PLURALITIES. Pluralismo culturale e società nella postmodernità



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PLURALITIES Pluralismo culturale e società nella postmodernità 2

Direttore Carmelina Chiara CANTA Università degli Studi Roma Tre Comitato scientifico Marco BURGALASSI Università degli Studi Roma Tre Maddalena COLOMBO Università Cattolica del Sacro Cuore John TORPEY City University of New York La collana si avvale di un sistema di selezione/valutazione delle proposte editoriali con referee anonimi double blind.

PLURALITIES Pluralismo culturale e società nella postmodernità Ricostruire una società che sta cambiando è come cambiare le ruote ad un treno in corsa KARL MANNHEIM, Uomo e società in un età di ricostruzione La collana si propone di analizzare alcune sfide presenti nella società postmoderna legate ai fenomeni del pluralismo culturale. Oggi le diversità delle culture e delle identità rappresentano la linfa e il fondamento della vita democratica. Si vogliono perciò analizzare ed evidenziare, con la pubblicazione e la diffusione nell università di testi che le affrontino in termini teorici ed empirici, le dimensioni della cultura, che disegnano i cambiamenti della società. Aspetti specifici di questo approccio, necessariamente interdisciplinare, sono: le culture religiose e multireligiose, le culture di genere, il dialogo interculturale e interreligioso, le culture giovanili, le dinamiche di costruzione della cittadinanza, i fenomeni multiculturali e migratori, i processi di socializzazione nelle istituzioni familiari ed educative, il mutamento in atto nella società, le dimensioni culturali e sociali delle età della vita. The series puts forward an analysis of the many challenges present in post modern society due to the phenomenon of cultural pluralism. Today the diversity of cultures and identities represent the lymph and the foundation of democratic life. It is, therefore, necessary to analyse and highlight, through the publishing and the diffusion in the University of texts which confront, in theoretical and empirical terms, the dimensions of the cultures which influence social change. The specific focus of the approach which is of necessity interdisciplinary is: religious and interreligious cultures, gender studies, the intercultural and interreligious dialogue, youth culture, the dynamic building of citizenship, the phenomenon of multiculturalism and migration, the process of socialisation of family and educational institutions, the current social changes and the cultural and social dimensions of the age of life.

Marco Saverio Loperfido La morte altrove Il migrante al termine del viaggio Prefazione di Carmelina Chiara Canta

Copyright MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133/A B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978-88-548-6067-4 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: giugno 2013

Indice 11 Prefazione 17 Introduzione 23 Capitolo I La filosofia e la morte 1.1. La morte come pensiero del nulla, 23 1.2. La morte come pensiero edificante, 33 1.3. La morte degli altri, 40 1.4. Il conforto della condivisione, 48. 57 Capitolo II Uno sguardo socio antropologico sulla morte 2.1. I presupposti sociali della coscienza della morte, 57 2.2. Il triplice dato antropologico della morte, 63 2.3. La strategia dell oblio, 67 2.4. La strategia delle concezioni primarie della morte, 72 2.4.1. Morte rinascita, 74 2.4.2. Sopravvivenza del doppio, 79 2.5. La strategia religiosa della salvezza, 85 2.5.1. La salvezza personale, 86 2.5.2. La salvezza cosmica, 87 2.6. Le strategie della comunità: le cerimonie funebri e il lutto, 88 2.7. La strategia marxista nel cuore della storia dell uomo, 96 2.8. La strategia delle partecipazioni dell individuo e il rischio di morte, 107 2.9. La crisi delle strategie, 115. 7

8 La morte altrove 129 Capitolo III Il migrante 3.1. Una questione di scelte, 129 3.2. Breve storia delle migrazioni, 131 3.3. Definire il Migrante, 140 3.4. Migranti e senso della comunità, 143 3.5. Migranti e senso dello spazio, 148 3.6. Migranti e senso del futuro, 150 3.7. I rifugiati, migranti in fuga dall inferno, 153. 157 Capitolo IV Il migrante e la morte 4.1. L urgenza e l importanza sociale della tematica morte migrazione, 157 4.2. Rito funebre e scelta del luogo di sepoltura tra identità e integrazione, 165 4.3. L uguale morte del diverso, 176 4.4. Il viaggio iniziatico dei migranti attraverso le Acque della Morte del Mediterraneo, 180 4.5. Il viaggio a Lampedusa, 185 4.6. Breve storia della rotta delle salme a Lampedusa, 194 4.7. Lo straniero come incarnazione del doppio, 197 4.8. I migranti, ovvero il volto della morte rimossa, 202 4.9. I rifugiati e la morte, 206. 211 Capitolo V La metodologia della ricerca 5.1. Scienza o non scienza, questo il problema?, 211 5.2. L intervista semi strutturata, 213 5.2.1. Schema dell intervista, 215 5.3. Perché proprio la Tuscia per questa ricerca, 218 5.4. Il dono dell ascolto, 222 5.5. Il sentiero narrativo di questa ricerca, 224. 225 Capitolo VI Nel vivo della morte 6.1. Riflessioni preliminari e d insieme sugli intervistati, 225 6.2. I riti funebri, 232 6.2.1. Riti islamici, 233 6.2.2. Riti ortodossi, 236 6.2.3. Riti cattolici al di fuori dell Italia, 238

Indice 9 6.2.4. Riti buddisti, 239 6.2.5. Riti cinesi, 241 6.2.6. Riti induisti, 245 6.2.7. Riti protestanti, 248 6.2.8. Riti rom, 250 6.2.9. Riti minimi, 254 6.3. L eguale morte del diverso, 257 6.4. Le esperienze della morte, 263 6.5. Definizioni e concezioni della morte, 274 6.6. Gli strumenti per lenire il dolore, 289 6.7. Mito del ritorno e scelta del luogo di sepoltura, 296 6.7.1. Il calvario di una famiglia di richiedenti asilo, 305 6.7.2. Sulla presunta immortalità dei cinesi, 308. 321 Conclusioni 331 Conclusioni a mo di racconto: Lo stranero 337 Ringraziamenti 339 Bibliografia 351 Sitografia 353 Filmografia

Prefazione Lo studio di Marco Saverio Loperfido si occupa del difficile e complesso rapporto che i migranti hanno con la morte, sia dal punto di vista teorico e culturale, sia da quello esistenziale e concreto, un forte rapporto. Entrambi i due poli dell analisi infatti, il migrante e la morte, sono fatti sociali totali (MAUSS 1965) che danno la possibilità, intrecciati ed analizzati in questa interconnessione, di studiare una vasta gamma di fenomeni sociali da un punto di vista inedito e creativo. La ricerca parte da due domande: come è possibile far fronte alle difficoltà umane dello straniero in seguito al pensiero della propria morte all estero e alla morte dei propri cari lontano dal paese di appartenenza? Come può la visibilità delle differenze che si manifestano nelle diverse concezioni e pratiche della morte (di cui sono portatori i migranti) rivitalizzare il tessuto liso (SOZZI 2009) della morte nella società occidentale? In questo senso la prospettiva dalla quale si pone Marco Saverio Loperfido è quella della sociologia comprendente, nella quale i soggetti sono i primi interpreti della realtà che si vuole studiare per cui è necessario partire dai significati simbolici che essi attribuiscono alle loro azioni. L approccio qualitativo realizzato con interviste in profondità a testimoni privilegiati valorizza al massimo questo aspetto. Per analizzare questo complesso mondo è necessario porsi dal punto di vista dell altro, 11

12 Prefazione con lo sguardo dell altro, secondo la prospettiva di Ricoeur. L approccio è interdisciplinare e i vari ambiti, strettamente connessi, aiutano a spiegare il fenomeno da vari punti di vista, sociologico, filosofico e antropologico, in mancanza dei quali l analisi sociologica, che costituisce il frame specifico dell Autore, non sarebbe possibile. La ricerca di Marco Loperfido è strutturata in sei capitoli, nel primo dei quali svolge un analisi delle riflessioni tanatologiche prodotte nel corso del pensiero filosofico occidentale da studiosi classici e moderni (EPICURO, GÖ- RER 1963; MORIN 1980; BAUMAN 1995; REMOTTI 2005; ELIAS 2005; JANKÉLÉVITCH 2009), con uno sguardo particolare rivolto al pensiero cinese come forma altra del morire e di concepire il tra insito in ogni divenire (JULLIEN 2010). Il secondo capitolo affronta le dinamiche sociologiche che la morte provoca all interno della società, la pluralità di interpretazione nelle varie culture, le strategie messe in atto dalle concezioni religiose dell esistenza, dalle forme laiche dello Stato e, a prescindere dalla cultura di provenienza, dalle comunità reali. Analizza quindi il trauma implicito ad ogni decesso e la successiva ricomposizione del soggetto coinvolto e del tessuto sociale, gli strumenti posseduti dalla comunità per gestire le angosce e il dolore conseguenti (lutto, cordoglio, memoria, afflizione, ansie, paure etc.) e la crisi prodotta dalle attuali strategie nella società post moderna occidentale. Si passa così all analisi centrale della ricerca, costituita dalle questioni teoriche dei migranti e dalle caratteristiche che definiscono il soggetto migrante nella sua differenza con il resto della popolazione italiana (terzo capitolo). Molti sono i vissuti che differenziano i migranti nel contesto italiano e che sono stati analizzati in questi ul-

Prefazione 13 timi decenni dai sociologi, ma il rapporto del migrante con la morte costituisce una novità, sebbene essa sia la dimensione dell esistenza con la quale egli si confronta quotidianamente. Il rapporto del migrante con la morte, affrontato nel quarto capitolo, costituisce il focus dello studio. Nel quarto capitolo infatti vengono affrontati le questioni centrali della dinamica migratoria; la partenza, il viaggio in mare, il mito del ritorno in patria del soggetto migrante, tutti aspetti osservati dalla finestra della morte, che ne disegna gli orizzonti e le prospettive. La scelta del luogo di sepoltura si configura come un importante indicatore della volontà o meno del migrante di radicarsi altrove rispetto al suolo natio; c è chi vuole tornare nella terra di origine, c è chi sceglie la terra di approdo e chi non compie scelta alcuna, avendo rimosso la morte nella propria esperienza di vita. Nel contesto del viaggio del migrante assume un forte valore simbolico l isola di Lampedusa, luogo pregno di significato, nel mezzo del Mediterraneo, punto di approdo di molti migranti provenienti dalle coste del Nord Africa. In questa terra l Autore ha compiuto un viaggio significativo, quasi per sperimentare i percorsi dei migranti e conoscere alcuni protagonisti e testimoni privilegiati, che raccolgono i corpi dei migranti che qui arrivano, restituiti alla terra dalle onde del Mediterraneo. Un attenzione particolare è dedicata alla ricostruzione della rotta delle salme che vengono rinvenute a Lampedusa e nel Mediterraneo anche attraverso l esperienza dell ex guardiano del cimitero della medesima isola. Il quinto capitolo, dopo aver spiegato le motivazioni della scelta del campo di ricerca, espone la metodologia utilizzata, che è quella qualitativa, condotta attraverso la

14 Prefazione tecnica delle interviste semi strutturate, che valorizzano la storia personale dei soggetti della ricerca. In questo ambito si analizzano i dati raccolti nelle 25 interviste effettuate a testimoni privilegiati a vario titolo, nel territorio della Provincia di Viterbo. Tra gli altri, alcuni dei migranti, soggetti della ricerca, hanno fatto il viaggio con i barconi della speranza e dalle loro interviste emerge il cambiamento a cui una simile esperienza li ha portati. Nel sesto capitolo si descrive la pluralità dei riti funebri analizzati (riti islamici, ortodossi, cattolici di culture non italiane, buddisti, cinesi, induisti, protestanti, rom, minimi) e si delineano i medaglioni degli intervistati. L Autore individua, sulla base dell analisi empirica delle variabili (cultura di provenienza, religione e religiosità, esperienze di vita, grado di partecipazione al fenomeno della globalizzazione) quattro tipologie di migranti: Localistici nostalgici, Localistici globalizzati, Cosmopoliti nostalgici, Cosmopoliti globalizzati. Queste diverse figure declinano ognuna a suo modo la poliedricità della morte e le sue problematiche e allo stesso tempo hanno una propria modalità di interazione con la società di accoglienza. Mi piace affermare che la parte più originale della ricerca sia costituita dalla ricerca empirica, unica nel suo genere, che sperimenta l applicazione di modelli teorici alla stessa ricerca sul campo. Lo studio sociologico di Marco Saverio Loperfido mette in risalto che la riflessione sui migranti è essenzialmente un discorso su di noi, sul modo in cui noi organizziamo il nostro sapere ed applichiamo le nostre categorie conoscitive. In definitiva, la sociologia, mentre cerca di rispondere alle domande e ai bisogni dei migranti, riflette criticamente anche sul proprio sguardo, basato su principi

Prefazione 15 autoreferenziali. In questo senso, secondo la prospettiva di Ricoeur, l altro che viene da lontano, prima si fa carico della storia personale, dopo riesce a restituirmela, rendendo possibile che il soggetto altro se ne riappropri. Ogni racconto, nascendo da una dinamica intersoggettiva, non è mai né mio né completamente tuo ma è contemporaneamente nostro. Il fatto di essere nostro implica che ci sia un noi dal quale possa sgorgare genuino il racconto. L uomo infatti è quell animale che seppellisce i propri morti, sostiene Thomas (1976), e da ciò ne consegue che dimenticarsi della morte dei migranti diventa la traccia della dimenticanza della nostra stessa umanità. Gli uomini sono tutti differenti, ma uguali di fronte alla morte, ed è forse solo grazie a questa esperienza che potremmo ridefinirci come appartenenti ad un unica comunità, sentirci uguali pur nella differenza. Da questo punto di vista i migranti subiscono una serie di difficoltà aggiuntive rispetto a chi migrante non è, come l angoscia di morire all estero che si intreccia con il mito del ritorno, l ansia di non riuscire a tornare in tempo per i funerali di un congiunto deceduto, la burocrazia e il costo del rimpatrio della salma, la paura di non riuscire a compiere i rituali secondo la propria tradizione funebre. Il corteo funebre per esempio, non è affatto una manifestazione vuota e formale, è anche un modo di ripossedere gli spazi della vita quotidiana unificandoli, cercando in essi la protezione divina, sociale e quotidiana. Ma se la morte, come visto, è al plurale lo è non solo perché essa è culturalmente e storicamente declinata, ma anche perché di essa si può parlare in molte e diversificate maniere. Per esempio un migrante potrà subire una perdita in Italia o nel paese di accoglienza; potrà pensare alla

16 Prefazione propria morte all estero o a quella dei propri cari all estero o in Italia. Lo studio di Marco Saverio Loperfido, realizzato con cura, ricchezza di documentazione e serietà scientifica, sia per l impianto teorico che per gli aspetti metodologici, evidenzia un originalità e creatività nell ambito degli studi sull immigrazione, che sicuramente potranno essere continuati nel futuro. Carmelina Chiara Canta Ordinaria di Sociologia dei processi culturali e comunicativi Università degli Studi Roma Tre

Introduzione Nel dimenticatoio della nostra società Il dimenticatoio è un luogo immaginario dove vengono riposte le cose che non vogliamo vedere. Le cose scomode e fastidiose. Una specie di sgabuzzino invisibile che racchiude speranze perdute, illusioni svanite, ma anche mostri della mente e fatti traumatici. Forse quelle cose che più ci fanno male e ci tormentano. Freud userebbe il termine rimozione, intendendo un meccanismo di difesa personale davanti ad esperienze troppo dolorose. Ma è possibile parlare di dimenticatoi e quindi di rimozioni anche per un intera cultura? Per una società nel suo insieme? Nella nostra società c è un primo grande rimosso ed lo status di persona del migrante. Colui che migra, specialmente colui che migra da paesi più poveri, magari non occidentali, con una cultura e perché no un colore della pelle diverso, non è a tutti gli effetti una persona come gli altri, ma qualcosa come uno scomodo extra, pura forza lavoro senza diritti, un clandestino da respingere il prima possibile, un invasore irregolare. Insomma in poche ma sintetiche parole: una non persona 1 (DAL LAGO 2001). Il 1. Scrive Dal Lago sulle non persone: Sono vivi, conducono un esistenza più o meno analoga a quella dei nazionali (gli italiani che li circondano), ma sono passibili di uscire, contro la loro volontà, dalla condizione di persone. Continueranno a vivere anche dopo, ma non esisteranno più, 17

18 Introduzione continuo e ininterrotto discutere a destra e sinistra della questione immigrazione porta inevitabilmente a nascondere, dietro nuove metafore, neologismi e quant altro, il fatto semplice ed evidente che, al di là delle concettualizzazioni e delle classificazioni in base a paese di provenienza, cultura e formazione sociale, prima di tutto il migrante è una persona e come tale è portatore di diritti e di doveri. Di questi difficilmente si parla e si discute, persi come siamo a voler a tutti i costi capire se i migranti siano un fattore di crescita e di possibilità (non soltanto economiche) o un fattore di destabilizzazione e di rischio. La nostra incapacità di governare i flussi sempre crescenti di persone straniere, di inquadrarle istituzionalmente e di dare loro delle risposte di vita soddisfacenti affinché crescano stabilmente nel nostro paese (BORGNA 2011), non fa altro che aumentare il rischio di fraintendimento su chi sia realmente il migrante (cioè semplicemente una persona), alimentando il pregiudizio e la separazione, sfavorendo dunque la coesione sociale. I diritti e i doveri, dietro a questa complessità, perdono di centralità, vengono appunto scordati, messi da parte, rimossi. Tutto si sfarina. Anche i diritti diventano una variabile dipendente: riconosciuti o negati, a seconda dell opportunità, in relazione alla provenienza, alla cittadinanza, ad un etnia, ad una condizione sociale. Non solo i diritti politici, che la nostra Costituzione riserva ai soli cittadini ma anche i diritti fondamentali della persona che per lunga tradizione culturale abbiamo sempre considerato preesistenti a qualunque norma e dunque semplicemente riconosciuti dalle Costituzioni (BORGNA 2011: 14). non solo per la società in cui vivevano come «irregolari» o «clandestini», ma anche per loro stessi, poiché la loro esistenza di fatto finirà e ne inizierà un altra che comunque non dipenderà dalla loro scelta (DAL LAGO 2001: 207).

Introduzione 19 Il secondo grande rimosso, nella società post moderna, è la morte. Padrona incontrastata della mente degli uomini dei secoli passati (ARIÈS 1980), oggi è ridotta a fantasma di se stessa. Mette ancora paura, questo sì, anzi angoscia, ma solo quando arriva il fatidico momento del trapasso, cioè solo quando gli uomini debbono farci i conti sul serio, ovvero in vecchiaia o quando si è morenti. La morte però, così intesa, non ha più quel ruolo di strutturazione del reale che prima possedeva, non riesce più a cambiare gli uomini in virtù di se stessa, e quando ci prova è ormai troppo tardi. Rimane sullo sfondo come un ronzio fastidioso, come una mosca che ogni tanto ci dà noia, ma che non riusciamo a far uscire definitivamente da casa. Non ci sarebbe nulla di male, intendiamoci, se non che la riflessione sulla morte, in primis, non è soltanto apportatrice di negatività, bensì anche di possibili rinascite e risorgimenti. In secondo luogo c è la constatazione che la morte arriverà, questo è inevitabile, e non parlarne, non farci i conti, rimuoverla totalmente dalle scene, comporta fenomeni di defamiliarizzazione 2 (ELIAS 1985), informalizzazione 3 (ibidem), igienizzazione 4 (ibidem; GLASER 2. Chiamo processo di defamiliarizzazione quel meccanismo che porta gli uomini che non hanno fatto i conti con la realtà della morte sin da piccoli, come dice Elias, a non inquadrarla nel contesto delle cose possibili. Essi rimangono basiti di fronte a questo nuovo e inaspettato ospite che li viene d un tratto a trovare e che, a quanto pare, non se ne andrà mai più, fino alla fine. Gli uomini della nostra società dunque, che rimuovono la morte perché nessuno gliel ha mai insegnata, sono inesperti di fonte ad essa e si sentono perduti. 3. Chiamo processo di informalizzazione quel meccanismo che conduce chi sta accanto ad un morente a non avere strumenti culturali idonei per far fonte alla sua angoscia e al suo dolore. 4. Processo consequenziale agli altri che conduce a vivere la propria morte o la morte dei propri cari in luoghi asettici come gli ospedali, lontano da occhi indiscreti che possano vedere che la morte esiste realmente.

20 Introduzione e STRAUSS 1965) e desocializzazione 5 (THOMAS 1976) (cfr. Cap. II), che a loro volta in maniera sinergica ed esponenziale, rendono l uomo post moderno molto più fragile, isolato e disperato. D altra parte se abbiamo relegato la morte nell angolo più buio della nostra mente (e della nostra società) non è tanto perché abbiamo scordato d un tratto quanto la paura che essa comporta, nel corso del nostro passaggio dalla condizione di animali a quella di uomini, ci abbia fatto diventare religiosi (Salvarani 2005), scientifici (SEVERINO 2006) o addirittura culturali tout court (Bauman 1995), quanto perché non sappiamo più, come una volta, quali strategie apporre al suo inesorabile verdetto. Ogni possibile via per l affermazione di un qualsivoglia tipo di immortalità è stata tentata ed ha dimostrato, almeno agli occhi dell uomo occidentale, la sua natura di illusione. Dunque la morte è un inquilino scomodo, che spaventa soltanto e che ha smesso di sollecitare positivamente la nostra creatività. Essa viene rimossa, lasciata nel dimenticatoio, obliata. C è poi una terza dimenticanza in questo ipotetico sgabuzzino delle cose rimosse della nostra società, che non ci stupisce affatto che ci sia. Essa infatti è semplicemente l unione delle due rimozioni di cui ho parlato fin ora, ovvero il rapporto tra i migranti e la morte. Più precisamente la terza dimenticanza è la morte dei migranti. Ma se i due termini che la compongono, cioè il migrante e la morte, sono dimenticati, in un certo senso, semplicemente e direttamente, la morte dei migranti invece è rimossa in una maniera amplificata e maggiorata, se non altro perché è l unione di due rimozioni e 5. Incapacità di vivere la morte insieme agli altri, come fatto naturale e collettivo, e che porta con sé, ovviamente, senso di solitudine.