far parte del percorso di ognuno? La formazione scolastica, teorica, pone le basi, ma è l'esperienza diretta a darti una marcia in più. Solo sul campo puoi mettere a frutto quello che hai imparato sui libri. Lei presta grande attenzione alla comunicazione attraverso i social media, come Facebook e Twitter, che aggiorna quotidianamente. Non crede siano mezzi troppo frettolosi e superficiali per affrontare certi argomenti? I social media sono uno strumento al servizio dei diritti, lo abbiamo visto in Iran, in Turchia e nei Paesi arabi. Di fatto la società è sui social media, che riescono a combattere la solitudine e a colmare il divario tra istituzioni e società civile. Per questo credo sia giusto e opportuno che le istituzioni comunichino anche attraverso questi mezzi, che le rendono più trasparenti e sono un modo per arrivare a persone che altrimenti non si interesserebbero alla politica. Le istituzioni devono fare uno sforzo di comprensione e trasparenza, e in questo i social

IMPARARE SEMPRE intervista 17 media sono utili. Ora vorrei che la Camera diventasse la casa della buona politica e per questo stiamo avviando una campagna di ascolto, sul web. Una delle sue battaglie è sul diritto di cittadinanza: perché è tanto importante concedere, con lo ius soli, la cittadinanza ai figli degli immigrati nati e cresciuti sul territorio italiano? Concedere la cittadinanza a questi giovani significa da una parte dar loro un senso di appartenenza e dall'altra ottenere maggiore coesione sociale, e quindi una società meno segmentata. Non dare il diritto di cittadinanza a questi ragazzi, che spesso non sono mai stati nel Paese di origine dei loro genitori e non ne parlano la lingua, significa perdere risorse. È la contemporaneità a chiederci di coinvolgerli. Va a vantaggio del nostro Paese, lo arricchisce senza togliere nulla agli altri. Perché dare diritti a una categoria non vuol dire toglierli ad altri. Un'altra sua battaglia è quella contro i femminicidi: che cosa resta da fare dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, sulla prevenzione della violenza sulle donne e contro la violenza domestica? Il Parlamento italiano ha compreso l'importanza di prevenire la violenza contro le donne, mettendola al centro del dibattito. Camera e Senato hanno sottoscritto la posizione secondo cui la violenza contro le donne è un fatto gravissimo e rientra nell'ambito dei diritti umani. Adesso occorre mettere in atto tutte le misure, anche preventive, previste dalla convenzione: la formazione delle forze dell'ordine, i finanziamenti alle case rifugio, l'offerta di alternative alle donne che vogliono sfuggire alla violenza. È una battaglia culturale, a 360 gradi. Sono tanti gli elementi da tenere in considerazione, in primis il basso tasso di occupazione delle italiane: nel nostro Paese solo il 47% delle donne lavora, ma senza un reddito non si è indipendenti e non si riesce a sfuggire alla violenza. In secondo luogo dobbiamo riflettere sulla comunicazione pubblicitaria e televisiva che veicola un'immagine di donna-corpo, muta, ridotta a presenza fisica e quindi oggetto. Ma di un oggetto l'uomo fa quello che vuole. Ed è breve il passo verso la violenza. È necessario rivoluzionare l'immagine femminile, perché incide sul rispetto nei confronti delle donne. Laura Boldrini con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Foto: Antonio Scattolon/A3/Contrasto Ascolta l'audio dell'intervista a Laura Boldrini http://link.pearson.it/8c86bd6b

Esperienze: la scuola si confronta di Paolo Prati la scommessa economica L educazione economica e finanziaria si sta diffondendo anno dopo anno nelle scuole. Docenti e studenti sono contenti di affrontare argomenti che rappresentano un ponte con la realtà quotidiana e molti pensano che sia ora di inserire questa materia nel curriculum scolastico. Ma un vero progetto ancora non c è Altro che scienza triste. Portata nelle aule scolastiche, messa a contatto con gli studenti di ogni livello, vissuta come l irruzione del mondo reale tra i muri di scuola, l economia si libera d incanto della sua sinistra fama di argomento noioso e per niente allegro, e diventa attraente e piena di risorse. Se si guarda quello che succede nelle scuole sul tema dell'educazione economica, sono due gli aspetti che emergono. Il primo è che il numero di scuole, di classi, di docenti e di ragazzi coinvolti continua a crescere, anno dopo anno, senza sosta. Quaranta scuole su cento dichiarano di aver partecipato durante gli ultimi tre anni a qualche progetto, ancora di più nelle regioni del Nord e nelle scuole secondarie di secondo grado. Certo, siamo ancora al di sotto di un livello che possa far pensare che presto tutti i ragazzi durante il loro percorso scolastico avranno l occasione di una formazione, seppure solo sporadica, su tali argomenti. E, come tutti dicono, la crisi economica sempre più profonda (arrivata in Italia al quarto anno consecutivo) è

20 esperienze: la scuola si confronta Foto: Falconia/Shutterstock stata di sicuro un forte incentivo a parlare di più, durante le ore di lezione, di quello che succede nel mondo della finanza, del lavoro, delle industrie, dei mercati. Il fatto che molti ragazzi sperimentino attraverso le proprie famiglie problemi come disoccupazione, cassa integrazione, difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita ha reso inevitabile discuterne con loro. Però, e questa è la seconda evidenza, nelle scuole il confronto non ha mai preso un intonazione depressiva, non è mai stato vissuto come la necessità di difendersi da un pericolo, incombente e inesorabile. In qualche modo, parlare di economia ha significato aprire la mente alla possibilità di affrontare i problemi, anziché subirli. In principio, nessuno saprebbe dire quando, a portare un po di scienza economica tra le mura scolastiche furono probabilmente professori con l occhio particolarmente lungo e attento e genitori con qualche competenza in materia, per esempio perché docenti universitari. Erano incontri dedicati a trasmettere qualche concetto di base o anche solo a spiegare fenomeni un po magici, come il valore che tutti attribuiamo a un pezzo di carta chiamato banconota. Poi sono state le banche a proporre alle scuole di cominciare a spiegare concetti come il risparmio, il tasso di interesse, l accumulo di un capitale. Con un reciproco vantaggio: per i docenti di avere a disposizione qualcuno in grado di parlare di ciò che nei programmi scolastici e nei libri di testo non c è, per le banche di avvicinare i ragazzi al proprio mondo. La prima vera svolta, però, è stata nel 2004, quando il consorzio Patti Chiari, nato l anno prima per aumentare la trasparenza del sistema bancario e la fiducia da parte dei cittadini, ha dato il via al proprio programma per gli studenti. È stato il primo progetto di livello nazionale e potenzialmente rivolto a tutte le scuole. Semplice, immediato, basato sull incontro di studenti ed esperti per esplorare insieme alcuni argomenti, ha funzionato subito. Così nel giro di poco tempo la sperimentazione è stata estesa a tutti i livelli scolastici, dalla scuola primaria alla secondaria superiore. «La risposta dei docenti è stata subito ottima, abbiamo portato l esperienza al Miur e agli Uffici scolastici regionali e da quel momento le porte sono state sempre più aperte», racconta Alessandro Malinverno, segretario generale di Patti Chiari. Alessandra Franceschi, professoressa di lettere al liceo classico D Azeglio di Torino, è una dei docenti che hanno cominciato per caso a partecipare al programma, appassionandosi subito, e oggi è diventata un punto di riferimento per i suoi colleghi: «Non pensavo che i ragazzi avessero così tanta voglia di impegnarsi. E a me ha dato competenze in più, stimoli nuovi». Dal 2004, il dibattito sulla necessità di un'educazione finanziaria nelle scuole ha cominciato a prendere piede a tutti i livelli, anche grazie all intervento dell Ocse, che nel 2005 ha emanato una direttiva con la quale ha invitato tutti gli Stati a promuoverla. Un passo importante. Grazie all Ocse per la prima volta è stato ufficialmente detto che cosa si intenda con educazione finanziaria, che «può essere definita come il processo attraverso il quale consumatori e investitori possono migliorare la loro conoscenza dei prodotti finanziari e, attraverso l informazione, la formazione e la consulenza indipendente, sviluppare le competenze e la consapevolezza dei rischi e delle opportunità in materia finanziaria, per formulare scelte consapevoli e intraprendere azioni efficaci per aumentare il proprio livello di benessere finanziario». È stata solo la prima mossa di un impegno sempre più deciso che ha portato l Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a inserire nel test Pisa del 2012 una rilevazione sistematica, estesa alla gran parte dei Paesi che partecipano al test, delle competenze in materia economico finanziaria. Per la prima volta è stato verificato (ma i risultati non sono ancora disponibili) quale sia il livello di preparazione degli studenti di tutto il mondo su questo argomento. Ma anche, o soprattutto, per la prima volta l educazione finanziaria è stata trattata come

IMPARARE SEMPRE esperienze: la scuola si confronta 21 Il percorso verso la cittadinanza economica di Arrows & Letters COmE percorso DI INSEGNAmENTO TRASvERSALE A DIvERSE materie 49,9% 38,2% 5. PER LE scuole dovrebbe EssERE INsEgNATA COsì COLLOCANDO ARGOmENTI SpECIfICI NELL AmbITO DI CITTADINANzA E COSTITuzIONE COmE materia AuTONOmA 11,9% SCARSO INTERESSE DELLE famiglie SCARSO INTERESSE DEI DOCENTI SCARSO INTERESSE DEGLI STuDENTI DIffICOLTà LEGATA ALL ESTEmpORANEITà DELLE INIzIATIvE REALIzzATE basso COINvOLGImENTO DEL CORpO DOCENTE DIffICOLTà DEGLI STuDENTI NELLA COmpRENSIONE DEI CONTENuTI proposti DIffICOLTà DI COINvOLGImENTO DEGLI STuDENTI 28,5% 21,2% 20,0% 9,9% 5,0% 3,8% 2,1% 4. PRINCIPALI CRITICITà delle INIZIATIVE messe IN CAmPO EDuCAzIONE ALL utilizzo CONSApEvOLE DEL DENARO 18,1% CONOSCENzA DEL SISTEmA bancario CONOSCENzA DEL DENARO, DEI prezzi E DELLA moneta EDuCAzIONE ALL ImpRENDITORIALITà GESTIONE DEL budget problem SOLvING EDuCAzIONE AL RISChIO CONSumO presente E CONSumO futuro prevenzione DELL INDEbITAmENTO 14,6% 13,5% 10,6% 9,0% 8,1% 7,4% 6,8% 4,8% 3,6% EDuCAzIONE previdenziale 3. I TEmI TRATTATI NEI PROgRAmmI FORmATIVI SCuOLA SECONDARIA II GRADO 62,2% SCuOLA SECONDARIA I GRADO 30,9% SCuOLA primaria 29,8% 2. scuole CHE HANNO ORgANIZZATO PROgRAmmI GENITORE O GRuppO 0,4% CONSIGLIO DI ISTITuTO 1,1% CONSIGLIO DI CLASSE 8,4% SINGOLO DOCENTE 26,3% DIRIGENTE SCOLASTICO 29,1% GRuppO DI DOCENTI 34,7% Fonte: Fondazione Rosselli Le esperienze di educazione alla cittadinanza economica. 1. CHI PROPONE L INIZIATIVA

22 esperienze: la scuola si confronta Foto: Ma Ning/Xinhua Press/Corbis una componente fondamentale, al pari delle competenze in ambito umanistico o scientifico-matematico, della preparazione scolastica dei ragazzi. Nel frattempo, parecchie cose sono accadute nel mondo e anche in Italia. Un po ovunque i programmi scolastici, e non solo, si sono diffusi. Proprio mentre iniziava la sperimentazione di Patti Chiari anche la Banca d Italia si stava muovendo per fornire alle scuole il proprio aiuto. La banca centrale ha deciso di partire direttamente rivolgendosi a tutti i livelli scolastici e lo ha fatto puntando alla formazione dei docenti anziché al contatto con gli studenti: nel suo progetto i formatori non entrano nelle classi, ma incontrano gli insegnanti, a loro trasmettono i concetti e presentano il materiale divulgativo, spiegando come usarlo, così danno loro gli strumenti per tornare dai propri studenti e affrontare argomenti mai toccati prima. Spetta poi a maestri e professori, però, decidere come sfruttare davvero ciò che hanno in mano, quanto tempo dedicare, come presentare gli argomenti. Naturalmente ci sono anche importanti analogie tra i progetti. Per esempio il fatto di prevedere sempre una valutazione prima e una dopo sulle conoscenze dei ragazzi coinvolti, in modo da poter avere una misura, seppure non precisa, dei risultati ottenuti. E poi l idea di produrre materiale che finisca in mano agli studenti e magari li accompagni anche a casa. Nel caso di Patti Chiari, dalle dispense di carta si è passati anche a cd e dvd. «Per noi questa è stata una bella sfida, ha voluto dire confrontarci con un modo di raccontare le cose davvero diverso, che fosse adatto a tutti» racconta Maurizio Trifilidis, a capo del gruppo di lavoro della Banca d Italia, che si è concentrata su quaderni didattici dedicati alla moneta e, per i più grandi, alle diverse forme di pagamento. I ragazzi, e anche i loro genitori, hanno apprezzato molto, come racconta Maria Gentile, maestra di una scuola primaria di

IMPARARE SEMPRE esperienze: la scuola si confronta 23 Cultura finanziaria a scuola: per prepararsi a scegliere, che nell ultimo anno si è articolato su dieci temi e ha prodotto anche un quaderno di lavoro. Nel frattempo, molti altri soggetti, dalle assicurazioni alle associazioni dei consumatori a quelle dei promotori finanziari, hanno continuato a proporre alle scuole il proprio aiuto, con iniziative grandi e piccole. Roma, che ha sperimentato quest anno per la prima volta il progetto messo a punto in via Nazionale. «Per ora ci siamo occupati della parte storica sulla moneta, senza arrivare a toccare concetti più difficili come per esempio l uso di un assegno, ma certamente porterò avanti il lavoro anche l anno prossimo». Per l Osservatorio Giovani-Editori puntare in modo diretto sui temi economici è stato un passo naturale e inevitabile: chi vuole aiutare i ragazzi a impadronirsi dei giornali deve aiutarli a padroneggiare anche concetti e parole che ormai sono usciti dalle pagine dedicate all economia per colonizzare quelle dedicate alle cronache politiche, agli esteri e persino a quella locale. Così all interno del lavoro dell Osservatorio è nato il progetto Che cosa potrà succedere da qui in poi non è facile capirlo. Se si dovesse far decidere ai docenti, la stragrande maggioranza farebbe entrare l educazione economica subito nei programmi scolastici, ma come percorso di insegnamento trasversale a diverse materie, piuttosto che come disciplina autonoma. E riprendendo in mano le redini del discorso con la propria classe. La professoressa Paola Spinelli, alla secondaria di primo grado dell Istituto Settembrini di Roma, ha scelto di parlare di economia partendo dalla geografia, sia perché era la materia che insegnava a più classi, sia perché la considera davvero quella che può essere più trasversale nel gruppo lettere. Ha aderito a un bando del Comune, ha usato i seminari di Patti Chiari, poi ha invitato genitori, giornalisti, commercialisti o esperti di legalità e in questo modo ha dato vita a un progetto più articolato sulla cittadinanza attiva, che ha entusiasmato lei per prima, ma pure i ragazzi, arrivati a confezionare autonomamente un libretto. Anche lei pensa che l educazione finanziaria debba entrare subito nel curriculum, ma non come nuova materia. Le strade da esplorare sono tante. Il consorzio Patti Chiari ha creato un portale in cui sta progressivamente allargando i contenuti e le forme in cui vengono presentati. Adesso economi[a]scuola.it accoglie anche video realizzati in formati che tentano di essere accattivanti per i giovani ed è stata aperta una sezione dedicata ai genitori (il tema del ruolo delle famiglie è certamente uno di quelli ancora poco esplorati e destinati a prossimi sviluppi). Inoltre, è stato creato uno spazio per un idea che molti docenti di lettere hanno accarezzato: trovare l economia nei romanzi, usando la letteratura anche per capire come funziona il mondo della produzione o della finanza (dai Malavoglia ai La sede della Banca Centrale Europea a Francoforte. Nella pagina di apertura, la statua del toro di Bowling Green park, vicino alla Borsa di New York di Wall Street, opera di Arturo Di Modica e simbolo dell'andamento positivo della finanza. Foto: Eightfish/Getty

24 esperienze: la scuola si confronta Buddenbrook, da Balzac a Tolstoj, gli spunti non mancano). Da qui a cercare l economia anche nei film, il passo è stato breve. Poi ci sono i giochi di ruolo, che restano giochi fino a un certo punto: con il progetto di Patti Chiari i ragazzi sono spinti a realizzare un vero e proprio business plan per far funzionare dal punto di vista imprenditoriale una propria idea originale. Quest anno ben settanta piani sono approdati alla finale nazionale, mentre qualcuno di quelli presentati negli anni scorsi rischia di diventare un vero progetto industriale grazie alla collaborazione con grandi aziende. Con il gioco si può fare di tutto: il Museo del risparmio di Torino (l unico del genere in Italia) ha realizzato una app che propone di diventare primo ministro di un isola e impegnarsi per ridurre il debito pubblico del proprio Stato. I giocatori simulano le decisioni finanziarie e il software restituisce i risultati che si saranno ottenuti anche a distanza di dieci o venti anni con le proprie scelte. «La vera sfida è proprio sul livello della comunicazione, per trovare quella più adeguata per ogni gruppo e per ogni tipo di messaggio» dice Malinverno. Potranno tutte queste sperimentazioni dare vita a un vero e proprio programma scolastico, perché l educazione economico-finanziaria entri nel curriculum dei ragazzi italiani? E come trasformare un bagaglio di conoscenze, certamente indispensabili per orientarsi nel Sappiamo che l'educazione economica è importante e che nella scuola funziona. Per compiere il passo decisivo serve uno schema d'insieme" mondo, in vere competenze? «Sappiamo che l educazione economica è importante e che nelle scuole funziona. Per compiere il passo decisivo serve uno schema d insieme» sostiene Francesca Traclò, direttrice della Fondazione Rosselli, che da alcuni anni sta monitorando quello che succede in Italia e che sta portando avanti proprio l idea di un vero programma da proporre a tutte le scuole e in tutte le classi, dalla prima elementare al diploma delle superiori. Lo sta facendo rileggendo insieme agli autori le sperimentazioni in corso, grazie a un comitato permanente attivato con l Ufficio scolastico regionale del Piemonte, coinvolgendo economisti, psicologi, matematici e altri esperti ancora. Convinta che l ingresso nel curriculum sia un passo indispensabile e anche abbastanza urgente. I problemi da affrontare sono ancora molti. Da quello più tecnico della messa a punto di un sistema di valutazione fino a quello di realizzare una reale cittadinanza economica, che dalle scuole si propaghi rapidamente a tutta la società. Senza dimenticare il nemico da sempre in agguato quando le innovazioni diventano obblighi istituzionali: che l entusiasmo dei docenti, ma soprattutto quello che mostrano i ragazzi quando hanno a che fare con qualcosa che non faccia parte del solito programma, tenda a spegnersi riportando l economia ad aderire al suo stereotipo di scienza triste. > Il portale economi[a]scuola del consorzio Patti Chiari, con i programmi scolastici, video, canali tematici per docenti e genitori. www. economiascuola.it > Conoscere per decidere Il progetto della Banca d Italia, con i quaderni da scaricare in formato PDF. www.bancaditalia.it/ serv_pubblico/cultura-finanziaria/conoscere/edufin-scuola > Il progetto dell Osservatorio Giovani-Editori www.osservatorionline.it/page/702/cultura-finanziaria-a-scuola#content > Le esperienze di educazione alla cittadinanza economica L indagine della Fondazione Rosselli sulla realtà italiana e internazionale. www.fondazionerosselli.it/user.it/index.php?page=sito_it/attivita_ricerche1&rice_id=522 > Il Museo del risparmio di Torino www.museodelrisparmio.it/ > Sai cos'è lo spread? Lessico economico non convenzionale, di Andrea Fumagalli, Bruno Mondadori, 2012 > L'economia buona, di Emanuele Campiglio, Bruno Mondadori, 2012

DIALOGO in viaggio nella di Paolo Magliocco complessità Foto di Paolo Magliocco e Steve Mezzadri Giorgio Parisi incontra Mauro Ceruti

26 dialogo Giorgio Parisi e Mauro Ceruti sono due tra le persone che più in Italia hanno lavorato e lavorano sul tema della complessità. Un argomento di cui si è cominciato a parlare quasi quarant anni fa, un tema chiave per guardare al mondo di oggi, capire l evoluzione del sapere, individuare le necessità, soprattutto quelle dei giovani, affrontare i problemi. Fisico il primo, filosofo il secondo, Parisi e Ceruti in tanti anni di lavoro parallelo sulla complessità non avevano mai avuto l'occasione di parlarne faccia a faccia: hanno accettato di farlo per is, in collegamento via Skype tra Roma e Bergamo. PARISI. La definizione di complessità è sempre stata problematica. Mi ricordo che 20 o 25 anni fa, quando se ne cominciava a parlare nell ambito della fisica, uno dei relatori a un incontro aveva detto di aver trovato in letteratura 65 definizioni di complessità, molto diverse tra loro. Quasi tutte facevano una forte distinzione tra complicato e complesso. Mi spiego: un jet è complicato, ma non è considerato complesso, perché ogni parte ha un suo scopo e sappiamo che cosa succede se, per esempio, tagliamo un filo. Un sistema complesso, invece, non è stato costruito a tavolino, ha certamente una sua funzione, ma spesso è il frutto di un evoluzione e non abbiamo idea di come modificarlo per farlo funzionare in una maniera diversa. CERUTI. Hai formulato in modo semplice il problema della complessità... Perché la complessità è un problema, che ho appreso a formulare anche dai tuoi colleghi fisici e matematici. Anch essi hanno scoperto, col tempo, che molti dei loro oggetti erano davvero complessi e, invece, molti problemi che credevano complessi erano semplicemente complicati. E dunque hanno dovuto per forza approfondire la questione. Ma il punto essenziale, per loro come per me, è che il modello di conoscenza e razionalità elaborato in particolare dalla fisica del diciottesimo e diciannovesimo secolo a un certo punto non funzionava più. Non funzionava più il criterio per definire la verità o anche l'affidabilità di una teoria scientifica. E questo criterio era la sostanziale

IMPARARE SEMPRE dialogo 27 Giorgio Parisi e Mauro Ceruti, un fisico matematico e un filosofo da anni impegnati a studiare la complessità, hanno discusso per noi che cosa significhi abbandonare l idea di un mondo che può essere compreso fino in fondo per entrare nell era di sistemi che cambiano e si evolvono attraverso meccanismi probabilistici. Un nuovo paradigma che parte dalla scienza per arrivare a coinvolgere anche il sistema educativo, la società, il nostro intero universo culturale sinonimia fra determinismo, previsione e prevedibilità. L imprevedibilità, o il fatto che una teoria non permettesse di prevedere lo stato futuro di un sistema, faceva pensare che ci fosse un difetto intrinseco alla teoria, che quindi avrebbe dovuto essere cambiata in senso maggiormente predittivo. Oppure che ci fosse un difetto della nostra capacità di osservazione. Di questa opinione, ad esempio, era lo stesso Albert Einstein rispetto alla teoria dei quanti. In ogni caso questa epistemologia si fondava sull'idea che in linea di principio, se non di fatto, esiste comunque un punto di vista da cui il comportamento di ogni sistema è perfettamente prevedibile. Nel momento in cui la teoria del caos ha rotto la sinonimia tra il determinismo e la previsione si è posto un problema che dal punto di vista filosofico si è rivelato estremamente interessante: viene meno l'idea che uno solo sia il comportamento degli oggetti studiati dalla scienza, e quindi uno solo il metodo. Si impone il problema del pluralismo epistemologico, metodologico. PARISI. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che il cambiamento della predicibilità è un punto fondamentale. Se vogliamo applicare la vecchia idea della predicibilità allo studio del movimento dei singoli atomi, questo paradigma non funziona più. Se siamo interessati a sapere la distribuzione delle velocità delle particelle in un gas, non possiamo pensare di misurare tutte le velocità e le posizioni, sarebbe complicatissimo e allo stesso tempo inutile. Si passa insomma dal fare previsioni certe a fare previsioni estremamente probabili. La probabilità che un bicchiere d'acqua in una stanza a temperatura ambiente ghiacci è praticamente nulla, estremamente piccola, possiamo tranquillamente dire che l'acqua resta acqua. Però dobbiamo renderci conto che non è una predizione certa, ma con una probabilità estremamente, estremamente alta. A livello microscopico, nei decadimenti radioattivi ci sono sostanze in cui per esempio dieci atomi possono decadere: prima uno, poi l'altro e poi l'altro. Il problema è che dal punto di vista concettuale, ma anche da quello sperimentale, non possiamo assolutamente sapere quale atomo decadrà prima: gli atomi sono tutti uguali e hanno tutti la stessa probabilità intrinseca di decadere. Non ci sono variabili nascoste, come pensava Einstein, non c'è un angelo che passa e quando passa batte le ali e le ali colpiscono un atomo che allora si disintegra. CERUTI. La complessità non è una nozione nel senso in cui lo sono tradizionalmente i concetti della fisica o della biologia. Può assumere una vasta gamma di significati. Però l etimologia del termine è significativa. Complessità deriva dal verbo latino plectere, che vuol dire intrecciare, unito alla preposizione cum. Potremmo dunque dire che complesso è qualcosa di intrecciato più volte. Complessità evoca una pluralità di componenti, ma anche un'idea di unità: è quasi un ossimoro. Anche il contrario di complesso, cioè semplice, viene da plectere, unito però alla particella sim, e vuol dire intrecciato una volta sola. Questo ci porta all'idea che nella semplicità manchino le dimensioni temporali, storiche, evolutive, che invece sono inscindibili dalla complessità. Complessità significa passare da un mondo di previsioni certe a uno di previsioni basate sulla probabilità Giorgio Parisi Giorgio Parisi insegna Meccanica statistica e fenomeni critici presso il dipartimento di fisica dell'università la Sapienza di Roma. è stato allievo di Nicola Cabibbo.

28 dialogo Chi è Mauro Ceruti Mauro Ceruti, filosofo, professore di filosofia della scienza all'università di Bergamo, è il maggior teorico dell'epistemologia della complessità nel nostro Paese, con un lungo elenco di libri pubblicati in molte lingue attorno a questo tema. Ha cominciato a occuparsi di complessità trent'anni fa e l'ha fatto anche insieme a colui che è stato tra i primi a sviluppare il concetto stesso di pensiero complesso, il filosofo francese Edgar Morin. Il volume da lui pubblicato nel 1985 con Gianluca Bocchi (La sfida della complessità, Bruno Mondadori) è riconosciuto come un classico nel dibattito internazionale sulla complessità. Mauro Ceruti insegna Filosofia della Scienza all'università di Bergamo, dove è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e Direttore della Scuola di dottorato in Antropologia ed Epistemologia della Complessità. è stato allievo di Ludovico Geymonat. PARISI. Non avevo mai pensato all'etimologia della parola e mi piace molto. Mi piace perché una delle caratteristiche da sottolineare dei sistemi complessi è che puoi descrivere lo stesso sistema a livelli diversi. Prendiamo un essere umano. Lo puoi cominciare a descrivere a livello dei singoli atomi e dei singoli elettroni, ma lì non c è molto di interessante. Puoi descriverlo a livello di ciò che fanno le singole proteine e il DNA, poi a livello dei comportamenti delle singole cellule, delle informazioni che le cellule si scambiano tra loro, prima quelle più vicine e poi quelle più lontane, per arrivare a ciò che quest uomo sta pensando, se è sveglio o dorme, se è allegro o triste e così via. Ci sono tutti questi livelli di descrizione che si intrecciano tra di loro. In teoria è possibile capire il comportamento delle proteine a partire da quello dei singoli atomi, quello delle cellule a partire da quello delle proteine e così via. È possibile, non è detto che sia fattibile. Ma quando passi al livello successivo di spiegazione devi introdurre nuovi concetti, nuove parole, e quindi i vari livelli di descrizione si intrecciano e si influenzano. Un sistema semplice lo puoi invece descrivere a un solo livello. Un modo per tentare di catturare la complessità è pensare di doverne fare una descrizione. Un testo della Divina Commedia lo possiamo analizzare a livello di singole parole, poi all interno dei singoli canti, poi discutere dei vari significati. Su un testo complesso possiamo dire moltissime cose e quindi in qualche modo la complessità ha bisogno di un linguaggio complesso. Bisogna passare dalla complessità dell oggetto in sé alla complessità del linguaggio che devi utilizzare per descriverlo. Per un sistema semplice è sufficiente un linguaggio semplice, per un sistema complesso è necessario un linguaggio complesso, più ricco, con molti più concetti che interagiscono tra loro. CERUTI. Hai sollevato alcuni problemi filosofici che appartengono alla grande tradizione e che oggi restano assolutamente ineludibili. Innanzitutto il problema dell'implicazione dell'osservatore nelle sue osservazioni: la complessità sta nella realtà o nell osservatore, sta nell oggetto o nel linguaggio attraverso il quale cerchiamo di studiare l oggetto? PARISI. Per me è difficile dirlo, perché in qualche modo io posso toccare le cose solo con il linguaggio. Con il tipo di linguaggio e di cervello che ho, per me certi sistemi sono complessi. Però potrei anche immaginare che un extraterrestre con un cervello diverso dal mio troverebbe semplice quello che a me appare complesso e viceversa. Quindi non mi azzardo a dire qualcosa della realtà, preferisco limitarmi a dire che io descrivo la realtà conoscendo il linguaggio che uso. CERUTI. E poi c'è la questione della separabilità dei componenti di un sistema e della loro conoscibilità in modo distinto. Galileo Galilei, quando introdusse la sua idea della nuova scienza, si pose il problema di quali fossero i limiti di ciò che possiamo conoscere. Per lui, la conoscenza della natura era come la costruzione progressiva di un grande mosaico. Tra la conoscenza umana e quella di dio secondo Galileo non c è alcuna differenza qualitativa, ma solo quantitativa: i tasselli del mosaico che la scienza umana

IMPARARE SEMPRE dialogo 29 conosce li conosce bene quanto la mente divina. Ma ne conosce pochissimi, rispetto all'onniscienza divina, che li conosce tutti. Compito della scienza umana è aggiungere nuovi tasselli nella ricostruzione del mosaico. Qui nasce peraltro l idea di progresso, lineare e cumulativo. Ma questo significa anche che l aggiunta di conoscenze nuove non retroagisce a modificare la natura della conoscenza dei tasselli già conosciuti. Si tratta di un ipotesi non solo epistemologica, ma anche ontologica. I sistemi possono essere scomposti in tasselli che possono essere conosciuti separatamente e la conoscenza di tasselli nuovi non cambia la conoscenza di quelli già acquisiti. Certo, Laplace, introducendo il calcolo delle probabilità per studiare nuovi ambiti di realtà, riconobbe che neanche dal punto di vista qualitativo la conoscenza umana può diventare perfetta come quella divina, perché rispetto a questi ambiti dobbiamo accontentarci di una conoscenza probabilistica. Ma aggiunse: se ipotizziamo un demone onnisciente, che in un dato istante conosca tutte le leggi di natura e, insieme, lo stato di ogni particella dell universo, questo demone saprebbe prevedere non solo il futuro dell universo, ma anche quello di ogni singola particella. E saprebbe anche ricostruire tutto il passato. Dunque, l'ipotesi è che esista un punto di osservazione assoluto dal quale l universo si rivelerebbe come un meccanismo, come dicevi tu, complicato, ma non complesso. La dimensione temporale non ne sarebbe costitutiva e il tempo, come credeva anche Albert Einstein, sarebbe solo un illusione. In una visione del mondo complicata, e non complessa, di volta in volta cerchiamo di spiegare perché le cose siano andate così e perché fosse inevitabile che andassero così. In una scienza dei sistemi complessi, al contrario, rispondiamo ad un altra domanda: perché le cose sono andate così, anche se non era inevitabile che andassero così e sarebbero potute andare diversamente? solo uno o due vertebrati, su cui nessuno avrebbe scommesso. Se per qualche motivo si fossero estinti, non avremmo mai avuto i vertebrati. Quello su cui insiste molto Gould è il tema della contingenza: non è necessario che le cose accadano in un certo modo e sarebbero potute andare in maniera assai diversa. Questo non vale solo per la Storia con la esse maiuscola. Per esempio è stato calcolato che il numero di specie presenti su un isola è proporzionale alla radice quarta della superficie dell isola stessa. Ma, detto questo, calcolato il numero di specie che possiamo aspettarci, non si può sapere di quali tipi di specie si tratterà, se millepiedi o pettirossi o altro. Quello che è avvenuto su ciascuna isola resta completamente ignoto. Anche la fisica ha potuto fare passi avanti accettando di fare un passo indietro, come capita spesso: ha dovuto rinunciare a capire ciò che succede in ogni singola PARISI. Questo mi ricorda un bel libro di Stephen Jay Gould, La vita meravigliosa, in cui si poneva proprio questa domanda. Lui guardava a tutte le specie che erano presenti 530 milioni di anni fa, tra cui c erano